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Diritto Agroalimentare dell’UE

1.1 I PRODOTTI ALIMENTARI FRA DIRITTO INTERNO E DIRITTO DELL’UE


Il diritto è fondamentale nel settore alimentare per tutelare la salute umana e l’ambiente

Il diritto alimentare o si può meglio definirlo agroalimentare è un insieme di norme, principi e soggetti riguardanti la filiera
alimentare.

Agli occhi del legislatore gli alimenti possono essere considerati dal punto di vista del produttore o da quello più
rilevante del consumatore, a tal proposito il diritto alimentare europeo è uno dei migliori in quanto molto tutelante per il
consumatore. Il punto di vista del consumatore varia secondo società ed economie. In Europa si parla molto di “food
security” (si riferisce alla sicurezza delle disponibilità degli approvvigionamenti alimentari) e di “food safety” (la quale da
per scontata la security e si concentra sulla sicurezza igienico sanitaria + sicurezza informativa riguardo alle
caratteristiche di un alimento e le sue modalità di consumo). La food safety è la materia di studio più comune di questi
tempi poiché vi è stata un’apertura dei mercati. L’alimentazione si fonda sull’agricoltura ed esiste la possibilità che i
luoghi di produzione e di consumo siano lontani tra loro ciò rende necessario l’uso di sostanze e tecniche
conservanti, ciò comporta la continua espansione della catena alimentare e la necessità di collaborazione tra le
autorità nazionali e quelle dell’UE. Comportamento motivato anche dall’esposizione ai rischi per la salute e restrizioni
agli scambi. Quindi il diritto regola la produzione e la commercializzazione degli alimenti. È una materia interdisciplinare
che trae le mosse dal diritto dei prodotti agricoli di fonti nazionali, dell’UE e internazionali al fine di garantire la
sicurezza del compratore “debole”. Esso nasce come un complesso di norme nazionali che proponevano divieti ma
oggi è soprattutto volto alla prevenzione e in generale ad assicurare la libera e sicura circolazione degli alimenti delle
bevande nazionalmente, all’ interno dell EU e sul mercato internazionale.

Gli alimenti sono beni assimilabili a merce (concetto elaborato dalla corte di giustizia dell’UE) e quindi soggetti alle
disposizioni del TFUE (tarttato sul funzionamento dell’UE) riguardo alla libera circolazione della stessa e sul
ravvicinamento delle legislazioni degli stati membri. Il Legislatore è intervenuto nella regolamentazione la quale trova
applicazione vincolante negli Stati membri. Ciò significa che le disposizioni UE rappresentano le fonti principali e più
importanti in quanto: 1. Il diritto europeo prevale conseguentemente condiziona quello interno agli stati membri sia
riguardo a norme anteriori sia posteriori, 2. Il diritto alimentare internazionale è ottenuto negli Accordi della
Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC/WTO) tra cui il più importante riguardo alle misure sanitarie e
fitosanitarie (SPS)

Tra le fonti UE spicca il Reg. 178/2002 (GFL - General Food Law) che stabilisce i principi e i requisiti generali della
legislazione alimentare, istituisce l’autorità europea per gli alimenti e e fissa le procedure in campo di sicurezza
alimentare (vedi nuovo auspicato approccio elaborato nel Libro bianco della Commissione europea) proponendosi di
garantire la sicurezza lungo tutta la filiera. Importanti anche il “pacchetto igiene” riguardante igiene su prodotti
alimentari, igiene specifica su alimenti di origine animale, controlli ufficiali su prodotti di origine animale destinati al
consumo umano e controlli su mangimi ed alimenti; il “pacchetto miglioratori” che disciplina la produzione,
commercializzazione e utilizzo di additivi, aromi, enzimi oltre alla procedura per autorizzarne l’immissione in commercio;
inoltre riguardo alla sicurezza informativa si nominano il reg. 1169/2011 regola la fornitura di informazioni sugli
alimenti ai consumatori e il reg. 1924/2006 riguardante le indicazioni nutrizionali e sulla salute fornite sui prodotti.

1.2 LE FONTI NAZIONALI DELL’UNIONE EUROPEA DEL DIRITTO ALIMENTARE


Il diritto alimentare si presenta quale sistema normativo multilivello nel quale fonti principali, nazionale e dell’UE sono
integrate secondo il principio del primato del diritto dell’UE. Ordinamento giuridico UE è attualmente fondato su due
Trattati TUE e TFUE (hanno le stesso valore giuridico). Molte volte le norme dei Trattati sono bisognose di ulteriori
attività normative ciò comporta che all’UE vengano attribuiti poteri legislativi che danno origine al c.d. DIRITTO
DERIVATO ossia atti giuridici vincolanti: regolamenti, direttive e decisioniste si affiancano agli atti di interpretazione del
diritto UE.

Il sistema delle fonti UE si articola in fonti primarie ossi i due trattati più una serie di atti riconosciuti dalla Corte di
Giustizia di eguale rango, e in fonti secondarie ossia atti emanati dalle istituzioni UE queste ultime si suddividono in atti
legislativi e non legislativi, di rango inferiore alle fonti secondarie vi sono gli atti delegati o esecutivi adottati dalla
commissione europea.

L’individuazione dei settori di competenza dell’UE è fondata sul principio di attribuzione ossia l’UE agisce nei limiti delle
competenze che le sono attribuite dagli stati membri nei trattati. Nei settori di competenza concorrente l’esercizio delle
competenze è retto dal principio di sussidiarietà ossia l’UE interviene solo se gli obbiettivi dell’azione prevista non
possono essere conseguiti in maniera sufficiente ma possono essere conseguiti meglio a livello di Unione. L’esercizio di
tutte le competenze (concorrenti ed esclusive) è disciplinato dal principio di proporzionalità ossia l’azione UE si limita a
quanto necessario per il conseguimento degli obbiettivi dei trattati.

Le fonti primarie dell’UE non disciplinano direttamente il settore alimentare ma in quanto gli alimenti sono beni
assimilabili alle merci poiché oggetto di transazioni commerciali sono soggetti alle disposizioni sulla libera circolazione
delle stesse (artt. 28-37 TFUE). Il settore alimentare è intrinsecamente connesso ad altri settori economici di
competenza UE la quale è intervenuta ampiamente per disciplinare la materia. Ciò è stato possibile poiché nella
creazione dell’organizzazione comune di mercato (OCM) non potevano essere trascurate esigenze connesse al settore
alimentare. Si sono quindi poste regole per garantire identiche condizioni di concorrenza per contribuire al
funzionamento OCM.

Per quanto riguarda le fonti primarie oltre alle norme sulla libera circolazione sono fonti del diritto gli articoli sul
ravvicinamento delle legislazioni nazionali artt. 114-118 TFUE che sono norme preordinate alla costruzione del mercato
interno e quindi di competenza concorrente UE-Stati membri dall’avvento del trattato di Lisbona.

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L’art.115 TFUE (prima 94 TCE) per il ravvicinamento delle legislazioni nazionali attraverso direttive sul mercato comune
è stato poco utilizzato.

L’art. 114 TFUE (prima 95 TCE) adotta misure di protezione della salute sia prima che dopo l’armonizzazione adottata
con un atto UE, sospendendo la circolazione di certi prodotti a condizioni che essa non costituisca una discriminazione
nei confronti di prodotti degli altri Stati membri, procedura di cui la commissione deve essere informata ed essa può
modificare/verificare che la misura si giustificata. In ogni caso la Corte di Giustizia prevede non solo la prevalenza del
diritto UE ma anche che, in presenza di armonizzazione mirata al conseguimento del mercato interno, non vi siano spazi
residuali per gli Stati membri. Proponendosi di garantire un elevatissimo livello di protezione sanitaria, ambientale e del
consumatore.

Caso Danimarca contro Commissione


La Corte annullava la decisione della Commissione, di non permettere alla Danimarca di applicare propria legge
nazionale più restrittiva sull’uso di additivi negli insaccati. La Danimarca ha ottenuto il “via libera” all’applicazione delle
proprie disposizioni poiché la corte accerto che il comitato scientifico aveva affermato che questi additivi possono
generare sostanze di natura cancerogena.
Questa sentenza è stata pronunciata prima dell’evoluzione del diritto alimentare data dal reg. 178/2002 e del pacchetto
igiene, che hanno tolto agli stati membri la discrezionalità di stabilire regole igienico sanitarie degli alimenti.

Art. 168 TFUE


È relativo alla sanità pubblica e sembra richiamare le c.d. competenze di terza generazione introdotte con il trattato di
Maastricht e in relazione alle quali la volontà sembra essere assicurarsi che l’intervento dell’UE non superi confini
precisi.

Art. 169 TFUE


Riguarda la protezione dei consumatori. Consente agli stati di mantenere o adottare misure più rigorose a favore del
consumatore rispetto a quelle dell’UE.

Art. 216 TFUE


Attribuisce la competenza all’UE a concludere accordi internazionali.

Con la decisione 2003/822/CE la comunità europea, già parte della FAO, ha chiesto formalmente di aderire alla
commissione del Codex Alimentarius.

Importante è la base giuridica agraria, ovvero l’art. 43 TFUE. Ne è derivato che la legislazione alimentare UE ha tratto
impulso dalla PAC. Il legame tra legislazione alimentare e PAC non si limita alle merci elencate all’allegato 1 al TFUE ma
è dovuto anche all’integrazione delle istanze di sicurezza alimentare all’interno delle misure PAC. Le competenze UE in
ambito agrario hanno dunque compreso le questioni di sicurezza alimentare che possono essere presenti in campo
veterinario e fitosanitario. A partire dalla metà degli anni ’80 l’art. 43 figura come unica base giuridica di norme volte a
tutelare la salute pubblica.

L’evoluzione del processo di integrazione dell’UE: le principali innovazioni riguardanti le basi giuridiche della legislazione
alimentare
l’attribuzione e le modalità d’esercizio di competenza UE sono disciplinate dai trattati TUE e TFUE (approvati con il
trattato di Lisbona). Il tratto di Lisbona rappresenta il c.d. punto di arrivo del processo di integrazione. Nel ’57 è stato
firmato il TCEE nato per creare un mercato comune. Tra le successive modifiche a questo trattato più importanti
troviamo:
- L’ atto unico europeo (AUE) dell’ 87 che ha introdotto la nuova base giuridica per il ravvicinamento delle disposizioni
legislative aventi per oggetto il mercato interno e che prevedeva. La votazione a maggioranza qualificata del consiglio
e non più l’unanimità.
- Il trattato di Maastricht del ’92 che ha adottato il TUE, al fine di creare una comunità europea ha modificato il TCEE
rinominandolo TCE, ha attribuito numerose competenze non esclusive alla comunità e soprattutto ha introdotto un
Titolo dedicato espressamente alla sanità pubblica.
- Il trattato di Amsterdam del ’99 ha rinumerato le disposizioni TCE e ha sottratto all’adozione degli atti PAC
l’adozione di misure veterinarie e fitosanitarie (probabile conseguenza della mucca pazza).

L’unione possiede competenze generali ad emanare norme sulla produzione e commercio dei prodotti alimentari
comprese le disposizioni per l’applicazione delle misure sanitarie e fitosanitarie di fonte internazionale.

Prevalenza del diritto europeo rispetto al diritto interno


L’affermazione del principio del primato del diritto UE si deve alla corte di giustizia, che ha enunciato nel caso Gend &
Loos il principio di efficacia diretta per i singoli di alcune norme UE. Nella successiva sentenza Costa/Enel la corte ha
riconosciuto che gli stati membri hanno limitato i loro poteri sovrani e creato un complesso di diritto vincolante per i loro
cittadini. La posizione della Corte Costituzionale è diversa da quella della Corte di Giustizia poiché considera il diritto UE
e quello nazionale separati (teoria dualista) ne consegue che la prevalenza del diritto UE nell’ottica dei giudici
costituzionali non opera abrogando le norme interne contrarie ma rendendole inapplicabili.

Per quanto riguarda le fonti nazionali, la costituzione originaria non contiene alcun riferimento all’alimentazione o agli
alimenti o al consumatore. Il supporto migliore che possiamo trovare in materia di consumatore è data dall’art. 32 Cost.
Il quale afferma che la repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività.

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Il nuovo titolo V riformulato dalla legge costituzionale n. 3/2001 individua 3 tipi di potestà legislativa ( nelle quali
vengono divise le competenze per materia):

- Esclusiva statale : materie elencate all’ art.117 Cost, secondo comma

- Concorrente : materie elencate all’ art.117 Cost, terzo comma

- Regionale : materie innominate

La nuova formulazione dell’art.117 Cost menziona per la prima volta l’alimentazione quale materia autonoma e la
colloca tra le competenze concorrenti. Non tuttavia ben chiaro dive risieda il confine tra le materie concorrenti “tutela
della salute” e “alimentazione” poiché quest’ultimo termine è connotato da ambiguità semantica. Il diritto alimentare
quindi interseca altre materie.

In realtà il potere dello stato di emanare principi fondamentali in materia di alimentazione appare alquanto limitato visto
che la fissazione dei principi è già operata dal diritto UE soprattutto attraverso il GFL e il pacchetto igiene, cosi che lo
spazio residuale agli interventi dovrebbe essere rimesso esclusivamente alle regioni.

Anche nel diritto interno non mancano gli atti di c.d. “soft law” specie ad opera della Conferenza Stato-Regioni.

Altra fonte nazionale può essere la legge n. 283 del 1962 e 327 del 1980 che trattano sostanzialmente un sorta di
legge-quadro per le sanzioni nel settore alimentare che non costituisce recepimento o esecuzione di un atto europeo.

Altre fonti interne sono le leggi statali.

Gli atti non vincolanti dell’UE in materia di alimenti


Sono numerosi gli atti non vincolanti emanati in tema di alimenti (soprattutto da parte della commissione). Questi atti si
propongono di riassumere il quadro della legislazione alimentare in un determinato ambito in previsione di
un’armonizzazione.
Dopo un decennio dalla comunicazione sulla realizzazione del mercato interno l’UE ha pubblicato il Libro Verde sui
“principi generali della legislazione in materia alimentare nell’UE” (corposo documento suddiviso in 6 parti ognuna
dedicata ad un aspetto delle problematiche alimentari) e successivamente il Libro bianco sulla “sicurezza
alimentare” ( rintracciabilità, sistemi di monitoraggio e allarme, efsa …).
Sulla scorta del libro verde e del successivo libro bianco è stat predisposta la proposta di regolamento che è poi
sfociata, con modifiche, nel regolamento 178/2002 GFL.

1.3 LE FONTI DEL DIRITTO ALIMENTARE


Dal ’94 in poi è stato molto rilevante il trattato di Marrakech che ha creato l’OMC/WTO e che ha concluso il
lunghissimo negoziato per il rinnovo del GATT (general agreement on tariffs and trade).

La risoluzione delle controversie nel WTO


Il meccanismo di risoluzione delle controversie prima del WTO era già il fulcro del sistema GATT anche se inefficace.
Con il trattato di Marrakech i Panels vengono istituiti dopo una fase iniziale “tentativo di conciliazione” , qualora non si
giunga ad un accordo si svolge un procedimento arbitrale davanti al Panel le cui conclusioni sono approvate dal
consiglio WTO trascorso un certo termine salvo che questo non decida all’unanimità di respingere le conclusioni
dell’organo arbitrale. La durata del procedimento non deve superare i 18 mesi. La valutazione compiuta dale panel
rappresenta solo un primo grado di giudizio.

Molto importante è l’accordo sulla agricoltura rilevante per la materia alimentare sul piano economico poiché capace
di incidere enormemente sui flussi commerciali delle materie prime agricole.

I tradizionali strumenti id politica agricola furono oggetto di regolamentazione su 3 aree:

- riduzione del protezionismo + aumento dell’accesso al mercato

- Decoupling

- Limitazione alle esportazioni sostenute finanziariamente

Altro accordo importante è l’accordo sulle misure sanitarie e fitosanitarie (SPS). Vengono definite norme SPS tutte
quelle norme giustificate dall’esigenza:

- proteggere la vita e la salute dai rischi biologici derivanti da un prodotto

- Proteggere la vita e la salute dai rischi chimici derivanti da un prodotto

- Proteggere la vita e la salute dai rischi di patologie legate agli animali e ai vegetali

- Impedire o limitare altri danni

La casistica è notevole e varia, ci si può trovare di fronte a paesi che introducono criteri particolari e vincolanti di
valutazione, tutte misure che potrebbero essere giustificate da esigenze vere a che talvolta potrebbero celare l’intento di
impedire l’importazione di un certo prodotto.

Prima di ogni altra regola l’accordo stabilisce un principio secondi cui i membri WTO hanno diritto di adottare misure
SPS necessarie per la tutela della vita o della salute aggiungendo una serie di precisazioni tali da rendere il diritto degli
stati no assoluto, esso sussiste a condizione che le misure statali siano contabili con le disposizioni dell’accordo. Tra
queste disposizioni vi è il principio di necessità (ostacoli applicabili in misura necessaria a perseguire uno scopo).

Nel determinare il proprio livello di protezione sanitaria i membri devono tenere Conto dell’obbiettivo di minimizzare gli
effetti negativi per il commercio. Le misure SPS devono poi essere dotate di fondamento scientifico per essere
legittime e non potranno essere mantenute senza sufficienti prove. Le misure SPS devono inoltre essere non
discriminatorie infatti ogni misura deve essere confrontata con altre eventualmente adottate dallo stesso paese nei
confronti di altri stati aventi analoghe condizioni sanitarie.

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Il Codex Alimentarius
La commissione del Codex Alimentarius è stata istituita congiuntamente dalla FAO e OMS all’inizio degli anni ’60.
Gli standard e raccomandazioni che vanno a comporre il codex alimentarius si dividono in due tipi: general standards
(orizzontali) e commodity standards (specifici per prodotto) questi ultimi sono più specifici e variano per ciascun tipo di
alimento, in relazione al quale forniscono il nome e lo scopo per il quale lo standard viene elaborato. Compito della
commissione è anche la revisione di tali standard. Gli organi sussidiari più importanti sono i Codex Committees ai quali
compete preparare le proposte o bozze di standards. Sono di due tipologie rispecchiando i la suddivisione fra standard
generali e specifici. L’art. 13 GFL stabilisce che l’UE deve promuovere la coerenza fra standard internazionali e la
legislazione alimentare interna. L’adesione formale dell’UE al Codex Alimentarius come membro a pieno titolo avviene
con la decisione 2003/882/CE.

Gli stati membri dell’UE contribuiscono all’elaborazione di norme, promuovono il coordinamento e contribuiscono all
elaborazione di accordi sul riconoscimento. Una delle maggiori difficolta pratiche è dimostrare che un ostacolo alle
importazioni è giustificato e necessario. Per questo motivo è stato introdotto l’onere dell’armonizzazione (finchè uno
stato si limita ad imporre misure che trovano riconoscimento nelle linee guida delle più importanti organizzazioni
internazionali esso non avrà l’onere di dimostrare che le misure adottate sono giustificate). In tal modo le indicazioni
raccolte nel Codex diventano quasi vincolanti.

Considerando le difficoltà applicative è stato creato un comitato sulle misure sanitarie e fitosanitarie, esso svolge le
funzioni per attuare le disposizioni dell’accordo. Il comitato, deliberando all’unanimità, promuove le consultazioni tra
membri e assicura uno stretto rapporto con la commissione del Codex.

Altra fonte internazionale importante per il diritto alimentare è l’accordo sugli ostacoli tecnici agli scambi (TBT), esso
stabilisce il dovere degli stati membri di far sì che i regolamenti tecnici abbiano luogo per ostruzione al commercio
internazionale. In generale esso consente agli stati WTO di fissare standards tecnici e di qualità solo se questi non sono
discriminatori.

Molto importante anche l’accordo TRIPs (accordo sugli aspetti della proprietà intellettuale relativa al commercio)
rilevante soprattutto in tema di tutela delle denominazioni d’origine e dei marchi sui mercati esteri. Con questo accordo
si affrontano i problemi che emergono riguardo ai brevetti, marchi, licenze ecc…

L’accordo si apre dettando alcuni principi generali tra cui la tutela giuridica garantita in materia di intellectual property
dai precedenti accordi di Parigi e Berna e altri. Nonostante ciò le denominazioni geografiche risultano debolmente
protette in ambito internazionale.

Il vero problema che si presenta è che molte denominazioni protette dall’UE come DOP e IGP in altri stati sono tutelate
come marchi individuali, cosicché appare difficile eliminare queste posizioni soggettive.

Pochi membri del WTO sentono come serio il problema della poca tutela delle denominazioni geografiche (tra questi
l’UE). A tal proposito la commissione ha proposto un rafforzamento della tutela e ha inoltre optato per la stipula di
accordi bilaterali strategici. (UE+Canada= CETA) , (UE+USA=TTIP, al momento abbandonato a causa dell’attuale
amministrazione USA) In entrambi questi negoziati sono previsti miglioramenti per la tutela delle proprietà intellettuali e
specialmente per le indicazioni geografiche. Nel CETA oltre al riconoscimento dei vincoli del trattato di Marrakech viene
stipulata la protezione reciproca di denominazioni geografiche. Nel secondo si contempla una protezione più intensa di
quella or sin vigore in USA e anche più coerente con gli obblighi TRIPs.

1.4 IL FORMARSI DI UN DIRITTO ALIMENTARE E LE SUE BASI GIURIDICHE


Sia la nostra costituzione (art. 32) sia il TFUE (artt. 3, 114,168,169) forniscono basi giuridiche che autorizzano e
rendono necessari interventi di protezione della salute e del consumatore.Le disposizioni contenute nel reg. 178/2002
appaiono avere una portata generale e fanno comprendere come sia stato costruito il diritto alimentare europeo. L’art.4
GFL afferma che i principi enunciati negli articoli da 5 a 10 costituiscono un quadro generale al quale conformarsi
nell’adozione delle misure.

Le norme individuano:

- gli obbiettivi generali della legislazione alimentare (art. 5), tra cui la tutela dei consumatori

- I caratteri fondamentali dell’analisi del rischio (artt. 6,9,10)

- Il principio di precauzione (art. 7)

Gli artt. Da 5 a 10 per il loro contenuto e per la primazia a loro assegnata dal regolamento costituiscono il fondamento
di un diritto alimentare europeo e tali normative vincolano anche i diritti nazionali presupponendo al contempo una
coordinazione con le autorità statali per il raggiungimento degli obbiettivi.

Restando alla GFL sono importanti anche:

- art. 14 “requisiti di sicurezza degli alimenti” che comporta l’obbligo per tutte le imprese alimentari di non mettere in
commercio aumenti a rischio.

- Art. 16 disciplina l’etichettatura stabilendo che questa insieme a pubblicità e presentazione non devono trarre in
inganno il consumatore.

- Art. 17 stabilisce che gli stati membri applicano la legislazione alimentare e controllano e verificano il rispetto delle
disposizioni in tutte le fai della produzione + istituire un regime di controllo determinando le sanzioni da applicare

- Art. 18 stabilisce che gli OSA dovranno disporre di sistemi e procedure per la rintracciabilità

- Art. 23 lett. g stabilisce che l’autorità europea per la sicurezza alimentare deve creare un sistema di reti tra
organizzazioni operanti

- Art. 50 stabilisce l’istituzione di un sistema di allarme rapido

- Art. 53 affronta le situazioni di emergenza

- Art. 55 si occupa della gestione delle crisi.

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Vi è tuttavia un problema riguardo alle basi giuridiche della politica alimentare europea e , di conseguenza, dl diritto
alimentare europeo. Inizialmente l’intervento comunitario sugli alimenti verteva principalmente sul comparto agricolo,
tuttavia negli anni si è compreso che la materia dell’alimentazione è di carattere trasversale e riguarda più ambiti delle
competenze UE. Alla luce di quest’osservazione si comprende che mancano basi giuridiche “riservate” all’attuazione di
una politica alimentare comune ma allo stesso tempo essendo l’alimentazione una materia trasversale i trattati
forniscono gli strumenti che consentono di adottare la politica in questione. Si conclude, quindi, che l’assenza di basi
riservate non è da considerarsi come ostacolo all’individuazione di un diritto alimentare europeo.

1.5 LA DEFINIZIONE GIURIDICA DI ALIMENTO E IL CAMPO DI APPLICAZIONE DELLA LEGISLAZIONE


ALIMENTARE
Il diritto alimentare comprende norme nazionali, europee e internazionali, oltre che per la pluralità delle fonti esso si
caratterizza anche per la trasversalità. Il campo di applicazione può, quindi, essere delimitato mediante l’individuazione
della definizione di alimento.

La legislazione alimentare italiana appare frammentaria e disordinata a causa della stratificazione nel tempo di norme
tutt’ora vigenti. Il legislatore italiano non ha, inoltre, provveduto ad emanare una definizione di alimenti dotata di balena
generale.

I dubbi interpretativi circa la nozione di alimento sono stati fugati dall’art. 2 del reg. 178/2002 che enuncia una
definizione di prodotto alimentare/alimento: qualsiasi sostanza o prodotto destinato ad essere ingerito, o di cui si
prevede ragionevolmente l’ingestione, da esseri umani.

NON sono compresi:

- Mangimi

- Animali vivi, vegetali non ancora colti

- Medicinali, cosmetici

- tabacco, sostanze psicotrope/stupefacenti

- Residui e contaminanti

Questa definizione è direttamente applicabile in tutti gli stati UE. La nozione è funzionale agli scopi che si propone la
GFL e assicura inoltre una certezza giuridica.

Significativa è la posizione del legislatore riguardo ai prodotti agricoli: essi diventano alimenti solo dopo la raccolta/
macellazione.

Alimenti e animali vivi nella giurisprudenza italiana


Una fonte di contrasti è la riconducibilità o meno degli animali vivi agli alimenti.sorgono principalmente in materia di
somministrazione vietata di talune sostanze farmacologiche agli animali d’allevamento. Vi sono due diversi orientamenti,
quello prevalente propone una nozione ampia di sostanza alimentare.
Vi è da chiedersi se, alla luce, della nozione di alimento enunciata dall’art. 2 della GFL la tesi prevalente possa ritenersi
ancora pienamente accoglibile.

Non sono alimenti i mangimi, ampiamente considerati nella GFL ma limitatamente a quelli destinata ad animali che
diventano poi cibi.

Un altro campo di conflitto riguarda la non sempre agevole distinzione tra alimenti e medicinali. Per i medicinali le regole
di circolazione stabiliscono la necessità di una autorizzazione previa l’immissione in commercio mentre gli alimenti
possono circolare liberamente. Cambia dunque la regola di circolazione. La necessità di demarcare nettamente i confini
tra alimenti e medicinali deriva anche dal veto di attribuire ad un prodotto alimentare proprietà curative/preventive di
una malattia umana. Vi sono ipotesi per le quali un prodotto può ricadere in entrambe le categorie in tal caso si
applicano le disposizioni sui medicinali.

Nonostante l’introduzione della definizione di alimento permangono incertezze circa la collocazione di alcuni prodotti. Si
deve alla corte di giustizia l’enunciazione dei principi che indicano i criteri di distinzione tra le due categorie. La
qualificazione di un prodotto avviene a livello di autorità nazionali.

Alimenti e medicinali per funzione e per presentazione


La disciplina UE in materia di medicinali distingue tra medicinali per funzione e medicinali per presentazione: i primi sono
sostanze che possono essere utilizzate o somministrate all’uomo allo scopo di ripristinare correggere o modificare
funzioni fisiologiche e le cui proprietà farmacologiche sono state accertate scientificamente; i secondi sono tutte le
sostanze aventi proprietà curative o profilattiche delle malattie umane.

1.6 APPROCCIO DELL’UE ALLA CIRCOLAZIONE DEGLI ALIMENTI: MUTUO RICONOSCIMENTO E


ARMONIZZAZIONE
Tra le finalità perseguite dall’UE vi sono la creazione del mercato interno nel contesto del male assicurare la libera
circolazione delle merci. Ciò ha reso manifesta la necessità di immettere in commercio in uno stato membro un alimento
ottenuto legittimamente in un altro stato membro. Questa esigienza è assicurata dal principio del mutuo
riconoscimento altrimenti detto principio Cassis de Dijon della corte di giustizia.

La sentenza Cassis de Dijon


Caso di un liquore francese importato in Germania, esso non raggiungeva la gradazione alcolica minima richiesta e
l’autorità tedesca ha sanzionato l’importatore.
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La corte di giustizia ha riconosciuto la competenza agli stati in assenza di regolamentazione CEE, nonostante ciò
secondo i giudici della corte la fissazione di una gradazione minima integra una misura d’effetto equivalente ad una
restrizione quantitativa agli scambi di merci, ai sensi della sentenza elaborata dalla corte nel celebre caso Dassonville.
A seguito del caso Cassis de Dijon la corte ha introdotto nel trattato l’art. 100 A (ora 114 TFUE) con il quale sono state
adottate più facilmente direttive sul ravvicinamento delle legislazioni. questa necessità di armonizzazione deriva dal fatto
che avendo legislazioni differenti gli stati membri potevano invocare le ragioni di “salute pubblica” per frappone intralci
alla libera circolazione.

In assenza di legislazione UE gli stati membri mantengono la competenza di introdurre norme tecniche tuttavia queste
non devono creare ostacoli se non necessari.

Il prodotto legittimamente ottenuto e commercializzato in uno stato può essere commercializzato liberamente in tutti gli
stati membri. L’approccio basato sul mutuo riconoscimento permesso di compiere passi fondamentali verso la
creazione del mercato interno dei prodotti alimentari.

Tuttavia la creazione del mercato interno non può essere affidata esclusivamente al principio del mutuo riconoscimento,
sono state quindi introdotte le c.d. “integrazione postivi” fondate sul “ravvicinamento delle legislazioni” ( “integrazioni
negative” = fondate sul mutuo riconoscimento e divieti di restrizioni).

Nel settore alimentare si è assistito ad una progressiva acquisizione di competenza da parte del legislatore UE.

2.1 L’IMPRESA ALIMENTARE


I prodotti alimentari hanno come protagonisti i produttori e i commercianti ma anche i consumatori. La GFL fornisce una
serie di definizioni tra cui:

- “impresa alimentare” ogni soggetto impegnato in una delle attività connesse alla produzione, trasformazione, e
distribuzione di alimenti a scopo lucrativo o no. È una qualificazioni di carattere oggettivo in quanto la qualificazione
giuridica di un soggetto come impresa alimentare discende non dalle sue caratteristiche ma dall’oggetto della sua
attività. Essa mira, infatti, ad assoggettare alle regole tutti coloro presenti nella catena alimentare.

- “legislazione alimentare” leggi, regolamenti, disposizioni amministrative riguardanti gli alimenti in generale e la
sicurezza degli alimenti e dei mangimi (con scopo nutritivo per animali destinati alla produzione alimentare) in tutte le
fasi.

- “produzione primaria” comprende tutte le fasi della produzione, allevamento o della coltivazione dei prodotti primari

L’attività agricola è assoggettata alla legislazione alimentare. L’art.1 specifica che il campo di applicazione non
comprende la produzione domestica privata.

2.2 L’OPERATORE DEL SETTORE ALIMENTARE


L’art. 3 della GFL fornisce la definizione dii OSA “la persona fisica o giuridica responsabile di garantire il rispetto delle
disposizioni della legislazione alimentare posta sotto il suo controllo”.

L’OSA può essere una persona fisica o giuridica, la definizione is riferisce ai soggetti che sono responsabili delle attività
dell’impresa alimentare. L’OSA deve garantire l’osservanza delle norme della legislazione alimentare. Sul’OSA grava un
dovere di SICUREZZA, l’obbligo di RITIRO o RICHIAMO dal mercato dei prodotti non sicuri, l’obbligo di
RINTRACCIABILITÀ, obblighi di TRASPARENZA e COMUNICAZIONE nei confronti delle autorità pubbliche e dei
consumatori, e obblighi di PREVENZIONE.

L’approccio del legislatore UE mostra la volontà di realizzare un sistema normativo all’interno del quale la responsabilità
legale per la conformità dei prodotti alimentari grava sugli OSA, espressione di tale approccio è stato anche l’art. 1 par.4
del reg. 882/2004 relativo ai controlli ufficiali.

2.3 I REQUISITI DI SICUREZZA DEGLI ALIMENTI E DEI MANGIMI


L’art. 14 della GFL stabilisce che gli alimenti a rischio non possono essere immessi sul mercato e cosa si intende per
alimenti a rischio. Il concetto di alimento a rischio richiama la definizione di rischio (art. 3 n. 9 della GFL) “il rischio è la
funzione della probabilità e della gravità di un effetto nocivo per la salute, conseguente alla presenza di un pericolo”. Un
prodotto è a rischio quando vi è la presenza non meramente ipotetica di un “pericolo”. Un alimento può essere insicuro
anche se non è a rischio, in tal senso il regolamento considera (va) non sicuri anche i prodotti inadeguati al consumo
umano o contaminati. Per determinare se un alimento sia insicuro si devono prendere in considerazione:

- le condizioni d’uso normali in ciascuna fase

- Le informazioni messe a disposizione del consumatore (etichetta e altre)

ES. i cibi crudi da consumare solo previa cottura possono comunque contenere quantitativi ridotti di batteri nocivi,
questi prodotti possono essere commerciati nella misura in cui i batteri nocivi verranno eliminati con la cottura.

É evidente il ruolo centrale dell’etichettatura, se l’etichetta contiene le info necessarie ma il consumatore e ignora il
prodotto nn può ritenersi insicuro. In quest’ultimo caso la sicurezza alimentare viene intesa come sicurezza informativa.

Per determinare se un alimento sia dannoso per la salute si deve tener conto:

- non solo dei probabili effetti a breve/medio/lungo termine sulla salute del consumatore ma anche su quella dei suoi
discendenti

- I probabili effetti tossici cumulativi

- La particolare sensibilità sotto il profilo della salute

Per determinare se un alimento sia inadatto al consumo umano bisogna considerare se l’alimento sia inaccettabile per il
consumo umano, l’uso previsto, contaminazioni, altri motivi, putrefazione, deterioramento o decomposizione.

Le ipotesi generali contenute nei parr. 4 e 5 dell’art. 14 GFL trovano specificazione nel diritto verticale.

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Il par. 6 art. 14 GFL con lo scopo di innalzare la soglia di protezione presume che se un alimento insicuro appartiene ad
una partita della stessa classe o descrizione si Resume che tutti gli alimenti contenuti in quella partita siano a rischio.

Dai parr. 7 e 9 art. 14 si evince che gli alimenti conformi alle norme UE o, in loro assenza, a norme nazionali sono ritenuti
sicuri.

L’art. 1 del par. 1 del reg. 822/2004 fissa le regole generali per l’esecuzione dei controlli ufficiali.

L’art. 15 GFL stabilisce i requisiti di sicurezza dei mangimi che sono considerati a rischio se hanno effetti nocivi per la
salute umana o animale o se mettono a rischio l’alimento ottenuto dall’animale.

2.4 LA NOZIONE DI CONSUMATORE E IL CONSUMATORE DI PRODOTTI ALIMENTARI


La tutela del consumatore ha trovato riconoscimento come obbiettivo fondamentale e come vera e propria politica
dell’UE.

Art. 169 TFUE : promuovere gli interessi dei consumatori ed assicurare un livello levato di protezione dei consumatori.

Art. 12 TFUE : nella definizione e attuazione delle politiche UE sono prese in considerazione le esigenze inerenti alla
protezione dei consumatori.

Per quanto riguarda l’ordinamento politico italiano la normativa di riferimento è rappresentata dal Codice del consumo
che stabilisce che si intende per consumatore la persona fisica che agisce per scopi estranei all’attività imprenditoriale,
commerciale, artigianale o professionale eventualmente svolta. La regolazione sugli alimenti è sottratta al Codice del
consumo poiché si applica lo specifico sistema normativo in materia di sicurezza alimentare predisposto dalla GFL.

La GFL considera il consumatore finale definendolo come consumatore che non utilizza un prodotto alimentare
nell’ambito di un’altra operazione o attività di un impresa del settore alimentare. L’aggettivo “finale” svolge una funzione
connotante degli obblighi che scattano se il prodotto alimentare è consegnato a chi è destinato ad ingerirlo, colui che
deve sapere la durabilità del prodotto, le condizioni d’uso, ecc…

In un’ottica analoga nella GFL il consumatore è individuato e caratterizzato per i fatto di porsi come ultimo e definitivo
destinatario del prodotto.

In particolare la tutela degli interessi dei consumatori è individuato quale obbiettivo e principio generale della
legislazione alimentare. Altri principi generali della normativa sulla sicurezza alimentare sono: la consultazione e
l’informazione ai cittadini.

La nozione di consumatore di alimenti coincide con la nozione generale di consumatore di cui al Codice del consumo.

Sussiste una differenza fra Codice del consumo e legislazione alimentare quando quest’ultima estende la tutela alle
collettività.

Il “consumatore medio”, secondo la corte di giustizia, è un consumatore normalmente informato e ragionevolmente


attento e accorto.

2.5 L’ANALISI DEL RISCHIO


Tra i principi generali della legislazione alimentare vi è il “principio dell’analisi del rischio”.Quest’ultimo è un processo
costituito da 3 componenti:

1. Valutazione: individuazione del pericolo, caratterizzazione del pericolo, valutazione dell esposizione,
caratterizzazione. Queste valutazioni di ordine tecnico-scientifico sono rimesse all’EFSA e costituiscono la base per
l’adozione di misure di cui al punto 2.

2. Gestione : consiste nell’esame delle alternative d’intervento tenendo conto della valutazione del rischio. Determina
il livello di protezione e la scelta della misura più appropriata. É un’attività affidata ad organi politico-decisionali
quali, la commissione e in certa Misra agli stati. Le misure adottabili dovranno conciliare i due obbiettivi generale
ossia la protezione della salute e la libera circolazione delle merci.

3. Comunicazione : scambio interattivo di informazioni, pareri e segnalazioni sulla valutazione e sulle decisioni in
materia di gestione del rischio. Questa attività si esplica lungo tutto il processo di analisi del rischio. La
comunicazione del rischio spetta all’EFSA e alla Commissione, significativo è anche il ruolo degli stati membri.

É un meccanismo che garantisce un alto livello di sicurezza e assicura la circolazione delle merci.

La legislazione alimentare si basa sull’analisi del rischio.

Viene definito “pericolo” un “agente biologico, chimico o fisico contenuto in un alimento, o condizione in cui un
alimento si trova in grado di provocare n effetto nocivo”. Il rischio può essere anche solo potenziale.

L’introduzione di questo meccanismo trova spiegazione nel “mettere un limite” al potere discrezionale di cui gode il
legislatore.

La separazione tra valutazione e gestione è emersa dalla vicenda della della mucca pazza che ha messo in luce i gravi
malfunzionamenti dell’apparato istituzionale e del sistema di consulenza scientifica. Quindi si diede luogo a una serie di
interventi di riforma: il consiglio fu privato del potere esclusivo in materia agricola e veterinaria, e fu disposta una
riorganizzazione interna. Questo per assicurare l’indipendenza dei processi di valutazione scientifica rispetto a influenze
di tipo politico.

Il caso Fedesa
Nei primi anni ’80 le divergenti regole sulla somministrazione ormonica agli animali rischiavano di compromettere la
libera circolazione sulla carne bovina. Il consiglio vietò il linea di principio la somministrazione di ormoni ad animali da
azienda, estendendo tale divieto all’uso di altre sostanze ormoniche a scopo di ingrasso con lo scopo di rispondere
adeguatamente alle preoccupazioni e aspettative dei consumatori. Queste direttive sono scaturite da una valutazione di
opportunità politico-economica piuttosto che scientifica e dimostrano l’ampia discrezionalità di cui godeva il legislatore.
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A tal proposito vi è stat una controversia tra Fedesa ed il ministro inglese dell’agricoltura, della pesca e
dell’alimentazione + ministro della sanità. In particolare tra le questioni sottoposte all corte di giustizia vi era la possibile
invalidità della direttiva per violazione del principio di certezza del diritto, in quanto priva di fondamento scientifico.
La corte ha giudicato legittimo di veto dell’uso degli ormoni seppur in mancanza di prove in ordine al fondamento
scientifico. Dalla vicenda emerge che il legislatore comunitario godeva di “discrezionalità estesa” all’accertamento degli
elementi di fatto. Inoltre le misure di sicurezza alimentare dell’epoca non dovevano essere conformi all’analisi del rischio
e apparivano legittime anche se fonda sul mero rischio ipotetico.
Il divieto praticato alla “care agli ormoni” si traduceva in un bando alla care e derivati di provenienza americana e
canadese. Ciò ha dato luogo a 2 procedure.
I due Panels hanno riconosciuto i diritto di un membro di adottare livello idi protezione sanitaria più elevati rispetto a
quelli indicati dal Codex ma hanno precisato che tale possibilità deve essere basata su una valutazione dei rischi.
I due Panels hanno quindi ritenuto incompatibili le misure comunitarie con l’accordo SPS e l’organo di appello ha
ricondotto l’incompatibilità alla mancanza di prove circa l’esistenza di una giustificazione scientifica. A nulla è valso il
tentativo comunitario di invocare il principio di precauzione per giustificare l’assenza dell’analisi del rischio.

2.6 L’AUTORITÀ EUROPEA PER LA SICUREZZA ALIMENTARE


Tra le innovazioni portate dalla GFL vi è stata l’istituzione dell’autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA).

Efsa fu inizialmente pensata come soluzione per le criticità merse durante la crisi della BSE (mucca pazza). Un’autorità
scientifica di esperti, indipendente che valuta il rischio. Questo organismo è volto alla formulazione dei migliori pareri
scientifici.

L’efsa ha funzioni e incarichi multi-direzionali, rivolte all’UE, alle istituzioni e agli stati membri ma anche ai cittadini.

Principali incombenze di EFSA:

- consulenza scientifica e assistenza scientifica e tecnica

- Comunicazione relativa a questioni nutrizionali

- Formulazione di pareri su salute e benessere degli animali e salute dei vegetali

- Studio di dati scientifici e tecnici

- Formulazione di conclusioni e orientamenti

L’efsa è inoltre destinataria dei messaggi che circolano sul RASFF.

L’emanazione di pareri potrà avvenire tanto di propria iniziativa quanto su richiesta della commissione europea.

Efsa ha sede a Parma e opera attraverso vari organi:

- consiglio di amministrazione

- Foro consultivo

- Comitato scientifico affiancato da gruppi permanenti di esperti scientifici

I profili distintivi di EFSA sono:

- Eccellenza scientifica

- Indipendenza

- Autorevolezza

- Trasparenza

- Riservatezza

I pareri che EFSA fornisce non sono vincolati per le amministrazioni che li abbiano richiesti.

2.7 IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE NEGLI ACCORDI INTERNAZIONALI


Lo sviluppo delle tecnologie ha dato origine al progressivo emergere di problemi. Tali problemi hanno implicazioni
concernenti i prodotti alimentari. Ma la prima della nascita di preoccupazioni in ambito alimentare, nacquero in ambito
ambientale. SI rese palese la necessità di adottare un approccio precauzionale per evitare il verificarsi di danni
irrimediabili all’ambiente.

Il WTO richiama proprio il principio di precauzione per tanto riguarda le misure restrittive in insufficienza di prove: nei
casi in cui le pertinenti prove scientifiche non siano sufficienti un membro può adottare temporaneamente misure
sanitarie o fitosanitarie.

Il principio di precauzione potrebbe, oggi, considerarsi un principio di diritto internazionale ambientale ma non già di
diritto internazionale generale.

2.8 IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE DEL DIRITTO UE PRIMA DELLA GFL


La coscienza dell’esistenza di problemi ha indotto l’UE ad adottare alcune norme che introducono lo “sviluppo
sostenibile” e il “principio di precauzione”.

Nonostante l’assenza di fonti di diritto UE specificamente dedicate al principio di precauzione alcuni casi di emergenza
alimentare hanno dato occasione alla corte di giustizia di esprimere una posizione a riguardo.

ES: nella causa relativa alle misure adottate dalla commissione per fronteggiare la BSE la corte ha confermato la validità
della decisione della commissione di vietare l’esportazione di bovini dal regno unito fondando la sua decisione sul
principio di proporzionalità interpretato alla luce del principio di precauzione tratto dalle norme ambientali. In questo
caso la corte ha risolto il problema tra tutela della salute e libera circolazione delle merci applicando il principio di
precauzione.

ES: un secondo caso sempre relativo alla BSE ha consentito alla corte di affermare che uno stato membro può vietare
l’importazione di teste di bovini a rischio. Una partita di teste veniva confiscata e dichiarata inutilizzabile dal
“department of agricolture for northern ireland” senza visita delle merci.

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La misura nazionale che anticipava quella comunitaria era giustificata “e costituiva una misura che non era
sproporzionata rispetto al pericolo che rappresentava la BSE”.

Anche le misure basate sul principio di precauzione non devono essere sproporzionate.

ES: travagliata vicenda dell’entrata nell’ut di semi di soia e di mais OGM h dato occasione alla corte di pronunciarsi
riguardo al principio i precauzione. In questo caso più che del principio di precauzione in senso estremo è più
appropriato citare il principio di proporzionalità come esplicitazione del risk management nella misura in cui eventuali
rischi devono essere evitati non appena se ne viene a conoscenza.

La concezione di precauzione espressa risulta diversa da quella sostenuta di più accesi “precauzionisti”. Se il principio
di precauzione significa che in assenza di certezze scientifiche si può impedire la circolazione del prodotto dal discorso
della commissione emerge che solo se sorgono dubbi ragionevoli da parte della scienza circa gli effetti del bene in
questione si può prendere una misura “precauzionale”.

La lettura della commissione appare sostanzialmente un’interpretazione dell’accordo SPS. D’altra parte da un’altra
posizione della commissione sembra emergere la soluzione della “gestione del rischio” : scegliere di ammettere i
prodotti in commercio a meno che una valutazione scientifica degli effetti potenzialmente negativi sconsigli tale
atteggiamento.

In conclusione la commissione UE sembra essere combattuta fra le richieste del Parlamento e dell’opinione pubblica da
un lato e gli obblighi internazionali dall’altro. Le differenti affermazioni contenute nella Comunicazione sembrano
esprimere l’aspirazione a dare due letture del principio a seconda che il problema sia di “mercato interno” o di “mercato
internazionale”.

2.9 IL PRINCIPIO DI PRECAUZIONE NELL’ART. 7 DELLA GFL


Con l’adozione della GFL il principio deprecazione ha trovato formale enunciazione nel contesto della disciplina sulla
sicurezza alimentare.

Il legislatore è stato spinto ad adottare un approccio fondato su una tutela quanto più ampia possibile.

L’art. 7 della GFL identifica il principio di precauzione come uno strumento attraverso cui è possibile adottare misure
provvisorie di gestione del rischio necessarie per garantire il livello elevato di tutela della salute.

Gli elementi che concorrono a definire il contenuto di tale principio in ambito alimentare sono:

- il tipo di interesse tutelato

- Il livello d incertezza il carattere proporzionato e provvisorio

Quanto al grado di incertezza il rischio è fondato sulla valutazione complessiva del rischio per la salute basata sui dati
scientifici disponibili più affidabili e sui risultati più recenti della ricerca internazionale dai quali devono essere emerse
incertezze scientifiche.

Le misure devono essere proporzionate prevedendo solo le restrizioni necessarie (nonché provvisorie).

Il ricorso al principio deprecazione deve avvenire sempre nel rispetto del principio di proporzionalità.

La base imprescindibile per un’azione precauzionale è costituita dall’espletamento di una valutazione del rischio
fondata su elementi scientifici d cui emerga un rischio anche solo potenziale.

Il potere di agire in via precauzionale spetta in primis alla commissione e in via residuale agli stati membri.

Il principio di precauzione non rileva solo nell’ambito della gestione del rischio ma anche le fasi della valutazione e di
comunicazione del rischio.

2.10 IL SISTEMA D’ALLARME RAPIDO, LE SITUAZIONI DI EMERGENZA E LA GESTIONE DELLE CRISI


Alla GFL si deve la codificazione del sistema di allarme rapido. Merito di questo regolamento è ave meglio definito il
quadro applicativo del sistema e avere estesa l’operatività anche ai rischi derivanti dall’utilizzo di mangimi.

Il RAFFS è una rete di soggetti istituita per consentire lo scambio repentino di informazioni in caso di rischio. Al RAFFS
partecipano gli stati membri, i pesi non UE che abbiano aderito, EFSA e la commissione europea. Quest’ultima è
incaricata di ricevere e ritrasmettere le notifiche ma non prima di averne verificato la correttezza. La notifica trasmessa
attraverso un formulario standard dovrà contenere tutti i dati affinché i prodotti posano essere immediatamente
individuati, sul paese membro notificante graverà la responsabilità per la “sostanza” delle informazioni trasmesse.

A seconda del contenuto le notifiche si distinguono in originali e di follow up. Il contemperamento tra salvaguardare la
salute e non danneggiare inutilmente gli OSA trova riconoscimento nell’art. 10:

I cittadini saranno portati a conoscenza di dati concernenti il prodotto a rischio e i provvedimenti da adottarsi in
funzione della natura, della gravità e dell’entità del rischio.

Se il paese o i paesi interessati non possono adottare misure adeguate sta alla commissione provvedere, tali
provvedimenti avranno carattere temporaneo. Nel caso in cui la commissione non si attivi lo stato membro può attivare
misure cautelari provvisorie che potranno rimanere in vigore fino a che la commissione non sarà subentrata.

Se le misure adottate non sembrano essere idonee a far fronte al rischio è opportuno un intervento sinergico. L’art.56
GFL prevede che la commissione previa comunicazione agli stati membri e all’EFSA istituisca immediatamente un’unità
di crisi. Compito dell’unità sarà raccogliere tutte le informazioni concernenti il rischio individuando la migliore strategia
per prevenirlo, limitarlo, ridurlo ad un livello accettabile.

3.1 LA DENOMINAZIONE DEI PRODOTTI ALIMENTARI E LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA

Le denominazioni identificano un aumento distinguendolo da altri. può avere l’effetto di impedire confusione ma può
anche generarne.

Accanto alle denominazioni del tutto generiche e a denominazioni proprie di prodotti più specifici ma di larga diffusione
si è verificato anche il fenomeno di nomi di alimenti tradizionali che sono rimasti collegati a pratiche e localizzazioni. Si
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aggiunge il fenomeno di nomi identici o simili usati per designare prodotti differenti. Questa evoluzione ha causato non
pochi problemi che in larga misura sono stati risolti in via giurisprudenziale dalla corte di giustizia.

L’intervento della corte trae le mosse dall’odierno art. 34 TFUE che ha effetto diretto (i singoli possono invocarlo
direttamente davanti ai giudici nazionali). Affermando l’effetto diretto di questo art. la corte ha sviluppato la propria
giurisprudenza Van Gend en Loos applicandola al suddetto art. con la sentenza Dassonville (ogni normativa
commerciale che possa ostacolare gli scambi va considerata come una misura ad effetto equivalente a restrizioni
quantitative. Su tale base fu facile pervenire alla sentenza Cassis de Dijon che introdusse il c.d. principio del “mutuo
riconoscimento”, il quale per in mancanza di armonizzazione tutelando la salute dei consumatori.

Alla sentenza cassis de dijon ne seguirono molte (es. sentenza Pasta, Birra, Formaggi olandesi…).

In questi casi la corte ha concluso per:

- la liberalizzazione delle importazioni di prodotti ottenuti secondo ricette diverse da quelle nazionali

- Il diritto dello stato di mantenere a propria discrezione l’obbligo di fabbricare l’alimento secondo la ricetta (solo per i
produttori di quello stesso stato)

- Il diritto dello stato di imporre un etichettatura adeguata evitando che il consumatore possa essere tratto in inganno

- L’uso di un certo nomen per individuare un prodotto deve essere vietato se è necessari per evitare di confondere il
consumatore.

La corte ha affidato la protezione del consumatore all’etichettatura, considerandola lo strumento più efficace per
tutelare l’acquirente e meno ostativo del commercio. Tuttavia, l’etichetta sembra in certi casi non del tutto sufficiente se
il nomen usato per designare il prodotto può ingannare il consumatore (pronuncia van Der laan, caso smanor,
comunicazione del ’91).

CASO VAN DER LAAN: un alimento olandese chiamato prosciutto conteneva solo il 70% di carne di maiale, la legge
tedesca considerava tale alimento non commerciabile con il nome “prosciutto”. Si è ricorsi alla corte di giustizia che ha
dichiarato che l’impiego di questo nomen non permette all’acquirente non olandese di essere adeguatamente
informato.

Ricapitolando:

- è contrario il comportamento dello stato che ostacoli l’importazione sul suo mercato di prodotti ottenuti
legittimamente in altro stato membro

- L’uso di appellativi generici non può essere limitato con prescrizioni che li rendano utilizzabili per i soli prodotti
nazionali rispondenti alle norme interne

- L’uso dell’appellativo può essere negato quando il prodotto sia completamente diverso da quello che comunemente
usa il nomen

CASO SMANOR: uno yogurt congelato importato in Francia non rispecchiava a definizione internazionale di “yogurt” (…
contente fermenti lattici vivi…) in quanto il congelamento alterava la composizione organolettica dell’alimento. La corte
di giustizia ha fatto trasparire (nonostante abbia lasciato il giudizio alla corte nazionale) che l’uso del nomen “yogurt”
fosse illegittimo cosi come dichiarato anche dal giudice nazionale.

Giurisprudenze principali della corte:

- sentenze aceto I e aceto II, l’aceto anche se non è di vino è privo di sostanze nocive e quindi lecito è l’uso del
nomen purché indicato in etichetta il prodotto dal quale derivi l’aceto.

- Sentenza pasta, argomentazione simile a quella dell’aceto e anch’essa respinta per analogia con il caso aceto.

- Sentenza sul pane olandese, la corte negò l’argomentazione che indicare i quantitativi di materia secca fosse
necessario per tutelare la popolazione

- E altre…

3.2 LE COMUNICAZIONI DELLA COMMISSIONE SULLE DENOMINAZIONI DEI PRODOTTI

La Comunicazione è un atto di soft law, non crea effetti obbligatori, ma esprime la posizione della commissione su un
argomento. È il documento in cui sono riassunte le giurisprudenze della corte.

Con la prima comunicazione la commissione annuncia di aver abbandonato l’armonizzazione verticale e di volersi
limitare a quella orizzontale (in materia alimentare).

Una successiva comunicazione sulle denominazioni di vendita dei prodotti alimentari ricapitolò la posizione assunta
dalla corte in ordine a: aceto, yogurt, caviale.

3.3 LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE COSTITUZIONALE ITALIANA IN MATERIA ALIMENTARE E LE


DISCRIMINAZIONI A “ROVESCIO”
Anche la corte affronta il problema della protezione del consumatore, spesso solo indirettamente.

Secondo la corte i giustizia l’art. 34 TFUE impedisce allo stato italiano di opporsi alla commercializzazione in Italia, con
il nome di “pasta”, di pasta alimentare prodotta legittimamente in altri stati membri a causa del principio del mutuo
riconoscimento. Tuttavia non esistono paste alimentari consentite dal diritto comunitario ma solo paste ridotte fuori
dall’Italia alle quali il sistema del diritto UE garantisce la libera circolazione. Le imprese italiane si trovano ad operare i
svantaggio competitivo in quanto in Italia era proibita la denominazione delle paste alimentari con il nomen pasta.

Si sta qui accennando al tema delle c.d. discriminazioni a rovescio, qui la corte ha preso in esame il trattamento
peggiore riservato ai produttori italiani. La corte di giustizia ha precisato che le discriminazioni a rovescio costituiscono
solo un problema di diritto interno. Oggi il problema è superato poiché la legge risulta drogata e sostituita da un anuova
disciplina che recita: “è consentita la produzione di paste speciali contenenti ingredienti alimentari diversi dagli sfarinati
di grano tenero rispondenti alle norme igienico sanitarie” non esiste più un divieto di impiego di ingredienti “ulteriori” ma
gli ingredienti di base del prodotto “pasta” devono essere sempre gli sfarinati di grano duro.

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3.4 I SEGNI DISTINTIVI E ALTRE FORME DI INDIVIDUAZIONE E VALORIZZAZIONE DEI PRODOTTI
AGROALIMENTARI
Estrema debolezza dei prodotti agricoli, struttura fortemente concorrenziale dei relativi mercati hanno fatto emergere la
necessità di distinguere e/o valorizzare i propri prodotti. Costituiscono “segni distintivi” i MARCHI, ambito disciplinato
da norme intenrazionali, UE e nazionali, le ultime fanno riferimento al c.d. Codice della proprietà industriale che
distingue tra MARCHI INDIVIDUALI e MARCHI COLLETTIVI.

I marchi individuali permettono di identificare determinati prodotti attraverso un collegamento con la pacifica impresa
che ne è titolare; diritto di esclusiva al suo utilizzo e dunque tutela contro l’impiego da parte di terzi. Non sono
frequentemente usati dalle impasse agricole. Non ha alcuna funzione di garanzia della qualità.

Il marchio collettivo è un segno distintivo la cui titolarità spetta ad un’organizzazione cui fanno capo più imprese alle
quali può essere concesso l’uso del marchio a fronte dell’impegno di produrre in conformità a determinati standard. Ha
funzione di garanzia dell’origine, della natura, della qualità. Può anche servire per designare una provenienza
geografica.

- I marchi collettivi geografici son registrabili da associazioni di imprese con collegamento a una identificazione e di
tipo territoriale.

3.5 LE DOP, IGP, STG : IL REGOLAMENTO UE N°1151/2012 SUI REGIMI DI QUALITA DEGLI ALIMENTI
Nel panorama dei segni distintivi e/o di qualità in primo piano vi sono le DOP e le IGP la cui disciplina è attualmente
contenuta insieme alle STG nel reg. 1151/2012. Alla base della normativa si ritrovano obbiettivi di varia natura:

- tutela degli interessi economici dei produttori

- Garanzia di cncorrenza leale

- Tutela degli interessu/aspettative dei consumatori

- Diritti di proprietà intellettuale

- Realizzazione della politica di sviluppo rurale contenuta nella PAC

La DOP identifica un prodotto

- originario di un luogo

- La cui qualità/caratteristiche sono dovute a un particolare ambiente

- Le cui fasi di produzione si svolgono nella zona

Le IGP identificano un prodotto:

- originario di un determinato luogo

- Alla cui origine geografia è attribuibile qualità, reputazione, o altro

- La cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi nella zona

La registrazione di una DOP o IGP inizia nel momento in cui i produttori presentano un’apposita domanda di
registrazione accompagnata da un disciplinare di produzione e dal c.d. documento unico. vi è una prima fase di
valutazione dell’autorità competente (in Italia il MiPAF) che trasmette la documentazione alla commissione che valuta e
adotta la decisione finale in merito.

Oggetto di registrazione e tutela come DOP o IGP sono anche prodotti di paesi terzi. I nomi registrati come DOP o IGP
sono oggetto di un regime di tutela di ampia portata che impedisce:

- l’uso del nome per prodotti che on sono oggetto di registrazione

- Qualsiasi usurpazione, imitazione, o evocazione

- L’uso di indicazioni che possono trarre in inganno sull’origine, la natura, o la qualità

- qualsiasi prassi possa indurre in errore il consumatore

Il funzionamento e il mantenimento della protezione si fondando su un sistema di controlli del rispetto dei disciplinari.

Agli stati membri il compito di assicurare che gli OSA che usano una DOP, IGP siano coperti da un sistema di controlli
ufficiali.

Ogni stato ha l’obbligo di attivarsi allo scopo di proteggere qualsiasi prodotto DOP e IGP (c.d. protezione ex officio).

La disciplina esclude espressamente la possibilità di registrare le denominazioni generiche.

La questione dei limiti è stata affrontata dalla corte di giustizia nella vicenda che ha interessato “feta”.

CASO FETA: feta ha ottenuto la registrazione come DOP nonostante fosse diffusa l’oppino che fosse un nomen
generico. La corte ha disposto che la registrazione dovesse essere annullata. Successivamente dichiarò che la
denominazione non è da considerarsi generica.

Problematiche di evocazione ingannevole di una DOP sono state affrontate anche nella nota vicenda del “parmesan”.

Sistema europeo di tutela di DOP e IGP è da considerarsi esaustivo.

Gli stati membri sono competenti a disciplinare gli aspetti dei prodotti agroalimentari solo se tale qualità non è legata
all’elemento della territorialità (c.d. indicazioni geografiche semplici).

Costituiscono quindi una materia che resta confinata all’interno dello stato membro. Il reg. 1151/2012 disciplina e tutela
anche le STG. Del nomen possono fruire i prodotti agricoli o alimentari ottenuti con un metodo o una composizione che
corrispondono a una pratica tradizionale e ottenuti da materie prime o ingredienti utilizzati tradizionalmente. Anche in
base all’attuale disciplina la qualità di cui è espressione l’STG prescinde di regola dall’aspetto territoriale.

3.6 LE NUOVE INDICAZIONI GEOGRAFICHE DEI VINI: DOP e IGP


Nell’originaria disciplina delle denominazioni dei vini le indicazioni godevano innanzitutto di una tutela nazionale. In Italia
denominazioni DOC e DOCG e IGT. I vini riconosciuti dall’ordinamento italiano come DOC o DOCG si vedevano
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riconoscere al livello UE il titolo VQPRD mentre i vini IGT rientravano nell grande categoria residuale di vini da tavola. Le
nuove regole UE intese come miranti a superare il presente sistema della duplice protezione. Scompaiono le vecchie
VQPRD e compaiono le DOP e IGP vitivinicole.

DOP di un vino: qualità e caratteristiche sono dovute ad un particolare ambiente geografico, ottenuto da una zona
geografica e da uve appartenenti alla specie “vivits vinifera” provenienti da tale zona.

IGP di un vino: qualità, notorietà o altro attribuibili all’origine geografica, ottenuto da uve di specie “vitis vinifera” o da
incroci tra quest’ultima e altre specie del genere “vitis” provenienti per almeno l’85% da tale zona, vinificato in detta
zona.

Con queste nuove regole vi è il rischio di banalizzare i vini di pregio, accentuato dalla possibilità di indicare l’annata e la
varietà in etichetta.

Le DOP e IGP vitivinicole ottengono il riconoscimento solo a livello UE.

Le DOC e DOCG e IGT possono ancora essere scritte sulle etichette ( DOP: DOC, DOCG ; IGP: IGT) però solo come
menzioni tradizionali protette, una sorta di descrizione aggiuntiva senza alcun significato di protezione.

Oltre alle menzioni tradizionali protette la nuova disciplina contempla la possibilità di altre menzioni tradizionali che
richiamano il metodo di produzione o di invecchiamento, qualità, colore ecc…

3.7 LA GIURISPRUDENZA DELLA CORTE DI GIUSTIZIA SUL CONDIZIONAMENTO DEI PRODOTTI A


INDICAZIONE GEOGRAFICA E IL REGOLAMENTO N°1151/2012
Un tema importante concerne la possibilità di subordinare o meno l’uso di una DOP o IGP all’effettuazione entro la zona
geografica anche il condizionamento.

Il problema si pose per i vini a denominazione d’origine i quali potevano solitamente essere imbottigliati fuori del
territorio di produzione. Il disciplinare può prevedere l’obbligo di condizionamento in loco se seguito da giustificazione
valida.

CASO VINO RIOJA: vino prodotto nella regione Rioja, si escludeva che tale denominazione fosse attribuibile al vino
qualora fosse esportato sfuso e imbottigliato fuori da tale zona.

1° sentenza della corte di giustizia: dichiara incompatibile con il diritto comunitario questa norma spagnola in quanto
misura di effetto equivalente alla restrizione quantitativa.

2° sentenza della corte di giustizia: si afferma che una normativa che tuteli il vino (VQPRD) può rientrare tra le deroghe
dell’art. 36 TFUE (tutela della proprietà intellettuale) e quindi considerata compatibile con il trattato.

La corte ha cosi finito per accettare la tesi spagnola.

La disciplina del 2012 sembra autorizzare l’introduzione nel disciplinare di soli obblighi di confezionamento in loco e non
consentire più quelle prescrizioni obbligatorie relative al condizionamento in loco. La norma sembra porre parzialmente
da parte oltre 10 anni di pronunce, si pensa quindi ad un grossolano e grave errore di traduzione.

3.8 IL METODO DI PRODUZIONE BIOLOGICO


Il tema del biologico si colloca nel contesto della politica di valorizzazione e di tutela della qualità dei prodotti agro-
alimentari. La disciplina contenuta nel reg. 834/2017 del parlamento e del consiglio si propone di facilitare il
funzionamento del mercato interno evitando concorrenza sleale, garantendo un elevato livello di tutela e favorendo la
trasparenza. L’intento sotteso all’impiego della dicitura “biologico” è quello di informare il consumatore del fatto che la
produzione è avvenuta nel rispetto delle stesse regole.

La produzione biologica è identificata come un “sistema globale di gestione e di produzione agroalimentare basato
sull’interazione tra le migliori pratiche ambientali possibili, una alto livello di biodiversità, la salvaguardia delle risorse
naturali e il benessere degli animali.

Gli obbiettivi generali consistono nel realizzare un sistema di gestione sostenibile e nel ridurre un’ampia varietà di
alimenti. Di regola l’azienda deve essere gestita interamente secondo i requisiti applicabili alla produzione biologica o
quantomeno a compartimentare le produzioni biologiche e non biologiche.

Per quanto riguarda il campo di applicazione il regolamento ha portata orizzontale. E detta norme specifiche:

- uso di ingredienti solo biologici

- Limitare l’uso di additivi e micronutrienti

Detta anche i principi generali della produzione biologica, sancisce il divieto di impiego di fattori produttivi ottenuti per
sintesi chimica, limita l’uso di additivi, coloranti e aromi, prevede il divieto di impiego di OGM, stabilisce requisiti in
materia di etichettatura.

L’etichettatura prevede l’indicazione degli ingredienti biologici, per i prodotti trasformati ‘uso del termine biologico è
subordinato al fatto che almeno il 95% degli ingredienti di origine agricola sia biologico.

Al fine di assicurare il rispetto delle norme e di tutelare i consumatori è previsto apposito sistema di controllo istituito e
gestito a livello nazionale. Le imprese attive nel settore del biologico devono possedere il certificato di conformità
rilasciato da un organismo di controllo autorizzato (in Italia il MiPAAF). L’organismo di controllo è costituito da un ente
terzo indipendente.

L’obbligo di rispettare il regolamento è previsto anche per le imprese che si trovano ancora in fase di conversione al
metodo bio.

L’importazione di prodotti biologici da paesi extra-UE può avvenire:

- in caso di conformità con il reg. 834/2007

- Nel caso di prodotti che offrono garanzie equivalenti.

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4.1 LE REGOLE DI PRODUZIONE E COMMERCIALIZZAZIONE DEI PRODOTTI ALIMENTARI
Le regole generali che sovrintendendo il settore degli alimenti sono ricondotte alla GFL il primo atto del nuovo
approccio sulla sicurezza alimentare. Essa muta il punto vista del legislatore UE, si passa da un approccio di tipo
esclusivamente preventivo ad un altro fondato sull'analisi del rischio. La moderna food policy si caratterizza per la
centralità della gestione del rischio. Una novità é che la commissione può intervenire direttamente per gestire il rischio
adottando qualsiasi misura provvisoria adeguata. Le autorità nazionali potranno intervenire solamente in seconda
battuta. Altra novità riguarda regime di responsabilità per l'osservanza della legislazione, Il regolamento inaugura un
processo di concentrazione della responsabilità in capo all’OSA. Tutti questi principi sono rafforzati da un articolo
sull’igiene e dai controlli ufficiali e altre attività ufficiali effettuati per garantire l'applicazione della legislazione alimentare.
I requisiti di sicurezza degli alimenti sono stabiliti dallo stesso regolamento 178/2002. Tre principali più significative
normative europee sono il pacchetto igiene, le regole sull'informazione, etichettatura e la presentazione, la disciplina
delle sostanze che possono essere aggiunte agli alimenti, la disciplina dei materiali e degli oggetti destinati a venire in
contatto con gli alimenti, la disciplina di alcuni alimenti specifici.

Per quanto riguarda la legislazione italiana la legge numero 283 del 1962 disciplina l'igiene della produzione della
vendita delle sostanze alimentari delle bevande. E ha rappresentato per molti anni la regolamentazione più organica
della materia. Inoltre, sembra aver anticipato l'approccio di filiera. Essa persegue l'obiettivo di assicurare la sicurezza
igienico sanitaria degli degli alimenti attraverso:

- vigilanza

- autorizzazioni amministrative

- prescrizione divieti imposti produttori

- sanzioni

L'azione preventiva è sembrata anche al legislatore nazionale di primario interesse. Attività di vigilanza è affidata al
ministero della salute, ai componenti asl e ai comuni. Si articola nell'ispezione nel prelievo e analisi di campioni. Attività
di vigilanza deve essere svolta rispettando le garanzie dell'operatore alimentare. Bisogna quindi distinguere i controlli
generici rispetto alle attività di indagine svolta in seguito ad una notizia di reato. La disciplina del prelievo e delle analisi
prevedeva un primo accertamento amministrativo con comunicazione all'interessato degli esiti. La disciplina delle
ispezioni e oggi contenuta nel cosiddetto pacchetto igiene ed è stata modificata rispetto alla precedente. Il prodotto
deve essere suddivise in tre aliquote, una da conservare una per le prime analisi E una per l'eventuale ripetizione, in
caso di prodotti alimentari deteriorabili le aliquote da prelevare sono quattro di cui una va consegnata al detentore del
prodotto mentre le altre tre ai laboratori di analisi. Il modo di esecuzione del campionamento può avere conseguenze
sui risultati delle successive analisi occorre quindi che campioni siano prelevati seguendo regole che impediscano la
contaminazione E successivamente sigillati conservati in modo isolato. Il campionamento deve avvenire alla presenza di
chi rappresenti l’impresa o il soggetto presso cui si è fatta l’operazione. I metodi di campionamento di analisi devono
essere conformi alle pertinenti norme comunitarie oppure se tali norme non esistono a norme e protocolli riconosciuti
internazionalmente. Inoltre si impone all'autorità competente di fissare procedure adeguate a garantire diritto degli
operatori, infatti i campioni devono essere manipolati ed etichettati in modo tale da garantire la validità dal punto sia
giuridico che analitico. Attualmente l'obbligo generalizzato di autorizzazione sanitaria è venuto meno tutte le attività
sono soggetti a procedura di registrazione qualora non sia previsto riconoscimento ai sensi dei regolamenti. In seguito
all'affermazione del principio dell'autocontrollo contenuta nel pacchetto igiene alcune regioni hanno emanato leggi che
hanno eliminato l'obbligatorietà del libretto sanitario sostituendolo con la previsione di corsi di formazione da parte del
personale addetto.

I divieti riguardano sia comportamenti che l'uso di sostanze, il loro rispetto è assicurato dalla presenza di sanzioni penali
e amministrative come per esempio la possibilità di disporre sequestri ed eventualmente distruzione delle merci È
inoltre prevista la chiusura degli stabilimenti per periodi specificati dalle norme in caso di violazioni gravi o recidiva
arrivando anche disporre la chiusura definitiva.

4.2 IL REG. 1169/2011 E LE INFORMAZIONI SUGLI ALIMENTI


Il regolamento in materia di etichettatura informazione è stato dato dalla prima direttiva in materia che è stata adottata
nel 1979, da ultimo sostituita con la direttiva numero 13 del 2000. In Italia il testo normativo di riferimento è il decreto
legislativo numero 109 del 1992 sull'etichettatura, la presentazione e la pubblicità dei prodotti alimentari. La disciplina
generale in materia di etichettatura e più in generale sulle informazioni è stata novellata dal regolamento numero 1169/
2011. Quest'ultimo È una misura di armonizzazione a carattere orizzontale ha inoltre un contenuto molto vasto.
Essendo un regolamento e non più una direttiva gode di maggior efficacia ed essendo immediatamente applicabile non
lascia margini di intervento gli Stati. È organizzato in principi e requisiti generali, obblighi a carico degli OSA e norme
specifiche per fattispecie particolari e basato su definizioni vincolanti. Il regolamento è fondato sulla responsabilità
principale in capo all'osa, si apre con le disposizioni dedicate ad oggetto e ambito di applicazione e alle definizioni per
poi dettare i principi e i requisiti relativi all'informazione sugli alimenti, poi le informazioni obbligatorie e quelle volontarie,
infine si parla delle disposizioni nazionali e delle disposizioni di attuazione modificative e finali. Il regolamento riconosce
agli stati membri di adottare misure nazionali nelle materie non armonizzate a condizione che:

- non ostacoli alla libera circolazione

- siano basate sulla necessità di proteggere la salute pubblica, gli interessi dei consumatori, prevenire frodi, tutelare
diritti di proprietà

L'adozione delle misure nazionali deve avvenire attraverso la procedura di notifica alla commissione.

Il campo di applicazione è più esteso posto che esso ha ad oggetto l'etichettatura, la presentazione e la pubblicità, le
informazioni sugli alimenti. Etichettatura quindi costituisce solo uno dei possibili strumenti di informazione. Il campo di
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applicazione è delimitata in base a criteri soggettivi e oggettivi. Dal punto di vista soggettivo si applica agli osa in tutte
le fasi, in questo caso il regolamento trova applicazione unicamente per le imprese alimentari.

Dal punto di vista oggettivo l'applicazione si ha per tutti gli alimenti destinati al consumo finale.

Le disposizioni si applicano anche in caso di vendite a distanza. Le disposizioni del regolamento fanno spesso
riferimento il mercato interno quale campo di applicazione.

Bisogna quindi distinguere un alimento preimballato che è definito come l'unità di vendita costituita da un alimento
dall'imballaggio prima di essere messo in vendita. Gli alimenti non preimballati sono tutti quegli alimenti offerti in vendita
senza imballaggio oppure imballati sui luoghi di vendita su richiesta del consumatore. Questa distinzione rileva ai fini
dell'applicazione delle informazioni obbligatorie. La fornitura delle indicazioni obbligatorie è prescritta unicamente per
gli alimenti preimballati , compete a ciascuno Stato membro stabilire per gli alimenti non preimballati la fornitura di
informazioni salvo le indicazioni sugli allergeni o intolleranze. Le finalità appaiono più ampia rispetto quelle della direttiva
infatti, pone tra i principi generali delle informazioni sugli alimenti l'obiettivo di consentire scelte consapevoli. Gli obiettivi
tradizionali continuano a essere validi emerge tuttavia la necessità di semplificare e modernizzare la materia. È sempre
più chiaro il rapporto tra l'alimentazione la salute pertanto si propone di dare delle informazioni obbligatorie come
strumento per effettuare scelte adatte alle proprie esigenze dietetiche. Le nuove e piante finalità implicano che la
dichiarazione nutrizionale sia divenuta obbligatoria.

Le informazioni obbligatorie devono rientrare in una delle seguenti categorie:

- identità e composizione, proprietà o altre caratteristiche

- Tutela della salute e uso sicuro dell’alimento

- Caratteristiche nutrizionali

Tutte le informazioni sugli alimenti devono essere precise, chiare, facilmente comprensibili e non devono indurre in
errore:

- quanto alle caratteristiche

- Attribuendo all'alimento effetti ho proprietà

- Suggerendo la presenza di un ingrediente o di un particolare alimento

- Suggerendo che l'alimento è dotato di requisiti particolari

Quest'ultima previsione attira l'attenzione dell'autorità pubblica in quanto l'uso delle diciture non è ammesso se tale
precisazione risulta scontata.

Permane il divieto di attribuire all'alimento la proprietà di prevenire, trattare a guarire una malattia umana così come
riferimento a tali proprietà.

Una volta fissati principi generali, il regolamento elenca le indicazioni obbligatorie:

- denominazione

- Elenco degli ingredienti

- Elenco di ingredienti o coadiuvanti tecnologici

- Quantità di taluni ingredienti cosiddetti caratteristici

- Quantità netta dell’alimento

- Termine minimo di conservazione o data di scadenza

- Condizioni di conservazione o di utilizzo

- Istruzioni per l’uso

- Nomi o ragione sociale dell’osa

- Titolo alcolometrico

- Dichiarazione nutrizionale

- Paese d'origine soltanto nei casi richiesti

La disciplina si preoccupa anche che le informazioni siano facilmente accessibile al consumatore infatti stabilisce che
debbano essere poste in un punto evidente facilmente visibile, Leggibile, Indelebile, fissate le dimensioni minime dei
caratteri.

Il legislatore ha dettato una specifica disposizione per le vendite a distanza, le informazioni obbligatorie devono essere
formulate in 1+ lingue facilmente comprensibili degli Stati membri nei quali sono commercializzati.

Il regolamento è applicato a decorrere dal 2014 salvo per la dichiarazione nutrizionale. Il nuovo regolamento si configura
come work in progress che non esaurisce la disciplina ma costituisce la fonte principale e di riferimento della materia
ossia la base giuridica per i futuri atti.

Il regolamento a carattere orizzontale si applica a tutti i prodotti alimentari preimballati destinati al consumatore finale.
La registrazione e contemplate normative a carattere verticale le quali individuano alcune informazioni alimentari
obbligatorie per quanto riguarda la nuova, carni, prodotti della pesca dell'acquacoltura.

La disciplina sanzionatorie a deve ritenersi di competenza nazionale, Gli Stati membri determinano le misure le sanzioni
da applicare che devono essere effettive proporzionate e dissuasive. Italia non ancora emanato le sanzioni per la
violazione di questo regolamento.

4.3 LA DENOMINAZIONE DELL’ALIMENTO


Il regolamento 1169/ 2011 colloca la denominazione dell'alimento tra le indicazioni obbligatorie. Questa È definita come
denominazione legale ovvero prescritta dalle disposizioni dell'Unione Europea o in mancanza di tali disposizioni
disposta dallo Stato. In mancanza di definizione legale viene usata la denominazione descrittiva. A volte l'etichettatura
non è sufficiente per la corte se il nome usato per designare il il prodotto può ingannare il consumatore. L'argomento
delle denominazioni recante “denominazione degli alimenti indicazioni specifiche che la accompagnano” stabilisce
particolari indicazioni obbligatorie:

- lo stato fisico nei quali si trova il prodotto o allo specifico trattamento che essa ha subito

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- Requisiti relativi alla designazione delle carni macinate

- Requisiti relativi alla designazione dei budelli per insaccati

4.4 GLI INGREDIENTI


È ingrediente qualunque sostanza o prodotto utilizzato nella fabbricazione, nella preparazione di un prodotto alimentare
e ancora presente nel prodotto finito.

Elenco degli ingredienti rientra tra le indicazioni obbligatorie in ordine ponderale decrescente.

Una delle principali novità riguarda i nanomateriali ingegnerizzati.

La missione dell'elenco ingredienti per gli ortofrutticoli freschi che non abbiano subito trattamenti è accettata come
anche per gli alimenti che comprende non solo ingrediente. Le sostanze allergeniche o comunque suscettibili di
provocare intolleranze devono essere indicate nell'elenco ed evidenziate. Laddove si tratti di un alimento privo di elenco
degli ingredienti la segnalazione la presenza della sostanza allergenica avviene attraverso il termine contiene.
L'indicazione della quantità di un ingrediente richiesta quando tale ingrediente:

- figura nella determinazione dell’alimento

- È Evidenziato in rilievo nell'etichettatura

- È essenziale per caratterizzare un prodotto

Non si applicano a un ingrediente la cui quantità Deve figurare nell'etichetta ai sensi del diritto e.

La modalità d'indicazione degli ingredienti va per ordine decrescente di peso.

Sono state introdotte alcune novità tra cui:

- La possibilità di raggruppare nell'elenco degli ingredienti gli oli e i grassi raffinati di origine vegetale sotto l'unica
designazione di oli vegetali

- L'indicazione con la denominazione di una categoria piuttosto che con una denominazione specifica

- L'indicazione degli additivi e degli enzimi

- La designazione degli aromi

- La designazione dell'ingrediente composto deve essere immediatamente seguita dall'elenco dei suoi ingredienti.

4.5 IL TERMINE MINIMO DI CONSERVAZIONE E LA DATA DI SCADENZA


Il termine minimo di conservazione è la data fino alla quale il prodotto alimentare conserva le sue proprietà fisiche. La
data di scadenza è invece la data entro la quale il prodotto alimentare va consumato. Quest’ultima riguarda alimenti
molto deperibili dal punto di vista microbiologico. Per i prodotti elencati nell'allegato del regolamento non è richiesta
l'indicazione del termine di conservazione se le condizioni dei prodotti sono riconoscibili alla vista o se per loro natura
sono consumati molto rapidamente. Sono esenti dall'obbligo anche i prodotti che per loro composizione hanno
proprietà conservanti. Il regolamento precisa che un alimento una volta trascorso la data di scadenza è considerato a
rischio e come tale non può essere immesso sul mercato oppure sei già immesso deve essere immediatamente ritirato
o richiamato.

Viene chiarito che il prodotto alimentare con termine minimo di conservazione scaduto può essere ciononostante
mantenuto legittimamente in commercio. La disciplina degli alimenti che versano in Italia circostanza non rientra
nell'intervento di armonizzazione così che compete agli Stati decidere eventualmente come disciplinare questa
categoria di alimenti.

Il più recente e consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità considerai illecito la vendita del prodotto
privo del termine minimo di conservazione o con data di scadenza spirata.

Se invece la data di scadenza o il termine di conservazione sono stati alterati può sussistere il reato di tentativo di frode
in commercio.

4.6 LA QUANTITÀ, IL TITOLO ALCOLOMETRICO E IL LOTTO


L'indicazione della quantità netta non è obbligatoria per i prodotti venduti a prezzo soggetti notevoli perdite del loro
volume della loro massa che possono eventualmente essere stati pesati davanti all'acquirente.

Il titolo alcolometrico volumico Deve essere indicato da una cifra con non più di un decimale seguita da un simbolo “%
vol”.

Per lotto si intende un insieme di unità di vendita di una derrata alimentare, prodotte, fabbricate o confezionate in
circostanze praticamente identiche, questa definizione non trova riscontro nella regolamento, l'aspetto del lotto È
disciplinato tramite la direttiva europea sulla partita.

I prodotti alimentari non possono essere messi inventività qualora non riportino l'indicazione del lotto di appartenenza.
Non vi è obbligo di indicazione del lotto:

- quando il termine minimo di conservazione con la data di scadenza figurano con la menzione del giorno del mese
del momento di produzione

- Per i gelati monodose, venduti tale e quale e sempre che l'indicazione dell'otto figure sull'imballaggio globale

- Per i prodotti agricoli che sono: (1) venduti ho consegnati a centri deposito, (2) avviati verso organizzazione di
produttori, (3) raccolte per essere immediatamente integrati in un sistema operativo di preparazione di
trasformazione.

- Per i prodotti alimentari preincartati e prodotti alimentari venduti nei luoghi di produzione o di vendita al consumatore
finale non preconfezionati

- Per le confezioni e recipienti in cui lato più grande abbia una superficie inferiore a 10 cm^2

Il lotto È determinato dal produttore, fabbricante o confezionatore.

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4.7 LA DICHIARAZIONE NUTRIZIONALE
Fra le novità più significative vi è la dichiarazione nutrizionale tra le informazioni obbligatorie sull'imballaggio o
sull’etichetta.

La dichiarazione nutrizionale deve recare tassativamente il valore energetico, la quantità di alcuni nutrienti. Nella
direttiva in Italia l'etichettatura nutrizionale era prevista come facoltativa, diventando obbligatoria solo laddove venisse
fornita un'indicazione nutrizionale. La scelta operata dal legislatore di inserire l'etichettatura nutrizionale rendendo
obbligatoria si lega alla convinzione che essa costituiscono strumento per informare consumatori.

Il regolamento consente di indicare il valore energetico e nutrienti quale percentuale delle assunzioni di riferimento in un
adulto medio.

La dichiarazione nutrizionale Deve essere facilmente visibile, chiaramente leggibile, in forma di tabella e collocata nel
medesimo campo visivo. L'obbligo della dichiarazione nutrizionale incontra una serie di eccezioni tra cui i prodotti non
trasformati o trasformati che comprende non solo ingrediente, alimenti non preimballati. La ratio di questa previsione è
di incoraggiare gli operatori alimentari a fornire su base volontaria le informazioni contenute nella dichiarazione
nutrizionale.

4.8 I CRITERI DI LEGGIBILITA DELL’ETICHETTA


Alla presentazione dell'indicazione obbligatoria sono disciplinate le dimensioni, i requisiti linguistici. Viene presa in
considerazione la possibilità che le informazioni obbligatorie siano messe a disposizione dei consumatori con mezzi
diversi dall'imballaggio e l'etichetta. Sono regolati aspetti compresi il carattere, il colore e il contrasto. Le informazioni
obbligatorie sugli alimenti devono essere apposte in un punto evidente. La denominazione, La quantità netta, Il titolo
alcolometrico devono figurare tutte nello stesso campo visivo.

4.9 L’INDICAZIONE DEL PAESE DI ORIGINE DELL’ALIMENTO


La regola generale, fino ad oggi, era relativamente più semplice: indicare l'origine con la provenienza non era di norma
obbligatorio, ma lo diveniva solo quando la omissione potesse indurre l'acquirente in errore.

Non esisteva neppure una definizione legale univoca di provenienza mentre l'origine trovava solo una definizione di
valenza generale dalla nozione generale di origine doganale contenuta nel codice doganale dell'unione e fondata sul
criterio dell'ultima trasformazione sostanziale.

In materia, il regolamento stabilisce oggi che: paese di origine si riferisce all'origine di tale prodotto, come definita dal
codice doganale. Il luogo di provenienza è qualunque luogo da cui l'alimento proviene, ma che non è il paese di origine.

Il nuovo regolamento stabilisce ora che il paese di origine o quello di provenienza dovranno essere indicati sempre per
alcune carni di specie suine, ovine, oppure di volatili di specie domestiche.

Gli Stati membri hanno il potere di disciplinare proprio quelle indicazioni geografiche implicanti qualche genere di
qualità territoriale, finora ritenute off limits per i legislatori nazionali. L'Italia utilizza tale potere normativo provvisorio per
colmare il vuoto di armonizzazione tramite norme verticali nazionali. Le disposizioni del decreto non si applicano i
prodotti legalmente fabbricati pe commercializzati in un altro Stato membro dell’Ue.

4.10 L’INDICAZIONE DEL “RESPONSABILE COMMERCIALE”


Il responsabile commerciale o soggetto sotto il cui nome o ragione sociale è commercializzato il prodotto, o importatore
responsabile della presenza correttezza delle informazioni. Non bisogna confondere il responsabile commerciale con
l’osa. Il responsabile commerciale individuato ed è soggetto su cui ricade la responsabilità per le informazioni. Esso
dovrà comparire in etichetta, con l’indirizzo della sua sede, e sarà il titolare del marchio. Il regolamento offre alcuni
criteri cui ogni operatore della catena alimentare dovrà attenersi nel fornire modificare le informazioni sugli alimenti.
L’osa ha il divieto di apportare modifiche alle informazioni, Nel caso in cui questo decidere di modificarle sarà
responsabile delle modifiche e di conseguenza delle ripercussioni in caso di non conformità. Gli OSA devono evitare di
mettere sul mercato se conoscono o se presumono in base ai dati in loro possesso la non conformità alla normativa in
materia di informazioni. Questa previsione tenta di avviare alla giurisprudenza di un'etichettatura che era ritenuta troppo
elastica.

I dati che un operatore possiede sono anzitutto quelle trasmesse dai suoi fornitori.

Verificare una non conformità rispetto alle informazioni può essere arduo e costoso o addirittura impossibile in questo
caso si richiede all'operatore che non è in condizione di influire sul contenuto dell'etichetta 1° di diligenza del tutto
normale: il divieto di immissione in commercio sussiste solo quando l'operatore o conosce la non conformità oppure la
presume.

Il carattere di innovazione del regolamento 1169/ 2002 si riflette anche negli altri obblighi non limitati alla sola
etichettatura consumatore ma tutte le informazioni. In questo modo gli operatori saranno tenuti ad assicurare il transito
di suddette informazioni e dovranno garantire che gli alimenti rechino sull’imballo esterno almeno l'indicazione della
denominazione e del responsabile commerciale.

4.11 MATERIALI E OGGETTI A CONTATTO CON GLI ALIMENTI


Il legislatore detta regole relative a materiali che possono venire a contatto diretto con alimenti e bevande in quanto I
prodotti trasformati sono spesso posti in vendita preconfezionati.

Esistono dei prodotti trasformati che vengono posti in vendita non confezionati.

Quanto ai prodotti agricoli destinati direttamente al consumo non è previsto l' obbligo di imballo.

Sono compresi, in particolare, materiali e oggetti attivi, e materiali e oggetti intelligenti. Essi non devono indurre in errore
il consumatore. Sul tema il legislatore è intervenuto più volte anche con discipline verticali.

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Le norme si materiale di imballaggio sono indirizzate esclusivamente a proteggere la salute del consumatore, lo
sviluppo delle tecnologie propone nuove tecniche sicché è necessario aggiornare gli elenchi continuamente.

La disciplina sanzionatorie è stata dotata solo di recente.

4.12 ADDITIVI, AROMI, ENZIMI E SOLVENTI


Nella preparazione degli alimenti è frequente l'aggiunta volontaria di sostanze per scopi tecnologici. Sono state adottate
direttive sul ravvicinamento delle legislazioni in materia di additivi e aromi. Malgrado il mutuo riconoscimento gli Stati
membri potevano invocare le ragioni di salute pubblica per frapporre intralci e ostacoli alla libera circolazione delle
merci. A forza delle disposizioni riguardo I miglioratori alimentari possono essere commercializzati e utilizzati negli
alimenti sei inclusi in specifiche liste positive secondo la procedura di autorizzazione unica e centralizzata basata sulla
valutazione del rischio.

Gli additivi sono qualsiasi sostanza abitualmente non consumata come alimento in sé e non utilizzata come ingrediente
caratteristico di alimenti ma che diventano componenti direttamente o indirettamente vitali alimenti. Soltanto gli additivi
inclusi nell'elenco comunitario dell'allegato due possono essere immessi sul mercato e utilizzati negli alimenti.

Gli aromi sono sostanze utilizzate nella preparazione degli alimenti in quanto conferiscono agli stessi un odore o un
gusto determinati.

Tra le novità figura la disciplina della dicitura “aroma naturale”, l'uso di tale espressione È ammessa severamente
questione costituita da aromatizzati di origine naturale per il 95%.

La principale novità è costituita dall'aver disciplinato gli enzimi alimentari, per enzima alimentare si intende un prodotto
contenente uno o più enzimi in grado di catalizzare una specifica reazione biochimica, aggiunto ad alimenti per uno
scopo tecnologico.

I solventi sono divisi in due categorie:

- solvente di estrazione ossia ogni solvente impiegato nel corso del procedimento di estrazione

- Solvente ossia qualsiasi sostanza idonea a risolvere un prodotto alimentare o suo componente.

Risulta evidente che sia nel caso degli aromi che in quello degli additivi ed enzimi, la legislazione dell’UE più che mirare
ad un ravvicinamento vuole realizzare una vera e propria unificazione delle norme concernenti livelli massimi di utilizzo.
Questa soluzione È dovuta agli ostacoli interposti dagli stati all'applicazione del principio Cassis de Dijon, e cioè
adducendo ragioni sanitarie.

Ingredienti “particolari”: ingredienti composti e colouring foods


L'obiettivo di trasparenza pone problemi applicativi. È necessario che l'etichetta consenta di effettuare una scelta
consapevole ma nonostante ciò il produttore potrebbe desiderare di conservare un certo margine di segretezza sulla
composizione del prodotto.
Tra gli ingredienti che potrebbero trovarsi nel fuoco di simili opposte esigenze potremmo identificare gli ingredienti
composti e i colouring foods.
Un ingrediente composto è un ingrediente che esso stesso il prodotto di più ingredienti. Il regolamento stabilisce che
l'ingrediente composto possa comparire nell’elenco con la propria designazione purché sia immediatamente seguita
dall'elenco degli ingredienti.
I colouring foods possono essere definiti come alimenti con proprietà coloranti.
Esistono poi comuni alimenti o ingredienti, normalmente consumati come tali, che presentano anche proprietà coloranti.
Se l'alimento comunemente utilizzato come tale esso non sarà certamente considerato additivo essendo semplicemente
un alimento un ingrediente avente proprietà coloranti al contrario se l'alimento subisce un processo chimico fisico che
consente di separare il pigmento della sostanza ricavata sarà considerata colorante.

4.13 GLI ALIMENTI DIETETICI


I prodotti alimentari cosiddetti dietetici sono disciplinate dal regolamento numero 609/ 2013.

Il regolamento si applica alle seguenti categorie di alimenti:

- formule per lattanti e formule di proseguimento

- Alimenti a base di cereali e altri alimenti per la prima infanzia

- Alimenti a fini medici speciali

- Sostituti dell'intera razione alimentare giornaliera per il controllo del peso

I prodotti facenti parte delle suddette categorie si caratterizzano per la speciale ricetta di produzione e per le particolari
specifiche regole d'informazione. L'immissione in commercio dei prodotti in questione è subordinata alla previa notifica
alle autorità nazionali competenti al fine di facilitare l'efficacia di monitoraggio.

4.14 GLI ALIMENTI ARRICCHITI CON VITAMINE E MINERALI


Vi è necessità di disciplinare l'arricchimento dei cibi con vitamine e minerali al fine di garantire il funzionamento del
mercato interno assicurando la tutela dei consumatori. Le norme a riguardo si applicano lasciando in pregiudicato le
disposizioni in materia di:

- nuovi alimenti e nuovi ingredienti

- OGM

- Additivi e aromi

- Pratiche e trattamenti enologici autorizzati

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4.15 I CLAIMS NUTRIZIONALI E SALUTISTICI
La disciplina sull'etichettatura previsti limiti alla possibilità di utilizzare l'etichetta come strumento di promozione
commerciale. Il regolamento 1169/ 2011 propone un aspetto nuovo: preclude di fare riferimento in modo esplicito la
presenza all'assenza di determinati ingredienti, sostanze nutritive quando non sia tale da contraddistinguere in modo
particolare il prodotto, un altro divieto È quello di attribuire al prodotto la capacità di trattare una malattia o di fare
riferimento proprietà del genere.

Cosa abbastanza consueto scrivere sulle ticchetta parole frasi che attraggono l'attenzione e invoglia nel consumatore
all'acquisto. Ed è consuetudine che tale strumento faccia leva proprio su caratteristiche nutrizionali oppure benefici per
la salute. Considerando l'impossibilità pratica di vietare di perseguire tutte le violazioni l'uso di queste indicazioni è
stato normalizzato dal legislatore chiarendo quelle utilizzabili, condizionandone l'uso, stabilendo criteri e procedure per
valutare la veridicità, fissando parametri chiari e uguali per tutti.

Il legislatore ha così precisato che la fondatezza scientifica dei claims dovrebbe essere l'aspetto principale di cui tener
conto ai fini di consentirne l'utilizzo. Si definisce Claim qualunque messaggio rappresentazione non obbligatoria che
affermi, suggerisca che un alimento abbia particolari caratteristiche.

Indicazioni nutrizionali: qualunque indicazione che sottintende che un alimento abbia particolari proprietà nutrizionali
benefiche in termini di valore calorico, dovute alle sostanze nutritive o di altro tipo.

Indicazioni sulla salute sono distinte in tre tipologie:

1. Indicazioni funzionali generiche: costituite da indicazioni che affermano, suggeriscono l'esistenza di un rapporto tra
una categoria di alimenti e la salute in particolare riferita crescita, sviluppo, funzioni dell'organismo, oppure a
funzioni psicologiche e comportamentali.

2. Indicazioni funzionali nuove: in tutto e per tutto analoghe alle funzioni generiche di cui sopra ma non ancora
esistenti sul mercato

3. Indicazioni relative alla riduzione di un rischio di malattie o riferite a sviluppo o salute dei bambini: ricorrono quando
un'indicazione sulla salute affermi che il consumo di una categoria di alimenti riduce un fattore di rischio oppure
presenta benefici per la salute dei bambini.

Tutti i claim trovano alcuni principi comuni:

- non possono essere falsi o fuorvianti

- Non possono dare adito a dubbi sulla sicurezza

- Non possono incoraggiare o indurre il consumo eccessivo di un elemento

- Non possono suggerire che una dieta equilibrata non possa fornire quantità adeguate delle sostanze nutritive

- Non possono fare riferimento a cambiamenti delle funzioni corporee che potrebbero sfruttare timore nel
consumatore

La commissione ha il compito di stabilire profili nutrizionali se le condizioni, Non ha però ancora provveduto.

I profili nutrizionali
I profili nutrizionali sono riferiti alla composizione nutrizionale. La definizione del profilo nutrizionale consiste nel
classificare vari alimenti in relazione a specifiche indicazioni d'uso basate sulla loro composizione nutrizionale.
Ne dovrebbe risultare una sorta di tabella nutrizionale -tipo nella quale sarebbero indicate le soglie tecniche di
determinati nutrienti critici.

Le altre condizioni tecnico scientifiche più generali per l'uso del clima sono stabilite nello stesso regolamento:

- Deve essere dimostrata la presenza di un reale effetto benefico

- La sostanza cui si fa riferimento deve essere contenuta informatica utilizzabile e in quantità tale da produrre l'effetto
indicato.

- L'indicazione deve essere facilmente comprensibile dal consumatore e l’osa Deve essere in grado di giustificarne
l’impiego.

Quando l'operatore decide di utilizzare un claim l'Etichettatura nutrizionale diviene obbligatoria.

Per quanto riguarda il claim nutrizionali questi si possono utilizzare solo se rientra fra quelli elencate nell’allegato. Per le
indicazioni sulla salute queste si possono utilizzare se sono inserite in uno degli elenchi dei claims salutisti consentiti.

L'autorizzazione della commissione può essere ottenuta se si conclude positivamente la complessa procedura. Se il
parere favorevole il richiedente deve proporre la formulazione del claim, infine il parere è trasmessa la commissione agli
Stati membri.

Non è infine consentito usare in etichetta o nella pubblicità riferimenti generici non meglio specificati benefici che non
siano specifici dell'alimento, se tali riferimenti non sono accompagnati anche da una specifica indicazione sulla salute
autorizzata dagli elenchi.

Invece è consentito l'uso di descrittori generici che pur contenendo qualche riferimento alla salute umana non sono
claim in quanti benefici dichiarati rappresentano il vero esclusivo motivo del suo consumo ad esempio i digestivi. I
descrittori generici sono tradizionalmente utilizzate per indicare la peculiarità di una categoria che potrebbe avere un
effetto sulla salute umana, il loro uso richiede una previa autorizzazione.

L'uso illegittimo delle indicazioni è sanzionato dal ministero della salute, dalle regioni e dalle aziende sanitarie locali.

4.16 GLI ALIMENTI “GLUTEN FREE”


Molto importanti sono i cosiddetti alimenti glutine free poiché immessi sul mercato utilizzando un claim peculiare, di
natura ibrida: dall'altro serve dichiarare l'assenza di una sostanza molto pericolosa per un gruppo definito di
consumatori.

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L'unione ha scelto di non limitarsi ad aggiungere il clima fra quelli ammessi preferendo inserire le norme sulla
commercializzazione degli alimenti senza glutine nel nuovo quadro regolatorio delle etichette alimentari. Le indicazioni
dell'assenza di glutine o della sua presenza in misura ridotta continuano ad essere puramente facoltative.

4.17 GLI OGM


Quando si parla di OGM entrano in gioco aspetti scientifici, politico economici e considerazioni etiche. Il modello
giuridico europeo a riguardo è ispirato un approccio precauzionale, che ha portato all'adozione di atti normativi ad hoc
prevedendo appositi procedimenti di autorizzazione per il GM. Non sono conoscenza completa delle possibili
conseguenze derivanti dall'impiego di questi alimenti transgenici. La regolamentazione degli OGM è articolata in due
filoni: la disciplina della messa in coltura di sementi OGM la disciplina dell'immissione in commercio di alimenti mangimi
geneticamente modificati.

Per organismi geneticamente modificati si intendono entità biologiche in grado di riprodursi e di trasferire materiale
genetico, che abbiano subito una manipolazione genetica in laboratorio.

Il campo di applicazione del regolamento sugli OGM copre:

- gli OGM destinati all'alimentazione umana e animale

- Gli alimenti che contengono ho sono costituiti da OGM

- Gli alimenti che sono prodotti a partire da poche contengono ingredienti prodotti a partire da OGM esclusi i casi nei
quali l’OGM ha ruolo di coadiuvante.

L'immissione in commercio è subordinata alla dimostrazione della sicurezza:

- non deve avere effetti nocivi alla salute

- Non deve trarre in inganno il consumatore

- Non deve risultare svantaggioso sul piano nutrizionale rispetto agli alimenti convenzionali

La procedura per l'autorizzazione all'immissione in commercio è centralizzata livello europeo.

Questa autorizzazione a durata decennale con possibilità di rinnovo. Nonostante la autorizzazione EFSA può intervenire
per verifica sull’ OGM.

Oltre a dover rispettare le prescrizioni generali in materia di etichettatura gli OGM devono recare nell'elenco degli
ingredienti l'indicazione che il prodotto è geneticamente modificato.

4.18 I NUOVI ALIMENTI (NOVEL FOODS)


Lo sviluppo di nuove tecnologie hanno condotto il legislatore ad adottare un regolamento che autorizzi nuovi alimenti e
che tuteli la salute pubblica. Perché un alimento sia considerato nuovo devono coesistere due connessioni:

- la sostanza non deve essere stata utilizzata in misura significativa come alimento nell'unione europea

- Deve appartenere a una delle categorie di sostanze elencate nel regolamento 2283/2015

L'immissione in commercio di un nuovo alimento È soggetto all'autorizzazione da parte della commissione O alla
positiva conclusione di una procedura di notifica nel caso di alimenti cosiddetti sostanzialmente equivalenti.
L'immissione in commercio non impedisce uno Stato membro, che abbia un fondato motivo di ritenere che un prodotto
possa comportare rischi, di limitarne temporaneamente o sospenderne la commercializzazione sul proprio territorio.

4.19 GLI OBBLIGHI DEGLI OSA


Gli operatori devono garantire il rispetto delle norme della legislazione alimentare. Hanno l'obbligo di:

- immettere in commercio unicamente prodotti sicuri

- Assicurarne la traccia abilità

- Tenere determinate condotte in caso di non conformità

Si nota che gli obblighi non prevedono prescrizioni a carico di imprese alimentari ma degli operatori.

Obiettivo di assicurare la sicurezza ha spinto il legislatore a disporre in tutte le fasi l'obbligo di rintraccia abilità che
consiste nella possibilità di ricostruire e seguire il percorso di un alimento attraverso tutte le fasi. In caso di non
conformità si impongono obblighi di ritiro, richiamo e notifica. Gli operatori sono interessati anche dalle problematiche
concernenti le importazioni e le esportazioni.

4.20 GLI OBBLIGHI DEGLI OSA: IN PARTICOLARE LA TRACCIABILITÀ


Uno degli obblighi dell'operatore È quello di tracciabilità come stabilito nella GFL.

Su indicazione dell'otto serve a mettere nelle condizioni di ricostruire l'origine del prodotto sono esentati i prodotti
agricoli non confezionati. L'Etichettatura delle carni bovine è stato oggetto dell'intervento normativo comunitario molto
consistente, questo sistema È un meccanismo che metta conoscenze consumatori dell'origine; diverso è il meccanismo
di traccia abilità che comprende nel caso dei bovini l'origine dell'animale, Cibi consumati, i percorsi effettuati, le malattie
e ogni altro elemento che abbia caratterizzato la vita dell’animale. Simile È l'obbligo di marchiatura delle uova e il
parziale obbligo di etichettatura del pesce pescato.

Il problema della cosiddetta tracciabilità secondo sulla necessità di risalire a tutte le materie prime utilizzate chi è molto
complesso per almeno due essenziali ragioni:

- non è obbligatorio il confezionamento di prodotti agricoli

- I primi trasformatori non sono quasi mai nelle condizioni di tenere separate le partite di materie prime che ricevono

Il sistema HACCP È fondato sulla locuzione from farm to fork, esso va applicato a partire della produzione agricola
teoricamente. Invece solo con qualche approssimazione è possibile che trasformatori possono sapere l'origine delle
loro materie prime.

Fino all'adozione della GFL le norme materie dire di tracciabilità se avevano solo:

- per le carni, le uova, in parte per il pesce

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- Per gli altri prodotti alimentari confezionati (grazie all'etichettatura in questo caso)

La tracciabilità aiuta a stabilire l'identità, la storia e l'origine di un prodotto.

La creazione di un sistema efficiente di tracciabilità è tanto più complessa quanto più è vasto il campo dei componenti
da rintracciare.

Gli operatori del settore devono, oltre che essere in grado di identificare da chi e a chi è stato fornito un prodotto,
disporre di sistemi e procedure che consentono di mettere a disposizione delle autorità competenti le informazioni a
riguardo.

4.21 LA RESPONSABILITÀ DEL PRODUTTORE PER PRODOTTO DIFETTOSO


La più frequente destinazione del prodotto agricolo è quell'alimentare quindi anche un prodotto agricolo potrebbe
nascere difettoso e comportare incidenze negative sulla salute del consumatore. Tuttavia è molto frequente la difficoltà
pratica di dimostrare il difetto di un alimento. Tutti i prodotti alimentari possono porre problemi di responsabilità del
produttore. Questo tipo di responsabilità si distingue sia dalla responsabilità contrattuale sia da quella extra
contrattuale. Al produttore farebbe carico una responsabilità oggettiva quando il difetto del prodotto è intrinseco.

L'attuale legislazione prevede la responsabilità da prodotto difettoso per ogni tipo di bene immobile compresi quelli
incorporati in altri sono esclusi Beni immobili e le prestazioni di servizi. Con l'inclusione di ogni prodotto agricolo la
normativa in questione è divenuta applicabile a tutti gli alimenti e bevande.

Si definisce produttore il fabbricante del prodotto finito o di una sua componente e il produttore della materia prima.
L'importatore nell'Unione Europea è parificato al fabbricante. Un prodotto per essere considerato difettoso non deve
offrire la sicurezza normalmente offerta dagli altri esemplari della medesima serie. In caso di difetto la responsabilità è
prevista per il produttore e solo in caso in cui il produttore non possa essere individuato la responsabilità ricade su
fornitore.

4.22 LE PRINCIPALI NORME SANZIONATORIE RELATIVE AL SETTORE ALIMENTARE


Quando un'infrazione configura un reato, consegue l'applicazione di una sanzione penale, invece, nel caso di infrazioni
dotate di minore gravità ricorre l'ipotesi dell'illecito amministrativo. Il bene principale da tutelare è la salute come diritto
dell’individuo, la lesione di esso non può che ricadere nel campo di applicazione del diritto penale.

L'odierno approccio pur mantenendo l'aspetto penale mira maggiormente all'informazione del consumatore e alla
prevenzione dei rischi. Attualmente, dunque, il diritto punitivo alimentare a duplice natura: penale e amministrativa.

5.1 IL “PACCHETTO IGIENE” E IL REG. 852/2004


Il pacchetto igiene È costituito essenzialmente da tre regolamenti comunitari 852, 853, 854 del 2004. Il primo È di
contenuto generale sull'igiene dei prodotti alimentari, il secondo contenente norme speciali sull'igiene degli alimenti di
origine animale, Il terzo sull'organizzazione di controlli ufficiali sui prodotti di origine animale. Alimenti di origine animale
preoccupano legislatore probabilmente frutto dei timori conseguenti al problema della BSE. Citati regolamenti sono stati
tutti adottati sulla base giuridica dell'articolo 114 TFUE, come misure di completamento del mercato unico Sulla base
dell'odierno 168 TFUE poiché contengono misure veterinarie e fitosanitarie.

Il regolamento 852 costituisce quello di portata più generale poiché concerne l'igiene dei prodotti alimentari, coinvolge il
settore agrario che è oggetto di una trattazione particolare, collegata la sua specificità. Lo spirito che emerge da queste
norme di sempre maggiore interventismo. Il regolamento oltre a trattare molte norme igieniche fa numerosi richiami
anche ai principi del’HACCP. Nonostante tanti richiami al sistema HACCP il funzionamento di quest'ultimo non è
descritto in dettaglio nel regolamento. Il compito di definire modo in cui il pacchetto igiene in più da favorire l'adozione
del sistema è lasciata alla commissione e quest'ultima non risulta avere provveduto tutt’oggi, preferendo lasciare
all'autoregolazione delle imprese il raggiungimento dell'obiettivo. Nell'attuale contesto di diritto positivo è presente
soltanto l'elencazione di alcuni principi fondamentali dell’HACCP.

5.2 IL SISTEMA HACCP


Questo sistema è fondato su tre essenziali principi:

- identificazione e valutazione dei rischi collegati ad ogni fase

- Determinazione dei cosiddetti punti critici nei quali effettuare controlli

- Messa in atto di un sistema di monitoraggio per i punti critici

Tali principi vengono concretizzati in una serie di passi preliminari:

- individuazione di un responsabile

- Descrizione del prodotto

- Destinazione del prodotto

- Costruzione dei diagrammi di flusso E loro conferma

Come anche in alcuni principi:

- analisi dei pericoli associati alle fasi

- Determinazione dei punti critici e dei limiti critici

- Determinazione del sistema di monitoraggio e delle azioni correttive

- Determinazione delle procedure di verifica E del sistema di gestione della documentazione.

Il sistema è stato poi imposta dalla legislazione della comunità europea. Cosa riconosciuta utilità livello globale fu tanta
da essere inserito fra gli standard del Codex alimentarius. La direttiva si contraddistingueva per essere di portata
generale con eccezioni per il settore agricolo (in parte reale in parti sono apparenti). È lasciata alla competenza degli
Stati membri l'adozione di una disciplina di forniture dirette escludendo dalla deroga la fornitura di prodotti trasformati.
Le regole del sistema appaiono completate da quelle della GFL.

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L'autocontrollo così costituisce lo strumento che consente al responsabile di verificare se i prodotti possono presentare
rischi immediati per la salute. Al fine di facilitare le misure descritte potevano essere predisposti dei manuali di corretta
prassi igienica.

Si sono dettate inoltre le regole relative alle attività di controllo, nel cui svolgimento le regioni devono tenere conto di
quanto stabilito nei suddetti manuali. Il sistema HACCP si integra con il sistema delle certificazioni private relativa alla
progettazione e realizzazione di un sistema di autocontrollo che consente alle aziende che applicano la HACCP di
ottenere la certificazione dell'igiene del processo produttivo. Questa certificazione viene spesso percepita dal
consumatore come la certificazione di prodotto.

5.3 LA PRODUZIONE PRIMARIA NEL REG. 852


Nella disciplina dell’HACCP precedente al pacchetto igiene, attività di produzione primaria era escluso dall'applicazione
di dette sistema e dell'autocontrollo. I considerando del regolamento 852 mettono in evidenza:

- I prodotti alimentari di origine animale richiedono norme apposite

- La catena alimentare parte dei campi e pertanto occorre una strategia integrata

- L'applicazione del sistema non è ancora praticabile alla produzione primaria su base generalizzata ma si deve
comunque incentivare la formulazione di manuali di corretta prassi operativa

- L'agricoltura deve essere già nelle condizioni di assicurare un risultato corrispondente a quello che si richiede a chi
applica il sistema

Ai fini della disciplina sull'igiene degli alimenti l'unione non considera nella sua interezza l'allegato uno al TFUE per
definire settore primario.

5.4 LE NORME IGIENICHE DEL REG. 852, L’AGRICOLTORE E L’OSA


Il regolamento 852 precisa la distinzione fra la produzione primaria e le altre fasi di produzione.

Le attività svolte dagli OSA diverse dal produttore primario devono rispondere i requisiti generali previsti all'allegato
due. L'allegato uno detta (A) requisiti generali in materia di igiene per la produzione primaria e le operazioni associate,
(B) contiene le raccomandazioni inerente manuali di corretta prassi igienica.

5.5 LE NORME IGIENICHE PER I PRODOTTI ALIMENTARI (DIVERSI DA QUELLI PROVENIENTI DAL SETTORE
PRIMARIO)
I requisiti generali in materia di igiene sono disciplinati dall'allegato due al regolamento 852, questo consta di 12
capitoli:

1. Requisiti applicabili alle strutture

2. Requisiti specifici applicabili ai locali

3. Strutture mobili o temporaneE, Locali abitativi privati ma dove sono non preparati alimenti per essere
commercializzati

4. Prescrizioni da seguire nel trattamento degli alimenti

5. Requisiti di igiene applicabili alle attrezzature

6. Prescrizioni igieniche in materia di rifiuti alimentari

7. Prescrizioni igieniche in materia di rifornimento idrico

8. Requisiti di igiene del personale

9. Requisiti applicabili ai prodotti alimentari

10. Requisiti applicabili al confezionamento all’imballaggio

11. Requisiti in materia di trattamento termico

12. Previsioni concernenti la formazione del personale

I principali requisiti delle strutture e dei locali destinati ad alimenti


Le strutture destinate all'alimenti devono anzitutto essere pulite e sottoposte a manutenzione. I locali devono anch'essi
essere progettati disposti in modo da consentire una corretta prassi igienica impedendo anche la contaminazione tra
durante le operazioni.

Requisiti delle attrezzature e di igiene del personale


Il materiale, apparecchiature e attrezzature che vengono a contatto con gli alimenti devono essere puliti E disinfettate
con frequenza per evitare rischi di contaminazione. Le apparecchiature devono essere munite di ogni dispositivo di
controllo necessario.

Requisiti igienici dei prodotti alimentari


l’OSA Deve garantire che le materie prime risultino non contaminate, Ha inoltre l'obbligo giuridico di predisporre
procedure adeguate per rilevare la presenza gli animali infestanti impedire agli animali domestici di accedere ai luoghi
dove sono preparati gli alimenti. Materie prime, ingredienti e altri prodotti vanno opportunamente conservati per evitare
un deterioramento. La conservazione deve avvenire a temperature tali da non comportare rischi per la salute. Le
sostanze pericolose o non commestibili devono essere adeguatamente etichettate e immagazzinate in contenitori
separati ben chiusi.

5.6 I PRODOTTI ALIMENTARI TRADIZIONALI E LA LORO LEGITTIMAZIONE


Ancora prima del pacchetto igiene del 2004 la rigidità delle direttive allora vigente ha costituito oggetto di
preoccupazione per gli operatori del governo italiano. Il legislatore italiano si rese conto che l'obbligo di rispettare i
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principi di autocontrollo, di igiene e HACCP avrebbe portato alcune produzioni di nicchia a scomparire. Con una
complicata attività normativa si è consentita cerca aziende italiane di continuare a produrre secondo usi consolidati
grado la non piena conformità agli obblighi di igiene e autocontrollo.

Si prendono in considerazione i prodotti nazionali caratterizzati da metodiche il cui uso risulti consolidato nel tempo. Si
è stabilito che i prodotti particolari e tradizionali non essendo conformi alle prescrizioni comunitarie non possono essere
esportati o essere oggetto di commercializzazione. Tuttavia:

- non è commercializzazione la vendita diretta al consumatore finale nella provincia della zona di produzione

- È fatto espresso eccezione per i prodotti qualificati tradizionali

Quindi i prodotti italiani soggetti norme speciali si dividono in:

- prodotti alimentari qualificati dalle regioni come tradizionali e che possono essere commercializzati egualmente

- Prodotti esenti da sistema HACCP ma non è tradizionali, non è consentita la vendita all'estero fuori dalla provincia e
solo al consumatore finale.

- Prodotti di imprese che sono state autorizzate a seguire procedure semplificate

Con il regolamento 852 è possibile proporre una domanda di riconoscimento della non pericolosità.

I requisiti del sistema HACCP dovrebbero essere abbastanza flessibili per poter essere applicati in qualsiasi situazione,
È da notare che le piccole imprese possono avere difficoltà nell'attuazione del suddetto sistema. Tuttavia tale flessibilità
non dovrebbe compromettere gli obiettivi di igiene alimentare.

Le deroghe per i prodotti alimentari tradizionali sono state adottate dal legislatore italiano sulla base delle possibilità di
deroga prevista dalla legislazione europea oggi non più in vigore. Attualmente il regolamento 852 introduce la possibilità
di deroga che deve essere stabilita con appositi atti della commissione..

Simili deroghe a beneficio delle piccole imprese si affiancano ad eventuali adattamenti dei requisiti igienici e delle
procedure HACCP , affidati invece la competenza degli Stati membri.

È necessario notificare alla commissione e agli altri membri una descrizione particolareggiata dei requisiti igienici da
adattare e la natura di tale adattamento. La commissione deciderà secondo la procedura di comitato.

La commissione si mostra consapevole:

- della necessità di una maggiore flessibilità

- Del fatto che le deroghe concesse dagli stati membri sono state numerose

- Del fatto che la procedura di notificazione completa può comportare un onere inutile e sproporzionato

Agli stati membri dunque:

- È lasciato un ruolo essenziale nell'adozione di vere norme di adattamento dei requisiti igienici

- È affidata la procedura di deroga semplificata purché diano notizia la commissione e agli altri Stati membri

5.7 I CRITERI MICROBIOLOGICI APPLICABILI AGLI ALIMENTI


Gli OSA devono rispettare misure igieniche specifiche tra cui criteri microbiologici relativi prodotti alimentari. Tale
disciplina è contenuta nel regolamento 2073/2015:

- I criteri di sicurezza alimentare e criteri di igiene del processo sono dettati in funzione della tipologia di prodotti
considerati

- sono fissati limiti di presenze microbiche tollerate punta

- Le norme per il campionamento la preparazione dei campioni da analizzare

Il legislatore europeo ha dedicato minore attenzione alla disciplina igienica dei prodotti vegetali. Tuttavia negli ultimi anni
un'attenzione crescente stata dedicata a questa materia specie seguito della vicenda STEC. Ne è derivata l'adozione
della regolamento 209/ 2013 con il quale la disciplina dei criteri microbiologici è stata estesa anche germogli.

5.8 IL REGOLAMENTO 853/2004 SULL’IGIENE DEGLLI ALIMENTI DI ORIGINE ANIMALE


Questo regolamento detta una serie di regole specifiche in materia di igiene applicabili agli alimenti di origine animale.
L'articolo riguardante la registrazione e riconoscimento degli stabilimenti prevede che gli stabilimenti in cui vengono
preparati e manipolati alimenti di origine animale debbano soddisfare i pertinenti requisiti previsti, E si possono operare
solo se l'autorità ha concesso loro il riconoscimento, o il cosiddetto riconoscimento condizionato. Si stabilisce inoltre
che prodotti di origine animale messi sul mercato siano muniti di bollatura sanitaria, oppure una marcatura di
identificazione. Regole specifiche normalizzano importazioni e scambi.

Vi sono alcune ipotesi di inapplicabilità:

- alimenti composti combinando prodotti di origine vegetale e animale

- Produzione primaria per uso domestico privato

- Fornitura diretta di piccoli quantitativi al consumatore finale poi laboratori annessi

- Commercio al dettaglio

Spetta agli Stati membri disciplinare talune delle ipotesi.

5.9 ALLEGATI AL REG. 853/2004


Negli allegati a questo regolamento È possibile rinvenire una serie di definizioni, obblighi e requisiti tecnici specifici
dedicati ai prodotti di origine animale.

Allegato 1: sono contenute in esso principali definizioni. può essere visto come un glossario normativo specialistico
della produzione alimentare di origine animale

Allegato 2: stabilisce requisiti concernenti diversi prodotti di origine animale, in particolare la marchiatura. È fatto
obbligo agli operatori che gestiscono i macelli di assicurare l'efficacia applicazione del sistema HACCP E di verificare le
informazioni sulla catena alimentare.

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Allegato 3: detta requisiti specifici concernenti le diverse tipologie di prodotti di origine animale. Per ciascuna categoria
di prodotti sono inoltre specificate regole dettagliate riguardanti aspetti tecnici.

5.10 I CONTROLLI UFFICIALI: IL REG. 854/2004 E IL REG. 882/2004


Il regolamento 854 disciplina i controlli ufficiali si prodotti di origine animale destinati al consumo umano.

Il regolamento 882 stabilisce una disciplina generale orizzontale sull'esecuzione dei controlli da parte delle competenti
autorità. Il primo intento è la prevenzione, il secondo garantire pratiche commerciali leali.

Per quanto concerne le disposizioni sui controlli compiuti dalle autorità nazionali il regolamento conferma l'obbligo di
organizzare controlli ufficiali periodici da eseguire senza preavviso. L'autorità nazionale competente dovrà operare con
la massima trasparenza. Il regolamento individua attività, metodi e tecniche di controllo. oltre alla predisposizione di
piani di emergenza per la gestione crisi il regolamento disciplina controlli da effettuare su alimenti provenienti da paesi
terzi.

Per quanto concerne le attività dell'unione viene attribuito agli esperti della commissione lo svolgimento regolare di
audit generali e specifici. Gli Stati membri devono stabilire sanzioni effettive in materia di violazione delle normative.

Il regolamento 854 costituisce uno disciplinando di controlli sui prodotti di origine animale. Si snoda in quattro capi:

Capo 1: disposizioni generali e individuazione delle definizioni

Capo 2: controlli ufficiali in relazione agli stabilimenti comunitari

Capo 3: importazioni di origine animale

Capo 4: disposizioni finali generali

Sono stabilite disposizioni specifiche, per le carni fresche, i molluschi bivalvi vivi, I prodotti della pesca E i prodotti legati
al latte crudo, negli allegati.

I primi tre regolamenti del pacchetto igiene sono stati adottati su fondamento di basi giuridiche diverse.

5.11 IL REG. 625/2017


Il nuovo regolamento sui controlli ufficiali è un corpo di norme orizzontali applicabili non solo a tutti i controlli ufficiali ma
anche ad alcune attività ufficiali effettuate dalle competenti autorità in conformità al regolamento stesso. Esteso
l'applicabilità delle disposizioni si controlli ufficiali a settore prima non compresi, le nuove norme accrescono i profili di
trasparenza delle procedure dei controlli. Vengono uniformate le procedure per i controlli alla frontiera ed è istituita una
disciplina uniforme per le certificazioni. Inoltre via miglioramento delle procedure di cooperazione tra le autorità
incaricate di controlli ufficiali. Altra innovazione e all'ampliamento della lista delle azioni esecutive che possono essere
adottate in caso di non conformità.

Il campo di applicazione comprende controlli ufficiali compiuti per verificare la conformità della normativa, sono incluse
materie quali:

- I mangimi

- Salute animale

- prevenzione e riduzione dei rischi per l'uomo

- protezione contro organismi nocivi

- Commercio uso di prodotti fitosanitari

- Produzione biologica

- Etichettatura

Sono esclusi i controlli ufficiali per la verifica della conformità sulla OCM unica per il mercato dei prodotti agricoli poiché
già soggetta a un sistema di controlli dedicato.

Questo regolamento si articola in otto titoli e cinque allegati. I titoli:

1. Oltre alle disposizioni sull'oggetto sul campo di applicazione contiene definizioni

2. Discipline controlli ufficiali stabilendo norme sulle autorità competenti e sull'effettuazione dei controlli

3. Norme applicabili ai laboratori di riferimento dell'unione ossia a quella lavoratori che rispondono all'esigenza di
promuovere pratiche uniformi, disciplina la designazione di centri per il benessere degli animali

4. Norme generali sull'assistenza amministrativa E sulla collaborazione tra autorità Volta ad agevolare la
comunicazione

5. Non sull'elaborazione e attuazione dei piani di controllo nazionale pluriennali

6. Disciplina le attività dell'unione in tema di controlli, assegnando la commissione un ruolo cardine ossia attraverso I
propri esperti la commissione esegue controlli negli stati elaborando i piani per dette attività

7. Azioni esecutive azioni che le autorità competenti possono adottare per eliminare o contenere rischi per la sanità
umana

8. Comprende alcune disposizioni procedurali e le misure transitorie e finali

5.12 LA CIRCOLAZIONE E LA SICUREZZA DEI MANGIMI


La sicurezza degli alimenti non può prescindere da quella dei mangimi. Il legislatore ha inserito norme di carattere
generale si mangimi e sugli operatori ma anche stabilito, per questi, specifiche norme di sicurezza e igiene.

Il regolamento 767/ due 1009 reca disposizioni sull'immissione in commercio e l'utilizzo di mangimi, detta inoltre
definizioni.

L'obiettivo è duplice:

- il raggiungimento dell'armonizzazione delle condizioni per l'immissione sul mercato e l'uso dei mangimi

- Assicurare un'informazione adeguata per gli utilizzatori

Viene armata anche l'etichettatura di questa materia poiché chi utilizza il mangime non deve essere fuorviato sull'uso
previsto o sulle caratteristiche e non devono essere attribuiti ai mangimi effetti ho proprietà che non possiedono.

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Sono disciplinate inoltre la tracciabilità, l'utilizzo sul mercato di peculiari forme di claims e l'estensione ai mangimi per
animali non destinati a produzione alimentare.

Per quanto concerne le sostanze e prodotti indesiderabili nell'alimentazione animale vengono fissate le sostanze la cui
presenza nei mangimi tollerabile, Le condizioni, i limiti ecc… non si considerano gli additivi nei mangimi poiché oggetto
del regolamento sugli additivi destinati all'alimentazione animale che impone che:

- l'additivo sia coperto da una autorizzazione

- Devono essere rispettate le condizioni d’uso

- Devono essere rispettate le condizioni di etichettatura

La procedura di autorizzazione comporta presentare una domanda la commissione, questa la trasmetterà ad EFSA che
esprimerà il proprio parere. Sulla base del parere della commissione elaborerà un progetto di regolamento per
raccogliere o rigettare la domanda. Una volta concessa l'autorizzazione questa è una validità di 10 anni e può essere
rinnovata può inoltre essere in ogni momento modificata, sospesa, o revocata con decisione della commissione previo
parere scientifico. Per quanto riguarda i requisiti di etichettatura dovranno essere riportati il nome dell’additivo,
preceduto dal numero del gruppo funzionale E tutte le indicazioni obbligatorie in etichettatura presenti nei regolamenti.

5.13 L’IGIENE DEL PROCESSO PRODUTTIVO DEI MANGIMI


Il regolamento 183/ 2005 stabilisce:

- norme generali in materia di igiene dei mangimi

- Condizioni e disposizioni atte ad assicurare la rintraccia abilità

- Condizioni e disposizioni per la registrazione e il riconoscimento degli stabilimenti mangimistici

Esso si applica:

- alle attività degli operatori del settore dei mangimi

- Alla somministrazione di mangimi

- Alle importazioni e alle esportazioni di mangimi

Non si applica:

- produzione domestica privata di mangimi

- Somministrazione di mangimi agli animali non allevati per la produzione di alimenti

- Fornitura diretta di piccole quantità

- Vendita al dettaglio di mangimi per animali da compagnia

Gli obblighi generali in materia di igiene per i mangimi misti sono di assicurare che le fasi soddisfino I requisiti in materia
di igiene. Inoltre gli operatori del settore dei mangimi devono soddisfare criteri microbiologici specifici E prendere
misure adottare procedure necessarie per raggiungere obiettivi specifici.

Anche per i mangimi si prevede un sistema di analisi del rischio e punti critici di controllo.

Le regole imposte mangi misti ricalcano molte delle disposizioni applicate agli operatori del settore alimentare, un
trattamento meno severo viene riservata agli agricoltori, ma anche per l'allevamento si comprende che sistema di
sicurezza diventa progressivamente più stringente. Il regolamento inoltre stabilisce criteri di applicazione del sistema
HACCP , Le modalità con cui devono venire controlli e la procedura per la modifica di alcuni essere parte ma anche il
sistema di riconoscimento negli stabilimenti di produzione di mangimi. La disciplina sanzionatorie prevede sanzioni
amministrative pecuniarie E sanzioni accessorie quali la sospensione o la revoca.

Le proteine animali trasformate nell'alimentazione animale


Era vietata la somministrazione a ruminanti di proteine animali estendendo il divieto d'animali diversi dei ruminanti. Per
quanto riguarda l'acquacoltura era ammesso l'utilizzo di PAT ed i mangimi che le contenessero.
La disciplina sull'utilizzo delle PAT ha costituito il maggior limite all'ingresso degli insetti come materie prime per la
mangimistica ma con l'adozione del regolamento 893/ 2017 È stato riconosciuto il riconoscimento degli insetti tra le
materie prime per mangimi tuttavia non tutti gli insetti sono riconosciuti come sicuri per l'impiego nella mangimistica .

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