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Trama

Wilhelm Meister, figlio di un commerciante di una piccola città imperiale, nonostante


sia destinato a seguire le orme paterne, fin da piccolo manifesta una fervente passione
per il Teatro. La sua vocazione teatrale nasce quando da bambino assiste ad una
rappresentazione di marionette organizzata dalla nonna per i propri nipoti.
Da quel giorno il gioco preferito di Wilhelm diventerà organizzare spettacoli con i
burattini e, una volta cresciuto, mettere in scena vere e proprie rappresentazioni
insieme agli amici. A spingere il giovane Wilhelm sulla strada del Teatro sarà la
sua voglia di vedere i propri testi rappresentati e soprattutto la giovane attrice
Marianne che diventerà anche la sua amante. Con Marianne impara che il mondo
teatrale non è ordine, ma un continuo andirivieni tra recita e vita quotidiana. Il passo
del camerino è un bel esempio di descrizione di oggetti quotidiani si mescolano agli
oggetti di scena ed, entrambe le categorie, sono coperte da uno strato di cipria. Un
amore contrastato dalla famiglia di lui e che si interromperà poiché egli è convinto
che lei lo tradisca, e, su consiglio del cognato, Wilhelm partirà per un viaggio allo
scopo di comprendere meglio il mondo del commercio e nel frattempo cercare di
recuperare alcuni crediti presso alcuni debitori dell’azienda di famiglia. Appena
partito però, Wilhelm incontra una giovane coppia facente parte di una compagnia di
saltimbanchi a cui si unirà nel tentativo di affermarsi in quanto attore e drammaturgo.
Ad affascinare e convincere Wilhelm a legarsi al gruppo saranno due personaggi:
Mignon, una bambina delicata, graziosa e sensibilissima, e il suo inseparabile amico,
un arpista, figura strana, malinconica e un po’ misteriosa. Il ricordo di Mariane, non
spento del tutto, si sfuma grazie alle arti seduttrici, esercitate nella realtà quanto nella
finzione teatrale, dalla maliziosa Philine. È proprio l’incontro con questa compagnia
di artisti ‘irregolari’, nomadi, che fa scoprire a Wilhelm la vera essenza del teatro che
non è il teatro borghese, ma una forma più popolare in cui si realizza veramente il
processo di catarsi auspicato da Aristotele nella Poetica.

In un castello, dove la compagnia è invitata in occasioni di feste indette in onore del


principe, Wilhelm viene a contatto con una sfarzosa vita di corte; ma, episodio ben
più importante, è l’incontro con un certo Jarno, il quale lo inizia alla lettura di
Shakespeare, una specie di rivelazione illuminante. L’allestimento dell’Amleto
sembra allora essere la vera missione teatrale di Meister. Congedata dal castello, la
compagnia subisce l’assalto di un gruppo di banditi nella foresta.
Wilhelm, ferito, è soccorso da alcuni cavalieri, e tra questi una donna, l’Amazzone,
breve, misteriosa apparizione che lascia nella sua fantasia un acuto, ignoto senso di
rimpianto. Prendendo con sé Mignon e l’arpista, dopo lo scioglimento della
compagnia, Wilhelm si unisce a un altro direttore, di nome Serlo che Wilhelm riesce
a convincere nella scrittura della compagnia. In quel momento, però, lo raggiunge la
notizia della morte del padre insieme ad una lettera del cognato Werner che lo invita
a tornare al più presto per prendere in mano la ditta di famiglia. Wilhelm rifiuta la
missiva e firma il contratto con Serlo. Dopo aver però incontrato la sorella di Serlo,
Aurelia, che è un’attrice nata, Wilhelm si convince di non avere un vero talento
per il teatro, e intreccia un legame amoroso con lei senza tuttavia riuscire a placarne
la disperazione del recente abbandono dell’uomo amato, Lothario (sin qui è la parte
comune con LA MISSIONE TEATRALE). Morta Aurelie, e colpito dai racconti che
costei gli aveva confidato, Wilhelm parte alla ricerca di Lothario. Nella tenuta di
Lotario si trova la misteriosa “società della Torre”. Quindi Wilhelm, dopo una lunga
odissea, giunge al castello imbattendosi in un ambiente inatteso: un gruppo di
educatori (la società della torre), che hanno come metodo una specie di
predestinazione con cui scelgono segretamente i loro soggetti. Viene accolto dai
maestri e riceve la Lettera pedagogica, il certificato dell’apprendistato assolto, in cui
sta scritto in un linguaggio cifrato e simbolico tutta la storia delle sue peregrinazioni,
ciò che ha sbagliato e ciò che deve fare. In realtà, il processo di maturazione di
Wilhelm si compie solo quando apprende che Felix, il bambino che aveva preso
sotto la sua tutela dopo la morte di Aurelia, in realtà è suo figlio, frutto della
relazione con Mariane, suo primo grande amore, che aveva affidato il bimbo alla
compagnia teatrale di Serlo. Ora Wilhelm è responsabile di un’altra persona e deve
diventare il maestro di suo figlio. Al castello ritrova anche la misteriosa Amazzone,
che si scopre essere la sorella di Lothario, Natalie, donna ricca di umanità e pietà.
Ma il cuore di Wilhelm si divide incerto, per poco, tra questa e l’amica Therese,
attiva e forte, finché un duplice matrimonio finale, di Wilhelm con Natalie e di
Lothario con Therese, riequilibra le parti. Mignon e l’arpista (quest’ultimo suicida),
morendo, hanno per così dire sacrificato se stessi per il trionfo di questo amore più
alto. Dopo aver sposato Natalie, Wilhelm riprende la sua professione
borghese, impegnandosi per il bene della società.

*Jarno appartiene alla misteriosa “società della Torre”, organizzazione che ha


come obiettivo il cambiamento sociale e politico. Per raggiungere questo fine la
“società” fa dei suoi adepti dei “maestri” (Meister) dell’arte di vivere attraverso
un’educazione scrupolosa. Il cognome Meister dunque, allude al fatto che egli è
destinato a diventare un vero e proprio “maestro di vita”. Questo processo evolutivo
avviene grazie al teatro, che diventa il palcoscenico su cui può cominciare il vero
gioco della vita e dell’apprendimento. Gli errori fanno parte della vita, e solo la
coscienza razionale e l’esperienza garantiscono l’apprendimento dell’arte di vivere.

Genesi

Il personaggio di Wilhem Meister accompagnerà l’autore per buona parte della sua
vita. “La missione teatrale di Wilhelm Meister” è infatti solo un primo abbozzo
riportato alla luce solo nel 1911(fino a questa data l’unica versione conosciuta
era quella pubblicata nel 1796) di quello che sarà il secondo romanzo di Goethe
intitolato “Gli anni di apprendistato di Wilhelm Meister” pubblicato nel 1796.
“La missione teatrale di Wilhelm Meister” si interrompe al 14° capitolo del VI libro
mentre il romanzo pubblicato nel 1796 conta un totale di otto capitoli. Il romanzo fu
probabilmente ampliato dall’autore al suo rientro dal viaggio in Italia che egli
effettuò tra il 1786 e il 1788 e dal quale ritornò forte di nuove esperienze che ne
determinarono una maturazione politica, sociale, umana e intellettuale.

Nel 1807, più di dieci anni dopo la pubblicazione del Meister, Goethe cominciò a
lavorare alla continuazione del romanzo che avrebbe dovuto trattare della vita di
Wilhelm nella qualità di maestro. Tuttavia, dopo la morte di Schiller, venne a
mancare quella compattezza che caratterizza il Goethe del classicismo di Weimar.
Nella seconda parte del Meister, Gli anni di pellegrinaggio di Wilhelm Meister o I
rinunzianti (1829), la dissoluzione della forma narrativa tradizionale del romanzo si
accentua in modo tale che non si può più parlare di un romanzo. Il collegamento con
la prima parte del Meister viene garantito solo dal fatto che prosegue la narrazione
delle vicende dei personaggi comparsi già allora, ma la trama si dissolve
completamente con frammenti di novelle, note di diario, appunti, aforismi e
massime. Non si tratta più di un romanzo da leggere, ma in cui si deve leggere.

“Gli anni di apprendistato di Wilhemn Meister” verrà riconosciuto dalla critica


come il primo romanzo di formazione della storia della letteratura.

Ma ritorniamo ora a “La missione teatrale di Wilhelm Meister”. Wilhelm è un


idealista e in quanto tale non può che soccombere dinanzi a personaggi avidi per
i quali il teatro è semplicemente un mezzo per sbarcare il lunario e nulla più.
Wilhelm è inoltre sempre combattuto tra il desiderio di realizzare il suo sogno e il
rimproverarsi questo suo inconcludente bighellonare. E’ conscio di non concludere
nulla, ma allo stesso tempo è incapace di rinunciare alla sua vocazione nonostante
sia tormentato dai sensi di colpa nei confronti della propria famiglia che sa di avere
grandemente deluso. Wilhelm è buono, ingenuo e corretto e per questo viene
regolarmente imbrogliato e raggirato dagli altri, tanto che alla fine persino il
lettore inizia a stancarsi della sua ingenuità.

Rimarchevoli sono i personaggi femminili: dalla piccola Mignon, un personaggio


atipico, un ragazzina malinconica ed eccentrica; a Philine, la bella attrice vanitosa,
capricciosa e provocante; ad Aurelie, triste e disperata, inquieta e infelice per amore
tanto da riuscire a identificare perfettamente se stessa nel ruolo di Ophelia; e
infine Madame Melina che proviene da un ambiente borghese come Wilhelm, ma al
contrario di questi, non ha trovato alcun ostacolo nell’ambientarsi a vivere tra gente
gretta e corrotta.
L’autore si rivolge spesso nelle sue pagine direttamente al lettore non facendo quindi
mistero di aver scritto il romanzo per essere letto da un pubblico. Goethe è esperto
conoscitore dell’animo umano e attraverso i suoi personaggi ci racconta i sogni e
le speranze degli uomini così come i disinganni e le disillusioni con le quali questi
inevitabilmente devono fare i conti nella propria vita: <Stranissimo! Con nulla
l’uomo sembra essere più in confidenza che con le proprie speranze e i propri
desideri, che a lungo nutre e conserva in cuore, e tuttavia quando un giorno gli si
fanno incontro, quando quasi lo importunano, egli non li riconosce, e ne rifugge.>

Risulta bizzarro scoprire come, anche a distanza di secoli, il modo di sentire degli
uomini e di affrontare il mondo non sia cambiato affatto: <Spesso desiderava con
tutta se stessa sbarazzarsi di quella relazione a cui accennavamo sopra, il pensiero
della quale si faceva ogni giorno più disgustoso. Ma come liberarsene? Ognuno sa
come sia difficile per l’uomo avere il coraggio di fare un passo decisivo, e che a
migliaia, piuttosto, ogni giorno che viene trascinano la propria vita alla bell’e
meglio in un destino di clandestinità!>

Il romanzo alterna pagine commoventi ed emotivamente coinvolgenti ad altre


decisamente un po’ tediose e monotone. Il ritmo è lento e il testo non sempre
scorrevole. Oltre alla riflessione sul teatro e sul rapporto tra singolo e arte, l’opera
di Goethe Wilhelm Meister rappresenta il primo esempio di Bildungsroman,
ossia romanzo di formazione. Attraverso una serie di esperienze che
irrimediabilmente hanno a che fare con la grande passione del protagonista, il Teatro,
Wilhelm realizzerà quella che è la sua edificazione personale. Ma quest’ultima non è
possibile in totale solitudine. È necessaria infatti la collaborazione con altre figure,
tra le quali ritroviamo Jarno, il personaggio al seguito del conte. Senza saperlo,
Wilhelm incontra nel personaggio di Jarno uno dei suoi maestri.

Il messaggio di Goethe

La verità che Wilhelm aveva dovuto faticosamente imparare è che a volte ciò che
non si cerca affatto cade come un regalo dal cielo, mentre non si riesce a ottenere
ciò a cui si aspira tenacemente. Con il Meister, Goethe da una parte aveva innalzato
finalmente a livello classico un genere considerato fino ad allora inferiore, dall’altra
aveva creato un modello con cui si sarebbe misurata tutta la letteratura del XIX
secolo.

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