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Spirito assoluto, intersoggettività, socialità della ragione 393

Luigi Ruggiu

SPIRITO ASSOLUTO, INTERSOGGETTIVITÀ,


SOCIALITÀ DELLA RAGIONE

SPIRITO ASSOLUTO, CRISI DELL’ONTOLOGIA,


CRISI DEL SOGGETTIVISMO

Nella prefazione alla prima edizione della Scienza della logica1


Hegel registra “lo spirito nuovo, che è sorto per la scienza non meno
che per la realtà”, osservando che “quando la forma sostanziale dello
spirito si è mutata, è vano voler ritenere le forma di una cultura an-
teriore”. Si tratta della presa d’atto della fine dell’ontologia e della
metafisica, entrambe le forme paragonate a “foglie flaccide, che ven-
gono spinte via dalle nuove gemme sorte al loro piede”. Finito il
periodo della “fermentazione”, occorre ora intraprendere il cammino
della “trasformazione del materiale”, e quindi dar vita al nuovo com-
pito superiore, “far sì che quel principio diventi scienza”. Le inten-
zioni hegeliane sono del tutto evidenti: l’età della vecchia ontologia
è conclusa. Il nuovo principio sorge su un terreno squisitamente
post-ontologico e post-metafisico. Hegel non solo ha contribuito
potentemente alla definitiva crisi dell’ontologia, ma si è impegnato a
sviluppare la costruzione post-metafisica sulla base dei nuovi princi-
pi. Questi fanno stretto riferimento alla nuova forma sociale della
ragione, che sfocia nella costruzione sociale della realtà. Questa nuo-
1 ␣ Wissenschaft der Logik, hrsg. G. Lasson, Hamburg 1975 (tr. it. A. Moni, Bari

1925; 1968), pp. 3-5. Abbr. W.d.L.

Giornale di Metafisica - Nuova Serie - XXV (2003), pp. 393-418.


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va forma prende in Hegel il nome di Spirito.


Ora, la critica che da più parti della filosofia contemporanea vie-
ne mossa a Hegel è che in realtà questa elaborazione è stata svolta
non portando a compimento definitivo la crisi della ontologia, bensì
trovando ad essa nuovi supporti per rendere la metafisica più solida.
Questo supporto è “il principio dell’età moderna, che gli antichi non
conoscevano” 2, cioè la soggettività, messa al servizio della vecchia
causa.
Un segnale di questa volontà di restaurazione sarebbe dato dal
fatto che Hegel3 deplora la perdita della metafisica e si impegna a
svilupparla in forme nuove.
Ma l’intenzione hegeliana di un ritorno e di un ripristino del-
l’“antica metafisica” non va interpretata come volontà di rimuovere
la crisi dell’ontologia e della metafisica prekantiana evidenziata dalla
svolta in senso trascendentale, bensì come espressione della insuffi-
cienza ad un tempo dell’ontologia oggettivistica e della soluzione
soggettivistica. Non si può rigettare la traduzione kantiana dell’onto-
logica in logica, ma la logica deve essere compresa con una valenza
metafisica.
In che senso?
Nei tentativi jenesi di costruzione del sistema, imperniati sulla re-
lazione tra logica e metafisica, alla logica veniva affidato un compito
negativo e nientificante, quello di dissolvere tutte le determinazioni
finite. Solo alla conclusione di questo itinerario “si passa alla filosofia
vera e propria o metafisica” 4. Queste intenzioni vanno lette alla luce

2␣ G.W.F. Hegel, Jenaer Systementwürfe III. Naturphilosophie und Philosophie des

Geistes, neu herausgegeben von R.P. Horstmann, Hamburg 1987, p. 263. [d’ora in poi
i diversi abbozzi saranno abbreviati JSW seguiti dal numero ordinale]. Che la libertà sog-
gettiva costituisca il principio che distingue il mondo moderno da quello antico –
Grundlinien der Philosophie des Rechtes, mit Hegels eigenhändligen Randbemerkungen in
seinem Handexemplar der Rechtsphilosophie, hrsg. J. Hoffmeister, Hamburg 1955 (tr.
it. Lineamenti di filosofia del diritto, a c. F. Messineo, Bari 1965). Abb. Gr. Ph. Rechts.
parr. 124; 162; 185; 206; 299; 358-360.
3␣ Come dice nella Prefazione alla seconda edizione di W.d.L. del 1812 (p. 28; tr. it.

p. 26).
4␣ K. Rosenkranz, Hegels Leben, mit einer Nachbemerkung zum Nachdruck 1977

von O. Pöggeler, Darmstadt 1988; tr. it. a cura di R. Bodei, Milano 1974; si tratta del-
l’Einleitung, p. 191 (tr. it. R. Bodei, pp. 207-208).
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del proposito di intraprendere la costruzione del “principio di ogni


filosofia nella sua totalità”. Sulla base di questo principio dovrà sor-
gere la convinzione “che in ogni tempo è esistita una sola filosofia e
che essa è rimasta sempre uguale a se stessa” 5. Ma la restaurazione
deve essere liberata dai fraintendimenti delle filosofie più recenti.
Ora già nello scritto sulla Differenza 6 la filosofia è espressione
della “potenza dell’unificazione”. Ad essa è affidato il compito di to-
gliere l’opposizione assoluta di soggetto e oggetto e di riportare que-
sta alla originaria identità. Il compito della ragione si esplica nel “bi-
sogno di restaurare la totalità dalla quale la ragione trae origine”.
Sotto quest’aspetto, il principio di ogni filosofia, al quale allude
Hegel, può essere identificato con quello dell’assoluta identità7 di
soggetto e oggetto, intesa nei termini di una costruzione che poggia
sulle differenze8.
Se questo è vero, la filosofia è metafisica solo in quanto è espres-
sione della totalità come unità delle differenze di soggetto e oggetto.
Il compito ad essa affidato è quello di ricostruire l’unità soggiacente
ai due membri dell’opposizione, per giungere infine alla trattazione
della coppia soggetto-oggetto come indifferente, come quell’unità le
cui forme di apparizione sono arte, religione, speculazione9.
Non devono dunque sorprendere le dichiarazioni secondo le qua-
li la metafisica “è principio di ogni filosofia”, “il più alto principio
della filosofia, “uno e identico principio”10. Il criticismo, invece, già
nelle tesi di abilitazione, viene indicato come una forma imperfetta
␣ ␣ 5␣ Einleitung, in K. Rosenkranz, Hegels Leben, p. 191 (tr. it. R. Bodei, cit., pp. 207-

208: “Non vi prometto perciò nulla di nuovo; i miei sforzi filosofici sono invece diretti
alla restaurazione in senso proprio della più antica età, libera dai fraintendimenti in cui
è stata fatta precipitare dalla non filosofia dei tempi più recenti. Solo da poco in Ger-
mania è stato a malapena riscoperto il concetto di filosofia, ma tale scoperta è nuova
solo per i nostri tempi”.
␣ ␣ 6␣ Differenz des Fichteschen und Schellingschen Systems der Philosophie, in Jenaer

Kritische Schriften, pp. 14-15 [Primi scritti critici, intr. tr. e note di R. Bodei, Milano
1971].
␣ ␣ 7 Ibid., p. 30.
␣ ␣ 8␣ R.P. Horstmann, Jenaer Systemkonzeptionen in Hegel. Einfürung in seine Philo-

sophie, hrs. V.O. Pöggeler, Freiburg-München 1977, p. 47.


␣ ␣ 9 R.P. Horstmann, op. cit., pp. 47-48; p. 52.
10␣ M. Baum, “Zur Methode der Logik und Metaphysik beim Jaener Hegel”, Hegel

Studien, 1980, pp. 128 ss.


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di scetticismo. In Differenz (p. 85) si precisa che per Kant, Fichte e


Jacobi lo scetticismo imperfetto si traduce nell’asserto che l’Assoluto
non può essere conosciuto teoreticamente. Ma per Hegel se l’Asso-
luto è assoluta idea e questo è il vero infinito11, questo è il solo con-
tenuto della ragione, mentre le forme di filosofia della riflessione
sono assolutizzazione delle forme finite.
L’impossibilità di ripristinare la metafisica pre-kantiana è acqui-
sita sin dagli anni del Systemprogramm:
Poiché in futuro tutta la metafisica rientrerà nella morale (di cui Kant
con i suoi postulati pratici ci ha offerto soltanto un esempio, senza
nulla esaurire), l’etica sarà semplicemente un compiuto sistema di
tutte le idee o, ed è lo stesso, di tutti i postulati pratici12.
L’itinerario jenese si svilupperà in direzione di un oltrepassamento
della logica nella metafisica, ma infine sarà la metafisica ad essere
inglobata nella logica speculativa13.
Il principio moderno della soggettività fa tramontare definitiva-
mente ogni metafisica e con essa la possibilità di restaurazione del
mondo greco e dell’unità di metafisica e politica.
È sorta nel mondo una nuova epoca. Sembra che lo spirito universale
sia riuscito a liberarsi da ogni estranea essenza oggettiva, ad intendere
finalmente se medesimo come spirito assoluto e a creare da se stesso
ciò che per lui è oggettivo e a mantenerlo tranquillamente in suo po-
tere. La lotta dell’autocoscienza finita contro l’autocoscienza assoluta,
che alla prima appare fuori di sé, cessa14.
Con il venir meno dell’apparire fuori di sé della coscienza assoluta
alla coscienza finita, scompare la radice della metafisica. Perciò, “con
lo sciogliersi di quell’apparenza dilegua la metafisica fondata sulla
soggettività ignota a se stessa” 15. Pertanto, nel mentre Hegel porta
alla conclusione il processo di liquidazione della metafisica, per altro
11␣Glauben und Wissen [in Primi scritti critici, cit.], 354; 358.
12␣R. Bubner (a cura di), “Das alteste Systemprogramm”, Hegel-Studien, Beiheft 9,
Bonn 1982. “Systemprogramm – Il più antico programma sistematico dell’idealismo
tedesco”, in J.C.F. Hölderlin, Scritti di estetica, Milano 1987, pp. 165.
13␣ F. Chiereghin, Dialettica dell’assoluto e ontologia della soggettività in Hegel. Dal-

l’ideale giovanile alla Fenomenologia dello Spirito, Trento 1980, p. 216.


14 K. Rosenkranz, op. cit., p. 218.
15␣ F. Chiereghin, Dialettica dell’assoluto, cit., p. 213 ss.
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verso ricupera un senso del tutto nuovo della metafisica – come della
logica – come apertura della filosofia all’intero, che nulla ha a che
fare con l’ipostatizzazione di una oggettività esterna e ulteriore ri-
spetto alla coscienza.
Nella Fenomenologia Hegel chiarisce che la verità si realizza solo
alla fine d’un processo che porta alla rinuncia di ogni intervento di
tipo astrattamente soggettivo o oggettivo16. La logica speculativa re-
alizza questo sviluppo: la logica obiettiva [essere e essenza] prende il
posto della metafisica di altri tempi. Già la filosofia critica fa della
metafisica la logica17.
L’emergere della soggettività costituisce il punto di partenza della
filosofia moderna. Ma quella hegeliana è una soggettività che non
può essere intesa secondo una prospettiva dualistica, presente tanto
nella filosofia trascendentale quanto in quella empirista.
Il punto di svolta è la tesi secondo la quale la sostanza è insieme
soggetto. “Secondo il mio modo di vedere che dovrà giustificarsi
soltanto mercé l’esposizione del sistema stesso, tutto dipende dall’in-
tendere e dall’esprimere il vero non come sostanza, ma altrettanto
decisamente come soggetto”18.
Ma il “soggetto” deve essere concepito così come esso si configura
nella Fenomenologia, cioè come Spirito19.
16␣ P.J. Labarrière, in G. Jarczyk, J.P. Labarrière, Hegeliana, Paris 1986, L. M., pp.

196 ss.
17␣ B. Longuenesse, Hegel et la critique de la métaphysique. Études sur la doctrine de

l’essence, Paris 1981, pp. 18 ss.


18␣ Phänomenologie des Geistes, p. 19; L. Lugarini, “Substance et réflexion dans la

Logique et Métaphysique hégelienne d’Jéna”, Hegel Studien, 1980, pp. 152-153 ss.
19␣ AA.VV., Hegel. L’esprit objective. L’unité de l’histoire, Atti del III Congresso Inter-

nazionale di Lille (8-10 Aprile 1968), Lille, Faculté des Lettres et Sciences Humaines de
Lille, 1970; G. Amengual, “Del ideal de comunidad popular al concepto de espiritu.
Estudio sobre el surgimiento del concepto de espiritu en el contexto de la relación entre
comunidad popular y religion en el joven Hegel”, in Estudios Filosóficos, Valladolid
1987, pp. 59-107; L. Bignami, “Le diverse accezioni del termine “spirito” negli scritti
teologici giovanili di Hegel”, Verifiche, XI (1982), 1; C. Bouton, Temps et esprit dans la
philosophie de Hegel (De Francfort à Jéna), Paris 2000; E. Brito, “Deux théories de
l’esprit. Hegel et Schleiermacher”, Rev. Philos. de Louvain, 91 (1993), pp. 31-64; M.
D’Abbiero, Le ombre della comunità. Il soggetto e la realtà del mondo nella Fenomenologia
dello spirito di Hegel, Marietti, Genova 1991; T.F. Geraets, Lo spirito assoluto come aper-
tura del sistema hegeliano, Napoli 1984; D. Henrich, “Absoluter Geist und Logik des
Endlichen”, Hegel-Studien, B. 20, 1980, pp. 103-118; D. Henrich, Andersheit und
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Questa è una autocoscienza per una autocoscienza; e soltanto così


essa in effetto è; ché soltanto così diviene per lei l’unità di se stessa nel
suo esser-altro... Essendo un’autocoscienza l’oggetto, esso è tanto Io,
quanto oggetto. Così per noi è già presente il concetto dello spirito.
Quel che per la coscienza si viene istituendo, è l’esperienza di ciò che
lo spirito è, questa sostanza assoluta la quale, nella perfetta libertà e
indipendenza della propria opposizione, ossia di autocoscienze diverse
per sé essenti, costituisce l’unità loro: Io che è Noi, e Noi che è Io20.
Dunque la nuova dimensione della filosofia è la struttura comunita-
ria della razionalità sociale. La liberazione dalla vecchia metafisica
non avviene perciò capovolgendo semplicemente il primato dell’og-
getto in quello del soggetto, né tantomeno utilizzando il soggetto
come strumento per puntellare e riaffermare il vecchio primato del-
l’essere assumendo come nuovo fondamento il soggetto.
In questo modo, infatti, l’affermazione hegeliana della “Vorrede”
alla Fenomenologia secondo la quale “tutto dipende dall’intendere e
dall’esprimere il vero non come sostanza, ma altrettanto decisamente
come soggetto”, sembra semplicemente rovesciare la posizione spi-
noziana della sostanza come causa sui, riconducendo questo processo

Absolutheit des Geistes. Sieben Schritte auf dem Wege von Schelling zu Hegel, in Selbst-
verhältnisse. Gedanken und Auslegungen zu den Grundlagen der klassischen deutschen
Philosophie, Stuttgart 1982, pp. 142-172; W. Kern, “Die Aristotelesdeutung Hegels. Die
Aufhebung des Aristotelischen ‘Nous’ in Hegels ‘Geist’”, Philosophisches Jahrbuch 78
(1971), pp. 237-259; P.J. Labarrière, “Le savoir absolu de l’esprit”, Rev. Univ. Ottawa,
pp. 71-79; B. Lakebrink, “Geist und Arbeit im Denken Hegels”, Phil. Jahrbuch, 1962,
pp. 98-108; Q. Lauer, “Is Absolute Spirit God? in Hegel. L’esprit absolu”, Rev. Univ.
Ottawa, pp. 89-99; B. Meyer, “Spinozas System – eine Wurzel von Hegels Philosophie
des absoluten Geistes”, Hegel-Jahrbuch 1972, pp. 223-231; A.T. Peperzak, Selbster-
kenntnis des Absolutes. Grundlinien der hegelschen Philosophie des Geistes, Stuttgart-Bad
Cannstat 1987; A.T. Peperzak, Logica e storia nella Filosofia dello spirito hegeliana, in G.
Movia (a cura di), La logica di Hegel e la storia della filosofia, Atti del Convegno di Ca-
gliari 20-22 aprile 1993, Cagliari 1996, pp. 71-94; T. Pinkard, “The Successor to Meta-
physics. Absolute Idea and absolute Spirit” [Hegel], Monist. 74 (1991), 3, pp. 295-328;
J. Quillien, Langage et Esprit objective, in Hegel. L’esprit objective. L’unité de l’histoire, Atti
del III Congresso Internazionale di Lille (8-10 Aprile 1968), Faculté des Lettres et
Sciences Humaines de Lille, Lille 1970, pp. 297-310; M. Riedel, Spirito oggettivo e filo-
sofia pratica, in Studien zu Hegels Rechtsphilosophie, Frankfurt 1969 (tr. it. Hegel tra tra-
dizione e rivoluzione, Bari 1975, pp. 5-35); N. Rotenstreich, “On Spirit – An Interpre-
tation of Hegel”, Hegel-Studien 15 (1980), pp. 199-240; M. Theunissen, Hegels Lehre
vom absoluten Geist als theologisch-politischer Traktat, Berlin 1970.
20 Phänomenologie des Geistes, p. 140 [tr. it., p. 151].
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di autocausazione ad un processo di autoriflessione, cioè alla trasfor-


mazione della sostanza in un soggetto inteso come uno dei lati del-
l’opposizione.
La risposta di Hegel consiste invece nella riconduzione del con-
cetto di soggetto nel contesto di quello di Spirito, che viene così ad
essere il vero principio motore del sistema hegeliano. Su questa base
si può affermare che Hegel è “un protagonista della detrascendenta-
lizzazione” 21. Il concetto hegeliano di spirito è in funzione antisog-
gettivistica.
Ma, malgrado questo riconoscimento, Hegel ricadrebbe, anche
secondo Habermas, nel soggettivismo22.
Attraverso quale percorso?
Habermas non nega che Hegel abbia trattato della costituzione
intersoggettiva dell’oggettività, ovvero abbia introdotto la tesi che il
mondo oggettivo ha una natura sociale23. Ma questa riduzione, at-
tuata attraverso le forme di mediazione dello spirito quali linguaggio,
lavoro e interazione, costituisce tuttavia non l’esito finale, ma solo
una “tappa sulla via che porta dallo spirito oggettivo allo spirito as-
soluto”. Insomma, finché Hegel rimane all’interno dello spirito og-
gettivo, resta anche ben ferma la riduzione dell’essere alla socialità.
Con l’introduzione del concetto di spirito assoluto egli, in realtà,
farebbe un passo indietro ricadendo “nella concezione mentalista di
quell’autoriflessione che egli aveva così duramente criticato in prece-
denza” 24.
Habermas liquida ogni lettura intersoggettiva dello “spirito”,
come quella condotta dagli esponenti della filosofia post-analitica
americana, come frutto di un atteggiamento deflazionistico, estraneo
21 ␣ J. Habermas, “From Kant to Hegel and Back again. The Move towards De-

transcendentalization”, European Journal of Philosophy 7 (1999), p. 130 (d’ora in poi, ci-


tato come Habermas 1999). Ora in Verità e giustificazione. Saggi filosofici, Roma-Bari
2001.
22␣ Cfr. L. Cortella, “Dopo il sapere assoluto. L’eredità hegeliana nell’epoca post-me-

tafisica”, Hegeliana, Milano 1995; L. Cortella, Autocritica del moderno. Saggi su Hegel,
Padova 2002.
23␣ Su questo aspetto ha insistito A. Masullo, La potenza della scissione. Letture hege-

liane, a cura e con prefazione di M. De Angelis, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli


1997.
24 Habermas 1999, p. 130.
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al testo hegeliano. Inoltre, osserva ancora, lo spirito assoluto, con la


sua pretesa di assolutezza, cerca di negare la dimensione della finitez-
za propria di ogni riduzione alla socialità. Lo spirito assoluto non sa-
rebbe altro che l’oggettivazione di questa pretesa, la costruzione di
un punto di vista esterno e imparziale in grado di oltrepassare la
contingenza e fallibilità delle verità propria dell’orizzonte puramente
storico e intersoggettivo.
Ci chiediamo tuttavia se la distinzione introdotta da Habermas
tra intersoggettività e obiettività sia valida nel contesto di un discorso
quale quello hegeliano che pone, come riconosce lo stesso Haber-
mas, l’oggettività come espressione della mediazione sociale. Tanto
più che deriva da ciò il ruolo attribuito al medio – linguaggio, lavo-
ro, interazione –, e la centralità assunta dalla relazione intersoggettiva
nella costruzione dell’autocoscienza e in quella del “dato”. La critica
dell’immediatezza del dato procede unitariamente alla distruzione
dell’immediatezza e assolutezza del soggetto. Dunque si tratta di di-
scorso che investe criticamente sia la componente ontologico-meta-
fisica della datità che quella soggettivistica e trascendentale della svol-
ta kantiana.

LO SPIRITO COME L’OPERA E IL MEDIO

La critica del soggettivismo agli inizi del periodo jenese in un


primo tempo assume la forma della costruzione di una metafisica
della sostanza assoluta ispirata da Spinoza25. Ma la trasformazione
della struttura dell’ontologia avviene attraverso la identificazione
della sostanza nel nuovo soggetto comunitario. Si passa così da una
filosofia della sostanza assoluta a una filosofia dello spirito assoluto.
La lotta al soggettivismo26 non può cadere in uno dei due lati del-

25␣
K. Düsing, Schelling und Hegels erste absolute Metaphysik (1801-1802). Zusam-
menfassende Vorlesungsnachschriften von I. P. V. Troxler, hers. eingeleitet und mit Interpre-
tationen versehen , Dinter, Köln 1988. K. Düsing, “Idealistische Substanz-metaphysik.
Probleme der Systementwicklung bei Schelling und Hegel in Jena”, Hegel-Studien,
1980, pp. 25-44.
26 Habermas, 1999, pp. 129-157.
Spirito assoluto, intersoggettività, socialità della ragione 401

l’opposizione, l’oggetto assoluto, ma deve costituirsi come apertura


di uno spazio sociale della ragione. Questo spazio è appunto l’“opera
comune”, il medio nel quale si riconoscono tutte le autocoscienze
che hanno la medesima forma di vita comune, cioè lo spirito del po-
polo.
“E questa loro opera è quindi il loro stesso spirito” [JSW I, p.
316]. Nello spirito si compie “l’opera”, quella che spinozianamente
è l’attiva autoproduzione della sostanza come causa sui. Una auto-
produzione questa che è possibile solo attraverso l’assunzione
dell’alterità come momento di costituzione di una identità sempre in
via di costruzione. Dove appunto lo spirito è contemporaneamente
il risultato, il passivo e insieme l’attivo, il fondamento dal quale ini-
zia l’attività che ha come conclusione se stessa27. Si tratta tuttavia di
un risultato che nello stesso tempo costituisce l’orizzonte già sempre
dato. Questa apparente contraddizione tra l’esser dato dell’orizzonte
comune dello stato e insieme l’essere esso stesso risultato e prodotto,
costituisce la traduzione hegeliana del concetto di auto-mediazione
dello spirito.
La ragione esiste quindi solo nell’opera (nur in ihren Werke),
punto di incontro tra soggetto e oggetto, risultato della costruzione
sociale dei soggetti e delle relazioni intersoggettive, così come dei
rapporti dei soggetti con l’oggetto. Sulla base di questo comune tes-
suto normativo, sia pratico che teoretico, si viene a produrre uno
sviluppo di diverse pratiche sociali in cui si riflette e si assume co-
scienza di questo spazio comune, che accomuna in quanto rende
tutti partecipi del medesimo tessuto di norme, di credenze, abitudini
27␣ Jenaer Systementwürf I [1803-1804] Frammenti, p. 316: “Questo divenire a sé
altro dello spirito consiste nel riferire sé come un passivo a sé come un attivo; in quanto
popolo attivo, un essente cosciente, esso passa nel prodotto, nell’uguale a se stesso; e poi-
ché quest’opera comune di tutti è l’opera di essi in quanto essenti coscienti, essi in ciò si
trasformano in un che di esteriore, ma questo esteriore è il [prodotto del] loro operare
[That], [ 316 ] è soltanto quale essi lo hanno fatto, sono essi stessi in quanto attivi, [e]
tolti; e in questa esteriorità di loro stessi, nell’essere di essi in quanto tolti, in quanto
medio, essi intuiscono se stessi come un popolo [nota a margine 72]; e questa loro opera
è quindi il loro stesso spirito. Essi lo generano e tuttavia lo venerano come un essente
per sé stesso; ed esso è per se stesso perché la loro attività, mediante cui lo generano, è il
togliersi di loro stessi; questo togliersi di loro stessi, verso cui essi tendono, è lo spirito
universale essente per sé”.
402 Luigi Ruggiu

e tradizioni. Lo spirito non denota per Hegel una entità astratta di


carattere metafisico, ma la relazione di fondo che sussiste tra le per-
sone, che ne media le loro autocoscienze28, il modo in cui il popolo
riflette 29 su quanto essi sono venuti ad assumere come ciò che ha va-
lore autoritativo per loro stessi30.
Lo spirito assoluto riassume l’intero sviluppo dialettico della logi-
ca e metafisica di Jena (1804) come processo di negazione delle de-
terminazioni finite e nello stesso tempo si dispiega nella compiutezza
della metafisica come suo orizzonte e conclusione [JSW II, p. 175
ss.]. Ad esso Hegel attribuisce valenza normativa assoluta.
Se ne deve trarre la conclusione che il movimento che caratterizza
lo spirito come “divenire a sé altro” e quindi cogliere nell’altro il sé
ha la sua genesi sul terreno della coscienza e delle pluralità delle co-
scienze come totalità.
Ma l’autocoscienza viene costruita intersoggettivamente e l’inter-
soggettività si realizza in quanto già si muove e presuppone lo spiri-
to, la razionalità sociale come l’intero, l’orizzonte che tutto abbraccia
e su tutto domina. Lo stesso soggetto sorge e si costruisce socialmen-
te. L’oggetto in quanto dato viene tolto; nel dato si esprime infatti lo
stesso operare delle autocoscienze e queste si danno solamente attra-
verso l’azione di automediazione. In questo senso lo spirito si pone
come divenire in sé altro da sé, e nell’altro da sé come in sé.
Questo movimento esprime la struttura logica della costruzione
dell’autocoscienza e del reciproco riconoscimento. “Ognuno pone sé
nella coscienza dell’altro, toglie la singolarità dell’altro, ovvero ognu-
no <pone> nella sua coscienza l’altro, come un’assoluta singolarità
dell’autocoscienza. Questo è in generale il reciproco riconoscere”
(SW I, p. 307)31.
28 L. Siep, “Zur Dialektik der Anerkennung bei Hegel”, Hegel-Jahrbuch, 1974, pp.

388-395; L. Siep, “Der Kampf um Anerkennung. Zu Hegels Auseinendersetzung mit


Hobbes in den jenaer Schriften”, Hegel-Studien, IX (1974), pp. 155-207; L. Siep, Aner-
kennung als Prinzip der praktischen Philosophie. Untersuchungen zu Hegels jenaer Philo-
sophie des Geistes, Freiburg-München 1979, pp. 378.
29␣ Cfr. L. Ruggiu, Spirito e tempo nel secondo abbozzo di sistema di Jena, in Tempo e

interpretazione. Esperienze di verità nel tempo dell’interpretazione, a c. di L. Perissinotto


e M. Ruggenini, Milano 2002, pp. 165-192.
30␣ T. Pinkard, Hegel’s Phenomenology. The Sociality of Reason, Cambridge 1994, p. 8.
31␣ Cfr. A. Honneth, Kampf um Anerkennung. Grammatik sozialer Konflikte, Frank-
Spirito assoluto, intersoggettività, socialità della ragione 403

“L’autocoscienza è in sé e per sé solo quando e in quanto è in sé


e per sé per un’altra autocoscienza, cioè solo in quanto è qualcosa di
riconosciuto” 32. L’attività che produce l’opera, cioè lo spirito, è quel-
la stessa per la quale essi sono insieme tolti nella loro individualità e
costituiti come persone in quanto autocoscienze riconosciute.
La socialità della ragione si costituisce come il medio, l’opera
(Werk), cioè l’espressione e il risultato dell’agire collettivo (das
sittliche Werk des Volks) che è il medio (Mitte):
die Vernunft überhaupt existiert nur in ihrem Werke; sie wird nur in
ihrem Produkt, schaut sich unmittelbar als ein anderes und als sie
selbst an [JSW. I, p. 316]: “e questa loro opera è quindi il loro stesso
spirito... è lo spirito universale essente per sé” [JSW. I, p. 316: und dies
ihr Werk ist somit ihr eigner Geist selbst... ist der fürsichseiende all-
gemeine Geist].
Der absolute Geist è quindi espressione della socialità e universali-
tà della ragione33. L’“altro” esiste dunque come momento del sé,
ovvero è lo stesso sé come altro.
La struttura della socialità fa parte costitutivamente della metafi-
sica in quanto risultato finale dello sviluppo dello spirito, ma solo in
quanto esso è presente in sé fin dall’inizio come idea. L’articolazio-
ne interna della metafisica è una organizzazione strutturale della
socialità della ragione a livello metafisico34.
furt a.M. 1992 (tr. it. di C. Sandrelli, Lotta per il riconoscimento. Proposte per un’etica del
conflitto, Milano 2002).
32␣ Phänomenologie des Geistes, p. 275.
33␣ Su questi aspetti aveva richiamato l’attenzione J. Habermas, Arbeit und Interak-

tion. Bemerkungen zu Hegels Jenenser “Philososophie des Geistes” in Technik und Wissen-
schaft als “Ideologie” (tr. it. Lavoro e interazione, Feltrinelli, Milano 1985), Frankfurt
1968. L’espressione è stata tuttavia introdotta da T. Pinkard, Hegel’s Phenomenology: The
Sociality of Reason, Cambridge U.P., Cambridge 2000, e oggi ripresa come chiave di
volta del dibattito contemporaneo sulla attualità di Hegel: R.B. Brandom, “Some
Pragmatist Themes in Hegel’s Idealism: Negotiation and Administration in Hegel’s
Account of the Structure and Content of Conceptual Norms”, European Journal of
Philosophy, 2 (1999), pp. 164-189; R.B. Brandom, Articulating Reasons. An Introduction
to Inferentialism, Cambridge U.P., Cambridge (Mass.) 2000; J. Habermas, “From Kant
to Hegel and Back again – The Move towards Detranscendentalization”, European
Journal of Philosophy, 7 (1999), pp. 129-157; R. Rorty, Robert Brandom on Social
Practices and Rappresentations, in Truth and Progress. Philosophical Papers, Vol. 3,
Cambridge U.P., Cambridge 1998, pp. 122-137.
34 Sul rapporto tra logica e intersoggettività ha insistito in senso critico per il sistema
404 Luigi Ruggiu

Lo spirito assoluto ricomprende in sé non ancora sviluppate la


totalità delle determinazioni logico-normative proprie dell’intero in
tutte le sue valenze, cioè sia in quelle oggettive e naturali così come
in quelle soggettive e sociali [SW II, p. 175 ss.]. Ma lo spirito in
quanto ragione sociale verrà a determinarsi come assoluto solamente
nel portare a rappresentazione (Darstellung) la totalità implicita del-
l’intero delle determinazioni. Solo in questo modo lo spirito assoluto
che è in sé come idea, ovvero che è “soltanto” (nur) spirito assolu-
to35, si pone nello stesso tempo come per sé, come idea realizzata.
“Soltanto questa totalità del ritorno è in sé, e non trapassa più in
altro” [JSW II, p. 177]. Per questo, lo spirito deve intuire “se stesso
nell’altro come se stesso”, “ovvero esso è lo spirito assoluto come in-
finità, e per il suo autoconoscersi o <per> il diventare sé dal suo al-
tro, <è> l’altro del medesimo; esso è la natura” [JSW II, pp. 177-
178].
Ma la coscienza in quanto totalità riconosciuta è universale sol-
tanto in quanto questa [totalità singola] tolta”. “Essa è sostanza asso-
luta, è lo spirito di un popolo per il quale la coscienza considerata
come singola è per sé soltanto forma, che diviene a sé immediata-
mente un che di altro” [JSW I, p. 314]36.

LO SPIRITO ASSOLUTO E LA RIPRESA CONTEMPORANEA


DI HEGEL

L’interpretazione del concetto hegeliano di “spirito assoluto”


sembra costituire lo spartiacque che consente o meno di considerare
Hegel nel dibattito della filosofia contemporanea, o come l’ultimo
dei metafisici o come colui che ha portato a compimento la crisi del-

maturo V. Hösle, Hegels System. Der Idealismus der Subjektivität und das Problem der
Intersubjektivität. Band I. Systementwicklung und Logik; Band 2: Philosophie der Natur
und Geistes, Hamburg 1987.
35␣ Jenaer Systementwürfe II, p. 176: “Questa è l’idea dell’essenza assoluta, è solo

come spirito assoluto”. E ancora, ibid., p. 177: “Ma esso non è a se stesso spirito asso-
luto, ovvero non si è conosciuto come spirito assoluto. Esso è per noi questo, non per se
stesso”.
36␣ Cfr. F. Fischbach, Fichte et Hegel – La reconnaissance, Paris 1999, p. 80 ss.
Spirito assoluto, intersoggettività, socialità della ragione 405

l’ontologia e aperto e delineato l’orizzonte post-metafisico. Nel pri-


mo caso, il pensiero post-metafisico è anche ed essenzialmente un
pensiero post-hegeliano. Nel secondo caso, invece, la filosofia hege-
liana costituisce ancora lo sfondo nel quale si radicano le filosofie
post-metafisiche, dalle filosofie analitiche e post-analitiche, alle filo-
sofie del linguaggio, al neo-pragmatismo e all’ermeneutica.
La “contemporaneità” di Hegel riveste un ruolo e un significato
sistematico nella individuazione del confine e insieme della contrap-
posizione tra moderno e post-moderno, tra metafisica e post-meta-
fisica.
La corrente neo-hegeliana di impostazione pragmatista della filo-
sofia americana37 riprende uno dei fili già allacciati dal pragmatismo
classico con Dewey, fino a ritrovare in Hegel, soprattutto nella Feno-
menologia, la costituzione dell’orizzonte che individua i termini es-
senziali che orientano ancora il dibattito della contemporaneità.
In sintesi, questo orizzonte è tracciato dal superamento del mito
del dato, dall’oltrepassamento di una concezione mentalistica, rap-
presentazionalistica e soggettivistica della conoscenza, a favore del-
l’apertura della socialità della ragione come orizzonte.
Proprio in quanto non esiste un soggetto a se stante, così neppure
può esistere una struttura a priori del soggetto conoscente. Contro le
premesse mentalistiche di Kant, Hegel sviluppa un concetto di auto-
riflessione espressione di un medio concettuale in cui convergono
soggetto e oggetto. Ma questo è possibile solo a patto di fondarsi su
una lettura intersoggettivo dello spirito, che non riveste un forzato
carattere deflazionistico, ma risponde alla natura della cosa. Da ciò
deriva anche la costituzione intersoggettiva della oggettività.
Sulla costruzione della cosa da parte della relazione intersoggetti-
va, insiste in particolare nella parte dedicata nella Fenomenologia
all’autocoscienza: la cosa è in realtà lo stesso operare dell’autoco-
scienza. Sussiste quindi un inganno reciproco delle coscienze38. “Ma
37␣ Queste posizioni sono ampiamente rappresentate nel volume Hegel contempora-
neo. La ricezione americana di Hegel a confronto con la tradizione europea, a cura di L.
Ruggiu e I. Testa, Milano 2003, con saggi di J. Bernstein, W. Maker, R.B. Pippin, R.
Pinkard, R. Rorty, R. Brandom, V. Hoesle, T. Rockmore, A.B. Collins, J. McDowell,
P. Redding, R.R. Williams, S. Houlgate.
38 Phänomenologie des Geistes, p. 297 [tr. it., p. 344].
406 Luigi Ruggiu

in effetto il loro accorrere in aiuto altro non era se non ch’essi vole-
vano vedere e mostrare l’operare loro e non la Cosa stessa; ovvero
volevano ingannare l’altro, così come ora lamentano di essere stati
alla loro volta ingannati” 39. La cosa è fondata sulla dimensione inter-
soggettiva dell’operare. In questo senso, l’inganno è reciproco. L’in-
tersoggettività fonda la posizione dei significati.
Non solo dunque un soggetto è tale solo mediante e non prima
della sua relazione con l’altro, e quindi l’autocoscienza individuale ri-
sulta dall’incontro con l’autocoscienza altrui; ma da quel medesimo
incontro risulta costituita l’oggettività del mondo.

LO SPIRITO COME STRUTTURA DI MEDIAZIONE

Vale per la considerazione dello Spirito in senso hegeliano il detto


che “il più alto è il presente”, e che quindi ciò che appartiene al pas-
sato, per quanto alto esso sia, sottostà comunque alla legge del pre-
sente40. In senso strutturale, quindi, pensare Hegel significa pensare
“oltre” Hegel. Questa “ulteriorità” si impone in particolare per il
contenuto che concretizza e individua l’orizzonte dello spirito. Que-
sto necessariamente risulta definito e limitato. Vale per esso quanto
il filosofo afferma in generale di ogni forma di spirito oggettivo, che
risulta costituito sulla base di quella “limitatezza immanente” che è
proprio di ogni “spirito del popolo” rispetto allo “spirito pensante
della storia universale” 41. Insomma opera per lo spirito quella legge
dialettica che Hegel aveva avuto modo di porre in luce fin dalle me-
ditazioni dei suoi anni giovanili42, per la quale ogni ipostatizzazione
del passato diventa necessariamente espressione di positività, in
quanto ad esso non si può attribuire “una verità incondizionata in
tutte le circostanze” (Nohl, p. 143). Della lettura dello spirito da
39␣Phänomenologie des Geistes, L’attuazione dell’autocoscienza, p. 298 [tr. it., p. 345].
40␣“Si deve onorare ciò che è più antico ... ma il più alto è il presente” [Lezioni di
storia della Filosofia, tr. it., III, 2, p. 412; cfr. T.F. Geraets, Lo spirito assoluto come aper-
tura del sistema hegeliano, Napoli 1985, p. 11].
41 Enc. § 552.
42␣ Si tratta del rifacimento del 1800 della “Positività della religione cristiana”, Hegels

Theologische Jugendschriften, hrsg. H. Nohl, Tübingen 1907, pp. 139 ss.


Spirito assoluto, intersoggettività, socialità della ragione 407

parte di taluni critici si deve dire quanto Hegel osservava in rapporto


alla relazione religione – storia: “se una religione ha legato l’eterno al
transeunte, e la ragione, guardando solo al transeunte, grida alla su-
perstizione, è allora colpa sua se ha proceduto superficialmente e le è
sfuggito l’eterno” (Nohl, p. 147). L’“eterno” vale qui come l’elemen-
to strutturale e formale che caratterizza lo spirito.
Il concetto di spirito si intreccia strettamente con l’autoriflessio-
ne. Ma questo nesso deve essere compreso tenendo sempre presente
che lo spirito è una costruzione antitrascendentale che lega sempre i
due opposti:
In senso proprio non si deve parlare né di un tale soggetto, né di
oggetto, bensì dello spirito, e per quanto riguarda quest’ultimo abbia-
mo visto come esso, in quanto totalità, diviene a sé la natura e come
diviene a sé lo spirito43.
Lo spirito “è soltanto l’essere uno di entrambi [i membri della oppo-
sizione]”. Dunque, una considerazione dello spirito come soggetto,
cioè come identificato con uno dei due termini della opposizione,
nega il carattere unitario e totale dello spirito medesimo.
Questo “risibile” idealismo che assume l’astratto soggetto è ciò
che viene tolto attraverso lo spirito e i momenti che ne costituiscono
l’interna articolazione, come ad esempio linguaggio, lavoro e intera-
zione. Questi si costituiscono come forme del medio nel quale con-
cretamente solo si dà l’essere della coscienza. Il linguaggio come
“l’articolazione della coscienza è il processo attraverso cui la coscien-
za diventa per se stessa coscienza, il processo attraverso cui il concet-
to interno della coscienza pone se stesso come coscienza” 44. Il lin-
guaggio quindi non è altro che
l’esserci dello spirito. Il linguaggio è l’autocoscienza che è per altri,
che è immediatamente data come tale, e che come questa è universa-
le. Esso è il Sé che si separa da se stesso, che si fa oggettivo come puro
Io = Io, che in questa oggettività si mantiene come questo Sé, e che
non di meno confluisce immediatamente negli altri ed è la loro auto-
coscienza45.

43␣Jenaer Systementwurf I [1803-1804] Frammenti, p. 294.


44␣Ibid.
45 Phänomenologie des Geistes, [1807], p. 458 [tr. it., p. 178].
408 Luigi Ruggiu

Su questa valenza antitrascendentale Hegel ritorna di continuo.


In particolare sottolinea che
Lo spirito è l’effettualità etica. Lo spirito è il Sé della coscienza effet-
tuale, alla quale esso o, piuttosto, la quale a se stessa si contrappone
come oggettivo mondo effettuale; un tal mondo, peraltro, ha perdu-
to, per il Sé, ogni significato di estraneità, così come il Sé ha perduto
ogni significato di un esser-per-sé separato, dipendente o indipenden-
te, da quel mondo46.
Proprio per questo, Hegel dice che “Lo spirito è la sostanza e l’essen-
za universale, eguale a se stessa, permanente, – il granitico e indisso-
luto fondamento e punto di partenza dell’operare di tutti, – è il loro
fine e la loro meta, come il pensato in-sé di ogni autocoscienza”. Si
tratta appunto del fondamento a partire dal quale e nel quale sussiste
“l’operare di tutti”.
Ma per togliere a queste affermazioni l’impressione che in questo
modo lo spirito venga ipostatizzato come una entità metafisica che
esiste per sé, indipendentemente dai soggetti che operano, egli chia-
risce immediatamente che “Questa sostanza è anche l’opera univer-
sale la quale, mediante l’operare di tutti e di ciascuno, si produce co-
me loro unità ed eguaglianza: questa sostanza è infatti l’esser-per-sé,
il Sé, l’operare”. Lo spirito è ad un tempo sostanza ed essere per sé.
In quanto sostanza, lo spirito è l’inoscillante, giusta autoeguaglianza;
ma in quanto esser-per-sé, la sostanza è l’essenza che si è dissolta, è
l’essenza buona che si sacrifica, della quale ciascuno fa quel che gli
aggrada, lacerando l’essere universale e prendendosene la sua parte...
Proprio perché la sostanza è l’essere che è stato risolto nel Sé, proprio
per questo essa non è l’essenza morta, anzi è effettuale e vitale47.
Brandom48 osserva che
Spirito come un intero deve essere inteso come sé. Io comprendo
“Geistlich” come il regno delle norme articolate, di autorità e respon-
sabilità, affidamenti e avere diritti. Spirito come un intero è la comu-
nità riconoscente di tutti quelli che hanno tali statuti normativi, e
46
Phänomenologie des Geistes, [1807], p. 314, [tr. it., II, p. 2].
47
Ibid.
48 R. Brandom, “Some Pragmatist Themes in Hegel’s Idealism. Negotiation and

Administration in Hegel’s Account of the Structure and Content of Conceptual


Norms”, cit., p. 177.
Spirito assoluto, intersoggettività, socialità della ragione 409

tutte le loro normativamente significanti attività. È in altre parole la


topica della ricerca pragmatista: l’intero sistema delle pratiche sociali
della comunità massimamente inclusiva.
Nel parlare dello spirito come sé, prosegue Brandom, Hegel
significa che lo Spirito come intero – l’intera comunità ricognitiva di
cui noi sé individuali siamo elementi in quanto membri, e tutte le sue
attività e istituzioni – ha la struttura e l’unità caratteristica del sé
autocosciente. In quel senso tecnico, è un individuo, benché non as-
sociato con un organismo particolare, come siamo noi umani sé.
A questa osservazione dello Spirito come sé Hegel attribuisce grande
importanza.
Lo spirito è dunque ad un tempo sostanza e soggetto. Ma lo spi-
rito in quanto sé si rende necessariamente effettuale. Esso è “spirito
oggettivo”, lo spirito che si è oggettivato nello stato e che dà ogget-
tività agli stessi membri che in esso rientrano, cioè agli individui.
“L’unione come tale è essa stessa il verace contenuto e fine, e la de-
stinazione degli individui è di condurre una vita universale...” 49.
La vita dello spirito si realizza nella storia e come storia.
Nella storia... esso è nella forma nella quale vien prodotto come og-
getto, atto, opera dello spirito. Lo spirito di un popolo è sapere, e l’at-
tività del pensiero rispetto alla realtà dello spirito di un popolo con-
siste nel fatto che esso conosca la sua opera come qualcosa di oggetti-
vo, e non più soltanto di soggettivo... I popoli sono ciò che sono le
loro azioni, le azioni sono il loro fine50.
La valenza autoriflessiva che caratterizza lo spirito è sottolineata
come una determinazione essenziale. “Lo spirito non è altro che la
ragione nella forma del sapere” 51. Ma esso giunge a conoscere se
stesso immedesimandosi “nelle sfere particolari della vita, in modo
che questa, come coscienza religiosa e pratica, vien permeata dalla
verità. La manifestazione della verità nella sfera particolare è poi ciò
che si fa innanzi come costituzione politica, come rapporto di dirit-
49␣ Grundlinien der Philosophie des Rechts [Berlino 1821], [a c. di G. Marini], § 258
[Ann.].
50 Vorlesungen über die Philosophie der Geschichte, [tr. it. G. Calogero e C. Fatta],

vol. I, p. 51.
51 G.W.F. Hegel, Vorlesungen über die Philosophie des Geistes [Berlin 1827-28] a c. di

R. Bonito-Oliva, p. 162.
410 Luigi Ruggiu

to, come moralità in genere, come arte e scienza”. Ma questa valenza


autoriflessiva non può più essere intesa sulla scorta del soggetto scis-
so dall’oggetto, chiuso nella dimensione mentalistica, bensì in quella
dello spirito come nuovo protagonista della storia. Non si tratta di
uno spirito inteso come una entità a se stante, bensì dello spirito in
quanto concretezza delle relazioni intersoggettive.
Aggiunge Hegel:
Lo spirito – l’abbiamo già detto più volte – deve realizzare la sua co-
scienza di sé, dev’essere oggettivo a se medesimo. Esso è spirito solo
in quanto sa di sé, è oggettivo a sé. L’oggettività però indica la
finitizzazione, e con ciò la genesi di differenze, che sono poste come
i singoli membri dell’organizzazione...

Pinkard giustamente rileva che lo Spirito – Geist – è la forma di


vita autocosciente. Questa forma di vita ha sviluppato varie pratiche
sociali per riflettere su ciò che esso assume come avente valore di
autorità. Dunque,
Spirito è una forma di “spazio sociale” che riflette su se stesso in
quanto esso è soddisfatto all’interno dei propri termini. “Spirito”
perciò denota per Hegel non una entità metafisica ma una relazione
fondamentale fra persone che mediano la loro autocoscienza.

Su questa base Brandom determina lo Spirito come il regno del


normativo sostenuto dal processo del mutuo riconoscimento che
istituisce simultaneamente i sé autocoscienti e le loro comunità...
La piena autoriflessione si impone con la scienza nella sua espres-
sione più elevata, cioè la filosofia. Nella filosofia un popolo com-
prende sé come spirito “in forma scientifica, cioè nella forma che
corrisponde al concetto stesso dello spirito, il concetto che esso ha di
sé e della verità; se concepiamo astrattamente la realtà più profonda
dello spirito, questa è il pensare”. In questo modo,
Il momento oggettivo... è dunque adeguato alla natura dello spirito.
In tal senso le scienze costituiscono il punto culminante nella traiet-
toria evolutiva di un popolo; il suo supremo impulso è quello di
comprendersi, e di tradurre ovunque in realtà questo suo concetto.

Ma ciò in cui il popolo “esprime il suo concetto è infatti il pensiero;


Spirito assoluto, intersoggettività, socialità della ragione 411

fa onore a un popolo il coltivare le scienze” 52.


Ma la valenza autoriflessiva dello spirito non va intesa in senso
soggettivistico, in senso astratto. Hegel infatti sottolinea che “Lo spi-
rito divino, che viene inteso, costituisce l’elemento oggettivo; lo
spirito soggettivo apprende. Senonché lo spirito non è passivo, ovve-
ro la passività non può esser che un momento; vi è una sola unità
sostanziale dello spirito” 53.
Dunque il passaggio dallo spirito oggettivo allo spirito assoluto è
necessario, in quanto nell’oggettività sta la determinatezza e la limi-
tatezza, priva della coscienza autorappresentativa. Avere la consape-
volezza della propria essenza significa penetrare la natura delle strut-
ture del normativo, saperne le ragioni.
La ragione deve uscire da questa felicità, perché soltanto in sé o im-
mediatamente la vita di un libero popolo è l’eticità reale; questa è
un’eticità nell’elemento dell’essere; e, con ciò, anche questo spirito
universale è esso stesso uno spirito singolo; e l’insieme delle leggi e dei
costumi è una sostanza etica determinata, la quale si spoglia della sua
limitazione soltanto nel momento superiore, cioè nella consapevolez-
za della propria essenza; e soltanto in tal conoscere, non immediata-
mente nel suo essere, la sostanza etica ha la sua verità assoluta; in
questo essere e la sostanza etica è una sostanza limitata, e l’assoluta
limitazione consiste appunto in ciò: che lo spirito è nella forma del-
l’essere54.

RIPRISTINO DEL PRIMATO DELLA SOGGETTIVITÀ?

Habermas scorge invece nel passaggio dallo spirito oggettivo allo


spirito assoluto l’inversione e il rovesciamento del processo sviluppa-
to a Jena e il ripristino del primato della soggettività (Habermas
1999, p. 149). In realtà qui si tratta di quella ricerca intersoggettiva
che richiede e fornisce ragioni, cioè la giustificazione razionale della

52␣ Vorlesungen über die Philosophie der Geschichte [tr. it. G. Calogero e C. Fatta, vol.

I, p. 132].
53␣ Vorlesungen über die Geschichte der Philosophie [tr. it. E. Codignola e G. Sanna,

vol. I, p. 86].
54 Phänomenologie des Geistes, p. 258 [tr. it., p. 296].
412 Luigi Ruggiu

comunità nelle sue pratiche concrete di vita. È attraverso questo pro-


cesso che avviene lo sviluppo normativo della comunità, cioè il pas-
saggio concreto da una forma di vita all’altra.
Non si tratta quindi per Hegel di tornare indietro verso il concet-
to di soggettività astratta come unico mezzo per concettualizzare il
ritorno dello spirito a se stesso, per descrivere il passaggio “dalla so-
stanza al soggetto”. Lo spirito e le forme concrete in cui esso si arti-
cola nell’effettualità – linguaggio, lavoro e interazione appunto – è
l’unico orizzonte del discorso. L’autocoscienza è l’espressione del re-
ciproco riconoscimento. Il rinvio allo spirito assoluto non rimanda
ad un’entità esterna, ma rimane all’interno dello stesso spirito. Solo
lo spirito conosce lo spirito. Una comunità che si allarga progressiva-
mente, senza tuttavia perdere quelle caratteristiche finite che la ne-
cessaria oggettivazione ad essa conferisce55.
La parola della conciliazione è lo spirito esistente che intuisce il puro
sapere di se stesso come essenza universale nel suo contrario, nel puro
sapere di sé come singolarità che è assolutamente in se stessa, recipro-
co riconoscimento che è lo spirito assoluto56.
Questa forma di autocoscienza che si manifesta come spirito asso-
luto, esprime il processo sociale del dare e chiedere ragione. Questo
processo trova la sua espressione più alta nei momenti nei quali que-
sta presa di coscienza avviene, e cioè arte, religione, filosofia. Me-
diante questi momenti lo spirito come intero si pone come la comu-
nità riconoscente di tutti quelli che hanno statuti normativi comuni,
risultati delle pratiche sociali. Brandom (1999, p. 177), riprendendo
Hegel, sottolinea come lo spirito assoluto ha la struttura e l’unità ca-
ratteristica del sé autocosciente. Ma questa autocoscienza non è data
una volta per tutte, non conclude affatto il rapporto tra lo spirito e
la storia. Essa esprime il punto più alto della presa di coscienza dello
spirito, che si identifica con l’attualità, con il presente, senza tuttavia
espungere il suo carattere temporale e quindi storico. Ma la storia è
qui storia pensata e concepita, non storia narrata57.

55 Habermas 1999, p. 147 ss.


56 Phänomenologie des Geistes, [1807], Lo spirito certo di sé, p. 471 [tr. it., p. 194].
57␣ W.d.L., p. 226 [tr. it. cit., II, p. 664].
Spirito assoluto, intersoggettività, socialità della ragione 413

L’IPOSTATIZZAZIONE DEL SIGNIFICATO


DELLO SPIRITO ASSOLUTO

Non è quindi da condividere l’osservazione critica di Habermas,


secondo la quale alla fine della Fenomenologia dello Spirito diverrebbe
chiaro che Hegel “ha presupposto un tale soggetto come la base della
storia della coscienza. Questo soggetto è pensato come l’Uno e il
Tutto, come la totalità che “non può avere nulla al di fuori di sé”.
Occorre osservare che necessariamente lo spirito, in quanto
espressione della comunità e dei suoi medi, linguaggio, lavoro e in-
terazione, non può non assumere la forma totale dell’uno tutto, che
racchiude necessariamente, all’interno di sé, senza assolutamente rin-
viare ad altro, la totalità dei contenuti. Sotto quest’aspetto esso risul-
ta assumere la forma di ciò che è ad un tempo sempre presupposto,
in quanto orizzonte originariamente dato che non rinvia ad un og-
getto come altro e scisso dal soggetto e quindi in questo senso, ma
solo in questo, esso è anche “concluso” in quanto totale. E tuttavia,
in quanto si pone come dimensione finita e limitata, è tuttavia in
grado di crescere e svilupparsi su se stesso in modo indefinito.
Hegel sottolinea questi due aspetti che sembrano reciprocamente
contraddirsi, è cioè che “lo spirito di un popolo” è “la sostanza etica
in sé infinita” e che essa “è, per sé, particolare e limitata” (§ 549 e
550). Questa limitatezza denuncia che “il suo aspetto soggettivo è af-
fetto di accidentalità, come costume inconsapevole, ed ha coscienza
del suo contenuto come di un qualcosa che esiste temporalmente e
in relazione verso una natura e un mondo esterno” 58. Ma Hegel im-
mediatamente chiarisce che
è lo spirito pensante nella eticità, che sopprime in sé la finità, la quale
esso ha, come spirito di un popolo, nello Stato politico e negli inte-
ressi temporali di questo, nel sistema delle leggi e dei costumi; e si
eleva al sapere di sé nella sua essenzialità un sapere che ha tuttavia la
limitatezza immanente dello spirito del popolo.
Il radicamento in determinazioni necessariamente particolari e con-
tingenti che ne determinano la peculiarità dell’ethos è oltrepassato

58 Enzyklopädie C [1830], § 552.


414 Luigi Ruggiu

dallo “spirito pensante della storia universale”. L’oltrepassamento di


questa limitatezza consiste nella conquista dell’“universalità concre-
ta” e nella sua elevazione al “sapere dello spirito assoluto”, nel men-
tre “necessità, natura e storia” divengono le forma di manifestazione
concreta della sua rivelazione, cioè del suo riconoscersi come spirito
assoluto59.
Ma questo spirito che è per sé, “è coscienza che “ha la sua essenza
nello spirito semplice, e ha la certezza di se stessa nell’effettualità di
questo spirito, in tutto il popolo”. Esso “ha ivi immediatamente la
sua verità; non dunque in qualcosa che non sia effettuale, anzi in
uno spirito che ha esistenza e validità” 60. Quindi non v’è un rinvio
a qualcosa che possa porsi come un’entità metafisica scissa e altra
dall’effettualità, ma è il sapere dell’effettualità che come tale si pone
sempre oltre di essa.
Se la comunità sociale e linguistica è l’orizzonte dell’intero, tutto
ciò che accade, avviene necessariamente al suo interno. Ovvero, l’al-
terità sussiste solo e fintanto che la comunità non sa il suo altro
come sé, ossia vive nella opposizione di soggetto e oggetto. Una vol-
ta che l’opposizione viene tolta nella socialità della ragione, il movi-
mento dell’alterità acquista necessariamente un altro significato: ora
l’alterità è interna alla comunità medesima, non esterna. Essa è costi-
tuita da quella che Hegel chiama necessità e assenza di consapevolez-
za, dalla quale lo spirito deve liberarsi continuamente, e non una
volta per tutte. Ciò che è sentito come altro, una volta conosciuto,
non può non rivestire la forma del “passato di autoalienazione”, cioè
di un passato che è tale solo a partire dalla forma del presente e del-
l’attualità.
Infine, rinviando al famoso passo della Fenomenologia laddove
Hegel delinea il rapporto che intercorre tra tempo e concetto,
Habermas vede nell’affermazione del Concetto un modo nel quale la
59 Ibidem: “Ma lo spirito pensante della storia universale, – poiché insieme ha can-

cellato quelle limitatezze degli spiriti dei popoli particolari e il suo proprio carattere ter-
reno, – conquista la sua universalità concreta e si eleva al sapere dello spirito assoluto,
come della verità eternamente reale, nella quale la ragione conoscitrice è libera per sé, e
la necessità, la natura e la storia sono solo gli strumenti della rivelazione e dell’onore
dello spirito [“Gefässe seiner Ehre”, vasi del suo onore]”.
60 Phänomenologie des Geistes [1807], p. 318 [tr. it., II, p. 7].
Spirito assoluto, intersoggettività, socialità della ragione 415

logica a priori vince sulla storia nel modo tradizionale. “Tempo è il


concetto che è là...; questo perché lo spirito appare necessariamente
nel tempo, ma esso appare soltanto nel tempo fino a che non ha
compreso il puro concetto, in altre parole non ha abolito il tempo”
(Fenomenologia)”. Ma in questo modo “Lo spirito, alienato nel tem-
po, trionfa sul tempo ancora una volta”.
Ma la dialettica tra tempo e concetto61 si sviluppa come dialettica
tra tempo e eterno, laddove l’eterno, come dice Hegel, non è altro
che lo stesso sapere del tempo, non qualcosa di altro posto come
oltre e accanto al tempo. In questo modo, infatti, esso ricade neces-
sariamente nel tempo.
Ma nel rapporto che intercorre tra storia, comunità, norma, il
processo di sviluppo dello Spirito non costituisce altro che l’afferma-
zione della pratica sociale dell’autoriflessione. Hegel sottolinea che
Dio è spirito. Ma in questa sua determinazione,
noi non abbiamo qui a che fare solo con Dio, semplicemente come
tale, ma al tempo stesso con Dio come nella sua comunità. Poiché,
come spirito, Dio non è solo una essenza astratta, che si riferisce a sé,
ma, proprio perché spirito, ha come determinazione il porsi come
immagine dinanzi alla comunità che lo conosce, nella quale soltanto,
egli può vivere come spirito... Si dimostrerà che Dio non può essere
veramente compreso che come spirito e che egli stesso si costituisce
come attività della comunità, in rapporto con lei62.
Dio in quanto spirito è l’oggettivazione dell’attività della comunità
concreta. Sotto quest’aspetto, non si può porre una differenza tra in-
tersoggettività e obiettività, in quanto l’obiettività si dà solo nella e
come intersoggettività. In questo nesso consiste iI rapporto tra spiri-
to oggettivo e spirito assoluto. Ma l’assoluto in quanto spirito parte-
cipa necessariamente e dialetticamente delle forme di mediazione, si
dà sempre in relazione con esse.
Hegel, secondo Habermas, occulta la genesi intersoggettiva dello spi-
rito oggettivo. Se questo è vero, allora non valgono le obiezioni circa

61 L. Ruggiu, Tempo e concetto in Hegel, in Filosofia del tempo, a cura di L. Ruggiu,


Milano 1998, pp. 145-161.
62 Vorlesungen über die Phil. der Religion [1821-1831], [a c. E. Oberti-G. Borruso],

p. 68.
416 Luigi Ruggiu

il primato sulla natura da parte dello spirito. Infatti, la natura in


quanto oggettività estranea esiste solo fintanto che lo spirito non
prende coscienza che la relazione naturale è tale solo per la socialità.
In caso contrario, ci si muove nella presupposizione della scissione
tra soggetto e oggetto. E Habermas può attribuire ad Hegel l’inten-
zione di affermare il ripristino del primato del soggettivistico e del
mentalistico, soltanto in quanto àncora la finitezza al presupposto
naturalistico e mentalistico della scissione di soggetto e oggetto. È
solo a questa condizione che si può affermare che l’intersoggettività
è repressa dalla soggettività e che pertanto il modello di Hegel è
quello dell’autocoscienza come livello più elevato della soggettività
monologica.
Hegel sottolinea con forza che la stessa soggettività nasce e viene
riconosciuta come momento dell’intersoggettività in quanto lo Spi-
rito è la forma di vita autocosciente, che ha sviluppato varie pratiche
sociali per riflettere su quanto esso assume come avente valore auto-
ritativo e normativo al proprio interno.
Si possono così apprezzare nel giusto significato le parole che
concludono le Lezioni sulla storia della filosofia (tr. it. III, 2, p. 416 ss).
Questa è adunque l’esigenza generale dell’età e della filosofia. Nel
mondo è sorta un’era nuova. Sembra che lo spirito universale sia riu-
scito a liberarsi da ogni estranea essenza oggettiva, ad intendere final-
mente se medesimo come spirito assoluto, a produrre dal suo interno
quel che gli sta dinanzi, e, in quiete, di fronte ad esso, a tenerlo in
suo potere.
Il salto è costituito dal fatto che lo spirito sa se stesso come spirito
assoluto, ovvero la realtà è tradotta in termini di socialità che pensa
e intuisce se stessa. Questa presa di coscienza pone fine alla
lotta tra l’autocoscienza finita e l’autocoscienza assoluta, che a quella
appariva fuor di lei. L’autocoscienza finita ha cessato d’esser finita; e
in tal modo d’altra parte l’autocoscienza assoluta ha conseguito quella
realtà, che prima le mancava. Tutta la storia universale in genere, e la
storia della filosofia in particolare, rappresentano solo questa lotta, e
sembrano esser pervenute alla loro meta nel punto in cui l’autoco-
scienza assoluta, di cui esse hanno la rappresentazione, ha cessato
d’essere alcunché d’estraneo, in cui dunque lo spirito è reale come
spirito. Infatti tale esso è soltanto in quanto sa se stesso come spirito
Spirito assoluto, intersoggettività, socialità della ragione 417

assoluto; e questo lo sa nella scienza.


Unicamente nella scienza però esso si sa come spirito assoluto: e que-
sto sapere soltanto, lo spirito, è la sua verace esistenza. Questo è
adunque il punto di vista dell’età nostra; e con ciò la serie delle for-
mazioni spirituali è per ora conclusa (ist für jetzt damit geschlossen)63.
Occorre porre l’accento su quel “per ora” conclusa, non sul defi-
nitivamente conclusa. Non esiste dunque alcuna pretesa da parte
dello spirito di porre norme e standard di tipo assoluto, che abbiano
la pretesa di non derivare né dipendere più dalla socialità. E invece
“Lo spirito è per lo spirito ed è la verità, non in modo esteriore, ac-
cidentale, ma è spirito solo in quanto è per lo spirito; questo forma
il concetto dello spirito stesso. O, per esprimerci in forma più rigo-
rosamente teologica, lo spirito di Dio è essenzialmente nella sua co-
munità. Dio è spirito solo in quanto è nella sua comunità” 64. La so-
cialità della ragione è dunque inizio e fine del discorso hegeliano.

63␣ Vorlesungen über Geschichte der Philosophie, B. 20, p. 460 [tr. it. E. Codignola e

G. Sanna], vol. III, 2, pp. 416 ss.].


64 Cfr. Pinkard 1994, p. 14.

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