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LEZIONE DEL 09/05/2022

ADDITIVI

Quella che vediamo di seguito non è una definizione di legge, ma una definizione comune. Un
additivo alimentare è una sostanza utilizzata nell’industria alimentare durante la preparazione,
l’immagazzinamento e la commercializzazione di prodotti destinati all’alimentazione. Alcuni dei
motivi per cui vengono impiegati additivi sono:

- Garantire sicurezza e igiene.


- Migliorare la conservazione.
- Aumentare la disponibilità dei prodotti in tutte le stagioni.
- Migliorare o mantenere il valore nutrizionale.
- Facilitare la preparazione.
- Migliorare l’appetibilità dei prodotti.

La legge definisce in maniera più complesso un additivo. Queste definizioni, ovviamente, già
esistevano sul suolo italiano anche prima del Regolamento n.1333/2008, il quale è entrato in vigore
alla fine del 2008 e che ha rinnovato la disciplina legale relativa agli additivi in Europa. In Italia
esisteva già una legge sugli additivi alimentari. Sia nella legislazione italiana che nel quadro
europeo esiste una definizione legale di additivi alimentare, la quale espressa soprattutto il fatto che
un additivo è una sostanza che non viene abitualmente consumata come alimento in quanto tale, ma
che ritroviamo direttamente o indirettamente come componente degli alimenti a cui vengono
addizionati. La legislazione del 2008 nasce quando l’EFSA aveva ormai svolto un grosso studio di
tutti gli additivi alimentari esistenti, in particolare per quanto riguarda le dosi giornaliere accettabili
di questi prodotti e la loro presunta tossicità.

Come detto già sul suolo italiano esistevano dei Decreti Ministeriali, in particolare uno del 65 e
l’altro del 96. Quest’ultimo è rimasto in vigore fino all’anno in cui è stato applicato il regolamento
europeo del 2008 e del 2011. Questi due regolamenti, ovvero il 1333 del 2008 e il 1129 del 2011, il
quale è stato recepito in Italia ed è diventato legge nel 2013, hanno soppiantato la regolamentazione
italiana vigente fino a quella data.

Al di là della definizione legale è interessante nel momento in cui si legge un’etichetta capire come
si trovano le informazioni sulla presenza di additivi. Nell’UE tutti gli additivi utilizzati sono
identificati dalla lettera E e da un numero. Questo numero è progressivo e parte dal 100 fino al
1999. La suddivisione in categorie è la seguente:

- E100 - E199 (coloranti, migliorano l'aspetto di bevande e alimenti vari).

- E200 - E299 (conservanti, rallentano, o bloccano, le alterazioni provocate dai


microrganismi).

- E300 - E399 (antiossidanti e regolatori di acidità, impediscono i processi di irrancidimento


dei grassi e l'imbrunimento di frutta e verdura).

- E400 - E499 (addensanti, stabilizzanti e emulsionanti).

- E500 - E599 (regolatori di acidità e antiagglomeranti).

- E600 - E699 (esaltatori di sapidità, esaltano il sapore e la fragranza di un prodotto).


- E900 - E999 (vari).

- E1000 - E1999 (sostanze che non rientrano nelle classificazioni precedenti).

Un concetto molto importante è che è, generalmente, l’azienda che utilizza l’additivo che sceglie,
laddove gli additivi possono presentare più di una funzione, la motivazione per cui viene
addizionato un particolare additivo. È l’azienda stessa, quindi, che indica la categoria
corrispondente alla funzione principale che l’additivo svolge nell’alimento. Altro concetto molto
importante è che sono utilizzati come additivi solo quelli riportati nella regolazione europea. Tant’è
vero che oggi giorno uno degli additivi che più preoccupano è relativo alla presenza di nitriti e
nitrati nei prodotti carnei cotti e nei carnei stagionati. La presenza di questi conservanti crea una
situazione di preoccupazione in alcuni consumatori. Alcune aziende studiano la possibilità di
sostituire questi conservanti con l’aggiunta di estratti vegetali che contengono naturalmente questi
composti. Gli estratti vegetali, tranne alcuni, non sono presenti in questo elenco fornito dall’UE.
Alcune aziende della Germania, infatti, hanno dovuto pagare delle penali per aver utilizzato questi
estratti vegetali con funzione di additivi.

Bisogna fare una particolare attenzione alla normativa 1129 del 2011, la quale rappresenta un
proseguimento di quella del 2008 e soprattutto riporta tutte le classi di additivi alimentari in
relazione ai prodotti alimentari, per cui riporta tutte le categorie di prodotti alimentari e stabilisce
quali additivi si possono addizionare secondo un principio base (quantum satis o quantitativo
massimo).

Il Reg. 1129 del 2011 è diviso in varie parti. La parte A è un’introduzione generale dove si trovano
informazioni riguardo alla direttiva, in particolare sulla denominazione degli additivi e la classe, il
codice con cui si identificano, gli alimenti elencati e le condizioni di impiego dei singoli additivi e
le eventuali restrizioni alla vendita al consumatore finale. La parte A ha anche come allegato due
tabelle interessanti perché elencano le varie tipologie di alimenti in cui non è autorizzata la presenza
di un additivo in virtù del principio di trasferimento. All’interno delle tabelle, quindi, si ritrovano
alimenti che non possono essere additivati, come il miele, oppure si trovano degli alimenti in cui è
possibile l’aggiunta diretta di alcuni additivi, ma non secondo il principio di trasferimento.
L’additivo, quindi, non può derivare:

- da un alimento composto, il quale, quindi, è costituito da altri ingredienti,


- da un aroma, il quale può essere additivato,
- da un enzima alimentare.

In queste categorie, quindi, potrebbero essere presenti degli additivi che per il principio di
trasferimento finiscono nell’alimento composto, nell’alimento con un enzima additivato o
nell’alimento in cui è presente un aroma additivato. Nel caso del burro vaccino gli unici additivi
ammessi sono i coloranti, cioè il ß-carotene e la bixina che deriva dai semi di annatto.

Le altre parti del regolamento si addentrano nell’elencazione dei vari additivi alimentari anche
secondo l’estrinsecazione della loro modalità d’uso. La parte B contiene la lista di tutti gli additivi
alimentari. Gli additivi alimentari sono divisi secondo tre categorie: coloranti, edulcoranti e tutto il
resto. Nel regolamento del 2008 esiste un allegato in cui vengono indicate le funzioni. Nel
regolamento del 2011 esistono solo queste tre macrocategorie. La parte C definisce i gruppi di
additivi alimentari secondo il quantitativo che può essere utilizzato. Nel gruppo 1 si riuniscono tutti
gli additivi alimentari che possono essere addizionati secondo il principio del quantum satis.
Questo principio fa riferimento all’assenza di un limite perché queste sostanze vengono utilizzate
secondo le norme di buona fabbricazione e, comunque, sta a chi le utilizza non utilizzarne un
quantitativo superiore a quello che serve per ottenere il risultato desiderato in modo che i
consumatori siano indotti in errore.
Nel gruppo 2 vi sono i coloranti alimentari autorizzati secondo il quantum satis, mentre nel gruppo
tre vi sono i coloranti alimentari che hanno un limite. Di solito, sono coloranti che sono stati rivisti
in maniera dettagliata dall’EFSA, ente che ha stabilito delle dosi massime giornaliere accettabili.
Nel gruppo 4 si trovano i polioli, i quali sono edulcoranti naturali. Nell’ultimo gruppo vi sono tutti
gli additivi che possono essere regolamentati in combinazione. Nella parte D sono riportate le
categorie di alimenti. Nella parte E vi è l’elenco degli alimenti e degli additivi alimentari consentiti
e le relative condizioni di impiego.

Per non fare confusione la legge, sia nel 2008 che nel 2011, dà una definizione di un qualcosa che
somiglia gli additivi, ma che un additivo non è perché non sussiste l’obbligo di dichiarazione in
etichetta. Stiamo parlando dei coadiuvanti tecnologici. Un coadiuvante tecnologico è una
sostanza alimentare che non viene consumata come ingrediente alimentare in sé, ma che è
volontariamente utilizzata nella trasformazione dei prodotti alimentari per un certo fine tecnologico
e che può dare luogo alla presenza non voluta e a volte inevitabile di residui all’interno del prodotto
alimentare a patto che questi residui non siano rischiosi per la salute delle persone che consumano
l’alimenti e che questi residui non abbiamo effetti tecnologici sul prodotto finito. Ne ricordiamo:

- Solventi utilizzati per l’estrazione della caffeina dal caffè per la produzione dei decaffeinati.

- Durante la raffinazione ed estrazione degli oli sussistono dei coadiuvanti tecnologici. Una
modalità di estrazione degli oli e dei grassi dai semi o dai residui animali è quella di
utilizzare dei solventi organici, come l’esano.

- Per raffinare un olio esso deve essere decolorato e deodorizzato, processi che si realizzano
attraverso l’aggiunta di terre assorbenti per la decolorazione, oppure di solventi per quanto
riguarda la deodorizzazione.

- Materiali di filtrazione.

- Detergenti o disinfettanti.

Nel Regolamento della Comunità Europea 1333 del 2008 e precedentemente nel decreto
ministeriale 209 del 1996 gli additivi sono suddivisi secondo categorie, ovvero secondo la funzione
che svolgono all’interno degli alimenti in cui sono inseriti. Vediamo una lista nella quale non vi
sono gli aromi, proprio perché gli aromi non sono additivi. Nel regolamento del 2011 non vi è
questa suddivisione, al meno nelle tabelle, perché non vi è una suddivisione secondo la loro
funzione. Questa suddivisione, tuttavia, è importante perché in etichetta quando si inserisce un
additivo si indica la sua funzione, anche perché spesso alcuni additivi hanno funzioni diverse. Gli
additivi possono essere raggruppati anche secondo l’effetto desiderato:

- Agenti antimicrobici, come conservanti e antiossidanti.

- Agenti che modificano la struttura e la consistenza del prodotto, tra cui emulsionanti,
gelificanti, stabilizzanti, addensanti e amidi modificati.

- Agenti che modificano le caratteristiche organolettiche e sensoriali, tra cui coloranti,


edulcoranti, acidificanti ed esaltatori di sapidità.
- Agenti ad azione prevalentemente tecnologica, tra cui antiagglomeranti e agenti di
rivestimento.

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