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Lezione 9/10/2020
Nel corso della triennale abbiamo visto che nelle strutture ad elementi concentrati vi
sono elementi atti ad assorbire gli sforzi normali ed elementi che assorbono la
flessione. Per le strutture a guscio duro questa suddivisione non esiste.
Partiamo da ciò che abbiamo visto con gli elementi concentrati. Lo sforzo normale è:
N yi zi
Ni = Ai + (- Mz + My)
n
Iz Iy
∑ Aj
j=1
N y z
σx = + (- Mz + My)
A Iz Iy
A questo punto posso definire il flusso di taglio. Il flusso di taglio per una sezione
aperta è:
Sz Sy
q(i,i+1)0 = - Ty - Tz (questa formula è per elementi concentrati?)
Iz Iy
Sz Sy
qa = - Ty - Tz (Probabilmente questa è la formula per il guscio duro
Iz Iy
e in quella precedente mancano i pedici ad indicare la soletta.)
Per le strutture a guscio duro non possiamo usare la teoria della trave perché tutta la
struttura collabora, ma dobbiamo usare la teoria semplificata della lastra. Tale teoria
ci consente di studiare la stabilità elastica della nostra struttura.
Affinché sia valida la teoria dobbiamo fare diverse assunzioni:
- i punti che giacciono su una linea ortogonale al piano medio della lastra non
inflessa, continuano a giacere su una linea ortogonale al piano medio della lastra
inflessa.
Ciò vuol dire che le sezioni restano rette:
- gli sforzi normali al piano sono trascurabili poiché siamo in uno stato di tensione
piano (i.e. strutture sottili).
C’è differenza tra tensione piana e deformazione piana. Se studio una superficie
bidimensionale (una lastra o una sezione), visto che studiamo uno stato piano ho che
stress e deformazioni si sviluppano nel piano. Poisson lega stress e deformazione
lungo una direzione con deformazioni e stress lungo le altre direzioni. Di
conseguenza se ho uno stato di tensione su un piano xy avrò una deformazione lungo
z, viceversa se ho uno stato di deformazione sul piano xy allora avrò stress lungo z.
Per cui se studio uno stato piano devo vedere se ad essere piana è la deformazione o
lo stress.
In genere ho deformazione piana con una struttura infinitamente lunga (ad esempio il
Δw
profilo di un’ala infinitamente lunga). Infatti essendo εz = ed essendo L → ∞, la
L
deformazione sarà nulla.
Lo stato di tensione piano si presenta invece per strutture molto sottili, dove lo stato
di tensione lungo lo spessore può ragionevolmente essere considerato trascurabile
rispetto le altre due componenti della tensione.
Siccome stiamo trattando strutture a guscio sottili, consideriamo piano lo stato di
tensione.
- piccole rotazioni lungo qualsiasi direzione. Ciò vuol dire che le rotazioni della lastra
inflessa sono piccole lungo qualsiasi direzione.
- il piano medio della lastra è il piano neutro, i.e. classico andamento a farfalla delle
tensioni.
Scriviamo ora qualche relazione che lega tensione e deformazione all’interno di una
lastra sottoposta ad un piccolo carico di flessione:
Questa lastra si trova a distanza z dal piano neutro ed è sottoposta ad una piccola
inflessione w(x,y), rivolta verso il basso in modo da flettere la lastra. Dipendendo da
x e y, w(x,y) può essere variabile lungo la superficie della lastra.
Associando all’asse x lo spostamento u, all’asse y lo spostamento v e all’asse z lo
spostamento w, avremo che l’effetto dell’inflessione w(x,y) è quello di dare
localmente delle rotazioni ai punti della lastra.
∂w ∂w
Queste rotazioni sono esprimibili in termini di e .
∂x ∂y
L’effetto delle rotazioni locali sugli spostamenti è :
∂v ∂2 w
εy = =-z
∂y ∂ y2
2 2 2
∂u ∂v ∂ w ∂ w ∂ w
γxy = + = -z -z = - 2z
∂y ∂x ∂ x∂ y ∂ x∂ y ∂x∂ y
Si noti che gli spostamenti nel piano (u e v) sono espressi in funzione degli
spostamenti fuori dal piano (w).
Le tensioni sono legate alle deformazioni dalle relazioni (valgono per il caso
tensionale piano):
1
εx = (σx – νσy) (1.1)
E
1
εy = (σy – νσx) (1.2)
E
1 2(1+ ν )
γxy = τxy = τxy (1.3)
G E
1 1
εx + νεy = (σx – νσy + νσy – ν2 σx ) = (1 – ν2 ) σx →
E E
2 2
E
σx = 2
(εx + νεy) = - Ez 2 ( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
1–ν 1–ν ∂x ∂y
Per σy :
1
εy + νεx = (νσx – ν2 σy+ σy - νσx ) = 1 (1 – ν2 ) σy →
E E
E Ez ∂2 w ∂2 w
σy = (εy + νεx) = - ( + ν )
1–ν
2
1–ν
2
∂ y2 ∂ x2
Per τxy :
2
E Ez ∂ w
τxy = γxy =
2(1+ ν ) (1+ν ) ∂x∂ y
t
My = ∫ 2
−t zσy dz
2
t
Mxy = ∫ 2−t z τxy dz
2
Si noti che le tensioni agiscono sulla faccia e avendo un andamento a farfalla
generano un momento che dipende dal braccio. Se σ fosse costante lungo la faccia
non si avrebbe momento.
3 2
Et
Mxy = - ( ∂w )
12(1+ ν ) ∂ x∂ y
ho:
2 2
Mx = - D ( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
∂x ∂y
2 2
My = - D ( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
∂y ∂x
2
∂ w
Mxy = - D (1 -ν ) ( )
∂ x∂ y
2
ky = - ∂ w2
∂y
∂2 w
kxy = -
∂x∂ y
D'
D’ = (1 – ν2 )D → D = 2
1–ν
D'
Mx = (kx + νky)
1 – ν2
D'
My = 2
(ky + νkx)
1–ν
D'
Mxy = kxy
1+ ν
Anche in questo caso è più comodo esprimere la curvatura in funzione dei momenti.
Per ricavare kx faccio:
D'
Mx – νMy = 2
(kx + νky – νky - ν2 kx)
1–ν
D'
Mx – νMy = 2
(1 - ν2) kx
1–ν
M x – νM y
kx =
D'
M y – νM x
ky =
D'
1−ν
kxy = Mxy
D'
F = qdxdy
La forza F è equilibrata dalle forze di taglio che agiscono sui lati:
l’equilibrio è quindi (il taglio tx è moltiplicato per dy poiché agisce su un lato di
lunghezza dy, mentre il segno meno c’è poiché l’asse z è rivolto verso il basso):
∂t x ∂t y
-txdy + txdy + dxdy – tydx + tydx + dxdy + qdxdy =0
∂x ∂y
∂t x ∂t y
+ + q =0
∂x ∂y
∂t x ∂t y
+ + q =0 (2.1)
∂x ∂y
∂ Mx ∂ M xy
tx = +
∂x ∂y
∂My ∂ M xy
ty = +
∂y ∂x
∂2 M x ∂2 M xy ∂2 M y ∂2 M xy
+ + + +q = 0
∂ x2 ∂x∂ y ∂ y2 ∂x∂ y
2 2 2
∂ Mx ∂ M xy ∂ My
2 + 2 + 2 = -q
∂x ∂x∂ y ∂y
ed essendo:
2 2
Mx = - D ( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
∂x ∂y
∂2 w ∂2 w
My = - D ( + ν )
∂ y2 ∂ x2
2
∂ w
Mxy = - D (1 -ν ) ( )
∂ x∂ y
2 2 2 2
∂2 [D ( ∂ w + ν ∂ w2 )] +2 (1 -ν ) ∂2 [D ( ∂ w )]+ ∂2 [D ( ∂ w
2 2
∂x ∂ x2 ∂y ∂x∂ y ∂ x∂ y ∂y ∂ y2
2
+ ν ∂ w2 )] = q
∂x
4
∂ w
+ ν )=q
∂ x2 ∂ y2
4
∂4 w ∂4 w
D( ∂ w4 +2 2 2
+ 4
)=q
∂x ∂x ∂ y ∂y
D ∇4 w = q
Studi di flesso-torsione
l
Con gli studi di flesso-torsione di vanno ad analizzare strutture ad anima sottile (
t
>> 2) aperte sottoposte a torsione.
Prima di ciò consideriamo una sezione rettangolare allungata (aperta).
A causa di una torsione Mt si generano delle τ all’interno del materiale valutabili con
l’analogia idrodinamica.
Essendo una sezione rettangolare piana, il flusso delle τ sarà costante.
Dunque Mx viene assorbito per metà da τy e metà da τz.
Per sezioni sottili τy è pressoché costante lungo l e si smorza improvvisamente in
prossimità dei bordi:
Il due è presente poiché considero le forze sui due lati di lunghezza l (ho un flusso
positivo ed uno negativo con risultanti che generano una coppia).
τ max t
F= l
2 2
2
e la forza risultante è applicata ai del lato maggiore del triangolo (in questo caso
3
t
il lato di lunghezza ).
2
Si noti che F è la risultante delle τy agenti su un lato di lunghezza l della sezione.
Mx τ max t 2 t
=2 l ·( )
2 2 2 3 2
1 3Mx Mx
Mx = τmax l t2 → τmax = = t
3 lt
2
J
1
J= l t3
3
dove τ0 è la tensione nella sezione sottile aperta e Ω è l’area racchiusa (per una
sezione circolare è l’area del cerchio) e può essere considerata come l’area di un
triangolo avente per base un segmento di lunghezza pari a quella della circonferenza
e per altezza il braccio:
1 lr
Ω = 2ᴫ r · r · =
2 2
Mx Mx
τ0 = =
2Ωt lrt
τ max
dunque per una sezione di raggio 1m e t=1 mm, abbiamo = 3000 , cioè la
τ0
sezione chiusa assorbe le τ tremila volte rispetto la sezione aperta.
Mx
Si possono valutare gli angoli di torsione θx = per la sezione aperta e per quella
GJ
chiusa.
Per la sezione aperta abbiamo già calcolato J = 1 l t3, per quella chiusa:
3
1
J0= 4Ω2
ds
∫
t
J0 = 4 ( l r )2 1 = l2 r2 · t = l r2 t
2 l l
t
Dunque il rapporto degli angoli di torsione:
θx Mx G J0 J0 lr 2 t r2
θ0 = GJ Mx
=
J
=
l t 3 /3
=3
t2
= 3000000
da questa analisi risulta che per le dimensioni date una superficie aperta torce tre
milioni di volte in più rispetto una chiusa.
Potrebbe sembrare che le sezioni aperte a parete sottile siano incapaci di assorbire
caratteristiche torsionali.
Questo ragionamento è sbagliato perché nei calcoli abbiamo calcolato l’angolo di
rotazione unitario con la legge di Bredt, la quale deriva dal De Saint-Venant che
suppone che le superfici piane restino tali.
Nelle sezioni a parete sottile ciò non è vero e quindi assorbono la torsione in maniera
diversa, mantenendo valori della tensione tangenziale molto più bassi di quello visti
qui.
l
Consideriamo una struttura a sezione trasversale costante (con >>2), priva di
t
vincoli, con la superficie laterale scarica (abbiamo coppie uguali ed opposte alle
estremità e ci poniamo ad una certa distanza da esse), materiale isotropo,
consideriamo valida la legge di Hooke e forza e spostamento sono lineari (F=kx,
dove x rappresenta uno spostamento).
A parte casi particolari si può verificare che in una struttura a sezione costante e
sottoposta a torsione le sezioni trasversali piane si deformano in modo da non restare
tali (cioè si verifica la fuoriuscita delle sezioni dal proprio piano e quindi non è più
valido DSV).
Per queste sezioni la torsione viene assorbita in parte alla DSV e in parte in altro
modo.
Il contributo alla DSV è una relazione che lega momento ed angolo di torsione:
Mx
θx = → Mx’ = θx GJ
GJ
∂2 θ x
Mx’’ = -k
∂ x2
2
∂ θx
Mx = Mx’ + Mx’’ = θx GJ -k 2
∂x
∂2 θ x M
2
- ω2 θx = -
∂x k
GJ
con ω =
k
Mx’ = θx GJ
h
φ = ∫ x0 θ x dx → z = φ
2
2 2 3 3
∂z h h h
= ∂φ
→ ∂ z2 = ∂ φ
→ ∂ z
= ∂ φ
∂x 2 ∂x ∂x 2 ∂x
2
∂x
3
2 ∂x
3
3 3
h
taz = - E Iay ∂ z3 = - E Iay ∂ φ3
∂x 2 ∂x
3
∂ φ ∂2 θ x
Essendo φ = ∫ θ x dx →x
0 =
∂ x3 ∂ x2
2
h E I ay ∂ θx
taz = - 2
2 ∂x
E I ay
il prodotto h2 è posto pari alla costante k.
2
Il momento totale è assorbito in parte alla De Saint Venant e in parte per flesso-
torsione.
∂2 θ x Mx GJ ∂2 θ x
Mx = G J θ x - k → = θx -
∂ x2 k k ∂ x2
GJ
ω2 =
k
∂2 θ x Mx
2
- ω2θx = - eq. differenziale non omogenea del secondo ordine
∂x k
Mx Mx
ξ = θx - → θx = ξ +
kω2 kω2
∂2 θ x
ξ’’ =
∂ x2
Mx Mx
ξ’’ - ω2(ξ + 2
)=-
kω k
Mx Mx
ξ’’ – ω2ξ - =-
k k
ξ’’ – ω2ξ = 0
λ2 – ω2 = 0 → λ1,2= ±ω
ξ(x) = c1 e λ x + c2 e λ x = c1 e−ω x + c2 e ω x
1 2
Ricordando che:
GJ
ω2 =
k
Mx
ξ(0) = -
GJ
Si noti che imporre θx(0) vuol dire supporre una rotazione nulla in prossimità
dell’incastro (ipotesi più che ragionevole dato che si tratta di un incastro).
La seconda condizione al contorno è:
∂θ x (l) d ξ (l )
=0→ =0
∂x dx
d ξ (l)
= - ω c1 e
−ω l
+ ω c2 e ω l = 0
dx
Mx
c1 + c2 = -
GJ
c1 e−ω l = c2 e ω l → c1 = c2 e 2 ωl
dunque
Mx Mx 1
c2 e 2 ωl + c2 = - → c2 = - ( )
GJ GJ 1+ e2 ωl
Mx e
2 ωl
c1 = - 2 ωl
GJ 1+ e
Sostituendo in ξ(x) :
Mx 1 e−ω l
ξ(x) = c1 e −ω x
+ c2 e ωx
=- ( e 2 ωl−ω x + e
ωx
) =
GJ 1+ e
2 ωl
e−ω l
Mx 1
=- ( e ω l −ω x + e−(ω l− ω x) )
GJ ωl
e +e−ωl
x −x
sfrutto la definizione di cosh x = e −e
2
Mx cosh( ω (l−x ))
ξ(x) = -
GJ cosh ( ω l )
Mx Mx cosh( ω (l−x ))
θx = ξ(x) + = (1 - )
GJ GJ cosh ( ω l )
cosh( ω (l−x ))
Mx’ = G J θx = Mx (1 - ) → Contributo alla De Saint Venant
cosh ( ω l)
2 E I ay ∂2 θ x cosh( ω (l−x ))
Mx’’ = taz h = - h 2
= Mx
2 ∂x cosh ( ω l)
cosh( ω (l ))
Mx’’ = Mx = Mx
cosh ( ω l )
Essendo
d φx du dv d φx
θx = → =- =-r = - r θx
dx ds dx dx
u(s) = u0 – θ0 ∫ s0 rds
Posso valutare l’integrale ∫ s0 rds tra 0 ed m, ovvero lungo tutta la linea media per
vedere cosa fa il punto in considerazione. Visto che sto ragionando in termini di area,
lungo tutta la linea media ho:
dove sono indicate le aree da ritenere positive e quelle da ritenere negative.
1 1 θx
u= ∫ 0 uds =
m
∫ 0 (u0−θ x ∫ 0 rds)ds = u0 -
m s m s
∫ 0 (∫ 0 rds)ds
m m m
θx
u= ∫ 0 (∫ 0 rds)ds - θx ∫ 0 rds
m s s
m
u = θx ωs – θx ωs = θx (ωs – ωs)
Se la struttura non è vincolata θx = cost e sarà assorbito tutto alla De Saint Venant.
∂u ∂ (θ (ω – ω ))
εx = = x s s
∂x ∂x
dθ
εx = (ωs – ωs)
dx
dθ
σx = Eεx = E (ωs – ωs) (3.1)
dx
lungo x:
∂ τt ∂σx
= +t =0
∂s ∂x
∂τt ∂σx
=-t
∂s ∂x
∂τt d2θ
=-tE (ωs – ωs)
∂s d x2
dove si è utilizzata la (3.1). Si noti che θx è l’unico termine che dipende da x.
Integrando rispetto ad s si ha:
2
d θ
τt=-E ∫ 0 (ωs – ωs)t ds = q
s
d x2
dF = qds
dM’’ = qrds
Integrando lungo la linea media (tra zero ed m), ottengo il contributo del momento
assorbito per flesso-torsione:
M’’ = ∫ m0 q r ds
Sostituendo:
2
M’’ = - E d θ2 ∫ 0 ( ∫ 0 (ωs – ωs)t ds) r ds
m s
dx
ωs = ∫ s0 r ds
d ωs d−ω s d
dωs = r ds → r ds = ds = - ds = - (ωs – ωs) ds
ds ds ds
L’ultima operazione è lecita perché ωs è un valore costante (al più può dipendere da x
se la sezione non è costante lungo x).
d
∫ 0 ( ∫ 0 (ωs – ωs)t ds) r ds = - ∫ 0 ( ∫ 0 (ωs – ωs)t ds) (ωs – ωs) ds
m s m s
ds
d
f’ = (ωs – ωs) → f = ωs - ωs
ds
l’integrale diventa:
dove il simbolo |0m indica che il primo integrale è da valutare tra zero ed m(bisogna
porre s = 0 e s = m).
L’integrale valutato tra zero ed m risulta nullo per s= 0, infatti:
∫ 0 (ωs – ωs) t ds = 0
0
Succede lo stesso per s = m e ciò dipende dalla componente assiale delle forze
normali. Infatti abbiamo assunto che l’unica σ che agisce è σx e quindi non ci saranno
componenti assiali della tensione. La quantità (ωs – ωs) la troviamo all’interno di :
dθ
σx = Eεx = E (ωs – ωs)
dx
d2θ
M’’ = - E 2 ∫ m0 (ωs – ωs)2 t ds
dx
M cosh( ω (l−x ))
θx = (1 - )
GJ cosh ( ω l)
k = + E ∫ m0 (ωs – ωs)2 t ds
M cosh( ω (l−x ))
θx = (1 - )
GJ cosh ( ω l)
Ciò che differenzia una struttura dall’altra è proprio il valore di k, che nella soluzione
θx è contenuta in ω:
GJ
ω=
k
k = + E ∫ m0 (ωs – ωs)2 t ds
σx = E d θ (ωs – ωs)
dx
Da
sezione a sezione, avendo la struttura vincolata lungo x, avrò che la forma del
diagramma delle σx sarà sempre la stessa, ma avrò valori massimi all’incastro che via
via decrescono fino a diventare nulli all’estremità (ciò succede perché è l’incastro a
reagire alla sollecitazione quindi è lì che deve verificarsi l’equilibrio. L’estremo
libero non essendo vincolato non avrà una reazione).
N.B. nell’ultima immagine c’è una rappresentazione dello sforzo normale.
Ni
qi,i+1 = + qi-1,i
l
cioè lo sforzo normale all’incastro della soletta i, quindi in posizione intermedia tra
l’anima i-1,i e l’anima i,i+1, è calcolabile in questo modo.
Con l è indicata la lunghezza dell’ i-esima soletta, che in questo caso consideriamo
tutte uguali.
Per cui, noti qi,i+1 posso calcolare lo sforzo normale agente su ogni soletta:
N1
q1,2 = + 0 → N1 = l q1,2
l
N2
q2,3 = + q1,2 → N2 = l (q2,3 - q1,2 )
l
N3
q3,4 = + q2,3 → N3 = l (q3,4 – q2,3)
l
N4
0= + q3,4 → N4 = - l q3,4
l
k = E ∫ m0 (ωs – ωs)2 t ds
dove ω è il valore medio di tutta la sezione, ti,i+1 e ωi,i+1 sono relativi alla particolare
anima, e ai,i+1 è la larghezza dell’anima (i.e. la lunghezza di anima tra due solette
successive):
1
∑ ω j , j +1 a j , j+1
ωs = m
∫ ω s ds
0 →ω = j=1
m m
Esiste una trattazione più rigorosa che è valida anche per le sezioni chiuse e parte
dall’assumere che lo scorrimento sulla linea media ɣi,i+1 sia diverso da zero:
u i+1−ui
ɣi,i+1 = + ri,i+1 θx
bi , i+1
essendo q = τ t = G ɣ t ottengo:
u i+1−ui
qi,i+1 = G ( ti,i+1 + ri,i+1 ti,i+1 θx)
bi , i+1
isolando θx ottengo:
n
t
Mx
∑ (ui −ui+1 ) bi ,i+1 Ωi ,i +1
i=1 i , i+1
θx = n
+ n
2 G ∑ r i ,i +1 t i ,i+1 Ωi ,i +1 ∑ r i , i+1 ti ,i +1 Ωi , i+1
i=1 i=1
n
t
−u i+1 +ui
∑ (−u j +u j +1) bj , j+1 Ω j , j +1 r i ,i+ 1 t i ,i+1 M x
j=1 j , j +1
=-G( ti,i+1 + ri,i+1 ti,i+1 n )+ n
bi , i+1
∑ r j , j+1 t j , j +1 Ω j , j+1 2 ∑ r j , j+1 t j , j +1 Ω j , j+1
j=1 j=1
(3.1)
q = -G V u + M I rt
Mx
M =
2 Ic
La matrice V ha tante righe quanti sono i flussi di taglio e tante colonne quante sono
le componenti di u. Per i componenti generici di V devo sviluppare ogni termine.
Al variare di i ho vari valori delle q (per i = 1 ho q1,2, per i =2 ho q2,3 e così via),
quindi la componente di V dipende sia dalle q che da tutte le altre u (essendoci una
sommatoria su j, ogni componente della matrice dipende da tutte le componenti di u).
Dunque v11 sarà il termine che moltiplica u1 per ottenere q1,2.
Si noti che il termine v11 lo otteniamo per i = 1 e per j= 1 o j = n. Lo si capisce dalla
sommatoria:
n
t
∑ (u j +u j+1 ) b j , j +1
j=1 j , j+1
t 1,2 t n ,1
r 1,2 t 1,2 (u2−u 1) Ω r 1,2 t 1,2 (u1−u n) Ω
t 1,2 b 1,2 1,2 bn ,1 n ,1
(u1 - u2) + +
b1,2 Ic Ic
dunque v11 :
dN i
= qi-1,i - qi,i+1
dx
quindi la variazione dello sforzo normale sulle solette dipende dagli sforzi di taglio
dell'anima precedente e di quella successiva. Lo sforzo normale N è di fatto una
forza: N = σ A . Considerando costante l'area lungo una soletta, ho che la precedente
equazione diventa:
d σi
Ai = qi-1,i - qi,i+1
dx
dove Ai è l'area dell' i-esima soletta. Abbiamo così espresso la variazione dello stress
longitudinale della soletta in funzione dei flussi di taglio.
Compattando tutto in forma matriciale, risulta:
dσ
=Rq (4.1)
dx
dσ
Ovviamente è un vettore e contiene le derivate delle σi di tutte le solette.
dx
Dato che siamo partiti da:
q = -G V u + M I rt
dq du
= -G V +0 (4.2)
dx dx
dq du
dove e sono vettori e il termine M I rt è costante rispetto a x.
dx dx
Essendo:
du du 1
σ=E → = σ
dx dx E
du
dove è sempre da intendere come vettore.
dx
Dalla (4.1) possiamo invertire la matrice R (che pertanto dovrà essere invertibile) e
ottenere:
dσ
q = R-1
dx
2
d σ G
R-1 =- Vσ
dx 2 E
2
d σ G
=- RV σ
dx 2 E
d2σ G
- Hσ=0 (4.3)
dx 2 E
Con H = - RV
Per risolvere la (4.3) ho bisogno di opportune condizioni al contorno che mi
consentano di scegliere un'unica soluzione tra le infinite possibili funzioni che
risolvono l'equazione differenziale.
Per prendere le condizioni al contorno utilizzo le equazioni di equilibrio alla
traslazione longitudinale e alla rotazione intorno agli assi della sezione (nel caso
considerato sono y e z).
Quindi la traslazione sarà lungo x e le rotazioni lungo y e z:
n
Σ Fx = 0 → ∑ Ai σ i = 0
i=1
n
Σ My = 0 → ∑ Ai σ i z i = 0
i=1
n
Σ Mz = 0 → ∑ Ai σ i y i = 0
i=1
Questo set di equazioni poiché è sempre pari a zero, può essere scritto nella forma:
α σ1/(n-3) = β σ(n-2)/n
Se consideriamo la prima riga di questa partizione (cioè consideriamo n-3 righe e n-3
colonne):
Essendo:
posso sostituire in modo da avere tutto in funzione dei primi termini delle σ:
ui = ki u1
diventa:
n
t i ,i+ 1
u 1 ∑ (k i−k i+1 ) Ω
Mx i=1 bi , i+1 i ,i +1
θx = +
2G Ic Ic
(perché la sommatoria è fino a n? che senso ha avuto fare tutto il discorso sulle
matrici?)
ritornando all'espressione:
d σ1 1
= (qn,1 - q1,2)
dx A1
du1 d 2 u1 1
σ1 = E → = (qn,1 - q1,2)
dx dx 2
E A1
1
) +M (rn,i tn,i - t1,2 r1,2)
EA i
con k pari a:
1
k= M (rn,i tn,i - t1,2 r1,2)
EA i
d2 v
2
- λ2 v = 0
dx
v = A1 e-λx + A2 eλx
A 1+ A 2 A 1−A 2 A +A A 1−A 2
v=( + ) e-λx + ( 1 2 - ) eλx
2 2 2 2
ponendo:
A 1−A 2
c1 =
2
A 1+ A 2
c2 =
2
si ottiene:
v = c1 cosh (λ x) + c2 senh (λ x)
(σ1)x=0 = 0
e si ottiene perché gli sforzi normali nell'estremo libero sono nulli. Quindi
d u1 d u1
σ1 = E → =0
dx dx
Ne segue che:
d u1
( )x=0 = 0
dx
dv
( )x=0 = 0 (4.5)
dx
k
(u1 )x=L = 0 → v = (4.6)
λ2
v = c1 cosh (λ x) + c2 senh (λ x)
Per x = 0:
essendoci
e x + e−x e x −e− x
cosh(x) = sinh(x) =
2 2
(v' )x=0 = c2 λ
k
(v)x=L = c1 cosh (λ L) + c2 senh (λ L) = c1 cosh (λ L) =
λ2
Dunque
k 1
c1 =
λ2 cosh( λ L)
Ne segue:
k 1
v= cosh (λ x)
λ2 cosh( λ L)
Ricordando che siamo interessati allo spostamento della prima soletta u1 e non a v:
k k cosh ( λ x)
u1 = v - = ( -1)
λ2 λ 2
cosh( λ L)
Una volta determinato lo spostamento u1 devo trovare le ki. Per farlo assumo che la
struttura si deformi longitudinalmente come se fosse libera. In questo modo posso
utilizzare la legge di Bredt:
Mx
qi,i+1 = q* =
2Ω
2
Mx 4Ω
2
(2Ω)
θx = con J = = n
GJ da
∫
dt ∑ da
dt
j=1
t i , i+1
qi,i+1 = G[(ui+1 - ui) + ri,i+1 ti,i+1 θx] (perché è sparita la sommatoria su j?)
bi , i+1
e sostituendo θx e la formula di Bredt:
n
Mx t i , i+1 Mx a
= G (ui+1 - ui) +G ri,i+1 ti,i+1 2 ∑ t j , j+1
2Ω bi ,i+ 1 G(2Ω) j=1 j , j +1
n
Mx 1 a
Definendo L = eN= ∑ t j , j+1
2Ω 2Ω j=1 j , j +1
bi ,i+ 1
(ui+1 - ui) = L( - ri,i+1 bi,i+1N)
t i , i+1
Si noti che a parte b,t,L e N che sono valori geometrici o di carico, l'unico valore noto
è u1.
A questo punto, ponendo i = 1 possiamo calcolare u2:
b1,2
u2 = u1 + L( - N r1,2 b1,2)
t 1,2
b2,3
u3 = u2 + L( - N r2,3 b2,3)
t 2,3
ovvero:
b1,2 b
u3 = u1 + L( + 2,3 - N r1,2 b1,2 - N r2,3 b2,3)
t 1,2 t 2,3
e cioè:
i−1
b
ui = u1 + L ∑ ( t j , j+ 1 −Nr j , j +1 b j , j+1 )
j=1 j , j+1
E' necessario individuare quali sono i casi nell'ambito delle costruzioni aeronautiche
in cui bisogna tener conto della flesso-torsione e quando invece è sufficiente una
verifica in cui si applica soltanto la teoria alla DSV e derivate.
Per sezioni aperte la flesso-torsione va sicuramente considerata. Per il caso chiuso il
discorso è più particolare, perché ci sono casi in cui va considerata e casi in cui no.
L'importanza di questo fenomeno può essere dedotta dall'analisi di una struttura di 4
solette e 4 anime, che può essere schematica di un cassone alare:
u1 = -u2 = u3 = -u4 = u
Dunque il warping è:
Mx a b
u= ( - )
8 abG ta tb
a b
La fuoriuscita dal piano c'è quando u è diverso da zero e quindi quando ( - )
ta tb
è diverso da zero. Più sarà grande la differenza di quei rapporti, maggiore sarà il
warping. Si noti che oltre ad un problema di dimensioni il warping è legato anche allo
spessore.
Tale fenomeno è presente soprattutto per la deriva, mentre per l'ala grossomodo si
può usare DSV.
Anche le piastre sottili sottoposte a delle forze nel loro piano medio, con forze che
via via aumentano, si imbozzano una volta che il carico supera un determinato valore
denominato carico critico. Per determinare questo carico critico si suppone che la
piastra si sia imbozzata sotto l'azione delle forze applicate e viene utilizzato il
teorema dell'energia. Quindi si stabilisce innanzitutto una forma della deformata del
piano medio della piastra e si eguaglia al lavoro delle forze esterne all'energia di
deformazione. Iniziamo con lo scrivere l'energia di deformazione nel caso di una
piastra sottoposta ai momenti Mx dy ed My dx:
2 2 2
1 ∂ w ∂ w ∂ w
dU = - (Mx + My + 2 Mxy )dxdy
2 ∂ x2 ∂ y2 ∂x∂ y
2 2
My = - D ( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
∂y ∂x
∂2 w
Mxy = - D(1 - ν)
∂ x∂ y
∂2 w
)2]dxdy =
∂x∂ y
D ∂2 w 2 ∂2 w 2 ∂2 w ∂2 w ∂2 w
= [( ) +( ) + 2 ν( ) + 2(1 -ν)( )2]dxdy
2 ∂ x2 ∂ y2 ∂ x2 ∂y 2
∂ x∂ y
mπ x mπ y
dove si nota c'è un moto sull'asse x (sen ) e un moto sull'asse y (sen ).
a b
Questa formula dipende molto dalle condizioni al contorno. Se infatti si considera
una trave incernierata ai due estremi:
∂2 w ∞ ∞ 2
∂ x2
=- ∑ ∑ a mn ( maπ ) sen( m aπ x ) sen( n πb y )
m=1 n=1
nπ y
Si noti che sen è costante quando si deriva rispetto x.
b
2 ∞ ∞ 2
∂ w
∂y
2
=- ∑ ∑ a mn ( nbπ ) sen( m aπ x ) sen( n πb y )
m=1 n=1
∂2 w ∞ ∞
mπ nπ mπ x nπ y
= ∑ ∑ a mn ( )( ) cos( )cos ( )
∂x∂ y m=1 n=1 a b a b
2 ∞ ∞ 4
b a
∫ 0 ∫0 ( ∂ w2 )2 dxdy = π4 ∑ ∑ ( ma 4 ) a2mn ∫ a0 sen 2( m aπ x )dx ∫ b0 sen2 ( n πb y ) dy
∂x m=1 n=1
mπ x nπ y
dove si è considerato che dentro l'integrale c'è il prodotto di sen e sen ,
a b
quindi nonostante w sia dipendente sia da x che da y, è data dal prodotto di due
funzioni che sono una dipendente solo da x e una dipendente solo da y. Ciò mi
consente di separare gli integrali.
Dunque dobbiamo risolvere i singoli integrali. Iniziano con il primo:
a 2 mπx
∫ 0 sen ( ) dx
a
∫f’g = f g - ∫f g’
mπ x mπ mπ x
f = sen → f' = cos
a a a
mπ x a mπ x
g' = sen → g=- cos
a mπ a
L'integrale diventa:
mπx a mπ x mπ x a a mπ mπ x
∫ a0 sen2 ( ) dx =- sen cos |0 + ∫ a0 cos 2 ( )dx
a mπ a a mπ a a
dove il simbolo |0a indica che il primo termine va valutato tra zero ed a.
Per il primo termine quando x=a ottengo sen (mπ), dove m è un numero intero
naturale. Pertanto quando x = a il sen (mπ) = 0.
Quando x = 0 ho sen (0) = 0, dunque il primo termine è sempre nullo.
Rimane:
mπx mπ x mπx
∫ a0 sen2 ( ) dx = ∫ a0 cos 2 ( )dx = ∫ a0 1 dx - ∫ a0 sen2 ( )dx
a a a
mπx
2 ∫ a0 sen2 ( )dx = ∫ a0 1 dx = a
a
a 2 mπx a
∫ 0 sen ( ) dx =
a 2
Si noti che la "a" ampiezza di deformazione è la stessa "a" delle dimensioni della
piastra, perché la deformazione della piastra è dettata proprio dalla lunghezza di a. Lo
stesso vale per b.
Ripetendo gli stessi ragionamenti si possono scrivere tutte le relazioni all'interno
dell'energia potenziale:
∂2 w 2 ∞
m4 2 a b
∞ ∞ ∞
m 4 2 ab
b a
∫ ∫
0 0 ( 2
) dxdy = π4 ∑ ∑ ( a 4 ) amn 2 2 = π4 ∑ ∑ ( a 4 ) amn 4
∂x m=1 n=1 m=1 n=1
2 ∞ ∞ 4
∂ w 2
b a
∫ ∫
0 0 (
∂y
2
) dxdy = π4 ∑ ∑ ( nb 4 )a2mn ab
4
m=1 n=1
∂2 w ∂2 w ∞ ∞
m 2 n2 2 ab
b a
∫ ∫
0 0 dxdy = π4 ∑ ∑( )( ) amn
∂ x2 ∂y 2
m=1 n=1 a2 b2 4
∂2 w
Resta da integrare il termine misto ( )2. Elevando al quadrato compare la
∂x∂ y
funzione cos2 . Se andiamo ad integrare ci ritroviamo nella situazione descritta
poc'anzi:
a 2 mπx a 2 mπ x
∫ 0 sen ( ) dx = ∫ 0 cos ( ) dx
a a
a
e ricalcando il ragionamento fatto prima ottengo come risultato .
2
Dunque:
2 ∞ ∞ 2 2
∂ w m n 2 ab
∫ 0 ∫0 (
b a
)2 dxdy = π4 ∑ ∑( )( ) amn
∂ x∂ y m=1 n=1 a2 b2 4
∂2 w ∂2 w
ed è esattamente uguale a ∫ b0 ∫ a0 2 2
dxdy.
∂x ∂y
Queste quantità possono essere ora inserite nell'energia di deformazione U:
m 4 n4 m2 n2 m 2 n2 m2 n2
U= D π4 ab
∞ ∞
)( )] =
2
2 4
∑ ∑ a mn [( )(
a 4 b4
)+ 2 ν ( )(
a 2 b2
)+2( )(
a2 b2
)−2 ν (
a 2 b2
m=1 n=1
4 ∞ ∞ 2 2 2
= π D ab ∑ ∑ a mn [( 2 m
2
n
)+( 2 )]
8 m=1 n=1 a b
Fx 2 2 ∞ ∞
m 2
L= b a
∫ 0 ∫0 ( ∂ w2 )2 dxdy = π D ab Fx ∑ ∑ mn a ) =
a
2
(
2 ∂x 8 m=1 n=1
2
= π D b Fx
∞ ∞
8a
∑ ∑ a 2mn m2
m=1 n=1
a+b+ c+ d+.....
Fx =
e +f + g+ h+.....
e si dimostra che questa quantità ha un valore compreso tra la più grande e la più
piccola di queste frazioni :
a b c
; ; ecc....
e f g
Tra tutte queste somme devo quindi considerare quelle in cui tutti i termini tranne uno
sono nulli. Quindi considero il caso in cui amn = 0 per ogni m e per ogni n tranne che
per un solo valore. Se tutti i valori tranne uno di amn sono nulli, posso eliminare le
sommatorie:
2 2 2
m n
π2 D a 2 a 2mn (( ) +( ) )
a b π2 D a 2 m 2 n 2 2
Fx = 2 2
= [( ) +( ) ]
m a mn m2 a b
Per come è scritta risulta evidente che il valore più basso di Fx si ottiene per il valore
più basso di n, cioè n=1. Ciò equivale a dire che la deformata su y è composta da una
sola semionda (n.b. si è ragionato in modo da mantenere costante il termine m e
quindi si è ragionato solo su n).
2 2 2 2 2 2 2 2 2 2
Fx = π D2a [( m ) +( 1 ) ] = π D4 a [ m + a 2 ]
m a b a m mb
2 2 2
Fx = π D [m+ a 2 ]
a mb
2 2
Ragioniamo ora sulla m. Abbiamo [m+ a 2 ] , con m numero naturale. Dunque è
mb
1
sempre verificato che m > . Ne segue che il valore minimo di questa espressione
m
la troviamo per m = 1 e cioè per una sola semionda lungo x.
Di conseguenza l'espressione w che abbiamo trovato all'inizio diventa:
∞ ∞
mπx nπ y πx πy
w= ∑ ∑ a mn sen( ) sen( ) = a11 sen ( ) sen( )
m=1 n=1 a b a b
e ci fornisce la deformazione corrispondente al valore critico di Fx che usiamo per la
progettazione se poniamo m = n = 1.
Il carico corrispondente a questa condizione critica è :
π2 D a
2 2
π2 D b a2 2 π2 D b a 2
Fxc = [1+ 2 ] = [ + ] = [ + ]
a2 b b 2 a ab b2 a b
a
L'abbiamo scritta portando la b fuori per avere il rapporto che è l'allungamento
b
della piastra. Vediamo come cambia la forza critica in base alla geometria.
Partiamo dal considerare b costante e a variabile (dunque studio il segno della
derivata di Fxc rispetto ad a e siccome sono interessato al segno trascuro la costante):
b a 2 b a b 1
( + ) →2( + ) (- + )>0
a b a b a2 b
2
- b3 + 1 - 1 + a
>0
a a a b
2
−b4 + a4
>0
a3 b2
Risolvo rispetto ad a:
Si noti che a non è definita per valori negativi e che la derivata ha segno negativo tra
0 e 1 e segno positivo tra 1 e infinito.
Dunque se manteniamo b costante e facciamo variare a, Fxc diminuisce fino a
a
raggiungere un minimo per = 1. In questo caso il valore critico sarà:
b
2 2
4π D 4π D
Fxc = 2
= 2
b a
F xc
σc =
t
2 2 2
1
σc = π D [ m+
a
]
2
a mb
2
t
Essendo
E t3
D= 2
12(1− ν )
π2 E t 2 a2 2 π2 mb a 2 t 2
σc = [m+ ] = [ + ] E( )
a2 12(1− ν2 ) mb2 12(1− ν2 ) a mb 2 b
π2 mb a 2
kc = 2
[ + 2]
12(1− ν ) a mb
t 2
σc = kc E ( )
b
a
la kc è importante perché dipende dall'allungamento e da m. Siccome dipende da
b
m, non esiste una sola kc ma ne esistono infinite che dipendono dal valore di m.
E' possibile graficare kc in funzione dell'allungamento e parametrizzarlo rispetto a m:
Per quanto detto in precedenza dobbiamo prendere sempre la curva m = 1. E'
possibile dimostrare che il punto di intersezione tra la curva con m = 1 e quella con m
= 2 è √2 .
a
Dunque per valori di < √ 2 prendiamo la curva m = 1 che mi dà il valore
b
minimo della σ. Per valori compresi tra √ 2 e √ 6 ho m = 2 che mi dà il valore
minimo di σ possibile.
I valori √ 2 e √ 6 si ricavano prendendo la curva kc :
2
kc = π2 [
mb a
+ ]
2 2
12(1− ν ) a mb
e uguagliando i valori di kc che si ottengono con m=1 e con m=2 per ottenere √ 2 e
con m = 2 e m = 3 per ottenere √ 6 :
π2 mb a 2 π2 b a 2
[ + ] = [( m+1) + b2
]
12(1− ν2 ) a mb 2 12(1− ν2 ) a (m+1)
mb a b a
+ = (m+1) +
a mb 2 a [(m+1)b]
a
ponendo =λ
b
m λ m+1
+ = + λ
λ m λ m+1
1
+ λ −λ = 0
λ m+1 m
2 2
m(m+1)+m λ −(m+1) λ
=0
λ (m+1)m
m(m+1)−λ
2
=0
a
λ = √ m( m+1) =
b
t 2
σc = kc E ( )
b
Eε σ σ n
σ0.7 = σ0.7 + ( σ0.7 )
17
ln( )
7
con n = 1 + σ0.7
ln σ
0.85
tali relazioni sono semi-empiriche. La σ0.7 e la σ0.85 si ricavano dalla curva σ - ε del
materiale:
dove la retta E0.85 indica la pendenza del tratto lineare se E fosse l'85% di quello reale.
L'intersezione tra la retta e il grafico ci dà il valore di σ0,85.
Un altro discorso da considerare è che queste espressioni sono state ricavate per lastre
piane. Se le lastre non sono piane ma sono dotate di curvatura, la tensione critica
r
cresce e cresce quanto più diminuisce il rapporto ,dove r è il raggio di curvatura e
t
t lo spessore della piastra. Anche in questo caso vi sono delle curve semiempiriche da
tener presente che legano il valore di kc ad un coefficiente z funzione della curvatura.
Per quel che riguarda le travi abbiamo visto che per le travi a parete sottile il limite
superiore è la tensione critica locale a compressione. Le travi però possono essere
viste anche come un insieme di piastre caricate di punta. Ognuna di queste piastre
entra in crisi all'aumentare del carico:
Tale valore si chiama σcr locale:
∑ σcri A i
σcrl = i
∑ Ai
i
a+b 0.75
σcs = (σcy E)0.5 Ce ( )
t
si
∑ σcri A i
i
σcs =
∑ Ai
i
dove è stato introdotto il termine g' che è il numero di piastre di cui è composta la
sezione dopo che è stata suddivisa più il numero di tagli necessari ad ottenere questa
suddivisione. Nel caso con un singolo taglio:
Nell'altro caso :
L'ultima espressione data di σcs è valida solo se gli angoli sono formati da due
piastre. Nel caso in cui ci siano angoli in cui concorrono più di due sezioni,
l'espressione diventa:
2 1 0.4
In
genere
il
cuore è
quello
σcs = η σcs'
σcl
1+3 σ f
η= cr
1+3 f
con σcr tensione critica a compressione della piastra. f è un rapporto tra lo spessore
dei due strati superficiali e lo spessore totale della superficie della piastra:
e quindi vi sono dei bulbi o delle piegature. Lo scopo di questi bulbi e di queste
piegature è quello di provocare un ulteriore irrigidimento della struttura, che può
incrementare di circa 9 volte la σcr della piastra (nella zona della piegatura o del
bulbo). Bulbi e piegature devono rispettare delle condizioni affinché possano essere
considerati degli irrigidimenti. Ci sono delle formule semi-empiriche e per quanto
riguarda la piegatura è considerata un irrigidimento se vale:
bl 3 bl bf
0.910( ) −( )≥5
t t t
Il Al
2.73 3
− ≥5
bf t bf t
Il concio sta ruotando intorno all'asse di torsione A-A' con un angolo di torsione pari
a θx dx. Conseguentemente la sezione di area t ds (quella tratteggiata) tende a
spostarsi lungo la direzione in figura. Se osserviamo il concio dall'asse A-A' avremo
la deformazione in questo modo:
Il carico P agente sulla struttura può essere suddiviso in due componenti, di cui la
componente verticale (ce ci interessa maggiormente) è P2 t ds (essendoci t ds ho un
carico distribuito su un'area). In particolare se andiamo a considerare soltanto i piano
medi della sezione deformata, abbiamo l'angolo dα e che il carico P2 t ds è pari a:
P2 t ds = P t ds dα
Per valutare dα considero la sezione che sta ruotando ed essendo r la distanza tra la
faccia superiore (area tratteggiata) e l'asse di rotazione, la sezione si sta spostando di
rθx dx . Ne segue che:
θ x dx r
dα = = r θx
dx
Sostituendo in P2:
P2 t ds = P t ds r θx
dMx = P t r2 θx ds
Mx = P θ x ∫ l0 t r 2 ds
Mx = P θx Ip
GJ
Mx = GJ θx → P θx Ip = GJ θx → P =
Ip
d 2 θx PI p 2
2
+( −ω ) θ x = 0
dx k
ponendo
PI p
a2 = −ω2
k
2
d θx 2
2
+ a θx = 0
dx
d θx
= A a cos (ax) - B a sen(ax)
dx
θx = 0 = 0 + B → B = 0
d θx
= 0 = A a cos (al) = 0
dx
In questo caso per A = 0 ci ritroviamo nel caso banale in cui θx = 0, che è una
soluzione dell'equazione che descrive il caso in cui la trave non è soggetta a carichi
(soluzione di riposo), e quindi non è il caso che stavamo analizzando. L'altra
soluzione si ha per l'annullarsi del termine cos(al). Sappiamo che il coseno si annulla
in infiniti punti, noi però siamo interessati alla prima condizione di instabilità, cioè:
aL = π → a = π
2 2L
essendo:
2 PI p kω
2
kπ
2
a = −ω
2
→P= + 2
k Ip 4 L Ip
ed essendo GJ = k ω2
2
P = σcrt = GJ + k π2
Ip 4L Ip
Tensione diagonale
Questo rettangolo elementare sarà sottoposto ad una tensione tangenziale τ che vale:
T
τ=
ht
Su questo elemento non vi sono delle tensioni tangenziali ma sono presenti delle
tensioni normali che sono di compressione e di trazione. Dato che il cerchio di Mohr
è centrato nell'origine, i valori delle tensioni sono anch'essi:
T
τ=
ht
varia solo il segno che in alcuni casi è a trazione e in altri è a compressione. Lo stato
tensionale così descritto viene detto di taglio puro.
Se vado ad aumentare il carico T, questo stato si mantiene fino a che le τ non
raggiungeranno un valore critico. Superato questo valore critico si ha la crisi
dell'anima, che mi manifesta tramite delle piegature inclinate di un certo angolo α
rispetto l'asse delle solette.
A questo punto si dice che si instaura il campo di tensione diagonale. Il valore
dell'angolo α dipende dalle geometrie, dalle proprietà elastiche dell'anima, da come
sono fatti i vincoli ecc.
Essenzialmente la τcr divide due modi di lavorare del pannello. Per τ < τcr si ha uno
stato di tensione di taglio puro, mentre per τ > τcr si ha uno stato di tensione
diagonale. In quest'ultimo caso il pannello è comunque in grado di assorbire taglio,
ma contribuiscono all'assorbimento del taglio anche solette e correnti. Questo è vero
nel caso in cui l'anima è capace di assorbire sforzi di compressione. Se l'anima non è
in grado di assorbire sforzi di compressione, per un qualsiasi carico T inferiore al
carico di rottura si avrebbe uno stato di tensione diagonale, e in questo caso si parla
di stato di tensione diagonale puro. Normalmente quando T è tale che si è superata la
τcr si usa considerare la τ come somma di due contributi:
τ = τ t + τd
ovvero, la struttura lavora con una certa frazione del carico τt secondo uno stato di
tensione di taglio puro, mentre per un'altra frazione del carico τd secondo lo stato di
tensione diagonale. Proprio per questo si definisce un rapporto k:
τd τ
k= τ (a volte viene espresso come k = 1 - τcr , ma il significato è equivalente)
Per qualsiasi valore del carico T (inferiore a quello di rottura, altrimenti si entra in un
altro campo) la struttura assorbe un'aliquota di T corrispondente alla τcr per lo stato di
tensione classico di taglio puro, e la rimanente parte per tensione diagonale.
Vediamo lo stato puro di tensione diagonale.
Consideriamo un elemento rettangolare del pannello inclinato di un angolo α rispetto
al pannello di partenza:
Figura 4: elemento
ruotato rispetto al
Figura 3: Pannello di partenza pannello di partenza
Figura 5: Elemento di pannello
non inclinato
Per farlo prendo la retta passante per l'origine e inclinata di α rispetto l'asse delle τ.
T
Poi prendo l'intercetta (parallela all'asse σ) ad un'altezza che individua il punto
ht
T
A, che è il punto corrispondente ad un valore di τ pari a . Dal punto A tracciamo
ht
la perpendicolare alla retta inclinata di α, che individua una σ sull'asse delle ascisse
corrispondente al punto B. Il cerchio di Mohr rappresentativo di questo stato
OB
tensionale avrà diametro OB e raggio OC = e centro in C.
2
I punti B-B' rappresentano le condizioni del rettangolo elementare inclinato
dell'angolo α, ed infatti sui due lati opposti abbiamo il punto B' con σ= τ = 0 e che
rappresenta il lato scarico, mentre l'altro lato (quello non scarico) è rappresentato dal
punto B, dove la τ = 0 e σ = σmax.
T
L'altro rettangolo elementare è rappresentato dai punti A-A'. Il punto A ha τ = ed
ht
avrà anche un σ che è una σ verticale.
T
Anche il punto A' ha una τ = (per simmetria) e una sua σ, che è la σ orizzontale.
ht
Ricapitolando:
T
τ=
ht
σv = τ · tg α → σo = τ · cotg α
Entrambe stanno nella parte positiva delle σ e quindi sono entrambe di trazione.
Come conseguenza possiamo dire che il pannello tira i suoi correnti con un carico
distribuito orizzontale:
po = σo t = τ t cotg α
pv = σv t = τ t tg α
pv d τtd
σc = = tg α
Ac 2 2 Ac
Bisogna tener presente che i correnti tipicamente hanno delle eccentricità e per tenere
conto dell'eccentricità del corrente, al posto dell'area Ac viene messa Ace:
Ac
Ace =
e
1+ ρ
dunque:
σd τ 2τ
= → σd =
2 sen( 2 α ) sen( 2 α )
Settima lezione 10/11/2020
Lo stato di tensione diagonale puro è soltanto teorico perché alla base abbiamo
supposto l'indeformabilità flessionale delle solette e dei correnti. In realtà solette e
correnti possono deformarsi in maniera flessionale introducendo ulteriori carichi. Se
consideriamo non trascurabile la deformabilità flessionale delle solette, abbiamo che
il carico pv (verticale) e il carico po (orizzontale) provocano un'inflessione dei correnti
e delle solette in cui la freccia massima sarà in mezzeria:
Da ciò segue che le σd non possono essere costanti, ma saranno appunto funzione
della distanza dei bordi di soletta e corrente. Tali valori che nel caso di σd costante è:
2τ
σd =
sen(2 α )
2T
σdmax = (1+c 2)
ht sen (2 α )
In questo caso si è visto da un punto di vista sperimentale che va bene considerare nel
calcolo del carico di punta critico un'asta che invece di essere lunga h (cioè quanto il
corrente) è lunga:
1
Lc = h
d
√ 4−2
h
In soldoni, il corrente dovrebbe comportarsi come un'asta lunga h per quel che
riguarda l'instabilità del carico di punta, però il fatto che sia presente anche una
tensione diagonale stabilizza il corrente rispetto al carico di punta e fa sì che si
comporti non come un'asta lunga h, ma come un'asta lunga Lc, allontanando di fatto il
carico di punta.
Se andiamo a considerare il parametro k (cioè il parametro che definisce la tensione
diagonale) sappiamo che per k=1 lo stato di tensione diagonale è definito puro.
Per 0 < k < 1 si usa dire che lo stato di tensione diagonale è incompleto. Quando
succede questo, solo una frazione k-esima della sollecitazione viene assorbita
secondo tensione diagonale, mentre la restante parte (1 - k) verrà assorbita secondo lo
stato di tensione classico di taglio. Quindi lo stato tensionale completo che si verifica
in questo caso si ottiene sommando allo stato tensionale di tipo diagonale, relativo
alla frazione k-esima, lo stato tensionale relativo alla frazione (1-k ).
Abbiamo visto come calcolare lo stato tensionale relativo alla frazione k.
Vediamo ora come determinare le σ1 e σ2 relative alla frazione (1 - k).
Innanzitutto dobbiamo determinare l'angolo α rispetto al quale sono orientate σ1 e σ2 .
Un'espressione un po' più generale per valutare α è:
ε−ε
tg2 α = ε −εsc
e tiene conto anche dell'evenienza che in direzione normale alla diagonale la tensione
non sia nulla. La ε è quella espressa nella direzione della diagonale, εc ed εs sono gli
allungamenti della soletta e dell'anima, e corrispondono alle σ della soletta e
dell'anima. Se andiamo a considerare il cerchio di Mohr si vede che le σ1 e le σ2
relative allo stato classico di taglio possono essere espresse come:
σ1 = τ sen (2α)
σ2 = - τ sen (2α)
Ovviamente, come dicevamo, non è tutta questa quantità che contribuisce allo stato
tensionale globale, ma è soltanto un'aliquota e quindi:
2τ
σ1d = k
sen(2 α )
2k
σ1 = τ ( +(1 - k)sen (2α))
sen( 2 α )
C'è da tener presente che, seppure in minima parte, anche l'anima collabora con
solette e correnti nell'assorbire sforzi di compressione. Sperimentalmente si è visto
che al fine del calcolo delle σ sulle solette e sui correnti, si può considerare una
larghezza collaborante delle anime:
dc = d 0.5 (1 - k)
hc = h 0.5 (1 - k)
Questa larghezza collaborante tiene conto del fatto che anche l'anima aiuta ad
assorbire gli sforzi di compressione nelle solette e nei correnti. Come risultato le σ
nei correnti e nelle solette diventano:
k τ tg α
σc =
Ace
+0.5(1−k )
dt
k τ ω tg α
σs =
A se
2 +0.5(1−k )
ht
1 σ
ε= ( σ1− ν2 )
E
Dunque stiamo supponendo che solette e correnti siano aste (da εs e εc), quindi
possiamo trascurare gli effetti di compressione e tensione che non avvengono lungo il
proprio asse. Nella ε ciò non può più essere vero e quindi devo considerare anche σ2.
La tensione diagonale incompleta ha altri effetti deleteri. Il primo è che le pieghe che
si formano per lo stato diagonale della lamiera inducono un incurvamento del
corrente e quindi viene incrementato l'effetto deleterio del carico di punta. A questo
scopo l'espressione di Lc che tiene conto del fatto che la tensione diagonale ha un
effetto benefico sul carico di punta, deve essere riconsiderata e risulterà:
1
Lc = h
d
√ 1+k 2(3−2 )
h
In effetti questo porta ad una (σcmax)critica , cioè la σmax che può subire il corrente:
2
t
(σcmax)critica = c k3( c )
t
Le strutture viste fino ad ora sono ad elementi concentrati. La differenza tra i due tipo
di struttura sta nel modo in cui lavorano le anime. Nel caso di strutture ad elementi
concentrati le anime sono capaci di trasmettere soltanto sforzi di taglio. In quelle a
guscio pratico invece le anime sono capaci di trasmettere, oltre agli sforzi di taglio,
anche lo sforzo normale. La quantità di sforzo normale che in genere sono capaci di
assorbire è non trascurabile.
Un primo metodo (semplificato) per il calcolo delle strutture a guscio pratico si
ottiene concentrando nei correnti, quindi nel calcolo delle σ assorbibili dai correnti,
non solo le aree e le sezioni proprie dei correnti, ma anche parte dell'anima adiacente
e cioè la parte di anima che collabora al trasferimento dello sforzo:
Nell'immagine i quadrati rappresentato gli elementi concentrati (correnti che
assorbono sforzo normale), mentre la parte tratteggiata sono le anime che lavorano
sia a taglio che a sforzo di compressione.
Quindi questa struttura può essere schematizzata come una struttura ad elementi
concentrati in cui le anime lavorano solo a taglio e i correnti che hanno oltre all'area
propria anche quella delle anime adiacenti collaboranti. In pratica si considerano i
correnti come se avessero una sezione maggiore.
A questo punto, una volta ottenuta la struttura ad elementi concentrati equivalente, si
può passare a calcolare l'andamento dei carichi come abbiamo visto fino ad ora. In
questo modo possiamo tenere conto anche degli effetti di instabilità elastica.
Consideriamo un pannello sottoposto a sforzi di compressione:
L'area tratteggiata (rettangolare) deve essere pari all'area sottesa da questo tratto di
curva.
Ciò accade per la compressione. Nel caso più generico di un guscio soggetto a
flessione, parte della sezione è tesa e parte della sezione è comrpessa.
In questi casi si procede andando a considerare nelle zone tese l'area dell'anima
appartenente per metà a quella del corrente di destra e metà al corrente di sinistra per
il calcolo delle tensioni normali, mentre nelle zone compresse soltanto una parte si
considera appartenente al corrente di destra e soltanto una parte appartenente al
corrente di sinistra. Nel caso di trazione contribuisce tutta l'anima, nel caso di
compressione no, proprio perché parte della struttura va in crisi. Fatto ciò si procede
come per le strutture ad elementi concentrati.
Bisogna quindi calcolare quanto vale la larghezza equivalente. Essa risulta essere
funzione del livello di sollecitazione per cui, ad un certo punto il processo inizia a
diventare iterativo. Si parte con una larghezza equivalente di tentativo, si calcola qual
è il livello di sollecitazione, si verifica quella larghezza equivalente e si va avanti.
Vediamo più nel dettaglio come è fatta la curva delle σ vista in precedenza:
1 2π x
σ= (( σc + σ cr )−( σ c −σcr )cos )
2 b
Inoltre
avendo
definito
la larghezza equivalente come la larghezza che moltiplicata per σc e per lo spessore
mi dà il carico che la struttura è in grado di assorbire:
Pa = 2 c σc t
bt
( σ + σ )=2c σc t
2 c cr
c 1 σ
= (1+ σcr )
b 4 c
σ
con n = 0.37 σ cp
E
c = 0.85 t σ c√
Al fine di rendere indipendente questa espressione dalla σc, si usa considerare la σp al
posto della σc. Un valori tipico per le strutture aeronautiche della c è:
c≃16 t
kg
E≃7000
mm3
kg
σ c ≃20 3
mm
c≃16 t
A questo punto possiamo andare a calcolare il carico critico del pannello che stavamo
considerando e cioè un pannello soggetto ad un carico di compressione
uniformemente distribuito sulle zone esterne. Si può calcolare il carico massimo che
può sopportare questo pannello come:
A questo punto, nota la posizione del baricentro possiamo definire altri 2 assi x' e y'
che sono ortogonali e baricentrici e si determina il momento di inerzia rispetto a
questi due assi. In questo modo possiamo definire:
Fatto ciò possiamo determinare gli assi centrali di inerzia x e y andando a vedere
quanto sono inclinati x e y rispetto a x' e y'. Per farlo valutiamo l'angolo γ:
2Ix' y'
tg(2γ) =
I y ' −I x '
A questo punto perla verifica a flessione va scomposto il momento flettente nelle due
componenti Mx e My e si procede come per le strutture ad elementi concentrati.
Nx My M
σx = + z− z y
A Iy Iz
Per ricordare i segni si noti che nella sezione l'asse x è entrante nel piano del foglio e
che i momenti sono positivi se antiorari:
Andiamo a vedere la My. Essa sarà positiva dal lato di z positivo e cresce con z,
mentre sarà negativa per z negative.
Mz invece è positivo per y negative e viceversa, e cresce al decrescere di y.
Il passo successivo è la verifica a taglio e a torsione della sezione, però siccome non
esistono sollecitazioni normali al piano dell'ordinata e siccome in genere My è nulla, è
superflua tale verifica.
Per quel che riguarda le sezioni chiuse:
Nella parte tagliata abbiamo uno sforzo normale x', uno sforzo di taglio y' ed un
momento flettente.
Su ogni faccia abbiamo le stesse azioni ma di segno opposto.
Determiniamo il valore di x',y' e M'z. Il primo passo da fare è quello di suddividere la
sezione aperta in un certo numero di tratti P. Un modo possibile potrebbe essere
quello di prendere i tratti come le sezioni delimitate da due correnti successivi (si
pensi all'immagine del rivestimento).
A questo punto nella mezzeria del tratto si determina il momento flettente dovuto alle
forze applicate, che sono sia le forze esterne che quelle trasmesse dal rivestimento, e
le incognite iperstatiche.
Ne segue:
dove P è il numero di tratti, Ii è il momento di inerzia della sezione media del tratto ed
li è la lunghezza del tratto.
Avendo l'espressione dell'energia di deformazione si può applicare il teorema di
Menabrea. Dunque dobbiamo derivare l'energia di deformazione rispetto le incognite
iperstatiche (dunque rispetto X',Y' e Mz') ed uguagliarle a 0. In questo modo abbiamo
tre equazioni in tre incognite X',Y' e Mz'. Tale sistema può essere risolto in modo da
ricavare le incognite iperstatiche. Nel caso in cui la trave possegga anche delle
connessioni interne, dobbiamo effettuare un taglio per ogni connessione aggiuntiva.
Ovviamente il sistema diventa di più equazioni (3 per ogni taglio) ma si risolve allo
stesso modo.
La fortuna è che in genere le ordinate non hanno connessioni interne e sono
simmetriche:
1. carico simmetrico
2. carico antisimmetrico
3. carico generico
Torniamo alla sezione tagliata e incastrata su un lato (sull'altro lato sono applicate le
incognite iperstatiche). Posizionando anche il carico esterno posso determinare le
incognite iperstatiche dalla risoluzione del sistema. In questo caso il sistema è di due
equazioni in due incognite.
Finora abbiamo visto separatamente le varie parti di un velivolo. Queste parti devono
essere connesse. Inoltre ogni parte principale è a sua volta composta da un gran
numero di particolari. Le varie parti possono essere unite mediante chiodatura,
bullonatura, saldatura e incollaggio.
Le parti principali in genere vengono assicurate tramite bullonatura per le parti più
spesse, e tramite chiodatura per quelle più sottili (lamiere).
In genere quando è possibile evitare di unire le parti, lo si fa progettando pezzi
complessi come macchinati (ad esempio i longheroni) o tramite fresatura chimica (ad
esempio i pannelli con nervature). In questi casi è preferibile produrre un unico
pezzo.
Non sempre però il costo di queste operazioni risulta vantaggioso rispetto la
chiodatura e la bullonatura.
Per quel che riguarda la chiodatura, questa avviene tramite rivetti
I rivetti in genere sono in lega leggera, tipo la 2024 o la 7075.
Un problema delle strutture aeronautiche è che c'è la necessità di avere le superfici
esterne lisce (tranne in rari casi in cui è voluto che un bullone esca all'esterno, tipo
come sulle estremità alari dove la testa del bullone può essere utilizzata per produrre
la transizione allo strato limite turbolento) e quindi evitare che le teste dei rivetti
sporgano dalla lamiera. Esistono rivetti a testa svasata, o piatti o di tipo flush dove la
parte esterna è liscia:
In genere esistono vari tipi di rivetti:
I
rivetti
Per
quanto
riguarda
i bulloni,
vengono
utilizzati
per
piastre che assicurano la continuità tra le due parti. Lo di vede nel caso di due
semilongheroni:
Il collegamento dei due semilongheroni avviene tramite una piastra intermedia che
assicura la connessione e lo scambio di forze tra i due. L'unione tra i due
semilongheroni è assicurata tramite bulloni che vengono stretti in modo che il bullone
lavori a trazione (anche le bullonature non possono lavorare a taglio. Infatti il modo
più gravoso di lavorare per il bullone è quello del bullone lento). In generale i bulloni
impiegati per le costruzioni aeronautiche sono fatti di acciaio, ma esistono anche
bulloni in lega di alluminio o di titanio.
Anche in questo caso i diametri sono tabellati.
In pratica va innanzitutto determinato il numero dei bulloni che devono agire.
Fatto questo bisogna disegnare la piastra di collegamento. La prima scelta da fare è
quella del materiale. La piastra deve pesare poco e deve avere il minimo ingombro. In
generale i longheroni sono in lega di alluminio e per la piastra in genere si usa
l'acciaio ( che è più pesante ma consente spessori più piccoli). Spessori minori
significano bulloni meno lunghi e cioè diminuire il rischio che il bullone inizi a
lavorare a flessione.
In questo caso per la connessione dei due longheroni occorrono 4 piastre, due per la
soletta superiore e due per quella inferiore. Si valutano le distanze tra i bulloni e
vengono scelte in modo che sia agevole montarli. La distanza tra il bullone e il bordo
della piastra deve essere tale da evitare lo strappo. Con queste informazioni si
dimensiona la piastra.
Per dimensionare lo spessore, la piastra viene rastremata mano a mano che la
sollecitazione viene trasmessa alla soletta (che quindi sarà più spessain
corrispondenza della giunzione dei due longheroni). Per calcolare lo spessore si
osserva innanzitutto che tramite la piastra viene trasmesso alle solette un momento
flettente Mf. L'aliquota di momento flettente trasmessa da una coppia di bulloni viene
Mf
considerata uguale a , dove n è il numero di bulloni che interessano le due
n
semipiastre.
In mezzeria le due coppie di piastre trasmettono tutto il momento flettente.
All'altezza dei primi due bulloni parte del momento flettente viene assorbito.
In questo caso la sezione resistente delle piastre:
La sezione resistente delle piastre sarà pari allo spessore t della piastra per la
lunghezza della piastra b. Tale sezione è diversa nel caso in cui le piastre di
collegamento lavorino a trazione o a compressione. Infatti nella sezione sono presenti
anche i fori del bullone e per sezione che lavora a compressione, il foro incontra il
bullone e quindi anche il bullone contribuisce al calcolo della sezione resistente (di
fatto non considero il buco): Scompressione = t b.
Nel caso di trazione il bullone non contribuisce più a trasmettere e quindi Strazione = tb
- t D n, dove D è il diametro dei bulloni e n il numero. Vi sono dei test specifici sui
fori e sono OHT (open hole tension) e FHC (full hole compression).
Nel caso di foro (trazione) si considera vuoto il foro.
Dunque parte del momento flettente è stato assorbito dai bulloni. Nella parte
successiva (tra la prima e la seconda fila di bulloni) il momento flettente non sarà più
Mf
Mf ma sarà Mf - . All'altezza della seconda coppia di bulloni posso rifare il
n
calcolo di Strazione e Scompressione e considero che non devono resistere a Mf ma a Mf -
Mf Mf
e per cui lo spessore può decrescere. Sull'ultima fila di bulloni avrò .
n n
Va da sé che se c'è abbastanza spazio e ho necessità i bulloni posso metterli anche su
più file.
c = 16 t = 11.2
Sappiamo però che tale formula non è molto precisa e quindi dopo
dovremo ricalcolare c.
A questo punto possiamo calcolare il carico critico del corrente utilizzando
le formule di Johnson o di Eulero.
Vediamo prima come è fatto il corrente:
Le aree A1, A2 e A3 sono quelle del corrente, mentre A4 è l'area del pannello
che collabora. Queste 4 aree ci danno l'area del pannello da usare nel
calcolo della σcr c.
Definiamo le dimensioni di queste aree:
Figura 8: Sono tutte larghezze e non lunghezze
Si noti che la definizione delle aree è diversa dal modo in cui sono stati
dati i valori geometrici nella traccia, quindi vanno un po' lavorati.
Abbiamo supposto il corrente come una trave. Per calcolare la σcr abbiamo
bisogno della snellezza λ:
L0
λ= ρx
ρx =
√ ∑ Ii
i=1
4
∑ Ai
i=1
∑ AiY
Yg = i=1
4
∑ Ai
i=1
dove Y è la distanza da un generico sistema di riferimento iniziale.
Quindi calcoliamo le aree, poi il raggio di girazione e poi la snellezza. La snellezza ci
dice se usare Eulero o Johnson.
La base flangia 1 è la base dell'area A1 .
La b3 è la base (tratto più lungo) di A3 = bw + tf.
La base dell'area 4 è due volte la larghezza collaborante.
Per quando lavoriamo in excel è bene ricordare che se puntiamo ai dati ricavati non ci
conviene bloccare il risultato.
Ragionando allo stesso modo per le altezze, posso calcolare le aree:
Possiamo ora calcolare la Yg. Per facilitare i calcoli si può definire il prodotto area per
rispettiva coordinata:
Definisco X e Y del baricentro:
che è il momento di inerzia del rettangolo nel sistema posizionato nel baricentro del
rettangolo, più il momento di trasporto.
Possiamo calcolare il raggio di girazione:
A questo punto dobbiamo confrontare λ con la λ limite per vedere se la crisi avviene
o meno in campo elastico:
E
√
λlim = π σ p
Siccome λ > λlimite la crisi avviene in campo elastico e possiamo usare Eulero. Se
fosse stato λ < λlim avremmo dovuto usare Johnson.
Le curve di Johnson sono definite da dei parametri in cui andiamo a valutare la σ di
rottura del componente (cioè quando λ = 0).
Per le travi abbiamo usato come parametro la σr (vedi richiami di strutture), per i
correnti si una la σ di crippling, che è quella che il corrente è in grado di sopportare
nel momento in cui collassano tutte le sue componenti. Per la costruzione delle curve
di Johnson si assume la σ di proporzionalità pari alla metà della σ di crippling.
Quindi calcoliamo la σcr c con la formula di Eulero:
E
σcr c = π2 2
λ
A questo punto possiamo fare un calcolo più accurato di c, utilizzando la formula
vista prima. Per farlo dobbiamo calcolare b che è la distanza tra due chiodature (le
mezzerie di due correnti):
( B−2c 1 )
b=
ncorrenti −1
La σ che ci manca per calcolare la c è quella del pannello, che si calcola considerando
il pannello come una lamiera:
kc = 4
Calcolo σc:
Possiamo ora calcolare c e confrontarla con quella calcolata in precedenza:
risultati ottenuti sono molto diversi, dunque occorre ripetere i calcoli in modo
iterativo e verificare di volta in volta i valori che escono fino al punto in cui due
valori successivi non sono uguali fino ad una certa cifra significativa. Assumere c =
16 t equivale a partire con un valore di tentativo. Con excel, selezionando tutti i valori
sotto il primo risultato c, posso calcolare direttamente tutti i valori del secondo
risultato:
La
quarta iterazione è abbastanza vicina alla terza e possiamo considerare i valori della
terza iterazione per calcolare la Ptot. In realtà manca ancora la σcr del tratto esterno.
Calcoliamola con la formula:
M= ∫ r q s ds
dove l'integrale è da considerarsi esteso su tutto il bordo della sezione, r è la distanza
dal centro di torsione, q rappresenta i flussi di taglio e s la coordinata lungo le anime.
In questo caso i flussi sono 4 e sono i flussi lungo ogni anima:
L'integrale sarà:
M = q a a b +q b b a +q a a b +q b b a = ab (qa + qb )
2 2 2 2
Possiamo determinare i flussi di taglio partendo dalle τ di torsione nel piano sz:
τsz ∂w ∂ v t
= γ sz → qs = G t γ sz = G t ( + )
G ∂s ∂z
∂w
qs = G t ( +r ∂ θ )
∂s ∂z
w1 = - w2 = w3 = - w4 = w
Grazie a ciò possiamo calcolare l'ascissa curvilinea s lungo il tratto a e lungo il tratto
b.
Lungo a:
∂w w2−w1 −w−w −2 w
= = =
∂s a a a
Lungo b:
∂w w3−w2 w+w 2 w
= = =
∂s b b b
−2 w b ∂ θ
qa = G ta ( + )
a 2 ∂z
−2 w b ∂ θ 2w a ∂θ
M = abG[ t a ( + + )+ t b ( + + )]
a 2 ∂z b 2 ∂z
a questo punto lo scopo è determinare ∂ θ :
∂z
M −t a t b 1 ∂ θ
= 2 w( + )+ (t b +t b a)
abG a b 2 ∂z a
−t b t a
4w( + )
∂θ = b a 2M z 1
+
∂z (t a b+t b a) abG t a b+t b a
∂θ = 4 w (t a b−t b a) 2 M z 1
+
∂z ab t a b+t b a abG t a b+ t b a
∂θ = 4 wG (t a b−t b a)+2 M z
∂z abGt a b+t b a
4 wG (t a b−t b a)+2 M z
qa = Gt a ( −2 w + b ) =
a 2 abG (t a b+ t b a)
−4 wG t a t b a Mz ta
= +
a(t a b+t b a) a(t a b+t b a)
Analogamente per qb :
4 w g t a tb b Mz tb
= +
b(t a b+t b a) b(t a b+t b a)
Dato che all'estremità c'è un vincolo, sono bloccati gli spostamenti fuori dal piano
(cioè all'estremità). Tali spostamenti bloccati diventano delle reazioni normali che
vengono assorbite dalla soletta:
∂σz
(σ z + δ ) A− σ z A+ qa δ z−qb δ z=0
∂z z
∂σz
A+ qa −q b=0
∂z
σz può essere espresso in funzione dell'εz:
∂w
σz = E εz = E
∂z
∂2 w
EA 2
+q a−q b=0
∂z
e sostituendo le relazioni di qa e qb :
∂ w 4 G t at b M z ta 4 Gt a t b M z tb
2
EA 2
− w+ − w− =0
∂ z t a b+ t b a a (t a b+ t b a) t a b+t b a b (t a b+ t b a)
2
∂ w 8 Gt a t b M (t a−t a b)
EA 2
− w= z b
∂ z t a b+ t b a ab(t a b+t b a)
8 Gt a t b
ponendo μ2 = si ottiene:
AE(t a b+t b a)
∂2 w 2 M z (t b a−t a b)
2
−μ w=
∂z AEab (t a b+t b a)
Questa equazione va risolta con delle opportune condizioni al contorno che sono:
∂w
w(z = 0) = 0 e (z= L) = 0
∂z
dove w0 rappresenta il free warping e cioè il warping dovuto alle condizioni alla De-
Saint Venant:
Mz b a
w0 = ( − )
8 ab G t b t a
Si noti che il warping è quello calcolato alla DSV scorporato di un'aliquota che tiene
conto della conversione dello spostamento normale che, impedito dal vincolo, diventa
sforzo normale.
Poiché stiamo schematizzando con elementi concentrati, solo le solette possono
assorbire sforzo normale e quindi c'è una variazione lineare del warping da una
soletta alla soletta contigua. Infatti anche all'interno della stessa sezione le w e le
dθ
non sono costanti, (proprio a causa del vincolo assiale).
dz
Fatto ciò possiamo andare a calcolare le σ:
∂w
σz = E
∂z
Sostituendo w:
Mz b a M z (t a b−t b a)
w0 = ( − ) =
8 ab G t b t a 8 ab t a t b G
qa
Essendo τa = :
ta
Per il flusso qb :
Queste sono le equazioni che ci serviranno. Da ciò possiamo vedere che nelle τ
Mz
abbiamo il termine alla DSV e poi un secondo termine che tiene conto
2 ab t b
proprio della presenza del vincolo. Più ci allontaniamo dal vincolo più le τ tendono
ad assumere il valore alla DSV.
Possiamo trarre delle deduzioni dalle formule di τ.
Se ta b > tb a allora si ha un incremento del taglio nelle anime di lato a rispetto alla
teoria di DSV e viceversa. Inoltre se ta b = tb a le τ sono pari a quelle alla DSV.
Torniamo ai dati del problema in esame:
Ciò succede perché la struttura non sta più risentendo del vincolo e le sezioni non
stanno ruotando tra di loro.
Passiamo al prossimo esercizio.
Verificare una struttura vuol dire verificare che lo stato tensionale sia inferiore allo
stato tensionale limite del materiale. Dunque il punto fondamentale è fare il confronto
tra lo stato tensionale e quello limite per verificare che la struttura sia in grado, sotto
i carichi di esercizio, di comportarsi senza arrivare a danneggiamenti.
Consideriamo di voler verificare un'ordinata di forza sottoposta ad un carico verticale
Ty (che potrebbe essere l'azione di un carrello o di un attacco alare) e di un momento
flettente intorno all'asse x:
Questa struttura si schematizza come una struttura ad elementi concentrati (un guscio
pratico).
In input abbiamo le coordinate dei correnti, le sezioni e gli spessori dell'anima:
Da questo punto in poi, fino all'utilizzo di excel, le immagini che seguono sono frutto
di una deduzione dello scrivente e pertanto vanno ricontrollate.
Partiamo da una struttura discretizzata in questo modo:
e bisogna considerare il carico agente.
Data la simmetria della struttura, il primo passo è suddividere la struttura in due.
Infatti poiché la struttura è simmetrica e la distribuzione di carico è simmetrica
possiamo considerare la condizione in cui nella parte inferiore della semisezione
consideriamo un incastro e nella parte superiore dobbiamo considerare un insieme di
forze che mi porti nelle stesse condizioni della struttura intera:
Ty
Dunque ci sarà il carico esterno applicato pari a e sarà diretto verso il basso. In
2
seguito ci saranno le forze di sforzo normale e momento flettente necessarie ad
equilibrare le reazioni che vengono dall'altra parte della struttura.
Alla fine quindi dovremo calcolare le σ in ogni tratto dell'ordinata in modo da
confrontare le σ all'interno di ogni tratto con quelle caratteristiche del materiale, e
verificare che siano inferiori, ad esempio, alle σ di plasticizzazione in ogni tratto della
struttura. In questo modo siamo sicuri di lavorare sempre in regime elastico.
Il primo passo è trovare i flussi di taglio all'interno della struttura. Si possono usare
due approcci. Il primo è quello di valutare i flussi di taglio su metà struttura con Ix
pari al momento di inerzia di metà ordinata e Sxi è il momento statico della soletta i-
esima e che tiene conto anche del momento statico delle solette precedenti.
Si ricorda che:
n
2
Ix = ∑ A k y 2k
k=1
i
Sxi = ∑ Aj yj
j=1
Per calcolare i flussi ho bisogno dei momenti statici e di inerzia, e per calcolare questi
ultimi ho bisogno delle aree delle sezioni. Attualmente abbiamo solo l'area delle
solette a cui va aggiunta l'area collaborante.
Dato che dobbiamo ricavare diversi dati, aggiungiamo righe e colonne alla tabella dei
valori in input:
L'area equivalente è quella data dalla somma dell'area delle solette più quella dovuta
alla distanza delle anime.
Calcoliamo quindi la lunghezza delle anime. Per farlo ci basta calcolare la distanza
euclidea tra le solette adiacenti:
2 2
ai,i+1 = √( x −x
i i+1 ) +( y i− y i +1)
Si noti che una volta applicato il calcolo a tutte le solette bisogna correggere
manualmente la lunghezza dell'ultima, perché in quel caso non c'è una i+1:
Poiché i valori delle lunghezze sono tutti vicino a 156.43 (ed è possibile che le
differenze tra i vari valori siano dovuti ad una scarsa accuratezza nel riportare le
posizioni), possiamo impostare il valore di 156.43 per tutte le anime.
A questo punto calcoliamo le aree equivalenti:
In questo modo posso trovare l'area totale, Sy e Sx che mi servono per calcolare le
coordinate del baricentro:
Sy Sx
xG = yG =
A tot A tot
In questo caso stavamo già utilizzando un sistema baricentrico. Se così non fosse
avremmo dovuto ricalcolare le grandezze nel sistema baricentrico.
Calcoliamo i momenti di inerzia rispetto a y (Ai xi2), rispetto a x (Ai yi2) e rispetto a
xy (Ai xi yi):
Il fatto che Ixy sia nullo ci fa capire che il riferimento è centrale d'inerzia, per cui non
dobbiamo neanche ruotare il sistema.
Fatto ciò possiamo calcolare i flussi. Per farlo ci serve il valore di Sxi, che è pari alla
somma dei primi i termini della colonna Aixi:
Si noti che aumenta fino a raggiungere il massimo sull'anima 10-11, che è proprio
quella opposta a dove abbiamo effettuato il taglio. Poi diminuisce e nell'ultima è
nullo perché è quella che abbiamo eliminato.
A questo punto possiamo calcolare i flussi nella struttura aperta:
S xi
q0(i,i+1) = ty
Ix
ti = q0(i,i+1) ai,i+1
Lezione 4/12
Continuiamo l'esercizio.
Abbiamo aperto la sezione e calcolato i flussi derivanti dalla sezione aperta. Dato che
la sezione che stiamo studiando è chiusa, dobbiamo andare ad aggiungere anche il
contributo della sezione chiusa e cioè dobbiamo andare ad aggiungere il flusso della
sezione (20-1) a quelli già calcolati. Per calcolare i flussi usiamo la formula vista alla
triennale:
Si tenga presente che in questa formula manca un termine aggiuntivo che tiene conto
del momento agente nella sezione, che però nel nostro caso è nullo perché non ci
sono momenti torcenti che agiscono nella sezione. L'unico momento potrebbe
risultare dal carico applicato, però il carico è applicato sull'asse yG:
Dunque intorno al centro della sezione questo carico non dà contributo di momento
M
(manca il termine - )
2Ω
Ciò che dobbiamo trovare sono le aree Ω(i,i+1) che sono le aree di ogni sezione
calcolate rispetto al centro di taglio (che in questo caso coincide con il baricentro).
L'approccio più conveniente per il calcolo di queste aree è considerare le rette che
passano per i punti di due solette adiacenti e calcolare le altezze dei triangoli con la
formula della distanza di un punto da una retta. Conviene usare questo approccio
perché in una fase successiva ci serviranno comunque queste rette.
L'equazione della retta è: ax + by + c =0 e ciò mi consente di calcolare la distanza di
un punto da una retta come:
|ax0 +by 0 + c|
d=
√ a 2+ b 2
dove a,b,c sono i coefficienti della retta e x0,y0 le coordinate del punto da cui
dobbiamo calcolare la distanza.
Quindi calcoliamo la retta tra due solette adiacenti e poi la distanza dell'origine
(centro di taglio) da quella retta.
Dati due punti l'equazione della retta passante per questi punti è:
y− y 1 x −x1
=
y 2 − y 1 x 2−x 1
dunque:
a = y2 - y1
b = - (x2 - x1)
Le coordinate di ogni soletta le abbiamo già e quindi conviene ricopiarle nella tabella:
bisogna fare attenzione all'ultimo valore delle i+1 e associarlo manualmente al primo:
A questo punto possiamo andare a calcolare i tre coefficienti a,b e c:
Ora possiamo calcolare le distanze e dato che il punto rispetto a cui calcolo le
distanze è l'origine, la formula si semplifica in:
|c|
d=
√a 2+ b2
In excel il valore assoluto è ass e la radice quadrata è radq:
I risultati sono tutti molto simili e ciò è dovuto al fatto che la nostra struttura è una
circonferenza.
Adesso calcoliamo le aree Ωi che hanno la base ai,i+1 (che abbiamo calcolato la scorsa
volta) e altezza disti.
Ora per calcolare il flusso q(n,1) dobbiamo sommare le q0i moltiplicate per le rispettive
Ωi, quindi calcoliamo il prodotto q0(i,i+1)Ωi:
Verifichiamo il senso dei risultati ottenuti. Abbiamo dei flussi nulli sull'anima 5-6 e
sulla 15-16, cioè sulle anime ortogonali alla direzione in cui è applicato il carico.
Dall'anima 6-7 alla 14-15 ho valori positivi, mentre il resto sono negativi. Ciò è
corretto perché se consideriamo la struttura con il carico applicato dovrà rispondere
in questo modo:
quindi i risultati ottenuti hanno senso (il verso dei flussi è positivo se antiorario).
Si noti che nei tratti orizzontali ci sono dei flussi che però su metà tratto vanno in una
direzione e sull'altra metà vanno nell'altra, quindi il flusso complessivo sul tratto sarà
nullo. Inoltre i flussi sulle altre anime saranno uguali ed opposti (il flusso 6-7 è
uguale ed opposto al 4-5 ecc).
Fatto ciò possiamo andare a calcolare le forze dovute al taglio.
Per ottenere le forze dovute al taglio su un'anima, basta moltiplicare il flusso della
relativa anima per la sua lunghezza:
A questo punto possiamo andare a valutare effettivamente ciò che succede su metà
struttura:
La forza N e il momento M ci ricordano che stiamo considerando solo metà struttura
e rappresentano l'effetto dell'altra metà struttura. Visto che le condizioni di carico
sono simmetriche, l'effetto del taglio è nullo e quindi non compare la forza di taglio.
M ed N sono delle incognite che devono essere calcolate e ci servono per confrontare
lo stato tensionale di ogni tratto con i valori critici. Per calcolarle possiamo usare il
teorema di Menabrea, che ci dice che l'energia di deformazione raggiunge un punto di
equilibrio per il momento e per il carico applicato. Cioè se consideriamo l'energia di
deformazione U:
n 2
M
U = 1 ∑ zi li
2 i=1 EI i
dome Mzi sono tutti i momenti intorno all'asse z, E è il modulo elastico del materiale,
Ii è l'inerzia della sezione e li la sua lunghezza.
Dunque il teorema di Menabrea ci dice che ∂U =0 e che ∂U =0
∂M ∂N
In realtà, visto che nel nostro caso le li sono tutte uguali, il materiale è lo stesso, la I è
la stessa, si può scrivere:
li n
U= ∑ M zi
2
2 EI i=1
con Mz che rappresenta tutti i momenti agenti nel piano, e cioè M e il momento
generato da N. Su ogni tratto N genera un momento pari a N · hi, dove hi è la distanza
del baricentro del tratto i-esimo dalla retta di azione N:
Sulla struttura inoltre agiscono le forze dovute ai flussi e vanno considerate. Agiscono
soltanto le forze che si trovano lontano dall'incastro:
i
Mzi = M + N hi+ ∑ q j a j d ji
j=1
∂U ∂ M zi ∂M
= 2 ∑ M zi =0 = ∑ M zi ∂ Mzi =0
∂M i ∂M i
i
∂U
= ∑ ( M + Nhi +∑ T j d ij)(1)=0
∂M i j=1
∂U ∂ M zi ∂ M zi
= 2 ∑ M zi =∑ M zi =0
∂N i ∂N i ∂N
i
∂U
= ∑ ( M + Nhi +∑ T j d ij )(h i)=0
∂N i j=1
∑ (1) M +∑ hi N =−∑ ∑ T j d ij
i i i j=1
∂U
Dell'equazione relativa a il primo coefficiente è una sommatoria che conta le
∂M
anime:
Siccome il riferimento di ogni anima è il suo baricentro, calcoliamoli.
Si usa la formula:
x i+ x i+ 1 y i + y i+1
x G= y G=
2 2
In seguito posso passare a trovare le hi, cioè le distanze dei baricentri di ogni tratto
dalla retta di azione della forza N (che è sulla 5-6). Dunque hi le posso calcolare
andando a sottrarre all'ordinata del tratto 5-6 l'ordinata del baricentro dell'i-esima
anima:
hi = y5-6 - yi
∂U
Nell'equazione relativa a ho un h2 che mi riporto su una colonna:
∂N
In tutti gli altri termini sono presenti le dij che rappresentano la distanza di ogni
segmento da ogni altro segmento, e vanno calcolate una per una:
La formula da usare è sempre quella della distanza punto retta. Le equazioni delle
rette le abbiamo già calcolate e quindi di volta in volta applichiamo la formula con le
coordinate del baricentro del tratto come punto per calcolare la distanza. (vedi
consiglio pratico a 1:05:34). Devo fare in modo di bloccare in maniera coerente le
varie celle per poter riutilizzare la stessa formula su tutte le distanze. Ad esempio
della a blocco solo le colonne (vedi formula sull'immagine):
perché per ogni tratto devo prendere solo il contributo della forza T che deriva
soltanto dai tratti precedenti. Il primo tratto non ha contributo, il secondo avrà
soltanto il contributo del primo (che sarà l'ultima componente dell'ultimo tratto).
Nella sommatoria compare anche la T, quindi:
A questo punto abbiamo costruito tutti i termini del sistema di equazioni. Adesso
dobbiamo risolvere il sistema (vedi video 1:29:00).
Lezione 11/12
Essendo b l’altezza della trave gli sforzi massimi dovuti al carico di flessione saranno
concentrati all’estremità. Su ogni tratto agisce una σ:
M zi b N i
σi = +
I i 2 Ai
stiamo considerando il contributo massimo e cioè quello alle estremità (cioè b/2).
Dobbiamo calcolare i due contributi Mi e Ni su ogni tratto. La M e la N che abbiamo
calcolato con la risoluzione del sistema lineare sono quelle applicate lì dove è stato
effettuato il taglio. Queste forze vengono trasferite su ogni tratto.
Su ogni tratto la N si ridistribuisce in questo modo:
Della forza N, considerando il tratto in blu, ci sarà una componente di N che agisce
su questo tratto blu. Poiché la direzione del tratto è diversa da quella di N, dobbiamo
prendere solo la componente di N che agisce sul tratto blu. Delle due componenti
vado a prendere la N cosα.
Quindi dobbiamo calcolare l’angolo α di ogni tratto rispetto la direzione di N (che è
orizzontale).
L’altra componente da considerare è quella dovuta al taglio. Su ogni anima sarà
presente uno sforzo di taglio che andrà nella direzione dell’anima stessa e contribuirà
allo sforzo normale dell’anima successiva.
Consideriamo l’anima 3. Su di essa agiscono lo sforzo di taglio dell’anima 3, lo
sforzo di taglio dell’anima 2 e quello dell’anima 1.
Anche di queste componenti (la 2 e la 1) dobbiamo prendere la parte di T che agisce
nella direzione dell’anima in esame. Quindi dobbiamo calcolare anche l’angolo φ tra
due anime successive:
Ogni anima risente soltanto delle anime precedenti e non delle successive.
Bisogna considerare anche la componente dovuta al carico esterno, che in questo caso
è applicato nell’incastro:
Anche in questo caso ogni anima è influenzata solo da ciò che succede prima, ed
essendo P all’incastro, non influenzerà nessuna delle anime precedenti.
Se il carico fosse stato posizionato con in immagine:
le anime successive all’applicazione del carico sarebbero state influenzate dal carico.
Dunque:
i
Ni = N cos αi + ∑ T j cos φij
j=1
Per calcolare gli angoli αi consideriamo che abbiamo già le rette precedentemente
ricavate, quindi per ogni segmento possiamo ricavare il coefficiente angolare.
Prendiamo i coefficienti a e b e facciamo:
−a
m=
b
Se compaiono rette per cui il calcolo non è possibile è perché l’anima è verticale.
Dalla definizione di coefficiente angolare possiamo calcolare gli angoli α come:
αi = arctg mi
Gli angoli ottenuti sono in radianti.
Bisogna tener presente che l’arcotangente è definita tra - π e π , però a noi
2 2
servono angoli tra 0 e π e quindi vanno corretti i valori calcolati.
Fino all’anima verticale vanno bene gli angoli ottenuti, da lì in poi l’anima verticale
ha angolo di π e per le successive devo aggiungere π:
2
Per trovare φij (l’angolo tra ogni tratto), considero che conosco già l’angolo rispetto
l’asse delle x (cioè αi), quindi ottengo φij come differenza dei valori di αi.
Per semplificare il calcolo con Excel traspongo la colonna di α e calcolo:
φ1-i = α1 - αi
Questi angoli non ci servono tutti poiché ogni tratto è influenzato solo da quello che
c’è prima:
Facciamo una colonna in cui inserire cos αi:
Si noti che sui primi tratti il contributo di N è positivo perché il tratto va nella
direzione di N. Inoltre sul tratto verticale N non dà contributo.
Dove c’è il segno meno vuol dire che lo sforzo da compressione diventa trazione.
Calcoliamo N cos α:
A questo punto dobbiamo sommare i contributi per ogni tratto (sommo i termini sulle
righe):
A questo punto possiamo calcolare lo sforzo normale in ogni tratto:
e calcoliamo l’area come somma dell’area dei tre rettangoli e il momento di inerzia
come somma del momento di inerzia dei tre rettangoli.
Per il triangolo 1:
3 2
I1 = ad +ad ( b−d )
12 2
t (b−2 d)3
I2 =
12
3 2
I3 = ad +ad ( b−d )
12 2
I = I1 + I2 + I3
M zi b N i
σi = +
I i 2 Ai
σ di rottura = 516
Lezione 12/01
Nel caso di verifica a flessione vogliamo verificare che lo sforzo normale all'interno
delle solette sia inferiore della tensione di proporzionalità.
Dobbiamo quindi calcolare lo sforzo normale.
Per farlo utilizziamo la formula:
e quindi abbiamo bisogno del momento flettente e dei momenti di inerzia per ogni
soletta. Questa formula è però scritta nel sistema centrale di inerzia, che dobbiamo
calcolare.
Come primo passo dobbiamo trovare il baricentro della struttura. Per trovarlo
dobbiamo calcolare i momenti statici, che dipendono dalle aree.
Dunque per ogni soletta dobbiamo considerare il valore dell'area equivalente e quindi
i valori dei momenti statici (che riportiamo in una tabella):
Siccome abbiamo una struttura a guscio pratico, parte del rivestimento collabora
all'assorbimento del carico. L'area equivalente sarà data perciò dall'area della soletta
più un termine dovuto al rivestimento. Questo contributo dipende dal fatto se la
soletta sta lavorando a trazione o a compressione, per cui dobbiamo vedere quali
solette lavorano a trazione e quali a compressione.
Dato che il momento è applicato su x (sull'anima in rosso) e tende a far flettere l'ala
verso l'alto, è logico supporre che le solette superiori lavorino in compressione e
quelle inferiori lavorino a trazione. Dunque le prime 5 solette sono compresse, le
ultime 5 sono tese:
Per ogni anima abbiamo bisogno dello spessore (che è noto) e della lunghezza
dell'anima (che possiamo calcolare). La lunghezza la calcoliamo con il teorema di
pitagora:
Estendendo il calcolo a tutte le anime bisogna solo far attenzione all'ultimo valore
che deve puntare alla prima soletta:
Calcoliamo l'area equivalente delle solette compresse con la relativa formula.
Nella formula in questione compare σ che rappresenta le σ normali e cioè l'incognita
che vogliamo calcolare. Dunque non possiamo ancora utilizzare quella formula per le
aree equivalenti. Si passa quindi ad una formula di tentativo:
Aeq,i = Ai + 16 ti
Dai risultati delle tensioni notiamo che le prime 5 sono negative, in accordo con ciò
che si è supposto all'inizio (cioè che lavorano a compressione) e le ultima 5 sono
positive poiché tese.
Queste σ possono ora essere utilizzate per calcolare l'area equivalente.
Per iterare il procedimento copiamo tutto ciò che è stato fatto alla prima
iterazione(dovremo aggiustare le formule):
Siccome gli scostamenti sono ancora alti facciamo un'altra iterazione (mi fermo
quando la differenza tra 2 iterazioni è < 10%).
Dopo 8 iterazioni si dovrebbe arrivare a convergenza per questo esercizio.
Nelle slides precedenti c'è un errore nel calcolo delle σ della prima iterazione perché
non è stato messo il momento di inerzia totale (si deve mettere quello totale e non
quello delle singole solette). Inoltre il momento nella tabella è in N*m e noi stiamo
lavorando in N* mm, bisogna quindi moltiplicare per 1000 i valori dei momenti
calcolati nel sistema centrale di inerzia.
Ritornando al momento applicato sull'ala, dobbiamo considerare che la deformazione
dovuta alla flessione è sempre (poiché agisce la portanza):
I momenti agenti sulle due semiali saranno uguali ed opposti:
Lezione 15/01
Ci resta da fare la verifica a taglio e a momento torcente della struttura proposta nella
scorsa lezione. Ricopiamo i dati in un nuovo foglio Excel e dalla flessione andiamo a
prendere le aree equivalenti calcolate e le utilizzeremo per i calcoli:
Avendo le aree equivalenti la verifica a taglio diventa come la verifica per una
struttura a elementi concentrati.
Il primo passo è quello di valutare il baricentro della struttura, dunque calcoliamo i
momenti statici per x e y e da lì calcoliamo il baricentro:
Possiamo calcolare i
flussi per la sezione
aperta:
I flussi di taglio nella sezione 10-1 (quella tolta) devono essere nulli.
Ora dobbiamo calcolare il flusso che circola nella sezione che abbiamo tolto e
dipende dalle coordinate del centro di taglio, che dobbiamo quindi trovare.
Per determinarlo abbiamo bisogno di Ω (l'area spazzata dalle anime) e procediamo
così come abbiamo fatto nel caso dell'ordinata. Dunque calcoliamo i coefficienti
angolari della retta che passa per l'anima, la distanza dal baricentro alla retta (che sarà
l'altezza dell'area) e poi l'area.
Partiamo dai coefficienti:
(ricorda che spesso bisogna correggere l'ultimo valore dell'elenco).
A questo
punto
possiamo
calcolare la
distanza r
delle solette
dal baricentro:
A questo punto possiamo calcolare l'area come:
ai ,i +1 r i
2
Per trovare il centro di taglio ci serve anche il rapporto:
ai ,i +1
t i , i+1
Possiamo
calcolare le coordinate del centro di taglio:
Ora calcoliamo i flussi nel tratto rimosso:
Va verificato che il valore ottenuto sia inferiore alla σcritica del materiale. Avendo
messo valori unitari del taglio sono usciti valori bassissimi.
Per verificare se abbiamo agito correttamente nel calcolo dei flussi, moltiplichiamo i
singoli flussi per la lunghezza del tratto su cui agiscono (ottenendo così una forza) e
verifichiamo che la somma delle forze ricavate siano pari alla forza che abbiamo
applicato:
Sostituiamo ora gli effettivi carichi della traccia:
La colonna delle ty rappresenta i valori delle tensioni all'interno dell'anima. Tra questi
valori nessuno supera i valori critici del materiale.