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Marco Fabio QUINTILIANO Institutio oratoria

(Contenuto e struttura)
Libro I: Tratta dell’istruzione elementare e la formazione del fanciullo sin dalla più tenera età
La questione della balia (che sia ben educata, parli un buon latino o il lavoro del docente sarà doppio:
far disimparare al fanciullo espressioni e dizione errate, per poi provvedere a formarlo)
Sviluppa l’insegnamento di base della grammatica ad opera del precettore (gramaticus)
All’educazione privata del fanciullo in casa vanno preferite le scuole pubbliche.
Vanno rifiutate le punizioni corporali come metodo di insegnamento.

Libro II: Tratta dell'istruzione retorica e dei metodi didattici (come deve essere impartita)
Al buon oratore sono necessarie: natura (predisposizione) e doctrina (buona cultura).

Libri III - VII: Trattano l’aspetto tecnico dell'eloquenza.


Indica gli strumenti per ottenere un’orazione efficace.
I 3 compiti dell’oratore: docere (insegnare); movere (commuovere), delectare (dilettare)
Le 5 parti in cui si suddivide l’elaborazione dell’orazione:
I. inventio (reperimento degli argomenti) tra essi i loci communes (da citare o evitare)
II. dispositio (collocazione logica degli argomenti nel discorso).
Le 4 parti che compongono l’orazione:
1 exordium o proemium (introduzione)
2 narratio (esposizione dei fatti, chiara, esauriente e concisa)
Può seguire: ordo naturalis (la struttura logico-cronologica= fabula)
ordo artificialis (ordine diverso, ad es. esordio in medias res= intreccio)
crescente /decrescente/omerico
3 demonstratio o argumentatio (dimostrazione della tesi mediante probationes: prove
argomentative, fattuali, emotive).
Si compone di: confirmatio (argomenti a sostegno della propria tesi)
refutatio o reprehensio (confutazione)
4 conclusio (conclusione in cui si sintetizza il proprio discorso: recapitulatio;
si ottiene massimo effetto di convincimento, con la mozione degli affetti: peroratio.

Libro VIII:
III. elocutio (ornamento stilistico dell’orazione).
Bisogna seguire le 5 virtutes del parlare ornato (virtutes elocutionis o virtutes dicendi),
fuggire i vitia opposti o impiagarli come deroghe (licentiae). Le virtù sono:
1. puritas o Latinitas (la correttezza lessicale e grammaticale);
2. perspicuitas (la nitidezza del discorso);
3. compositio o structura (la costruzione armonica ed elegante = classicismo)
4. ornatus (l’eleganza dell'espressione), attraverso i tropi (uso delle parole in senso non
proprio ma traslato: metafora, metonimia, sineddoche)
5. aptum o decorum (l’armonia dell’orazione e la sua efficacia; tanto nell’organizzazione
interna del rapporto tra le parti, quanto in rapporto all’esterno, all'argomento trattato, al
contesto, al pubblico, per ottenere l’effetto desiderato).
Libro IX: tratta delle figure retoriche
▪ di pensiero (similitudine, aposiopesi o reticenza, ossimoro ecc.)
▪ di parole (collocazione delle parole nel senso proprio: allitterazione, chiasmo, anafora).

Libro X: tratta della facilitas (disinvoltura nell’esposizione)


Elenca gli autori greci e latini da leggere e imitare per ottenere tali effetti;
ne fornisce una presentazione sistematica, corredata di sintetici giudizi critico-stilistici;
delinea un vero e proprio excursus sulla storia della letteratura greco-latina

Libro XI:
IV. memoria (le tecniche di memorizzazione)
V. actio (l’arte di intonare la voce, di gestire e della mimica).

Libro XII: tratta della figura del perfetto oratore (oratore ideale) che deve essere un uomo di alta
moralità, di profonda cultura, di grande ingegno.

L'Institutio oratoria delinea un programma complessivo di formazione culturale e morale, scolastica


ed intellettuale, che il futuro oratore deve seguire scrupolosamente, dall'infanzia fino alla maturità. Il
termine "institutio" indica, propriamente, "insegnamento, educazione, istruzione", confrontabile col
termine greco di "paidèia".
Risponde alla corruzione contemporanea dell'eloquenza, che Quintiliano vede in termini moralistici e
tecnici, come rimedi alla quale indica il risanamento dei costumi e la rifondazione delle scuole.
Soprattutto, propugnò il criterio del ritorno all’antico, alle fonti della grande eloquenza romana, i cui
onesti principi erano stati sanciti dall'oratoria di Catone e la cui perfezione era stata toccata da
Cicerone, nello spirito di un classicismo retorico-letterario.
Nella nuova situazione politica dell’impero, Quintiliano ripropone così il modello di oratore di età
repubblicana, di stampo catoniano-ciceroniano. Il recupero dell'oratoria è per lui necessario a
realizzare la possibilità di una missione civile dell’intellettuale.
In tal modo egli risolve il problematico rapporto fra oratore e principe, tracciata nel XII libro e tacciata
dalla critica di servilismo.
In questo nuovo contesto l’oratore perfetto deve avere, secondo Quintiliano, una conoscenza a dir
poco "enciclopedica" (filosofia, scienza, diritto, storia), ma dev’essere, oltre che un esperto nell’arte
della persuasione retorica, anche un uomo onesto,
"optima sentiens optimeque dicens" (Quintiliano)
o "vir bonus dicendi peritus" (Catone)
Tuttavia, nel predicare questo ritorno a Cicerone, Quintiliano non si rendeva conto che la piena
realizzazione di questo ideale esigeva anche il ritorno alle condizioni di libertà politica del tempo antico.
In ciò sta il segno più evidente del carattere antistorico (se non "utopistico") del classicismo da lui
vagheggiato.

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