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Lezione 7

Gli amplificatori operazionali

1
Amplificatori multi stadio
• E’ possibile, utilizzando le tre configurazioni elementari di
amplificatore a transitor, costruire amplificatori più complessi
costituiti da più circuiti elementari connessi in cascata

• Gli amplificatori operazionali sono l’esempio forse più indicativo di


questa tipologia di circuiti

• Essi sono amplificatori multistadio il cui stadio di ingresso è uno


strano circuito denominato amplificatore differenziale
L’amplificatore differenziale
• Il differenziale è un ulteriore circuito
amplificatore, che pur costituito da due
transistor, può essere considerato
anch’esso un circuito elementare.
• Il comportamento di questo circuito è
molto simile a quello di un singolo
emettitore comune (stesso guadagno,
stessa frequenza di taglio superiore).
• Ciascuna delle due uscite è funzione
della sola differenza tra i due segnali di
ingresso
• Il differenziale è lo stadio di ingresso di
tutto gli amplificatori operazionali.
Esempio di circuito operazionale
Esempio di circuito operazionale
Differenziale
Esempio di circuito operazionale
Differenziale
Esempio di circuito operazionale
Doppio carico
Esempio di circuito operazionale
Collettore
comune
Commenti
• Il circuito a 4 stadi presenta un guadagno molto elevato
• Inoltre presenta una resistenza di uscita molto bassa

• La resistenza di ingresso e la banda passante sono simili al circuito ad


emetittore comune

• Gli amplificatori operazionali estendono (ed amplificano) questi


concetti. Si può dire infatti che un circuito, per essere considerato
“operazionale”, deve presentare le seguenti caratteristiche
L’operazionale ideale
• Ha ingresso differenziale
• Ha guadagno infinito e il guadagno non dipende dalla frequenza
• Ha resistenza di ingresso infinita
• Ha resistenza di uscita nulla

In realtà i circuiti operazionali approssimano le proprietà appena


elencate. Il guadagno di un buon operazionale può essere 106, la
resistenza di ingresso di vari MW, la resistenza di uscita di qualche W.
Simbolo circuitale

VCC
v1
v1
vo vo

v2 v2
-VEE
Modello a doppio bipolo
• Tra i terminali invertente e non
invertente ritroviamo la v1 -
resistenza di ingresso molto
elevata. A(v2-v1)
Ri vo
• Sull’uscita ritroviamo il ro
generatore di tensione
controllato in tensione con
guadagno molto elevato e, in
v2 +
serie, la sua resistenza di
uscita molto piccola
Qualche commento
• Il guadagno virtualmente infinito
rende un circuito siffatto v1 -
inutilizzabile! La semplica
applicazioni di un segnale ai A(v2-v1)
terminali di ingresso porterebbe Ri vo
ro
l’uscita a crescere e a
raggiungere l’alimentazione.
• Per scoprire l’utilità degli
v2 +
amplificatori operazionali
bisogna collegare altri
componenti (passivi) all’esterno.
La configurazione invertente
• Il primo circuito che si studia è il
R2 cosiddetto operazionale in
configurazione invertente.
• Il nome deriva dal fatto che il segnale
R1 i2 vs è applicato tramite una resistenza
i1
vs ii R1 al terminale invertente.
- • Il terminale invertente è connesso al
-Avi nodo di uscita attraverso la
vi vo
resistenza R2
+
• Per semplicità consideriamo la
resistenza di ingresso infinita e quella
di uscita nulla.
La configurazione invertente

R2
Siccome deve essere
una grandeza finita, l’unica
R1 i2 possibilità che abbiamo è che
i1
vs ii
-
-Avi
Questa condizione va sotto il nome
vi vo di corto-circuito virtuale poichè tra i
+
terminali di ingresso la tensione è
nulla ma anche
La configurazione invertente
Scrivendo la legge di Ohm su R1 si ha
R2

Scrivendo la legge di Ohm su R2 si ha


R1 i2
i1
vs ii
-
-Avi
vi vo
+ Ed infine, uguagliando le due correnti:

da cui
La configurazione invertente: resistenza di
ingresso e di uscita
• Utilizzando il concetto di corto
R2 circuito virtuale ci accorgiamo
immediatamente che il segnale
i2 vs vede come resistenza la sola
R1
i1
ii
resistenza R1=RIN.
vs
- • Guardando il circuito dall’uscita
-Avi invece siamo ai capi di un
vi vo
+ generatore ideale di tensione per
cui ROUT=0.
Commenti
• Abbiamo ricavato che, utilizzando un amplificatore operazionale e
completando il circuito con due resistenze, è possibile costruire un
circuito che presenta un guadagno che è indipendente dal tipo di
amplificatore utilizzato
• Semplicemente fissando il valore delle resistenze R1 ed R2 possiamo
ottenere il guadagno desiderato

• Per ragioni di comodità si preferiscono resistenze nel range 1k-1M,


quindi ad esempio, per realizzare un circuito che guadagna 50
possiamo selezionare R2=200k ed R1=4k
La configurazione non-invertente
• Le resistenze R1 ed R2 sono nella R2
stessa posizione.
• Si scambiano segnale e massa
i2
• Il segnale è adesso applicato R1
direttamente al terminale non i1
-
invertente mentre il terminale di ii=0
R1 cui era collegato il generatore v(R1)
di segnale adesso è posto a massa vi=0 vo
• Per l’analisi sfruttiamo il concetto
di corto-circuito virtuale tra i +
terminali di ingresso vs
dell’operazionale.
La configurazione non-invertente
• Siccome allora .
R2
• Dal momento che e
i2
R1
i1
• Uguagliando le due correnti si ha -
ii=0
v(R1)
vi=0 vo

+
vs
La configurazione non-invertente

R2

i2
da cui R1
i1
-
ii=0
v(R1)
vi=0 vo
E’ un risultato analogo (a parte il segno) a quello
ottenuto per la configurazione invertente. Il guadagno +
è fissato dal rapporto tra le resistenze!
La resistenza di uscita è nulla, la resistenza di ingresso vs
è infinita poiché la corrente ii=0.
Buffer a guadagno unitario
• Un utilizzo molto comune della
configurazione non invertente è il
cosiddetto buffer a guadagno unitario,
anche detto circuito separatore.
• Applicando il concetto di corto circuito -
virtuale ci accorgiamo subito che vo=vs. Il
circuito replica in uscita la tensione di vo
ingresso, senza amplificarla.
vs +
• Qual’è dunque l’utilità di un circuito di
questo genere?
Buffer a guadagno unitario
• Esso è utile grazie alla sua resistenza di ingresso molto elevata che
consente di collegarlo a qualsiasi generatore di segnale resituendo in
uscita il segnale del generatore ma con una resistenza di uscita nulla!

-
Rs vo
+ vs
vs
buffer
Circuito differenziale
• Un altro utilizzo molto comune R2
dell’amplificatore operazionale è di
effettuare differenze “pesate” tra due R1
segnali. v1 -
• Il circuito è riportato in figura e per la vo
sua analisi sfruttiamo il principio di R3
sovrapposizione degli effetti, v2 +
considerando un ingresso alla volta e
cortocircuitando l’altro ingresso a R4
massa.
Ingresso v1
R2
• Nelle resistenze R3 e R4 non scorre
corrente poiché la corrente di R1
ingresso dell’operazionale è nulla. v
1 -
• Pertanto v =0 ed anche v =0 per il
+ -

corto-circuito virtuale vo1


R3
• Il segnale v1 quindi vede una
configurazione invertente e si ha: +

R4
Ingresso v2
R2
• Ci accorgiamo che adesso la rete
formata da R1 ed R2 è quella della R1
configurazione non invertente.
-
• L’unica differenza sta nel fatto che
l’ingresso non è collegato vo2
R3
direttamente al terminale + ma
attraverso il partitore formato da v2 +
R3 e R4.
R4 v+
Mettendo insieme

• Il circuito in definitiva ci fornisce una differenza tra i due segnali di


ingresso ognuno pesato da un fattore proprio.
• Se ad esempio scegliamo tutte le resistenze uguali tra loro l’uscita è:
Circuito sommatore
• La configurazione invertente R1 R
v1
può essere utilizzata per
sommare tra di loro più R2
segnali differenti. v2
• Ciascun segnale vi viene -
collegato al terminale
invertente dell’operazionale vo
attraverso una resistenza Ri. +
• Tra ingresso invertente ed vn
uscita viene collegata una
resistenza R Rn
Calcolo della f.d.t.
R1 R
• Per calcolare il valore
dell’uscita, applichiamo il
principio di sovrapposizione R2
degli effetti, considerando -
attivo un solo ingresso N
mentre gli altri n-1 vengono
cortocircuitati a massa. vi voi
Ri
• Il nodo N, per il principio del +
c.c. virtuale, si trova a massa,
per cui nelle resistenze a cui
non è associato alcun Rn
generatore non scorre
corrente.
Calcolo della f.d.t.
R1 R
• Si avrà quindi che la
corrente prodotta dal R2
generatore vi, sarà l’unica -
scorrere nella resistenza R e
N
si avrà: vi voi
Ri
+

Così come previsto dalla Rn


configurazione invertente
Calcolo della f.d.t.
R1 R
• Ripetendo il calcolo per
ciascun ingresso e sommando R2
le uscite ottenute si ha quindi: -
N
vi voi
Ri
+

• Il circuito ci consente quindi Rn


di ottenere una somma
pesata delle tensioni vi.
Circuito integratore
• Il circuito in figura C
i
consente di ottenere, in
uscita, l’integrale della
tensione in ingresso R
• Possiamo risolvere questo vs i -
circuito nel dominio del
tempo, o in quello vo
trasformato di +
Laplace/Fourier
Soluzione nel dominio del tempo
• Applicando il principio del C
i
corto circuito virtuale, la
corrente che scorre nella
resistenza R è data da: R
vs i -
vo
• Uguagliando le correnti si
ottiene: +
Soluzione nel dominio del tempo
C
• Integrando tra 0 e t entrambi i i
membri dell’equazione appena
ricavata, otteniamo il legame R
ingresso-uscita vs -
i

vo
+

• L’uscita è quindi pari all’integrale dell’ ingresso a meno di una costante


che è pari alla tensione iniziale sul condensatore C. Il prodotto RC viene
detto costante di integrazione.
Soluzione nel dominio di Laplace
• Nel dominio di Laplace il C
condensatore C presenta i
una impedenza pari a
ZC=1/sC R
• La tensione di uscita è Vs(s) i -
quindi legata alla tensione di
ingresso dall’espressione Vo(s)
+

La divisione per s, nel dominio di Laplace (o di jw nel dominio di Fourier)


è pari all’operazione di integrazione nel dominio del tempo
Circuito derivatore
i R

C
vs -
i
vo
+
Circuito invertente generalizzato
• Quando Z1 e Z2 sono
impedenze, ad esempio Z2
nella realizzazione di filtri
attivi, il legame ingresso
uscita può essere vs Z1 -
generalizzato nel dominio di
Laplace
vo

+
Tensione di offset
R2
• Nel mondo reale, se
cortocircuitiamo verso massa il
terminale di ingresso di una R1
configurazione invertente, l’uscita
si presenta diversa da zero! -
• Per annullare la tensione di uscita vOFF  0
dovremo applicare quindi, in
ingresso, una tensione diversa da +
zero.
• Questa tensione viene detta
tensione di offset.
Circuito integratore reale
• Il circuito integratore appena C
i
studiato non ha alcuna possibilità
di funzionare nel mondo reale.
• Esso infatti, per frequenze che Vs R
tendono a zero, presenta un i -
guadagno che diverge all’infinito.
Vo
• Quindi la piccolissima tensione di
offset porterebbe rapidamente il +
condensatore a caricarsi fino a
raggiungere il valore
dell’alimentazione
Risposta in frequenza dell’integratore ideale
Av db
• Quanto appena detto è visibile
facilmente se disegnamo il
modulo della f.d.t. in funzione
della pulsazione w.
• Per ovviare a questo problema -20db/dec
introduciamo una resistenza in
parallelo al condensatore C 1
realizzando il circuito che RC
w
prende il nome di integratore di
Miller.
Integratore di Miller
• Inserire la resistenza R2 in parallelo R2
al condensatore C, garantisce che
in bassa frequenza (quando il C
condensatore si comporta come
un circuito aperto) il guadagno è
limitato dal rapporto R2/R1.
R1
• Osserviamo il modulo del i -
Vs
guadagno in funzione della Vo
frequenza per capire se il circuito si
comporta ancora da integratore +
Calcolo della f.d.t.
Av db

R2

R1

1 w
wP =
R2C

A partire da wP il circuito è ancora assimilabile ad un circuito integratore. A


sinistra di wP invece non può essere utilizzato come tale
Slew Rate
• Ipotizziamo di collegare un
operazionale come buffer a
guadagno unitario.
• Sappiamo che, in condizioni -
normali, questo circuito ripropone
in uscita la tensione di ingresso, vo
inalterata, e ad impedenza
praticamente nulla.
+
• Questo ci induce a pensare che la
risposta al gradino, in ingresso, deve
rispettare lo stesso principio.
Gradino “piccolo”
• Applichiamo quindi un gradino di
piccola ampiezza (i.e. 100 mV). Dal
risultato di una simulazione LTSpice
osserviamo che la risposta è di tipo
esponenziale.

-
vo
+
Gradino “piccolo”
• Se aumentiamo l’ampiezza del gradino
in ingresso, per la linearità del circuito,
ci aspettiamo che raddoppi anche il
segnale di uscita e che esso sia sempre
esponenziale
• Se consideriamo la velocità di
variazione del segnale di uscita, dovrà
anch’essa raddoppiare.
• Quindi, aumentando ancora l’ampiezza
dell’ingresso, ci aspettiamo che il
segnale di uscita possa variare sempre
più rapidamente.
Slew Rate
• In verità esiste una velocità
massima oltre la quale
l’operazionale non può variare
l’uscita. Tale limite viene detto Slew
Rate (SR).
• La SR è la massima velocità di
variazione del segnale in uscita ad
un operazionale!
• Applichiamo un gradino di ampiezza
pari alla tensione di alimentazione
al nostro circuito ed osserviamo che
l’uscita non è più esponenziale, ma
lineare.
Limitazioni prodotte dalla Sler Rate
• La slew rate limita il
funzionamento in frequenza degli
operazionali.
• Se in ingresso poniamo un segnale -
sinusoidale
vs(t) vo
La velocità di variazione del segnale +
in uscita sarà
Risposta al segnale sinusoidale
vs(t) SR vo(t)

L’ingresso varia più L’uscita non riesce a seguire


velocemente di SR l’ingresso. Si osserva un’onda
triangolare
Limitazione in frequenza
• Dal momento che la velocità di variazione del segnale in uscita è
limitata dalla Slew Rate, deve essere

• A seconda della pulsazione, o della ampiezza del segnale, posso


innescare il fenomeno della Slew Rate. Anche se la frequenza è
contenuta nella banda passante dell’operazionale, arrivati ad una
certa ampiezza l’uscita non sarà più una replica fedele dell’ingresso.

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