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  

Don Abbondio:
Descrizione e
caratteristiche del
personaggio dei
Promessi Sposi
Tema su Don Abbondio: analisi della
1gura di Don Abbondio, il carattere
di Don Abbondio, descrizione
…continua
del
personaggio dei Promessi Sposi.

di sbardy 60' di lettura


(23034 punti) 4/5 (10)

In questo appunto viene descritto uno dei


personaggi dei Promessi Sposi, il curato Don
Abbondio, un uomo codardo vile, schivo e
codardo che spesso e volentieri nel romanzo
del Manzoni viene meno alle proprie
responsabilità e che si sottrae dinnanzi alle
proprie di>coltà. Egli è il parroco del paese
in cui vive Lucia ed è anche uno dei primi
personaggi che si incontrano nel romanzo
del Manzoni. Molto famosa è la sua frase:
"Carneade. Chi era costui?".

E' un uomo che non ha prospettive per il


futuro, non ha strategie. Il suo carattere
debole viene messo in risalto sin dal primo
capitolo dei Promessi Sposi, quando prova
paura nel momento in cui incontra i Bravi di
Don Rodrigo, degli uomini loschi. Oltre alla
Lgura di Don Rodrigo viene descritta anche
quella di Fra Cristoforo, dei Bravi e di Don
Rodrigo. Molto interessante è anche il
confronto che viene fatto tra Don Abbondio
e Fra Cristoforo, personaggi dai caratteri
completamente diversi.

Indice

Don Abbondio - Versione alternativa 1


Figura di Don Abbondio - Versione
alternativa 2
Analisi di Don Abbondio - Versione
alternativa 3
Descrizione di Don Abbondio - Versione
alternativa 4
Don Abbondio, spiegazione - Versione
alternativa 5
Ritratto di Don Abbondio - Versione
alternativa 6
Caratteristiche di Don Abbondio - Versione
alternativa 7
Don Abbondio, Don Rodrigo, I Bravi e Fra
Cristoforo
Confronto tra Don Abbondio e Fra Cristoforo
I Bravi
L'incontro tra Don Abbondio e i Bravi

Don Abbondio
Don Abbondio è senz'altro il personaggio
più popolare dei Promessi Sposi, nonché il
primo ad essere presentato. La 1gura di Don
Abbondio è quella con cui Manzoni sfoggia
tutta la sua capacità comica; la Lgura di Don
Abbondio è infatti comicizzata da una serie
di eccessi inaccettabili, nonostante siano
causati da debolezze legate alla situazione
del tempo e dunque causa di
condizionamenti storici a cui è di>cile
sottrarsi. Questi eccessi sono evidenziati
soprattutto dal confronto con personaggi
inseriti nel suo stesso contesto sociale ma
culturalmente inferiori, come vediamo nel
dialogo tra Perpetua e Don Abbondio, in cui
si rivela ancora il carattere schivo e pauroso
del prete, che è esattamente l'opposto di
quello della sua domestica. Perpetua era
dotata di una dose di determinazione, dote
che certo mancava al curato. per esempio
Perpetua, che è capace di trovare soluzioni
accettabili ai problemi che angosciano il
curato. La comicità di Manzoni dunque fa
leva sulla sproporzione tra le cause e gli
e[etti dei fenomeni e cioè tra una realtà
di>cile da a[rontare ed il comportamento
del curato, povero di prospettive e strategie.
Attraverso la comicità, intesa come parodia
delle debolezze umane, Manzoni esprime
una critica: Don Abbondio è infatti un
personaggio negativo dei Promessi sposi in
quanto male incarna i valori cristiani. Il
carattere di Don Abbondio si delinea Ln dalle
prime pagine dei Promessi Sposi, vale a dire
Ln dalla scena dell'incontro con i bravi: la
paura che prova, le speranze di vedere
qualcuno nei campi circostanti a cui chiedere
aiuto, il desiderio di fuggire, il fatto di
a[rettarsi a raggiungere i bravi pur di
abbreviare l'angoscia che provava nel vederli
e nell'aver capito che i due stavano
aspettando proprio lui, rivelano il suo
carattere vile e insicuro. Il timore di Don
Abbondio si può capire poi anche dai
dialoghi, dove il curato si limita a balbettare
o a far ricadere la colpa su qualcun' altro; nel
primo capitolo, per esempio, attribuisce la
colpa a Renzo e a Lucia, ai quali era passato
per la testa di sposarsi. Non dice mai una
parola che riveli coraggio, nonostante essere
un curato avrebbe dovuto garantirgli una
certa protezione da parte della Chiesa.
Manzoni spiega inoltre il motivo
fondamentale che aveva spinto Don
Abbondio a diventare prete: l'assoluta
mancanza nel Seicento di leggi che
proteggessero i deboli dai prepotenti e dai
malvagi. Così Don Abbondio, che non era
certo nato con un cuore da leone, si era
presto accorto di essere nella società in cui
viveva "come un vaso di terracotta, costretto
a viaggiare in compagnia di vasi di ferro". Il
curato aveva pertanto deciso di diventare
sacerdote, cosa che gli avrebbe permesso di
trascorrere una vita quieta e comoda,
lontano dai disagi e dai problemi. All’epoca,
infatti, la scelta religiosa era spesso dettata
dalla volontà di acquisire immunità se non
privilegi, in un tempo in cui le difese dei
soggetti che non fossero legati alle strutture
di potere erano ben poche. Il personaggio di
Don Abbondio è quasi l'incarnazione
dell'inettitudine intesa come incapacità di far
fronte alle situazioni della vita, di relazionarsi
con gli altri nei casi di>cili, in cui occorra
mostrare un po' di decisione. Manzoni,
descrivendo il carattere di Don Abbondio, ci
dice che l'inettitudine di don Abbondio è
solo in parte frutto della sua indole. E' vero
che il religioso ha vissuto un'intera vita
evitando impicci per non doversi trovare
davanti a scelte rischiose. Ma è stata questa
quasi una sua scelta obbligata in un secolo in
cui "la forza legale non proteggeva in alcun
modo l'uomo tranquillo, ino[ensivo e che
non avesse altri mezzi di far paura altrui...".
Egli cercava di non far torti a nessuno e
quando doveva scegliere da che parte stare,
stava sempre dalla parte del più potente.
L'unica strategia conosciuta da Don
Abbondio è la fuga; del resto, non sa
ascoltare i pratici consigli di Perpetua e
subisce anche psicologicamente tutti gli
e[etti della scomoda situazione in cui è
coinvolto.
L'inettitudine di Don Abbondio, però, non è
esclusivamente spontanea, dettata dalla sua
indole, ma anche necessariamente utilizzata
per proteggersi dai soprusi del tempo.
Trovatosi a vivere in una società retta da
prepotenti, Don Abbondio si è fatto prete
senza riaettere sugli obblighi e sugli scopi
della missione sacerdotale, badando
soltanto a procurarsi una vita agiata e
tranquilla. Si lascia governare dalla paura
che, unita alla coscienza della propria
debolezza e ad un eccessivo attaccamento
alla vita, lo rende egoista ed irragionevole.
Per la paura non vede più la luce della verità,
non ode più la voce del cuore e della mente,
non segue la via del dovere. Uomo
meschino, soggiogato dal terrore e dal
sospetto, vive schiavo delle minuzie della
vita; privo di volontà, cede a tutti, dopo
breve resistenza; incapace per natura a
compiere il male, per viltà si fa complice e
strumento dei violenti. Don Abbondio è
privo di cultura, è attaccato al denaro, è
di>dente di tutti. Eppure, da questo spirito
così meschino, il Manzoni ha ricavato il suo
personaggio più attraente.

Figura di Don Abbondio


Nel romanzo storico seicentesco “I Promessi
Sposi”, narrato dallo scrittore Alessandro
Manzoni, il primo personaggio su cui si
imbatte la lettura è Don Abbondio.
All’inizio egli ci viene presentato come un
uomo tranquillo, sereno. Tutte le sue mosse,
infatti ispirano un senso di grande
tranquillità: la lettura dell’u>zio, il chiudere il
breviario mettendovi l’indice dentro per
tenere il segno, lo scansare i ciottoli che
sono di intralcio con il piede da una parte
della strada, l’alzare gli occhi per vedere i
monti vicini... .
Questo senso di tranquillità che compare in
Don Abbondio viene sconvolto dall’incontro
coi bravi. Infatti a questo punto i suoi gesti
sono contratti e rigidi, non più riposati e
distesi come prima (ad esempio gli occhi
cercano una via di fuga all’avvistamento dei
bravi).
L’ecclesiastico era un uomo dominato dalla
paura, si schierava sempre dalla parte dei
potenti e quando doveva prendere una
decisione cercava di rimanere neutrale. In
una società in cui bisognava farsi largo con la
forza, Don Abbondio, accorgendosi i non
avere né coraggio né denaro aveva ubbidito
ai parenti che volevano che diventasse prete:
lui però non conosceva gli obblighi e i Lni
della vita ecclesiastica, la sua scelta era
condizionata solo dal fatto che sarebbe
entrato così a far parte di una classe agiata e
rispettata dalla collettività.
Egli si paragona a “un vaso di terracotta
costretto a vivere in una compagnia di molti
vasi di ferro”.
Secondo l’aspetto Lsico, il curato non ci
viene descritto dettagliatamente: ci viene
soltanto detto che è un vecchio sessantenne.

Analisi di Don Abbondio


Don Abbondio è il personaggio più
maltrattato dal Manzoni, e colui che più
spesso appare oggetto della acuta ironia
dello scrittore. In e[etti, l'alta concezione
cristiana, di cui lo scrittore è imbevuto, il
senso della grandezza della missione che
Dio a>da ai suoi rappresentanti in terra, fa
sì che egli non possa mostrarsi benevolo
verso chi a questa missione vien meno per
viltà e debolezza umana. Don Abbondio
rappresenta, a parte la di[erenza intrinseca
dei due personaggi, un caso analogo a quello
della monaca di Monza: entrambi sono
ecclesiastici che hanno assunto l'abito non
per una vera, sentita vocazione, ma per
motivi di ordine esteriore; se l'una ha a suo
discarico una sia pur lieve giustiLcazione
nella coazione morale e materiale esercitata
contro la sua libera volontà, don Abbondio
non ne ha alcuna; egli ha assai di buon grado
assecondato il desiderio dei suoi perenti che
lo volevano prete, pensando di non essere
adatto, lui, "vaso di coccio" a viaggiare "in
compagnia di vasi di ferro", e convinto che la
carriera ecclesiastica sarebbe stata per lui un
sicuro e comodo rifugio ai pericoli del
mondo. Ma, come appare nel corso del
romanzo, i suoi calcoli si rivelano inesatti.
La vigliaccheria è il fondo della sua
personalità, ed è la causa di tutti i suoi
difetti: la sua viltà verso i prepotenti, lo
rende prepotente verso i deboli; la viltà gli fa
capovolgere completamente l'ordine dei
valori, come appare nel suo astioso sfogo
contro quei "ragazzacci" di Renzo e Lucia,
colpevoli solo di voler convolar a giuste
nozze; la viltà si ritorce a suo danno,
ottenebrandogli la mente e impedendogli di
seguire i partiti più giusti e convenienti,
come quello, suggeritogli da Perpetua, di
mettere il suo superiore ecclesiastico al
corrente dei soprusi impostigli; la viltà lo
rende anche veramente crudele, come
quando si rallegra per la peste che, come
"una scopa", ha liberato il mondo dai ribaldi,
ovvero lo ha liberato dall'incubo di don
Rodrigo. Il Manzoni, riguardo a questo
personaggio, fa uso di tutte le più diverse
sfumature d'ironia: questa è ora benevole e
compassionevole, ora più amara e sferzata;
sempre comunque controllata e di buon
gusto. Si può dire che la comicità che
contrassegna il personaggio di don
Abbondio è una comicità che nasce dal
tragico, dalla constatazione cioè della
assoluta incapacità di vivere del
personaggio, della sua incompatibilità col
mondo. Intuiamo quale incubo debba essere
per il "pover uomo" la vita e il mondo, un
mondo che, alla sua morte ottenebrata dal
terrore, appare sotto l'aspetto di un covo di
insidie a suo danno.
Alla Lne del romanzo, tutti i personaggi
appaiono lievemente cambiati rispetto
all'inizio di essi, tutti hanno imparato
qualcosa dalla vita, si sono temprati
attraverso le esperienze e le sventure, sono
diventati migliori. Solo per don Abbondio
non sembrano esistere possibilità di
miglioramento, come appare chiaro dai suoi
ultimi atteggiamenti: dopo avere rischiato di
rovinare l'atmosfera di generale serenità a
causa dei suoi antichi timori derivati dal
sempre incombente incubo di don Rodrigo,
alla notizia della sicura morte di costui,
diventa improvvisamente allegro, gentile,
faceto, felice solo dello scampato pericolo,
senza che un pensiero misericordioso lo
sLori nei riguardi del disgraziato uomo, così
sciaguratamente vissuto e miseramente
morto. I grandi peccatori, sembra voler dire
Manzoni, possono convertirsi trasformando
la loro grandezza nel male in equivalente
grandezza nel bene, ma per i meschini e i
vili non vi è possibilità di riscatto.

Descrizione di Don Abbondio


Il carattere di Don Abbondio, si intuisce
chiaramente si dalla sua prima apparizione.
Gli avverbi che lo accompagnano
(oziosamente, tranquillamente) e il gesto
emblematico dello scansare i ciottoli che gli
si parano davanti, fanno subito pensare a
quel tipo di uomo tranquillo, abitudinario,
poco amante del nuovo che è Don Abbondio.
Egli è il curato del paesino dove abitano
Renzo e Lucia, ma la sua vocazione non è
certamente scaturita dall’ardore della fede,
ma dalla sua piena consapevolezza di essere
un debole in una società di forti, un “...vaso
di terracotta, costretto a viaggiare in
compagnia di molti vasi di ferro...”, se
vogliamo usare l’azzeccatissima similitudine
del Manzoni. Le uniche ragioni per le quali
Don Abbondio ha aderito al sacerdozio, sono
l’opportunità di entrare a far parte di una
classe, quella ecclesiastica, molto potente,
che gli avrebbe potuto garantire un’adeguata
protezione e quella di trovare un modo
sicuro per condurre una vita abbastanza
agiata. Tuttavia, come il Manzoni ci fa notare,
“....una classe qualunque non protegge, non
rassicura un individuo che Lno a un certo
segno...”, e Don Abbondio, per non essere
schiacciato da una società violenta alla quale
non era in grado di far fronte, ha dovuto
anche elaborare un sistema di vita che gli
avrebbe dovuto consentire di scansare
quanto più è possibile i guai, e quindi un
sistema di vita basato su di un
atteggiamento di “...neutralità disarmata in
tutte le guerre che scoppiavano intorno a
lui...” ,o , quando questo non fosse stato
possibile, su di una blanda alleanza con il più
forte, in modo da garantirsi sempre la
massima protezione e il minimo danno. Don
Abbondio è fondamentalmente un uomo
debole che cerca di evitare le ritorsioni dei
forti con una obbedienza incondizionata a
chi si dimostri tale. I continui atti di
sottomissione richiesti dal suo sistema di
vita, il suo continuo buttar giù bocconi amari
in nome della tranquillità, lo rendono poi, di
fronte ai deboli e agli oppressi, tanto forte e
dispotico quanto arrendevole e docile
davanti ai potenti. Che giudizio dare di Don
Abbondio? Di>cile dirlo. Una Lgura che il
Manzoni, pur con le dovute attenuanti, ci
presenta come inevitabilmente negativa.

Don Abbondio, spiegazione


Don Abbondio è un uomo tranquillo, dalla
vita monotona. E' molto timoroso e vigliacco,
infatti quando vede i bravi cerca di trovare
un via di scampo, e poi inizia a chiedersi cosa
possa aver fatto contro di essi o qualche
potente. E' un curato, ma non è molto
acculturato. Conosce un po' di latino, il
minimo indispensabile che è richiesto ai
preti per poter celebrare la messa.

- non è nato con un cuor di leone, ma


comunque non vuole soccombere alle
ingiustizie ricevute;
- si sente come un vaso di terra cotta,
costretto a viaggiare in compagnia di
molti vasi di ferro, quindi molto fragile
- ha più di 60 anni;
- se la prende con i più deboli.

Ritratto di Don Abbondio


Don Abbondio è un curato di sessanta anni
proveniente da una famiglia non nobile e
non ricca. Vive in un paesino sul Lago di
Como.
È un uomo molto pauroso, così tanto da
essere diventato prete per sentirsi al sicuro
da ogni eventuale ostacolo che la vita potrà
presentargli. Di lui Manzoni dice: “Il suo
sistema consisteva principalmente nello
scansar tutti i contrasti, e nel cedere, in
quelli che non poteva scansare” La sua
intenzione non è difendere gli umili e gli
indifesi come richiederebbe la fede cristiana
ma soltanto pensare alla propria tranquillità
senza impicciarsi in fatti che, secondo lui,
non lo riguardano. Manzoni lo descrive come
“ un vaso di terra cotta, costretto a viaggiare
in compagnia di molti vasi di ferro”. Quando
scoppiano dei contrasti, Don Abbondio si
mette sempre dalla parte del più forte e
guarda il più debole come per dirgli che se
fosse lui il più forte lo appoggerebbe senza
ombra di dubbio. Che sia servile ed
obbediente nei confronti dei potenti, lo
dimostra il fatto che deciderà di fare ciò che
vuole Don Rodrigo, invece di sposare i poveri
Renzo e Lucia.
È molto attaccato ai beni materiali infatti
conta minuziosamente i soldi che gli
vengono dati.
È un ozioso, ama la tranquillità e per lui è
importante che ogni cosa sia al suo posto,
che non ci siano nuovi avvenimenti o
sorprese: per lui anche un piccolo sasso può
rappresentare un turbamento.
È un abitudinario, infatti prende sempre la
stessa strada per andare alla sua curia e,
sempre nello stesso punto della via, si ferma
, tiene il seno della pagina che sta leggendo
sul suo breviario ed osserva lo spazio
attorno a sé.
Non ha senso di responsabilità e neanche
carità cristiana, infatti invece di occuparsi dei
più deboli come avrebbe dovuto fare un
uomo di Chiesa, sta sempre dalla parte dei
potenti e dei prepotenti di cui ha molta
paura.
È un egoista, infatti il suo desiderio è quello
di rimanere in vita e si preoccupa della
reazione di Renzo al momento in cui gli dirà
che il matrimonio con Lucia non si celebrerà.
Egli teme le domande e la rabbia del giovane
e si chiede perché tanta ostinazione nel
volersi sposare.

Caratteristiche di Don
Abbondio
Nelle lezioni napoletane del 1872, Francesco
De Sanctis proponeva una tripartizione in
gruppi dei personaggi del romanzo: "un
gruppo ideale del bene, un altro ideale del
male, e un gruppo intermedio, che tiene
dell’uno e dell’altro, e perciò più volentieri e
più spesso si accosta al comico che al grave,
al nobile. [.. .] Quello che ha più carattere
geniale è il gruppo intermedio, e colui che in
modo più pieno lo rappresenta, è don
Abbondio". La fortuna di don Abbondio
presso i critici e lettori è stata davvero
grande: al curato che con la sua pavidità dà
inizio alle vicissitudini dei due promessi-

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