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1.

Se ognuno di noi sia immortale, o se muoia interamente, o se solo


una parte di noi vada perduta e dissolta, mentre un’altra parte, ovvero
ciò che noi veramente siamo, resti per sempre, sarà possibile
comprenderlo nel modo seguente, attraverso una ricerca che rispetti
l’ordine naturale. L’uomo non è affatto un essere semplice, perché in lui
vi è un’anima ma anche un corpo, sia che lo si intenda come nostro
strumento, sia come qualcosa che si lega all’anima in altro modo.
Ammettiamo dunque questa divisione: occorre allora considerare la
natura e l’essenza di ciascuna delle due parti. Anche il corpo è un
composto, e la ragione ci dice che non può persistere, mentre i sensi lo
vedono decomporsi e dissolversi subendo ogni genere di perdita,
quando ciascuno dei suoi elementi ritorna alla propria origine, oppure
ne distrugge un altro, o ne prende il posto facendolo perire, soprattutto
nel momento in cui l’anima, che tiene in armonia le varie parti, non è più
presente alla loro totalità . Anche se si prende separatamente ciascuna
cosa che nasce, non può essere intesa come unità , presupponendo la
suddivisione in materia e forma, di cui anche i corpi semplici sono
necessariamente costituiti. Inoltre, in quanto corpi, sono dotati di
estensione, e perciò possono dividersi e frammentarsi in parti più
piccole, e di conseguenza essere distrutti. Quindi, se il corpo è una parte
di noi, allora non siamo interamente immortali; e se è uno strumento, ci
è stato donato come tale dalla natura per un tempo limitato. Ma la parte
più nobile dell’uomo, la sua essenza, deve essere come una forma in
rapporto a una materia, 1 o come chi utilizza un utensile in rapporto a
tale utensile. In entrambi i casi, l’essenza dell'uomo è l’anima.

2.

Qual è dunque la natura di quest’anima? Se è un corpo, allora deve


essere interamente divisibile, perché ogni corpo è un composto. Se
invece non è corpo, ma è di diversa natura, va comunque studiata in un
modo o nell’altro. Prima di tutto occorre stabilire in quali elementi si
suddivide questo corpo chiamato anima. 2 Dal momento che la vita
appartiene necessariamente all’anima, anche quest’anima corporea, che
1
Cfr. ARISTOTELE. L'anima. 412 a 15-22.
2
La dottrina a cui Plotino fa riferimento è quella degli Stoici. Cfr. SVF I, 142, 518; II, 780,
790 von Arnim.
sarà composta da due o più parti, dovrà avere in ciascuna di esse un
principio di vita, oppure lo avranno solo alcune parti e altre no, o non lo
avrà nessuna. Se la vita appartiene a una sola delle parti, sarà quella
l’anima. Ora, quale potrebbe essere un corpo di per sé dotato di vita? Il
fuoco, l’aria, l’acqua e la terra sono di per sé inanimati, e se in uno di essi
è presente la vita, si tratterà di una qualità presa in prestito. Ma non
esistono altri corpi oltre a questi. E se alcuni ammettono l’esistenza di
altri elementi, non li chiamano certo anime, ma corpi, e nemmeno corpi
viventi. Ma se nessuno di essi possiede la vita, è assurdo dire che la loro
unione crea la vita; e se ognuno di essi la possiede, non c’è bisogno che
l’anima sia composta da più di un corpo. Ma è ancora più impossibile che
un ammasso di corpi generi la vita, e che cose senza intelligenza diano
origine all’intelligenza. Ma, si dirà , questa non è una mescolanza
qualsiasi. In tal caso, si deve comunque ammettere un principio
ordinatore e una causa della mescolanza, e questo principio avrebbe il
ruolo dell’anima. Infatti, non potrebbe esistere al mondo un corpo
composto, e nemmeno uno semplice, se non vi fosse anche un’anima che
pervade l’universo, perché è la ragione che penetra fin dentro la materia
a creare un corpo, e la ragione non proviene da altri che dall’anima.

3.

Se qualcuno dicesse che le cose non stanno così, ma che sono gli
atomi3 o altre sostanze indivisibili. a generare l‘anima attraverso la
reciproca unione e simpatia. si dovrebbe confutare questa tesi. facendo
notare che egli non parla di unione. ma di giustapposizione. poiché
nessuna fusione o simpatia può prodursi tra corpi impassibili e incapaci
di unirsi in uno solo. mentre l’anima ha simpatia con se stessa. inoltre né
un corpo né una grandezza possono derivare da elementi privi di parti. E
non si potrà neppure affermare che un corpo semplice, in quanto
materiale, ha in sé la vita (la materia infatti è priva di qualità ); al
massimo si potrà dire che la vita vi e stata aggiunta da quell’elemento
che ha il rango di forma. Se però a tale forma si darà valore di sostanza,
allora l’anima non coinciderà con il composto di materia e forma, ma con
uno solo dei termini. E questo, a sua volta, non potrà essere un corpo, né
derivare dalla materia, perché in tal caso potremmo scomporlo come
abbiamo fatto prima. I nostri avversari ribatteranno che questa forma è
3
Chiara allusione al materialismo atomistico e segnatamente a Epicuro. Cfr. EPICURO.
Epistola a Erodoto, 65-07 Usener.
un modo d’essere della materia e non una sostanza. Ma allora ci devono
spiegare da dove questo modo d’essere e questa vita sono venute nella
materia, perché la materia da sé non si dà forma, né può introdurre
un’anima in se stessa. È necessario dunque che vi sia un principio
dispensatore di vita, e se questo principio non appartiene né alla materia
né a un qualsiasi corpo, deve per forza essere al di fuori e al di là
dell’intera dimensione corporea. Infatti, non esisterebbe nessun corpo
senza la potenza dell’anima. Se non vi fossero altro che corpi, e si volesse
dare a uno di questi il nome di anima, anch’essa subirebbe la sorte degli
altri corpi, essendo tutti fatti di una sola materia, la cui natura consiste
nello scorrere e nell’essere in movimento, per annientarsi il prima
possibile. O piuttosto, nessuna cosa verrebbe alla luce, ma resterebbe
chiusa nella materia, senza un principio che le desse forma. Forse
nemmeno la materia esisterebbe. Il nostro universo andrebbe distrutto,
se l’unione delle sue parti dipendesse da un corpo, inteso come aria o
pneuma,4 che dovrebbe avere il ruolo e persino il nome di anima, ma che
in realtà è l’elemento più inconsistente, oltre a essere privo di qualsiasi
unità interna. Se tutti i corpi sono divisibili, come si potrà ridurre
l’universo a uno qualunque di questi corpi, senza farne un essere privo
di intelligenza che si muove a caso? Quale ordine potrà mai esserci nel
pneuma, che deve il suo ordine all'anima? Quale ragione? E quale
intelligenza? Ma se l’anima esiste, allora tutto sarebbe al suo servizio.
Per costituire un cosmo e ogni suo essere vivente, mentre ogni forza, da
parte sua, darebbe un contributo all’intero. Senza l’anima tutto questo
non solo non avrebbe un ordine, ma non esisterebbe affatto.

4.

Sono gli stessi Stoici, spinti dalla verità , a dover riconoscere


l’esistenza di una forma di anima anteriore e superiore ai corpi, in
quanto attribuiscono al pneuma il pensiero, e parlano di un fuoco
intelligente. Come se la parte migliore degli esseri non potesse esistere
senza fuoco e pneuma, e fosse in cerca di un luogo in cui stabilirsi! Si
dovrebbe piuttosto chiarire dove dimorano i corpi, e come essi trovano
posto nelle potenze dell’anima. Se poi sostengono che la vita e l’anima
non sono altro che pneuma, a che cosa si riduce quel loro famoso “modo

4
Il termine greco pneuma (alla lettera “soffio”), designa per gli Stoici lo spirito divino che
infonde la vita ai corpi.
d'essere”5 a cui ricorrono ogni volta che sono costretti ad ammettere una
natura diversa dai corpi? Se dunque non tutto il pneuma è anima, perché
esistono molti tipi di pneuma inanimati, e se l’anima è il pneuma “con un
certo modo di essere” non è che un nome. Di conseguenza dovranno
ammettere che non esiste altro che materia, a cui resterà il solo pneuma,
e che anima e dio non sono che parole. 6 Se invece quel modo d’essere è
reale, ed è qualcosa di diverso dal sostrato e dalla materia, pur essendo
nella materia, dovrà essere immateriale, perché a sua volta non sarebbe
composto di materia: questa ragione formale non sarebbe dunque un
corpo, ma una natura diversa dal corpo. Anche dalle osservazioni che
seguono risulterà non meno evidente che in nessun caso l’anima può
essere equiparata a un corpo. Un corpo infatti è caldo o freddo, duro o
molle, liquido o solido, nero o bianco; ha insomma tutti gli attributi che
appartengono alle qualità dei corpi. Se un corpo è caldo, il suo unico
effetto sarà di riscaldare; se è freddo, di raffreddare; se è leggero, di
alleggerire; se è pesante, di appesantire; se è nero di scurire e se bianco
di schiarire. E così al fuoco non appartiene l’effetto di raffreddare, né al
freddo quello di riscaldare. Ma l’anima produce effetti diversi a seconda
dell’essere vivente in cui si trova, e anche nello stesso animale può
generare effetti contrari, ora rendendo solide certe parti, ora
rendendone liquide altre, condensando quelle e diradando queste,
scurendo ciò che è chiaro e appesantendo ciò che è leggero. Tuttavia, se
fosse un corpo, l’anima dovrebbe produrre un unico effetto in base alla
sua qualità corporea, in particolare riguardo al colore; essa invece ne
produce molti.

5
Plotino critica qui la vaghezza del concetto di pneuma e la disinvoltura con cui gli Stoici
se ne servono.
6
Plotino accusa gli Stoici di voler divinizzare la materia. Nei frammenti stoici si trova
questa bella immagine: “Gli Stoici sostengono che Dio scorre attraverso la materia come
il miele nei favi”; cfr. SVF I, 155-157 von Arnim.

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