Esplora E-book
Categorie
Esplora Audiolibri
Categorie
Esplora Riviste
Categorie
Esplora Documenti
Categorie
CROMATOGRAFICI
La cromatografia nasce come tecnica separativa di miscele omogenee, tecnica affine all’estrazione
con solvente (l’estrazione si basa sulla diversa affinità che hanno i componenti di una miscela nei
confronti di due liquidi immiscibili).
La cromatografia si basa sulla diversa affinità che hanno i componenti in una miscela omogenea nei
confronti di due fasi separate e distinte.
Sostanze diverse hanno diversa affinità con la fase stazionaria e quindi vengono separate poiché
trascorrono in essa tempi diversi.
La cromatografia nasce dall’esperimento fondamentale del chimico russo Tsweet. Egli separò nel
1906 un estratto in etere di petrolio (miscela di idrocarburi saturi con 5/6 atomi di carbonio) di
clorofille, mediante una colonna di vetro riempita di carbonato di calcio. La miscela posta in testa
alla colonna venne separata facendo percolare continuamente l’etere di petrolio. Il termine
“cromatografia” deriva dal greco, dalle parole “colore” e “scrittura” e significa “tracciato colorato”.
Esempio di colonna cromatografica preparativa
Le numerose tecniche cromatografiche possono essere classificate secondo diversi criteri, in base alla
modalità di esecuzione si distinguono in tecniche planari e tecniche in colonna.
Ad eccezione della cromatografia su carta e della cromatografia su strato sottile (TLC), che
costituiscono le tecniche planari, tutte le tecniche cromatografiche, strumentali e non, vengono
condotte con l’utilizzo di una colonna. L’analisi cromatografica strumentale consiste nella
registrazione di un cromatogramma (tracciato che indica la quantità di sostanza che arriva al rivelatore
in funzione del tempo).
PROCESSO DINAMICO DI DISTRIBUZIONE
In ogni istante della separazione cromatografica, ogni sostanza presente nella miscela è coinvolta in
un processo dinamico di trasferimento tra le due fasi, dalla mobile alla stazionaria e viceversa.
vd è direttamente proporzionale a Cm
vi è direttamente proporzionale a Cs
all’equilibrio vd=vi
Indicando con C la concentrazione molare della sostanza nelle due fasi all’equilibrio (le due velocità
di trasferimento da una fase all’altra diventano uguali), la condizione di equilibrio viene espressa:
Kc = Cs/Cm
Kc dipende da:
natura chimica della sostanza
coppia di fasi
temperatura
Sostanze diverse avendo Kc differenti vengono trattenute in colonna per tempi diversi.
Se una sostanza non ha affinità per la fase stazionaria (Kc=0 poiché Cs=0) non viene trattenuta da
essa e quindi attraversa la colonna con la stessa velocità della fase mobile, il suo tempo di ritenzione
viene definito tempo morto (tm), detto anche tempo della fase mobile.
In un esperimento cromatografico il tempo trascorso nella fase mobile (tempo morto) è uguale per
tutte le sostanze. Ciò che varia per sostanze diverse è il tempo trascorso nella fase stazionaria, tale
tempo viene definito tempo di ritenzione corretto (t’r).
tr = tm+t’r
tempo di ritenzione=tempo morto+tempo ritenzione corretto
tempo trascorso in colonna=tempo trascorso nella fase mobile (uguale per tutte le sostanze)+tempo
trascorso nella fase stazionaria (diverso per sostanze diverse)
La velocità lineare della fase mobile o di una sostanza non trattenuta attraverso una colonna di
lunghezza L si calcola
u = L/tm
CROMATOGRAMMA
E’ il tracciato che indica la quantità di sostanza misurata dal rivelatore in funzione del tempo. La
misura del tempo di ritenzione della sostanza permette l’analisi qualitativa, la misura dell’area del
picco permette l’analisi quantitativa.
In condizioni ideali ogni sostanza dà origine ad un picco simmetrico con un andamento gaussiano. Il
parametro che indica il grado di dispersione intorno al valore centrale è la deviazione standard σ
(semidistanza tra i due punti di flesso).
In condizioni reali i picchi possono essere asimmetrici con una coda anteriore o posteriore. A parità
di quantità di sostanza (o area del picco) i primi sono alti e stretti mentre gli ultimi sono bassi e larghi
e ciò come conseguenza dell’inevitabile diffusione longitudinale della sostanza sotto il gradiente di
concentrazione.
VOLUME DI RITENZIONE Vr
Anziché valutare il tempo di ritenzione è possibile considerare il volume di ritenzione Vr, ovvero il
volume di eluente necessario per far uscire una sostanza dalla colonna, tale grandezza è direttamente
proporzionale al tr se il flusso della fase mobile è costante.
Vr = F.tr
Volume di ritenzione=flusso fase mobile.tempo di ritenzione
Il flusso della fase mobile indica il volume di eluente che passa nella colonna nell’unità di tempo
attraverso una sezione perpendicolare allo scorrimento.
Vr = Vm + V’r
Vr= volume di eluente necessario per far uscire una sostanza dalla colonna
Vm=volume morto detto anche volume della fase mobile, ovvero volume di colonna non occupato
dalla fase stazionaria e quindi disponibile per la fase mobile
V’r= surplus di eluente necessario per far uscire la sostanza
EQUAZIONE FONDAMENTALE
CROMATOGRAFIA
Vr = Vm + V’r
V’r varia per le diverse sostanze, per la stessa sostanza è direttamente proporzionale alla costante di
distribuzione Kc (dipende dall’affinità della sostanza per la fase stazionaria) ed è direttamente
proporzionale al volume di fase stazionaria Vs.
K = ns/nm
ns= moli di sostanza nella fase stazionaria all’equilibrio
nm=moli di sostanza nella fase mobile all’equilibrio.
K=ns/nm=(Cs.Vs)/(Cm.Vm)=Kc.(Vs/Vm)
K = Kc.(Vs/Vm)
K dipende da Kc (quindi dalla natura della sostanza, dalla coppia di fasi e dalla temperatura) ma anche
dal rapporto tra i volumi delle fasi del sistema cromatografico e quindi dalle dimensioni, forma,
granulometria e grado di impaccamento delle particelle della fase stazionaria. Non dipende dalla
lunghezza della colonna e dal flusso dell’eluente.
Dall’equazione fondamentale della cromatografia si ricava l’equazione per il calcolo sperimentale di
K di una sostanza in un determinato sistema cromatografico.
K = t’r/tm
K indica il rapporto tra il tempo trascorso dalla sostanza nella fase stazionaria ed il tempo trascorso
nella fase mobile, ovvero indica quanto una sostanza viene ritardata dalla fase stazionaria. E’ specifica
per ogni sostanza in un determinato sistema cromatografico e in genere assume valori che vanno da
1 a 10.
K=1 l’affinità per la fase stazionaria è uguale a quella per la fase mobile
K=10 l’affinità per la fase stazionaria è dieci volte superiore a quella per la fase mobile
K=0 nessuna affinità per la fase stazionaria.
Wb = 4.σ
Rs = 1,5 risoluzione completa
Una risoluzione superiore a 1,5 è inutile poiché aumentano i tempi di ritenzione e quindi il tempo di
lavoro.
La risoluzione di due picchi consecutivi dipende dalla selettività
e dall’efficienza.
SELETTIVITA’
Capacità di distanziare due picchi consecutivi ovvero capacità di eluire sostanze diverse in
tempi diversi.
E’ riferita ad una coppia di sostanze in una determinata colonna.
Sostanze diverse rispetto ad una determinata coppia di fasi hanno Kc K tr’ diversi. La selettività
dipende dalla coppia di sostanze, dalla coppia di fasi e dalla temperatura. E’ indipendente
dalle caratteristiche strutturali della colonna.
Per valutare matematicamente la selettività della colonna si calcola il fattore di selettività α.
Una elevata selettività non garantisce una buona risoluzione poiché essa dipende anche dalla
larghezza dei picchi, ovvero dipende anche dall’efficienza.
EFFICIENZA
Capacità di eluire una sostanza con un picco stretto, ovvero capacità di eluire tutte le molecole
della stessa sostanza nello stesso tempo.
E’ riferita ad una sostanza e dipende dalle caratteristiche strutturali della colonna.
Il parametro più semplice per esprimere l’efficienza è la larghezza alla base del picco Wb, che tende
però ad aumentare con il tempo di ritenzione, quindi si è stabilito di calcolare il numero di
piatti teorici N
N = 16(tr/Wb)2
In analogia con la distillazione, N (adimensionato) indica il numero degli equilibri tra le due fasi
che la sostanza instaura durante l’attraversamento della colonna. L’efficienza aumenta con
l’aumentare di N. Aumentando la lunghezza della colonna aumenta N, ma aumenta anche il tempo
di lavoro.
E’ possibile calcolare N anche facendo riferimento alla larghezza del picco a metà altezza Wh
Wh=1,177Wb N=5,545(tr/Wh)2
H indica il tratto di colonna in cui si instaura un equilibrio, l’efficienza aumenta con il diminuire di
H.
Per una data colonna H dipende dalla velocità lineare della fase mobile u.
H = f(u)
La relazione che esprime tale funzione è detta equazione di Van Deemter.
L’equazione è la somma di tre funzioni, una costante, una di proporzionalità diretta ed una di
proporzionalità inversa.
H = A + B/u + C.u
H = altezza equivalente di un piatto teorico
U = velocità lineare della fase mobile
A B C sono parametri che dipendono dalle caratteristiche della colonna
Hmin = A+2√(B.C)
uot = √(B/C)
L’equazione è la somma di tre funzioni perché sono tre i fattori che causano l’allargamento di
un picco e quindi il peggioramento dell’efficienza.
Ogni sostanza deve essere introdotta in colonna in banda stretta e ciò sperimentalmente si ottiene
introducendo velocemente una piccola quantità di campione.
Anche se tutte le molecole di una sostanza vengono introdotte in colonna nello stesso
momento, durante l’eluizione si verificano tre fenomeni che determinano l’allargamento del
picco.
PERCORSI MULTIPLI
Le molecole della sostanza possono compiere in colonna percorsi di diversa lunghezza
che le trattengono in colonna per tempi diversi. Questo fenomeno è correlato al primo
termine dell’equazione (A), è un parametro costante (retta parallela all’asse delle x), è
indipendente dalla velocità della fase mobile, dipende invece dalla granulometria della fase
stazionaria. Per minimizzare il valore di A (migliorare l’efficienza) le particelle della fase
stazionaria devono essere sferiche e di diametro piccolo ed uniforme.
DIFFUSIONE LONGITUDIALE SOTTO IL GRADIENTE DI CONCENTRAZIONE
Maggiore è il tempo di permanenza della sostanza in colonna e maggiore è la diffusione che
avviene in tutte le direzioni, la diffusione longitudinale determina allargamento del picco.
Questo fenomeno è correlato al secondo termine dell’equazione (B/u). B/u diminuisce con
l’aumentare della velocità della fase mobile, poiché diminuisce il tempo di diffusione.
La diffusione diminuisce con l’aumentare delle dimensioni delle molecole della sostanza e con
l’aumentare della viscosità dell’eluente poiché aumenta l’attrito con il fluido in cui avviene la
diffusione.
La diffusione in un gas è più veloce della diffusione in un liquido (più viscoso), per questo
motivo la velocità lineare ottimale in gascromatografia è più elevata rispetto alla cromatografia
in fase liquida.
CAPACITA’
Quantità massima di miscela che la fase stazionaria può trattare senza compromettere la qualità della
separazione. In genere si misura in mg di campione per un g di fase stazionaria. Questo parametro è
particolarmente significativo in cromatografia preparativa.
ASIMMETRIA PICCHI
Una buona separazione deve fornire picchi simmetrici, alcuni picchi possono presentare asimmetrie,
ovvero deformazioni di fronting (frontale, deformazione anteriore) o tailing (di coda, deformazione
posteriore).
Sono molteplici i fattori che determinano deformazioni dei picchi:
-introduzione scorretta del campione (l’introduzione deve essere veloce e con piccole quantità di
campione per garantire una banda iniziale stretta)
-saturazione dei siti attivi della fase stazionaria, ovvero superamento della capacità della fase
stazionaria (la sostanza non deve essere troppo concentrata nel campione) ecc.
Per calcolare la risoluzione di due picchi asimmetrici al denominatore si pone la somma delle
semibasi che si affacciano.
Rs = (tr2-tr1) / (B1+A2)
TEMPI DI LAVORO
Per ottimizzare il tempo di lavoro è possibile effettuare, durante l’eluizione, una variazione
programmata di una variabile che influisce sulla risoluzione, in modo da garantire inizialmente una
buona risoluzione e successivamente una riduzione dei tempi di lavoro.
In gascromatografia (GC) si può effettuare una variazione della temperatura, in cromatografia liquida
ad elevate prestazioni (HPLC) una variazione della polarità (composizione) dell’eluente, in
cromatografia con fluido supercritico (SFC) una variazione di pressione.
CLASSIFICAZIONE DELLE TECNICHE
CROMATOGRAFICHE IN BASE AL MECCANISMO DI
INTERAZIONE DELLE SOSTANZE CON LA FASE
STAZIONARIA
CROMATOGRAFIA D’ADSORBIMENTO
La fase stazionaria è solida, gel di silice SiO2 o allumina Al2O3 (fasi stazionarie polari),
granulare e sferica, in modo da aumentare la superficie adsorbente. La fase mobile può essere
liquida (cromatografia liquido-solido LSC) o gassosa (cromatografia gas-solido GSC).
L’adsorbimento è un’interazione fra le molecole di una sostanza liquida o gassosa ed i siti
attivi presenti sulla superficie di una fase solida. L’interazione è dovuta all’instaurarsi di
forze intermolecolari tra la fase stazionaria e le molecole dei composti presenti nella miscela da
separare (legami ad idrogeno, interazioni dipolo-dipolo, dipolo-dipolo indotto).
L’intensità dell’adsorbimento aumenta con:
-polarità e massa molare sostanza adsorbita
-diminuzione temperatura
-aumento pressione se la sostanza adsorbita è un gas
CROMATOGRAFIA DI RIPARTIZIONE
La fase stazionaria è liquida, opportunamente stesa in strato sottile su un supporto granulare
solido inerte. La fase mobile può essere liquida (cromatografia liquido-liquido LLC) o
gassosa (cromatografia gas-liquido GLC). Le fasi stazionaria e mobile devono essere immiscibili.
Se la fase stazionaria è un liquido polare e quella mobile è un liquido apolare si parla di cromatografia
di ripartizione in fase normale o diretta (NP), se la polarità è invertita si parla di cromatografia di
ripartizione in fase inversa (RP).
CROMATOGRAFIA A SCAMBIO IONICO
La fase stazionaria è costituita da una resina a scambio ionico, ovvero una matrice polimerica
avente in superficie siti attivi ionici, che scambiano reversibilmente i propri controioni con gli
ioni presenti nella fase mobile (una soluzione acquosa tampone). Le resine sono simili a quelle
utilizzate per la demineralizzazione e l’addolcimento dell’acqua.
-Resine a scambio cationico: i siti attivi hanno carica negativa e scambiano i controioni H+ (resina
in forma acida) oppure Na+ (resina in forma sodica) con cationi presenti nella miscela (per
esempio cationi metallici, amminoacidi ecc). I siti attivi a scambio cationico possono essere forti
come il gruppo solfonico –SO3- o deboli come il gruppo carbossilico -COO-
-Resine a scambio anionico: i siti attivi hanno carica positiva e scambiano i controioni OH- (resina
in forma basica) oppure Cl- (resina in forma clorurata) con anioni presenti nella miscela. I siti
attivi a scambio cationico possono essere forti come il gruppo ammonico quaternario –NR3+ o
deboli come il gruppo amminico secondario o terziario –NH2R+ –NHR2+
Tra le applicazioni della tecnica: addolcimento o deionizzazione acqua, rimozione impurezze ioniche
da composti organici, analisi amminoacidi (mediante variazione del pH dell’eluente gli AA vengono
eluiti secondo il loro punto isoelettrico, ovvero secondo il valore di pH in cui l’AA è in forma
dipolare, cioè privo di carica netta).
La fase stazionaria viene immobilizzata in strato sottile su una superficie inerte (supporto di
plastica, vetro o alluminio). Sulla parte inferiore della lastrina si traccia con una matita la linea di
partenza su cui si semina la miscela da separare. La lastrina viene poi immersa nella fase mobile
contenuta in una camera cromatografica preventivamente saturata con la fase mobile.
Conclusa l’eluizione, con una matita si traccia la linea del fronte del solvente.
In TLC in fase diretta (normale), la fase stazionaria è gel di silice o allumina, mentre l’eluente è una
miscela di solventi apolari (cromatografia di adsorbimento).
In TLC in fase inversa la fase stazionaria è liquida, lo strato solido viene imbevuto con la fase
stazionaria liquida e la fase mobile è polare (cromatografia di ripartizione).
Da un punto di vista teorico la TLC può essere usata per l’analisi qualitativa confrontando la corsa di
una sostanza presente nella miscela con quella di una sostanza pura seminata contemporaneamente
alla miscela sulla linea di semina.
L’analisi quantitativa può essere svolta grattando la macchia di un componente della miscela,
solubilizzandola e sottoponendola ad analisi spettrofotometriche. Per l’individuazione di sostanze
non colorate si possono utilizzare fasi stazionarie mescolate con una sostanza fluorescente. Dopo
l’eluizione, utilizzando una lampada UV è possibile individuare le macchie nelle zone non colorate
della lastrina. La TLC viene oggi utilizzata come tecnica esplorativa per determinare la miglior
composizione dell’eluente da utilizzare in HPLC.
Rf = d/del
Rf = distanza percorsa dalla macchia/distanza percorsa dall’eluente
N=16(d/W)2
Esercizio
Una miscela di 5 sostanze è stata separata con una TLC portando la corsa del solvente a 15cm dalla
linea di semina su una lastrina di 5x20cm. Supponendo di aver depositato una macchia di diametro
2 mm, sapendo che la corsa dei componenti è stata 10.2 cm per A, 8.3 cm per B, 5.1 cm per C, 4.7
cm per D e 3.2 cm per E e che le macchie hanno rispettivamente un diametro di 6 mm, 5mm, 4 mm,
4mm, 3 mm. Disegnare il cromatogramma, calcolare gli Rf e gli Rs valutando la qualità della
risoluzione.
Questi siti attivi si legano facilmente alle molecole di acqua (umidità dell’aria). Il gel di silice deve
essere essiccato in stufa prima dell’utilizzo in modo da liberare i siti attivi e aumentare la forza
adsorbente.
La cromatografia d’adsorbimento (in fase normale) viene preferita per separare composti che
appartengono a classi diverse, l’ordine di eluizione avviene secondo polarità crescente.
La cromatografia di ripartizione (in fase inversa) si utilizza per separare composti appartenenti
alla stessa classe, sfruttando le piccole differenze di polarità si sostanze appartenenti ad una
serie omologa. In tal caso l’ordine di eluizione avviene secondo polarità decrescente.
GASCROMATOGRAFIA GC
Tecnica analitica strumentale su colonna, la fase mobile (carrier, gas di trasporto) è costituita
da un gas inerte che può essere azoto, idrogeno, argon o elio. La miscela campione è
costituita da un miscuglio gassoso o da un miscuglio di liquidi vaporizzabili o da solidi
solubilizzati e poi vaporizzati. La fase stazionaria può essere solida (GSC, con scarse applicazioni) o
liquida (GLC, molto utilizzata). I limiti della GC sono due, non sono analizzabili sostanze non
vaporizzabili e sostanze termolabili. In GC si utilizzano due tipologie di colonne:
-COLONNE IMPACCATE: lunghezza 1-6 m con diametri 0.75-4mm, sono di acciaio e sono
avvolte a spirale. Sono le colonne tradizionali completamente riempite di fase stazionaria
granulare. Il gas di trasporto attraversa la colonna passando negli interstizi tra le particelle della
fase stazionaria. Sono colonne poco permeabili al gas di trasporto e che quindi offrono molta
resistenza.
-COLONNE CAPILLARI (tubolari aperte): sono d’acciaio, hanno una lunghezza di 15-
100m, diametri che variano da 0.1-0.75mm. La fase stazionaria riveste in strato sottile le pareti
interne della colonna, è presente un lume centrale che viene attraversato dal gas di trasporto, quindi
offrono meno resistenza rispetto alle colonne impaccate e possono essere molto lunghe.
a) Colonna impaccata b) Colonna capillare
Per migliorare l’efficienza per una colonna impaccata è possibile migliorare la granulometria della
fase stazionaria.
RISOLUZIONE: capacità di separare due picchi consecutivi. Dipende sia dall’efficienza che
dalla selettività e si valuta con Rs=tr2-tr1/(Wb1+Wb2)/2
Le colonne capillari forniscono migliore risoluzione.
CAPACITA’: le colonne capillari, a causa della minore quantità di fase fissa, hanno capacità inferiore
rispetto a quelle impaccate.
SIMMETRIA DEI PICCHI: per avere un picchi simmetrici è necessario introdurre il campione
in piccole quantità e in banda stretta.
Con colonne capillari si introducono quantità di campione liquido dell’ordine dei nanolitri, è quindi
necessaria una valvola di campionamento (splitter) che manda in colonna una frazione del
campione, spurgando il resto.
Campioni gassosi si possono introdurre con siringhe più capienti oppure, per migliorare la
riproducibilità si utilizzano dispositivi a valvola.
Se il sistema di iniezione è poco riproducibile si può usare uno standard interno per effettuare
l’analisi quantitativa.
Le fasi stazionarie più usate sono quelle liquide chimicamente legate ad un supporto inerte.
Il rivelatore può essere universale o selettivo (se selettivo è sensibile solo a determinate sostanze)
inoltre può essere distruttivo o non distruttivo.
Tra i rivelatori più usati c’è quello a ionizzazione a fiamma (FID) che è universale e distruttivo.
Quando il gas di trasporto arriva al FID viene ionizzato creando una corrente di fondo, quando al
rivelatore arriva anche una sostanza si ionizza e la conducibilità aumenta.
EFFICIENZA: non è possibile utilizzare in HPLC colonne capillari aperte (spessore fase
stazionaria e diametro fase mobile piccoli) che in GC garantiscono una buona efficienza, in
conseguenza di un aumento della velocità di diffusione delle sostanze tra il canale e la fase
stazionaria (veloce trasferimento tra le due fasi che garantisce un rapido equilibrio). Infatti nei
liquidi la diffusione delle sostanze è enormemente più lenta che nei gas, di conseguenza in
cromatografia liquida il diametro del canale di eluente in un eventuale colonna capillare aperta
sarebbe troppo grande per essere attraversato in breve tempo dalle molecola delle sostanze, in
HPLC si utilizzano solo colonne impaccate di piccolo diametro e con particelle di fase
stazionaria di piccole dimensioni.
L’efficienza di una colonna impaccata aumenta al diminuire delle dimensioni delle particelle
di fase stazionaria, che garantiscono un flusso più uniforme attraverso la colonna
riducendo i percorsi multipli (diminuzione termine A eq. Van Deemter) e garantendo
distanze minori che le sostanze devono percorrere per trasferirsi da una fase all’altra
(diminuzione termine C eq. Van Deemter). Con particelle di fase stazionaria piccole, non solo
diminuisce l’altezza del piatto e aumenta la velocità ottimale, ma è possibile superare tale
velocità (riducendo i tempi di lavoro) senza peggiorare l’efficienza. Lo svantaggio delle
particelle di fase fissa piccole è la resistenza al flusso dell’eluente che richiede pressioni di
esercizio elevate.
Per migliorare l’efficienza i solventi che si utilizzano come fase mobile in HPLC sono liquidi a bassa
viscosità.
POMPA: deve garantire un flusso costante e riproducibile. Si utilizzano pompe reciprocanti a due
pistoni. I due pistoni alternano fasi di ricarica e scarico in modo alternato. Si utilizzano solventi ad
elevata purezza specifici per HPLC abbastanza costosi, che vengono degasati poiché l’aria crea
problemi alla pompa e alla colonna.
SISTEMA DI INIEZIONE DEL CAMPIONE: il campione è introdotto in testa alla colonna allo
stato liquido o in soluzione, mediante una siringa in un capillare scollegato dalla colonna. La
valvola d’iniezione monta loop (circuito ad anello) intercambiabili, ciascuno dei quali contiene un
volume prefissato di campione. Successivamente il capillare viene attraversato dall’eluente e
collegato alla colonna garantendo un ingresso riproducibile del campione.
RIVELATORI: i più utilizzati sono; spettrofotometro UV-vis a schiera di diodi, spettrometro di
massa, conduttimetro ecc. Le analisi sono effettuate con gli stessi criteri della GC.
CROMATOGRAFIA A FLUIDO
SUPERCRITICO (SFC)
La SFC è un ibrido tra la GC e l’HPLC.
Una sostanza a pressione e temperatura superiori ai valori critici viene detta fluido supercritico.
A determinate condizioni di temperatura e pressione l'attrazione tra le particelle di un gas diventa
sufficientemente forte da tenerle unite nella fase liquida, il gas subisce, cioè, un processo di
liquefazione. Ciò può avvenire aumentando la pressione (che provoca un avvicinamento delle
particelle di gas) o diminuendo la temperatura (le particelle si muovono meno rapidamente e sono
maggiormente soggette alle forze di attrazione).
Per ogni gas esiste una temperatura critica al di sopra della quale, per quanto si aumenti la pressione,
è impossibile liquefare il gas. La pressione richiesta per fare liquefare un gas alla temperatura critica
è detta pressione critica, che è la pressione al di sopra della quale, per quanto si diminuisca la
temperatura, è impossibile liquefare il gas. Al di sopra della temperatura critica un aeriforme è un
gas, al di sotto è un vapore.
Come fluidi supercritici si utilizzano sostanze con bassa massa molecolare aventi una temperatura
critica prossima a quella ambiente ed una pressione critica non troppo elevata.
Per esempio l’anidride carbonica è una sostanza che si presta ad essere utilizzata come fluido
supercritico poiché ha una temperatura critica prossima alla temperatura ambientale (Tc=31°C
Pc=73atm), non è tossica, non è infiammabile, è poco inquinante e poco costosa.
Un fluido supercritico ha proprietà intermedie tra quelle di un liquido e quelle di un gas, infatti le
particelle per effetto della pressione sono vicine tra loro in modo del tutto analogo a quanto avviene
in un liquido, mentre per effetto della temperatura elevata possiedono un’energia cinetica tale da
vincere le forze di attrazione, come avviene in un gas.
Un fluido supercritico conserva del gas la capacità di diffusione e la bassa viscosità, che permettono
una facile penetrazione all’interno delle matrici, mentre del liquido conserva la capacità solvatante,
che è direttamente legata alla sua elevata densità. Il processo di solvatazione di una sostanza in un
fluido supercritico somiglia alla volatilizzazione, ma ad una temperatura molto più bassa. Queste
proprietà rendono i fluidi supercritici capaci di estrarre sostanze da matrici in tempi brevissimi e con
rese elevate (esempio l'estrazione della caffeina dai chicchi di caffè attraverso l'anidride carbonica
allo stato supercritico).
I fluidi supercritici vengono impiegati come fasi mobili in SFC, per l’analisi di sostanze termolabili
e ad elevata massa molare, quindi non volatili, non analizzabili in GC, come ad esempio polimeri e
macromolecole biologiche.
L'apparecchiatura per la SFC è simile a quella per HPLC e possono essere impiegati sia i rivelatori
tipici della GC che dell'HPLC. Possono essere impiegate sia colonne capillari che impaccate.
L’eluente più comunemente usato in SFC è la CO2 e le condizioni operative sono analoghe a quelle
dell’HPLC con due varianti: serve un forno per termostatare la colonna e un riduttore di pressione al
termine della colonna, in modo che il fluido supercritico torni ad essere un gas prima di raggiungere
il rivelatore. Un aumento di pressione provoca un aumento di densità e di conseguenza un aumento
del potere solvatante del fluido nei confronti di sostanze ad elevata massa molare. In questo caso si
può fare un gradiente di pressione al posto di quello di temperatura, all’aumentare della pressione
diminuisce il tempo di ritenzione.