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Harry Martinson (autore Svedese, 1904-1978) vincitore del premio Nobel, autore

suicida. Personaggio interessante per la meravigliosa capacità linguistica. Ha


attraversato diverse correnti letterarie svedesi.
Figlio di una famiglia povera, madre e padre muoiono di tubercolosi da giovani.
Lui rimane con le sorelle più grandi, successivamente gira diverse famiglie
affidatarie e a soli 16 anni si imbarca sulle navi per fare il marinaio. Debutta nel
1927 su una rivista ma il debutto vero e proprio è nel 1929 in cui partecipa ad
un’antologia poetica insieme ad altri 5 poeti emergenti. È uno dei primi elementi
che lancia il modernismo avanguardistico nella Svezia Europea. Grazie a questa
antologia Martinson diventa un nome noto, soprattutto nel campo lirico. Alla
poesia Martinson aggiunge libri di viaggio e 2 romanzi autobiografici (Martinson è
molto legato a Walt Whitman).
In questi anni c’è l’ascesa in Svezia della così detta “letteratura proletaria” (tutto
un gruppo di autore di cui Martinson fa parte che iniziano ad ottenere un ampio
consenso della scena letteraria Svedese. Sono tutti accomunati dal fatto di essere di
estrazione sociale bassa, con una formazione culturale da autodidatta e che
dedicano la loro attenzione alle condizioni di vita delle fasce sociali a cui questi
scrittori appartengono).

Martinson scrive anche saggi naturalistici delle sue passeggiate nella natura,
interessanti perché raccontano uno sguardo nuovo sulla natura quotidiana. La
natura di Martinson non è la classica natura nordica (fatta da elementi “sublimi”
come per esempio: il ghiaccio, la neve, le grandi foreste, le aurore boreali). La sua
natura è fatta di elementi quasi “non degni di nota” come per esempio il
comportamento degli insetti, le piccole piante. Questi testi naturalistici sono
interessanti da leggere nell’ottica dell’ecologia letteraria cioè la rappresentazione
del rapporto tra uomo e natura.

Il tema ecologista ritorna anche nel suo romanzo più famoso (Aniara, del 1956)
che è un racconto di fantascienza in versi (unione di alto e basso).
Il testo è composto da 103 “canti” caratterizzati da un tono narrativo talvolta però
ci sono anche degli elementi lirici. La maggior parte di questi componimenti sono
attribuiti allo stesso narratore (che è poi il protagonista) che è un personaggio
anonimo e lo conosciamo solo attraverso il suo ruolo, viene chiamato “Mimarob”
cioè colui che deve far lavorare la “Mima” (un avanzatissimo computer che sta al
centro dell’astronave Aniara). Il Mimarob è il personaggio principale ma di tanto
in tanto cede la parola ad altri personaggi che ci raccontano la propria storia o il
loro punto di vista, creando anche qui la polifonia tipica del postmodernismo.
La trama: in un futuro non identificato la terra è devastata dalla guerra atomica e i
terrestri sopravvissuti sono costretti ad emigrare a bordo di queste enormi navi
spaziali che lasciano il pianeta con destinazione Marte e Venere. Queste astronavi
si chiamano “Goldondi” nel lessico parascientifico inventato da Martinson e
Aniara è una di queste navi che deve portare il suo carico di migranti. Durante il
viaggio, per sfuggire allo scontro con un meteorite, la nave è costretta ad un
cambio di rotta e di conseguenza non riesce a raggiungere la propria destinazione
ma è costretta a vagare nello spazio finché tutti a bordo non muoiono. Come se
non bastasse, poco dopo questo macrocomputer (Mima) che è una sorta di
macchina che permette di mantenere i contatti con la terra per monitorarla, capta
anche che c’è una grande esplosione finale sulla terra e viene totalmente distrutta.
In conseguenza a questa esplosione della terra la Mima (che è dotata di una
coscienza sensibilissima) muore di dolore.

Ben prima di scrivere questo testo Martinson ha sempre avuto un grande interesse
per le materie scientifiche e tecniche accompagnato però da un forte timore e
scetticismo nei confronti del processo e della modernità. Paradossalmente quando
Martinson debutta, la Svezia si trova nel bel mezzo di un “innamoramento
collettivo” per la modernità: esplode l’industrializzazione, urbanizzazione,
Stoccolma viene ridisegnata per stare al passo coi tempi.

Martinson ha uno sguardo strano per il mondo: da in lato è affascinato dagli insetti
e le piantine ma dall’altro anche dall’enormità del cosmo (lui stesso racconta che
osservando la galassia di Andromeda provò un brivido e scrisse subito i primi versi
di Aniara in una sorta di trance).
Aniara non è una parola di senso compiuto ma non compare soltanto in questo
testo, compare anche in un testo precedente di Martinson che veniva usato per
descrivere lo spazio vuoto all’interno degli atomi in cui si muovono gli elettroni.
Anche in questo caso lo utilizza per un qualcosa che si muove nel grande nulla.

Martinson fa riferimento ai test della bomba a idrogeno dei russi e al clima da


guerra fredda per il plot di Aniara→ la vita messa in pericolo dall’uomo stesso.
Tema della minaccia nucleare molto presente nei racconti fantascientifici
dell’epoca per ovvie ragioni.
Martinson rinnova il genere distopico-fantascientifico fondendolo con quello della
“Space Opera” tipico degli anni 20-30 le cui caratteristiche sono: viaggi tramite
astronave, contatto con altri mondi, interazioni tra razze aliene. Questo genere è
una derivazione americana della storia ambientata nel Far west (viaggio di
scoperta nella frontiera ambientato però nello spazio).
La nave Aniara che dovrebbe fungere da arca di Noè che deve portare in salvo i
sopravvissuti con la differenza che non c’è un approdo in un mondo “purificato”.
All’inizio viene descritta come una crisalide (simbolo della vita che sta mutando)
ma alla fine questa vita nuova non nasce mai e la crisalide si trasforma in un
sarcofago.

All’interno della nave c’è un crollo della civiltà a bordo: emerge una dittatura, la
precedente democrazia a bordo della nave si trasforma in una tecnocrazia, c’è la
presenza di sette religiose e in generale la cultura umanistica si sfalda
totalmente→ uomo ostaggio della tecnica.
Il Mimarob con il passare del tempo dice che la lingua stessa non riesce più a
descrivere la loro situazione, da questo punto di vista la figura del computer è stata
letta come una sorta di incarnazione della cultura stessa. La Mima è poesia e
creatività→ dopo la distruzione del computer c’è un crollo della cultura: restano
solo schegge e frammenti, immagini consolatorie e persino la stessa lingua viene
meno. Persino lo “xinombriano” (una lingua inventata da Martinson con milioni e
milioni di parole) non riesce a descrivere l’orrore.

Daisy Doody: personaggio sull’aniara che vive la fine della terra e la fine della sua
vita ormai prossima con spensieratezza, non a caso quando parla usa slang,
linguaggio nosense e parole inventate. Un segnale che nella nostra lingua non ci
sono abbastanza parole per descrivere l’orrore→ percezione dell’esaurimento della
capacità dell’arte e della lingua nel descrivere gli orrori dell’uomo.

Come questi migranti sono intrappolati sull’Aniara, il genere umano è intrappolato


in un mondo totalmente artificiale che li sottrae al loro mondo naturale facendo
deperire creatività e vitalità.

Mima: macchina che per metà si è costruita da sola, intelligenza artificiale


senziente. Offre consolazione, informazioni, collegamento tra storia e presente→ è
una sintesi tra umanità e tecnologia.
In chiave postumanistica: fusione dell’umano con la tecnica, Mima è il polo
positivo mentre il costrutto astronave è polo negativo di questa fusione.

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