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Amplificatori multi stadio
• E’ possibile, utilizzando le tre configurazioni elementari di
amplificatore a transitor, costruire amplificatori più complessi
costituiti da più circuiti elementari connessi in cascata
VCC
v1
v1
vo vo
v2 v2
-VEE
Modello a doppio bipolo
• Tra i terminali invertente e non
invertente ritroviamo la v1 -
resistenza di ingresso molto
elevata. A(v2-v1)
Ri vo
• Sull’uscita ritroviamo il ro
generatore di tensione
controllato in tensione con
guadagno molto elevato e, in
v2 +
serie, la sua resistenza di
uscita molto piccola
Qualche commento
• Il guadagno virtualmente infinito
rende un circuito siffatto v1 -
inutilizzabile! La semplica
applicazioni di un segnale ai A(v2-v1)
terminali di ingresso porterebbe Ri vo
ro
l’uscita a crescere e a
raggiungere l’alimentazione.
• Per scoprire l’utilità degli
v2 +
amplificatori operazionali
bisogna collegare altri
componenti (passivi) all’esterno.
La configurazione invertente
• Il primo circuito che si studia è il
R2 cosiddetto operazionale in
configurazione invertente.
• Il nome deriva dal fatto che il segnale
R1 i2 vs è applicato tramite una resistenza
i1
vs ii R1 al terminale invertente.
- • Il terminale invertente è connesso al
-Avi nodo di uscita attraverso la
vi vo
resistenza R2
+
• Per semplicità consideriamo la
resistenza di ingresso infinita e quella
di uscita nulla.
La configurazione invertente
R2
Siccome deve essere
una grandeza finita, l’unica
R1 i2 possibilità che abbiamo è che
i1
vs ii
-
-Avi
Questa condizione va sotto il nome
vi vo di corto-circuito virtuale poichè tra i
+
terminali di ingresso la tensione è
nulla ma anche
La configurazione invertente
Scrivendo la legge di Ohm su R1 si ha
R2
da cui
La configurazione invertente: resistenza di
ingresso e di uscita
• Utilizzando il concetto di corto
R2 circuito virtuale ci accorgiamo
immediatamente che il segnale
i2 vs vede come resistenza la sola
R1
i1
ii
resistenza R1=RIN.
vs
- • Guardando il circuito dall’uscita
-Avi invece siamo ai capi di un
vi vo
+ generatore ideale di tensione per
cui ROUT=0.
Commenti
• Abbiamo ricavato che, utilizzando un amplificatore operazionale e
completando il circuito con due resistenze, è possibile costruire un
circuito che presenta un guadagno che è indipendente dal tipo di
amplificatore utilizzato
• Semplicemente fissando il valore delle resistenze R1 ed R2 possiamo
ottenere il guadagno desiderato
+
vs
La configurazione non-invertente
R2
i2
da cui R1
i1
-
ii=0
v(R1)
vi=0 vo
E’ un risultato analogo (a parte il segno) a quello
ottenuto per la configurazione invertente. Il guadagno +
è fissato dal rapporto tra le resistenze!
La resistenza di uscita è nulla, la resistenza di ingresso vs
è infinita poiché la corrente ii=0.
Buffer a guadagno unitario
• Un utilizzo molto comune della
configurazione non invertente è il
cosiddetto buffer a guadagno unitario,
anche detto circuito separatore.
• Applicando il concetto di corto circuito -
virtuale ci accorgiamo subito che vo=vs. Il
circuito replica in uscita la tensione di vo
ingresso, senza amplificarla.
vs +
• Qual’è dunque l’utilità di un circuito di
questo genere?
Buffer a guadagno unitario
• Esso è utile grazie alla sua resistenza di ingresso molto elevata che
consente di collegarlo a qualsiasi generatore di segnale resituendo in
uscita il segnale del generatore ma con una resistenza di uscita nulla!
-
Rs vo
+ vs
vs
buffer
Circuito differenziale
• Un altro utilizzo molto comune R2
dell’amplificatore operazionale è di
effettuare differenze “pesate” tra due R1
segnali. v1 -
• Il circuito è riportato in figura e per la vo
sua analisi sfruttiamo il principio di R3
sovrapposizione degli effetti, v2 +
considerando un ingresso alla volta e
cortocircuitando l’altro ingresso a R4
massa.
Ingresso v1
R2
• Nelle resistenze R3 e R4 non scorre
corrente poiché la corrente di R1
ingresso dell’operazionale è nulla. v
1 -
• Pertanto v =0 ed anche v =0 per il
+ -
R4
Ingresso v2
R2
• Ci accorgiamo che adesso la rete
formata da R1 ed R2 è quella della R1
configurazione non invertente.
-
• L’unica differenza sta nel fatto che
l’ingresso non è collegato vo2
R3
direttamente al terminale + ma
attraverso il partitore formato da v2 +
R3 e R4.
R4 v+
Mettendo insieme
vo
+
C
vs -
i
vo
+
Circuito invertente generalizzato
• Quando Z1 e Z2 sono
impedenze, ad esempio Z2
nella realizzazione di filtri
attivi, il legame ingresso
uscita può essere vs Z1 -
generalizzato nel dominio di
Laplace
vo
+
Tensione di offset
R2
• Nel mondo reale, se
cortocircuitiamo verso massa il
terminale di ingresso di una R1
configurazione invertente, l’uscita
si presenta diversa da zero! -
• Per annullare la tensione di uscita vOFF 0
dovremo applicare quindi, in
ingresso, una tensione diversa da +
zero.
• Questa tensione viene detta
tensione di offset.
Circuito integratore reale
• Il circuito integratore appena C
i
studiato non ha alcuna possibilità
di funzionare nel mondo reale.
• Esso infatti, per frequenze che Vs R
tendono a zero, presenta un i -
guadagno che diverge all’infinito.
Vo
• Quindi la piccolissima tensione di
offset porterebbe rapidamente il +
condensatore a caricarsi fino a
raggiungere il valore
dell’alimentazione
Risposta in frequenza dell’integratore ideale
Av db
• Quanto appena detto è visibile
facilmente se disegnamo il
modulo della f.d.t. in funzione
della pulsazione w.
• Per ovviare a questo problema -20db/dec
introduciamo una resistenza in
parallelo al condensatore C 1
realizzando il circuito che RC
w
prende il nome di integratore di
Miller.
Integratore di Miller
• Inserire la resistenza R2 in parallelo R2
al condensatore C, garantisce che
in bassa frequenza (quando il C
condensatore si comporta come
un circuito aperto) il guadagno è
limitato dal rapporto R2/R1.
R1
• Osserviamo il modulo del i -
Vs
guadagno in funzione della Vo
frequenza per capire se il circuito si
comporta ancora da integratore +
Calcolo della f.d.t.
Av db
R2
−
R1
1 w
wP =
R2C
-
vo
+
Gradino “piccolo”
• Se aumentiamo l’ampiezza del gradino
in ingresso, per la linearità del circuito,
ci aspettiamo che raddoppi anche il
segnale di uscita e che esso sia sempre
esponenziale
• Se consideriamo la velocità di
variazione del segnale di uscita, dovrà
anch’essa raddoppiare.
• Quindi, aumentando ancora l’ampiezza
dell’ingresso, ci aspettiamo che il
segnale di uscita possa variare sempre
più rapidamente.
Slew Rate
• In verità esiste una velocità
massima oltre la quale
l’operazionale non può variare
l’uscita. Tale limite viene detto Slew
Rate (SR).
• La SR è la massima velocità di
variazione del segnale in uscita ad
un operazionale!
• Applichiamo un gradino di ampiezza
pari alla tensione di alimentazione
al nostro circuito ed osserviamo che
l’uscita non è più esponenziale, ma
lineare.
Limitazioni prodotte dalla Sler Rate
• La slew rate limita il
funzionamento in frequenza degli
operazionali.
• Se in ingresso poniamo un segnale -
sinusoidale
vs(t) vo
La velocità di variazione del segnale +
in uscita sarà
Risposta al segnale sinusoidale
vs(t) SR vo(t)