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Parte quarta.

Bilanciare i principi fondamentali della Costituzione

I. Il sistema dei principi fondamentali

1. Le istituzioni del diritto pubblico sono composte da “elementi” (soggetti, oggetti, posizioni, atti e
fatti) e “norme” costruite a partire da “fonti” . La Costituzione intesa come l’istituzione di un
insieme delle istituzioni integra elementi e norme in un “ordinamento giuridico”. Il fondamento
delle costituzioni, la base della giustizia (relativa) e certezza/stabilità (relativa) del diritto
costituzionale sono i suoi “principi fondamentali”. Nelle “istituzioni del diritto pubblico”,
occorre insegnare la “chimica” degli elementi, la “biologia” delle fonti e la (meta)”fisica” dei
principi fondamentali. I principi fondamentali, invece, sono in gran parte esplicitati nella parte
preliminare della Costituzione, in parte sono presupposti ed implicati da questa e dalle altre parti
della Costituzione. Tali principi integrano l’insieme delle istituzioni e delle fonti, pretendendo una
primazia gerarchica, una competenza particolare (del potere costituente) e una maggiore durata (non
eternità). Mentre i principi e le regole che danno forma concreta alle istituzioni possono variare nel
tempo e circolare nello spazio tra più ordinamenti, i principi fondamentali tendono ad essere più o
meno universali e costanti, almeno fino a momenti di discontinuità rivoluzionaria. I principi
fondamentali devono essere individuati dalla giurisprudenza e dalla scienza accademica (“dottrina”)
attraverso una interpretazione sistematica della Costituzione nel contesto delle altre discipline
giuridiche e di quelle politiche, economiche e sociali.

2. I principi fondamentali degli ordinamenti europei si ispirano per lo più al costituzionalismo, un


insieme di idee che pretendono di migliorare le costituzioni, adeguandole ai bisogni umani di
giustizia e sicurezza. Nello Stato costituzionale contemporaneo, tali principi fondamentali non
formano una teologia o ideologia rigida da fare osservare come “etica di Stato”, come invece negli
stati teocratici o in quelli totalitari (ad es. in quello sovietico o quello fascista), ma sono in parte
principi generali e comuni a più stati o ordinamenti (europei, occidentali, globali), in parte principi
particolari o più accentuati in singoli stati nazionali che rappresentano un consenso di base del
pactum societatis vel subjectionis. La pluralità dei principi fondamentali si ricompone nell’unità
dell’ordinamento giuridico e dello Stato attraverso dei bilanciamenti variabili, operate dalle altre
fonti costituzionali e sub-costituzionali. I bilanciamenti costituzionali sono integrati dai
bilanciamenti sistemici delle istituzioni, insiemi normativi di principi ulteriori e di regole di
dettaglio. La Costituzione non pretende né l’identificazione di tutti con questi principi, né una loro
assolutizzazione. Piuttosto comanda da un lato un minimo di relativismo perché vieta alle
comunità politiche di disconoscere ogni singolo principio e di sacrificarlo e negarlo in toto.
Dall’altro lato vieta ogni fondamentalismo perché non comanda che tutte le scelte siano
bilanciamenti dei soli principi fondamentali, ignorando altri interessi.

3. I cittadini (e anche gli stranieri) nonché le loro formazioni sociali possono aderire ai principi
come principi etici della loro coscienza civica e possono darne peso maggiore o minore come
valori, stabilire priorità e preferenze tra loro divergenti. La Costituzione vuole tale adesione, la
promuove, ma nel rispetto della libertà di coscienza non pretende di farli osservare in ogni singolo
momento della vita della popolazione. Nella pluralità dei principi si rispecchia anche un pluralismo
di ideologie e forze sociali e politiche. I valori corrispondenti ai principi possono essere usati come
armi e bandiere in conflitti sociali e competizioni politiche, possono anche escludere e dare luogo a
“fondamentalismi”. In qualità di principi giuridici, i principi fondamentali intendono tuttavia
garantire l’inclusione di tutti i cittadini e l’integrazione dei gruppi in una comunità politica. La
convivenza sociale e la pace politica esigono la virtù della ragionevolezza, cioè la disponibilità di
fondare le scelte pubbliche comuni su bilanciamenti che non comportino sacrifici totali o arbitrari
per nessun principio fondamentale. In questo modo si costruisce una tavola di valori non assoluti,

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ma relativi perché sempre bilanciabili tra loro e per questo costitutivi di una pace sociale e politica.
A ogni principio fondamentale corrispondono principi etici (-ismi). La negazione di un principio
fondamentale indica forme di Stato e di società che il potere costituente ha voluto superare.

4. In armonia con i principi fondamentali della Costituzione italiana devono essere anche i “principi
fondamentali di organizzazione e funzionamento” degli statuti delle regioni ordinarie (art. 123). In
armonia con quelli delle costituzioni anche delle altre Nazioni europee (“diritto comune
europeo”), ne derivano anche i valori dell’Unione europea (art. 2, 7 TUE), inclusi i valori e
principi sanciti nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE (art. 6 TUE). Nella loro universalità
possono essere condivisi anche dalla comunità internazionale, ambito nel quale è riconosciuto
finora più il principio dello Stato di diritto che non quello della democrazia. Nella loro universalità
e particolarità definiscono l’”identità nazionale insita nella loro struttura fondamentale, politica e
costituzionale, compreso il sistema delle autonomie locali e regionali” (cd. identità costituzionale,
art. 4 TUE).

5. I principi fondamentali delle istituzioni odierne si cristallizzano nella “cultura costituzionale” di


chi interpreta ed invoca la Costituzione come vincolo della politica e nella “politica costituzionale”
di chi la scrive e riforma. L’insieme delle forze politiche e sociali che aderiscono ai principi e che
invocano i valori della Costituzione formano nel loro insieme la società aperta degli interpreti
della costituzione. I loro rapporti sono la cd. “costituzione materiale” che è causa e/o effetto della
volontà di convivere secondo una “costituzione formale” (scritta) concreta e si consolida in una
convenzione di riconoscimento del primato del diritto costituzionale.

6. I principi fondamentali sono riassunti da concetti sintetici e, in parte, anche ambigui e polivalenti,
dotati di molteplici significati. Sarebbe auspicabile tradurre il loro significato giuridico in
proposizioni normative semplici. Si propone di sintetizzare e sistemare come principi fondamentali
dell’ordinamento italiano i seguenti principi, in parte espliciti, in parte impliciti della Costituzione,
collocabili in due tavole e rispettivamente attinenti ora più ai diritti/doveri e ora più ai
poteri/competenze, ossia ai contesti istituzionali della società e dello Stato:

(1) Dignità umana (7) Repubblica


(2) Libertà (8) Democrazia (legittimazione)
(3) Eguaglianza (9) Stato di diritto (legalità)
(4) Lavoro (10) Autonomie (decentramento)
(5) Cultura (11) Internazionalità (pace)
(6) Solidarietà (12) Costituzionalità

I principi da 1-3 e da 7 a 9 sono principi più generali e tendenzialmente universali, riscontrabili


anche nelle istituzioni regionali, sovra- ed internazionali, mentre i principi restanti possono
caratterizzare più l’identità particolare delle strutture costituzionali dell’Italia.

7. I principi fondamentali sono principi giuridici, ma anche morali ed etici. Pertanto si possono
formare i seguenti corollari ideali complementari e contrari, cioè negazioni e idee radicalmente
opposte della griglia di principi proposta:
1) Personalismo v. totalitarismo
2) Liberalismo v. autoritarismo
3) Egualitarismo v. disegualitarismo
4) Laburismo v. schiavismo
5) Culturalismo v. confessionalismo, barbarismo
6) Solidarismo v. egoismo
7) Repubblicanesimo v. edonismo

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8) Democratismo v. autocratismo
9) Legalismo v. anarchismo
10) Pluralismo v. centralismo
11) Internazionalismo (pacifismo) v. nazionalismo (bellicismo)
12) Costituzionalismo v. assolutismo (cinismo)

8. I principi fondamentali sono norme desumibili sempre da una pluralità di disposizioni e hanno
hanno uno statuto giuridico particolare in ogni ordinamento. Innanzitutto possono essere
considerate norme di principio costitutive della forma repubblicana (art. 139 cost.) e quindi
rovesciabili solo da un nuovo esercizio del potere costituente, anche se nella giurisprudenza
costituzionale i limiti alla revisione costituzionale sono ristretti ai diritti inviolabili e ai principi di
repubblica, democrazia e stato di diritto. Tutti i principi fondamentali, inclusi quelli di lavoro,
cultura e solidarietà, decentramento, internazionalità e costituzionalità potrebbero tuttavia essere
qualificati come principi che caratterizzano l’identità nazionale insita nella struttura
fondamentale, politico e costituzionale, dell’Italia (art. 4 co. 2 TUE). Sono parzialmente
riconosciuti e garantiti anche da fonti europee (UE, CoE) ed internazionali (ILO, UNESCO).

9. Nelle situazioni di emergenza (naturale e civile, sociale e politica, nazionale ed internazionale),


i principi rischiano di entrare in crisi e di essere sacrificati. Si rischia di degradare le persone,
restringere libertà, derogare alla generalità ed astrattezza delle regole, smarrire la cultura, forzare il
lavoro e rendere coatta ogni solidarietà. Si rischia di assolutizzare il bene pubblico, sospendere la
democrazia (dittatura) e lo Stato di diritto (necessitas non habet legem), di omologare le autonomie
e massimizzare il nazionalismo, in ultima analisi di fare prevalere le passioni sulle ragioni. Nello
Stato costituzionale, tuttavia, vale il principio necessitas habet rationes.

10. I principi contribuiscono anche a legittimare particolari fonti del diritto:


1) La dignità rileva per le fonti internazionali dei diritti dell’uomo, una sorta di diritto
dell’umanità, anche nei conflitti di identità costituzionale tra ordinamenti giuridici (ad es. in
materia di pena di morte o divieto di tortura). Il principio è oramai un principio generale del diritto
UE e CoE e delle nazioni civilizzate, alcune sue concretizzazioni (ad es. divieto della schiavitù,
divieto di uccidere civili arbitrariamente) sono jus cogens.
2) La libertà è alla base dell’autonomia privata e pubblica, legittima in particolare anche fonti
private (contratti, statuti) e consuetudini civili.
3) L’eguaglianza formale è la vocazione tradizionale della legge e dell’atto legislativo UE, quella
sostanziale può essere integrata in particolare anche da leggi regionali e/o fonti secondarie di
amministrazioni di welfare, funzionalmente o territorialmente autonome.
4) La cultura può legittimare pretese di autonomia funzionale (ad es. università, scuole, enti lirici)
per ordinamenti particolari rappesentabili nei cd. “stati generali” della cultura - e una disciplina
pattizia dei rapporti tra poteri culturali e poteri politici (patti lateranensi, intese).
5) Il lavoro è disciplinato da contratti collettivi non aventi di per sé efficacia erga omnes (art. 38),
in una economia di mercato sociale che produce anche consuetudini commerciali e, su scala
mondiale, una lex mercatoria.
6) La solidarietà si fonda su doveri morali da assolvere spontaneamente e che possono essere
trasformati in doveri ed obblighi giuridici solo sulla base di una legge (riserva di legge, art. 23),
anche se integrate da fonti secondarie di soggetti di autonomia funzionale o territoriale.
7) La Repubblica esige un primato delle fonti di diritto pubbliche su quelle private. Il diritto
repubblicano non può avere fonti segrete. Inoltre giustifica il riconoscimento della supremazia e il
bilanciamento dei principi fondamentali della Costituzione.
8) La democrazia deve permeare, con gradualità, la produzione e legittimazione politica di tutte le
fonti del diritto pubblico, rendendo il parlamento eletto anche responsabile per i limiti e per il
controllo sull’esercizio dei poteri normativi del governo. La Costituzione e la legge devono

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disciplinare le questioni politicamente essenziali in modo che costituenti e legislatori ne siano
politicamente responsabili.
9) Lo stato di diritto (o il principio di legalità) comanda il primato delle fonti scritte su quelle non
scritte (certezza), delle leggi sui regolamenti ed esige forme di controllo della legalità delle fonti
secondarie. Giustifica riserve di legge e divieti di retroattività. Giustifica una tutela della libertà
(affidamento) ed eguaglianza anche contro l’abuso delle fonti per leggi-provvedimento o –sentenza
e contro la fuga dalle fonti secondarie negli atti amministrativi a contenuto generale.
10) Il decentramento garantisce le autonomie territoriali e funzionali degli ordinamenti interni
allo Stato (art. 5), all’UE e alla comunità internazionale, cioè la loro capacità di darsi propri statuti e
regolamenti e, nel caso delle regioni, anche leggi in ambiti di competenza ben delimitati e distribuiti
secondo criteri di sussidiarietà.
11) L’internazionalità riconosce il primato delle fonti internazionali e sovranazionali nei limiti
del rispetto degli altri principi fondamentali della costituzione (cd. controlimiti).
12) La costituzionalità garantisce il primato e la relativa rigidità dalla Costituzione, incluso il
primato e bilanciamento di tutti i principi fondamentali sulle altre fonti costituzionali. Vieta sacrifici
totali della (anche se il primo e l’ultimo principio sono bilanciabili solo nelle rispettive garanzie).

11. Un buon metodo per studiare i singoli principi fondamentali è quello di rispondere ad almeno
tre domande collegate tra loro: Quali sono le fonti costituzionali, europee ed internazionali che
contribuiscono alla comprensione del loro senso e alla loro definizione concettuale ? In quale
storia, in particolare in quali contesti ideali ed istituzionali sono stati rivendicati, riconosciuti e
attuati ? Quali casi concreti e problematici investono i principi fondamentali e evidenziano
sofferenze ed insofferenze, criticità e problemi giuridici e politici attuali e futuri ? La prima
domanda esige un’esegesi dei testi costituzionali vigenti nei loro contesti normativi europei ed
internazionali, consentendo di distinguere gli aspetti comuni europei ed internazionali dalle
particolarità nazionali. La seconda domanda collega la storia delle idee politiche ispiratrici alla
storia delle istituzioni e delle fonti giuridiche che hanno dato attuazione e vita ai principi
fondamentali. La terza domanda richiede un’analisi dell’impatto dei principi fondamentali sulle
risoluzione delle controversie giuridiche e sulla moderazione dei conflitti politici presenti e futuri.

II. La storia costituzionale dei principi fondamentali

12. I principi fondamentali sono fattori ideali e sensori reali della storia costituzionale, cioè di
quella parte della storia generale che riguarda le scritture ed interpretazioni della costituzione
formale e le trasformazioni della costituzione materiale di una o più nazioni (Italia, Europa,
Occidente, altri continenti) . In tempi di rivoluzione tendono a mutare radicalmente, in tempi di
riforme gradualmente, altrimenti a conservarsi come tradizioni. Lo sviluppo di società e Stato può
avere momenti di progresso, di crisi e di regressione culturale, ma le tendenze delle trasformazioni
sono difficilmente prevedibili e per lo più conoscibili e valutabili solo ex post. Alcuni giuristi
tendono a leggere la storia costituzionale partendo dal presente e risalendo solo fino alle rivoluzioni
costituzionali moderne di Francia e Stati Uniti. Per facilitare l’accesso alle esperienze della storia
costituzionale, può essere utile suddividerla in alcune fasi, partendo da quella preunitaria (1.),
passando per la monarchia sabauda (2.) e il regime fascista (3.) alla transizione costituente verso la
Repubblica (4.) e alle varie fasi del costituzionalismo repubblicano (5.)

(1) Il costituzionalismo preunitario

13. Il costituzionalismo italiano e i principi della Costituzione italiana sono alimentati dalle
esperienze moderne e premoderne, autoctone e colonizzate, di un costituzionalismo italiano ed
europeo senza costituzione scritta. Il costituzionalismo degli antichi studiato in particolare nelle

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teorie della forma di governo di Platone ed Aristotele fu praticato secondo alcuni già nell’antichità
greca e romana, in particolare a Roma, Atene e Gerusalemme, ma principi come la cultura della
scrittura o come la solidarietà hanno radici negli imperi eurasici, ad es. nel codice Hammurabi.
Tracce di un costituzionalismo premoderno (o della prima modernità), in particolare di una
separazione tra jurisdictio e gubernaculum, si trovano nel Sacro Romano Impero medievale e, in
particolare nelle Repubbliche marinare (Venezia, Genova) o in Toscana (Granducato), in qualche
misura perfino nelle monarchie meridionali e nel Regno Lombardo-Veneto (monarchia consultiva).
In molti governi si alimentava l’idea di un governo della legge, si riconosceva una ragione di stato
nei “consigli” e si praticava un limitato pluralismo istituzionale, soprattutto a favore delle
autonomie locali. Dante coltivava idee di uno stato di diritto che separa il potere secolare da quello
sacrale e riconosce autonomie. Dalla definizione “persona est nomen dignitatis" (Tommaso
d’Aquino) , l’umanesimo derivava il “de dignitate homini” (Picolomini, Erasmo). Il
repubblicanesimo alimentava due progetti costituzionali di Machiavelli per la repubblica fiorentina
fondata nel 1494 con la massima: “niuna legge et niuno ordine è più laudabile apresso ad gli
uomini, o più accepto apresso a Dio, che quello mediante il quale si ordina una vera, unita et
sancta republica, nella quale liberamente si consigli, prudentemente si deliberi, et fedelmente si
exequisca, dove gli uomini nel deliberare delle cose sieno necessitati lasciare i commodi privati, et
solo al bene universale rivolgersi.”

14. La costituzione della Corsica di Paoli (1755) e una filosofia come quella di Cesare Beccaria
“Dei delitti e delle pene” (1764) dimostrano l’esistenza di un costituzionalismo italiano
settecentesco pre-rivoluzionario. I modelli giacobini del costituzionalismo rivoluzionario francese,
anche per effetto delle politiche di Napoleone, hanno influenzato l’Italia più di quello statunitense e
spagnolo, soprattutto nelle costituzioni repubblicane di Bologna 1796, Repubblica Ligure 1797,
Cispadania 1797, Cisalpina 1798, Repubblica Romana 1798, Napoli 1797, Repubblica Italiana 1804
e in quella del Regno d’Italia del 1805. Simbolicamente visibile anche nella bandiera italiana,
questa influenza ha riguardato soprattutto la forma repubblicana e i principi fondamentali di
eguaglianza e di sovranità popolare, ma anche quello della separazione tra Stato e Chiesa
sperimentato per la prima volta nel momento dell’annessione dello Stato Pontificio all’Empire
(1809).

15. Le costituzioni preunitarie emerse nelle varie onde delle rivoluzioni e restaurazioni del
risorgimento hanno tuttavia avuto anche altre matrici non francesi, più aristocratiche che
democratiche: 1812-1816 (ad es. Sicilia 1812), 1820-22 (adozione della costituzione britannica
(non scritta) a Torino (V.E. I) e della costituzione spagnola di Cadice 1812 a Napoli, Alessandria
(Federazione Italiana) e Torino (Carlo Alberto) (1821), 1830-33 (ad es. Provincie Unite di Bologna
1831) e 1848-1849 (Stato Pontificio, Repubblica Romana, Granducato di Toscana, Regno di
Sardegna).

16. Diversi furono i progetti e tentativi di coniugare federalismo e costituzionalismo, in parte di


matrice monarchica, in parte di matrice carbonara. L’interesse della Francia (Napoleone I, III) e
dell’Austria (Metternich) di partecipare al governo di una confederazione portò ancora nei
preliminari della pace di Villafranca (1859) a favorire la creazione di una confederazione di stati
sotto la “presidenza onorifica del Santo Padre”. Il regionalismo progettato da Minghetti per l’unione
dell’Italia rischiava di recepire più un modello austriaco che non quello francese dello Stato
unitario.

17. Particolare attenzione merita l’elaborazione delle esperienze del costituzionalismo monarchico e
liberale dello Statuto Albertino, l’unica costituzione del 1848 sopravissuta (III). Una forte
discontinuità segnano i principi fondamentali rispetto ai principi impliciti alla legislazione
costituzionale del regime fascista. (IV). La loro scelta è stata condizionata dalle scelte della

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“costituzione provvisoria” nella transizione dalla monarchia alla repubblica, dalle dinamiche
dell’assemblea costituente e dalle esperienze istituzionali delle varie fasi della storia repubblicana
(infra sub V).

(2) Il costituzionalismo monarchico sabaudo

18. La Costituzione repubblicana pretende maggiore rigidità rispetto allo Statuto Albertino, che in
mancanza di proprie regole sulla revisione era rimasto formalmente immutato in vigore fino alla sua
entrata in vigore. Dal punto di vista del monarca, lo Statuto era una costituzione concessa e
ottriata da un atto unilaterale del Re che si era auto-imposto i vincoli della monarchia
costituzionale, precludendo tutt’al più il ritorno a forme di monarchia assoluta. Dal punto di vista di
Cavour e della classe politica formatasi nel Risorgimento, lo Statuto era invece da interpretare come
una Costituzione fondata su un patto tra corona e nazione, rappresentata dal parlamento. Il Re e il
Parlamento potevano solo consensualmente integrare tale patto nella successiva legislazione e
prassi di stato. Nel 1848, in attesa di una Costituente che sancisse la fusione con Lombardia e
Veneto, accettarono di sostituire la coccarda azzurra (art. 77) con il tricolore. I principi dello Statuto
furono considerati pertanto non abrogabili, ma tacitamente derogabili. Ai giudici era precluso ogni
controllo di costituzionalità (statutaria) delle leggi.

19. La Costituzione repubblicana ereditò dalla monarchia sabauda il principio dell’unità e


indivisibilità. Tale principio trova solo un’allusione nel preambolo (“itala nostra corona”) dello
Statuto che era pensato come alternativa al progetto di una unificazione mediante assemblea
costituente (Mazzini), senza precludere l’opzione di una Confederazione degli Stati italiani
(Gioberti). Il Regno di Sardegna è diventato Regno d’Italia, secondo l’opinione prevalente (Santi
Romano), attraverso una serie di atti unilaterali di annessione ed incorporazione, secondo
l’opinione opposta (Dionisio Anzilotti) anche attraverso una serie di atti bilaterali di fusione ed
unione, basati su vari plebisciti e governi dittatoriali di transizione. In seguito alla pace di Zurigo e
all’adesione plebiscitaria della Sicilia sotto il governo del dittatore Garibaldi fu approvata una legge
sostanzialmente costituzionale, la legge 17. 3. 1861, n. 4671, che attribuiva al Re il titolo di “Re
d’Italia”, riconoscendo implicitamente la nascita di un nuovo Stato “Regno d’Italia” sul presupposto
della massima continuità possibile delle istituzioni, delle fonti legislative e dei patti internazionali
con quello sabaudo.

20. Nel 1865 fu trasferita la capitale a Firenze. Nel 1866, un plebiscito sancì l’unione al Regno
d’Italia del Veneto (senza il Trentino e la Venezia Giulia), ceduto prima dall’Austria alla Francia.
Nel 1870 seguì la capitolazione delle forze armate pontificie, non più sostenute da quelle francesi, e
l’annessione della provincia di Roma, sempre sulla base di un plebiscito non riconosciuto dal Papa.
Quest’ultimo viceversa scomunicò il Re e successivamente invitò a disertare le urne nelle elezioni
del 1870. Alla fine del 1870, il governo Lanza presentò alla Camera tre disegni di legge riguardanti
l'approvazione del plebiscito dell'ex-Stato Pontificio, il trasferimento della capitale a Roma e le
Guarentigie formulate per il Pontefice e per la Chiesa.

21. L’unitarietà fu garantita da una riforma amministrativa del Regno, a partire dall’ordinamento
provinciale e comunale stabilito dalla legge Rattazzi del 1859 (art. 74) che istituiva il prefetto quale
rappresentante periferico del Governo, capo della Deputazione provinciale e del relativo Consiglio,
un consesso di notabili da lui nominati, e supervisore dei sindaci di nomina regia, coadiuvati da
consigli elettivi. Nel 1862 fu unificato il sistema monetario ed istituita la Corte dei conti, nel 1864
fondata la Banca Nazionale del regno cui fu affidato il servizio di Tesoreria dello Stato. Nel 1865
furono emanati la legge sull’unificazione amministrativa con sei allegati: A) legge comunale e
provinciale, B) legge sulla pubblica sicurezza, C) legge sulla sanità pubblica, D) legge sul Consiglio
di Stato, E) legge sul contenzioso amministrativo, F) legge sulle opere pubbliche nonché 5 codici

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(penale, procedura penale, civile, procedura civile, commercio e marina mercantile). Il progetto di
regionalizzazione del presidente del Consiglio Minghetti fu invece abbandonato.

22. La Repubblica non ereditò dal Regno la garanzia costituzionale del carattere confessionale
dello Stato attenuato dalla “tolleranza per i culti ora esistenti” (art. 1), proclamando invece la
separazione di Stato e Chiesa (art. 7) e piena libertà di tutte le confessioni (art. 8, 19). Tale carattere
era entrato già in crisi nel 1864, quando il Papa, forte di garanzie francesi, era intervenuto con il
“Sillabo degli errori del nostro tempo” intervenne contro le filosofie del razionalismo, del laicismo,
ma anche i diritti di proprietà, la libertà di coscienza, di pensiero e di stampa e la sovranità
popolare, sconfessando il liberalismo cattolico. Sotto i governi Ricasoli e Rattazzi negli anni 1866 e
1867 furono approvate una serie di “leggi ecclesiastiche” portanti alla demanializzazione dei beni
ecclesiastici, alla creazione di un fondo per il culto e alla soppressione degli enti ecclesiastici. Nel
1871 seguì la cd. legge delle guarentigie, intitolata “Prerogative del Pontefice e della Santa Sede e
relazioni della Chiesa con lo Stato in Italia”, una legge sostanzialmente costituzionale che combinò
elementi di separazione e giurisdizionalismo, garantendo oltre a un’inviolabilità di Sua Santità pari
a quella del Re il libero esercizio delle sue funzioni di ministero spirituale, senza sindacato,
l’esecuzione forzata degli atti delle “autorità ecclesiastiche” e le immunità diplomatiche dei suoi
inviati. L’insieme di tali leggi riduceva la religione dello Stato ad essere la religione del Re e quella
più libera dei regnicoli (sempre sotto censura ecclesiastica, art. 28) nonché a titolo di accesso
privilegiato al Senato.

23. La Costituzione repubblicana ha ereditato dallo Statuto, sviluppandole, una serie di garanzie
dello Stato di diritto liberale, in particolare il principio di eguaglianza formale dei regnicoli (art.
24), la libertà individuale (art. 26, diventata personale), di domicilio (art. 27, non: circolazione e
comunicazione), di stampa (art. 28, non: pensiero), il diritto di proprietà (art. 29-31) e la libertà di
riunione (art. 32, non: associazione). La pubblicità delle sedute delle Camere (art. 52) e delle
udienze dei tribunali (art. 72), il diritto di petizione (art. 57) e il diritto al giudice naturale (art. 72)
garantivano uno status activus per la difesa di queste liberà. Tuttavia, le restrizioni legislative alle
libertà e le eccezioni stabilite ai diritti politici (art. 41 cost.), fondate sul genere, sul censo e
sull’analfabetismo precludevano una via alla democrazia simile a quella inglese. A causa della
flessibilità dello statuto, lo stato di diritto non era garantito da leggi arbitrarie e restrittive della
libertà, cioè non era ancora stato costituzionale.

24. La Costituzione repubblicana ha rigettato la forma di governo statutaria della monarchia


costituzionale (art. 2: “Governo Monarchico Rappresentativo”), recependo invece i risultati della
sua parlamentarizzazione nella seconda parte dell’ottocento. Pur presentandosi come una forma di
governo misto, lo Statuto aveva posto il Re a capo del potere esecutivo (art. 5) che nominava e
revocava i “suoi Ministri” (art. 65), comandava come “Capo Supremo dello Stato” tutte le forze
armate e stipulava i trattati internazionali. La parlamentarizzazione della forma di governo
attraverso l’instaurazione di un rapporto di fiducia tra il governo e la Camera fu il frutto a) dell’uso
(minacciato) delle procedure di responsabilità dei ministri in Senato (art. 67) come strumento di
censura indiretta del Re i cui atti dovevano essere da loro controfirmati, b) dell’uso delle elezioni
come strumento di delegittimazione degli uomini di governo del Re, c) dei momenti di un governo
di Primo Ministro (Cavour e Crispi), di fatto simile a quello inglese.

25. Non sono tuttavia mancati momenti in cui il Re svolse un ruolo politico più forte di quanto
appariva, specialmente nella politica estera e di difesa (Triplice alleanza 1882, guerre di Eritrea
1888 , Cina (1899-1900) e Libia (1911 contro Turchia) nonché nel 1915, quando dichiarò la guerra
contro la volontà di neutralità della maggioranza parlamentare. Il periodo della destra storica (1861-
1876) coincideva peraltro con il regno di Vittorio Emanuele II, quello della sinistra con il regno di
Umberto I, finito con la svolta reazionaria sotto i governi del generale Pelloux e il regicidio del

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1900, seguita dal richiamo “ritorniamo allo Statuto” di Sonnino. Santi Romano diagnostica nel 1909
“la crisi dello stato moderno”.

26. La critica novecentesca dell’esperienza statutaria si è incentrata sulla insufficienza di garanzie


a) della stessa Costituzione, flessibile e indifesa da leggi ingiuste e da tentazioni di un governo
autoritario che risolva le tensioni sociali con mezzi militari,
b) della democratizzazione, rimasta solo speranza mantenuta dalle riforme elettorali (Depretis
1892) fino all’introduzione del suffragio universale maschile (Giolitti 1919),
c) della costruzione di uno stato sociale capace di comporre le lotte di classe, efficacemente
colta dalla Carta del Carnaro (1920) per Fiume (D’Annunzio) che intuisce la necessità di una
riforma costituzionale nell’immediato primo dopoguerra;
d) del governo parlamentare instabile e debole, in particolare a causa della mancanza di coesione
delle maggioranze corrose dal trasformismo, dei fenomeni di corruzione e della questione morale,
sorta specialmente con riguardo all’amministrazione delle banche pubbliche (dal 1893 controllate
dalla Banca d’Italia).

(3) Il regime fascista e la R. S. I.

27. Il nome fascismo deriva dai fasci di combattimento fondati nel 1919 a Milano dal fautore della
“democrazia futurista”, Martinetti, e da Benito Mussolini si riferisce al simbolo dei fasci, ascia e
verghe, usati dagli antichi littori come strumento di coercizione punitiva al servizio delle massime
magistrature romane. Si oppose alla forma di governo parlamentare, liberale e democratica,
realizzando nell’”era fascista” (E.F:) una nuova forma di governo a tendenza antiparlamentare,
antiliberale ed antidemocratica.

28. L’instaurazione del regime fascista, secondo la dottrina giuridica allora prevalente fu legittima
e valida, perché formalmente rispettosa delle norme statutarie sulla formazione del Governo,
secondo l’opinione opposta sostanzialmente illegittima perché frutto di un colpo di Stato
(contro-)rivoluzionario (28.10.1922). A favore della prima tesi si argomenta che il Re restò capo
supremo delle Forze Armate e non rinunciò ai propri poteri, a favore della seconda che la minaccia
di uso della forza da parte delle squadre di combattimento nella marcia su Roma avrebbe reso
doveroso la firma del decreto sullo stato d’assedio presentato dal Governo Facta o, quanto meno,
l’omissione di un atto di nomina che assecondava un’illegittima auto-designazione e toglieva
Mussolini dal suo giudice naturale penale. Almeno per la durata del ventennio, il Re ha violato
continuamente il proprio giuramento di osservare “lealmente” lo Statuto (art. 22), non mantenendo
un “Governo Monarchico Rappresentativo” (art. 2). La sua irresponsabilità non implica la
legittimità dei suoi atti (cfr. art. 90 cost.).

29. Il regime fascista era caratterizzato non solo dalla personalizzazione, ma anche da una
concentrazione e nuova articolazione di poteri (Cassese). Fu costruito innanzitutto attraverso la
creazione e l’insediamento a Palazzo Venezia del Gran Consiglio del Fascismo (15.12.1922/12. 1.
1923) come organo del partito che assumeva funzioni di governo informale e di coordinamento tra
ministri fascisti e la direzione del partito. Seguì la legalizzazione del potere paramilitare del partito
tramite il R. D. 14. 1. 1923, n. 31: “E' istituita una Milizia Volontaria per la Sicurezza Nazionale.
La M.V.S.N. è al servizio di Dio e della Patria e agli ordini del Capo del Governo. Provvede, in
concorso con i corpi armati per la Pubblica Sicurezza e con il Regio Esercito a mantenere
all’interno l’ordine pubblico; prepara e conserva inquadrati i cittadini per la difesa degli interessi
dell’Italia nel mondo.” (cfr. art. 18 cost.).

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30. Seguirono due colpi ai principi di libertà ed eguaglianza. Il R.D. 15. 7. 1923, n. 3288 vietò ai
parlamentari di gestire giornali e consente ai prefetti di diffidare il gerente di un periodico che, tra
l’altro, “con notizie false o tendenziose … desti ingiustificato allarme nella popolazione ovvero dia
motivi di turbamento dell’ordine pubblico”, con sanzioni di revoca del riconoscimento del gerente e
sequestro (R.D. n. 1081/1924). La stampa fu messa sotto controllo governativo (cfr. art. 21 cost.).
La riforma elettorale della legge 18. 11. 1923, n. 2444 (legge Acerbo) creò un premio di
maggioranza, fondato su un collegio unico nazionale nel quale la lista che ottiene la maggioranza
con una percentuale superiore al 25% dei voti guadagna due terzi dei seggi (356 su 535), mentre il
terzo residuo veniva ripartito proporzionalmente alle liste di minoranza. In seguito all’assassinio
Matteotti, i deputati dell’opposizione parlamentare eletti nel 1924 si riunirono sull’Aventino e
furono dichiarati decaduti nel 1926.

31. Dopo alcuni studi per una riforma costituzionale, avviati nel 1923 all’interno del Gran Consiglio
del Consiglio del Fascismo e approfonditi nel 1924 e 1925 in una commissione governativa
presieduta da G. Gentile (con contributi di S. Romano), furono emanate una serie di cd. leggi
fascistissime che restringono le libertà e riformano i poteri:
1) legge 26. 11. 1925, n. 2029: tutte le associazioni devono consegnare statuti, atti costitutivi,
regolamenti interni, elenchi di soci e di dirigenti (cfr. art. 18, 39 cost.);
2) legge 24. 12. 1925, n. 2300: epurazione e allineamento dell’impiego pubblico, cioè
l’allontanamento di funzionari pubblici, soprattutto se rifiutano di giurare fedeltà al regime (cfr. art.
51, 54 cost.);
3) legge 24. 12. 1925, n. 2263: il Presidente del Consiglio diventa “Capo del Governo, Primo
Ministro Segretario di Stato” e “responsabile verso il Re dell’indirizzo generale politico del
Governo”, cessa ogni rapporto di fiducia verso il Parlamento (cfr. art. 94 cost.);
4) legge 31 1. 1926, n. 100: si ridefiniscono i poteri normativi del Governo per decreti-legge per 2
anni e reiterabili, decreti legislativi “entro i limiti della delegazione”, regolamenti indipendenti e
ordinanze di necessità (cfr. art. 76, 77 cost.);
5) legge 31. 1. 1926, n. 108: “la cittadinanza si perde dal cittadino, che commette o concorra a
commettere all'estero un fatto, diretto a turbare l'ordine pubblico nel Regno, o da cui possa derivare
danno agli interessi italiani o diminuzione del buon nome o del prestigio dell'Italia, anche se il fatto
non costituisca reato” (cfr. art. 22 cost.);
6) leggi 4. 2. 1926, n. 237 e 3. 9. 1926, n. 2006: sostituendo il sindaco con il podestà di nomina
regia e il consiglio comunale con una consulta municipale nominata per un terzo dal prefetto, per
due terzi da enti, sindacati ed associazioni, si pone fine alla democrazia locale (cfr. art. 5 cost.);
7) legge 3.4.1926, n. 563: disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro, in senso corporativo
con sindacati registrati e divieti di sciopero e serrata (cfr. art. 39, 40 cost.)
8) R.D. 6. 11. 1926, n. 1848: testo unico delle leggi di pubblica sicurezza che amplia i poteri dei
prefetti, tra l’altro istituendo le sanzioni dell’ammonimento e del confino (cfr. art. 16 cost);
9) legge 25. 11.1926, n. 2008: provvedimenti per la difesa dello Stato: nuovi reati d’opinione e
istituzione del Tribunale speciale per la difesa dello Stato, le cui sentenze sono inappellabili (cfr.
art. 102, 111 cost.);

32. A partire dal 1928, ulteriori leggi segnano innovazioni più profonde del quadro costituzionale
tale da travolgere lo Statuto:
1) legge 17. 5. 1928, n. 1019: riforma della rappresentanza politica che riduce il numero dei
deputati a 400, con collegio unico e lista bloccata compilata dal Gran Consiglio sulla base di
proposte di sindacati e associazione; assegnazione di tutti i seggi alla lista bloccata se ottiene più
della metà del suffragio, o, al secondo turno, di un premio di maggioranza di tre quarti alla lista di
un’associazione che ottiene la maggioranza relativa; le elezioni diventano plebisciti ai quali si vota
“si” e “no” (cfr. art. 49, 56 cost.);

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2) legge 9. 12 . 1928, n. 2633: il Gran Consiglio del Fascismo diventa nuovo organo costituzionale
(“organo supremo, che coordina e integra tutte le attività del regime sorto dalla rivoluzione
dell'ottobre 1922”) competente ad esprimere un “parere” anche su leggi di contenuto costituzionale;
3) legge 5. 2. 1934, n. 163: Costituzione e funzione delle Corporazioni (cfr. art 39 cost.);
4) legge 31. 12. 1934, n. 215: provvedimenti per la preparazione militare della Nazione,
concomitanti con la progettazione della guerra di Abissinia del 1935, condannata e sanzionata dalla
Lega delle Nazioni ma portata a termine anche con armi chimiche (cfr. art. 11 cost.);
5) legge 2 . 4. 1938, n. 240: “Art. 1. È creato il grado di Primo Maresciallo dell’Impero. Art. 2.
Tale grado è conferito a Sua Maestà il Re e Imperatore e a Benito Mussolini duce del fascismo”.
5) R.D.L. 17. 11. 1938, n. 1728: provvedimenti per la difesa della razza italiana: nullità dei
matrimoni misti, esclusione dall’impiego pubblico, censimento etc. (cfr. art. 3 cost.);
6) Legge 19. 1. 1939, n. 219: istituzione della Camera dei fasci e delle Corporazioni.

33. Queste fonti legislative ed altre, di natura più politica (Statuto del PNF, Carta del lavoro, Carta
della scuola), delineano una forma di Stato tendenzialmente unitaria ed autoritaria, che sembra
tendere più verso lo stato sociale che quello liberale, ma segue un disegno totalitario atto a negare
qualsiasi separazione tra Stato e società (“tutto nello Stato, nulla fuori dallo Stato, nulla contro lo
Stato”). Soprattutto i programmi d’istruzione sono dichiaratamente “di carattere totalitario”. Il
monarca, il Senato, la magistratura e la Chiesa restano contropoteri accondiscenti o deboli, non in
grado di opporsi all’autoritarismo. Si può parlare di un regime tendente a un totalitarismo
imperfetto, con elementi di continuità istituzionale necessariamente ambigui e paradossali tali da
renderlo più efficiente.

34. Nello Stato fascista, la dignità si riduce a un onore non fondato sulla libertà. I doveri prevalgono
sui diritti e i diritti di libertà si “funzionalizzano”, trasformandosi in doveri di agire nell’interesse
pubblico: ad es. la riunione in manifestazioni organizzate di consenso, la stampa in propaganda, il
matrimonio in politica demografica. Si può parlare di uno Stato dei doveri.

35. Lo Stato fascista si fonda sulla diseguaglianza e la naturalità delle gerarchie: “gli ordini e le
gerarchie senza le quali non può esservi disciplina di sforzi ed educazione di popolo, ricevono per
tutto luce e norma dall’alto, dove è la vision e più completa degli attributi e dei compiti, delle
funzioni e dei meriti.” I forti sono chiamati a comandare, le minoranze politiche, linguistiche ed
etniche ad obbedire e rendersi omogenee. Si può parlare di uno Stato dei forti.

36. La Stato fascista interviene fortemente nell’economia, cercando di superare ogni separazione tra
politica ed economia in uno Stato corporativo. Creando molti enti pubblici economici (IRI ecc.),
modernizza ed estende l’economia pubblica e offre nel contempo sicurezza anche a quella privata.
Il corporativismo cerca una terza via tra individualismo liberale e collettivismo socialista, la
collaborazione pacifica di lavoro e capitale nell’interesse superiore della produzione nazionale. I
contratti collettivi di lavoro vincolano tutte le categorie professionali che pretendono particolari
forme di rappresentanza istituzionale.

37. Il totalitarismo fascista si ispira all’ideale dello Stato etico, in cui vige una morale dello Stato e
una storia ufficiale che assorbe quelle private. L’educazione assorbe l’istruzione, con fonti come la
Carta della Scuola e quella del Lavoro ed istituzioni come l’Opera Nazionale Balilla, la Gioventù
italiana del Littorio ed i Ministeri dell’Educazione e della Cultura Popolare. La censura assume
forme nuove, più indirette e meno percepibili.

38. Lo Stato autoritario non tollera forme di pluralismo politico, costruisce un sistema
monopartitico, una forma di governo dittatoriale fondata – in adesione ai modelli del cesarismo e
bonapartismo - su un rapporto diretto di immedesimazione tra il capo del Governo e il popolo

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(Duce) che integra uno “Stato doppio”, formato dallo stesso partito con le sue forze paramilitari e
dalle istituzioni.

39. Una delle principali idee che diedero forza al fascismo fu il nazionalismo. L’idea neoghibellina
di una rinascita dell’Impero Romano ispirò la guerra di Abissinia (Etiopia, 1935), condannata dalla
Lega delle Nazioni, l’intervento nella guerra civile spagnola (1936), l’occupazione e annessione di
Albania (1939), estesa al Kosovo (1941), Somaliland (1940), l’occupazione della Corsica, del
Nizzardo e della Savoia (1942). Il fascismo aveva ereditato le colonie in Eritrea (1884 - 1941),
Somalia italiana (1890 - 1941), Tientsin, Cina (1901 - 1944) e nel Dodecaneso (1912 - 1943),
fondendo la Tripolitania e la Cirenaica nella Libia (1911 – 1943). La monarchia serviva a
legittimare uno Stato neoimperiale (cfr. art. 11, 51 co. 2 cost.).

40. Il regime fascista finì come ebbe inizio, con un colpo di Stato. Il 25. 7.1943 il Gran Consiglio
del Fascismo, con l'Ordine del giorno Grandi invitò Mussolini “a pregare la Maestà del Re [...]
affinché Egli voglia, per l'onore e la salvezza della Patria, assumere - con l'effettivo comando delle
Forze Armate [...] - quella suprema iniziativa di decisione che le nostre istituzioni a Lui
attribuiscono e che sono sempre state [...] il retaggio glorioso della nostra Augusta Dinastia di
Savoia.” Il Re revocò Mussolini da primo ministro, ordinò la cattura, e senza attendere l’indicazione
del Gran Consiglio, nominò Badoglio presidente del consiglio. Per restaurare la monarchia
statutaria, il governo soppresse con decreti-legge il PNF, il Gran Consiglio e gli altri organi creati
da fascismo. Fallì tuttavia il piano di una neutralità nella guerra e l’Italia si divise.

41. La Repubblica sociale italiana fu proclamata il 29. 9. 1943, dopo il rientro di Mussolini dalla
Germania in una parte dei territori sotto occupazione tedesca (esclusi Bolzano, Trento, Belluno e
Litorale), ma rappresentò un governo (e stato fantoccio) non riconosciuta da altri stati non alleati
con la Germania. Un decreto del “Duce del fascismo, Capo dello Stato nazionale repubblicano”, del
8.10. 1943 dispose un’organizzazione costituzionale provvisoria: “Ritenuta la necessità di
assicurare il regolare funzionamento degli organi di governo, sino a quando non sarà provveduto
alla nuova costituzione dello Stato (…): I ministri hanno facoltà di provvedere con propri decreti
sulle materie di rispettiva competenza, qualunque sia la forma dei provvedimenti prevista dal
soppresso ordinamento costituzionale dello Stato, quando ciò sia richiesto da esigenze urgenti in
dipendenza dell’attuale situazione. I decreti ministeriali ed interministeriali aventi contenuto di
legge o di regolamento sono sottoposti a ratifica del consiglio dei ministri.” La forma di governo
del presidenzialismo repubblichino imitava quella nazista, assorbendo la carica di capo dello Stato
in quella di capo del governo.

42. Il progetto di costituzione della R.S.I. prevedeva una forma di stato autocratica e di governo
presidenziale con un’assemblea costituente permanente, chiamata ad eleggere il Duce cui era
responsabile il Governo e il quale poteva sciogliere la Camera di rappresentanti dei lavoratori, un
parlamento unicamerale, in caso di “dissenso politico tra il popolo dei lavoratori e la Camera”.
Compiti principali dello Stato erano la “difesa della stirpe” e “l’educazione e l’istruzione del
popolo”. Comuni e province erano solo enti ausiliari dello Stato.

(4) La transizione verso la Repubblica

43. La transizione dal regime fascista alla Repubblica si svolse in tre tappe, di cui le prime due in
presenza della R.S.I., di governi locali dei C.L.N. (repubbliche partigiane) e di un regime di
occupazione bellica degli alleati in Sicilia che imponeva l’abrogazione delle leggi del regime
fascista e garanzie delle libertà di religione (cd. piccole costituzioni o regimi transitori parziali).
Nella prima fase, tali regimi concorrevano con un governo del Re composto da tecnici, con sede
prima a Brindisi e poi a Salerno, che tentava invano un ritorno allo Statuto. Questa prima fase fu

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segnata soprattutto dall’armistizio del 8. 9. 1943, seguito dal parziale abbandono del comando delle
Forze Armate.

44. La seconda fase del regime di luogotenenza fu il frutto del patto di Salerno (12. 4. 1944) tra il
governo del Re, ritiratosi dalla vita pubblica, e il C.L.N., di convocare un’assemblea costituente e
creare un governo retto dal consenso dei sei partiti (D. L. Lgt. 28.6.1944, n. 151, cd. prima
costituzione provvisoria): “Dopo la liberazione del territorio nazionale, le forme istituzionali
saranno scelte dal popolo italiano che a tale fine eleggerà, a suffragio universale diretto e segreto
un’Assemblea Costituente per deliberare la nuova costituzione dello Stato” (cfr. disposizione XV
Cost.).

45. La terza fase fu quella propriamente costituente, avviata con la cessazione definitiva del
Governo Militare Alleato nel territorio “metropolitano” (1. 1. 1946 - salvo Udine e Venezia Giulia)
e dello stato di Guerra (15. 4. 1946) nonché con un’amnistia per i reati militari. Il governo, come
concordato con gli alleati, decise (D. L. lgt. 16. 3. 1946, n. 98 , cd. seconda costituzione
provvisoria) di far decidere sulla monarchia attraverso il referendum, di rendersi responsabile di
fronte all’assemblea e di lasciarsi delegata la potestà legislativa, ad eccezione della materia
costituzionale, elettorale e dei trattati internazionali (per il trattato di pace del 10. 2. 1947).
L’abdicazione del Re (9. 5.1946) terminò la luogotenenza, senza incidere sul risultato del
referendum e delle elezioni, tenuti il 2. 6. 1946.

46. La Costituzione repubblicana, progettata dalle forze politiche antifasciste (ad es. da Duccio
Galimberti per il CLN di Cuneo), si basa su principi fondamentali opposti a quelli del regime
fascista e si preoccupa nelle sue disposizioni transitorie e finali di liquidarne le istituzioni principali
e di prevenirne il ritorno. Pertanto si può parlare anche di un comune principio antifascista che
implica un divieto di riproduzione dei principi e delle istituzioni che caratterizzavano l’identità
dell’ordinamento fascista, ma non deve indurre a considerare la costituzione a una semplice
negazione del fascismo.

47. La Costituzione della Repubblica fu approvato il 22. 12. 1947 con 453 contro 62 voti ed è il
frutto di un compromesso multilaterale, reso possibile da rinunce di tutte le parti e dai seguenti
fattori:
a) l’ampio consenso antifascista, derivante dall’esperienza dei C.L.N.,
b) la scelta a maggioranza della forma repubblicana dello Stato nel referendum costituzionale (cfr.
art. 139 Cost.),
c) una composizione dell’assemblea costituente che grazie al sistema proporzionale era priva di
maggioranza assoluta, con un equilibrio tra cattolici e laici, democrazia cristiana e sinistre e un
potere di condizionamento anche dei liberali (sottovalutato da chi oggi considera il compromesso
un patto catto-comunista);
d) un “velo di ignoranza” che rendeva difficile alle forze politiche prevedere le posizioni di
governo o di opposizione che avrebbero potuto occupare nel sistema istituzionale futuro,
e) il procedimento parlamentare, fondato sull’istruttoria di una Commissione dei 75, suddivisa in
tre sottocommissioni (diritti e doveri, ordinamento, cost. economica), con una negoziazione
interpartitica collegata al comitato di coordinamento e a quello di redazione, catalizzata da delibere
d’indirizzo (o.d.g. Perassi e o.d.g. Dossetti),
f) l’osservazione partecipante degli alleati impegnati nelle trattative per il trattato di pace, prima
della guerra fredda.

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(5) Il costituzionalismo repubblicano

48. La storia della Costituzione repubblicana può essere suddivisa in quattro fasi, determinate da
alcune cesure giuridiche e politiche, in particolare l’inizio di attività della Corte costituzionale e la
ratifica dei trattati di Roma (1956/57), il governo di solidarietà nazionale con l’assassinio Moro e il
trasferimento delle competenze alle regioni ordinarie (1976/1977), le riforme elettorali e il trattato
di Maastricht (1991/1992). Tali fasi possono essere intitolate A) il congelamento (1947-1956),
B) il disgelo (1957-1976), C) il consolidamento (1977-1991), D) la transizione costituzionale
(1992- 2012). La fase attuale è ancora alla ricerca di un nome e di una prospettiva, ma si potrebbe
parlare di recessione o di emergenza riformatrice.

49. Nella prima fase del congelamento, politicamente segnata dalla guerra fredda e
dall’integrazione dell’Italia nella NATO (1949) e nel Consiglio d’Europa (1949), nella CECA
(1951), nella CEE (1957) e nell’ONU (1955), si formò una conventio ad escludendum che mirava
ad escludere il partito comunista da ogni potere. Si rinviarono, anche oltre i termini stabiliti dalle
disposizioni transitorie, l’attivazione di istituzioni come le regioni ordinarie, la Corte costituzionale
(1956), il CNEL (1957), il CSM (1958) e l’attuazione dei numerosi mandati di legislazione
implicati nelle varie riserve di legge, ad es. la riforma del pubblico impiego (1957). La Corte di
cassazione interpretò molte disposizioni costituzionali come norme programmatiche ad efficacia
differibile nel tempo.

50. Nella seconda fase di disgelo, politicamente segnata dal centro-sinistra e dai momenti di crisi
del governo Tambroni e dei moti del 1968, si iniziò l’allargamento della CEE (1967: Gran
Bretagna) e si risolveva la questione di Trieste (Trattato di Osimo 1975). Furono creati la regione
Friuli Venezia Giulia (1963) e i consigli regionali (1970) e, con la riforma del Senato (1963) il
bicameralismo paritario. Furono riformati i regolamenti delle Camere (1971). Leggi come quelli per
la nazionalizzazione dell’ENEL (1962), la riforma della scuola (1963), il referendum (1970), lo
Statuto dei lavoratori (1970) e la riforma del diritto della famiglia (1975) alimentarono nuove lotte
per diritti civili e sociali. La Corte costituzionale intervenne su molte leggi del passato fascista e
sviluppò l’interpretazione adeguatrice alla costituzione anche contro le resistenze della magistratura
ordinaria. Intervenne con declaratorie d’incostituzionalità e moniti al legislatore a garanzia del
pluralismo radiotelevisivo.

51. Nella terza fase di consolidamento, politicamente segnata dall’allargamento delle coalizioni di
governo e il superamento della convenzione che attribuiva la Presidenza del Consiglio al partito di
maggioranza relativa, si realizzarono anche sotto la spinta dei referendum numerose riforme sociali
ed amministrative, ad es. istituzione SSN (1978), revisione concordato (1984), codice procedura
penale (1988), organizzazione del Governo (n. 400/88), legge comunitaria (1989), procedimento
amministrativo (n. 241/90) e autonomie locali (1990). La prima commissione bicamerale per le
riforme istituzionali (Bozzi 1983) propose riforme istituzionali più grandi, caldeggiate anche da una
parte dei costituzionalisti (rivista Quaderni costituzionali). Sono cresciute i margini di decisione
della Corte costituzionale, anche se alcune sentenze costituzionali in materia di radiotelevisione e
immunità sono state eluse.

52. La quarta fase della transizione, politicamente segnata dalla caduta solo in parte pacifica dei
regimi socialisti (1989) e dalle conseguenti riforme dell’Unione europea (Euro, allargamenti,
trattato di Lisbona) in un quadro di crescente globalizzazione ha registrato profonde innovazioni
nel sistema dei partiti politici e una più frequente alternanza delle maggioranze politiche. Fu aperta
dai referendum e dalle riforme elettorali in senso maggioritario (con. elezione diretta dei sindaci (n.
81/93) e dall’elaborazione giudiziaria di fenomeni di corruzione e illecito finanziamento dei partiti
politici (cd. tangentopoli). Secondo alcune interpretazioni enfatizzanti, la fine del sistema elettorale

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prevalentemente proporzionale avrebbe segnato l’inizio di una seconda Repubblica. Sono venuti
meno i partiti firmatari del patto costituente ed è iniziata una lotta per la revisione della
costituzione, non composta nelle commissioni bicamerali, che ha portato a più frequenti riforme
istituzionali (Bassanini 1997), costituzionali (titolo quinto 2001) ed elettorali (Calderoli 2005),
tuttora controverse e non concluse a causa anche delle pretese di federalismo. Nel referendum del
2006 fu rigettato un progetto di riforma costituzionale del centrodestra e per effetto di alcune
declaratorie d’incostituzionalità delle leggi elettorali, il cd. Rosatellum ha decretato un parziale
ritorno al sistema elettorale proporzionale.

53. La formazione del nuovo governo di coalizione tra M5S e Lega sulla base di un formale
contratto di governo e il passaggio al secondo governo Conte senza un simile contratto
segnano l’inizio di una nuova stagione politica, forse anche la fine della transizione o l’inizio di
una seconda transizione. Il contratto di governo prevede solo poche e puntuali riforme
costituzionali ed istituzionali, ma lascia incertezze sul ruolo futuro dell’Italia nell’Unione europea.
Nell’ultimo decennio sono registrati ulteriori segni di una o più crisi e di una regressione della
cultura costituzionale. I fautori e detrattori delle riforme costituzionali si rinfacciano una perdita di
consenso alla costituzione. La conflittualità politica e le divisività (Galli della Loggia) hanno
investito anche i rapporti della politica con la magistratura, allontanando la classe politica dal
popolo (populismo) e il nord dal sud. Si temono nuove forme di razzismo e fascismo, si lamentano
perdite di libertà e di eguaglianza, si dichiara finito il lavoro, cessata la sovranità della Chiesa e
iniziata quella dei social media. Si considera insuperabile la corruzione, perdente la democraticità
della rappresentanza, persa la fiducia in una magistratura scossa da fenomeni di corruzione,
insostenibili le province e le regioni, in declino l’UE e la multilateralità internazionale. L’attivismo
della Corte costituzionale non sembra in grado di fermare la perdita di consenso ai principi
fondamentali.

54. Le prognosi del futuro della costituzione non sono facili anche se la fine della storia
profetizzata alla fine dell’ultimo millennio è stata rinviata. Le costituzioni non sono eterne, ma
possono avere una vita più lunga di quella di un essere umano. Non conducono una vita solitaria,
ma dialogano e si condizionano tra loro e risentono dei crescenti problemi su scala sovranazionale
ed europea. La crisi finanziaria globale e la conseguente riforma dell’Eurozona tesa a rafforzare le
garanzie dell’equilibrio di bilancio hanno generato nuove attese e iniziative di riforma costituzionali
sulla base di “larghe intese”. Le trasformazioni del paesaggio dei partiti politici e un crescente
attivismo dei Presidenti della Repubblica (governi Monti, Letta, Conte) non hanno reso possibili tali
intese, ridotte apparentemente solo più alla riduzione del numero dei parlamentari. La crisi
finanziaria italiana rischia di compromettere la democrazia in caso di dissesto. Altre emergenze,
dichiarate o non dichiarate premono sull’istituzione delle istituzioni. Infotec e biotec premono di
mira la dignità della persona umana e la crisi climatica del pianeta si sta accelerando. L’antica
pretesa dell’Europa di governare il mondo, sin dalla prima colonizzazione portoghese del 1415, e le
nuove migrazioni verso gli stati costituzionali più sviluppati mettono i popoli costituenti in
difficoltà, perché pretendono un difficile riequilibrio tra diritti politici e altri diritti fondamentali
della persona umana.

55. L’uscita dalla transizione o l’apertura di una nuova fase di rigenerazione e resilienza
costituzionale sembra richiedere
a) una riforma elettorale conforme alla costituzione (dopo Porcellum e Italicum, ma anche un
Rosatellum con residui dubbi di parziale incostituzionalità) e in grado di assorbire le conseguenze
della riduzione dei numeri dei parlamentari,
b) nuove forme di regionalismo differenziato (art. 116 III), sollecitate dai referendum consultivi
tenuti in Lombardia e in Vento nonché a varie iniziative anche di altri governi regionali, e una

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riforma istituzionale che consenti una “regionalizzazione” delle province e città metropolitane,
sembrano ancora possibili,
c) una riforma del C.S.M. che rafforzi la responsabilità della magistratura e garantisca il buona
andamento della sua auto-amministrazione,
d) una riforma dell’UE post-Brexit che trasformi il fiscal compact in diritto dell’UE, rendendolo
sostenibile e compatibile con una tutela adeguata dei diritti sociali nel nuovo pilastro dei diritti
sociali,
e) un nuovo ordine internazionale in grado di rendere possibile politiche di sostenibilità su scala
planetaria.

Bibliografia
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F. Mazzanti Pepe, Profilo istituzionale dello Stato italiano: modelli stranieri e specificità nazionali nell'età
liberale (1849-1922), Roma, Carocci 2004
P.Pombeni, La questione costituzionale in Italia, Bologna: Mulino 2016
R. Romanelli, Storia dello stato italiano dall'unità a oggi, Roma: Donzelli, 1995
G. Negri, Storia politica italiana dall'unità alla Repubblica, Milano: Giuffré 1994
G. Pene Vidari, Lezioni e documenti su costituzioni e codici, Torino, Giappichelli, 2007

Ad. IV: A. Acquarone, L’organizzazione dello Stato totalitario, Torino: Einaudi 1995
S. Cassese, Lo Stato fascista, Bologna: Mulino 2010

Ad V: P. Scoppola, La Costituzione contesa, Torino: Einaudi, 1998


L. Paladin, Per una storia costituzionale dell'Italia repubblicana, Bologna: Mulino 2004
idem, Saggi di storia costituzionale, Bologna 2008
F. Bonini, Storia costituzionale della Repubblica. Un profilo dal 1946 a oggi, Roma: Carocci, 2007
N. Bobbio, Dal fascismo alla democrazia, Milano, Baldini 1997
S. Labriola, Storia della Costituzione italiana, Napoli, Edizioni scientifiche italiane, 1995
G. Maranini, Storia del potere in Italia, Firenze, 1983
R. Martucci, Storia costituzionale italiana, Roma: Carocci 2002
S. Merlini, Autorità e democrazia nello sviluppo della forma di governo italiana, Torino: Giappichelli 1997

Archivi elettronici: Giornale di Storia costituzionale http://www.storiacostituzionale.it/


Archivio di Diritto e Storia Costituzionali http://www.dircost.unito.it/index.shtml
Constitutions of the World from the late 18th Century to the Middle of the 19th Century
http://www.modern-constitutions.de/

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III. Lo studio dei singoli principi fondamentali

(1) DIGNITÀ UMANA

1. Sono fonti costituzionali che offrono garanzie esplicite alla dignità umana:
- art. 3 co. 1 “pari dignità sociale”
– art. 36 co. 1“esistenza libera e dignitosa”
– art. 41 co. 2 iniziativa economica “non può svolgersi (…) in modo da recare danno alla sicurezza,
alla libertà, alla dignità umana”.

2. Sono fonti internazionali


- il preambolo dello Statuto ONU (1945): “riaffermare la fede nei diritti fondamentali dell’uomo,
nella dignità e nel valore della persona umana”
- il preambolo della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948): “considerato che il
riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana, e dei loro diritti, uguali
ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo; (…)
considerato che è indispensabile che i diritti umani siano protetti da norme giuridiche, se si vuole
evitare che l’uomo sia costretto a ricorrere, come ultima istanza, come ribellione contro la tirannia e
l’oppressione (…)”
- art. 1 : “Tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di
ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza.”
- art. 22: “diritto alla realizzazione … dei diritti economici, sociali e culturali indispensabili alla sua
dignità e al libero sviluppo della su personalità”

3. Sono fonti europee


- art. 2-4 CEDU (diritto alla vita, proibizione della tortura, proibizione della schiavitù e del lavoro
forzato);
- CDFUE: “valori indivisibili e universali di dignità umana, di libertà, di uguaglianza e di
solidarietà” (preambolo); art. 1-5: dignità umana, diritto alla vita, diritto all’integrità della persona,
proibizione della tortura e delle pene o trattamenti inumani o degradanti, proibizione della schiavitù
o del lavoro forzato) (capo I).

4. Sono fonti costituzionali che – alla luce di quelle internazionali ed europee - offrono garanzie
implicite ai diritti e doveri collegati alla dignità umana:
- la sovranità democratica del cittadino (art. 1)
- il dovere dei cittadini uniti nella Repubblica di riconoscere e garantire i diritti inviolabili
dell’uomo (art. 2)
- il divieto di “ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di
libertà (art. 13 co. 4)
- il divieto di privare una persona per motivi politici della capacità giuridica, della cittadinanza o del
nome (art. 22)
- il divieto di pene contrari al senso di umanità e della pena di morte (art. 27 co. 3 e 4)
- il divieto di trattamenti sanitari contrari al “rispetto della persona umana” (art. 32 co. 2)
- la limitazione del diritto di voto in casi di “indegnità morale” (art. 48 co. 4)
- il principio secondo cui l’ordinamento delle forze armate “si informa allo spirito democratico”
(art. 52 co. 3)
- il dovere di adempiere funzioni pubbliche con “disciplina ed onore” (art. 54 co. 2)

5. Sono fonti storiche integrate nelle garanzie e teorie giuridiche della dignità umana:

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- l’idea romana delle dignità pubbliche come in Cicero: “dignitas est honeste et cultu ex honore et
verecondia digna auctoritas”. Nella repubblica democratica tutti hanno un dovere di riconoscere e
garantire l’onorabilità dei titolari di cariche pubbliche.
- l’idea cristiana che l’uomo sia immagine di Dio, una creazione sottratta al potere dispositivo del
legislatore (Ambrosio, Bernard Clairveaux),
- l’idea premoderna che in democrazia il popolo abbia una diritto alla resistenza qualora sia
impossibile cambiare governo: “allorchè una lunga serie di abusi e di torti…tradisce il disegno di
ridurre l’umanità ad uno stato di completa sottomissione, diviene allora suo dovere, oltre che suo
diritto, rovesciare un tale governo” (Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America del 5
luglio 1776),
- l’idea Kantiana che all’uomo sia da riconoscere una capacità di scelta razionale, premessa della
seconda formula dell’imperativo categorico: «Agisci in modo da trattare l’umanità, tanto nella tua
persona come nella persona di ogni altro, sempre anche come un fine e mai unicamente come un
mezzo» = La dignità umana è violato quando si degrada una persona a mero oggetto dell’agire
altrui.
- l’idea socialista (Proudhon, Lassalles) secondo la dignità dell’uomo è violata quando è costretto a
vivere in miseria (v. Ernst Bloch, Diritto naturale e dignità umana, 2005)
- la dottrina giuridica neogiusnaturalista del cd. “personalismo” (Mounier, Maritain).

6. La dignità umana può essere interpretata innanzitutto come diritto ad avere diritti. Vieta cioè di
essere degradato da soggetto a oggetto, a non persona. Questo non esclude ogni soggezione della
persona a poteri, ad es. punitivi, e alla coercizione di doveri, né esige un superamento
dell’eguaglianza tra i cittadini a favore di una eguaglianza umana totale. Anche il denizen (non
cittadino) ha un diritto alla dignità che è sicuramente negata se resta privo di un’intera categoria di
diritti (politici e/o sociali).
A differenza della politica (da ultimo: indignados), la giurisprudenza costituzionale fa
tradizionalmente un uso molto limitato del principio (e del diritto) della dignità umana.
Per lo più tende in nome della dignità a rafforzare la tutela dei diritti fondamentali della persona,
giustificando anche sanzioni penali di violazioni tipiche della dignità collegate ai diritti alla vita,
alla libertà da pratiche particolarmente inumane, ad es. nel caso della tratta degli esseri umani.
Art. 600 c.p. (Riduzione in schiavitù) “1. Chiunque esercita su una persona poteri corrispondenti a
quelli del diritto di proprietà ovvero chiunque riduce o mantiene una persona in uno stato di
soggezione continuativa, costringendola a prestazioni lavorative o sessuali ovvero
all’accattonaggio o comunque a prestazioni che ne comportino lo sfruttamento, è punito con la
reclusione da otto a venti anni.
2. La riduzione o il mantenimento nello stato di soggezione ha luogo quando la condotta è attuata
mediante violenza, minaccia, inganno, abuso di autorità o approfittamento di una situazione di
inferiorità fisica o psichica o di una situazione di necessità, o mediante la promessa o la dazione di
somme di denaro o di altri vantaggi a chi ha autorità sulla persona.
3. La pena è aumentata da un terzo alla metà se i fatti di cui al primo comma sono commessi in
danno di minore degli anni diciotto o sono diretti allo sfruttamento della prostituzione o al fine di
sottoporre la persona offesa al prelievo di organi.” La tutela della dignità può riguardare anche
elementi soggettivi e sentimentali della dignità, cfr. sent. n. 359/2003 (mobbing).

7. Il divieto della pena di morte è solo un aspetto della tutela della dignità del reo da forme di cd.
“harsh justice”. Questione irrisolta è quella della pena dell’ergastolo, non abrogato in occasione del
referendum abrogativo del 1981. La Corte costituzionale, con la sentenza n. 264/1974 ha giudicato
che “l'art. 27 della Costituzione, usando la formula "le pene non possono consistere in trattamenti
contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato", non ha proscritto
la pena dell'ergastolo (come avrebbe potuto fare), quando essa sembri al legislatore ordinario,
nell'esercizio del suo potere discrezionale, indispensabile strumento di intimidazione per individui

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insensibili a comminatorie meno gravi, o mezzo per isolare a tempo indeterminato criminali che
abbiano dimostrato la pericolosità e l'efferatezza della loro indole. (…) Rimane infine da
considerare che l'istituto della liberazione condizionale disciplinato dall'art. 176 c.p. (…) consente
l'effettivo reinserimento anche dell'ergastolano nel consorzio civile senza che possano ostarvi le sue
precarie condizioni economiche. La sentenza n. 168/1994 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale
degli artt. 17 e 22 del Codice penale, in riferimento agli artt. 27 terzo comma e 31 secondo comma
della Costituzione, nella parte in cui non è esclusa l'applicabilità della pena dell'ergastolo al minore
imputabile. La successiva sent. n. 135/2003 ha dichiarato non fondata la questione di legittimità
costituzionale dell’art. 4bis dell’Ordinamento penitenziario nella parte in cui "in assenza della
collaborazione con la giustizia a norma dell’art. 58ter del medesimo ordinamento, non consente al
condannato alla pena dell’ergastolo per uno dei delitti indicati nella disposizione censurata di
essere ammesso alla liberazione condizionale".

8. Il divieto di tortura risulta problematico di fatto in situazioni di pericolo estremo per la vita e
l’integrità psicofisica di una persona nelle quali si possono trovare gli appartenenti alle forze di
pubblica sicurezza. Cfr. la sentenza della Corte europea dei diritti dell’uomo nel caso Saadi, un
cittadino tunisino sospettato di appartenere ad un’organizzazione terroristica ed espulso in un paese
nel quale rischiava di subire torture
http://www.stranieriinitalia.it/briguglio/immigrazione-e-asilo/2009/agosto/sent-cedu-saadi.pdf
CESTARO c. ITALIE (Ric. n. 6884/11) 7. 4. 2015
In today’s Chamber judgment in the case of Cestaro v. Italy (application no. 6884/11) the European Court of Human
Rights held, unanimously, that there had been: a violation of Article 3 (prohibition of torture and inhuman or degrading
treatment) of the European Convention on Human Rights on account of ill-treatment sustained by the applicant, and a
further violation of Article 3 on account of the criminal legislation applied in the present case.
The case concerned events which occurred at the end of the G8 summit in Genoa in July 2001, in a school made
available by the municipal authorities to be used as a night shelter by demonstrators.
An anti-riot police unit entered the building around midnight to carry out a search, leading to acts of violence.
The Court found, in particular, that, having regard to all the circumstances presented, the illtreatment sustained by the
applicant when the police stormed the Diaz-Pertini school amounted to “torture” within the meaning of Article 3 of the
Convention. It noted that the failure to identify the actual perpetrators of the ill-treatment could partly be explained by
the objective difficulty of the public prosecutor’s office in establishing definite identifications but also by a lack of
police cooperation.
The Court found that there had been a violation of Art. 3 of the Conv. on account of illtreatment sustained by Mr
Cestaro and of inadequate criminal legislation concerning the punishment of acts of torture which was not an effective
deterrent to prevent the repetition of such acts.
After emphasising the structural nature of the problem, the Court pointed out that, as regards the remedial measures to
be taken, the State’s positive obligations under Article 3 might include the duty to introduce a properly adapted legal
framework, including, in particular, effective criminal-law provisions.

9. Particolarmente controverse sono le questioni del riconoscimento e della garanzia della dignità
umana in materia di bioetica che coinvolgono vari profili del diritto alla vita, a partire da quella
prenatale (cfr. Corte costituzionale, sent. n. 27/1975 aborto; 151/2009 diagnosi preimpianto; 96 e
229/2015 selezione embrioni al fine di prevenire malattie genetiche) fino a quello postmortale (cfr.
il caso classico di Antigone: diritto al funerale).
Cfr. la sent. n. 293/2000 (foto di cadavere): “L’art. 15 della legge n. 47 del 1948 dispone che si
applichi l’art. 528 del codice penale ai fatti riguardanti gli “stampati i quali descrivano o
illustrino, con particolari impressionanti o raccapriccianti, avvenimenti realmente verificatisi o
anche soltanto immaginari”. La previsione penale esige, come elemento della fattispecie legale,
che tali stampati siano formati in modo “da poter turbare il comune sentimento della morale o
l’ordine familiare o da poter provocare il diffondersi di suicidi o delitti”. Essa è all’esame di
questa Corte per indeterminatezza, violazione del principio di uguaglianza e indebita limitazione
della libertà di stampa, ma soltanto nella parte in cui dispone che questi stampati siano idonei a
“turbare il comune sentimento della morale”. La questione è infondata (…). Solo quando la soglia
dell’attenzione della comunità civile è colpita negativamente, e offesa, dalle pubblicazioni di scritti

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o immagini con particolari impressionanti o raccapriccianti, lesivi della dignità di ogni essere
umano, e perciò avvertibili dall’intera collettività, scatta la reazione dell’ordinamento. E a
spiegare e a dar ragione dell’uso prudente dello strumento punitivo è proprio la necessità di
un’attenta valutazione dei fatti da parte dei differenti organi giudiziari, che non possono ignorare il
valore cardine della libertà di manifestazione del pensiero. Non per questo la libertà di pensiero è
tale da inficiare la norma sotto il profilo della legittimità costituzionale, poiché essa è qui concepita
come presidio del bene fondamentale della dignità umana. Così intesa la figura delittuosa, si
possono superare anche le residue censure. La descrizione dell’elemento materiale del fatto-reato,
indubbiamente caratterizzato dal riferimento a concetti elastici, trova nella tutela della dignità
umana il suo limite, sì che appare escluso il pericolo di arbitrarie dilatazioni della fattispecie,
risultando quindi infondate le censure di genericità e indeterminatezza. Quello della dignità della
persona umana è, infatti, valore costituzionale che permea di sé il diritto positivo e deve dunque
incidere sull’interpretazione di quella parte della disposizione in esame che evoca il comune
sentimento della morale.”
Per quanto riguarda la libertà di autodeterminazione dall’assistenza medica oltre ai limiti del cd.
accanimento terapeutico sono esemplari i casi Eluana Englaro e Piergiorgio Welby.

10. Resta aperto e controverso se la dignità umana come diritto di avere diritti può generare dei
“diritti nuovi”, non espressamente sanciti nel testo della costituzione, ma riconoscibili come diritti
della persona umana ex art. 2 Cost. nel diritto privato e civile. Al riguardo, si possono citare le
sentenze costituzionali sui cd. diritti all’identità personale, da ultimo ad es. Corte cost. sent. n.
221/2015 sul diritto di cambiare sesso (transgender).

Approfondimenti:
A. Ruggeri, Appunti per uno studio sulla dignità dell’uomo, secondo diritto costituzionale
http://rivistaaic.it/sites/default/files/rivista/articoli/allegati/Ruggeri.pdf
J. Luther, "Ragionevolezza e dignità umana", in A. Cerri (a cura di), La ragionevolezza nella ricerca scientifica ed il suo
ruolo specifico nel sapere giuridico, Vol. II, Roma:Aracne 2007, 185-214
Idem, Le vie del padre non sono finite (nota a Corte costituzionale ord. n. 389/1988), Giurisprudenza costituzionale,
1988, 1721-1729
M. BELLOCCI, P. PASSAGLIA (a cura di), La dignità dell’uomo quale principio costituzionale (2007), in
www.cortecostituzionale.it (limitato all’art. 3 co. 1)
A. Pirozzoli, La dignità dell’uomo, Napoli:ESI 2012
S. Rodotà, Il diritto di avere diritti, Roma: laterza 2012

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(2) LIBERTÀ

1. Sono fonti costituzionali che offrono garanzie esplicite a una libertà generale al singolare: art.
2: svolgere la personalità; art. 3 co. 2 “rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che
limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della
persona umana”; art. 4 “svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività”;
art. 8 confessioni religiose “egualmente libere”. Per una libertà collettiva cfr. art. 10 co. 3 “libertà
democratiche” e art. 11 “guerra come strumento di “offesa alla libertà degli altri popoli”.

2. Sono fonti che offrono garanzie esplicite o implicite puntuali a una pluralità di libertà
specifiche che integrano un sistema delle libertà individuali e collettive:
art. 13 libertà personale (disporre del proprio corpo senza restrizioni)
art. 14 (libertà di) domicilio (proiezione spaziale della personalità)
art. 15 libertà di comunicazione
art. 16 libertà di circolazione
art. 17 libertà di riunione
art. 18 libertà di associazione
art. 19, 20 libertà religiosa
art. 21 manifestare liberamente il proprio pensiero
art. 31 libertà di matrimonio
art. 32 libertà di rifiutare cure
art. 33 libertà di arte, scienze ed insegnamento
art. 34 libertà di istituire scuole private, diritto (di libertà) di raggiungere i gradi più alti degli studi
art. 35 libertà di emigrazione
art. 36 “esistenza libera e dignitosa”
art. 38 u.c. libertà di assistenza privata
art. 39, 40 libertà sindacale, diritto (di libertà) di sciopero
art. 41 libertà di iniziativa economica
art. 48 libertà del voto - art. 49 libertà di associarsi in partiti - art. 50 libertà di petizione
art. 120 libera circolazione delle persone e delle cose tra le Regioni

3. Sono garanzie essenziali dei diritti di libertà inviolabili (art. 13-15) la riserva di legge e la
riserva del giudice. Sono inoltre garanzie accessorie di tutti i diritti di libertà (e degli altri diritti) il
diritto di agire in giudizio (art. 24 e 111, 113), il diritto a un giudice naturale (art. 25), i divieti di
estradizione (art. 26), il carattere personale della responsabilità penale (art. 27 co. 1), il principio
nulla poena sine (previa) lege (art. 27 co. 2), la responsabilità dei funzionari e dipendenti degli enti
pubblici (art. 28).

4. Numerose sono le fonti internazionali ed europee, in particolare


- preambolo DUDU (1948): libertà, giustizia e pace, “promuovere il progresso sociale e un migliore tenore di vità in
una maggiore libertà”, “rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali”,
- art. 1-3 DUDU: “liberi ed eguali in dignità e diritti”, “tutti i diritti e tutte le libertà” senza discriminazioni, “diritto alla
vita, alla libertà ed alla sicurezza della propria persona”.
- preambolo CEDU: “salvaguardia e sviluppo dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali“, “patrimonio comune di
tradizioni e di ideali politici, di libertà e di preminenza del diritto”,
- art. 5 CEDU “diritto alla libertà ed alla sicurezza”;
- art. 2 TUE “valori della dignità, della libertà, della democrazia etc.”
- art. 3 TUE “spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne in cui sia assicurata la libera circolazione
delle persone” (co. 2); “economia sociale di mercato fortemente competitiva” (co. 3); “commercio libero ed equo” (co.
5),
- Parte terza TFUE cap. II: “libera circolazione delle merci”, cap. IV: “libera circolazione delle persone, dei servizi e dei
capitali”;
- preambolo CDFUE: “assicura la libera circolazione delle persone, dei beni, dei servizi e dei capitali nonché la libertà
di stabilimento”
- Capo II CDFUE (ad es. art. 8 libertà di disporre dei propri dati)
- art. 52 co. 1 CDFUE: “Eventuali: limitazioni ai diritti e alle libertà (…) devono essere previste dalla legge (riserva di
legge) e rispettare il contenuto essenziale di detti diritti e libertà. Nel rispetto del principio di proporzionalità, possono

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essere apportate limitazioni solo laddove siano necessarie e rispondano effettivamente a finalità di interesse generale
riconosciute dall’Unione o dall’esigenza di proteggere i diritti e le libertà altrui.”

5. Sono fonti storiche delle garanzie costituzionali della libertà che si trasformano da
libertà collettive particolari in libertà individuali universali, ampliate sia nello Statuto Albertino sia
nella Costituzione italiana, nonostante resistenze cattoliche e di sinstra
- il mito dell’esodo del popolo d’Israele dall’Egitto nell’antico testamento che indica una
liberazione del credente dalla schiavitù, una liberazione anche individuale (psalmi 142,8).
- il concetto greco di “eleuteros” è legato alla libertà politica dei cittadini, non degli schiavi e meteci
- l’idea cristiana della libertà come dono di liberazione dei fedeli: Galatei 5, 1: “Cristo ci ha liberati
perché restassimo liberi; state dunque saldi e non lasciatevi imporre di nuovo il giogo della
schiavitù”
- “Magna Charta Libertatum” inglese (1215): “libertà inviolate” della Chiesa, “antiche libertà” della
città di Londra, “nessun uomo libero sarà imprigionato (…) se non in base ad un giudizio legale dei
suoi pari e secondo al legge del paese” (radice aristocratica del cd. habeas corpus)
- l’affermazione della libertà di coscienza individuale nella Riforma (sola fide, sola gratia) non è
ancora universale ma si lega soprattutto nel calvinismo alla libertà di prestare buone opere
- la teoria contrattualista giusnaturalista T. Hobbes (“A free man is that is not hindered to do what
he hath will to do”), J. Locke (“perfetta libertà di dirigere entro i limiti della legge naturale le
proprie azioni e di disporre dei propri beni e della propria persona”), J. St. Mill (“freedom to act and
absence of coercion”), ma anche in C. Beccaria: «Non vi è libertà ogni qual volta le leggi
permettono che in alcuni eventi l'uomo cessi di essere persona e diventi cosa». (libertà come prima
conseguienza della dignità).
- la dichiarazione di indipendenza statunitense (1776): “life, liberty and pursuit of happiness”
- la dichiarazione francese dei diritti (1789): “La libertà consiste nel poter fare tutto ciò che non
nuoce ad altri”. (art. 4)
- la sintesi dei concetti rivoluzionari nella filosofia kantiana: “nessuno può costringermi di essere
felice a modo suo, ognuno è libero di cercare la propria felicità a patto che riconosca lo stesso agli
altri”,
- distinzione tra la libertà degli antichi (= autonomia politica collettiva) e libertà dei moderni (libertà
privata individuale) in B. Constant (1819)
- le quattro libertà di Roosevelt (1941): freedom of speech, freedom of worship (religione), freedom
from want, freedom from fear (healthy peaceful life).

6. Nel linguaggio giuridico si può definire libertà una posizione giuridica di un soggetto privato (o
popolo) che ha l’interesse a non essere gravato da coercizioni, comandi o divieti di altri soggetti
pubblici o privati (libertà da) e di scegliere tra più alternative di condotta o tra una condotta e la sua
omissione (libertà di), ad es. muoversi o sostare, credere o non credere.

7. Sono problematiche attuali della libertà


- la libertà di elemosinare (Corte cost. n. 115/2011)
- la cd. libertà di fumare (mettendo a rischio la propria salute e quella altrui),
- le libertà e tutela della privacy in internet (caso Schrems, CGUE 13. 11. 2015, c-362/14 )
- il sovraffollamento carcerario (caso Toreggiani, Corte cost. n. 279/2013)
- le libertà dei migranti negli Hotspots in Italia (Corte CEDU 15. 12. 2016, Khlaifia v. Italy)
- la libertà del suicidio (caso Cappato, Corte costituzionale 26.9.2019)
Approfondimenti: B. Constant, La libertà degli antichi paragonata a quella dei moderni, Paris 1819 (tr. it)
I. Berlin, Freedom and its Betrayal: Six Enemies of Human Liberty (2003), tr. La libertà e i suoi traditori, Milano 2005
A. Pace, Problematica delle libertà costituzionali, Padova, Cedam 2003 (su cui G. Bognetti,
http://archivio.rivistaaic.it/materiali/speciali/problematica_liberta_cost/Bognetti_La%20problematica_lib_espressione.pdf)
M. Ainis, Le libertà negate, Milano 2004
J. Luther, Il fumo nella lotta per i diritti, in: V. Angiolini, Libertà e giurisprudenza costituzionale, Torino 1992, 130ss.

21
(3) EGUAGLIANZA

1. Sono fonti costituzionali che offrono garanzie esplicite all’eguaglianza:


- art. 3 co. 1 “Tutti i cittadini pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza discriminazioni di ….”
(eguaglianza formale)
- art. 3 co. 2 “rimuovere ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei
cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori …”
(eguaglianza sostanziale)
- art. 4 “tutti i cittadini” , “ogni cittadino”
- art. 8 “Tutte le confessioni sono egualmente libere davanti alla legge.”
- art. 11 “condizioni di parità con gli altri stati”
Titolo I: “tutti”, “nessuno”, “ogni”, “in via generale” (art. 16)
Titolo II: art. 29 “eguaglianza morale e giuridica dei coniugi”
art. 33, 34: scuole private paritarie con “trattamento equipollente”, scuola aperta a tutti
Titolo III: art. 37 “La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, e le stesse retribuzioni …” (cfr. anche
cost. economica)
Titolo IV: art. 48 co. 1 “elettori tutti i cittadini, uomini e donne”
art. 48 co. 2 “voto eguale”
art. 51 accesso a uffici e cariche lettive “in condizioni di eguaglianza”; promuovere “con appositi provvedimenti le pari
opportunità tra donne e uomini” (anche art. 117 co. 7)
art. 49-54: “tutti”
Parte II: art. 56 “suffragio universale”
art. 111 contraddittorio tra le parti “in condizioni di parità”
art. 117 m l.e.p. concernenti i diritti civili e sociali garantiti su tutto il territorio nazionale
art. 119 “fondo perequativo”
Disp. trans. fin XIV: titoli nobiliari

2. Sono fonti internazionali ed europee dell’eguaglianza


- dichiarazione universale 1948 art. 1 “Tutti nascono liberi ed eguali in dignità e diritti”
art. 2 “Ad ogni individuo spettano tutti i diritti e tutte le libertà … senza limitazione alcuna, per
ragioni di razza, colore, sesso, lingua, religione, opinione politica o di altro genere. 2. Nessuna
distinzione sarà inoltre stabilita sulla base dello statuto politico, giuridico o internazionale del paese
o del territorio cui una persona appartiene, …”
art. 7 “Tutti sono eguali dinanzi alla legge e hanno diritto, senza alcuna discriminazione, ad una
eguale tutela da parte della legge. Tutti hanno diritto ad una eguale tutela contro ogni discrimina-
zione che violi la presente Dichiarazione come contro qualsiasi incitamento a tale discriminazione
art. 10 “diritto, in posizione di piena uguaglianza, ad una equa e pubblica udienza”
art. 16 “Uomini e donne in età adatta hanno il diritto di sposarsi e di fondare una famiglia, senza
alcuna limitazione di razza, cittadinanza o religione. Essi hanno eguali diritti riguardo al
matrimonio, durante il matrimonio e all'atto del suo scioglimento.”
- CEDU art. 14 “Il godimento dei diritti e delle libertà riconosciuti nella presente Convenzione deve
essere assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il
colore, la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l'origine nazionale o sociale,
l'appartenenza a una minoranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione.”
XII. Protocollo addizionale 2000 “Il godimento di ogni diritto previsto dalla legge deve essere
assicurato senza nessuna discriminazione, in particolare quelle fondate sul sesso, la razza, il colore,
la lingua, la religione, le opinioni politiche o di altro genere, l'origine nazionale o sociale,
l'appartenenza a una mino-ranza nazionale, la ricchezza, la nascita o ogni altra condizione.
Nessuno potrà essere oggetto di discriminazione da parte di una qualsivoglia autorità pubblica per i
motivi menzionati al paragrafo 1.”
- CDFUE Capo 3. art. 20 Tutte le persone sono uguali davanti alla legge.
art. 21 1. È vietata qualsiasi forma di discriminazione fondata, in particolare, sul sesso, la razza, il
colore della pelle o l'origine etnica o sociale, le caratteristiche genetiche, la lingua, la religione o le
convinzioni personali, le opinioni politiche o di qualsiasi altra natura, l'appartenenza ad una
minoranza nazionale, il patrimonio, la nascita, gli handicap, l'età o le tendenze sessuali.

22
2. Nell'ambito d'applicazione dei trattati sull'Unione europea è vietata qualsiasi discriminazione
fondata sulla cittadinanza, fatte salve le disposizioni particolari contenute nei trattati stessi.
art. 22 - L'Unione rispetta la diversità culturale, religiosa e linguistica.
art. 23 - La parità tra uomini e donne deve essere assicurata in tutti i campi, compreso in materia di
occupazione, di lavoro e di retribuzione. Il principio della parità non osta al mantenimento o
all'adozione di misure che prevedano vantaggi specifici a favore del sesso sottorappresentato.
art. 24-36 diritti del bambino, diritti degli anziani, inserimento dei disabili
- TUE art. 2 valori di uguaglianza, non discriminazione, parità tra donne e uomini
art. 4 co. 2 “l’Unione rispetta l’eguaglianza degli Stati membri davanti ai trattati e la loro identità”
art. 9 L’Unione rispetta in tutte le sue attività il principio dell’eguaglianza dei cittadini, che
beneficiano di uguale attenzione da parte delle sue istituzioni, organi e organismi.”

3. Sono fonti storiche


- il concetto di “isonomia” nell’antichità greca
- la massima di diritto romano in Ulpiano: “Quod ad ius naturale attinente, omnes homines aequales
sunt.”
- Giovanni, 13,15: «In verità, in verità vi dico: un servo non è più del suo padrone, né un inviato è
da più di chi lo ha mandato»
- la raffigurazione medievale della giustizia come donna dotata di bilancia e spada
- il superameno dei privilegi e delle corporazioni dell’antico regime con la dichiarazione francese
del 1789, art. 1: “Le distinzioni non possono essere fondate che sull’utilità comune.”
- art. 6: “La Legge è l’espressione della volontà generale. Tutti i cittadini hanno diritto di
concorrere, personalmente o mediante i loro rappresentanti, alla sua formazione. Essa deve quindi
essere uguale per tutti, sia che protegga, sia che punisca. Tutti i cittadini essendo uguali ai suoi
occhi sono ugualmente ammissibili a tutte le dignità, posti ed impieghi pubblici secondo la loro
capacità, e senza altra distinzione che quella delle loro virtù e dei loro talenti.”
- l’egualitarismo radicale, da Rousseau tradotto nella cost. giacobina del 1793 (“Tutti gli uomini
sono eguali per natura e davanti alla legge”) e da Marx nel motto: “Da ognuno secondo le sue
capacità a ognuno secondo i suoi bisogni.”
- l’antiegualitarismo di Nietzsche: perché così parla a me la giustizia: «gli uomini non sono uguali».

4. La Costituzione italiana ha respinto sia l’egualitarismo (tutti siano eguali di fatto in tutto), sia il
disegualitarismo (tutti sono e siano diseguali), combinando un’idea liberale di “eguale libertà” con
un’idea sociale di rimozione delle disuguaglianze che la ostacolano. Sotto il profilo teorico, il
principio di eguaglianza formale e materiale si scompone in vari aspetti 1) generalità (non
genericità) delle norme; 2) unicità del soggetto giuridico; 3) eguaglianza di fronte alla legge nella
sua applicazione; 4) divieto di discriminazioni; 5) eguaglianza nei diritti fondamentali; 6) pari
opportunità di perseguire i progetti di vita e di partecipare all’organizzazione della società.

5. L’art. 3 co. 1 vieta non solo le discriminazioni specificate, ma in generale qualsiasi distinzione di
o uniformazione di situazioni che risulti arbitraria, tale da risultare irragionevole. L’art. 3 co. 2
Cost. contiene una norma che a) autorizza interventi legislativi che distinguono trattamenti in base
alle “condizioni sociali” e legittimano cd. “azioni positive”, b) garantisce dei diritti sociali che
realizzano i presupposti materiali per l’esercizio dei diritti di libertà (ad es. gratuito patrocinio, art.
24).

6. Sul principio di ragionevolezza cfr. G. Zagrebelsky, Relazione sulla giurisprudenza della Corte
costituzionale nell’anno 2003:
L'art. 3 Cost. compare, quale parametro, nella maggior parte delle ordinanze di rimessione. Attraverso la
sua invocazione, si lamenta quello che è stato definito il vizio della arbitrarietà della legge. Conseguenza dei
limiti generali che attengono al modo stesso di percepire il diritto e la funzione legislativa, in esso rientrano,

23
si è detto, tutti i casi di "leggi contro la natura del diritto". Analoghi criteri di valutazione della
costituzionalità delle leggi si rinvengono in tutti i sistemi di giustizia costituzionale.
All'interno di questo tipo di vizio si possono distinguere diversi modi d'essere del vizio di arbitrarietà, cui
conseguono differenti tecniche di giudizio, come mostra la giurisprudenza costituzionale dell'anno 2003.
La prima manifestazione dell'arbitrarietà è l'irrazionalità: l'imperativo di razionalità impone al legislatore
di equiparare il trattamento giuridico di situazioni analoghe e, al contrario, di differenziare il trattamento
delle situazioni diverse. Il giudizio assume uno schema ternario, ove accanto alla norma da valutare e al
parametro costituzionale costituito dall'art. 3 si colloca il tertium comparationis, ovvero la norma che, usata
come pietra di paragone, consente di cogliere la "rottura" logica dell'ordinamento. Il controllo
sull'irrazionalità della legge si distingue da quello sull'irragionevolezza. Anche il controllo
sull'irragionevolezza presuppone differenze di disciplina giuridica, e quindi l'esistenza di un termine di
paragone. Ma, diversamente dal controllo sulla irrazionalità, nel controllo di irragionevolezza entra un
principio costituzionale di sostanza, il quale consente di apprezzare la rottura dell'ordinamento
costituzionale operata eventualmente dalla legge oggetto del giudizio.
Nella prima categoria, possiamo collocare le pronunce secondo le quali le differenziazioni denunciate si
giustificano, o si censurano, in ragione della disomogeneità, o della omogeneità, delle situazioni messe a
raffronto. Ad esempio, è stata dichiarata infondata la questione relativa all'assenza della incompatibilità tra
la carica di sindaco e l'ufficio di primario di divisione del locale ospedale, pur essendo tale incompatibilità
prevista per i direttori amministrativo e sanitario della USL: il tertium comparationis non è idoneo, "poiché
non sussiste certo omogeneità di posizioni fra titolari degli uffici preposti alla gestione dell'azienda USL e
dipendenti di questa con compiti tecnico-sanitari, come i primari" (sentenza 220). (…)
Nella seconda categoria di giudizi si possono collocare le decisioni nelle quali la differenziazione trova (o
non trova) una giustificazione in specifici valori costituzionali che si ritengano degni di tutela e sono invece
ignorati dal rimettente. Ad esempio, i benefici tributari riconosciuti ai proprietari di immobili locati di
interesse storico o artistico (e non ai proprietari di immobili non vincolati) trovano giustificazione in
considerazione degli obblighi gravanti su tali proprietari come riflesso della tutela costituzionale dei beni
che discende dall'art. 9, comma 2, Cost. (sentenza 346). (…). Un terzo livello di sindacato è stato definito
giudizio "di giustizia" o di "intrinseca irragionevolezza". Questo giudizio prescinde dal carattere ternario,
dalla comparazione tra norme, per assumere la forma del controllo della adeguatezza della legge rispetto al
caso regolato. Significativa è, al riguardo, la sentenza 185, che giudica "irragionevole" la compressione di
un diritto (si trattava del diritto di proprietà) in nome di un valore costituzionalmente tutelato (la tutela dei
beni culturali), in quanto la misura limitativa è stata ritenuta eccessiva ed esuberante rispetto alla finalità
perseguita, che già poteva ritenersi soddisfatta da altre previsioni contenute nell'ordinamento. La
arbitrarietà, in altri termini, deriva dalla assenza di giustificazione ex se dell'eccesso di tutela. (…)
Un richiamo all'eguaglianza sostanziale, di cui all'art. 3, comma 2, è contenuto nella sentenza 350, relativa
alla possibilità della detenzione domiciliare per la madre di un figlio portatore di grave handicap,
indipendentemente dall'età di quest'ultimo. La Corte, dopo aver sottolineato il particolare ruolo della
famiglia nella socializzazione del soggetto disabile, la cui salute psico-fisica può essere notevolmente
pregiudicata dall'assenza della madre, afferma che "la possibilità di concedere la detenzione domiciliare al
genitore condannato, convivente con un figlio totalmente handicappato, appare funzionale all'impegno della
Repubblica, sancito nel secondo comma dell'art. 3 della Costituzione, di rimuovere gli ostacoli di ordine
sociale che impediscono il pieno sviluppo della personalità".

Approfondimenti:

M. Ainis, La piccola eguaglianza, Torino 2015


N. Bobbio, Eguaglianza e libertà, Torino 1995
L. Ferrajoli, Manifesto per l’eguaglianza, Torino 2018
L. Paladin et al., Corte Costituzionale e principio di eguaglianza, Padova, 2002
F. Sorrentino, Eguaglianza, Torino 2014
J. Waldron, One Another’s Equals, Cambridge 2017
J. Luther, "Voce: Ragionevolezza (delle leggi)", Digesto delle discipline pubblicistiche, Torino, 1997, 2010, 341-362.
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24
(4) LAVORO

1. Sono fonti costituzionali che offrono garanzie esplicite ed implicite al lavoro e disegnano la
lunga cd. “costituzione economica”
- art. 1 “Repubblica democratica, fondata sul lavoro” (cfr. proposta Romiti: mercato, Lega: mercato e solidarietà)
- art. 3 co. 2 “effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”
- art. 4 co. 1 riconosce (ma non garantisce) diritto al lavoro
- art. 4 co. 2 dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che
concorra al progresso materiale o spirituale della società (= dovere di attività, anche lavorativa per quanti non
concorrono diversamente al progresso)
- art. 9 “ricerca tecnologica”
- art. 33 esame di Stato per “abilitazione all’esercizio professionale”
- art. 35 tutela del lavoro “in tutte le sue forme e applicazioni”, cura della formazione, cfr. fonti internazionali
- art. 36 diritto al salario “retribuzione proporzionata”
- art. 37 diritti di donne e minori (cfr. anche art. 38 co. 3)
- art. 38 diritti all’assistenza sociale degli inabili al lavoro e alla previdenza sociale dei lavoratori
- art. 39, 40 libertà sindacale e sciopero come garanzie collettive dei diritti del lavoro
- art. 41 libertà di iniziativa e attività economica (del lavoro autonomo ed imprenditoriale) non in contrasto con l’utilità
sociale e soggetta a programmi e controlli per essere “indirizzata e coordinata a fini sociali” (economia di mercato
sociale)
- art. 42-44 garanzie della proprietà privata (agricola), anche come mezzo del lavoro imprenditoriale
- art. 45 garanzie della “cooperazione a carattere di mutualità” e dell’artigianato
- art. 46 garanzia della collaborazione dei lavoratori dipendenti alla gestione delle aziende
- art. 47 tutela del risparmio, dell’accesso alla proprietà dell’abitazione e alla proprietà diretta coltivatrice,
dell’investimento azionario
- art. 97 co. 3, 98 accesso all’impiego pubblico, doveri di esclusività
- art. 99 istituzione del CNEL con potere di iniziativa legislativa
- art. 102 co. 2 sezioni specializzate degli organi giudiziari anche per la materia del lavoro
- art. 117 co. 2 competenze statali esclusive in materia di “moneta, tutela del risparmio e mercati finanziari, tutela della
concorrenza, sistema valutario, sistema tributario” statale (e), “ordinamento civile” (l), l.e.p. prestazioni concernenti
diritti sociali (m), previdenza sociale (o), “opere dell’ingegno” (r), “tutela dell’ambiente” (s);
- art. 117 co. 3 competenze concorrenti in materia di “commercio con l’estero, tutela e sicurezza del lavoro, istruzione
(…) con l’esclusione della istruzione e della formazione professionale”; ricerca tecnologica e sostegno all’innovazione
per i settori produttivi, governo del territorio, porti e aeroporti civili, grandi reti di trasporto e di navigazione,
produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia; previdenza complementare e integrativa; armonizzazione
dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; valorizzazione dei beni culturali e
ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali; casse di risparmio, casse rurali, aziende di credito a
carattere regionale; enti di credito fondiario e agrario a carattere regionale:
- art. 120 co. 1 divieto di provvedimenti che ostacolino la libera circolazione delle persone e cose tra Regioni o limitino
“l’esercizio del diritto al lavoro in qualunque parte del territorio nazionale”
cfr. anche legge n. 300/1970 “statuto dei lavoratori”

2. Sono fonti internazionali ed europee, favoriti e garantiti dall’art. 35 co. 3 (“accordi …


internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro”):
- Statuto e Convenzioni ILO (sin dal 1919)
- DUDU 1948: art. 22-25 diritto alla sicurezza sociale
- art. 11 CEDU: “diritto di costituire sindacati e di aderire ad essi per la difesa dei propri interessi”
- la Carta sociale europea (Torino 1961)
- CDFUE art. 15 libertà professionale – art. 16 libertà di impresa – art. 17 proprietà
Capo IV Solidarietà: diritti all’informazione e consultazione, all’accesso a servizi di collocamento, alla tutela in caso di
licenziamento ingiustificato, condizioni di lavoro giuste, a conciliare vita familiare e vita professionale, a sicurezza
sociale e assistenza sociale, protezione della salute, accesso a servizi di interesse economico generale, tutela
dell’ambiente, protezione consumatori
- art. 3 co. 3 TUE: “L'Unione instaura un mercato interno. Si adopera per lo sviluppo sostenibile dell'Europa, basato su
una crescita economica equilibrata e sulla stabilità dei prezzi, su un'economia sociale di mercato fortemente
competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale, e su un elevato livello di tutela e di miglioramento
della qualità dell'ambiente. Essa promuove il progresso scientifico e tecnologico. L'Unione combatte l'esclusione sociale
e le discriminazioni e promuove la giustizia e la protezione sociali, la parità tra donne e uomini, la solidarietà tra le
generazioni e la tutela dei diritti del minore. Essa promuove la coesione economica, sociale e territoriale, e la solidarietà
tra gli Stati membri.”

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- TFUE art. 4 competenze concorrenti: a) mercato interno, b) politica sociale, per quanto riguarda gli aspetti definiti nel
presente trattato, c) coesione economica, sociale e territoriale, d) agricoltura e pesca, tranne la conservazione delle
risorse biologiche del mare, e) ambiente, f) protezione dei consumatori, g) trasporti, h) reti transeuropee, i) energia (…)
art. 14: garanzia servizi di interesse economico generale; art. 45ss libera circolazione dei lavoratori
art. 49ss libertà di stabilimento ; art. 56ss libera circolazione dei servizi; art. 63ss libera circolazione capitali
art. 101ss tutela della concorrenza (art. 107 divieto di aiuti di stato); art. 145ss strategia coordinata per l’occupazione
art. 151ss obiettivi della politica sociale (art. 162 fondo sociale europeo); art. 169 tutela consumatori - art. 170ss reti
transeuropee – art. 173 competitività dell’industria – art. 174 coesione economica, sociale e territoriale – art. 179 ricerca
- Carta sociale europea di Torino 1961, riv. Strasburgo 1996; Codice europeo della sicurezza sociale 1964

3. Sono fonti storiche del principio del lavoro in particolare


- la mitologia greca della hybris del sapere tecnico (Prometeo)
- l’idea cristiana del dovere e della sofferenza del lavoro (Gen. 3, 1: “Maledetto sia il suolo per
causa tua! Con dolore ne trarrai il cibo per tutti i giorni della tua vita”; 2 Ts 2, 7-13 “Chi non vuol
lavorare neppure mangi”), rielaborato nell’enciclica Rerum Novarum (1891)
- l’etica della “professione” e “vocazione” nel protestantesimo calvinista e l’idea degli economisti
classici della proprietà come diritto naturale sul prodotto del proprio lavoro (J. Locke / A. Smith),
- l’idea illuminista del “diritto di lavorare” (Turgot 1776: prima proprietà di ogni uomo; art. 13 cost.
francese 1848: liberté de travail e de l’industrie)
- le disposizioni della costituzione giacobina del 1793 sui “soccorsi pubblici”
- l’abolizione della schiavitù e la critica marxista del lavoro alienato e la rivendicazione socialista
del diritto al lavoro (art. 163 cost. di Weimar)
- la Carta del lavoro fascista (v. retro).

4. Il concetto costituzionale del lavoro è più ampio di quello del codice civile perché non si limita a
quello subordinato, includendo anche quello autonomo (art. 2222 c.c.) e professionale,
imprenditoriale e commerciale (“E’ imprenditore chi esercita professionalmente un’attività
economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o servizi” (art. 2082 c.c.).
Alla luce dell’art. 4 co. 2 Cost. può esser considerato lavoro addirittura qualsiasi attività che
produca progresso sociale, perfino il lavoro di cura delle animi e quello politico come professione.

5. Il modello costituzionale del lavoro coincide con quello dell’art. 41 del trattato istitutivo
dell’organizzazione internazionale del lavoro (OIL): “Le travail ne doit pas etre considerée
simplement comme une marchandise ou un artiche de commerce.” Ne consegue non solo la
legittimità del servizio pubblico di collocamento (e del relativo diritto). Il lavoro è anche cultura e
pertanto non deve essere fondato solo sul mercato, piuttosto il mercato deve essere fondato sul
lavoro. Il dovere del lavoro implica che colui che non lavora non ha un valore, ma che colui che si
rifiuta di lavoro per se e per gli altri, non può pretendere di vivere del lavoro altrui.

6. Si segnalano i seguenti casi con problematiche inerenti al principio fondamentale del lavoro:
(1) Corte costituzionale sent. n. 46/2000 (massima)
E' ammissibile la richiesta di 'referendum' popolare (…) per l'abrogazione della legge 20 maggio 1970, n.
300 (…) limitatamente all'art. 18 che prevede la c.d. tutela reale contro il licenziamento, tutela il cui tratto
fondamentale è rappresentato dal potere del giudice, nei casi di recesso inefficace, nullo ovvero
ingiustificato, di ordinare al datore di lavoro di reintegrare il dipendente nel posto di lavoro e di
corrispondergli una indennità dal giorno del licenziamento a quello dell'effettiva reintegrazione. E da
escludere che la norma oggetto del quesito, per quanto espressiva di esigenze ricollegabili all'indirizzo di
progressiva garanzia del diritto al lavoro previsto dagli artt. 4 e 35 Cost., ne concreti l'unico possibile
paradigma attutivo. Pertanto, l'eventuale abrogazione della c.d. tutela reale avrebbe il solo effetto di
espungere uno dei modi per realizzare la garanzia del diritto al lavoro, che risulta ricondotta, nelle
discipline attualmente in vigore sia per la tutela reale che per quella obbligatoria, al criterio di fondo della
necessaria giustificazione del licenziamento. E neppure, una volta rimosso l'art. 18 della legge n. 300 del
1970, verrebbe meno ogni tutela in materia di licenziamenti illegittimi, poiché resterebbe comunque
operante nell'ordinamento, anche alla luce dei principi desumibili dalla Carta sociale europea, ratificata e

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resa esecutiva con l. 9 febbraio 1999, n. 30, la tutela obbligatoria prevista dalla l 15 luglio 1966, n. 604
(…).

(2) Corte costituzionale sent. N. 26/2017: Inammissibilità del referendum abrogativo relativo all’art.
18 dello Statuto lavoratori (v. Reader)

(3) European Committee of Social Rights


http://www.coe.int/t/dghl/monitoring/socialcharter/CountryFactsheets/Italy_en.pdf
► Article 1§2 – Right to work – Free placement services
It has not established that the right to free placement services is guaranteed. (Conclusions 2008)
► Article 18§1 –Right to engage in a gainful occupation in the territory of other Parties – Applying
existing regulations in a spirit of liberality
It has not been established that the regulations governing the right to engage in a gainful occupation are
applied in a spirit of liberality. (Conclusions 2008)
► Article 4§1 – Right to a fair remuneration - Adequate remuneration
It has not been established that the minimum wage can guarantee a decent standard of living. (Conclusions 2010)

(4) Corte di giustizia UE (grande sezione) sent. 18. 12. 2007.


Laval v. Svenska Byggnadsarbetareförbundets etc.(Sintesi uff.)
“(…) il diritto di intraprendere un’azione collettiva deve essere riconosciuto quale diritto fondamentale
facente parte integrante dei principi generali del diritto comunitario di cui la Corte garantisce il rispetto,
diritto il cui esercizio può essere sottoposto a talune restrizioni. (…) Nella fattispecie, la Corte rileva che il
diritto delle organizzazioni sindacali di uno Stato membro di intraprendere azioni collettive mediante le
quali le imprese stabilite in altri Stati membri possono essere obbligate a partecipare ad una trattativa per
un periodo indeterminato al fine di conoscere i minimi salariali, nonché a sottoscrivere un contratto
collettivo le cui clausole vanno al di là della protezione minima garantita dalla direttiva 96/71, è in grado di
scoraggiare o rendere più difficile per tali imprese l’esecuzione di lavori di costruzione sul territorio
svedese e costituisce pertanto una restrizione alla libera prestazione dei servizi.
Una restrizione alla libera prestazione dei servizi può essere giustificata soltanto se essa persegue un
obiettivo legittimo compatibile con il Trattato e se si fonda su ragioni imperative di interesse generale,
purché, in tal caso, essa sia idonea a garantire la realizzazione dell’obiettivo perseguito e non vada al di là
di ciò che è necessario per raggiungerlo.
La Corte rileva in proposito che il diritto di intraprendere un’azione collettiva per la protezione dei
lavoratori dello Stato ospitante contro un’eventuale pratica di dumping sociale può costituire una ragione
imperativa di interesse generale. (…) Tuttavia, alla luce degli obblighi specifici collegati alla sottoscrizione
del contratto collettivo dell’edilizia che le organizzazioni sindacali tentano di imporre alle imprese stabilite
in altri Stati membri, l’ostacolo che un’azione collettiva comporta non può essere giustificato alla luce di
tale obiettivo.”

7. Quesiti ulteriori d’attualità:


(1) Che senso giuridico ha il diritto al lavoro quando aumenta la disoccupazione ?
(2) Sarebbe costituzionalmente legittimo e/o doveroso riconoscere un diritto a un “reddito di
cittadinanza” / “minimo sociale d’esistenza” o ’indennità di disoccupazione” anche per chi non
riesce o non vuole entrare nel mondo del lavoro ?
(3) È legittima l’esclusione dall’indennità di disoccupazione di chi è alla ricerca del primo impiego
e la sua limitazione nel tempo (8 mesi per infra-, 12 mesi per ultracinquantenni) ?
(4) La libertà di scelta del lavoro implica anche una libertà di svolgere più di un lavoro ?
Approfondimenti:
L. Baccelli, “Lavoro” in: A. Barbera, Le basi filosofiche del costituzionalismo, Bari 1997, 145ss
S. Cassese, La nuova costituzione economica, Bari 2000
G. Zagrebelsky, Fondata sul lavoro, Torino: Einaudi, 2013
C. Tripodina, Il diritto a un’esistenza libera e dignitosa, Torino 2013

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(4) CULTURA

1. Sono fonti costituzionali che offrono garanzie esplicite ed implicite alla cultura, non
riconducibili al mondo della politica, del diritto e dell’economia, e che disegnano la cd.
“costituzione della cultura”:
- art. 2 diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità
(richiamo anche ai diritti culturali)
- art. 5 autonomie locali (culture territoriali)
- art. 6 minoranze linguistiche
- art. 7 principio di laicità e principio concordatario
- art. 8 eguale libertà delle confessioni
- art. 9 co. 1 promozione dello sviluppo della cultura
- art. 9 co. 2 conservazione del patrimonio storico e artistico
- art. 12 tutela del simbolo della Repubblica
- art. 19-21 tutela della libertà religiosa (culti) e di pensiero (media) nei limiti del buon costume
- art. 27 co. 3 principio della rieducazione del condannato
Titolo II: rapporti etico sociali (istituzioni culturali)
- art. 29 matrimonio
- art. 30 famiglia: istruire ed educare i figli
- art. 31 protezione di infanzia e gioventù
- art. 32 cure sanitarie, sport come cultura corporea
- art. 33 arte e scienza, istituzioni di alta cultura
- art. 34 scuola
- art. 59 senatori a vita “per altissimi meriti nel campo sociale, scientifico, artistico e letterario”
- art. 116 autonomie speciali per culture territoriali particolari
- art. 117 co. 2 competenze statali esclusive per rapporti con le confessioni religiose (c), ordinamento civile (l), l.e.p.
prestazioni concernenti diritti civili e sociali (incl. culturali) (m), norme generali sull’istruzione (n), tutela dei beni
culturali (s),
- art. 117 co. 3 competenze concorrenti per istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche, e per ricerca
scientifica, tutela della salute, ordinamento sportivo, ordinamento della comunicazione, valorizzazione beni culturali e
ambientali e promozione e organizzazione di attività culturali.

2. Sono fonti internazionali ed europee, oltre alla Costituzione UNESCO e alle sue convenzioni e
dichiarazioni reperibili in www.unesco.org
- art. 26 DUDU 1948: diritto all'istruzione “indirizzata al pieno sviluppo della personalità umana ed al rafforzamento
del rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Essa deve promuovere la comprensione, la tolleranza,
l'amicizia fra tutte le Nazioni, i gruppi razziali e religiosi, e deve favorire l'opera delle Nazioni Unite per il
mantenimento della pace. I genitori hanno diritto di priorità nella scelta del genere di istruzione da impartire ai loro
figli.”
- art. 27 DUDU: diritto di prendere parte liberamente alla vita culturale della comunità, a godere delle arti e a
partecipare al progresso scientifico ed ai suoi benefici, diritti d’autore; cf. anche art. 18: libertà di pensiero, coscienza,
religione
- art. 9-10, 12 CEDU 1950: libertà di pensiero, coscienza, religione, espressione, ricevere informazioni, diritto al
matrimonio, art. 2 prot. Add. 1952: diritto all’istruzione
- CoE: Convenzione-quadro per la protezione delle minoranze nazionali (1995), Convenzione quadro sul valore del
patrimonio culturale per la società (cd. Convenzione di Faro, 2005)
- art. 13 CDFUE: libertà arti e scienze, art. 14 diritto all’istruzione, art. 17 proprietà intellettuale, art. 22 garanzia della
diversità culturale
- art. 3 co. 3 TUE: “L’Unione … promuove il progresso scientifico… rispetta la ricchezza della sua diversità culturale e
linguistica e vigila sulla salvaguardia e sullo sviluppo del patrimonio culturale europeo.”
- art. 6 TFUE: competenza per svolgere azioni intese a sostenere, coordinare o completare l’azione degli Stati in materia
di cultura, turismo, istruzione, formazione professionale, gioventù e sport”

3. Nella storia si sono sempre combattuti concezioni più elitarie ed esclusive e concezioni più
popolari ed inclusivi di “cultura”. Secondo questi ultimi, preferiti anche in sede internazionale, sono
istituzioni culturali anche quelle religiose, i mass-media e certe forme o stili di vita quotidiana (ad
es. la moda). La concezione più ampia consente di evitare restrizioni autoritarie, ma tende al
soggettivismo. Quella più ristretta privilegia la tradizione, rischiando di frenare innovazioni. Si

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possono comporre i contrasti tra le concezioni della cultura, riconoscendo il necessario pluralismo
delle culture e tendenze culturali ora più conservative, ora più innovative, purché implichino
conservazione dei beni ed innovazione delle attività (art. 9 cost.)

4. Il concetto di cultura (come quello di religione e arte) deve combinare elementi soggettivi, che
tendono ad allargarlo ed elasticizzarlo, con elementi oggettivi, che devono soddisfare le esigenze di
certezza giuridica delle istituzioni. Gli elementi oggettivi possono essere accertati solo in procedure
discorsive affidate ad una comunità culturale autonoma, ad es. la letteratura “critica”. Quel che è ad
es. arte o religione può essere definito solo sulla base dell’auto-qualificazione del soggetto che si
presume attendibile fino a prova contraria o fino all’allegazione di fatti idonei a rovesciare l’onere
della prova..

5. Nello Stato costituzionale, la cultura è fondata sui diritti culturali si distinguono dagli altri diritti
fondamentali per il fatto di essere non esclusivamente diritti individuali, ma potenzialmente anche
diritti rivendicabili da soggetti collettivi (ad es. diritto all’educazione in famigliare e all’istruzione
scolastica). I diritti culturali individuali servono più alla civiltà (e alla società civile), quelli
collettivi giustificano anche compiti pubblici (e relative politiche), ma non vi è cultura senza civiltà
e non vi è civiltà senza cultura.

6. Si segnalano i seguenti casi e quesiti che investono problematiche inerenti al principio


fondamentale della cultura:

(1) Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo, Lauti vs. Italia, 3. 11. 2009:
« La presenza del crocifisso, che è impossibile non notare nelle aule scolastiche, potrebbe essere
facilmente interpretata dagli studenti di tutte le età come un simbolo religioso, che avvertirebbero
così di essere educati in un ambiente scolastico che ha il marchio di una data religione.
Tutto questo, potrebbe essere incoraggiante per gli studenti religiosi, ma fastidioso per i ragazzi
che praticano altre religioni, in particolare se appartengono a minoranze religiose, o se sono atei.
La Corte non è in grado di comprendere come l'esposizione, nelle classi delle scuole statali, di un
simbolo che può essere ragionevolmente associato con il cattolicesimo, possa servire al pluralismo
educativo che è essenziale per la conservazione di una società democratica così come è stata
concepita dalla Convenzione europea dei diritti umani, un pluralismo che è riconosciuto dalla
Corte costituzionale italiana. L'esposizione obbligatoria di un simbolo di una data confessione in
luoghi che sono utilizzati dalle autorità pubbliche, e specialmente in classe, limita il diritto dei
genitori di educare i loro figli in conformità con le proprie convinzioni e il diritto dei bambini di
credere o non credere.” In senso contrario Consiglio di Stato, parere n. 556/2006, senza pronuncia
sul merito Corte costituzionale sent. n. 189/2004. (questione tuttora pendente).

(2) Cfr. anche sull’analogo problema del divieto del velo in imprese private
Corte di giustizia UE, sez. grande, sentenza 14/03/2017 n° c-157/15.

(3) È ancora costituzionalmente legittima l’ineleggibilità dei ministri di culto con giurisdizione o
cura di anime a consigliere comunale o, anche senza giurisdizione e cura di anime, a sindaco o
presidente della provincia ? (artt. 6 e 15 del T.U. 570/1960; art. 2, n. 4, della legge 154/1981; artt.
60, n. 4, e 61 del d. lgs. 18 agosto 2000 n. 267; art. 2 legge n. 154/1981).

(4) Cfr. per il diritto alla moschea sent. n. 63/2016, per il diritto all’intesa delle confessioni
religiose sent. n. 52/2016 (v. Reader).

(5) Per la cultura radiotelevisiva Corte di giustizia europea, 31. 1. 2008, C-380/05 (Europa 7)

29
"(…), l’art. 9, n. 1, della direttiva «quadro» dispone che gli Stati membri provvedono a che
l’allocazione e l’assegnazione delle frequenze radio da parte delle autorità nazionali di
regolamentazione siano fondate su criteri obiettivi, trasparenti, non discriminatori e proporzionati.
Inoltre, qualora sia necessario concedere diritti individuali d’uso delle frequenze radio, tali diritti
devono essere attribuiti, ai sensi dell’art. 5, n. 2, secondo comma, della direttiva «autorizzazioni»,
«mediante procedure pubbliche, trasparenti e non discriminatorie». (…)
Orbene, nella causa principale, emerge dagli elementi forniti dal giudice del rinvio che, in
applicazione della legge n. 249/1997, l’attribuzione delle frequenze ad un numero limitato di
operatori non è stata effettuata in base a criteri siffatti.
Infatti, da un lato, le dette frequenze sono state assegnate di fatto alle reti esistenti in applicazione
del regime transitorio istituito all’art. 3, n. 7, della legge n. 249/1997, sebbene a talune di tali reti
non fosse stata rilasciata la concessione ai sensi di tale legge.
Dall’altro lato, ad operatori come la Centro Europa 7 non sono state attribuite frequenze, sebbene
fossero state rilasciate loro concessioni ai sensi della detta legge.
Di conseguenza, indipendentemente dagli obiettivi perseguiti dalla legge n. 249/1997 con il regime
di assegnazione delle frequenze ad un numero limitato di operatori, si deve considerare che l’art.
49 CE ostava ad un regime siffatto. (…)
In ogni caso, le restrizioni constatate supra non possono essere giustificate dalla necessità di
garantire una rapida evoluzione verso la trasmissione televisiva in tecnica digitale.
Infatti, anche qualora un obiettivo siffatto possa rappresentare un obiettivo di interesse generale
tale da giustificare restrizioni del genere, è giocoforza constatare, come giustamente rilevato dalla
Commissione nelle osservazioni presentate alla Corte, che la normativa italiana, in particolare la
legge n. 112/2004, non si limita ad attribuire agli operatori esistenti un diritto prioritario ad
ottenere le frequenze, ma riserva loro tale diritto in esclusiva, senza limiti di tempo alla situazione
di privilegio così creata e senza prevedere un obbligo di restituzione delle frequenze eccedenti dopo
la transizione alla trasmissione televisiva in tecnica digitale.”

(6) Corte costituzionale sent. n. 170/2010


È noto che la giurisprudenza di questa Corte in tema di titolarità del potere normativo in materia di
tutela delle minoranze linguistiche, dopo una fase nella quale era stata affermata «l’esclusiva
potestà del legislatore statale» (sentenza n. 62 del 1960), in ragione di inderogabili «esigenze di
unità e di eguaglianza», ha poi progressivamente riconosciuto anche un potere del legislatore
regionale, sia pure entro limiti determinati (da ultimo, sentenza n. 159 del 2009).
Ma è indubbio che, se questo riconoscimento può consentire un intervento del legislatore delle
Regioni anche a statuto ordinario, e specialmente in connessione alle ragioni di convergenti tutele
dell’identità culturale e del patrimonio storico delle proprie comunità, esso certamente non vale ad
attribuire a quest’ultimo il potere autonomo e indiscriminato di identificare e tutelare – ad ogni
effetto – una propria “lingua” regionale o altre proprie “lingue” minoritarie, anche al di là di
quanto riconosciuto e stabilito dal legislatore statale. Né, tanto meno, può consentire al legislatore
regionale medesimo di configurare o rappresentare, sia pure implicitamente, la “propria”
comunità in quanto tale – solo perché riferita, sotto il profilo personale, all’ambito territoriale
della propria competenza – come “minoranza linguistica”, da tutelare ai sensi dell’art. 6 Cost:
essendo del tutto evidente che, in linea generale, all’articolazione politico-amministrativa dei
diversi enti territoriali all’interno di una medesima più vasta, e composita, compagine istituzionale
non possa reputarsi automaticamente corrispondente – né, in senso specifico, analogamente
rilevante – una ripartizione del “popolo”, inteso nel senso di comunità “generale”, in improbabili
sue “frazioni”.

(7) Sui corsi universitari in lingua inglese cfr. ora Corte costituzionale sent. n. 42/2017:
“La lingua italiana è dunque, nella sua ufficialità, e quindi primazia, vettore della cultura e della
tradizione immanenti nella comunità nazionale, tutelate anche dall’art. 9 Cost. La progressiva

30
integrazione sovranazionale degli ordinamenti e l’erosione dei confini nazionali determinati dalla
globalizzazione possono insidiare senz’altro, sotto molteplici profili, tale funzione della lingua
italiana: il plurilinguismo della società contemporanea, l’uso d’una specifica lingua in determinati
ambiti del sapere umano, la diffusione a livello globale d’una o più lingue sono tutti fenomeni che,
ormai penetrati nella vita dell’ordinamento costituzionale, affiancano la lingua nazionale nei più
diversi campi. Tali fenomeni, tuttavia, non debbono costringere quest’ultima in una posizione di
marginalità: al contrario, e anzi proprio in virtù della loro emersione, il primato della lingua
italiana non solo è costituzionalmente indefettibile, bensì – lungi dall’essere una formale difesa di
un retaggio del passato, inidonea a cogliere i mutamenti della modernità – diventa ancor più
decisivo per la perdurante trasmissione del patrimonio storico e dell’identità della Repubblica,
oltre che garanzia di salvaguardia e di valorizzazione dell’italiano come bene culturale in sé.
3.2.– La centralità costituzionalmente necessaria della lingua italiana si coglie particolarmente
nella scuola e nelle università, le quali, nell’ambito dell’ordinamento «unitario» della pubblica
istruzione (sentenza n. 383 del 1998), sono i luoghi istituzionalmente deputati alla trasmissione
della conoscenza «nei vari rami del sapere» (sentenza n. 7 del 1967) e alla formazione della
persona e del cittadino. In tale contesto, il primato della lingua italiana si incontra con altri
principî costituzionali, con essi combinandosi e, ove necessario, bilanciandosi: il principio
d’eguaglianza, (…); la libertà d’insegnamento,(…); l’autonomia universitaria, (…)
4 .– La disposizione censurata, nell’indicare i vincoli e criteri direttivi che le università devono
osservare in sede di modifica dei propri statuti, prevede, in particolare, che il rafforzamento
dell’internazionalizzazione degli atenei possa avvenire «anche» attraverso l’attivazione,
nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, di
insegnamenti, di corsi di studio e di forme di selezione svolti in lingua straniera. (…)
Ove si interpretasse la disposizione oggetto del presente giudizio nel senso che agli atenei sia
consentito predisporre una generale offerta formativa che contempli intieri corsi di studio impartiti
esclusivamente in una lingua diversa dall’italiano, anche in settori nei quali l’oggetto stesso
dell’insegnamento lo richieda, si determinerebbe, senz’altro, un illegittimo sacrificio di tali
principî.

(8) Molteplici questioni di “cultural defence” interessano anche il diritto penale. Ad es.: I capo-
clan mafiosi devono essere riconosciuti capaci di “educare” i propri figli ? (art. 30 co. 2)

Approfondimenti:

P. Haeberle, Per una dottrina della costituzione come scienza della cultura", Roma: Carocci 2001
G. Zagrebelsky, Scambiarsi la veste, Bari: Laterza, 2010
G. Zagrebelsky, Fondata sulla cultura, Torino: Einaudi 2014
J. Luther, Le frontiere dei diritti culturali in Europa", in G. ZAGREBELSKY (a cura di), Diritti e Costituzione
nell'Unione europea, Bari:Laterza, 2003, 221-243.
J. Luther, "Il crocefisso come simbolo religioso, culturale e politico in costituzione", in G. E. RUSCONI (a cura di), Lo
stato secolarizzato nell'età post-secolare, Bologna: Il Mulino, 2008, 275-311.

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(6) SOLIDARIETÀ

1. Sono fonti costituzionali che offrono garanzie esplicite ed implicite alla solidarietà, oltre a quelle
della costituzione culturale e della costituzione economica (cfr. voci lavoro e cultura):
- art. 1 sovranità implica subordinazione al potere del popolo e dovere di rispetto delle forme e dei limiti della
costituzione
- art. 2 “doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale”
- art. 4 cd. dovere di lavoro “attività o funzione che concorra al progresso”
- art. 9 la Repubblica dei cittadini deve tutelare paesaggio e patrimonio storico e artstico della Nazione
- art. 11 ripudio della guerra presuppone dovere di pace
- art. 23 riserva di legge per imposizione di doveri di prestazioni personali e patrimoniali
- art. 30 dovere dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli
- art. 32 co. 2 trattamenti sanitari obbligatori (co. 1: evt. doveri ambientali)
- art. 33 “obblighi delle scuole non statali”, obbligatorietà dell’esame di Stato
- art. 34 istruzione inferiore obbligatoria
- art. 38 obbligatorietà della previdenza sociale (e libertà dell’assistenza privata)
- art. 39 evt. obbligatorietà erga omnes dei contratti collettivi di lavoro
- art. 45 cooperazione a carattere di mutualità
- art. 48 dovere civico di voto
- art. 52 difesa della Patria (cfr. art. 78, 87, 103
- art. 53 doveri del contribuente
- art. 54 doveri di fedeltà e legalità dei cittadini (v. infra), di disciplina ed onore dei funzionari (cfr. art. 97, 98)
- art. 81 e 97 sostenibilità del debito pubblico
- art. 111 co. 3 presuppone obbligo di testimoniare in giudizio
- art. 117 co. 2 competenze statali esclusive in materia di doveri: d) difesa e Forze armate, e) sistema tributario e
contabile dello Stato, i) stato civile e anagrafi, h) ordine pubblico e sicurezza, l) ordinamento penale, n) norme generali
sull’istruzione, o) previdenza sociale, q) dogane, protezione dei confini nazionali e profilassi internazionale, s) tutela
dell’ambiente, dell’ecosistema e dei beni culturali.
- art. 117 co. 3 competenze concorrenti: tutela e sicurezza del lavoro, professioni, tutela della salute, alimentazione,
protezione civile, ordinamento della comunicazione etc.
- art. 120 u.c. principio di leale collaborazione (secondo dottrina non condivisibile dovere generale)

2. Sono fonti internazionali ed europee esplicite ed implicite di doveri di solidarietà, non solo tra
stati, ma anche tra i popoli e – di riflesso - tra cittadini:
- art. 29 co. 1 DUDU 1948: Ogni individuo ha dei doveri verso la comunità, nella quale soltanto è possibile il libero e
pieno sviluppo della sua personalità.
- trattato NATO: Articolo 4. Le parti si consulteranno ogni volta che, nell'opinione di una di esse, l'integrità
territoriale, l'indipendenza politica o la sicurezza di una delle parti fosse minacciata.
Articolo 5. Le parti convengono che un attacco armato contro una o più di esse in Europa o nell'America settentrionale
sarà considerato come un attacco diretto contro tutte le parti, e di conseguenza convengono che se un tale attacco si
producesse, ciascuna di esse, nell'esercizio del diritto di legittima difesa, individuale o collettiva, riconosciuto dall'art.
51 dello Statuto delle Nazioni Unite, assisterà la parte o le parti così attaccate intraprendendo immediatamente,
individualmente e di concerto con le altre parti, l'azione che giudicherà necessaria, ivi compreso l'uso della forza
armata, per ristabilire e mantenere la sicurezza nella regione dell'Atlantico settentrionale. Ogni attacco armato di questo
genere e tutte le misure prese in conseguenza di esso saranno immediatamente portate a conoscenza del Consiglio di
Sicurezza. Queste misure termineranno allorché il Consiglio di Sicurezza avrà preso le misure necessarie per ristabilire
e mantenere la pace e la sicurezza internazionali.”
- preambolo CDFUE: “Il godimento di questi diritti fa sorgere responsabilità e doveri nei confronti degli altri come pure
della comunità umana e delle generazioni future.”
- art. 2 TUE valori comuni in una “società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza,
dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”
- art. 3 co. 3 “solidarietà tra le generazioni”, “coesione economica, sociale e territoriale”, “solidarietà tra gli Stati
membri”, co. 5 “solidarietà e rispetto reciproco tra i popoli”, “rigorosa osservanza e sviluppo del diritto internazionale”
- art. 8 con i paesi limitrofi relazioni di “buon vicinato fondato sui valori dell'Unione”
- art. 21 finalità politica estera comune: preservare la pace, prevenire i conflitti e rafforzare la sicurezza internazionale;
favorire lo sviluppo sostenibile dei paesi in via di sviluppo sul piano economico, sociale e ambientale, con l'obiettivo
primo di eliminare la povertà; aiutare le popolazioni, i paesi e le regioni colpiti da calamità naturali o provocate
dall'uomo; promuovere un sistema internazionale basato su una cooperazione multilaterale rafforzata e il buon governo
- art. 42 co. 7 “Qualora uno Stato membro subisca un'aggressione armata nel suo territorio, gli altri Stati membri sono
tenuti a prestargli aiuto e assistenza con tutti i mezzi in loro possesso”,

32
- art. 43 missioni umanitarie e di soccorso, di prevenzione dei conflitti e di mantenimento della pace, missioni di unità
di combattimento per la gestione delle crisi, missioni tese al ristabilimento della pace e operazioni di stabilizzazione al
termine dei conflitti, lotta contro il terrorismo, anche tramite il sostegno a paesi terzi per combattere il terrorismo sul
loro territorio.

3. Sono fonti storiche del principio di solidarietà


- il diritto alla protezione sociale di vedove ed orfani nel Codex Hammurabi
- il concetto di “fraternità” dalle confraternite cristiane fino al motto della rivoluzione francese
- il principio della responsabilità solidale di una pluralità di debitori nel diritto commerciale
- il dovere di contribuire al mantenimento della forza pubblica (art. 13 dichiarazione 1789)
- la dichiarazione di un “diritto alla sussistenza nella costituzione giacobina del 1793: “La société
doit la subsistance aux citoyens malheureux, soit en leur procurant du travail, soit enn assurant les
moyens d’exister à ceux qui sont hors d’état de travailler.” (art. 21)
- le tradizioni mutualiste della cd. solidarietà operaia
- l’idea repubblicana dei doveri dell’uomo di Mazzini (1841.

4. Tra i problemi del dovere tributario come dovere di solidarietà economica e politica meritano
particolare attenzione, tra l’altro, le questioni
- se esistono oltre alla capacità contributiva altri limiti assoluti alla pressione fiscale (ad es. non
dovere lavorare più per il fisco che per sé stesso)
- se è compatibile con la progressività la riduzione delle aliquote
- se l’inderogabilità del dovere esige una maggiore certezza delle sanzioni dell’evasione fiscale
- se il dovere tributario possa estendersi anche a futuri tributi diretti a favore dell’UE
- se siano legittime le obiezioni di coscienza al prelievo fiscale delle tasse sulla case.

5. Tra i problemi del dovere di difesa della patria va segnalato la questione se la restrizione
dell’obbligo militare ai soli tempi di guerra sia conforme o meno al dettato costituzionale dell’art.
52, se sia legittimo escludere dal servizio civile gli anziani e se tale difesa deve svolgersi anche
fuori dal territorio nazionale. In che senso questo dovere è poi “sacro” ?
Corte costituzionale, sent. n. 172/1999 servizio militare obbligatorio anche per apolidi
sent. n. 119/2015 illegittimità costituzionale dell’esclusione degli stranieri dal servizio civile

6. Il dovere civico di voto vale anche per il referendum abrogativo ? I

7. La giurisprudenza costituzionale riconosce un dovere generale di leale collaborazione, ma solo


tra enti pubblici e titolari di uffici pubblici (art. 120 co. 2 art. 97 “buon andamento”), non invece un
dovere di collaborazione dei cittadini con le autorità che rischierebbe di comprometterne la libertà.

8. Sui costi della solidarietà cfr. Corte costituzionale sent. n. 275/2016

“Il diritto all’istruzione del disabile è consacrato nell’art. 38 Cost., e spetta al legislatore predisporre gli
strumenti idonei alla realizzazione ed attuazione di esso, affinché la sua affermazione non si traduca in una
mera previsione programmatica, ma venga riempita di contenuto concreto e reale.
La natura fondamentale del diritto, che è tutelato anche a livello internazionale dall’art. 24 della
Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti delle persone con disabilità, adottata dall’Assemblea generale
delle Nazioni Unite il 13 dicembre 2006, ratificata e resa esecutiva con legge 3 marzo 2009, n. 18, impone
alla discrezionalità del legislatore un limite invalicabile nel «rispetto di un nucleo indefettibile di garanzie
per gli interessati» (sentenza n. 80 del 2010), tra le quali rientra il servizio di trasporto scolastico e di
assistenza poiché, per lo studente disabile, esso costituisce una componente essenziale ad assicurare
l’effettività del medesimo diritto.
Nella specie il legislatore regionale si è assunto l’onere di concorrere, al fine di garantire l’attuazione del
diritto, alla relativa spesa, ma una previsione che lasci incerta nell’an e nel quantum la misura della

33
contribuzione, la rende aleatoria, traducendosi negativamente sulla possibilità di programmare il servizio e
di garantirne l’effettività, in base alle esigenze presenti sul territorio.
Si deve ritenere che l’indeterminata insufficienza del finanziamento condizioni, ed abbia già condizionato,
l’effettiva esecuzione del servizio di assistenza e trasporto come conformato dal legislatore regionale,
violando in tal modo il precetto contenuto nell’art. 38, terzo e quarto co, Cost.
(…) Non può nemmeno essere condiviso l’argomento secondo cui, ove la disposizione impugnata non
contenesse il limite delle somme iscritte in bilancio, la norma violerebbe l’art. 81 Cost. per carenza di
copertura finanziaria. (…) A parte il fatto che, una volta normativamente identificato, il nucleo invalicabile
di garanzie minime per rendere effettivo il diritto allo studio e all’educazione degli alunni disabili non può
essere finanziariamente condizionato in termini assoluti e generali, è di tutta evidenza che la pretesa
violazione dell’art. 81 Cost. è frutto di una visione non corretta del concetto di equilibrio del bilancio, sia
con riguardo alla Regione che alla Provincia cofinanziatrice. È la garanzia dei diritti incomprimibili ad
incidere sul bilancio, e non l’equilibrio di questo a condizionarne la doverosa erogazione.

PQM LA CORTE COSTITUZIONALE dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6, comma 2-bis, della
legge della Regione Abruzzo 15 dicembre 1978, n. 78 (Interventi per l’attuazione del diritto allo studio), (…)
limitatamente all’inciso «, nei limiti della disponibilità finanziaria determinata dalle annuali leggi di
bilancio e iscritta sul pertinente capitolo di spesa,».

9. La sostenibilità implica un dovere di solidarietà nei confronti delle generazioni future.


Art. 1: Italia come Nazione unisce generazioni passate, presenti e future.
Art. 4: Progresso a beneficio delle generazioni future.
Art. 9: Conservazione del patrimonio a beneficio delle generazioni passate.
Art. 30, 33, 34: solidarietà intergenerazionale in famiglia e scuola.
Art. 47: tutela del risparmio è anche beneficio delle generazioni future.
Art. 81 e 97 riformato: sostenibilità del debito pubblico.
Il debito pubblico attuale è sostenibile (cfr. parametri di Maastricht e parametri del Fiscal compact)
o deve essere ridotto tramite un piano pluriennale di sdebitamento per diventare sostenibile ?

Approfondimenti
R BALDUZZI, M. CAVINO, E. GROSSO e J. LUTHER (a cura di), I doveri costituzionali: la prospettiva del giudice
delle leggi, Torino: Giappichelli, 2007
J. Luther , "Commento all'art. 52 della Costituzione", in R. BIFULCO, A. CELOTTO e M. OLIVETTI (a cura di),
Commentario alla Costituzione, Vol. I, Torino:U.T.E.T, 2006, 1030-1054
B. De Maria, Etica repubblicana e costituzione dei doveri, Napoli: Esi 2013
L. Violante, Il dovere di avere doveri, Torino 2014
G. Zagrebelsky, Diritti per forza, Torino 2017

34
(7) REPUBBLICANESIMO

1. Fonti costituzionali del principio della forma repubblicana dello Stato sono:
art. 1 (l’Italia è una repubblica),
art. 2 (la R. riconosce i diritti e richiede adempimento dei doveri,
art. 3 co. 2 (la R. rimuove ostacoli a libertà ed eguaglianza),
art. 4 (la R. riconosce il diritto al lavoro e promuove le condizioni che lo rendano effettivo),
art. 5 (la R. è una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie)
art. 6 (la R. tutela le minoranze),
art. 7 (indipendenza dello Stato dalla Chiesa come principio repubblicano)
art. 9 (la R. promuove lo sviluppo della cultura),
art. 12 (bandiera della R. simbolizza valori),
- Libertà pubbliche: art. 16 circolazione, 17 riunione, 18 associazione, 19 esercizio del culto in pubblico, 20
associazioni a carattere “ecclesiastico” (regime pubblicistico), 21 manifestazione pubblica del pensiero, 22 cittadinanza,
- Interessi pubblici come limiti alle libertà civili: art. 13: autorità di p.s., carcerazione “preventiva”, art. 14 e 17:
incolumità pubblica, art. 41 sicurezza,
- Responsabilità pubbliche: art. 28
- Politiche repubblicane dei diritti socio-culturali e socio-economici: art. 31 agevolare formazione famiglia, proteggere
maternità, infanzia, gioventù, art. 32: tutelare salute come “interesse della collettività”, art. 33-34 istituire scuole
pubbliche, art. 35 tutelare il lavoro, art. 41 attività economica pubblica, art. 42 proprietà pubblica; art. 45 promuovere e
favorire l’incremento della cooperazione, art. 46 solo riconoscere cogestione, art. 47 tutela risparmio in tutte le sue
forme, cioè privato e pubblico (!),
- Diritti e doveri politici repubblicani: art. 48 “dovere civico”, art. 49 “politica nazionale”, art. 51 accesso dei cittadini
agli uffici pubblici, art. 52: Patria e “spirito democratico della Repubblica” dei cittadini in armi, art. 54 fedeltà alla R.
Parte II. Ordinamento della Repubblica
- Istituzioni repubblicane: artt. 55 Senato della R., 83 Presidente della R., 92 Governo della R.
- incompatibilità ed ineleggibilità come garanzie dell’interesse pubblico repubblicano: art. 65, 66
- divieto di mandato imperativo e dovere di rappresentanza della Nazione: art. 67
- Pubblica amministrazione: art. 97 buon andamento, imparzialità, art. 98: servizio esclusivo della Nazione
- Consiglio di Stato organo di consulenza giuridico-amministrativa (art. 100)
- “Pubblico ministero”: obbligatorietà dell’azione penale nell’interesse pubblico (art. 112)
art. 114: carattere composito della R., Roma capitale della Repubblica
art. 139: forma repubblicana inabrogabile (scelta referendaria e resistenziale)
art. XII-XIV disp. transitorie e finali a garanzia della forma repubblicana

2. Fonti internazionali ed europee ?


Le organizzazioni internazionali hanno forme repubblicane anche se includono monarchie e stati
art. 38 Statuto Corte internazionale di giustizia: principi giuridici comuni delle nazioni civilizzate
L’Unione europea come “repubblica” internazionale sui generis ?
Good governance

3. Testi classici e fonti storiche:


- Res publica Populi Romani (509 aC.): cacciata di Tarquinio il Superbo da Roma
- M. T. Cicero, De re publica, I 39 : „Est igitur res publica res populi, populus autem non omnis
hominum coetus quoquo modo congregatus, sed coetus multitudinis iuris consensu et utilitatis
communione sociatus.“ “Salus populi suprema lex esto.” (De legibus).
- Europa come “Res Publica Christiana”
- storia e miti delle repubbliche marinare italiane (Pisa, Amalfi, Venezia, Genova, anche Ancona,
Gaeta, Noli, Ragusa)
- Costituto Senese 1309: «È dovere di chi governa curare massimamente la bellezza per cagion di
diletto e di allegrezza ai forestieri, per fierezza, per dignità, per prosperità dei cittadini».
idea di un buon governo civico (Lorenzetti), repubblicanesimo municipale
- Machiavelli, politico della Repubblica fiorentina, Il principe (1532): Repubblica come
organizzazione di uomini liberi capaci di costruire la propria storia utilizzando la virtù per dare
forma alla fortuna, Repubblica come luogo di conflitti che generano progresso; Discorsi 1513:
spersonalizzare il potere, che lo Stato sia ricco e il cittadino sia povero

35
- Giovanni Botero, Ragion di Stato, 1589: virtù dello stato confessionale
- Rousseau, Du contrat social, Livre II, chap. 6 : "Ciascuno di noi mette in comune la propria
persona e ogni potere sotto la suprema direzione della volontà generale; e noi riceviamo ogni
membro come parte indivisibile del tutto". Immediatamente in luogo della persona singola di
ciascun contraente, questo atto di associazione produce un corpo morale collettivo, (…) Questa
persona pubblica che si forma attraverso l’unione di tutte le altre si chiamava una volta città e ora si
chiama repubblica o corpo politico; questo a sua volta vien detto dai suoi membri stato quando è
passivo, sovrano quando è attivo, potenza nei rapporti coi suoi simili.” Repubblica come
buongoverno per il bene comune, può aversi anche in monarchia.”

4. Problemi pratici del principio repubblicano

(1) Interesse pubblico necessario all’azione e discrezionalità della p.a., anche in caso di
annullamento di atti amministrativi.
Consiglio di Stato, sez. VI, 31 agosto 2016, n. 3762: “Se non viene provato l’interesse pubblico,
l’intervento della P.A. non può superare i termini previsti dall’art. 21 nonies della legge 241/1990″

(2) Divieto di mandato imperativo (art. 67) Sono lecite le dimissioni firmate in bianco ?

(3) Mancanza di una disciplina e vigilanza efficace sui conflitti di interesse dei ministri
L’Art. 1, comma 41, della Legge 190/2012 ha introdotto l’Art. 6-bis nella Legge 241/1990, rubricato
“Conflitto di interessi”. La disposizione stabilisce che “Il responsabile del procedimento e i titolari degli
uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento
finale devono astenersi in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche
potenziale”.
La norma è stata concretizzata dall’art. 7 D.P.R. 16 aprile 2013, n. 62 (Codice di comportamento dei
dipendenti pubblici): “Il dipendente si astiene dal partecipare all'adozione di decisioni o ad attività che
possano coinvolgere interessi propri, ovvero di suoi parenti, affini entro il secondo grado, del coniuge o di
conviventi, oppure di persone con le quali abbia rapporti di frequentazione abituale, ovvero, di soggetti od
organizzazioni con cui egli o il coniuge abbia causa pendente o grave inimicizia o rapporti di credito o
debito significativi, ovvero di soggetti od organizzazioni di cui sia tutore, curatore, procuratore o agente,
ovvero di enti, associazioni anche non riconosciute, comitati, società o stabilimenti di cui sia amministratore
o gerente o dirigente. Il dipendente si astiene in ogni altro caso in cui esistano gravi ragioni di convenienza.
Sull'astensione decide il responsabile dell'ufficio di appartenenza”.

(4) Comitato di Studio sulla prevenzione della corruzione” 1996, Rapporto finale1
“ Mezzi per prevenire la corruzione. (…) 4.1.Criteri per individuare i rimedi e loro articolazione
4.2.Che si semplifichi e riordini la normazione
4.3.Che si assicuri la trasparenza delle procedure di privatizzazione e delle attività amministrative in forma
privatisti
4.4.Che si liberino da vincoli pubblici le attività private e si riducano e semplifichino i procedimenti
amministrativi di controllo
4.5. Che si disciplini il finanziamento dell’attività politica
4.6. Che si consideri l’eventualità di regolare l’attività di pressione (lobbyng)
4.7 Che si tuteli effettivamente la segretezza del voto
4.8. Che si precisino i limiti all’accesso alle cariche elettive
4.9. Che si stabiliscano le incompatibilità degli impieghi pubblici ed i vincoli di avanzamento in carriera
4.10. Che si disciplinino i conflitti di interessi
4.11. Che si riformi la disciplina delle nomine politiche
4.12. Che si rafforzino i corpi tecnici
4.13. Che si sottraggano la selezione e la carriera dei dipendenti pubblici alla commistione con la politica
4.14. Che si migliorino le condizioni dei dipendenti pubblici che ci si adoperi per il recupero del prestigio
della funzione pubblica
1
http://www.diritto.it/articoli/amministrativo/rapporto.html

36
4.15. Che si promuovano i codici di comportamento
4.16. Che si prevedano dichiarazioni patrimoniali dei dipendenti pubblici
4.17. Che si disciplinino le attività successive al rapporto di impiego
4.18. Che si adegui il procedimento disciplinare alle risultanze del giudizio penale
4.19. Che si assicurino trasparenza e controllo dell’attività contrattuale
4.20. Che si disciplinino i procedimenti ispettivi e di verifica
4.21. Che si passi dai controlli di processo ai controlli di prodotto
4.22. Che si rafforzino i controlli interni delle società per azioni
4.23. Che si promuova la disciplina nelle professioni

(5) Laicità e neutralità del Capo dello Stato. Il presidente della Repubblica deve rappresentare la
laicità dello Stato ? Deve essere super partes e neutro rispetto ai partiti politici ? Può promuovere
una riforma costituzionale presidenzialista considerata indispensabile per il bene della Repubblica ?

Corte cost. sent. 203/1989. Il principio di laicità, quale emerge dagli artt. 2, 3, 7, 8, 19 e 20 della
Costituzione, implica non indifferenza dello Stato dinanzi alle religioni ma garanzia dello Stato per
la salvaguardia della libertà di religione, in regime di pluralismo confessionale e culturale.

Approfondimenti:
A. Pertici, Il conflitto di interessi, Torino 2003
S. Cassese, B. Mattarella, Democrazia e cariche pubbliche, Bologna 1996
M. Viroli, Repubblicanesimo, Laterza, Roma-Bari, 1999;
Q. Skinner, La libertà prima del liberalismo, Introduzione di Marco Geuna, Einaudi, Torino 1998;
L. Baccelli, Critica del repubblicanesimo, Laterza, Roma-Bari, 2003;
P. Pettit, Il repubblicanesimo. Una teoria della libertà e del governo, Feltrinelli, Milano 2000;
N. Bobbio, Maurizio Viroli, Dialogo intorno alla repubblica, Laterza, Roma-Bari 2001;

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(8) DEMOCRAZIA

1. Fonti costituzionali
art. 1 (sovranità popolare),
art. 2 (diritti e doveri politici),
art. 3 co. 2 (par condicio e democrazia aziendale),
art. 10 (libertà democratiche), 11 (libertà degli altri popoli)
art. 15-19, 21, 22, 23, 26 co. 2 aspetti politici dei diritti dei rapporti civili
art. 40 (sciopero politico), 46 (democrazia aziendale)
art. 48-54 diritti e doveri politici, in particolare 52 (spirito democratico)
art. 56-62 elezioni politiche, 64 maggioranze, 66, verifica elezioni, 75 referendum popolare
art. 83 elezione Presidente, 94 fiducia, 95 indirizzo politico, 98 neutralità politica
art. 101 “in nome del popolo”, 102 partecipazione popolare
art. 117 co. 2 lett. competenze statali
art. 122, 123 democrazia regionale
art. 133, 134 referendum territoriale; art. 138 referendum costituzionale
disp. I-IV, XII-XIII (difesa della democrazia)

2. Fonti europee ed internazionali


Consiglio d’Europa:
Statuto 1949: “irremovibilmente legati ai valori spirituali e morali, che sono patrimonio comune dei loro popoli e
fondamento dei principi di libertà personale, libertà politica e preminenza del Diritto, dai quali dipende ogni vera
democrazia;”
Assemblea parlamentare / Congresso dei poteri locali e regionali: osservare le elezioni per
migliorare il processo democratico (dal 1990)
Art. 3 Protocollo n. 1 CEDU: “Ognuno ha il diritto di eleggere il Governo del proprio paese tramite voto segreto.”
Sentenze della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo:
Causa Matthews c. Regno Unito (1999): esclusione di Gibilterra dalle elezioni del Parlamento europeo
Causa Podkolzina c. Lettonia (2002): esigenza di possedere un’adeguata padronanza della lingua lettone per presentarsi
alle elezioni parlamentari
Causa Aziz c. Cipro (2004): rifiuto di iscrivere il ricorrente nelle liste elettorali a causa della sua appartenenza alla
comunità turco-cipriota
Causa Hirst c. Regno Unito (2005): detenuti privati del diritto di voto
Causa Sejdic e Finci c. Bosnia-Erzegovina (2009): divieto opposto a un rom e a un ebreo di candidarsi per un mandato
elettorale nazionale
Convenzione sulla partecipazione degli stranieri alla vita pubblica a livello locale 1/5/1997
Commissione di Venezia (organo consultivo): Consiglio delle elezioni democratiche
Unione europea:
Art. 2 TUE democrazia come valore costitutivo dell’Unione, con tutela dei “diritti delle persone appartenenti a
minoranze”, “società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla
solidarietà e dalla parità tra donne e uomini”
Art. 7 TUE meccanismo di garanzia dei valori nelle democrazie nazionali
TUE TITOLO II DISPOSIZIONI RELATIVE AI PRINCIPI DEMOCRATICI
Art. 10. 1. Il funzionamento dell'Unione si fonda sulla democrazia rappresentativa. (…)
2. I cittadini sono direttamente rappresentati, a livello dell'Unione, nel Parlamento europeo. Gli Stati membri sono
rappresentati nel Consiglio europeo dai rispettivi capi di Stato o di governo e nel Consiglio dai rispettivi governi, a loro
volta democraticamente responsabili dinanzi ai loro parlamenti nazionali o dinanzi ai loro cittadini.
3. Ogni cittadino ha il diritto di partecipare alla vita democratica dell'Unione. Le decisioni sono prese nella maniera il
più possibile aperta e vicina ai cittadini.
4. I partiti politici a livello europeo contribuiscono a formare una coscienza politica europea e ad esprimere la volontà
dei cittadini dell'Unione.
Art. 11. 1. Le istituzioni danno ai cittadini e alle associazioni rappresentative, attraverso gli opportuni canali, la
possibilità di far conoscere e di scambiare pubblicamente le loro opinioni in tutti i settori di azione dell'Unione.
2. Le istituzioni mantengono un dialogo aperto, trasparente e regolare con le associazioni rappresentative e la società
civile.
3. Al fine di assicurare la coerenza e la trasparenza delle azioni dell'Unione, la Commissione europea procede ad ampie
consultazioni delle parti interessate.
4. Cittadini dell'Unione, in numero di almeno un milione, che abbiano la cittadinanza di un numero significativo di Stati
membri, possono prendere l'iniziativa d'invitare la Commissione europea, nell'ambito delle sue attribuzioni, a presentare

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una proposta appropriata su materie in merito alle quali tali cittadini ritengono necessario un atto giuridico dell'Unione
ai fini dell'attuazione dei trattati. Le procedure e le condizioni necessarie per la presentazione di una iniziativa dei
cittadini sono stabilite conformemente all'articolo 24, primo comma del trattato sul funzionamento dell'Unione europea.
ONU:
Patto Internazionale dei diritti civili e politici (1966)
Segretario generale Boutros-Ghali: Agenda for Democratization (1996)
Assemblea generale: Dichiarazione del Millennio (2000)
Diritti umani, democrazia e buon governo
1. Noi non risparmieremo sforzo alcuno per promuovere la democrazia e rafforzare le norme del diritto, come pure il
rispetto per tutti i diritti umani e le libertà fondamentali riconosciute internazionalmente, tra cui il diritto allo sviluppo.
2.Noi decidiamo pertanto: (…)
•Di consolidare la capacità di tutte le nazioni di mettere in pratica i principi e le pratiche della democrazia e del rispetto
dei diritti umani, tra cui i diritti delle minoranze.
•Di combattere tutte le forme di violenza contro le donne, e di tradurre in realtà la Convenzione sull’Eliminazione di
tutte le forme di Discriminazione contro le Donne.
•Di assumere provvedimenti per garantire il rispetto per i diritti umani dei migranti, e la loro protezione, dei lavoratori
migranti e delle rispettive famiglie, per eliminare il crescente numero di atti di razzismo e xenofobia che si sta
verificando in numerose società e per promuovere una maggiore armonia e tolleranza in tutte le società.
•Di lavorare collettivamente a favore di processi politici più inclusivi, consentendo una reale partecipazione di tutti i
cittadini in ogni nazione.
•Di assicurare ai media libertà di svolgere il proprio fondamentale ruolo e il diritto del pubblico di avere accesso
all’informazione.
Fondo per il sostegno di progetti tesi allo sviluppo della democrazia (UNDEF, 2005)

3. Fonti storiche
- da Platone ad Aristotele: critiche alla democrazia ateniese (Clistene: consiglio dei 500 + ecclesia);
- Cicero: senatus populusque, democrazia come “civitas popularis”
- thing nelle culture nordiche,democrazia assembleare in Svizzera,
- Dichiarazione d’Indipendenza 1776: “Noi riteniamo che le seguenti verità siano di per se stesse
evidenti; che tutti gli uomini sono stati creati uguali, che essi sono dotati dal loro Creatore di alcuni
Diritti inalienabili, che fra questi sono la Vita, la Libertà e la ricerca delle Felicità; che allo scopo di
garantire questi diritti, sono creati fra gli uomini i Governi, i quali derivano i loro giusti poteri dal
consenso dei governati; che ogni qual volta una qualsiasi forma di Governo, tende a negare tali fini,
è Diritto del Popolo modificarlo o distruggerlo, e creare un nuovo governo, che ponga le sue
fondamenta su tali principi e organizzi i suoi poteri nella forma che al popolo sembri più probabile
possa apportare Sicurezza e Felicità.” (T. Jefferson)
- A. de Tocqueville, De la démocratie en Amerique 1848 : prima onda di democratizzazione
- Lincoln Gettysburg Address 1863: «Government of the people, by the people, for the people»
- 1918 rivoluzione tedesca/russa: “tutto il potere ai consigli”, contra: dittature monopartito
- 1945: seconda onda: democrazie postfasciste e – coloniali che si auto-tutelano (Gandhi),
- 1975: terza onda: democrazie inclusive, postautoritarie e postsocialiste (Nelson Mandela)
- oggi: postdemocrazia populista o dittature technocratiche ?

Argomenti storici pro (2) e contra (1) : Spinoza / Hobbes; Rousseau / Montesquieu, Kant / Hegel
(1) Il popolo è aizzabile, segue i demagoghi, si divide in fazioni.
(2) Il popolo non tende ad abusare di un potere che esercita su se stesso.
(1) Il popolo è ignorante e immaturo, non sa fare scelte politiche ragionevoli.
(2) Il popolo è il migliore interprete degli interessi propri e può giudicare i rappresentanti.

4. Casi e questioni

(1) Incostituzionalità del Porcellum: Comunicato stampa Corte cost. 4.12. 2013 (sent. 1/2014)
“La Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme della legge n. 270/2005 che prevedono
l’assegnazione di un premio di maggioranza – sia per la Camera dei Deputati che per il Senato della Repubblica – alla

39
lista o alla coalizione di liste che abbiano ottenuto il maggior numero di voti e che non abbiano conseguito, almeno,
alla Camera, 340 seggi e, al Senato, il 55% dei seggi assegnati a ciascuna Regione.
La Corte ha altresì dichiarato l’illegittimità costituzionale delle norme che stabiliscono la presentazione di liste
elettorali “bloccate”, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza.
Le motivazioni saranno rese note con la pubblicazione della sentenza, che avrà luogo nelle prossime settimane e dalla
quale dipende la decorrenza dei relativi effetti giuridici.
Resta fermo che il Parlamento può sempre approvare nuove leggi elettorali, secondo le proprie scelte politiche, nel
rispetto dei principi costituzionali.”

(2) Incostituzionalità dell’Italicum: Corte costituzionale sent. n. 35/2017


LA CORTE COSTITUZIONALE riuniti i giudizi,
1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 1, comma 1, lettera f), della legge 6 maggio 2015, n. 52 (Disposizioni in
materia di elezione della Camera dei deputati), limitatamente alle parole «o, in mancanza, a quella che prevale in un
turno di ballottaggio tra le due con il maggior numero di voti, esclusa ogni forma di collegamento tra liste o di
apparentamento tra i due turni di votazione»; dell’art. 1, comma 2, del d.P.R. 30 marzo 1957, n. 361 (Approvazione del
testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati), come sostituito dall’art. 2, comma 1,
della legge n. 52 del 2015, limitatamente alle parole «, ovvero a seguito di un turno di ballottaggio ai sensi dell’art. 83»;
e dell’art. 83, comma 5, del d.P.R. n. 361 del 1957, come sostituito dall’art. 2, comma 25, della legge n. 52 del 2015;
2) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 85 del d.P.R. n. 361 del 1957, come modificato dall’art. 2, comma 27,
della legge n. 52 del 2015, nella parte in cui consente al deputato eletto in più collegi plurinominali di dichiarare alla
Presidenza della Camera dei deputati, entro otto giorni dalla data dell’ultima proclamazione, quale collegio
plurinominale prescelga;
3-7 ) dichiara l’inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale ….
8-12) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale …

(3) DECRETO-LEGGE 28 dicembre 2013, n. 149 “Abolizione del finanziamento pubblico diretto,
disposizioni per la trasparenza e la democraticità dei partiti e disciplina della contribuzione volontaria e della
contribuzione indiretta in loro favore”, convertito con modificazioni in l. n. 13/2014
“Considerato che la grave situazione economica del Paese impone con urgenza l'adozione di misure che intervengano sulla
spesa pubblica, in linea con le aspettative dei cittadini di superamento del sistema del finanziamento pubblico dei partiti ed in
coerenza con la linea di austerita' e di rigore della politica di bilancio adottata in questi ultimi anni; Considerato che la volonta'
espressa dal corpo elettorale nelle consultazioni referendarie in materia si e' sempre mantenuta costante nel senso del
superamento di tale sistema e che, da ultimo, sono emerse situazioni di disagio sociale che impongono un immediato segnale
di austerita' del sistema politico;
Considerata altresi' l'ineludibile esigenza di assicurare il passaggio ad un sistema fondato sulle libere scelte dei contribuenti,
che attribuisca ai cittadini un ruolo centrale sul finanziamento dei partiti, attesa la loro natura di associazioni costituite per
concorrere con metodo democratico a determinare le politiche nazionali, ai sensi dell'articolo 49 della Costituzione;
Ritenuta pertanto la straordinaria necessita' ed urgenza di adottare misure atte a riformare il sistema di finanziamento dei
partiti in tempi rapidi e certi; (…)
Art. 1 Abolizione del finanziamento pubblico e finalita' 1. Il rimborso delle spese per le consultazioni elettorali e i contributi
pubblici erogati per l'attivita' politica e a titolo di cofinanziamento sono aboliti ai sensi di quanto disposto dall'articolo 14. 2. Il
presente decreto disciplina le modalita' per l'accesso a forme di contribuzione volontaria fiscalmente agevolata e di
contribuzione indiretta fondate sulle scelte espresse dai cittadini in favore dei partiti politici che rispettano i requisiti di
trasparenza e democraticita' da essa stabiliti.
Art. 3 Statuto 1. I partiti politici che intendono avvalersi dei benefici previsti dal presente decreto sono tenuti a dotarsi di uno
statuto, redatto nella forma dell'atto pubblico. ((Nello statuto e' descritto il simbolo che con la denominazione costituisce
elemento essenziale di riconoscimento del partito politico. Il simbolo puo' anche essere allegato in forma grafica. Il simbolo
del partito e la denominazione, anche nella forma abbreviata, devono essere chiaramente distinguibili da quelli di qualsiasi
altro partito politico esistente)).
2. Lo statuto, ((nel rispetto della Costituzione e dell'ordinamento dell'Unione europea)), indica: ((0a) l'indirizzo della sede
legale nel territorio dello Stato)); a) il numero, la composizione e le attribuzioni degli organi deliberativi, esecutivi e di
controllo, le modalita' della loro elezione e la durata dei relativi incarichi, nonche' ((l'organo o comunque il soggetto
investito)) della rappresentanza legale; b) la cadenza delle assemblee congressuali nazionali o generali; c) le procedure
richieste per l'approvazione degli atti che impegnano il partito; d) i diritti e i doveri degli iscritti e i relativi organi di garanzia;
le modalita' di partecipazione degli iscritti all'attivita' del partito; e) i criteri con i quali ((e' promossa)) la presenza delle
minoranze ((, ove presenti,)) negli organi collegiali non esecutivi; f) le modalita' per promuovere ((...)), attraverso azioni
positive, l'obiettivo della parita' tra i sessi negli organismi collegiali e per le cariche elettive, in attuazione dell'articolo 51 della
Costituzione; g) le procedure relative ai casi di scioglimento, chiusura, sospensione e commissariamento delle eventuali
articolazioni territoriali del partito; h) i criteri con i quali sono assicurate le risorse alle eventuali articolazioni territoriali; i) le
misure disciplinari che possono essere adottate nei confronti degli iscritti, gli organi competenti ad assumerle e le procedure di
ricorso previste, assicurando il diritto alla difesa e il rispetto del principio del contraddittorio; l) le modalita' di selezione delle
candidature per le elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, del Parlamento nazionale, dei consigli delle

40
regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano e dei consigli comunali, nonche' per le cariche di sindaco e di
presidente di regione e di provincia autonoma; m) le procedure per modificare lo statuto, il simbolo e la denominazione del
partito; n) l'organo responsabile della gestione economico-finanziaria e patrimoniale e della fissazione dei relativi criteri; o)
l'organo competente ad approvare il rendiconto di esercizio; ((o-bis) le regole che assicurano la trasparenza, con particolare
riferimento alla gestione economico-finanziaria, nonche' il rispetto della vita privata e la protezione dei dati personali)).
3. Lo statuto puo' prevedere ((disposizioni per la)) composizione extragiudiziale delle controversie insorgenti nell'applicazione
delle norme statutarie, attraverso organismi probivirali definiti dallo statuto medesimo, nonche' procedure conciliative e
arbitrali.
4. Per quanto non espressamente previsto dal presente decreto e dallo statuto, si applicano ai partiti politici le disposizioni del
codice civile e le norme di legge vigenti in materia.
Art. 4 Registro dei partiti politici che possono accedere ai benefici previsti dal presente decreto
1. Ai fini di cui al comma 1 dell'articolo 3, il legale rappresentante del partito politico e' tenuto a trasmettere copia autentica
dello statuto alla Commissione di cui all'articolo 9, comma 3, della legge 6 luglio 2012, n. 96, la quale assume la
denominazione di «Commissione di garanzia degli statuti e per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti politici»,
di seguito denominata «Commissione».
2. La Commissione, verificata la presenza nello statuto degli elementi indicati all'articolo 3, procede all'iscrizione del partito
nel registro nazionale, da essa tenuto, dei partiti politici riconosciuti ai sensi del presente decreto.
3. Qualora lo statuto non sia ritenuto conforme alle disposizioni di cui all'articolo 3, la Commissione, anche previa audizione
di un rappresentante designato dal partito, invita il partito, tramite il legale rappresentante, ad apportare le modifiche
necessarie e a depositarle, in copia autentica, entro un termine non prorogabile che non puo' essere inferiore a trenta giorni ne'
superiore a sessanta giorni.
3-bis. Qualora le modifiche apportate ai sensi del comma 3 non siano ritenute conformi alle disposizioni di cui all'articolo 3 o
il termine di cui al citato comma 3 non sia rispettato, la Commissione nega, con provvedimento motivato, l'iscrizione al
registro di cui al comma 2. Contro il provvedimento di diniego e' ammesso ricorso al giudice amministrativo nel termine di
sessanta giorni dalla comunicazione in forma amministrativa o dalla notificazione di copia integrale del provvedimento stesso.
4. Ogni modifica dello statuto deve essere sottoposta alla Commissione secondo la procedura di cui al presente articolo. 5. Lo
statuto dei partiti politici e le relative modificazioni sono pubblicati nella Gazzetta Ufficiale, entro un mese, rispettivamente,
dalla data di iscrizione nel registro di cui al comma 2 ovvero dalla data di approvazione delle modificazioni.
6. I partiti politici costituiti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonche' quelli cui dichiari di fare riferimento un
gruppo parlamentare costituito in almeno una delle Camere secondo le norme dei rispettivi regolamenti, ovvero una singola
componente interna al Gruppo misto sono tenuti all'adempimento di cui al comma 1 entro dodici mesi dalla medesima data.
7. L'iscrizione e la permanenza nel registro di cui al comma 2 sono condizioni necessarie per l'ammissione dei partiti politici
ai benefici ad essi eventualmente spettanti ai sensi degli articoli 11 ((e 12)) del presente decreto. Nelle more della scadenza del
termine di cui al comma 6, i partiti costituiti alla data di entrata in vigore del presente decreto, nonche' quelli cui dichiari di
fare riferimento un gruppo parlamentare costituito in entrambe le Camere secondo le norme dei rispettivi regolamenti,
possono comunque usufruire ((dei benefici di cui agli articoli 11 e 12, purche')) siano in possesso dei requisiti prescritti ai
sensi dell'articolo 10.
8. Il registro di cui al comma 2 e' consultabile in un'apposita sezione del sito internet ufficiale del Parlamento italiano. Nel
registro sono evidenziate due separate sezioni, recanti l'indicazione dei partiti politici che soddisfano i requisiti di cui,
rispettivamente, alla lettera a) e alla lettera b) del comma 1 dell'articolo 10.
Art. 10 Partiti ammessi alla contribuzione volontaria agevolata, nonche' limiti alla contribuzione volontaria
1. A decorrere dall'anno 2014, i partiti politici iscritti nel registro di cui all'articolo 4 ((, ad esclusione dei partiti che non hanno
piu' una rappresentanza in Parlamento,)) possono essere ammessi, a richiesta:
a) al finanziamento privato in regime fiscale agevolato di cui all'articolo 11, qualora abbiano conseguito nell'ultima
consultazione elettorale almeno un candidato eletto sotto il proprio simbolo, anche ove integrato con il nome di un candidato,
alle elezioni per il rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei deputati, dei membri del Parlamento europeo
spettanti all'Italia o in uno dei consigli regionali o delle province autonome di Trento e di Bolzano, ovvero abbiano presentato
nella medesima consultazione elettorale candidati in almeno tre circoscrizioni per le elezioni per il rinnovo della Camera dei
deputati o in almeno tre regioni per il rinnovo del Senato della Repubblica, o in un consiglio regionale o delle province
autonome, o in almeno una circoscrizione per l'elezione dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia;
b) alla ripartizione annuale delle risorse di cui all'articolo 12, qualora abbiano conseguito nell'ultima consultazione elettorale
almeno un candidato eletto sotto il proprio simbolo alle elezioni per il rinnovo del Senato della Repubblica, della Camera dei
deputati o dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia.
2. Possono altresi' essere ammessi, a richiesta, ai benefici di cui gli articoli 11 e 12 del presente decreto anche i partiti politici
iscritti nel registro di cui all'articolo 4: ((a) cui dichiari di fare riferimento un gruppo parlamentare costituito in almeno una
delle Camere secondo le norme dei rispettivi regolamenti, ovvero una singola componente interna al Gruppo misto)); ((b) che
abbiano depositato congiuntamente il contrassegno elettorale e partecipato in forma aggregata a una competizione elettorale
mediante la presentazione di una lista comune di candidati o di candidati comuni in occasione del rinnovo del Senato della
Repubblica, della Camera dei deputati o delle elezioni dei membri del Parlamento europeo spettanti all'Italia, riportando
almeno un candidato eletto, sempre che si tratti di partiti politici che risultino iscritti nel registro di cui all'articolo 4 prima
della data di deposito del contrassegno)).
3. I partiti politici presentano apposita richiesta alla Commissione entro il 30 novembre dell'anno precedente a quello per il
quale richiedono l'accesso ai benefici. La Commissione esamina la richiesta e la respinge o la accoglie, entro trenta giorni dal
ricevimento, con atto scritto motivato. Qualora i partiti politici risultino in possesso dei requisiti di cui al comma 1 o si trovino
in una delle situazioni di cui al comma 2 e ottemperino alle disposizioni previste dal presente decreto, la Commissione

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provvede alla loro iscrizione in una o in entrambe le sezioni del registro di cui all'articolo 4 e, non oltre i dieci giorni
successivi, trasmette l'elenco dei partiti politici iscritti nel registro all'Agenzia delle entrate per gli adempimenti di cui
all'articolo 12, comma 2, del presente decreto. (…) In via transitoria, per l'anno 2014 il termine di cui al primo periodo e'
fissato al decimo giorno successivo alla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto e la
Commissione provvede all'iscrizione dei partiti in una o in entrambe le sezioni del registro di cui all'articolo 4 non oltre i dieci
giorni successivi, previa verifica del possesso dei requisiti di cui al comma 1 o della sussistenza delle situazioni di cui al
comma 2)).
4. La richiesta deve essere corredata di una dichiarazione attestante la sussistenza dei requisiti ed e' presentata dal
rappresentante legale o dal tesoriere del partito.
5. Alle dichiarazioni previste dal comma 4 si applicano le disposizioni dell'articolo 76 del testo unico delle disposizioni
legislative e regolamentari in materia di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445.
6. La Commissione disciplina e rende note le modalita' per la presentazione della richiesta di cui al comma 3 e per la
trasmissione della documentazione relativa alla sussistenza dei requisiti prescritti.
((7. Ciascuna persona fisica non puo' effettuare erogazioni liberali in denaro o comunque corrispondere contributi in beni o
servizi, sotto qualsiasi forma e in qualsiasi modo erogati, anche per interposta persona o per il tramite di societa' controllate,
fatta eccezione per i lasciti mortis causa, in favore di un singolo partito politico per un valore complessivamente superiore a
100.000 euro annui)).
((7-bis. Le erogazioni liberali di cui al presente articolo sono consentite a condizione che il versamento delle somme sia
eseguito tramite banca o ufficio postale ovvero mediante gli altri sistemi di pagamento previsti dall'articolo 23 del decreto
legislativo 9 luglio 1997, n. 241, o secondo ulteriori modalita' idonee a garantire la tracciabilita' dell'operazione e l'esatta
identificazione soggettiva e reddituale del suo autore e a consentire all'amministrazione finanziaria lo svolgimento di efficaci
controlli, che possono essere stabilite con regolamento da adottare con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze ai
sensi dell'articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400)).
8. I soggetti diversi dalle persone fisiche non possono effettuare erogazioni liberali in denaro o comunque corrispondere
contributi in beni o servizi, sotto qualsiasi forma e in qualsiasi modo erogati, in favore dei partiti politici per un valore
complessivamente superiore in ciascun anno a ((euro 100.000)). Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da
emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto, previo parere
delle competenti Commissioni parlamentari, sono definiti criteri e modalita' ai fini dell'applicazione del divieto di cui al
presente comma ai gruppi di societa' e alle societa' controllate e collegate di cui all'articolo 2359 del codice civile. Il divieto di
cui al presente comma non si applica in ogni caso in relazione ai trasferimenti di denaro o di natura patrimoniale effettuati tra
((partiti o movimenti politici)).
9. I divieti di cui ai commi 7 e 8 si applicano anche ai pagamenti effettuati in adempimento di obbligazioni connesse a
fideiussioni e ad altre tipologie di garanzie reali o personali concesse in favore dei partiti politici. In luogo di quanto disposto
dal comma 12, i soggetti che in una annualita' abbiano erogato, in adempimento di obbligazioni contrattuali connesse alle
predette garanzie, importi eccedenti i limiti di cui ai commi 7 e 8 non possono corrispondere, negli esercizi successivi a quello
della predetta erogazione, alcun contributo in denaro, beni o servizi in favore del medesimo partito politico fino a concorrenza
di quanto versato in eccedenza, ne' concedere, nel medesimo periodo e a favore del medesimo partito, alcuna ulteriore
garanzia reale o personale. Nei casi di cui al periodo precedente, le risorse eventualmente spettanti ai sensi dell'articolo 12 al
partito che abbia beneficiato di pagamenti eccedenti per ciascuna annualita' i limiti di cui ai commi 7 e 8 sono ridotte sino a
concorrenza dell'importo eccedente i limiti medesimi. 10. I divieti di cui ai commi 7 e 8 si applicano con riferimento alle
erogazioni effettuate successivamente alla data di entrata in vigore del presente decreto. I predetti divieti non si applicano in
ogni caso in relazione alle fideiussioni o ad altre tipologie di garanzia reale o personale concesse, prima della data di entrata in
vigore del presente decreto, in favore di partiti politici sino alla scadenza e nei limiti degli obblighi contrattuali risultanti alla
data di entrata in vigore del presente decreto.
11. ((COMMA SOPPRESSO DALLA L. 21 FEBBRAIO 2014, N. 13)).
12. Fermo restando quanto previsto dall'articolo 7 della legge 2 maggio 1974, n. 195, e successive modificazioni, a chiunque
corrisponda o riceva erogazioni o contributi in violazione dei divieti di cui ai commi 7 e 8 del presente articolo la
Commissione applica la sanzione amministrativa pari al doppio delle erogazioni corrisposte o ricevute in eccedenza rispetto al
valore del limite di cui ai medesimi commi. Il partito che non ottemperi al pagamento della predetta sanzione non puo'
accedere ai benefici di cui all'articolo 12 del presente decreto per un periodo di tre anni dalla data di irrogazione della
sanzione.

(4) Il mandato imperativo


Corte costituzionale, sentenza n. 14/ 1964: il divieto del mandato imperativo è “rivolto ad assicurare la libertà dei
membri del Parlamento. Il divieto del mandato imperativo importa che il parlamentare è libero di votare secondo gli
indirizzi del suo partito ma è anche libero di sottrarsene; nessuna norma potrebbe legittimamente disporre che derivino
conseguenze a carico del parlamentare per il fatto che egli abbia votato contro le direttive del partito”.
“Contratto per il governo del cambiamento” (2018): “Occorre introdurre forme di vincolo di mandato per i
parlamentari, per contrastare il sempre crescente fenomeno del trasformismo. Del resto, altri ordinamenti, anche
europei, contengono previsioni volte a impedire le defezioni e a far sì che i gruppi parlamentari siano sempre
espressione di forze politiche presentatesi dinanzi agli elettori, come si può ricavare dall’articolo 160 della
Costituzione portoghese o dalla disciplina dei gruppi parlamentari in Spagna”.
Regolamento del gruppo M5S al senato Articolo 21 (Sanzioni)

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1. Il Presidente del Gruppo, sentito il Comitato Direttivo, nel caso in cui siano segnalate violazioni del presente
Regolamento o del “Codice etico” ad esso allegato, può disporre, sulla base della gravità dell'atto o del fatto, il
richiamo, la sospensione temporanea o l'espulsione dal Gruppo di un componente.
2. Costituiscono, comunque, cause di sanzione:
a) reiterate ed ingiustificate assenze dai lavori del Senato e del Gruppo;
b) reiterate violazioni al presente Regolamento e del Codice etico;
c) mancate dimissioni dalla propria carica in caso di condanna penale, ancorché non definitiva.
d) mancato rispetto delle decisioni assunte dall’assemblea degli iscritti con le votazioni in rete;
e) mancato rispetto delle decisioni assunte dagli altri organi del MoVimento 5 Stelle;
f) mancata contribuzione economica alle attività del MoVimento 5 Stelle;
g) comportamenti suscettibili di pregiudicare l’immagine o l’azione politica del M5S o di avvantaggiare i partiti;
h) comportamenti connotati da slealtà e scorrettezza nei confronti degli altri iscritti ed eletti;
i) mancata cooperazione e coordinamento con gli altri iscritti, esponenti e eletti, anche in diverse assemblee elettive, per
la realizzazione delle iniziative e dei programmi del MoVimento 5 Stelle, nonché per il perseguimento dell’azione
politica del MoVimento 5 Stelle;
j) tutte le condotte che vìolino, del tutto o in parte, la linea politica dell’Associazione “MoVimento 5 Stelle”.
3. Sono in ogni caso espulsi dal Gruppo i componenti del Gruppo che aderiscano ad altro Gruppo parlamentare od al
Gruppo misto.
4. Fatto salvo il caso di cui al comma 3, ed in casi eccezionali nonché su indicazione del Capo Politico del “MoVimento
5 Stelle”, l'espulsione dal Gruppo dovrà essere ratificata da una votazione on line sul portale del MoVimento 5 Stelle tra
tutti gli iscritti, a maggioranza dei votanti.
5. Il senatore che abbandona il Gruppo Parlamentare a causa di espulsione, ovvero abbandono volontario, ovvero
dimissioni determinate da dissenso politico sarà obbligato a pagare, a titolo di penale, al “MoVimento 5 Stelle” entro
dieci giorni dalla data di accadimento di uno dei fatti sopra indicati, la somma di euro 100.000,00.

(5) Il deficit di democrazia dell’UE


Con una sentenza del secondo Senato del 9 novembre 2011 (BVerfG, 2 BvC 4/10 ) la Corte costituzionale
federale tedesca ha accolto due ricorsi individuali in materia elettorale (Wahlprüfungsbeschwerden) nella
parte in cui contestavano la legittimità costituzionale della clausola di sbarramento del 5% e del sistema delle
liste bloccate, entrambi applicati fin dal 1979 nell’elezione dei deputati del Parlamento europeo spettanti alla
Germania. Secondo la Corte la soglia di sbarramento viola i principi dell’uguaglianza nel diritto di voto e
delle pari opportunità dei partiti politici perché non è giustificata da un beneficio di stabilità e governabilità
dell’UE, cioè non è plausibile “ che l’aumento dei partiti con uno o due deputati al Parlamento europeo
pregiudichi la capacità di operare di questo”. Risulta invece infondato il ricorso contro il sistema delle liste
bloccate. Il parziale accoglimento dei ricorsi, d’altra parte, non impone di celebrare nuove elezioni.

La cd. proporzionalità degressiva rispetta il principio di eguaglianza democratica del voto ?

(6) La riforma della democrazia diretta in itinere


La Camera ha approvato in prima deliberazione - al termine della discussione svolta in Assemblea dal 16
gennaio al 21 febbraio 2019 - la proposta di legge di legge costituzionale (A.S. 1089) che modifica l'articolo
71 della Costituzione nella parte in cui disciplina l'iniziativa legislativa popolare, introducendo una
procedura ‘rinforzata' che si può concludere, al verificarsi di alcune condizioni, con lo svolgimento di una
consultazione referendaria.:

Art. 1. 1. Dopo il secondo comma dell’articolo71 della Costituzione sono aggiunti i seguenti:
« Quando una proposta di legge è presentata da almeno cinquecentomila elettori e le Camere non la approvano entro
diciotto mesi dalla sua presentazione, è indetto un referendum per deliberarne l’approvazione. Se le Camere la
approvano con modifiche non meramente formali, il referendum è indetto sulla proposta presentata, ove i promotori
non vi rinunzino. La proposta approvata dalle Camere è sottoposta a promulgazione se quella soggetta a referendum
non è approvata. Il referendum non è ammissibile se la proposta non rispetta la Costituzione, se è ad iniziativa riservata,
se presuppone intese o accordi, se richiede una procedura o una maggioranza speciale per la sua approvazione, se non
provvede ai mezzi per far fronte ai nuovi o maggiori oneri che essa importi e se non ha contenuto omogeneo. La
proposta sottoposta a referendum è approvata se ottiene la maggioranza dei voti validamente espressi, purché superiore
a un quarto degli aventi diritto al voto. Con legge approvata a maggioranza assoluta dei componenti di ciascuna Camera
sono disciplinati l’attuazione dell’iniziativa legislativa esercitata da almeno cinquecentomila elettori e del relativo
referendum, il concorso di più proposte di legge di iniziativa popolare, il loro numero massimo, le modalità di verifica
dei mezzi per far fronte a nuovi o maggiori oneri anche in relazione al loro eventuale adeguamento da parte dei

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promotori, le modalità per assicurare eguale conoscibilità della proposta di iniziativa popolare e di quella approvata
dalle Camere o della normativa vigente, nonché la sospensione del termine previsto per l’approvazione della proposta
nel caso di scioglimento delle Camere ».
Art. 2. 1. Al quarto comma dell’articolo 75 della Costituzione, le parole: «se ha partecipato alla votazione la
maggioranza degli aventi diritto, e» sono soppresse e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, purché superiore a un
quarto degli aventi diritto al voto».
Art. 3. 1. All’articolo 2 della legge costituzionale11 marzo 1953, n.1, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al secondo comma sono aggiunte, infine, le seguenti parole: «, prevedendo che la Corte costituzionale giudichi non
prima che siano state raccolte almeno duecentomila firme»;
b) dopo il secondo comma sono i seguenti: « Spetta altresì alla Corte costituzionale giudicare sull’ammissibilità delle
richieste di referendum di cui all’articolo 71 della Costituzione. Sull’ammissibilità del referendum di cui all’articolo 71
della Costituzione la Corte costituzionale giudica prima della presentazione della proposta di legge alle Camere, purché
siano state raccolte almeno duecentomila firme. Spetta altresì alla Corte costituzionale dichiarare, prima dell’eventuale
rinunzia dei promotori, che la proposta approvata dalle Camere non può essere sottoposta a promulgazione,
se non è conforme all’articolo 71, quarto comma, della Costituzione. Prima di tale giudizio, un organo terzo,
individuato dalla legge di cui all’articolo 71, sesto comma, della Costituzione, verifica se il testo approvato dalle
Camere abbia apportato modifiche non meramente formali alla proposta di iniziativa popolare presentata. Le modalità
dei giudizi di cui al terzo, quarto e quinto comma del presente articolo sono stabilite dalla legge di cui all’articolo
71, sesto comma, della Costituzione ».

Approfondimenti:
N. Bobbio, Il futuro della democrazia, Torino 1984
G. Zagrebelsky, Il crucifigge e la democrazia, Torino 1995
D. Held, Modelli di democrazia, Bologna 1996
P. Portinaro (ed.), L’interesse dei pochi, le ragioni dei molti, Torino 2011
A. Mastropaolo, La democrazia è una causa persa? Paradossi di un'invenzione imperfetta, Torino 2011
U. Allegretti, La democrazia partecipativa in Italia e in Europa (2011),
https://www.rivistaaic.it/images/rivista/pdf/ALLEGRETTI.pdf
I. Diamanti, Democrazia ibrida, Roma 2014

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(9) Stato di diritto (legalità)

1. Fonti costituzionali
art. 1 “nelle forme e nei limiti”
art. 2 rispetto e “garanzia” dei “diritti inviolabili”
art. 3 ragionevolezza e proporzionalità come corollari dell’eguaglianza davanti alla legge, eguaglianza
sostanziale come promessa di “giustizia” sociale
art. 10-11 (117) primato del diritto internazionale e apertura al diritto delle organizzazioni internazionali
art. 13-15 riserve di legge e riserve di giurisdizione,
art. 23 riserva generale di legge
art. 24-27 diritti processuali: agire in giudizio, giudice precostituito per legge, nullam poeanam sine
praeviam legem, responsabilità personale, presunzione in non colpevolezza, mitezza delle pene
art. 28 responsabilità dei funzionari e dello Stato
art. 52 e 54 doveri di legalità
Parte seconda: separazione dei poteri politici e tecnici, civili e militari, costituenti e costituiti,
art. 55 bicameralismo come separazione all’interno del primo potere
art. 79 e 87 poteri di amnistia e di grazia
art. 87 e 89 poteri di garanzia presidenziali e controfirma
art. 95, 97, 98 separazione della politica dall’amministrazione
titolo IV, art. 101-110 unitarietà delle giurisdizioni, indipendenza della magistratura,
art. 111-113 giusto processo, obbligatorietà azione penale, giustizia amministrativa
art. 116 co. 3 e 117 co. 2 lett. g), h), l) competenze non giuridizionali degli enti autonomi
art. 134-137 giustizia costituzionale (cfr. principio di costituzionalità)
disp. VI transitoria e finale: organi speciali di giurisdizione

2. Fonti europee ed internazionali


Statuto ONU 1945: Tutela diritti fondamentali, sovrana eguaglianza, giustizia e rispetto obblighi derivanti
dai trattati (preambolo), soluzione pacifica delle controversie,
art. 38 Statuto Corte intern. di giustizia 1945: numero chiuso fonti del diritto, principi generali di diritto
DUDU 1948: “giustizia … nel mondo”, art. 8 “effettiva possibilità a competenti tribunali nazionali contro
atti che violino i diritti fondamentali”, 1966ss.: strumenti di tutela dei diritti umani
Trattato Nato 1949: preminenza del diritto
Convenzione Vienna 1969: Pacta sunt servanda (art. 26)
Trattato WTO (1994): dispute settlement
Statuto Corte penale internazionale (1998): principi generali del diritto penale
Statuto Consiglio d’Europa: art. 3 “principio della preminenza del diritto”,
preambolo CEDU e strumenti di tutela dei diritti umani
Art. 2, 7 TUE: valori e autotutela dell’UE; Art. 19 TUE: poteri / istituzioni meno separate
Carta dei diritti CDFUE: “stato di diritto”

3. Fonti storiche
- “dura lex, sed lex” (Socrate)
- “governo delle leggi” (Platone e Aristotele)
- sine lege nulla poena (Dig. 50, 16, 131), ideale della codificazione nel diritto romano
- Magna Carta 1215 no punishment “except by the lawful judgment of peers by the law of the land”
- diritto di resistenza contro il tiranno
- Bonhams case 1610: “the common law will controul Acts of Parliament, and sometimesadjudge them to be
utterly void” ,
- sospensione del giudice E. Coke (1616), vietata nella Act of Settlement 1701
- “rule of law” definita da J. Locke (1690): “Whoever has the legislative or supreme power of any
commonwealth is bound to govern by established standing laws, promulgated and known by the people, and
not by extemporary decrees, by indifferent and upright judges…”
- separazione orizzontale dei poteri (Montesquieu: sul governo dell’Inghilterra)
- moderazione del potere punitivo (Beccaria)

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- stato di diritto liberale (800): sicurezza/certezza del diritto, libertà negativa ed eguaglianza formale, opposto
al Polizeistaat (poteri discrezionali a rischio di arbitrio)
- critica di Kelsen (900): ogni stato è solo ordinamento giuridico
- stato di diritto sociale (900): giustizia, libertà positiva ed eguaglianza sostanziale

4. Casi e problemi pratici


(1) Corte costituzionale n. 24/2004 (Immunità per le alte cariche)
“Alle origini della formazione dello Stato di diritto sta il principio della parità di trattamento rispetto alla giurisdizione,
il cui esercizio, nel nostro ordinamento, sotto più profili è regolato da precetti costituzionali.
L’automatismo generalizzato della sospensione incide, menomandolo, sul diritto di difesa dell’imputato, al quale è
posta l’alternativa tra continuare a svolgere l’alto incarico sotto il peso di un’imputazione che, in ipotesi, può
concernere anche reati gravi e particolarmente infamanti, oppure dimettersi dalla carica ricoperta al fine di ottenere, con
la continuazione del processo, l’accertamento giudiziale che egli può ritenere a sé favorevole, rinunciando al godimento
di un diritto costituzionalmente garantito (art. 51 Cost.). Ed è appena il caso di osservare che, in considerazione
dell’interesse generale sotteso alle questioni di legittimità costituzionale, è ininfluente l’atteggiamento difensivo assunto
dall’imputato nella concretezza del giudizio.”

(2) Corte costituzionale n. 115/2011 (sindaci sceriffi)


“Questa Corte ha affermato, in più occasioni, l’imprescindibile necessità che in ogni conferimento di poteri
amministrativi venga osservato il principio di legalità sostanziale, posto a base dello Stato di diritto. Tale principio non
consente «l’assoluta indeterminatezza» del potere conferito dalla legge ad una autorità amministrativa, che produce
l’effetto di attribuire, in pratica, una «totale libertà» al soggetto od organo investito della funzione (sentenza n. 307 del
2003; in senso conforme, ex plurimis, sentenze n. 32 del 2009 e n. 150 del 1982). Non è sufficiente che il potere sia
finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore, ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel
contenuto e nelle modalità, in modo da mantenere costantemente una, pur elastica, copertura legislativa dell’azione
amministrativa. (…) pqm (…)
dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 54, comma 4, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267 (Testo unico
delle leggi sull’ordinamento degli enti locali), come sostituito dall’art. 6 del decreto-legge 23 maggio 2008, n. 92
(Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito, con modificazioni, dall’art. 1, comma 1, della legge 24
luglio 2008, n. 125, nella parte in cui comprende la locuzione «, anche» prima delle parole «contingibili e urgenti».

(3) Corte costituzionale n. 120/2014 (poteri di autodichia istituiti da reg. parl. legittimi, ma…)
“(…) anche norme non sindacabili potrebbero essere fonti di atti lesivi di diritti costituzionalmente inviolabili e, d’altra
parte, deve ritenersi sempre soggetto a verifica il fondamento costituzionale di un potere decisorio che limiti quello
conferito dalla Costituzione ad altre autorità. L’indipendenza delle Camere non può infatti compromettere diritti
fondamentali, né pregiudicare l’attuazione di principi inderogabili.
Come affermato da questa Corte, davanti a ciò che «[…] esuli dalla capacità classificatoria del regolamento
parlamentare e non sia per intero sussumibile sotto la disciplina di questo (perché coinvolga beni personali di altri
membri delle Camere o beni che comunque appartengano a terzi), deve prevalere la “grande regola” dello Stato di
diritto ed il conseguente regime giurisdizionale al quale sono normalmente sottoposti, nel nostro sistema costituzionale,
tutti i beni giuridici e tutti i diritti (artt. 24, 112 e 113 della Costituzione)» (sentenza n. 379 del 1996).
Peraltro, negli ordinamenti costituzionali a noi più vicini, come Francia, Germania, Regno Unito e Spagna, l’autodichia
sui rapporti di lavoro con i dipendenti e sui rapporti con i terzi non è più prevista.
Nel nostro ordinamento è altresì significativo che molteplici decisioni di questa Corte, oltre che della Corte di
Strasburgo, abbiano assoggettato a stretta interpretazione la stessa immunità parlamentare prevista dal primo comma
dell’art. 68 Cost., riconosciuta soltanto quando sia dimostrato, secondo criteri rigorosi, il nesso funzionale fra l’opinione
espressa e l’attività parlamentare, proprio per limitare l’impedimento all’accesso al giudice da parte di chi si ritenga
danneggiato (ex plurimis, sentenze n. 313 del 2013, n. 98 del 2011, n. 137 del 2001, n. 11 e n. 10 del 2000).
Il rispetto dei diritti fondamentali, tra i quali il diritto di accesso alla giustizia (art. 24 Cost.), così come l’attuazione di
principi inderogabili (art. 108 Cost.), sono assicurati dalla funzione di garanzia assegnata alla Corte costituzionale. La
sede naturale in cui trovano soluzione le questioni relative alla delimitazione degli ambiti di competenza riservati è
quella del conflitto fra i poteri dello Stato: «Il confine tra i due distinti valori (autonomia delle Camere, da un lato, e
legalità-giurisdizione, dall’altro) è posto sotto la tutela di questa Corte, che può essere investita, in sede di conflitto di
attribuzione, dal potere che si ritenga leso o menomato dall’attività dell’altro» (sentenza n. 379 del 1996).
In tale sede la Corte può ristabilire il confine – ove questo sia violato − tra i poteri legittimamente esercitati dalle
Camere nella loro sfera di competenza e quelli che competono ad altri, così assicurando il rispetto dei limiti delle
prerogative e del principio di legalità, che è alla base dello Stato di diritto.”

Bibliografia: P. Costa, D. Zolo (a cura di), Lo Stato di diritto, Milano, Feltrinelli 2002;
R. Bin, Lo Stato di diritto, Bologna: Mulino 2004; G. Silvestri, Lo Stato di diritto nel XXI secolo (2011), www.rivistaic.it

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(10) Decentramento (autonomie e sussidiarietà)

1. Fonti costituzionali:
art. 2 formazioni sociali titolari di autonomie
art. 3 co. 2 autonomie e partecipazione all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese
art. 5: riconoscimento e garanzia delle autonomie locali e del decentramento amministrativo
art. 6 autonomie come tutela delle minoranze linguistiche
art. 7-9, 33 autonomie culturali
art. 57 senato eletto “a base regionale”; art. 67 no rappresentanza territoriale;
art. 83 partecipazione regioni a elezione Presidente;
seconda parte, titolo V, art. 114-133
art. 116, 123: statuti regionali speciali e ordinari non sono costituzioni
art. 118 sussidiarietà
art. 132-3 le riforme territoriali mancate
art. 134 controversie Stato-Regioni, 138 iniziativa di revisione
disp. I-IV, VIII-XI

2. Fonti europee ed internazionali


CoE: Carta delle autonomie locali (1985)
UE: preambolo trattato di Maastricht 1992: principio di sussidiarietà
Art. 5 TUE “1. La delimitazione delle competenze dell'Unione si fonda sul principio di attribuzione. L'esercizio delle
competenze dell'Unione si fonda sui principi di sussidiarietà e proporzionalità. (…) 3. In virtù del principio di
sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli
obiettivi dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale
né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere
conseguiti meglio a livello di Unione. Le istituzioni dell'Unione applicano il principio di sussidiarietà conformemente al
protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità. I parlamenti nazionali vigilano sul rispetto
del principio di sussidiarietà secondo la procedura prevista in detto protocollo.”
Art. 6 TUE rispetto delle autonomie locali nazionali
Art. 13 (4) TUE “Il Parlamento europeo, il Consiglio e la Commissione sono assistiti da un Comitato economico e
sociale e da un Comitato delle regioni, che esercitano funzioni consultive.”
Protocollo sull’applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità (Trattato di Lisbona)
OCSE Copenhagen Document 1990: 35.
“Gli Stati partecipanti rispettano il diritto delle persone appartenenti a minoranze nazionali di partecipare
effettivamente agli affari pubblici, ivi compresa la partecipazione alle questioni relative alla tutela e alla
promozione dell’identità di tali minoranze.
Gli Stati partecipanti rilevano gli sforzi intrapresi per tutelare e creare condizioni idonee alla promozione
dell’identità etnica, culturale, linguistica e religiosa di determinate minoranze nazionali mediante la
costituzione, come uno dei mezzi possibili per conseguire tali finalità, di amministrazioni locali o autonome
adeguate, rispondenti ai fattori specifici storici e territoriali relativi a tali minoranze e conformi alle politiche
dello Stato in questione.”
UN Sustainable Development Goals 2015: 11. “Make cities inclusive, safe, resilient and sustainable.”
UN World Cities Report 2016

3. Fonti storiche
- Federalismo dell’Antico testamento e della Grecia Antica vs Impero romano
- autonomie e leghe delle città medievali (statuti)
- pluralismo degli stati preunitari
- utopie ottocentesche: progetti di confederazione italiana, regionalismo postunitario (Minghetti),
federalismo socialista (Proudhon)
- Enciclica Rerum Novarum (1891): “non è giusto … che il cittadino e la famiglia siano assorbiti
dallo Stato”
- regionalismo coloniale (Santi Romano), regionalizzazione anti-separatista del secondo dopoguerra
- regionalismo vs. municipalismo: il sistema delle conferenze

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4. Casi e problemi pratici
Corte costituzionale
Sent. n. 496/2000: no referendum consultivo nella regione Veneto su revisione costituzionale
Sent. n. 106/2002: no parlamenti regionali
Sent. n. 50/2015: riforma delle province (cd. legge Delrio)

Riforme istituzionali:
- la riforma del 2001 e i progetti di federalismo
- la crisi delle autonomie speciali
- il fallito neocentralismo del 2016: abolizione competenza concorrente e nuova competenza statale
per norme di interesse nazionale
- il regionalismo differenziato (art. 116 III)

Come riformare il sistema delle conferenze ?


13/10/2016. La Commissione parlamentare per le questioni regionali ha approvato il documento
conclusivo dell'indagine conoscitiva sulle forme di raccordo tra lo Stato e le autonomie territoriali,
con particolare riguardo al 'sistema delle conferenze'.

http://www.camera.it/application/xmanager/projects/leg17/attachments/
shadow_comunicatostampa/allegato_pdfs/000/010/627/Documento_conclusivo_approvato.pdf

Biografia:
J. Luther, Alla ricerca di un concetto giuridico europeo di autonomia, in: Scritti in onore di A. D’Atena, Milano, 2014, III, 1745 ss.
I. Massapinto, Il principio di sussidiarietà: profili storici e costituzionali, Napoli 2003
L. Vandelli, Sistema delle autonomie locali, Bologna 2015

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(11) Internazionalità (o pace)

1. Fonti costituzionali
art. 1 “Italia”, sovranità del popolo come base della sovranità dello Stato
art. 2 diritti dell’uomo (clausola di apertura) e doveri di solidarietà anche internazionale,
3 co. 1 eguaglianza dei cittadini, ma non-discriminazione per origine, eguaglianza sostanziale anche
tra persone e lavoratori,
art. 7 Città del Vaticano, art. 8 eguale libertà per tutte le confessioni del mondo
art. 9 sviluppo cultura anche universale, tutela del patrimonio artistico e storico della Nazione
art. 10 diritto internazionale consuetudinario, diritti dello straniero, diritto di asilo/rifugio
art. 11: clausole di pace, limitazione di sovranità, favore organizzazioni internazionale
art. 12 bandiera: speranza (e natura), fede, amore
art. 26 non estradizione,
art. 35 OIL,
art. 51 parificare “italiani non appartenenti alla repubblica”; art. 52 difesa della Patria
art. 56-57 circoscrizioni estero
art. 78 stato di guerra, 80 trattati internazionali, art. 87 accreditamento diplomatici
art. 103 co. 3 giustizia militare come garanzia
art. 117 co. 1 vincoli derivanti da ordinamento comunitario e obblighi internazionali; co. 2 lett. a),
b), d) competenze esclusive, co. 3, 5, 9: competenze concorrenti e potere estero regionale

2. Fonti internazionali ed europee: lo Statuto ONU è una costituzione internazionale ?


Art. 1 I fini delle Nazioni Unite sono: 1) Mantenere la pace e la sicurezza internazionale, ed a questo fine: prendere
efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre
violazioni della pace, e conseguire con mezzi pacifici, ed in conformità ai princìpi della giustizia e del diritto
internazionale, la composizione o la soluzione delle controversie o delle situazioni internazionali che potrebbero portare
ad una violazione della pace;
2) Sviluppare tra le nazioni relazioni amichevoli fondate sul rispetto del principio dell'eguaglianza dei diritti e
dell'autodeterminazione dei popoli, e prendere altre misure atte a rafforzare la pace universale;
3) Conseguire la cooperazione internazionale nella soluzione dei problemi internazionali di carattere economico,
sociale, culturale od umanitario, e nel promuovere ed incoraggiare il rispetto dei diritti dell'uomo e delle libertà
fondamentali per tutti senza distinzioni di razza, di sesso, di lingua o di religione;
4) Costituire un centro per il coordinamento dell'attività delle nazioni volta al conseguimento di questi fini comuni.
Art. 2 L'Organizzazione ed i suoi Membri, nel perseguire i fini enunciati nell'art. 1, devono agire in conformità ai
seguenti princìpi: 1) L'Organizzazione è fondata sul principio della sovrana uguaglianza di tutti i suoi Membri.
2) I Membri, al fine di assicurare a ciascuno di essi i diritti ed i benefici risultanti dalla loro qualità di Membro, devono
adempiere in buona fede gli obblighi da loro assunti in conformità al presente Statuto.
3) I Membri devono risolvere le loro controversie internazionali con mezzi pacifici, in maniera che la pace e la
sicurezza internazionale, e la giustizia, non siano messe in pericolo.
4) I Membri devono astenersi nelle loro relazioni internazionali dalla minaccia o dall'uso della forza, sia contro
l'integrità territoriale o l'indipendenza politica di qualsiasi Stato, sia in qualunque altra maniera incompatibile con i fini
delle Nazioni Unite.
5) I Membri devono dare alle Nazioni Unite ogni assistenza in qualsiasi azione che queste intraprendano in conformità
alle disposizioni del presente Statuto, e devono astenersi dal dare assistenza a qualsiasi Stato contro cui le Nazioni Unite
intraprendano un'azione preventiva o coercitiva.
6) L'Organizzazione deve fare in modo che gli Stati che non sono Membri delle Nazioni Unite agiscano in conformità a
questi princìpi, per quanto possa essere necessario per il mantenimento della pace e della sicurezza internazionale.
7) Nessuna disposizione del presente Statuto autorizza le Nazioni Unite ad intervenire in questioni che appartengano
essenzialmente alla competenza interna di uno Stato, né obbliga i Membri a sottoporre tali questioni ad una procedura di
regolamento in applicazione del presente Statuto; questo principio non pregiudica però l'applicazione di misure
coercitive a norma del capitolo VII.
v. dispensa sulle fonti internazionali: statuti e trattati NATO, WTO, Consiglio d’Europa, UE

3. Fonti storiche
Livius: « Sunt et belli sicut pacis iura. »
Agostino: bellum iustum per iusta causa punitiva e recta intentio cristiana

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Francisco de Vitoria: De Iure Belli Hispanorum in Barbaros
Ugo Grozio e Alberico Gentili: ius in bello, bellum iustum ex utraque parte
Pace di Vestfalia, progetto di pace perpetua (Kant, St. Pierre)
John Austin: International law is law, unproperly so called
1863 battaglia di Solferino e fondazione della croce rossa,
Lega delle nazioni, 1928: patto Briand Kellog (ripudio)
Federalismo europeo di A. Spinelli
Teoria della Costituzione civile internazionale (Teubner)

4. Casi problematici
Corte costituzionale
Sent. n. 349/2008 valore CEDU e sentenze di Strasburgo
Sent. n. 40/2013 diritti degli stranieri
sent. n. 238/2014 (Corte costituzionale c. Corte internazionale di giustizia)
Decreto antiterrorismo (allegato A)

Politiche migratorie
www.curia.europa.eu Press and Information General Court of the European Union PRESS
RELEASE No 19/17 Luxembourg, 28 February 2017, Orders of the General Court in Cases T-
192/16, T-193/16 and T-257/16 NF, NG and NM v European Council: The General Court declares
that it lacks jurisdiction to hear and determine the actions brought by three asylum seekers against
the EU-Turkey statement which seeks to resolve the migration crisis. That measure was not adopted
by one of the institutions of the EU
On 18 March 2016, a statement setting out how the Member States of the EU and Turkey intend, first, to address the
current migration crisis and, secondly, to combat human trafficking between Turkey and Greece (‘the EU-Turkey
statement’) was published, in the form of a press release, on the website shared by the European Council and the
Council of the European Union.1 The main points of that statement are the following:
 all new irregular migrants crossing from Turkey to the Greek islands as from 20 March 2016 will be returned to
Turkey;
 migrants arriving in the Greek islands will be duly registered and any application for asylum will be processed
individually by the Greek authorities in accordance with the Asylum Procedures Directive; 2
 migrants not applying for asylum or whose application for asylum has been found to be unfounded or inadmissible
will be returned to Turkey;
 for every Syrian being returned to Turkey from the Greek islands, another Syrian will be resettled from Turkey to the
European Union.
Two Pakistani nationals and an Afghan national travelled from Turkey to Greece, where they submitted applications for
asylum. In those applications, they stated that, for a variety of reasons, they risked persecution if they returned to their
respective countries of origin. In view of the possibility, pursuant to the ‘EU-Turkey statement’, that they might be
returned to Turkey if their applications for asylum are rejected, those persons decided to bring actions before the
General Court of the European Union with a view to challenging the legality of the ‘EU-Turkey statement’. According
to those asylum seekers, that statement is an international agreement which the European Council, as an institution
acting in the name of the EU, concluded with the Republic of Turkey. However, they claim, in particular, that this
agreement infringes the rules of the FEU Treaty relating to the conclusion of international agreements by the EU. For its
part, the European Council raised a plea pursuant to Article 130 of the Rules of Procedure of the General Court, in
which it contended that the Court lacked jurisdiction to hear and determine the actions.
In the orders made today, the General Court declares that it lacks jurisdiction to hear and determine the actions pursuant
to Article 263 TFEU, and, accordingly, dismisses them.
In those orders, the Court states, first of all, that there were inaccuracies in the press release of 18 March 2016 regarding
the identification of the authors of the ‘EU-Turkey statement’ as the pressrelease indicates, first, that it was the EU, and
not its Member States, which had agreed on the additional action points referred to in that statement and, secondly, that
it was the ‘Members of the European Council’ who had met with their Turkish counterpart during the meeting of 18
March 2016 which gave rise to that press release.
The Court takes the view that the evidence, provided by the European Council and relating to the meetings on the
migration crisis held successively in 2015 and 2016 between the Heads of State or Government of the Member States
and their Turkish counterpart, shows that it was not the EU but its Member States, as actors under international law, that
conducted negotiations with Turkey in that area, including on 18 March 2016.

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(12) Costituzionalità (o equilibrio costituzionale)

1. Fonti costituzionali
art. 1 “limiti e forme”: Costituzione come limite (liberale) e forma(nte) che legittima
ogni potere repubblicano, sovranità popolare costituente e sovranità della Costituzione
art. 52 difesa della Patria anche come difesa della costituzione,
art. 54 “osservare la Costituzione”, XVIIIa disp. Fin. “come Legge fondamentale”,
non: “farla osservare”
art. 90, 96 responsabilità ministri, Presidente Repubblica: “attentato alla Costituzione”
art. 114 statuti regionali come “imitazioni” di costituzioni
art. 126 scioglimento Consiglio, art. 127 impugnazione leggi regionali
parte seconda, titolo VII: art. 134ss. Corte costituzionale come garanzia della stabilità e rigidità,
art. 138, revisione costituzionale come garanzia di una adeguata flessibilità
art. 139: supremazia della forma repubblicana e dei principi supremi

2. Fonti europee e internazionali


Art. 48 TUE: procedure di revisione con e senza convenzione dei trattati europei
Ius cogens e fonti di diritto internazionale: Statuto ONU e nocciolo duro dei diritti come
costituzioni parziali della società internazionale ?
Statuti Corti Internazionali (Aia, Lussemburgo, Strasburgo ecc.) come corti costituzionali ?

3. Fonti storiche
- idee del costituzionalismo antico e moderno (Constant) contro l’assolutismo (no “rex legibus
solutus”): antico organicismo e comunitarismo vs. moderno artificialismo ed individualismo
(costituzione scritta come atto o pactum societatis et subjectionis verso lo Stato)
Costituzionalismo francese (europeo) e statunitense (1787/9):
- Teoria dell’esauribilità del potere costituente (abate Sieyes):
il potere costituente affidato all’assemblea costituente si estingue dopo l’esercizio, resta solo un
potere di revisione, anche organica, che mantiene la costituzione in vita
- Teoria dell’inesauribilità del potere costituente (Jefferson):
ogni generazione ha il diritto di darsi una propria costituzione, convocando una nuova assemblea
costituente, ma il diritto di fare tabula rasa (O. Mayer: solo il diritto amministrativo permane)
- Marbury vs. Madison (1803): il giudice può disapplicare la legge (judicial review of legislation),
applicando direttamente la Costituzione, tutelando anche i diritti (Bill of Rights) contro i poteri
- Art. 36 Statuto Albertino 1848: giustizia politica (accuse contro i ministri giudicate in senato)
come prima radice della giustizia costituzionale, forma speciale di giustizia penale (contro tiranni),
- Corte costituzionale austriaca 1920: gemella della Corte di giustizia amministrativa per un
controllo sugli atti legislativi (constitutional review) e conflitti di competenza fra poteri territoriali e
funzionali, forma speciale di giustizia civile (vindicatio potestatis)
- Referendum costituzionale ed elezioni assemblea costituente italiana 1946:
decisione del popolo sulla forma repubblicana dello Stato costituzionale ed elezione di un organo
rappresentativo che proceduralmente prelude alla scelta della forma di governo parlamentare,
- fallito tentativo di una Costituzione europea (trattato costituzionale) 2001 e trattato di Lisbona
2009, come “costituzionalizzare” (limitare e rilegittimare) il potere dell’UE?
- verso una Costituzione civile internazionale (Teubner) o un diritto costituzionale comune degli
Stati costituzionali dell’umanità (Haeberle)?
- judicial constitutionalism: il principio di costituzionalità come giustificazione di un’estensione dei
poteri del giudice costituzionale; verso un governo dei giudici costituzionali ed internazionali ?
- Equilibrio costituzionale significa “constitutio semper conservanda vel reformanda”,
cioè conservazione del primato del diritto costituzionale e della politica costituzionale, senza
interferenze della e nella giustizia costituzionale.

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4. Problemi pratici

4.1. Potere costituente e informazione sui referendum costituzionali


1. Anche il potere costituente nazionale dovrebbe rispettare i diritti umani ?
2. Per sostituire la Costituzione attuale, deve essere seguito lo stesso iter procedimentale con il quale è stata
scritta nel 1946/7 o basta il procedimento dell’art. 138, rendendo il referendum obbligatorio ?
3. Vista l’inflazione dei referendum costituzionali negli ultimi decenni e l’esito del referendum costituzionale
2016, come deve avvenire l’informazione da parte dei fautori del si e del no ?

4.2. Riforme costituzionali in atto


“L'8 ottobre 2019 l'Assemblea della Camera ha approvato la proposta di legge costituzionale C. 1585-B
cost., già approvata in seconda deliberazione dal Senato, che riduce il numero dei parlamentari previsto
dalla Costituzione a 400 deputati e 200 senatori elettivi. Il testo è stato pubblicato nella Gazzetta
Ufficiale del 12 ottobre 2019.
E' altresì in corso di esame parlamentare, presso il Senato, un testo di modifica dell'articolo 58, primo
comma, della Costituzione, che abbassa da 25 a 18 anni l'età per eleggere i componenti del Senato della
Repubblica.
Parallelamente, è in discussione la proposta di modifica costituzionale che, integrando l'articolo 71 della
Costituzione, introduce una particolare forma di iniziativa legislativa popolare "rinforzata" che può essere
confermata attraverso il referendum popolare. E' parallelamente oggetto di modifica l'articolo 75 della
Costituzione, sul referendum abrogativo, con particolare riguardo al quorum richiesto per la sua
approvazione.
E' infine all'esame del Senato una proposta di legge, di iniziativa parlamentare, che abroga il Consiglio
nazionale dell'economia e del lavoro (CNEL).”
https://www.camera.it/temiap/documentazione/temi/pdf/1104514.pdf?_1569729219324

4.4. Sentenze della Corte costituzionale che attuano il principio di costituzionalità:


Sent. n. 1/1956: controllo di costituzionalità anche sulle leggi anteriori alla costituzione
Sent. n. 13/1960: corte costituzionale organo sui generis
Sent. n. 1146/1988: controllo di costituzionalità sulle leggi costituzionali
Sent. n. 238/2014: primato del diritto al giudice sulle consuetudini internazionali di immunità degli Stati

Domande:
1. Occorre consentire un accesso popolare diretto alla Corte costituzionale (sui modelli della actio
popularis, della Verfassungsbeschwerde o dell’amparo), almeno contro le decisioni di verifica delle
elezioni del parlamento ?
2. E legittimo dare comunicati stampa su sentenze non ancora pubblicate ?
Bibliografia: E. Cheli, Il giudice delle leggi, Bologna 2006
L. Pegoraro, Giustizia costituzionale comparata, Torino 2007
G. Zagrebelsky, Principi e voti, Torino 2005; idem, Intorno alla legge, Torino 2009 idem, Giustizia costituzionale, Bologna 2012
id., P. Portinaro, G. Zagrebelsky, J. Luther, Il futuro della costituzione, Torino 1996
M. Dogliani, introduzione al diritto costituzionale, Bologna 1994
J. Luther, Il costituzionalismo dei giudici costituzionali(2016) www.dirittoequestionipubbliche
Id., Realism and Idealism in the Italian Constitutional Culture, in: M. Adams, A. Meuwese, E. Hirsch Ballin (eds), Constitutionalism and Rule of
Law, Bridging Idealism and Realism, Cambridge University 2017, 326ss.

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