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Costruzioni e strutture aerospaziali

Lezione 9/10/2020

Nel corso della triennale abbiamo visto che nelle strutture ad elementi concentrati vi
sono elementi atti ad assorbire gli sforzi normali ed elementi che assorbono la
flessione. Per le strutture a guscio duro questa suddivisione non esiste.
Partiamo da ciò che abbiamo visto con gli elementi concentrati. Lo sforzo normale è:

N yi zi
Ni = Ai + (- Mz + My)
n
Iz Iy
∑ Aj
j=1

dove N rappresenta lo sforzo normale assorbito dall’intera struttura, Ni lo sforzo


assorbito dalla singola soletta, Ai l’area della singola soletta, yi e zi sono la posizione
della soletta, M rappresenta il momento applicato, I il momento di inerzia e la
sommatoria delle aree rappresenta l’area totale di tutte le solette.
Questo è un discorso discreto che dobbiamo estendere al caso continuo e cioè di
guscio duro. In questo caso parleremo di σ, andando quindi a dividere lo sforzo per
l’area:

N y z
σx = + (- Mz + My)
A Iz Iy

dove A rappresenta l’area di tutta la sezione. Le variabili y e z invece saranno ora


rappresentative del generico elemento di dimensioni ds e t, con s coordinata
curvilinea.

A questo punto posso definire il flusso di taglio. Il flusso di taglio per una sezione
aperta è:

Sz Sy
q(i,i+1)0 = - Ty - Tz (questa formula è per elementi concentrati?)
Iz Iy
Sz Sy
qa = - Ty - Tz (Probabilmente questa è la formula per il guscio duro
Iz Iy
e in quella precedente mancano i pedici ad indicare la soletta.)

Per le strutture a guscio duro non possiamo usare la teoria della trave perché tutta la
struttura collabora, ma dobbiamo usare la teoria semplificata della lastra. Tale teoria
ci consente di studiare la stabilità elastica della nostra struttura.
Affinché sia valida la teoria dobbiamo fare diverse assunzioni:

-ipotesi di piccole deformazioni

- i punti che giacciono su una linea ortogonale al piano medio della lastra non
inflessa, continuano a giacere su una linea ortogonale al piano medio della lastra
inflessa.
Ciò vuol dire che le sezioni restano rette:

- gli sforzi normali al piano sono trascurabili poiché siamo in uno stato di tensione
piano (i.e. strutture sottili).
C’è differenza tra tensione piana e deformazione piana. Se studio una superficie
bidimensionale (una lastra o una sezione), visto che studiamo uno stato piano ho che
stress e deformazioni si sviluppano nel piano. Poisson lega stress e deformazione
lungo una direzione con deformazioni e stress lungo le altre direzioni. Di
conseguenza se ho uno stato di tensione su un piano xy avrò una deformazione lungo
z, viceversa se ho uno stato di deformazione sul piano xy allora avrò stress lungo z.
Per cui se studio uno stato piano devo vedere se ad essere piana è la deformazione o
lo stress.
In genere ho deformazione piana con una struttura infinitamente lunga (ad esempio il
Δw
profilo di un’ala infinitamente lunga). Infatti essendo εz = ed essendo L → ∞, la
L
deformazione sarà nulla.
Lo stato di tensione piano si presenta invece per strutture molto sottili, dove lo stato
di tensione lungo lo spessore può ragionevolmente essere considerato trascurabile
rispetto le altre due componenti della tensione.
Siccome stiamo trattando strutture a guscio sottili, consideriamo piano lo stato di
tensione.
- piccole rotazioni lungo qualsiasi direzione. Ciò vuol dire che le rotazioni della lastra
inflessa sono piccole lungo qualsiasi direzione.

- il piano medio della lastra è il piano neutro, i.e. classico andamento a farfalla delle
tensioni.

Scriviamo ora qualche relazione che lega tensione e deformazione all’interno di una
lastra sottoposta ad un piccolo carico di flessione:

Questa lastra si trova a distanza z dal piano neutro ed è sottoposta ad una piccola
inflessione w(x,y), rivolta verso il basso in modo da flettere la lastra. Dipendendo da
x e y, w(x,y) può essere variabile lungo la superficie della lastra.
Associando all’asse x lo spostamento u, all’asse y lo spostamento v e all’asse z lo
spostamento w, avremo che l’effetto dell’inflessione w(x,y) è quello di dare
localmente delle rotazioni ai punti della lastra.
∂w ∂w
Queste rotazioni sono esprimibili in termini di e .
∂x ∂y
L’effetto delle rotazioni locali sugli spostamenti è :

dove in nero è rappresentano un segmento nel piano x,z prima dell’inflessione e in


rosso la rotazione che questo segmento subisce. Se fossimo sul piano neutro la
rotazione sarebbe nulla. Più ci allontaniamo dal piano neutro, maggiore sarà la
rotazione.

Gli spostamenti solo legati a w(x,y):


∂w ∂w
u=- v=-
∂x ∂y

A questo punto possiamo definire le deformazioni:


2
∂u ∂ w
εx = =-z
∂x ∂x
2

∂v ∂2 w
εy = =-z
∂y ∂ y2

2 2 2
∂u ∂v ∂ w ∂ w ∂ w
γxy = + = -z -z = - 2z
∂y ∂x ∂ x∂ y ∂ x∂ y ∂x∂ y

Si noti che gli spostamenti nel piano (u e v) sono espressi in funzione degli
spostamenti fuori dal piano (w).

Le tensioni sono legate alle deformazioni dalle relazioni (valgono per il caso
tensionale piano):

1
εx = (σx – νσy) (1.1)
E

1
εy = (σy – νσx) (1.2)
E

1 2(1+ ν )
γxy = τxy = τxy (1.3)
G E

dove E è il modulo di Young, ν quello di Poisson e G il modulo di taglio.


Risulta comodo avere le deformazioni in funzione delle tensioni, dunque manipolo le
precedenti relazioni:

1 1
εx + νεy = (σx – νσy + νσy – ν2 σx ) = (1 – ν2 ) σx →
E E

2 2
E
σx = 2
(εx + νεy) = - Ez 2 ( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
1–ν 1–ν ∂x ∂y

Per σy :

1
εy + νεx = (νσx – ν2 σy+ σy - νσx ) = 1 (1 – ν2 ) σy →
E E
E Ez ∂2 w ∂2 w
σy = (εy + νεx) = - ( + ν )
1–ν
2
1–ν
2
∂ y2 ∂ x2

Per τxy :
2
E Ez ∂ w
τxy = γxy =
2(1+ ν ) (1+ν ) ∂x∂ y

Queste relazioni ci servono perché in generale sono note le deformazioni e quindi


possiamo ricavare le tensioni.

Abbiamo definito lo stato tensionale e di deformazione per un carico di pressione


(una coppia).
Tutte queste espressioni sono funzioni di z e variano linearmente lungo lo spessore.
Assumono valore nullo quando z=0 e valore massimo all’estremità (con il classico
andamento a farfalla).
Ciò corrisponde ai momenti che agiscono su un elementino di area dx dy (dz
aggiungerei io):

Tali momenti vengono calcolati nel seguente modo:


t
Mx = ∫ 2−t zσx dz
2

t
My = ∫ 2
−t zσy dz
2

t
Mxy = ∫ 2−t z τxy dz
2
Si noti che le tensioni agiscono sulla faccia e avendo un andamento a farfalla
generano un momento che dipende dal braccio. Se σ fosse costante lungo la faccia
non si avrebbe momento.

Essendo σx indipendente da z posso portarla fuori dall’integrale del momento Mx.


Dunque il momento dimenta:
3 2 2
Et
Mx = - 2
( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
12(1 – ν ) ∂x ∂y

Allo stesso modo procedo per My e Mxy


3 2 2
Et
My = - 2
( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
12(1 – ν ) ∂y ∂x

3 2
Et
Mxy = - ( ∂w )
12(1+ ν ) ∂ x∂ y

Introducendo la rigidezza flessionale D (ovvero l’equivalente di E per la flessione):


3
Et
D=
12(1 – ν )

ho:
2 2
Mx = - D ( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
∂x ∂y

2 2
My = - D ( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
∂y ∂x

2
∂ w
Mxy = - D (1 -ν ) ( )
∂ x∂ y

Mxy e Myx sono coincidenti perché le τ sono coincidenti (τxy = τyx).

Introduciamo infine le curvature, che vanno valutate o in un piano parallelo a xz o in


un piano parallelo a yz. Infatti anche per le inclinazioni (derivate prime) non abbiamo
calcolato l’inclinazione del piano xy poiché supponiamo la forza normale a tale
∂w ∂w
piano, ma soltanto l’ inclinazione nel piano xz ( ) e nel piano yz ( ).
∂x ∂y
Facciamo la stessa cosa per le curvature che, in quanto tali, sono espresse come
derivate seconde:
∂2 w
kx = -
∂ x2

2
ky = - ∂ w2
∂y

∂2 w
kxy = -
∂x∂ y

Dove kxy è detta curvatura di svergolamento.


Il segno meno compare in modo tale che un momento positivo generi una curvatura
positiva.

Introducendo la rigidezza D’ (che non ha un vero e proprio significato fisico ma


snellisce solo i calcoli):

D'
D’ = (1 – ν2 )D → D = 2
1–ν

Inserendo curvatura e D’ nelle equazioni dei momenti ottengo:

D'
Mx = (kx + νky)
1 – ν2

D'
My = 2
(ky + νkx)
1–ν

D'
Mxy = kxy
1+ ν

Anche in questo caso è più comodo esprimere la curvatura in funzione dei momenti.
Per ricavare kx faccio:

D'
Mx – νMy = 2
(kx + νky – νky - ν2 kx)
1–ν

D'
Mx – νMy = 2
(1 - ν2) kx
1–ν

M x – νM y
kx =
D'

In quest’ultima relazione si capisce perché è stata introdotta la rigidezza D’.


Allo stesso modo si otterrà ky , mentre il calcolo di kxy risulta banale:

M y – νM x
ky =
D'

1−ν
kxy = Mxy
D'

A questo punto è possibile studiare l’equilibrio.


Infatti abbiamo visto tutte le forze che agiscono per la flessione, adesso vediamo
come si distribuiscono.
Considero l’elemento di lastra:

delimitato dalle rette x, x+dx e y, y+dy ed avente spessore t. L’elemento è sottoposto


ad un carico distribuito q che agisce sul piano. Essendo l’area dell’elemento
dA=dxdy, ho che la forza agente sull’elemento è:

F = qdxdy
La forza F è equilibrata dalle forze di taglio che agiscono sui lati:
l’equilibrio è quindi (il taglio tx è moltiplicato per dy poiché agisce su un lato di
lunghezza dy, mentre il segno meno c’è poiché l’asse z è rivolto verso il basso):

∂t x ∂t y
-txdy + txdy + dxdy – tydx + tydx + dxdy + qdxdy =0
∂x ∂y

∂t x ∂t y
+ + q =0
∂x ∂y

Seconda lezione 16/10/2020

Ripartendo dall’equilibrio dell’elemento di lastra, abbiamo:

∂t x ∂t y
+ + q =0 (2.1)
∂x ∂y

Da qui possiamo esplicitare le t che derivano dai momenti:

∂ Mx ∂ M xy
tx = +
∂x ∂y

∂My ∂ M xy
ty = +
∂y ∂x

Combinando queste equazioni con la (2.1) ottengo:

∂2 M x ∂2 M xy ∂2 M y ∂2 M xy
+ + + +q = 0
∂ x2 ∂x∂ y ∂ y2 ∂x∂ y

2 2 2
∂ Mx ∂ M xy ∂ My
2 + 2 + 2 = -q
∂x ∂x∂ y ∂y

ed essendo:

2 2
Mx = - D ( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
∂x ∂y
∂2 w ∂2 w
My = - D ( + ν )
∂ y2 ∂ x2

2
∂ w
Mxy = - D (1 -ν ) ( )
∂ x∂ y

si ottiene (i meno se ne vanno con il meno davanti q):

2 2 2 2
∂2 [D ( ∂ w + ν ∂ w2 )] +2 (1 -ν ) ∂2 [D ( ∂ w )]+ ∂2 [D ( ∂ w
2 2
∂x ∂ x2 ∂y ∂x∂ y ∂ x∂ y ∂y ∂ y2

2
+ ν ∂ w2 )] = q
∂x

La D possiamo considerarla costante con x e y per un materiale isotropo:


4
∂4 w ∂4 w ∂4 w ∂4 w
D( ∂ w4 + ν +2 - 2ν +
∂x ∂ x2 ∂ y2 ∂ x2 ∂ y2 ∂ x2 ∂ y2 ∂ y4

4
∂ w
+ ν )=q
∂ x2 ∂ y2

4
∂4 w ∂4 w
D( ∂ w4 +2 2 2
+ 4
)=q
∂x ∂x ∂ y ∂y

D ∇4 w = q

dove con ∇ 4 w si è indicato il laplaciano secondo e rappresenta gli spostamenti


fuori dal piano per una lastra sottoposta a carico q.
Quest’ultima equazione risulta fondamentale per l’elasticità ed è alla base dello
studio del pannello supersonico.

Studi di flesso-torsione

l
Con gli studi di flesso-torsione di vanno ad analizzare strutture ad anima sottile (
t
>> 2) aperte sottoposte a torsione.
Prima di ciò consideriamo una sezione rettangolare allungata (aperta).
A causa di una torsione Mt si generano delle τ all’interno del materiale valutabili con
l’analogia idrodinamica.
Essendo una sezione rettangolare piana, il flusso delle τ sarà costante.
Dunque Mx viene assorbito per metà da τy e metà da τz.
Per sezioni sottili τy è pressoché costante lungo l e si smorza improvvisamente in
prossimità dei bordi:

Se la sezione fosse di lunghezza infinita, allora le τy sarebbero costanti lungo tutta la


sezione.
Per la continuità (eq 2.1) il prodotto delle tensioni per il loro braccio sarà costante ed
il massimo si ha all’estremità (lo si vede dall’andamento a farfalla). Possiamo quindi
andare a considerare l’equilibrio tra momento torcente e tensioni.
Siccome siamo interessati alle τy concentriamoci su di esse tenendo presente che
equilibrano metà del momento torcente Mx :
Mx
= 2F · braccio
2

Il due è presente poiché considero le forze sui due lati di lunghezza l (ho un flusso
positivo ed uno negativo con risultanti che generano una coppia).

Considerando che le τy contribuiscono con un carico triangolare:

τ max t
F= l
2 2

2
e la forza risultante è applicata ai del lato maggiore del triangolo (in questo caso
3
t
il lato di lunghezza ).
2
Si noti che F è la risultante delle τy agenti su un lato di lunghezza l della sezione.

Mx τ max t 2 t
=2 l ·( )
2 2 2 3 2

dove tra parentesi tonde è stato posto il braccio.

1 3Mx Mx
Mx = τmax l t2 → τmax = = t
3 lt
2
J

Dove J è il momento polare di inerzia:

1
J= l t3
3

Sulla linea media τ è nulla.


Confrontiamo questa τ con quella di una sezione aperta:
Mx
τ0 =
2Ωt

dove τ0 è la tensione nella sezione sottile aperta e Ω è l’area racchiusa (per una
sezione circolare è l’area del cerchio) e può essere considerata come l’area di un
triangolo avente per base un segmento di lunghezza pari a quella della circonferenza
e per altezza il braccio:

1 lr
Ω = 2ᴫ r · r · =
2 2

dove l è la lunghezza della sezione.

Mx Mx
τ0 = =
2Ωt lrt

τ max 3Mx lrt r


= · =3
τ0 lt Mx t

τ max
dunque per una sezione di raggio 1m e t=1 mm, abbiamo = 3000 , cioè la
τ0
sezione chiusa assorbe le τ tremila volte rispetto la sezione aperta.

Mx
Si possono valutare gli angoli di torsione θx = per la sezione aperta e per quella
GJ
chiusa.
Per la sezione aperta abbiamo già calcolato J = 1 l t3, per quella chiusa:
3

1
J0= 4Ω2
ds

t

l’integrale è da considerarsi lungo tutta la circonferenza.

J0 = 4 ( l r )2 1 = l2 r2 · t = l r2 t
2 l l
t
Dunque il rapporto degli angoli di torsione:

θx Mx G J0 J0 lr 2 t r2
θ0 = GJ Mx
=
J
=
l t 3 /3
=3
t2
= 3000000

da questa analisi risulta che per le dimensioni date una superficie aperta torce tre
milioni di volte in più rispetto una chiusa.
Potrebbe sembrare che le sezioni aperte a parete sottile siano incapaci di assorbire
caratteristiche torsionali.
Questo ragionamento è sbagliato perché nei calcoli abbiamo calcolato l’angolo di
rotazione unitario con la legge di Bredt, la quale deriva dal De Saint-Venant che
suppone che le superfici piane restino tali.
Nelle sezioni a parete sottile ciò non è vero e quindi assorbono la torsione in maniera
diversa, mantenendo valori della tensione tangenziale molto più bassi di quello visti
qui.

l
Consideriamo una struttura a sezione trasversale costante (con >>2), priva di
t
vincoli, con la superficie laterale scarica (abbiamo coppie uguali ed opposte alle
estremità e ci poniamo ad una certa distanza da esse), materiale isotropo,
consideriamo valida la legge di Hooke e forza e spostamento sono lineari (F=kx,
dove x rappresenta uno spostamento).
A parte casi particolari si può verificare che in una struttura a sezione costante e
sottoposta a torsione le sezioni trasversali piane si deformano in modo da non restare
tali (cioè si verifica la fuoriuscita delle sezioni dal proprio piano e quindi non è più
valido DSV).
Per queste sezioni la torsione viene assorbita in parte alla DSV e in parte in altro
modo.
Il contributo alla DSV è una relazione che lega momento ed angolo di torsione:

Mx
θx = → Mx’ = θx GJ
GJ

La seconda aliquota viene calcolata con:

∂2 θ x
Mx’’ = -k
∂ x2

2
∂ θx
Mx = Mx’ + Mx’’ = θx GJ -k 2
∂x

∂2 θ x M
2
- ω2 θx = -
∂x k

GJ
con ω =
k

Ricaviamo questa equazione per un caso semplice.


Consideriamo una trave a doppia T :
Da un lato abbiamo Mx e dall’altro un incastro.
Si noti che in assenza dell’anima parallela al piano xy (quella tra le ali 1 e 2), il
momento verrebbe assorbito solo per flesso torsione.
Se prendiamo una generica sezione lontano dalle estremità:

Mx’ = θx GJ

In seguito alla rotazione dovuta a θx avremo una rotazione φ che fa abbassare 1 e


alzare 2:

h
φ = ∫ x0 θ x dx → z = φ
2

2 2 3 3
∂z h h h
= ∂φ
→ ∂ z2 = ∂ φ
→ ∂ z
= ∂ φ
∂x 2 ∂x ∂x 2 ∂x
2
∂x
3
2 ∂x
3

Dunque sull’ala 1 ho una forza di taglio derivante dal momento:


2
M= -E Iay ∂ z2
∂x

3 3
h
taz = - E Iay ∂ z3 = - E Iay ∂ φ3
∂x 2 ∂x

3
∂ φ ∂2 θ x
Essendo φ = ∫ θ x dx →x
0 =
∂ x3 ∂ x2

2
h E I ay ∂ θx
taz = - 2
2 ∂x

dove taz è il taglio e Iay è il momento di inerzia intorno ad y.


Questo accade sull’ala 1. Sull’ala 2 avrò una stessa situazione ma con verso opposto.
Dunque ho una coppia dovuta a taz:
2
2 E I ay ∂ θx
Mx’’ = taz h = - h 2
2 ∂x

E I ay
il prodotto h2 è posto pari alla costante k.
2
Il momento totale è assorbito in parte alla De Saint Venant e in parte per flesso-
torsione.

∂2 θ x Mx GJ ∂2 θ x
Mx = G J θ x - k → = θx -
∂ x2 k k ∂ x2

GJ
ω2 =
k

∂2 θ x Mx
2
- ω2θx = - eq. differenziale non omogenea del secondo ordine
∂x k

Per risolvere l’equazione differenziale inseriamo la variabile ξ:

Mx Mx
ξ = θx - → θx = ξ +
kω2 kω2

dunque essendo Mx costante lungo x:

∂2 θ x
ξ’’ =
∂ x2

Mx Mx
ξ’’ - ω2(ξ + 2
)=-
kω k

Mx Mx
ξ’’ – ω2ξ - =-
k k

ξ’’ – ω2ξ = 0

Dunque abbiamo reso omogenea l’equazione differenziale.


Il polinomio caratteristico è:

λ2 – ω2 = 0 → λ1,2= ±ω

ξ(x) = c1 e λ x + c2 e λ x = c1 e−ω x + c2 e ω x
1 2

Per calcolare le costanti c1 e c2 ho bisogno di due condizioni al contorno:


Mx
θx(0) = 0 → ξ(0) = -
kω2

Ricordando che:

GJ
ω2 =
k

Mx
ξ(0) = -
GJ

Si noti che imporre θx(0) vuol dire supporre una rotazione nulla in prossimità
dell’incastro (ipotesi più che ragionevole dato che si tratta di un incastro).
La seconda condizione al contorno è:

∂θ x (l) d ξ (l )
=0→ =0
∂x dx

(si noti che θx e ξ(x) differiscono per un valore costante con x)

d ξ (l)
= - ω c1 e
−ω l
+ ω c2 e ω l = 0
dx

La seconda condizione equivale a supporre che l’ angolo θx abbia un massimo nel


punto dove viene applicato il momento Mx e pertanto la derivata è nulla.

Il sistema in due equazioni e due incognite è:

Mx
c1 + c2 = -
GJ

c1 e−ω l = c2 e ω l → c1 = c2 e 2 ωl

dunque

Mx Mx 1
c2 e 2 ωl + c2 = - → c2 = - ( )
GJ GJ 1+ e2 ωl

Mx e
2 ωl
c1 = - 2 ωl
GJ 1+ e

Sostituendo in ξ(x) :
Mx 1 e−ω l
ξ(x) = c1 e −ω x
+ c2 e ωx
=- ( e 2 ωl−ω x + e
ωx
) =
GJ 1+ e
2 ωl
e−ω l
Mx 1
=- ( e ω l −ω x + e−(ω l− ω x) )
GJ ωl
e +e−ωl

x −x
sfrutto la definizione di cosh x = e −e
2

Mx cosh( ω (l−x ))
ξ(x) = -
GJ cosh ( ω l )

A questo punto possiamo ricavare θx:

Mx Mx cosh( ω (l−x ))
θx = ξ(x) + = (1 - )
GJ GJ cosh ( ω l )

Sostituendo nelle relazioni del momento:

cosh( ω (l−x ))
Mx’ = G J θx = Mx (1 - ) → Contributo alla De Saint Venant
cosh ( ω l)

2 E I ay ∂2 θ x cosh( ω (l−x ))
Mx’’ = taz h = - h 2
= Mx
2 ∂x cosh ( ω l)

Mx’’ è stato ottenuto per differenza tra Mx e Mx’.

Se nella seconda equazione poniamo x = 0, cioè consideriamo la sezione


dell’incastro, otteniamo:

cosh( ω (l ))
Mx’’ = Mx = Mx
cosh ( ω l )

quindi la torsione all’incastro viene assorbita tutta per flessione differenziale.


Diagrammando Mx’ :
Dove è evidente che ciò che non viene assorbito da Mx’ deve essere assorbito da Mx’’.
Infatti all’incastro è presente solo Mx’’, mentre all’estremità l il momento sarà
assorbito per gran parte da Mx’ e in piccola parte da Mx’’. Per una trave infinitamente
lunga, alla lezione l→ ∞ il momento è assorbito solo da Mx’.

Flesso torsione a pareti sottili aperte. Metodo di Wagner

Il metodo di Wagner si applica a strutture con parete sottile aperta e rappresenta un


caso più generale dell’esempio precedente. Consideriamo una sezione a parete sottile
aperta con una forma della linea media qualsiasi. Partiamo dall’assunzione secondo
cui il diagramma delle tensioni assume comportamento lineare lungo lo spessore, con
valore nullo lungo la linea media:

Tali assunzioni ci permettono di scrivere:


τsx ∂u ∂v
= ɣsx = + =0 (2.2)
G ∂s ∂x

dove s è un’ascissa curvilinea lungo la linea media, positiva se antioraria.


Se considero una generica sezione:
v = φx r

dove φx è l’angolo di rotazione e r è la distanza del centro di rotazione dalla tangente


alla linea media del punto in cui valuto v. Dunque la v è dovuta alla rotazione.

Essendo

d φx du dv d φx
θx = → =- =-r = - r θx
dx ds dx dx

ciò deriva dalla (2.2). Si noti che θx è indipendente da s.


du
Integrando tra 0 ed s:
ds

u(s) = u0 – θ0 ∫ s0 rds

L’ integrale è il doppio dell’area 1:

mentre u0 è lo spostamento lungo x del punto scelto come origine dell’ascissa


curvilinea s.
L’area 1 si ottiene facendo percorrere al punto un tratto ds.
Se mi muovo in senso orario intorno a ct l’area è da ritenersi negativa, altrimenti
positiva.

Posso valutare l’integrale ∫ s0 rds tra 0 ed m, ovvero lungo tutta la linea media per
vedere cosa fa il punto in considerazione. Visto che sto ragionando in termini di area,
lungo tutta la linea media ho:
dove sono indicate le aree da ritenere positive e quelle da ritenere negative.

Terza lezione 20/10/2020

Riprendiamo il discorso sulla trave alla Wagner.


Il centro ct è preso in maniera arbitraria, ma variare ct significa aggiungere un moto
rigido alla rotazione.
Lo spostamento medio è:

1 1 θx
u= ∫ 0 uds =
m
∫ 0 (u0−θ x ∫ 0 rds)ds = u0 -
m s m s
∫ 0 (∫ 0 rds)ds
m m m

Lo spostamento u può essere espresso in funzione dello spostamento medio, in modo


da avere il Δ spostamento dallo spostamento medio.

θx
u= ∫ 0 (∫ 0 rds)ds - θx ∫ 0 rds
m s s
m

ed in questo modo ci svincoliamo anche dalla scelta del centro di rotazione.


La quantità ∫ s0 rds è l’area del tratto ds ed è pari a ωs.
Il termine ∫ m0 (∫ 0s rds)ds è una ωs valutata su tutta la linea e divisa per la lunghezza
caratteristica m della sezione:

u = θx ωs – θx ωs = θx (ωs – ωs)

Se la struttura non è vincolata θx = cost e sarà assorbito tutto alla De Saint Venant.

Mx = θx GJ (contributo alla DSV)


Se è presente un vincolo, compare:

∂u ∂ (θ (ω – ω ))
εx = = x s s
∂x ∂x

poiché solo θx dipende da x:


εx = (ωs – ωs)
dx

Note le deformazioni e supponendo che le tensioni laterali siano nulle ho il valore


delle tensioni:


σx = Eεx = E (ωs – ωs) (3.1)
dx

Consideriamo un elementino in modo da calcolare lo stato tensionale:

lungo x:

τ t dx – (τ t ∂ τ t ds)dx + σx (tds) - σx (tds) -


∂σx
t dx ds = 0 =
∂s ∂x

∂ τt ∂σx
= +t =0
∂s ∂x

∂τt ∂σx
=-t
∂s ∂x

questa espressione ci consente di ricavare il flusso di taglio q = τ t (che ci serve per


ricavare il momento e dunque il contributo di flesso torsione):

∂τt d2θ
=-tE (ωs – ωs)
∂s d x2
dove si è utilizzata la (3.1). Si noti che θx è l’unico termine che dipende da x.
Integrando rispetto ad s si ha:
2
d θ
τt=-E ∫ 0 (ωs – ωs)t ds = q
s

d x2

Le dimensioni di q sono quelle di una forza su una lunghezza.


Da q posso ricavare un momento moltiplicando per una lunghezza e per un braccio:
Poiché abbiamo preso le q dall’elementino precedente che ha altezza ds, la forza
effettiva generata dalle q è

dF = qds

Essendo r la distanza dal centro di rotazione, il momento della forza elementare è:

dM’’ = qrds

Integrando lungo la linea media (tra zero ed m), ottengo il contributo del momento
assorbito per flesso-torsione:

M’’ = ∫ m0 q r ds

Sostituendo:
2
M’’ = - E d θ2 ∫ 0 ( ∫ 0 (ωs – ωs)t ds) r ds
m s

dx

Per semplificare questa relazione ragioniamo su r ds:

ωs = ∫ s0 r ds

dunque è lecito dire:

d ωs d−ω s d
dωs = r ds → r ds = ds = - ds = - (ωs – ωs) ds
ds ds ds

L’ultima operazione è lecita perché ωs è un valore costante (al più può dipendere da x
se la sezione non è costante lungo x).

Ritornando all’integrale di M’’:

d
∫ 0 ( ∫ 0 (ωs – ωs)t ds) r ds = - ∫ 0 ( ∫ 0 (ωs – ωs)t ds) (ωs – ωs) ds
m s m s
ds

Tale integrale è risolvibile mediante l’integrazione per parti:


∫f’g = f g - ∫f g’

d
f’ = (ωs – ωs) → f = ωs - ωs
ds

g = ∫ s0 (ωs – ωs)t ds → g’ = (ωs – ωs) t

l’integrale diventa:

- (ωs – ωs) ∫ 0 (ωs – ωs) t ds |0m + (ωs – ωs)2 t ds


s m
∫0

dove il simbolo |0m indica che il primo integrale è da valutare tra zero ed m(bisogna
porre s = 0 e s = m).
L’integrale valutato tra zero ed m risulta nullo per s= 0, infatti:

∫ 0 (ωs – ωs) t ds = 0
0

Succede lo stesso per s = m e ciò dipende dalla componente assiale delle forze
normali. Infatti abbiamo assunto che l’unica σ che agisce è σx e quindi non ci saranno
componenti assiali della tensione. La quantità (ωs – ωs) la troviamo all’interno di :


σx = Eεx = E (ωs – ωs)
dx

dunque ∫ m0 (ωs – ωs) ds ci dà la componente assiale di σ che abbiamo supposto


nulla.
Ritornando a M’’:

d2θ
M’’ = - E 2 ∫ m0 (ωs – ωs)2 t ds
dx

che risulta essere una espressione generale della flesso-torsione.


Nell’esempio precedente abbiamo definito M’’:
2
d θ
M’’ = -k 2
dx

ed abbiamo visto delle funzioni che risolvono questa equazione:

M cosh( ω (l−x ))
θx = (1 - )
GJ cosh ( ω l)

Questa soluzione è una soluzione generale della flesso-torsione.


Si noti che ω non è ωs e dipende da k.
Quello che cambia tra i due esempi è proprio la k, che è contenuta in ω:
GJ
ω=
k

Quindi per ogni struttura devo trovare la k associata al problema in esame:

k = + E ∫ m0 (ωs – ωs)2 t ds

Ricapitolando il momento assorbito per flesso-torsione è esprimibile come:


2
M’’ = -k d θ2
dx

La soluzione di questa equazione è:

M cosh( ω (l−x ))
θx = (1 - )
GJ cosh ( ω l)

Ciò che differenzia una struttura dall’altra è proprio il valore di k, che nella soluzione
θx è contenuta in ω:

GJ
ω=
k

Quindi una volta trovata k:

k = + E ∫ m0 (ωs – ωs)2 t ds

è nota θx , che ci consente di calcolare le σx :

σx = E d θ (ωs – ωs)
dx

Da

sezione a sezione, avendo la struttura vincolata lungo x, avrò che la forma del
diagramma delle σx sarà sempre la stessa, ma avrò valori massimi all’incastro che via
via decrescono fino a diventare nulli all’estremità (ciò succede perché è l’incastro a
reagire alla sollecitazione quindi è lì che deve verificarsi l’equilibrio. L’estremo
libero non essendo vincolato non avrà una reazione).
N.B. nell’ultima immagine c’è una rappresentazione dello sforzo normale.

Flesso-torsione strutture ad elementi concentrati

Consideriamo una struttura con 4 solette e 3 anime:

Consideriamo la struttura incastrata ad un estremo e caricata con una coppia Mx


all’altro estremo. Sappiamo determinare i flussi di taglio. Noti i flussi di taglio si può
andare a calcolare lo sforzo normale all’incastro per ogni soletta. Questo perché gli
sforzi di taglio sono legati all’anima:

Ni
qi,i+1 = + qi-1,i
l

cioè lo sforzo normale all’incastro della soletta i, quindi in posizione intermedia tra
l’anima i-1,i e l’anima i,i+1, è calcolabile in questo modo.
Con l è indicata la lunghezza dell’ i-esima soletta, che in questo caso consideriamo
tutte uguali.
Per cui, noti qi,i+1 posso calcolare lo sforzo normale agente su ogni soletta:

N1
q1,2 = + 0 → N1 = l q1,2
l

N2
q2,3 = + q1,2 → N2 = l (q2,3 - q1,2 )
l
N3
q3,4 = + q2,3 → N3 = l (q3,4 – q2,3)
l
N4
0= + q3,4 → N4 = - l q3,4
l

A questo punto, noto Ni è determinato lo stato tensionale lungo le solette. Questa


assunzione vale per sforzo di taglio normale.
Estendiamo il ragionamento alle anime trattandole come strutture a parete sottile:

k = E ∫ m0 (ωs – ωs)2 t ds

Siccome non siamo più nel continuo, discretizzo k:


n−1
k=E ∑ ❑ (ω – ωi,i+1)2 ti,i+1 · ai,i+1
i=1

dove ω è il valore medio di tutta la sezione, ti,i+1 e ωi,i+1 sono relativi alla particolare
anima, e ai,i+1 è la larghezza dell’anima (i.e. la lunghezza di anima tra due solette
successive):

Per quanto riguarda le ω, esse diventano:


i
ωs = ∫ s0 r ds → ωi,i+1 = ∑ r j , j+1 a j , j +1
j=1

dove la sommatoria va a sostituire l’integrale tra zero ed s e quindi non riguarda


necessariamente tutte le anime, rj,j+1 è la distanza dal centro di rotazione, aj,j+1 è la
larghezza della j-esima anima.
i

1
∑ ω j , j +1 a j , j+1
ωs = m
∫ ω s ds
0 →ω = j=1
m m

con m somma della lunghezza di tutte le anime.


n−1
m= ∑ ai ,i+1
i=1
Per un’anima curva rj,j+1 · aj,j+1 = 2 Ωj,j+1, con Ω area spazzata.
Se assumiamo che θx sia variabile, avremo un flusso di taglio non nullo lungo
l’anima:
2 i 2
d θx d θx
q=-E 2 ∫
s
0 (ωs – ωs) t ds → qi,i+1 = - E ∑ ❑ (ω – ωi,i+1) Aj 2
dx j=1 dx

Esiste una trattazione più rigorosa che è valida anche per le sezioni chiuse e parte
dall’assumere che lo scorrimento sulla linea media ɣi,i+1 sia diverso da zero:

u i+1−ui
ɣi,i+1 = + ri,i+1 θx
bi , i+1

essendo q = τ t = G ɣ t ottengo:

u i+1−ui
qi,i+1 = G ( ti,i+1 + ri,i+1 ti,i+1 θx)
bi , i+1

siccome abbiamo un momento torcente applicato all’estremo, questo momento è


assorbito per metà dai flussi di taglio:
n−1 n−1
Mx
= ∑ q i ,i+ 1 Ωi ,i +1 → Mx = 2 ∑ q i ,i+ 1 Ωi ,i +1
2 i=1 i=1

sostituendo la q ho un’espressione che dipende da θx.


Essendo noto il momento applicato posso calcolare θx
n−1
t
Mx = 2 G ∑ ((u i, i+1−u i) bi , i+1 +r i ,i +1 t i ,i+ 1 θ x) Ωi ,i +1
i=1 i ,i+1

isolando θx ottengo:
n
t
Mx
∑ (ui −ui+1 ) bi ,i+1 Ωi ,i +1
i=1 i , i+1
θx = n
+ n
2 G ∑ r i ,i +1 t i ,i+1 Ωi ,i +1 ∑ r i , i+1 ti ,i +1 Ωi , i+1
i=1 i=1

inserendo θx in q ottengo i flussi di taglio in funzione degli spostamenti u (cioè


spostamenti lungo x):
n
t
−u i+1 +ui
∑ (−u j +u j +1) bj , j+1 Ωj , j +1
j=1 j , j +1
qi,i+1 = - G( ti,i+1 + ri,i+1 ti,i+1 n )+
bi , i+1
∑ r j , j+1 t j , j +1 Ω j , j+1
j=1
Gr i , i+1 t i , i+1 M x
n
2 G ∑ r j , j +1 t j , j+ 1 Ω j , j +1
j =1

n
t
−u i+1 +ui
∑ (−u j +u j +1) bj , j+1 Ω j , j +1 r i ,i+ 1 t i ,i+1 M x
j=1 j , j +1
=-G( ti,i+1 + ri,i+1 ti,i+1 n )+ n
bi , i+1
∑ r j , j+1 t j , j +1 Ω j , j+1 2 ∑ r j , j+1 t j , j +1 Ω j , j+1
j=1 j=1

(3.1)

Abbiamo una q per ogni anima per lo spostamento di una soletta:

q = -G V u + M I rt

dove V è la matrice che contiene la parte tra parentesi di qi,i+1, e rt è da considerare


come un unico vettore e I è la matrice identità.
n
Ic = ∑ r j , j+1 t j , j +1 Ω j , j+1
j=1

che non dipende dalla particolare anima ma da tutte.


Infine M :

Mx
M =
2 Ic

Quarta Lezione del 27/10/2020

La matrice V ha tante righe quanti sono i flussi di taglio e tante colonne quante sono
le componenti di u. Per i componenti generici di V devo sviluppare ogni termine.
Al variare di i ho vari valori delle q (per i = 1 ho q1,2, per i =2 ho q2,3 e così via),
quindi la componente di V dipende sia dalle q che da tutte le altre u (essendoci una
sommatoria su j, ogni componente della matrice dipende da tutte le componenti di u).
Dunque v11 sarà il termine che moltiplica u1 per ottenere q1,2.
Si noti che il termine v11 lo otteniamo per i = 1 e per j= 1 o j = n. Lo si capisce dalla
sommatoria:
n
t
∑ (u j +u j+1 ) b j , j +1
j=1 j , j+1

perché con j = 1 otterrò u1 e u2, con j=n ho un e un+1 = u1 .


Dunque i termini che convogliano in V sono tutti i termini della (3.1) legati ad u. Per
j= 1 e j = n (sono i valori che devo considerare per ottenere v11)questi termini sono:

t 1,2 t n ,1
r 1,2 t 1,2 (u2−u 1) Ω r 1,2 t 1,2 (u1−u n) Ω
t 1,2 b 1,2 1,2 bn ,1 n ,1
(u1 - u2) + +
b1,2 Ic Ic

dunque v11 :

t 1,2 t 1,2 Ω 1,2 t n ,1 Ω n ,1


v11 = - r1,2t1,2 + r1,2 t1,2
b1,2 b1,2 Ic bn ,1 Ic

ciò può essere fatto per ogni valore della matrice V.


Lavoriamo sulle equazioni:

dN i
= qi-1,i - qi,i+1
dx

quindi la variazione dello sforzo normale sulle solette dipende dagli sforzi di taglio
dell'anima precedente e di quella successiva. Lo sforzo normale N è di fatto una
forza: N = σ A . Considerando costante l'area lungo una soletta, ho che la precedente
equazione diventa:

d σi
Ai = qi-1,i - qi,i+1
dx

dove Ai è l'area dell' i-esima soletta. Abbiamo così espresso la variazione dello stress
longitudinale della soletta in funzione dei flussi di taglio.
Compattando tutto in forma matriciale, risulta:


=Rq (4.1)
dx


Ovviamente è un vettore e contiene le derivate delle σi di tutte le solette.
dx
Dato che siamo partiti da:

q = -G V u + M I rt
dq du
= -G V +0 (4.2)
dx dx
dq du
dove e sono vettori e il termine M I rt è costante rispetto a x.
dx dx

Essendo:

du du 1
σ=E → = σ
dx dx E

du
dove è sempre da intendere come vettore.
dx

Dalla (4.1) possiamo invertire la matrice R (che pertanto dovrà essere invertibile) e
ottenere:


q = R-1
dx

Sostituendo queste relazioni nella (4.2) (cioè esprimendo la derivata di u in termini di


derivata di σ):

2
d σ G
R-1 =- Vσ
dx 2 E

2
d σ G
=- RV σ
dx 2 E

d2σ G
- Hσ=0 (4.3)
dx 2 E

Con H = - RV
Per risolvere la (4.3) ho bisogno di opportune condizioni al contorno che mi
consentano di scegliere un'unica soluzione tra le infinite possibili funzioni che
risolvono l'equazione differenziale.
Per prendere le condizioni al contorno utilizzo le equazioni di equilibrio alla
traslazione longitudinale e alla rotazione intorno agli assi della sezione (nel caso
considerato sono y e z).
Quindi la traslazione sarà lungo x e le rotazioni lungo y e z:
n
Σ Fx = 0 → ∑ Ai σ i = 0
i=1
n
Σ My = 0 → ∑ Ai σ i z i = 0
i=1

n
Σ Mz = 0 → ∑ Ai σ i y i = 0
i=1

Questo set di equazioni poiché è sempre pari a zero, può essere scritto nella forma:

α σ1/(n-3) = β σ(n-2)/n

dove σ1/(n-3) comprende le prime n-3 componenti di σ e a destra le ultime 3.


Ciò si traduce nella partizione della matrice H:

Se consideriamo la prima riga di questa partizione (cioè consideriamo n-3 righe e n-3
colonne):

Essendo:

σ(n-2)/n= β-1 α σ1/(n-3)

posso sostituire in modo da avere tutto in funzione dei primi termini delle σ:

dove H' = Hαα + Hαβ β-1 α


A questo punto ho ancora un sistema di n-3 equazioni. Se riuscissimo ad ottenere una
legge che lega tra loro tutti gli spostamenti longitudinali delle sezioni delle solette,
potremmo ricondurre tutto questo alla risoluzione di un'unica equazione differenziale.
Per farlo pongo che gli spostamenti della soletta i-esima siano funzione dello
spostamento di un'unica soletta, la prima. Dunque:

ui = ki u1

con ki costante che amplifica o riduce lo spostamento della soletta 1.


Considerando questa legge si ridefiniscono tutte le espressioni:
n
t
Mx
∑ (ui −ui+1 ) bi ,i+1 Ωi ,i +1
i=1 i , i+1
θx = +
2G Ic Ic

diventa:
n
t i ,i+ 1
u 1 ∑ (k i−k i+1 ) Ω
Mx i=1 bi , i+1 i ,i +1
θx = +
2G Ic Ic

(perché la sommatoria è fino a n? che senso ha avuto fare tutto il discorso sulle
matrici?)

ritornando all'espressione:

d σ1 1
= (qn,1 - q1,2)
dx A1

du1 d 2 u1 1
σ1 = E → = (qn,1 - q1,2)
dx dx 2
E A1

Le q sono le (3.1). Andando a sostituire il valore di q:

d 2 u1 G 1−k 2 k n−1 r 1,2 t 1,2−r n ,1 t n ,1 n


t
2
= u1 ( t1,2 - tn,1 + ∑ (k j+1−k j ) bj , j +1 Ω j , j+1
dx EA 1 b1,2 bn ,2 Ic j=1 j , j+1

1
) +M (rn,i tn,i - t1,2 r1,2)
EA i

Compattando tutto ne risulta:


d 2 u1
2
= λ2 u1 + k (4.4)
dx

con k pari a:

1
k= M (rn,i tn,i - t1,2 r1,2)
EA i

La (4.4) è un'equazione differenziale del secondo ordine non omogenea.


Con un cambio di variabile è possibile rendere omogenea la (4.4). Per questo
definisco la variabile v:
2
k
v = u1 + 2
→ u1 = v - k2 → d v2 = λ2 v - k
λ2 + k
λ λ dx λ2

d2 v
2
- λ2 v = 0
dx

Le soluzioni del polinomio caratteristico di questa equazione omogenea sono i valori


+ λ e - λ.
La soluzione della (4.4) ha perciò la forma:

v = A1 e-λx + A2 eλx

Tale soluzione può essere riscritta nella forma:

A 1+ A 2 A 1−A 2 A +A A 1−A 2
v=( + ) e-λx + ( 1 2 - ) eλx
2 2 2 2

ponendo:

A 1−A 2
c1 =
2

A 1+ A 2
c2 =
2

si ottiene:

v = c1 cosh (λ x) + c2 senh (λ x)

Per ottenere la soluzione del nostro problema occorre calcolare c1 e c2.


Le condizioni al contorno in questo caso vanno poste all'estremità della trave, dove
(essendo il sistema di riferimento posizionato in una delle sezioni di estremità ed
essendo la trave di lunghezza L) nella sezione a x=0 ho l'estremo libero in cui è
applicata la coppia Mx. Nella sezione x = L ho un incastro.
Si consideri l'estremo libero x=0:

(σ1)x=0 = 0

e si ottiene perché gli sforzi normali nell'estremo libero sono nulli. Quindi

d u1 d u1
σ1 = E → =0
dx dx

Ne segue che:

d u1
( )x=0 = 0
dx

e poiché v ed u differiscono solo per un valore costante:

dv
( )x=0 = 0 (4.5)
dx

La (4.5) è la prima condizione al contorno.


Per x = L ho spostamenti nulli a causa dell'incastro:

k
(u1 )x=L = 0 → v = (4.6)
λ2

La (4.6) è la seconda condizione al contorno.


Essendo la soluzione:

v = c1 cosh (λ x) + c2 senh (λ x)

v' = c1 λ senh (λ x) + c2 λ cosh (λ x)

Per x = 0:

(v' )x=0 = c1 λ senh (0) + c2 λ cosh (0)

essendoci
e x + e−x e x −e− x
cosh(x) = sinh(x) =
2 2

(v' )x=0 = c2 λ

Dalla (4.5) ricaviamo che c2 = 0.


Per x = L:

k
(v)x=L = c1 cosh (λ L) + c2 senh (λ L) = c1 cosh (λ L) =
λ2

dove nell'ultima uguaglianza si è tenuto conto della (4.6).

Dunque

k 1
c1 =
λ2 cosh( λ L)

Ne segue:

k 1
v= cosh (λ x)
λ2 cosh( λ L)

Ricordando che siamo interessati allo spostamento della prima soletta u1 e non a v:

k k cosh ( λ x)
u1 = v - = ( -1)
λ2 λ 2
cosh( λ L)

Una volta determinato lo spostamento u1 devo trovare le ki. Per farlo assumo che la
struttura si deformi longitudinalmente come se fosse libera. In questo modo posso
utilizzare la legge di Bredt:

Mx
qi,i+1 = q* =

2
Mx 4Ω
2
(2Ω)
θx = con J = = n
GJ da

dt ∑ da
dt
j=1

Partendo dalla solita equazione del flusso:

t i , i+1
qi,i+1 = G[(ui+1 - ui) + ri,i+1 ti,i+1 θx] (perché è sparita la sommatoria su j?)
bi , i+1
e sostituendo θx e la formula di Bredt:

n
Mx t i , i+1 Mx a
= G (ui+1 - ui) +G ri,i+1 ti,i+1 2 ∑ t j , j+1
2Ω bi ,i+ 1 G(2Ω) j=1 j , j +1

Isolando il valore (ui+1 - ui):


n
bi ,i+ 1 Mx bi ,i+ 1 Mx a
(ui+1 - ui) = - ri,i+1 ti,i+1 ∑ t j , j+1
t i , i+1 2Ω t i , i+1 (2 Ω)(2Ω) j=1 j , j +1

n
Mx 1 a
Definendo L = eN= ∑ t j , j+1
2Ω 2Ω j=1 j , j +1

bi ,i+ 1
(ui+1 - ui) = L( - ri,i+1 bi,i+1N)
t i , i+1

Si noti che a parte b,t,L e N che sono valori geometrici o di carico, l'unico valore noto
è u1.
A questo punto, ponendo i = 1 possiamo calcolare u2:

b1,2
u2 = u1 + L( - N r1,2 b1,2)
t 1,2

A questo punto risulta banale calcolare le restanti incognite:

b2,3
u3 = u2 + L( - N r2,3 b2,3)
t 2,3

ovvero:

b1,2 b
u3 = u1 + L( + 2,3 - N r1,2 b1,2 - N r2,3 b2,3)
t 1,2 t 2,3

e cioè:
i−1
b
ui = u1 + L ∑ ( t j , j+ 1 −Nr j , j +1 b j , j+1 )
j=1 j , j+1

E' necessario individuare quali sono i casi nell'ambito delle costruzioni aeronautiche
in cui bisogna tener conto della flesso-torsione e quando invece è sufficiente una
verifica in cui si applica soltanto la teoria alla DSV e derivate.
Per sezioni aperte la flesso-torsione va sicuramente considerata. Per il caso chiuso il
discorso è più particolare, perché ci sono casi in cui va considerata e casi in cui no.
L'importanza di questo fenomeno può essere dedotta dall'analisi di una struttura di 4
solette e 4 anime, che può essere schematica di un cassone alare:

Supponiamo che vi sia un momento torcente applicato all'estremità di questo cassone.


Le solette longitudinali (1,2,3,4) subiranno uno spostamento che in questo caso è
fuori dal piano. Per il tipo di struttura, data la doppia simmetria:

u1 = -u2 = u3 = -u4 = u

Dunque il warping è:

Mx a b
u= ( - )
8 abG ta tb

a b
La fuoriuscita dal piano c'è quando u è diverso da zero e quindi quando ( - )
ta tb
è diverso da zero. Più sarà grande la differenza di quei rapporti, maggiore sarà il
warping. Si noti che oltre ad un problema di dimensioni il warping è legato anche allo
spessore.
Tale fenomeno è presente soprattutto per la deriva, mentre per l'ala grossomodo si
può usare DSV.

Quinta lezione 30/10/2020

Anche le piastre sottili sottoposte a delle forze nel loro piano medio, con forze che
via via aumentano, si imbozzano una volta che il carico supera un determinato valore
denominato carico critico. Per determinare questo carico critico si suppone che la
piastra si sia imbozzata sotto l'azione delle forze applicate e viene utilizzato il
teorema dell'energia. Quindi si stabilisce innanzitutto una forma della deformata del
piano medio della piastra e si eguaglia al lavoro delle forze esterne all'energia di
deformazione. Iniziamo con lo scrivere l'energia di deformazione nel caso di una
piastra sottoposta ai momenti Mx dy ed My dx:
2 2 2
1 ∂ w ∂ w ∂ w
dU = - (Mx + My + 2 Mxy )dxdy
2 ∂ x2 ∂ y2 ∂x∂ y

Si noti che tale relazione vale per un elementino di area dxdy.


Quando abbiamo analizzato le lastre abbiamo trovato delle relazioni che legano i
momenti intorno a x, intorno a y e misti con le derivate degli spostamenti fuori dal
piano. In particolare:
2 2
Mx = - D ( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
∂x ∂y

2 2
My = - D ( ∂ w2 + ν ∂ w2 )
∂y ∂x

∂2 w
Mxy = - D(1 - ν)
∂ x∂ y

Sostituendo questi termini nella relazione dell'energia si ottiene:


2 2 2 2 2 2
D
dU = [( ∂ w2 )2 + ν( ∂ w2 ∂ w
)+ ( ∂ w2 )2 + ν( ∂ w2 ∂ w
) + 2(1 -ν)(
2 ∂x ∂x ∂y
2
∂y ∂x ∂y
2

∂2 w
)2]dxdy =
∂x∂ y

D ∂2 w 2 ∂2 w 2 ∂2 w ∂2 w ∂2 w
= [( ) +( ) + 2 ν( ) + 2(1 -ν)( )2]dxdy
2 ∂ x2 ∂ y2 ∂ x2 ∂y 2
∂ x∂ y

Questo vale per un elementino e cioè soltanto una frazione dell'energia.


Possiamo calcolare l'energia di tutta la piastra estendendo quanto detto a tutta la
superficie della piastra:
2 2 2
D ∂2 w ∂2 w
U = ∫∫ [( ∂ w2 )2 + ( ∂ w2 )2 + 2 ν( ∂ w2 ) + 2(1 -ν)( )2]dxdy
2 ∂x ∂y ∂x ∂y
2
∂ x∂ y
Andiamo a considerare una piastra rettangolare sottoposta a compressione e di
dimensione
a e b:
Le forze agiscono sull'estremità x=0 ed x=a. Fx è la forza agente ed è una forza per
unità di lunghezza [N/m]. Aumentando progressivamente Fx la piastra entra in crisi
per un carico che chiamiamo Fxc.
Supponiamo che le estremità siano articolate e cioè vi siano delle cerniere sia sui
bordi che sulle estremità, dove per bordi si intendono i lati di lunghezza a e per
estremità quelli di lunghezza b (dove è applicata la forza).
La deformata della piastra sarà espressa da una doppia serie di Fourier ed ha questa
forma:
∞ ∞
mπx nπ y
w= ∑ ∑ a mn sen( ) sen( )
m=1 n=1 a b

mπ x mπ y
dove si nota c'è un moto sull'asse x (sen ) e un moto sull'asse y (sen ).
a b
Questa formula dipende molto dalle condizioni al contorno. Se infatti si considera
una trave incernierata ai due estremi:

allora le uniche deformate possibili possono essere:

o comunque una combinazione di sinusoidi.


Se i lati sono incernierati non posso ottenere altre deformazioni.
Ritornando alla formula di w, essendo i moti separati possiamo dire che le
deformazioni possibili della piastra sono somma di varie funzioni elementari, in
questo caso sinusoidi. I numeri m ed n sono degli interi e quindi si hanno delle
semionde intere. Ciò giustifica l'esempio del caso della trave (abbiamo al più
amplificazioni di sinusoidi).
Quindi le varie deformazioni possibili per la lastra possono essere delle semionde
lungo x e lungo y e m ed n rappresentano rispettivamente il numero di semionde
lungo x e lungo y, mentre amn è un coefficiente moltiplicativo che dà l'ampiezza di
questa deformazione. Se infatti proviamo a comprimere un righello notiamo che le
uniche deformazioni possibili sono dei moti sinusoidali.
mπ x
Tutto ciò è in accordo con il carico critico di Eulero, infatti il sen è la forza di
a
deformazione di una trave incernierata. Visto che stiamo in due dimensioni devo
considerare una trave che si sviluppa lungo x e una trave che si sviluppa lungo y.
La formula di w deve essere sostituita nella formula di U e quindi dobbiamo derivare
e calcolare le espressioni da sostituire:

∂2 w ∞ ∞ 2

∂ x2
=- ∑ ∑ a mn ( maπ ) sen( m aπ x ) sen( n πb y )
m=1 n=1

nπ y
Si noti che sen è costante quando si deriva rispetto x.
b

2 ∞ ∞ 2
∂ w
∂y
2
=- ∑ ∑ a mn ( nbπ ) sen( m aπ x ) sen( n πb y )
m=1 n=1

∂2 w ∞ ∞
mπ nπ mπ x nπ y
= ∑ ∑ a mn ( )( ) cos( )cos ( )
∂x∂ y m=1 n=1 a b a b

Dalla relazione di U vediamo che questi termini vanno anche integrati.


2
Iniziamo con l'integrare ∂ w2 :
∂x

2 ∞ ∞ 4
b a
∫ 0 ∫0 ( ∂ w2 )2 dxdy = π4 ∑ ∑ ( ma 4 ) a2mn ∫ a0 sen 2( m aπ x )dx ∫ b0 sen2 ( n πb y ) dy
∂x m=1 n=1

mπ x nπ y
dove si è considerato che dentro l'integrale c'è il prodotto di sen e sen ,
a b
quindi nonostante w sia dipendente sia da x che da y, è data dal prodotto di due
funzioni che sono una dipendente solo da x e una dipendente solo da y. Ciò mi
consente di separare gli integrali.
Dunque dobbiamo risolvere i singoli integrali. Iniziano con il primo:

a 2 mπx
∫ 0 sen ( ) dx
a

Lo possiamo risolvere utilizzando uno schema per parti:

∫f’g = f g - ∫f g’
mπ x mπ mπ x
f = sen → f' = cos
a a a

mπ x a mπ x
g' = sen → g=- cos
a mπ a

L'integrale diventa:

mπx a mπ x mπ x a a mπ mπ x
∫ a0 sen2 ( ) dx =- sen cos |0 + ∫ a0 cos 2 ( )dx
a mπ a a mπ a a

dove il simbolo |0a indica che il primo termine va valutato tra zero ed a.
Per il primo termine quando x=a ottengo sen (mπ), dove m è un numero intero
naturale. Pertanto quando x = a il sen (mπ) = 0.
Quando x = 0 ho sen (0) = 0, dunque il primo termine è sempre nullo.
Rimane:

mπx mπ x mπx
∫ a0 sen2 ( ) dx = ∫ a0 cos 2 ( )dx = ∫ a0 1 dx - ∫ a0 sen2 ( )dx
a a a

mπx
2 ∫ a0 sen2 ( )dx = ∫ a0 1 dx = a
a

a 2 mπx a
∫ 0 sen ( ) dx =
a 2

Si noti che la "a" ampiezza di deformazione è la stessa "a" delle dimensioni della
piastra, perché la deformazione della piastra è dettata proprio dalla lunghezza di a. Lo
stesso vale per b.
Ripetendo gli stessi ragionamenti si possono scrivere tutte le relazioni all'interno
dell'energia potenziale:

∂2 w 2 ∞
m4 2 a b
∞ ∞ ∞
m 4 2 ab
b a
∫ ∫
0 0 ( 2
) dxdy = π4 ∑ ∑ ( a 4 ) amn 2 2 = π4 ∑ ∑ ( a 4 ) amn 4
∂x m=1 n=1 m=1 n=1

2 ∞ ∞ 4
∂ w 2
b a
∫ ∫
0 0 (
∂y
2
) dxdy = π4 ∑ ∑ ( nb 4 )a2mn ab
4
m=1 n=1

∂2 w ∂2 w ∞ ∞
m 2 n2 2 ab
b a
∫ ∫
0 0 dxdy = π4 ∑ ∑( )( ) amn
∂ x2 ∂y 2
m=1 n=1 a2 b2 4
∂2 w
Resta da integrare il termine misto ( )2. Elevando al quadrato compare la
∂x∂ y
funzione cos2 . Se andiamo ad integrare ci ritroviamo nella situazione descritta
poc'anzi:

a 2 mπx a 2 mπ x
∫ 0 sen ( ) dx = ∫ 0 cos ( ) dx
a a

a
e ricalcando il ragionamento fatto prima ottengo come risultato .
2
Dunque:
2 ∞ ∞ 2 2
∂ w m n 2 ab
∫ 0 ∫0 (
b a
)2 dxdy = π4 ∑ ∑( )( ) amn
∂ x∂ y m=1 n=1 a2 b2 4

∂2 w ∂2 w
ed è esattamente uguale a ∫ b0 ∫ a0 2 2
dxdy.
∂x ∂y
Queste quantità possono essere ora inserite nell'energia di deformazione U:

m 4 n4 m2 n2 m 2 n2 m2 n2
U= D π4 ab
∞ ∞
)( )] =
2
2 4
∑ ∑ a mn [( )(
a 4 b4
)+ 2 ν ( )(
a 2 b2
)+2( )(
a2 b2
)−2 ν (
a 2 b2
m=1 n=1

4 ∞ ∞ 2 2 2
= π D ab ∑ ∑ a mn [( 2 m
2
n
)+( 2 )]
8 m=1 n=1 a b

Come abbiamo anticipato, l'energia di deformazione deve essere eguagliata al lavoro


delle forze esterne di compressione. Tale lavoro, che indichiamo con L, una volta che
la piastra si è compressa sarà:

Fx 2 2 ∞ ∞
m 2
L= b a
∫ 0 ∫0 ( ∂ w2 )2 dxdy = π D ab Fx ∑ ∑ mn a ) =
a
2
(
2 ∂x 8 m=1 n=1

2
= π D b Fx
∞ ∞

8a
∑ ∑ a 2mn m2
m=1 n=1

Per calcolare il valore critico di Fx , uguaglio U ed L, ottenendo:


∞ ∞ 2 2 2
m n
π2 D a 2 ∑ ∑ a2mn (( ) +( ) )
a b
Fx = m=1 n=1
∞ ∞
∑ ∑ m2 a2mn
m=1 n=1
Tra queste infinite forze critiche bisogna scegliere quella più bassa e trovare quindi il
valore di amn che minimizza Fx, in modo da trovare il valore più basso che instabilizza
la struttura e che quindi va considerato in fase di progetto.
La forma di Fx è quella di una frazione:

a+b+ c+ d+.....
Fx =
e +f + g+ h+.....

e si dimostra che questa quantità ha un valore compreso tra la più grande e la più
piccola di queste frazioni :

a b c
; ; ecc....
e f g

Tra tutte queste somme devo quindi considerare quelle in cui tutti i termini tranne uno
sono nulli. Quindi considero il caso in cui amn = 0 per ogni m e per ogni n tranne che
per un solo valore. Se tutti i valori tranne uno di amn sono nulli, posso eliminare le
sommatorie:
2 2 2
m n
π2 D a 2 a 2mn (( ) +( ) )
a b π2 D a 2 m 2 n 2 2
Fx = 2 2
= [( ) +( ) ]
m a mn m2 a b

Per come è scritta risulta evidente che il valore più basso di Fx si ottiene per il valore
più basso di n, cioè n=1. Ciò equivale a dire che la deformata su y è composta da una
sola semionda (n.b. si è ragionato in modo da mantenere costante il termine m e
quindi si è ragionato solo su n).
2 2 2 2 2 2 2 2 2 2
Fx = π D2a [( m ) +( 1 ) ] = π D4 a [ m + a 2 ]
m a b a m mb

2 2 2
Fx = π D [m+ a 2 ]
a mb

2 2
Ragioniamo ora sulla m. Abbiamo [m+ a 2 ] , con m numero naturale. Dunque è
mb
1
sempre verificato che m > . Ne segue che il valore minimo di questa espressione
m
la troviamo per m = 1 e cioè per una sola semionda lungo x.
Di conseguenza l'espressione w che abbiamo trovato all'inizio diventa:
∞ ∞
mπx nπ y πx πy
w= ∑ ∑ a mn sen( ) sen( ) = a11 sen ( ) sen( )
m=1 n=1 a b a b
e ci fornisce la deformazione corrispondente al valore critico di Fx che usiamo per la
progettazione se poniamo m = n = 1.
Il carico corrispondente a questa condizione critica è :

π2 D a
2 2
π2 D b a2 2 π2 D b a 2
Fxc = [1+ 2 ] = [ + ] = [ + ]
a2 b b 2 a ab b2 a b

a
L'abbiamo scritta portando la b fuori per avere il rapporto che è l'allungamento
b
della piastra. Vediamo come cambia la forza critica in base alla geometria.
Partiamo dal considerare b costante e a variabile (dunque studio il segno della
derivata di Fxc rispetto ad a e siccome sono interessato al segno trascuro la costante):

b a 2 b a b 1
( + ) →2( + ) (- + )>0
a b a b a2 b

2
- b3 + 1 - 1 + a
>0
a a a b
2

−b4 + a4
>0
a3 b2

Risolvo rispetto ad a:

Si noti che a non è definita per valori negativi e che la derivata ha segno negativo tra
0 e 1 e segno positivo tra 1 e infinito.
Dunque se manteniamo b costante e facciamo variare a, Fxc diminuisce fino a
a
raggiungere un minimo per = 1. In questo caso il valore critico sarà:
b

2 2
4π D 4π D
Fxc = 2
= 2
b a

mentre se aumento a con b costante, il valore critico di Fx aumenta.


Se si vuole ragionare in termini di tensioni bisogna dividere la forza critica per lo
spessore (si ricordi che Fx è una forza per unità di lunghezza):

F xc
σc =
t

2 2 2
1
σc = π D [ m+
a
]
2
a mb
2
t

Essendo

E t3
D= 2
12(1− ν )

π2 E t 2 a2 2 π2 mb a 2 t 2
σc = [m+ ] = [ + ] E( )
a2 12(1− ν2 ) mb2 12(1− ν2 ) a mb 2 b

Definisco il coefficiente adimensionale kc :

π2 mb a 2
kc = 2
[ + 2]
12(1− ν ) a mb

t 2
σc = kc E ( )
b

a
la kc è importante perché dipende dall'allungamento e da m. Siccome dipende da
b
m, non esiste una sola kc ma ne esistono infinite che dipendono dal valore di m.
E' possibile graficare kc in funzione dell'allungamento e parametrizzarlo rispetto a m:
Per quanto detto in precedenza dobbiamo prendere sempre la curva m = 1. E'
possibile dimostrare che il punto di intersezione tra la curva con m = 1 e quella con m
= 2 è √2 .

a
Dunque per valori di < √ 2 prendiamo la curva m = 1 che mi dà il valore
b
minimo della σ. Per valori compresi tra √ 2 e √ 6 ho m = 2 che mi dà il valore
minimo di σ possibile.
I valori √ 2 e √ 6 si ricavano prendendo la curva kc :
2
kc = π2 [
mb a
+ ]
2 2
12(1− ν ) a mb

e uguagliando i valori di kc che si ottengono con m=1 e con m=2 per ottenere √ 2 e
con m = 2 e m = 3 per ottenere √ 6 :

π2 mb a 2 π2 b a 2
[ + ] = [( m+1) + b2
]
12(1− ν2 ) a mb 2 12(1− ν2 ) a (m+1)

mb a b a
+ = (m+1) +
a mb 2 a [(m+1)b]

a
ponendo =λ
b

m λ m+1
+ = + λ
λ m λ m+1

1
+ λ −λ = 0
λ m+1 m

2 2
m(m+1)+m λ −(m+1) λ
=0
λ (m+1)m

m(m+1)−λ
2
=0

a
λ = √ m( m+1) =
b

Altra cosa interessante è vedere dove sono i minimi delle curve di kc :


a
per la curva con m=1 il minimo valore di kc si ha per = 1. Per m =2 il minimo
b
a
valore di kc si ha per = 2 e così via. Dunque il minimo di kc sulle ascisse si ha
b
a
sempre per = m. Sull'asse delle ordinate il valore minimo è sempre lo stesso (per
b
qualsiasi m) ed è pari a π2 .
2
3 (1− ν )
Tutto il discorso che abbiamo fatto dipende dalla supposizione fatta all'inizio su w.
Infatti w è legata alle particolari condizioni al contorno e cioè ai bordi articolati (in
questo caso specifico) e quindi con rotazioni consentite sui bordi. Nel caso in cui
cambino le condizioni al contorno, l'espressione di kc non sarà più la stessa, mentre
resta valida l'espressione di σc.

t 2
σc = kc E ( )
b

Dunque per condizioni di vincolo differenti dobbiamo calcolare opportunamente la


kc, che assume forme a seconda delle condizioni al contorno:

[INSERIRE GRAFICO KC]

Il motivo per cui cambia kc è che va a cambiare l'espressione di w.


Si tenga presente che stiamo analizzando la crisi in campo elastico, ma può esserci
anche in campo plastico dove la E e la ν non sono più lineari. In questo caso
dobbiamo introdurre un coefficiente η che lega la sigma critica in campo elastico con
quella in campo di non proporzionalità. Anche in questo caso ci sono dei grafici che
a
legano il valore di η all'allungamento . In linea generale vale questa relazione:
b

Eε σ σ n
σ0.7 = σ0.7 + ( σ0.7 )
17
ln( )
7
con n = 1 + σ0.7
ln σ
0.85

tali relazioni sono semi-empiriche. La σ0.7 e la σ0.85 si ricavano dalla curva σ - ε del
materiale:

dove la retta E0.85 indica la pendenza del tratto lineare se E fosse l'85% di quello reale.
L'intersezione tra la retta e il grafico ci dà il valore di σ0,85.
Un altro discorso da considerare è che queste espressioni sono state ricavate per lastre
piane. Se le lastre non sono piane ma sono dotate di curvatura, la tensione critica
r
cresce e cresce quanto più diminuisce il rapporto ,dove r è il raggio di curvatura e
t
t lo spessore della piastra. Anche in questo caso vi sono delle curve semiempiriche da
tener presente che legano il valore di kc ad un coefficiente z funzione della curvatura.
Per quel che riguarda le travi abbiamo visto che per le travi a parete sottile il limite
superiore è la tensione critica locale a compressione. Le travi però possono essere
viste anche come un insieme di piastre caricate di punta. Ognuna di queste piastre
entra in crisi all'aumentare del carico:
Tale valore si chiama σcr locale:

∑ σcri A i
σcrl = i
∑ Ai
i

dove σcri è il valore critico dell'iesima piastra, e Ai è la relativa area.


Questa relazione si ricava in base al fatto che all'aumentare del carico la tensione
nella trave aumenta uniformemente nelle sezioni fino a quando su un elemento non si
raggiunge la condizione critica. Da quel punto se aumento il carico, la tensione
aumenta solo nelle altre piastre, cioè quelle che ancora non hanno raggiunto la
condizione critica, in quanto le piastre in crisi non sono più in grado di sopportare
ulteriore carico. A questo punto, supponendo in crisi la piastra 1, il carico aumenta
finché non entra in crisi anche la piastra 2 e così via. Il carico massimo che può
subire la trave (cioè nel momento in cui tutti gli elementi sono in crisi) è Σσcri Ai.
La tensione critica si ottiene perciò dividendo quel valore per l'area totale della
sezione.
In realtà se andiamo a vedere effettivamente quello che succede, questa cosa non è
del tutto vera. La trave infatti è ancora in grado di assorbire un notevole carico prima
di cedere e questo carico è superiore a quello della crisi locale. Tale carico viene
chiamato crippling strenght e va assunto come limite superiore dell'intera struttura.
Questo incremento di carico è dovuto al fatto che ci sono delle azioni di irrigidimento
introdotte dai vincoli nelle zone di piastra prossime al vincolo stesso:

e queste zone mi fanno aumentare notevolmente il carico. Se considero una sezione


di piastra e andiamo a vedere lo stato tensionale della struttura. vedremo che in
prossimità di questi irrigidimenti la tensione è notevolmente più alta:
In genere sono proprio le pieghe nelle lamiere che costituiscono il vincolo che
irrigidisce la lamiera.
Anche in questo caso vi sono delle leggi semi-empiriche per calcolare la tensione di
crippling, ed una è:

a+b 0.75
σcs = (σcy E)0.5 Ce ( )
t

dove a,b e t sono i parametri geometrici, σcy è la tensione di snervamento a


compressione, Ce è un coefficiente che tiene conto della rigidezza del vincolo
all'estremità. Ad esempio se le due estremità sono libere Ce = 0.316 . Se una sola
estremità è libera Ce = 0.342. Se entrambe sono vincolate Ce = 0.366.
La formula vista di σcs vale solo nel caso in cui la struttura abbia un solo angolo.
Se la sezione ha più angoli si parte con il suddividere la sezione, dividendo la sezione
in modo da avere tratti con un solo angolo:

si

effettuano dei tagli sulle piastre a metà tra i due angoli.


A questo punto si misura la σcs per ogni sezione e la totale sarà:

∑ σcri A i
i
σcs =
∑ Ai
i

Un'altra formula semi-empirica è:


2 1 0.85
g' t E 2
σcs = 0.56 σ cy ( ( ) )
A σ cy

dove è stato introdotto il termine g' che è il numero di piastre di cui è composta la
sezione dopo che è stata suddivisa più il numero di tagli necessari ad ottenere questa
suddivisione. Nel caso con un singolo taglio:

g' = 4 piastre + 1 taglio = 5

Nell'altro caso :

g' = 8 piastre + 4 tagli = 12

L'ultima espressione data di σcs è valida solo se gli angoli sono formati da due
piastre. Nel caso in cui ci siano angoli in cui concorrono più di due sezioni,
l'espressione diventa:

2 1 0.4

σcs = 0.67 σ cy ( g ' t ( σEcy ) 2 )


A

con g' avente lo stesso significato:


Anche con queste considerazioni il valore ottenuto non è realistico perché c'è un altro
fenomeno da considerare che è il cludding. In effetti le lamiere in lega di alluminio
non sono fatte sempre dello stesso materiale, ma saranno formate da un cuore interno
e da uno strato superficiale:

In
genere
il
cuore è
quello

effettivamente composto dalla lega, lo strato superficiale è in genere alluminio puro.


Viene fatto questo trattamento per assicurare proprietà di resistenza alla corrosione al
materiale. Il problema è che lo strato superficiale ha delle proprietà meccaniche
estremamente più basse del cuore e quindi va tenuto in conto questo effetto (i.e.
questa riduzione di resistenza). Per farlo si usa definire un parametro η
Se indichiamo con σcs' la σ di crippling precedentemente calcolata, quella effettiva in
presenza di cludding è:

σcs = η σcs'
σcl
1+3 σ f
η= cr
1+3 f

con σcr tensione critica a compressione della piastra. f è un rapporto tra lo spessore
dei due strati superficiali e lo spessore totale della superficie della piastra:

f = 0.1 per le leghe 2024

f= 0.08 per le leghe 7072

le leghe indicate sono di ampio utilizzo in ambito aeronautico.


σcl è la tensione nella zona di compressione della lamiera di alluminio in cui il valore
della rigidezza dello strato superficiale e quella del cuore sono uguali.
Praticamente, considerando il diagramma σ - ε :

Sesta lezione 6/11/2020

Abbiamo visto che un corrente può essere considerato un insieme di lastre.


Normalmente i correnti sono fatti in questo modo:

e quindi vi sono dei bulbi o delle piegature. Lo scopo di questi bulbi e di queste
piegature è quello di provocare un ulteriore irrigidimento della struttura, che può
incrementare di circa 9 volte la σcr della piastra (nella zona della piegatura o del
bulbo). Bulbi e piegature devono rispettare delle condizioni affinché possano essere
considerati degli irrigidimenti. Ci sono delle formule semi-empiriche e per quanto
riguarda la piegatura è considerata un irrigidimento se vale:
bl 3 bl bf
0.910( ) −( )≥5
t t t

le quantità bl , bf e t sono quelle in figura:

Per quanto riguarda il bulbo la relazione semi-empirica secondo la quale il bulbo è


considerato un irrigidimento è:

Il Al
2.73 3
− ≥5
bf t bf t

dove Il e Al sono rispettivamente il momento di inerzia secondo un'asse diametrale del


bulbo e l'area del bulbo stesso. L'asse diametrale è un' asse che passa per il diametro
del bulbo:

Consideriamo una trave sottoposta ad un carico di compressione assiale:


Nel caso in cui possegga una bassa rigidezza torsionale può succedere che alcune
sezioni ruotino, e questa rotazione delle sezioni può portare ad una instabilità della
trave stessa. Normalmente ciò succede per sezioni a parete sottile, come possono
essere i correnti a sezione aperta. Quindi consideriamo un concio elementare di
questa trave, di dimensioni t, ds, dx:
Diciamo che la struttura torce intorno ad un'asse di torsione A-A' e vediamo come si
comporta il concio:

Figura 1: è indicata la direzione in cui


avviene la rotazione

Il concio sta ruotando intorno all'asse di torsione A-A' con un angolo di torsione pari
a θx dx. Conseguentemente la sezione di area t ds (quella tratteggiata) tende a
spostarsi lungo la direzione in figura. Se osserviamo il concio dall'asse A-A' avremo
la deformazione in questo modo:

Il carico P agente sulla struttura può essere suddiviso in due componenti, di cui la
componente verticale (ce ci interessa maggiormente) è P2 t ds (essendoci t ds ho un
carico distribuito su un'area). In particolare se andiamo a considerare soltanto i piano
medi della sezione deformata, abbiamo l'angolo dα e che il carico P2 t ds è pari a:
P2 t ds = P t ds dα

Per valutare dα considero la sezione che sta ruotando ed essendo r la distanza tra la
faccia superiore (area tratteggiata) e l'asse di rotazione, la sezione si sta spostando di
rθx dx . Ne segue che:

θ x dx r
dα = = r θx
dx

Sostituendo in P2:

P2 t ds = P t ds r θx

La forza P2 genera anche un momento rispetto all'asse di rotazione:

dMx = P t r2 θx ds

dove si è tenuto conto che r è il braccio del momento.


Se voglio il momento di tutta la sezione devo integrare lungo tutta la linea media:

Mx = P θ x ∫ l0 t r 2 ds

dove l'integrale ∫ l0 t r 2 ds è il momento polare di inerzia della sezione rispetto l'asse di


rotazione e l è la lunghezza della linea media.

Mx = P θx Ip

Se ci poniamo nel caso in cui siano valide le ipotesi di De Saint-Venant, il momento


può essere espresso come:

GJ
Mx = GJ θx → P θx Ip = GJ θx → P =
Ip

Si noti che P è un carico distribuito, cioè una tensione ed è proprio la σ critica di


instabilità torsionale a compressione della struttura.
Ciò però deriva dall'ipotesi di DSV. Nel caso in cui queste non siano valide (si
consideri ad esempio una estremità incastrata) allora dobbiamo considerare
l'equazione della flesso-torsione. In questo caso l'equazione cambia e otteniamo:

d 2 θx PI p 2
2
+( −ω ) θ x = 0
dx k

ponendo
PI p
a2 = −ω2
k

2
d θx 2
2
+ a θx = 0
dx

Abbiamo quindi un'equazione differenziale omogenea del secondo ordine e che


ammette soluzioni del tipo:

θx = A sen (ax) + B cos (ax)

d θx
= A a cos (ax) - B a sen(ax)
dx

I coefficienti A e B li trovo imponendo due condizioni al contorno. Come al solito


consideriamo una estremità incastrata e una libera e sottoposta ad un carico P.
d θx
All'incastro (x = 0) θx = 0, mentre per l'estremo libero (x = L) =0
dx
Per la prima condizione (x = 0):

θx = 0 = 0 + B → B = 0

Per la seconda condizione (x = L):

d θx
= 0 = A a cos (al) = 0
dx

In questo caso per A = 0 ci ritroviamo nel caso banale in cui θx = 0, che è una
soluzione dell'equazione che descrive il caso in cui la trave non è soggetta a carichi
(soluzione di riposo), e quindi non è il caso che stavamo analizzando. L'altra
soluzione si ha per l'annullarsi del termine cos(al). Sappiamo che il coseno si annulla
in infiniti punti, noi però siamo interessati alla prima condizione di instabilità, cioè:

aL = π → a = π
2 2L

essendo:

2 PI p kω
2

2
a = −ω
2
→P= + 2
k Ip 4 L Ip

ed essendo GJ = k ω2
2
P = σcrt = GJ + k π2
Ip 4L Ip
Tensione diagonale

Nello studio della tensione diagonale, partiamo con il considerare un pannello:

incastrato ad una estremità e delimitato superiormente ed inferiormente da due solette


e irrigidito mediante correnti. All'estremo non vincolato è sottoposta una forza di
taglio T.
Consideriamo le seguenti ipotesi: le anime lavorano solo a taglio e le solette lavorano
solo a sforzi di compressione, flessione e torsione. In questo caso se consideriamo un
rettangolo elementare con i lati paralleli alle solette e ai correnti (cioè ai bordi
dell'anima):

Questo rettangolo elementare sarà sottoposto ad una tensione tangenziale τ che vale:

T
τ=
ht

dove t è lo spessore del tratto lungo h.


Possiamo studiare lo stato tensionale di questa sezione elementare dell'anima
utilizzando il cerchio di Mohr:

Il cerchio viene costruito in questo modo. Andiamo a definire i punti τ e -τ e traccio la


circonferenza che passa per quei punti (A-A') e che ha centro nell'origine.
Posso ora andare a definire un elemento ruotato di 45° rispetto al precedente:

Figura 2: E' rappresentato dai


punti B-B'

Su questo elemento non vi sono delle tensioni tangenziali ma sono presenti delle
tensioni normali che sono di compressione e di trazione. Dato che il cerchio di Mohr
è centrato nell'origine, i valori delle tensioni sono anch'essi:

T
τ=
ht

varia solo il segno che in alcuni casi è a trazione e in altri è a compressione. Lo stato
tensionale così descritto viene detto di taglio puro.
Se vado ad aumentare il carico T, questo stato si mantiene fino a che le τ non
raggiungeranno un valore critico. Superato questo valore critico si ha la crisi
dell'anima, che mi manifesta tramite delle piegature inclinate di un certo angolo α
rispetto l'asse delle solette.
A questo punto si dice che si instaura il campo di tensione diagonale. Il valore
dell'angolo α dipende dalle geometrie, dalle proprietà elastiche dell'anima, da come
sono fatti i vincoli ecc.
Essenzialmente la τcr divide due modi di lavorare del pannello. Per τ < τcr si ha uno
stato di tensione di taglio puro, mentre per τ > τcr si ha uno stato di tensione
diagonale. In quest'ultimo caso il pannello è comunque in grado di assorbire taglio,
ma contribuiscono all'assorbimento del taglio anche solette e correnti. Questo è vero
nel caso in cui l'anima è capace di assorbire sforzi di compressione. Se l'anima non è
in grado di assorbire sforzi di compressione, per un qualsiasi carico T inferiore al
carico di rottura si avrebbe uno stato di tensione diagonale, e in questo caso si parla
di stato di tensione diagonale puro. Normalmente quando T è tale che si è superata la
τcr si usa considerare la τ come somma di due contributi:

τ = τ t + τd

ovvero, la struttura lavora con una certa frazione del carico τt secondo uno stato di
tensione di taglio puro, mentre per un'altra frazione del carico τd secondo lo stato di
tensione diagonale. Proprio per questo si definisce un rapporto k:
τd τ
k= τ (a volte viene espresso come k = 1 - τcr , ma il significato è equivalente)

Per qualsiasi valore del carico T (inferiore a quello di rottura, altrimenti si entra in un
altro campo) la struttura assorbe un'aliquota di T corrispondente alla τcr per lo stato di
tensione classico di taglio puro, e la rimanente parte per tensione diagonale.
Vediamo lo stato puro di tensione diagonale.
Consideriamo un elemento rettangolare del pannello inclinato di un angolo α rispetto
al pannello di partenza:

Figura 4: elemento
ruotato rispetto al
Figura 3: Pannello di partenza pannello di partenza
Figura 5: Elemento di pannello
non inclinato

Se consideriamo l'elemento inclinato dell'angolo α devono essere nulle le tensioni


tangenziali, mentre le tensioni normali sono di trazione su due lati e nulle sugli altri
due.
Invece il rettangolo elementare con i bordi coincidenti con quelli dell'anima (cioè
quello non inclinato) sarà sicuramente soggetto ad una tensione diagonale e ci sono
anche delle σ.
Le condizioni che individuano questo stato di tensione è che τ = 0 per elemento
T
inclinato, che τ = per l'elemento non inclinato e che le σ (per l'elemento
ht
inclinato) sono:

σ = 0 ; σ = σmax sui due lati dell'elemento inclinato.

Costruiamo il cerchio di Mohr per questa condizione:

Per farlo prendo la retta passante per l'origine e inclinata di α rispetto l'asse delle τ.
T
Poi prendo l'intercetta (parallela all'asse σ) ad un'altezza che individua il punto
ht
T
A, che è il punto corrispondente ad un valore di τ pari a . Dal punto A tracciamo
ht
la perpendicolare alla retta inclinata di α, che individua una σ sull'asse delle ascisse
corrispondente al punto B. Il cerchio di Mohr rappresentativo di questo stato
OB
tensionale avrà diametro OB e raggio OC = e centro in C.
2
I punti B-B' rappresentano le condizioni del rettangolo elementare inclinato
dell'angolo α, ed infatti sui due lati opposti abbiamo il punto B' con σ= τ = 0 e che
rappresenta il lato scarico, mentre l'altro lato (quello non scarico) è rappresentato dal
punto B, dove la τ = 0 e σ = σmax.
T
L'altro rettangolo elementare è rappresentato dai punti A-A'. Il punto A ha τ = ed
ht
avrà anche un σ che è una σ verticale.
T
Anche il punto A' ha una τ = (per simmetria) e una sua σ, che è la σ orizzontale.
ht
Ricapitolando:

T
τ=
ht

σv = τ · tg α → σo = τ · cotg α

Entrambe stanno nella parte positiva delle σ e quindi sono entrambe di trazione.
Come conseguenza possiamo dire che il pannello tira i suoi correnti con un carico
distribuito orizzontale:

po = σo t = τ t cotg α

Lo stesso accade per il carico verticale:

pv = σv t = τ t tg α

Torniamo sul pannello iniziale e ragioniamo. Se andiamo a considerare il corrente


intermedio a due pannelli in cui su uno solo di essi agisce uno stato di tensione
diagonale puro, subisce una tensione di compressione che è data dal carico indotto
dal taglio (cioè il carico distribuito verticale pv), la σ sul corrente sarà:

pv d τtd
σc = = tg α
Ac 2 2 Ac

dove Ac è l'area del corrente.


Lo stesso vale per la soletta:
po h τt h
σs = = cotg α
As 2 2 As

Bisogna tener presente che i correnti tipicamente hanno delle eccentricità e per tenere
conto dell'eccentricità del corrente, al posto dell'area Ac viene messa Ace:

Ac
Ace =
e
1+ ρ

ed è definita come l'area del corrente fratto 1 + l'eccentricità e fratto il raggio di


girazione ρ.
A questo punto possiamo calcolare quanto vale effettivamente l'angolo α, che è
ricavato in base alla condizione di minimizzazione dell'energia totale di
deformazione. Si dimostra che:
σ −σ
tg2 α = σdd −σ sc

dove σd è la B del cerchio di Mohr.


C'è un modo per esprimere σd (cioè la σ massima) in modo da non utilizzare la σo e la
σv. Di fatto σd è il diametro del cerchio di Mohr. Se considero il triangolo rettangolo
σd
di ipotenusa AC, il lato AC = , mentre α:
2

dunque:

σd τ 2τ
= → σd =
2 sen( 2 α ) sen( 2 α )
Settima lezione 10/11/2020

Lo stato di tensione diagonale puro è soltanto teorico perché alla base abbiamo
supposto l'indeformabilità flessionale delle solette e dei correnti. In realtà solette e
correnti possono deformarsi in maniera flessionale introducendo ulteriori carichi. Se
consideriamo non trascurabile la deformabilità flessionale delle solette, abbiamo che
il carico pv (verticale) e il carico po (orizzontale) provocano un'inflessione dei correnti
e delle solette in cui la freccia massima sarà in mezzeria:

Da ciò segue che le σd non possono essere costanti, ma saranno appunto funzione
della distanza dei bordi di soletta e corrente. Tali valori che nel caso di σd costante è:


σd =
sen(2 α )

assumono un valore massimo σdmax :

2T
σdmax = (1+c 2)
ht sen (2 α )

e dunque rispetto al caso costante dobbiamo introdurre un parametro c2 che tiene


conto della deformabilità di solette e correnti.
Abbiamo definito anche un momento massimo Mmax :
2
Mmax = T d tg(α ) (caso costante)
12h

che, tenendo conto della deformabilità della soletta, diventa:


2
Tod
Mmax = c 3 tg( α )
12h
e quindi deve essere moltiplicato per un coefficiente c3.
Questi due coefficienti (c2 e c3) sono stati calcolati in via semiempirica in funzione di
un parametro delle solette, detto parametro di flessibilità ωd :

dove It è il momento di inerzia della parte in trazione della soletta e Ic è il momento di


inerzia della parte in compressione della soletta:

Quindi a seconda di come varia il parametro ωd è possibile valutare i coefficienti di c2


e c3 e stabilire qual è il comportamento della struttura nel momento in cui
consideriamo solette e correnti deformabili.
Si noti che il carico che le anime trasferiscono ai correnti è un carico di punta che può
provocare delle instabilità a compressione, come se i correnti fossero travi.
La tensione diagonale però si contrappone al carico di punta e quindi risulta essere
stabilizzante relativamente alla crisi per un carico di punta dei correnti.
In effetti i correnti iniziano ad entrare in crisi a causa di un carico di punta soltanto
quando il rapporto tra le dimensioni d ed h è minore di 1.5:
d
<1.5
h

In questo caso si è visto da un punto di vista sperimentale che va bene considerare nel
calcolo del carico di punta critico un'asta che invece di essere lunga h (cioè quanto il
corrente) è lunga:

1
Lc = h
d
√ 4−2
h

In soldoni, il corrente dovrebbe comportarsi come un'asta lunga h per quel che
riguarda l'instabilità del carico di punta, però il fatto che sia presente anche una
tensione diagonale stabilizza il corrente rispetto al carico di punta e fa sì che si
comporti non come un'asta lunga h, ma come un'asta lunga Lc, allontanando di fatto il
carico di punta.
Se andiamo a considerare il parametro k (cioè il parametro che definisce la tensione
diagonale) sappiamo che per k=1 lo stato di tensione diagonale è definito puro.
Per 0 < k < 1 si usa dire che lo stato di tensione diagonale è incompleto. Quando
succede questo, solo una frazione k-esima della sollecitazione viene assorbita
secondo tensione diagonale, mentre la restante parte (1 - k) verrà assorbita secondo lo
stato di tensione classico di taglio. Quindi lo stato tensionale completo che si verifica
in questo caso si ottiene sommando allo stato tensionale di tipo diagonale, relativo
alla frazione k-esima, lo stato tensionale relativo alla frazione (1-k ).
Abbiamo visto come calcolare lo stato tensionale relativo alla frazione k.
Vediamo ora come determinare le σ1 e σ2 relative alla frazione (1 - k).
Innanzitutto dobbiamo determinare l'angolo α rispetto al quale sono orientate σ1 e σ2 .
Un'espressione un po' più generale per valutare α è:
ε−ε
tg2 α = ε −εsc

e tiene conto anche dell'evenienza che in direzione normale alla diagonale la tensione
non sia nulla. La ε è quella espressa nella direzione della diagonale, εc ed εs sono gli
allungamenti della soletta e dell'anima, e corrispondono alle σ della soletta e
dell'anima. Se andiamo a considerare il cerchio di Mohr si vede che le σ1 e le σ2
relative allo stato classico di taglio possono essere espresse come:

σ1 = τ sen (2α)

σ2 = - τ sen (2α)

Ovviamente, come dicevamo, non è tutta questa quantità che contribuisce allo stato
tensionale globale, ma è soltanto un'aliquota e quindi:

σ1 = (1 - k)τ sen (2α)


σ2 = - (1 - k)τ sen (2α)

A queste, per vedere lo stato di tensione complessivo, dobbiamo aggiungere la parte


relativa alla tensione diagonale, la quale ha soltanto una σ in una direzione, ed è:


σ1d = k
sen(2 α )

Per definizione di tensione diagonale la σ2 è nulla.


Dunque σ1d va sommata al primo contributo σ1. Ne risulta:

2k
σ1 = τ ( +(1 - k)sen (2α))
sen( 2 α )

σ2 = - (1 - k)τ sen (2α)

C'è da tener presente che, seppure in minima parte, anche l'anima collabora con
solette e correnti nell'assorbire sforzi di compressione. Sperimentalmente si è visto
che al fine del calcolo delle σ sulle solette e sui correnti, si può considerare una
larghezza collaborante delle anime:

dc = d 0.5 (1 - k)

hc = h 0.5 (1 - k)

Questa larghezza collaborante tiene conto del fatto che anche l'anima aiuta ad
assorbire gli sforzi di compressione nelle solette e nei correnti. Come risultato le σ
nei correnti e nelle solette diventano:

k τ tg α
σc =
Ace
+0.5(1−k )
dt

k τ ω tg α
σs =
A se
2 +0.5(1−k )
ht

Nell'ultima espressione per il calcolo di α l'avevamo definito non più in funzione


delle σ ma delle ε, per cui devono comparire:
σs σc
εs = εc =
E E

1 σ
ε= ( σ1− ν2 )
E
Dunque stiamo supponendo che solette e correnti siano aste (da εs e εc), quindi
possiamo trascurare gli effetti di compressione e tensione che non avvengono lungo il
proprio asse. Nella ε ciò non può più essere vero e quindi devo considerare anche σ2.
La tensione diagonale incompleta ha altri effetti deleteri. Il primo è che le pieghe che
si formano per lo stato diagonale della lamiera inducono un incurvamento del
corrente e quindi viene incrementato l'effetto deleterio del carico di punta. A questo
scopo l'espressione di Lc che tiene conto del fatto che la tensione diagonale ha un
effetto benefico sul carico di punta, deve essere riconsiderata e risulterà:

1
Lc = h
d
√ 1+k 2(3−2 )
h

In effetti questo porta ad una (σcmax)critica , cioè la σmax che può subire il corrente:
2
t
(σcmax)critica = c k3( c )
t

dove il parametro c dipende dal materiale e dalle condizioni al contorno.


Per alcune leghe di alluminio con corrente da un solo lato c = 25. Se il corrente è su
ambo i lati c = 21. In ogni caso è un valore tabellato.

Strutture a guscio pratico

Le strutture viste fino ad ora sono ad elementi concentrati. La differenza tra i due tipo
di struttura sta nel modo in cui lavorano le anime. Nel caso di strutture ad elementi
concentrati le anime sono capaci di trasmettere soltanto sforzi di taglio. In quelle a
guscio pratico invece le anime sono capaci di trasmettere, oltre agli sforzi di taglio,
anche lo sforzo normale. La quantità di sforzo normale che in genere sono capaci di
assorbire è non trascurabile.
Un primo metodo (semplificato) per il calcolo delle strutture a guscio pratico si
ottiene concentrando nei correnti, quindi nel calcolo delle σ assorbibili dai correnti,
non solo le aree e le sezioni proprie dei correnti, ma anche parte dell'anima adiacente
e cioè la parte di anima che collabora al trasferimento dello sforzo:
Nell'immagine i quadrati rappresentato gli elementi concentrati (correnti che
assorbono sforzo normale), mentre la parte tratteggiata sono le anime che lavorano
sia a taglio che a sforzo di compressione.
Quindi questa struttura può essere schematizzata come una struttura ad elementi
concentrati in cui le anime lavorano solo a taglio e i correnti che hanno oltre all'area
propria anche quella delle anime adiacenti collaboranti. In pratica si considerano i
correnti come se avessero una sezione maggiore.
A questo punto, una volta ottenuta la struttura ad elementi concentrati equivalente, si
può passare a calcolare l'andamento dei carichi come abbiamo visto fino ad ora. In
questo modo possiamo tenere conto anche degli effetti di instabilità elastica.
Consideriamo un pannello sottoposto a sforzi di compressione:

Superato un determinato valore del carico i pannelli entrano in crisi di compressione


e si imbozzano (cioè si hanno delle onde). In questo caso di crisi la struttura si inizia
ad imbozzare come mostrato nella parte bassa della precedente figura.
Se le anime entrano in crisi la struttura riesce ancora ad assorbire carichi poiché sono
entrate in crisi le anime e non i correnti. Siccome i correnti hanno appunto lo scopo di
assorbire sforzo normale, la struttura sarà ancora in grado di assorbire sforzi di
compressione. Inoltre in questo caso oltre ai correnti c' è anche una zona dell'anima
prossima ai correnti che è in gradi di sopportare ulteriori carichi di compressione.
Questo perché la sola presenza del corrente provoca un irrigidimento dell'anima nella
zona prossima al corrente (abbiamo visto qualcosa di simile nelle scorse lezioni). E'
possibile andare a rappresentare le σcr dello stato tensionale dell'anima:
Questo andamento delle σ è massimo in corrispondenza dei correnti ed è minimo in
corrispondenza della mezzeria, con un andamento sinusoidale. Possiamo quindi
definire una larghezza equivalente delle anime tale che moltiplicata per σc (cioè il
valore massimo) dia un carico pari a quello che tutta l'anima assorbe. Se guardiamo il
diagramma delle σc (cioè le σ assorbite da tutta l'anima) possiamo calcolare il carico
che è l'area sottesa dalla curva. Possiamo definire una larghezza collaborante, che
chiameremo 2c, come la porzione di anima (cioè la larghezza) che moltiplicata per il
valore massimo della σ mi dia lo stesso carico che tutta l'anima riesce ad assorbire:

L'area tratteggiata (rettangolare) deve essere pari all'area sottesa da questo tratto di
curva.
Ciò accade per la compressione. Nel caso più generico di un guscio soggetto a
flessione, parte della sezione è tesa e parte della sezione è comrpessa.
In questi casi si procede andando a considerare nelle zone tese l'area dell'anima
appartenente per metà a quella del corrente di destra e metà al corrente di sinistra per
il calcolo delle tensioni normali, mentre nelle zone compresse soltanto una parte si
considera appartenente al corrente di destra e soltanto una parte appartenente al
corrente di sinistra. Nel caso di trazione contribuisce tutta l'anima, nel caso di
compressione no, proprio perché parte della struttura va in crisi. Fatto ciò si procede
come per le strutture ad elementi concentrati.
Bisogna quindi calcolare quanto vale la larghezza equivalente. Essa risulta essere
funzione del livello di sollecitazione per cui, ad un certo punto il processo inizia a
diventare iterativo. Si parte con una larghezza equivalente di tentativo, si calcola qual
è il livello di sollecitazione, si verifica quella larghezza equivalente e si va avanti.
Vediamo più nel dettaglio come è fatta la curva delle σ vista in precedenza:

1 2π x
σ= (( σc + σ cr )−( σ c −σcr )cos )
2 b

dove b è la larghezza dell'anima.


Da qui possiamo calcolare lo sforzo di compressione dell'anima che è l'area sottesa la
curva di σ, moltiplicata per lo spessore:

Inoltre
avendo
definito
la larghezza equivalente come la larghezza che moltiplicata per σc e per lo spessore
mi dà il carico che la struttura è in grado di assorbire:

Pa = 2 c σc t

Eguagliando i 2 valori otteniamo:

bt
( σ + σ )=2c σc t
2 c cr

c 1 σ
= (1+ σcr )
b 4 c

e quindi è determinata la larghezza collaborante a patto di conoscere lo stato


tensionale del pannello.
Questa espressione vale soltanto in campo elastico lineare. Al di sopra dei valori della
σ di proporzionalità ci sono alcuni studi (semi-empirici) che suggeriscono di
utilizzare la relazione :
n
c 1 σ σ
= (1+ σcr )( σcr )
b 4 c c

σ
con n = 0.37 σ cp

cioè funzione della σ di proporzionalità σp.


Una espressione, conservativa in genere, della larghezza equivalente indipendente
dalla σc , è consigliata da Von Karman. Questa espressione può essere riassunta come:
E
c = 0.975 t σ c√
In realtà i dati sperimentali suggeriscono di non considerare il valore 0.975 ma:

E
c = 0.85 t σ c√
Al fine di rendere indipendente questa espressione dalla σc, si usa considerare la σp al
posto della σc. Un valori tipico per le strutture aeronautiche della c è:

c≃16 t

questo andando a considerare il modulo elastico delle leghe di alluminio


normalmente adottate e la σp corrispondente. Avendo:

kg
E≃7000
mm3

kg
σ c ≃20 3
mm

si arriva più o meno a:

c≃16 t

A questo punto possiamo andare a calcolare il carico critico del pannello che stavamo
considerando e cioè un pannello soggetto ad un carico di compressione
uniformemente distribuito sulle zone esterne. Si può calcolare il carico massimo che
può sopportare questo pannello come:

Ptot = σcr c (n Ac + (2 n -2)ct) + 2σcr c1 t

dove σcr c è la σ a compressione del corrente, n Ac è il numero dei correnti moltiplicati


per le rispettive aree, (2 n -2) è il numero di larghezze collaboranti (per ogni corrente
ho 2c), 2σcr c1 t tiene conto dei vari irrigidimenti dovuti alle chiodature dove σcr è la
tensione critica a compressione dei tratti di lamiera esterni alle chiodature estreme e
c1 è la lunghezza dei tratti su cui andiamo a considerare questa σcr. In genere
quest'ultimo termine è trascurabile e si considera solo la parte dei correnti. A questo
punto dobbiamo calcolare i valori c1, σcr, c e σcr c.
Iniziamo con il calcolo della tensione di crippling del corrente, come abbiamo già
visto. In seguito, una volta calcolata la tensione di crippling si entra nelle curve di
Johnson (considero il corrente come una trave e mi pongo dopo il tratto di
proporzionalità. Prima del tratto di proporzionalità si usano le curve di Eulero), dove
valutiamo la snellezza del corrente e possiamo calcolare la sua tensione critica a
compressione σcr c. Ovviamente per calcolare la snellezza del corrente dobbiamo
conoscere lunghezza e condizioni di vincolo:

per calcolarlo dobbiamo andare a considerare il raggio di girazione che però, in


questo caso, non è quello minimo masi utilizza un raggio di girazione calcolato
intorno ad un'asse parallelo della lamiera.
Per calcolare questo raggio di girazione bisogna tener conto anche della larghezza
collaborante della lamiera. In prima approssimazione possiamo utilizzare c≃16 t

Vediamo come si effettua praticamente la verifica di una struttura a guscio pratico.


Il primo passo è quello di calcolare l'area di ogni corrente. Ovviamente nel calcolo
delle aree va aggiunta nel caso di zona a compressione anche la larghezza equivalente
per lo spessore (cioè la zona collaborante). Per le zone a trazione va aggiunta tutta
l'anima. Vengono quindi stabiliti 2 assi x'' e y'' nel piano della sezione. In tale sistema
si determina la posizione del baricentro dalla definizione:

A questo punto, nota la posizione del baricentro possiamo definire altri 2 assi x' e y'
che sono ortogonali e baricentrici e si determina il momento di inerzia rispetto a
questi due assi. In questo modo possiamo definire:

Fatto ciò possiamo determinare gli assi centrali di inerzia x e y andando a vedere
quanto sono inclinati x e y rispetto a x' e y'. Per farlo valutiamo l'angolo γ:

2Ix' y'
tg(2γ) =
I y ' −I x '

dove il verso positivo


di γ è quello che porta
la x' a sovrapporsi alla
y':
Noto γ è possibile valutare i momenti centrali di inerzia della sezione:

A questo punto perla verifica a flessione va scomposto il momento flettente nelle due
componenti Mx e My e si procede come per le strutture ad elementi concentrati.

Ottava lezione 13/11/2020

Come già è stato ripetutamente detto, l’ordinata o la centina di forza hanno la


seguente funzione principale: “Introdurre nella struttura un carico concentrato su di
una zona ristretta e diffonderlo a tutto il contorno dell’ordinata o della centina”.
Inoltre, tali elementi hanno anche la funzione di ordinate o centine di forma.
Figura 6: Ordinata di forza

Figura 7: Rivestimento e correnti


In particolare questa ordinata trasmette un carico simmetrico nei due attacchi. Questi
carichi sono trasmessi al guscio con i vari correntini. L'ordinata deve rimanere in
equilibrio sotto l'azione del carico e sotto la reazione che deriva dalla presenza del
rivestimento. Le forze di reazione del rivestimento sono uguali e di segno contrario ai
flussi e sono pari all'azione del taglio moltiplicati per la lunghezza delle anime.
Normalmente una trave libera nello spazio soggetta ad una sistema piano ed
equilibrato di forze costituisce un problema isostatico se è aperta e 3 volte iperstatico
se è chiusa. Per sistema piano di forze intendiamo un sistema di forze che non ha
componenti normali al piano della sezione considerata. Inoltre potrebbero essere
presenti delle connessioni interne:

in questo caso ogni connessione interna introduce tre ulteriori iperstaticità.


Se vogliamo generalizzare, una trave chiusa con n connessioni interne risulterà essere
3(1 + n) volte iperstatica.
Verifichiamo l'ordinata e cioè determiniamo lo stato tensionale delle sue sezioni:
Le forze esterne agenti determinano dei flussi. Verifichiamo lo stato tensionale della
sezione A-A'.
Dobbiamo determinare le caratteristiche di sforzo normale, momento flettente, taglio
e momento torcente che sono provocate da tutte le forze che agiscono su uno dei due
tratti in cui viene suddivisa la sezione, oltre che dalle forze agenti esterne e da quelle
di reazione del rivestimento. Una volta nota la geometria della sezione, bisogna
determinarne il baricentro e quindi tutti i momenti centrali di inerzia. La sezione A-A'
è:

Il primo passo dopo aver determinato il baricentro è determinare i momenti centrali di


inerzia Iy e Iz.
Si tenga presente che nella sezione è presente un momento flettente che può essere
suddiviso nelle 2 componenti My e Mz. In seguito si determina la tensione normale al
piano, che sarà:

Nx My M
σx = + z− z y
A Iy Iz

Per ricordare i segni si noti che nella sezione l'asse x è entrante nel piano del foglio e
che i momenti sono positivi se antiorari:
Andiamo a vedere la My. Essa sarà positiva dal lato di z positivo e cresce con z,
mentre sarà negativa per z negative.
Mz invece è positivo per y negative e viceversa, e cresce al decrescere di y.
Il passo successivo è la verifica a taglio e a torsione della sezione, però siccome non
esistono sollecitazioni normali al piano dell'ordinata e siccome in genere My è nulla, è
superflua tale verifica.
Per quel che riguarda le sezioni chiuse:

Consideriamo che sia sottoposta ad un sistema equilibrato di forze. Ovviamente il


primo passo per risolvere la struttura è renderla isostatica e quindi effettuo un taglio:
A questo punto la struttura non è più in equilibrio. Per ripristinare l'equilibrio
dobbiamo caricare le sezioni aperte con gli sforzi trasmessi dalla parte tagliata:

Nella parte tagliata abbiamo uno sforzo normale x', uno sforzo di taglio y' ed un
momento flettente.
Su ogni faccia abbiamo le stesse azioni ma di segno opposto.
Determiniamo il valore di x',y' e M'z. Il primo passo da fare è quello di suddividere la
sezione aperta in un certo numero di tratti P. Un modo possibile potrebbe essere
quello di prendere i tratti come le sezioni delimitate da due correnti successivi (si
pensi all'immagine del rivestimento).
A questo punto nella mezzeria del tratto si determina il momento flettente dovuto alle
forze applicate, che sono sia le forze esterne che quelle trasmesse dal rivestimento, e
le incognite iperstatiche.
Ne segue:

Mzi = mi + ai X' + bi Y' + Mz'

dove Mzi è il momento totale agente, mi è il momento delle forze applicate, ai e bi


sono le distanze dal baricentro della sezione dalle rette di azione X' e Y'. Ciò va fatto
per ogni tratto.
E' possibile scrivere l'espressione dell'energia di deformazione (per tutta la struttura):
P
(mi +a i X ' + bi Y '+ M ' z )2
U= ∑ li
i=1 2 EI i

dove P è il numero di tratti, Ii è il momento di inerzia della sezione media del tratto ed
li è la lunghezza del tratto.
Avendo l'espressione dell'energia di deformazione si può applicare il teorema di
Menabrea. Dunque dobbiamo derivare l'energia di deformazione rispetto le incognite
iperstatiche (dunque rispetto X',Y' e Mz') ed uguagliarle a 0. In questo modo abbiamo
tre equazioni in tre incognite X',Y' e Mz'. Tale sistema può essere risolto in modo da
ricavare le incognite iperstatiche. Nel caso in cui la trave possegga anche delle
connessioni interne, dobbiamo effettuare un taglio per ogni connessione aggiuntiva.
Ovviamente il sistema diventa di più equazioni (3 per ogni taglio) ma si risolve allo
stesso modo.
La fortuna è che in genere le ordinate non hanno connessioni interne e sono
simmetriche:

Ciò semplifica notevolmente i calcoli. A questo punto ci sono 3 possibilità:

1. carico simmetrico
2. carico antisimmetrico
3. carico generico

Nel primo caso si adopera un taglio sull'asse di simmetria:


In questo caso la caratteristica del taglio è nulla, perché dall'altro lato ho una
situazione analoga e visto che la struttura è simmetrica ed il carico è simmetrico le y
devono essere nulle in entrambe le sezioni (altrimenti se y deformerebbero i lembi in
modo antisimmetrico ed, essendo il carico simmetrico, devono deformarsi allo stesso
modo).

Torniamo alla sezione tagliata e incastrata su un lato (sull'altro lato sono applicate le
incognite iperstatiche). Posizionando anche il carico esterno posso determinare le
incognite iperstatiche dalla risoluzione del sistema. In questo caso il sistema è di due
equazioni in due incognite.

Se il carico è antisimmetrico la procedura è la stessa (taglio sull'asse di simmetria


ecc) però le caratteristiche simmetriche sono nulle (X' = 0 e Mz' = 0), mentre l'unica
incognita diversa da zero è proprio Y' ,che opererà tagliando la struttura:
Anche in questo caso per la verifica possiamo considerare solo metà della struttura,
mentre l'altra metà si deforma in maniera antisimmetrica.
Nel terzo caso (struttura simmetrica caricata da una forza generica):

La forza F può essere scomposta in questo modo:


In questo modo posso studiare due problemi, uno simmetrico e uno antisimmetrico.
Siccome è valido il principio di sovrapposizione degli effetti, il problema di calcolo
di una struttura simmetrica caricata in modo qualsiasi può essere ricondotto nei due
casi visti prima, e cioè al caso di struttura simmetrica caricata simmetricamente e al
caso di struttura simmetrica caricata asimmetricamente.
Questo ci consente di risolvere separatamente un sistema, considerando anche le n
connessioni interne, con 2(n+1) equazioni con 2(n+1) incognite ed un sistema con
n+1 equazioni e n+1 incognite.

Chiodature e collegamenti tramite bulloni

Finora abbiamo visto separatamente le varie parti di un velivolo. Queste parti devono
essere connesse. Inoltre ogni parte principale è a sua volta composta da un gran
numero di particolari. Le varie parti possono essere unite mediante chiodatura,
bullonatura, saldatura e incollaggio.
Le parti principali in genere vengono assicurate tramite bullonatura per le parti più
spesse, e tramite chiodatura per quelle più sottili (lamiere).
In genere quando è possibile evitare di unire le parti, lo si fa progettando pezzi
complessi come macchinati (ad esempio i longheroni) o tramite fresatura chimica (ad
esempio i pannelli con nervature). In questi casi è preferibile produrre un unico
pezzo.
Non sempre però il costo di queste operazioni risulta vantaggioso rispetto la
chiodatura e la bullonatura.
Per quel che riguarda la chiodatura, questa avviene tramite rivetti
I rivetti in genere sono in lega leggera, tipo la 2024 o la 7075.
Un problema delle strutture aeronautiche è che c'è la necessità di avere le superfici
esterne lisce (tranne in rari casi in cui è voluto che un bullone esca all'esterno, tipo
come sulle estremità alari dove la testa del bullone può essere utilizzata per produrre
la transizione allo strato limite turbolento) e quindi evitare che le teste dei rivetti
sporgano dalla lamiera. Esistono rivetti a testa svasata, o piatti o di tipo flush dove la
parte esterna è liscia:
In genere esistono vari tipi di rivetti:
I
rivetti

tubolare aperto, semitubolare, a spacco e a pressione hanno la necessità di avere


entrambe le superfici esplorabili.
In genere per il calcolo del diametro e dei numeri di chiodi da applicare per le lamiere
(che in genere sono sollecitate a sforzo di taglio) viene scelto in modo da evitare che
questi lavorino a taglio. I rivetti devono lavorare sempre a sforzo normale. Inoltre la
pressione del chiodo sulla lamiera non deve comportare l'imbutimento della lamiera
stessa. Non deve esserci nemmeno troppo poca pressione perché altrimenti iniziano a
lavorare a taglio.
Esistono valori tabellati per vedere i carichi sopportato dai chiodi (vedi appunti prof).
Ci sono anche norme che vanno rispettate per il montaggio, come la distanza tra i vari
chiodi.
Un'altra norma importante dice che oltre alla distanza chiodo-chiodo che è normata,
la distanza tra il primo chiodo e il bordo della lamiera non deve essere troppo piccola,
per evitare che quel tratto di lamiera possa essere strappato:

Per
quanto
riguarda
i bulloni,
vengono
utilizzati
per

collegare parti ed il collegamento è costituito da

piastre che assicurano la continuità tra le due parti. Lo di vede nel caso di due
semilongheroni:
Il collegamento dei due semilongheroni avviene tramite una piastra intermedia che
assicura la connessione e lo scambio di forze tra i due. L'unione tra i due
semilongheroni è assicurata tramite bulloni che vengono stretti in modo che il bullone
lavori a trazione (anche le bullonature non possono lavorare a taglio. Infatti il modo
più gravoso di lavorare per il bullone è quello del bullone lento). In generale i bulloni
impiegati per le costruzioni aeronautiche sono fatti di acciaio, ma esistono anche
bulloni in lega di alluminio o di titanio.
Anche in questo caso i diametri sono tabellati.
In pratica va innanzitutto determinato il numero dei bulloni che devono agire.
Fatto questo bisogna disegnare la piastra di collegamento. La prima scelta da fare è
quella del materiale. La piastra deve pesare poco e deve avere il minimo ingombro. In
generale i longheroni sono in lega di alluminio e per la piastra in genere si usa
l'acciaio ( che è più pesante ma consente spessori più piccoli). Spessori minori
significano bulloni meno lunghi e cioè diminuire il rischio che il bullone inizi a
lavorare a flessione.
In questo caso per la connessione dei due longheroni occorrono 4 piastre, due per la
soletta superiore e due per quella inferiore. Si valutano le distanze tra i bulloni e
vengono scelte in modo che sia agevole montarli. La distanza tra il bullone e il bordo
della piastra deve essere tale da evitare lo strappo. Con queste informazioni si
dimensiona la piastra.
Per dimensionare lo spessore, la piastra viene rastremata mano a mano che la
sollecitazione viene trasmessa alla soletta (che quindi sarà più spessain
corrispondenza della giunzione dei due longheroni). Per calcolare lo spessore si
osserva innanzitutto che tramite la piastra viene trasmesso alle solette un momento
flettente Mf. L'aliquota di momento flettente trasmessa da una coppia di bulloni viene
Mf
considerata uguale a , dove n è il numero di bulloni che interessano le due
n
semipiastre.
In mezzeria le due coppie di piastre trasmettono tutto il momento flettente.
All'altezza dei primi due bulloni parte del momento flettente viene assorbito.
In questo caso la sezione resistente delle piastre:

La sezione resistente delle piastre sarà pari allo spessore t della piastra per la
lunghezza della piastra b. Tale sezione è diversa nel caso in cui le piastre di
collegamento lavorino a trazione o a compressione. Infatti nella sezione sono presenti
anche i fori del bullone e per sezione che lavora a compressione, il foro incontra il
bullone e quindi anche il bullone contribuisce al calcolo della sezione resistente (di
fatto non considero il buco): Scompressione = t b.
Nel caso di trazione il bullone non contribuisce più a trasmettere e quindi Strazione = tb
- t D n, dove D è il diametro dei bulloni e n il numero. Vi sono dei test specifici sui
fori e sono OHT (open hole tension) e FHC (full hole compression).
Nel caso di foro (trazione) si considera vuoto il foro.
Dunque parte del momento flettente è stato assorbito dai bulloni. Nella parte
successiva (tra la prima e la seconda fila di bulloni) il momento flettente non sarà più
Mf
Mf ma sarà Mf - . All'altezza della seconda coppia di bulloni posso rifare il
n
calcolo di Strazione e Scompressione e considero che non devono resistere a Mf ma a Mf -
Mf Mf
e per cui lo spessore può decrescere. Sull'ultima fila di bulloni avrò .
n n
Va da sé che se c'è abbastanza spazio e ho necessità i bulloni posso metterli anche su
più file.

Nona lezione 20/11


I lati di lunghezza B sono i bordi articolati e quelli di lunghezza L sono le
estremità libere. La struttura è sottoposta a compressione.
Conosciamo lo spessore, la lunghezza del bordo, la lunghezza
dell'estremità e le dimensioni della sezione del corrente. Consideriamo
lamiera e corrente dello stesso materiale e conosciamo i dati del materiale:
Il primo passo è aprire il foglio excel e copiarci tutte le proprietà:

La traccia chiede di calcolare il carico critico a compressione di questa


struttura. Per farlo possiamo usare la formula:

Si ricorda che il secondo contributo sarà molto basso.


Procediamo segnando tutti i parametri che dobbiamo calcolare per la Ptot:
Come prima cosa calcoliamo la σ critica a compressione del corrente σ cr c .
Per farlo sappiamo che il corrente si comporta come se fosse una trave e
quindi usiamo le formule per la tensione critica di una trave. Dunque
dobbiamo verificare se la crisi avviene in campo elastico o in campo
plastico e capire se dover usare le formule di Eulero o quelle di Johnson.
Per quanto riguarda il corrente dobbiamo considerare che una parte del
pannello sottostante collabora all'assorbimento del carico, e quindi bisogna
stabilire l'area collaborante. Determiniamo la lunghezza collaborante.
Poiché ricaveremo svariate grandezze per calcolare i termini della Ptot,
segniamoci questi valori:
La formula più accurata per ricavare c è :

che esprime la lunghezza collaborante in funzione della σ critica del


pannello e della σ del corrente. Il problema è che noi vogliamo trovare c
per calcolare la σcr e quindi non possiamo usare questa formula. Di
conseguenza usiamo

c = 16 t = 11.2

Sappiamo però che tale formula non è molto precisa e quindi dopo
dovremo ricalcolare c.
A questo punto possiamo calcolare il carico critico del corrente utilizzando
le formule di Johnson o di Eulero.
Vediamo prima come è fatto il corrente:
Le aree A1, A2 e A3 sono quelle del corrente, mentre A4 è l'area del pannello
che collabora. Queste 4 aree ci danno l'area del pannello da usare nel
calcolo della σcr c.
Definiamo le dimensioni di queste aree:
Figura 8: Sono tutte larghezze e non lunghezze

Si noti che la definizione delle aree è diversa dal modo in cui sono stati
dati i valori geometrici nella traccia, quindi vanno un po' lavorati.
Abbiamo supposto il corrente come una trave. Per calcolare la σcr abbiamo
bisogno della snellezza λ:

L0
λ= ρx

dove L0 è la lunghezza libera di inflessione e ρx è il raggio di girazione rispetto l'asse


x:

ρx =
√ ∑ Ii
i=1
4

∑ Ai
i=1

dove I è il momento di inerzia.


Quindi abbiamo bisogno del baricentro:
4

∑ AiY
Yg = i=1
4

∑ Ai
i=1
dove Y è la distanza da un generico sistema di riferimento iniziale.
Quindi calcoliamo le aree, poi il raggio di girazione e poi la snellezza. La snellezza ci
dice se usare Eulero o Johnson.
La base flangia 1 è la base dell'area A1 .
La b3 è la base (tratto più lungo) di A3 = bw + tf.
La base dell'area 4 è due volte la larghezza collaborante.
Per quando lavoriamo in excel è bene ricordare che se puntiamo ai dati ricavati non ci
conviene bloccare il risultato.
Ragionando allo stesso modo per le altezze, posso calcolare le aree:

Ci serve Yg (Xg ce l'abbiamo per simmetria) e ci servono le Yi.


Per calcolare la Y ho bisogno delle coordinate dei baricentri di ogni sezione. Preso il
sistema di riferimento come in figura:
ricavo le coordinate del baricentro di ogni area. L'asse Y è posizionato lungo la
chiodatura e l'asse X tra il corrente e la skin. I baricentri delle aree si troveranno nei
rispettivi punti medi:

Y1 = A1/2 + tw = 6,75 mm ecc.

Si noti che la direzione delle y dell'area 4 è negativa:

Possiamo ora calcolare la Yg. Per facilitare i calcoli si può definire il prodotto area per
rispettiva coordinata:
Definisco X e Y del baricentro:

Ora abbiamo il sistema baricentrico e possiamo calcolare i momenti di inerzia delle


quattro aree rispetto a Xg. Il momento I1 sarà pari a:
3
b1 h 1 2
I1 = + A(Y 1−Y g )
12

che è il momento di inerzia del rettangolo nel sistema posizionato nel baricentro del
rettangolo, più il momento di trasporto.
Possiamo calcolare il raggio di girazione:

Calcoliamo la lunghezza libera di inflessione e quindi la snellezza λ.


La lunghezza libera di inflessione è la lunghezza di una trave equivalente con i
vincoli articolati agli estremi. Nel nostro caso la trave ha già i vincoli articolati agli
estremi e quindi la trave equivalente sarà identica a quella in esame, pertanto L0 è pari
alla lunghezza della lamiera:

A questo punto dobbiamo confrontare λ con la λ limite per vedere se la crisi avviene
o meno in campo elastico:
E

λlim = π σ p

Siccome λ > λlimite la crisi avviene in campo elastico e possiamo usare Eulero. Se
fosse stato λ < λlim avremmo dovuto usare Johnson.
Le curve di Johnson sono definite da dei parametri in cui andiamo a valutare la σ di
rottura del componente (cioè quando λ = 0).
Per le travi abbiamo usato come parametro la σr (vedi richiami di strutture), per i
correnti si una la σ di crippling, che è quella che il corrente è in grado di sopportare
nel momento in cui collassano tutte le sue componenti. Per la costruzione delle curve
di Johnson si assume la σ di proporzionalità pari alla metà della σ di crippling.
Quindi calcoliamo la σcr c con la formula di Eulero:

E
σcr c = π2 2
λ
A questo punto possiamo fare un calcolo più accurato di c, utilizzando la formula
vista prima. Per farlo dobbiamo calcolare b che è la distanza tra due chiodature (le
mezzerie di due correnti):

( B−2c 1 )
b=
ncorrenti −1

La σ che ci manca per calcolare la c è quella del pannello, che si calcola considerando
il pannello come una lamiera:

dove t è lo spessore, b la lunghezza e kc è un coefficiente che dipende dalle


condizioni al contorno della lastra, e la si ricava dal diagramma:
Si tenga presente che stiamo analizzando la parte di lastra contenuta tra le mezzerie di
due correnti e quindi l'allungamento va preso in base a ciò. Inoltre i bordi della
porzione di lastra sono articolari (poiché tutto il bordo della struttura lo è) e sulle
chiodature, notando che il vincolo è solo lungo la linea centrale, le rotazioni sono
consentite e quindi anche le estremità sono articolate. Se avessi avuto due file di
chiodi allora anche la rotazione sarebbe stata impedita.
Tornando al diagramma, dati i vincoli della lastra, devo prendere la curva 5. Ottengo:

kc = 4

Calcolo σc:
Possiamo ora calcolare c e confrontarla con quella calcolata in precedenza:

risultati ottenuti sono molto diversi, dunque occorre ripetere i calcoli in modo
iterativo e verificare di volta in volta i valori che escono fino al punto in cui due
valori successivi non sono uguali fino ad una certa cifra significativa. Assumere c =
16 t equivale a partire con un valore di tentativo. Con excel, selezionando tutti i valori
sotto il primo risultato c, posso calcolare direttamente tutti i valori del secondo
risultato:
La

quarta iterazione è abbastanza vicina alla terza e possiamo considerare i valori della
terza iterazione per calcolare la Ptot. In realtà manca ancora la σcr del tratto esterno.
Calcoliamola con la formula:

dove cambia il valore di kc rispetto al caso precedente. Infatti in questo caso la


lamiera ha un bordo articolato e uno libero e quindi prendo la curva 2 e ottengo kc =
0.5
A questo punto calcolo Ptot. Si tenga presente che in questo caso l'area A4 non va
considerata.

Si noti che il contributo della zona esterna è piccolo.


N.B. Il prof ha sbagliato nel utilizzare excel per calcolare i momenti di inerzia delle
iterazioni successive alla prima, quindi i risultati non sono corretti.

Lezione del 24/11


Il cassone è in lega di alluminio. Il nostro scopo è, una volta applicato il momento
torcente derivante dai carichi alari all'estremità libera, determinare gli sforzi di taglio
nelle anime dividendo gli sforzi da taglio in torsione pura e flessione differenziale. In
seguito calcoliamo e diagrammiamo il warping lungo la semi-apertura .
La cosa importante è capire come utilizzare le formule viste. Dobbiamo utilizzare le
formule del capitolo 2 e applicarle al caso specifico che stiamo analizzando. Data la
semplicità della struttura possiamo ricavare quelle formule in modo da ottenere una
versione semplificata che sia più semplice da applicare. Inoltre è importante fare
un'analisi per vedere l'ordine di grandezza delle grandezze in gioco.
Stiamo considerando un cassone con quattro anime e quattro solette:
Tale cassone è rappresentativo di un cassone alare e dobbiamo considerare che si
sviluppi per una certa lunghezza L:

dove L è la semi-apertura alare e abbiamo un estremo incastrato e uno libero.


Di questo cassone sono noti i lati a e b e gli spessori ta e tb:

e possiamo definire il sistema xy come in figura.


Abbiamo supposto la struttura incastrata ad un estremo e sottoposta ad un momento
torcente antiorario all'altro estremo, e quindi agirà un momento m nella sezione.
Stiamo facendo una trattazione agli elementi concentrati, quindi lo sforzo di taglio è
costante lungo l'anima ed è nullo per le solette.
In questo caso possiamo imporre l'equilibrio intorno all'asse di torsione e sarà:

M= ∫ r q s ds
dove l'integrale è da considerarsi esteso su tutto il bordo della sezione, r è la distanza
dal centro di torsione, q rappresenta i flussi di taglio e s la coordinata lungo le anime.
In questo caso i flussi sono 4 e sono i flussi lungo ogni anima:

L'integrale sarà:

M = q a a b +q b b a +q a a b +q b b a = ab (qa + qb )
2 2 2 2

Possiamo determinare i flussi di taglio partendo dalle τ di torsione nel piano sz:

τsz ∂w ∂ v t
= γ sz → qs = G t γ sz = G t ( + )
G ∂s ∂z

dove si è tenuto presente che τ sz =q s t


Considerando che vt rappresenta la tangente rispetto ad s e può essere espresso in
funzione dell'angolo di torsione:

∂w
qs = G t ( +r ∂ θ )
∂s ∂z

vediamo come si deforma questa struttura:


In figura sono rappresentati gli spostamenti delle solette 1,2,3,4 nell'estremità libera e
la deformata. Data la simmetria:

w1 = - w2 = w3 = - w4 = w

Grazie a ciò possiamo calcolare l'ascissa curvilinea s lungo il tratto a e lungo il tratto
b.
Lungo a:

∂w w2−w1 −w−w −2 w
= = =
∂s a a a

Lungo b:

∂w w3−w2 w+w 2 w
= = =
∂s b b b

Ora possiamo calcolare i flussi di taglio lungo a e b:

−2 w b ∂ θ
qa = G ta ( + )
a 2 ∂z

Sostituendo questi flussi nell'equazione del momento:

−2 w b ∂ θ 2w a ∂θ
M = abG[ t a ( + + )+ t b ( + + )]
a 2 ∂z b 2 ∂z
a questo punto lo scopo è determinare ∂ θ :
∂z

M −t a t b 1 ∂ θ
= 2 w( + )+ (t b +t b a)
abG a b 2 ∂z a

−t b t a
4w( + )
∂θ = b a 2M z 1
+
∂z (t a b+t b a) abG t a b+t b a

∂θ = 4 w (t a b−t b a) 2 M z 1
+
∂z ab t a b+t b a abG t a b+ t b a

∂θ = 4 wG (t a b−t b a)+2 M z
∂z abGt a b+t b a

Sostituiamo ∂ θ nei flussi:


∂z

4 wG (t a b−t b a)+2 M z
qa = Gt a ( −2 w + b ) =
a 2 abG (t a b+ t b a)

−2 wG (t a b +t b a)+2 wG (t a b−t b a)+ 2 M z


= Gt a ( ) =
aG (t a b +t b a)

−2 wGt a (t a b+t b a−t a b+ t b a) 2 M z ta


= + =
a(t a b+t b a) a (t a b+ t b a)

−4 wG t a t b a Mz ta
= +
a(t a b+t b a) a(t a b+t b a)

Analogamente per qb :

4 wG( t a b−t b a)+2 M z


qb = Gt b ( 2 w + a ) =
b 2 Gab (t a b+t b a)
2 wG (t a b+ t b a)+2 w G(t a b−t b a)+ M z
= Gt b ( ) =
Gb (t a b +t b a)

4 w g t a tb b Mz tb
= +
b(t a b+t b a) b(t a b+t b a)

Dato che all'estremità c'è un vincolo, sono bloccati gli spostamenti fuori dal piano
(cioè all'estremità). Tali spostamenti bloccati diventano delle reazioni normali che
vengono assorbite dalla soletta:

In figura è rappresentata in rosso la soletta e in nero le anime adiacenti.


Andiamo a fare l'equilibrio alla traslazione:

∂σz
(σ z + δ ) A− σ z A+ qa δ z−qb δ z=0
∂z z

∂σz
A+ qa −q b=0
∂z
σz può essere espresso in funzione dell'εz:

∂w
σz = E εz = E
∂z

Sostituendo questa relazione nell'equilibrio alla traslazione:

∂2 w
EA 2
+q a−q b=0
∂z

e sostituendo le relazioni di qa e qb :

∂ w 4 G t at b M z ta 4 Gt a t b M z tb
2
EA 2
− w+ − w− =0
∂ z t a b+ t b a a (t a b+ t b a) t a b+t b a b (t a b+ t b a)

2
∂ w 8 Gt a t b M (t a−t a b)
EA 2
− w= z b
∂ z t a b+ t b a ab(t a b+t b a)

Dividendo per AE:


2
∂ w 8 G tatb M z (t b a−t a b)
2
− w=
∂z AE(t a b +t b a) AE ab(t a b+t b a)

8 Gt a t b
ponendo μ2 = si ottiene:
AE(t a b+t b a)

∂2 w 2 M z (t b a−t a b)
2
−μ w=
∂z AEab (t a b+t b a)

Questa equazione va risolta con delle opportune condizioni al contorno che sono:

∂w
w(z = 0) = 0 e (z= L) = 0
∂z

e quindi si è supposto che all'estremo z = 0 vi sia l'incastro e che l'estremo z = L sia


quello libero.
La soluzione è:
cosh (μ (L−z))
w = w 0 (1− )
cosh ( μ L)

dove w0 rappresenta il free warping e cioè il warping dovuto alle condizioni alla De-
Saint Venant:

Mz b a
w0 = ( − )
8 ab G t b t a

Si noti che il warping è quello calcolato alla DSV scorporato di un'aliquota che tiene
conto della conversione dello spostamento normale che, impedito dal vincolo, diventa
sforzo normale.
Poiché stiamo schematizzando con elementi concentrati, solo le solette possono
assorbire sforzo normale e quindi c'è una variazione lineare del warping da una
soletta alla soletta contigua. Infatti anche all'interno della stessa sezione le w e le

non sono costanti, (proprio a causa del vincolo assiale).
dz
Fatto ciò possiamo andare a calcolare le σ:

∂w
σz = E
∂z

Sostituendo w:

cosh (μ ( L−z)) ( μ ( L−z))


σz = E ∂ w 0 (1− ) = E w 0 sinh
∂z cosh ( μ L) cosh ( μ L)

a questo punto posso calcolare le τ usando qa e qb:

Mz b a M z (t a b−t b a)
w0 = ( − ) =
8 ab G t b t a 8 ab t a t b G

−4 G t a t b (cosh (μ (L−z ))) M zt a


qa = w 0 (1− )+ =
t a b+ t b a cosh (μ L) a(t a b+t b a)

−4 G t a t b M z (t a b−t b a) (cosh ( μ (L−z ))) Mz ta


= (1− )+ =
t a b+ t b a 8 ab t a t b G cosh( μ L) a(t a b+t b a)
−M z (t a b−t b a) cosh ( μ (L−z )) 2 M z ta b
= [1− ]+ =
2 ab(t a b+t b a) cosh ( μ L) 2 ab (t a b+ t b a)

M z −t a b+t b a+2 t a b t a b−t b a cosh( μ (L−z ))


= ( + ) =
2 ab t a b+ t b a t a b+ t b a cosh (μ L)

Mz t b−t b a cosh ( μ ( L−z))


= (1+ a ) = qa
2 ab t a b+t b a cosh ( μ L)

qa
Essendo τa = :
ta

Mz t a b−t b a cosh ( μ (L−z ))


τa = (1+ )
2 ab t a t a b+t b a cosh( μ L)

Per il flusso qb :

4 t a t b G M z ( t a b−t b a) cosh ( μ ( L−z)) 2 M z tb a


qb = (1− )+ =
t a b+t b a 8 ab t a t b G cosh ( μ L) 2b (t a b+ t b a)a

M z t a b−t b a+2 t b a t a b−t b a cosh ( μ (L−z ))


= ( − ) =
2 ab t a b +t b a t a b+t b a cosh ( μ L)

Mz t a b−t b a cosh ( μ (L−z ))


= (1− )
2 ab t a b+t b a cosh (μ L)

Allo stesso modo:

qb Mz t a b−t b a cosh (μ (L−z))


τb = = (1− )
tb 2 ab t b t a b +t b a cosh ( μ L)

Queste sono le equazioni che ci serviranno. Da ciò possiamo vedere che nelle τ
Mz
abbiamo il termine alla DSV e poi un secondo termine che tiene conto
2 ab t b
proprio della presenza del vincolo. Più ci allontaniamo dal vincolo più le τ tendono
ad assumere il valore alla DSV.
Possiamo trarre delle deduzioni dalle formule di τ.
Se ta b > tb a allora si ha un incremento del taglio nelle anime di lato a rispetto alla
teoria di DSV e viceversa. Inoltre se ta b = tb a le τ sono pari a quelle alla DSV.
Torniamo ai dati del problema in esame:

Copiamo i dati se Excel e svolgiamo l'esercizio:


E' utile calcolare alcuni valori che compaiono spesso nelle formule, come ta b, tb a e
μ:

A questo punto definiamo un vettore di punti "semiapertura" che va da 0 a 5325 con


passo 25 mm. Per farlo si scrivono i primi due punti, poi si posiziona il cursore
nell'angolo in basso a destra:

e si trascina il cursore giù fino ad arrivare al valore di 5325:


Possiamo calcolare le τ per l'anima a con la formula che abbiamo ricavato, bloccando
tutto in modo da avere i risultati per ogni valore del vettore (la componente del
vettore è l'unica cosa da non bloccare). Per farlo per tutti i valori del vettore, calcolo
la τ nella prima componente con la formula ricavata e poi clicco nell'angolo in basso
a destra:

Le τ così calcolate sono le totali, e cioè comprendono il contributo alla DSV e la


flessione differenziale. Calcoliamo i termini separatamente:
Si noti che il termine alla DSV è costante perché si basa sull'assunzione dell'assenza
di vincoli. La flessione differenziale può essere calcolata come complemento tra la τ
totale e quella alla DSV e si nota che decresce man mano che ci allontaniamo dal
vincolo.
Andiamo a graficare tutto. Per farlo clicchiamo su "inserisci" e poi su "grafico" e
prendiamo un grafico a dispersione con linee rette. Si clicca con il tasto destro sulla
finestra che si apre e si clicca su aggiungi dati. Mettiamo il nome che abbiamo
assegnato alla variabile τ e sulla x mettiamo il vettore semiapertura, sulla y il valore
di τ. Come secondo grafico prendiamo la torsione pura, sulla x sempre la stessa cosa
e sulla y il valore delle τ. Ripetendo lo stesso anche per la torsione differenziale, si
ottiene:

Aggiungiamo titoli e legenda:


Si noti come il contributo tende subito a diventare costante allontanandoci dal
vincolo.
Allo stesso modo si opera per l'anima b:

Allo stesso modo si fanno i grafici:


In questo caso le τ hanno un incremento rispetto al caso di torsione pura. Nel caso in
cui tb a> ta b abbiamo che l'anima b assorbe maggiormente.

Lezione dell' 1/12

Riprendiamo l'esercizio della scorsa volta.


Nei grafici abbiamo in blu le τ delle nostre anime. Queste τ sono formate dalla
somma di due contributi, uno dovuto alla torsione pura (in arancione) e uno dovuto
alla flessione differenziale. Questo termine è positivo per le anime b e negativo per le
anime a e ciò è dovuto proprio alla forma della struttura e quindi al rapporto tra
lunghezza e spessore delle anime. Se andiamo a variare i prodotti ta b e tb a e
facciamo in modo che questi prodotti siano uguali, si ottiene:
Dunque facendo in modo che o prodotti siano uguali il termine di flessione
differenziale tende a 0 e quindi le anime sono caricate soltanto con sforzo di torsione
pura.
Torniamo al caso precedente (con i prodotti differenti) e facciamo il plot del warping
e della tensione normale.
Calcoliamo il warping con le formule viste nella scorsa lezione.
Esso è pari ad un contributo costante, dovuto alla geometria, e un termine legato al
coseno iperbolico. Applicando il calcolo a tutti i punti si ottiene:

Andiamo a graficare il warping. Come grafico scegliamo sempre il grafico a


dispersione con linee rette. Quello con linee curve va evitato perché excel utilizza
linee interpolanti del secondo ordine e quindi potremmo ottenere delle evoluzioni tra
due punti dove non ce ne sono.
Vogliamo plottare gli spostamenti in funzione della sempiapertura, quindi
selezioniamo la prima colonna e la colonna relativa al warping. Ottengo:
Questi spostamenti sono tipici di una struttura libera e di conseguenza tendono ad
assumere un valore che poi rimane costante lungo tutta la semiapertura. L'incastro
inibisce questa cosa e infatti in sua prossimità il valore cambia, annullandosi proprio
nel vincolo.
Per lo sforzo normale procedo come per il warping:
Si noti che warping e sforzo normale sono legati. L'effetto dello sforzo normale è
maggiore in presenza del vincolo e poi si annulla allontanandosi dal vincolo. Esse
segue esattamente lo stesso andamento del warping ma in maniera opposta. Se rendo
i prodotto ta b e tb a uguali, ottengo che sforzo normale e warping si annullano:

Ciò succede perché la struttura non sta più risentendo del vincolo e le sezioni non
stanno ruotando tra di loro.
Passiamo al prossimo esercizio.

Verifica di un'ordinata di forza sotto l'azione di carichi esterni applicati

Verificare una struttura vuol dire verificare che lo stato tensionale sia inferiore allo
stato tensionale limite del materiale. Dunque il punto fondamentale è fare il confronto
tra lo stato tensionale e quello limite per verificare che la struttura sia in grado, sotto
i carichi di esercizio, di comportarsi senza arrivare a danneggiamenti.
Consideriamo di voler verificare un'ordinata di forza sottoposta ad un carico verticale
Ty (che potrebbe essere l'azione di un carrello o di un attacco alare) e di un momento
flettente intorno all'asse x:
Questa struttura si schematizza come una struttura ad elementi concentrati (un guscio
pratico).
In input abbiamo le coordinate dei correnti, le sezioni e gli spessori dell'anima:

Da questo punto in poi, fino all'utilizzo di excel, le immagini che seguono sono frutto
di una deduzione dello scrivente e pertanto vanno ricontrollate.
Partiamo da una struttura discretizzata in questo modo:
e bisogna considerare il carico agente.
Data la simmetria della struttura, il primo passo è suddividere la struttura in due.
Infatti poiché la struttura è simmetrica e la distribuzione di carico è simmetrica
possiamo considerare la condizione in cui nella parte inferiore della semisezione
consideriamo un incastro e nella parte superiore dobbiamo considerare un insieme di
forze che mi porti nelle stesse condizioni della struttura intera:
Ty
Dunque ci sarà il carico esterno applicato pari a e sarà diretto verso il basso. In
2
seguito ci saranno le forze di sforzo normale e momento flettente necessarie ad
equilibrare le reazioni che vengono dall'altra parte della struttura.
Alla fine quindi dovremo calcolare le σ in ogni tratto dell'ordinata in modo da
confrontare le σ all'interno di ogni tratto con quelle caratteristiche del materiale, e
verificare che siano inferiori, ad esempio, alle σ di plasticizzazione in ogni tratto della
struttura. In questo modo siamo sicuri di lavorare sempre in regime elastico.
Il primo passo è trovare i flussi di taglio all'interno della struttura. Si possono usare
due approcci. Il primo è quello di valutare i flussi di taglio su metà struttura con Ix
pari al momento di inerzia di metà ordinata e Sxi è il momento statico della soletta i-
esima e che tiene conto anche del momento statico delle solette precedenti.
Si ricorda che:
n
2
Ix = ∑ A k y 2k
k=1

i
Sxi = ∑ Aj yj
j=1

dove n è il numero delle solette dell'intera struttura.


Quindi Ix è un valore fisso per ogni soletta mentre Sxi cambia da soletta a soletta.
L'alternativa è quella di prendere la struttura intera e renderla aperta togliendo
un'anima.
Si tenga presente che occorre considerare anche le aree collaboranti. In generale,
prima di iniziare i calcoli dobbiamo capire quale parte di struttura è a trazione e quale
a compressione, in modo tale da poter definire quali solette lavorano a trazione e
quali a compressione con il fine di stabilire quale formula utilizzare per il calcolo
dell'area collaborante. Infatti queste ultime sono diverse a seconda se lavoro a
trazione o a compressione. In realtà sulle sezioni chiuse di fusoliera si è visto
sperimentalmente che è possibile assumere uno stesso valore per le aree collaboranti
del rivestimento sia per le zone a trazione che a compressione, e questo valore è la
lunghezza dell'anima tra due solette. Questa cosa vale soltanto per le ordinate chiuse
di fusoliera.
Successivamente vanno determinate le incognite iperstatiche e da queste, una volta
noto lo stato di carico di tutta la struttura, possiamo calcolare le σ.
Riportiamo i dati sul foglio excel. Per vedere come far comparire le linee
dell'ordinata si veda il video al minuto 52.
Il primo passo è calcolare i flussi di taglio e per farlo rendiamo aperta la struttura
togliendo l'anima tra la soletta 20 e la 1, e calcoliamo i flussi della sezione così
ottenuta:

Per calcolare i flussi ho bisogno dei momenti statici e di inerzia, e per calcolare questi
ultimi ho bisogno delle aree delle sezioni. Attualmente abbiamo solo l'area delle
solette a cui va aggiunta l'area collaborante.
Dato che dobbiamo ricavare diversi dati, aggiungiamo righe e colonne alla tabella dei
valori in input:
L'area equivalente è quella data dalla somma dell'area delle solette più quella dovuta
alla distanza delle anime.
Calcoliamo quindi la lunghezza delle anime. Per farlo ci basta calcolare la distanza
euclidea tra le solette adiacenti:
2 2
ai,i+1 = √( x −x
i i+1 ) +( y i− y i +1)

Si noti che una volta applicato il calcolo a tutte le solette bisogna correggere
manualmente la lunghezza dell'ultima, perché in quel caso non c'è una i+1:
Poiché i valori delle lunghezze sono tutti vicino a 156.43 (ed è possibile che le
differenze tra i vari valori siano dovuti ad una scarsa accuratezza nel riportare le
posizioni), possiamo impostare il valore di 156.43 per tutte le anime.
A questo punto calcoliamo le aree equivalenti:

Aeq-i = ai,j+1 ti,j+1 + Ai

In questo modo posso trovare l'area totale, Sy e Sx che mi servono per calcolare le
coordinate del baricentro:
Sy Sx
xG = yG =
A tot A tot

In questo caso stavamo già utilizzando un sistema baricentrico. Se così non fosse
avremmo dovuto ricalcolare le grandezze nel sistema baricentrico.
Calcoliamo i momenti di inerzia rispetto a y (Ai xi2), rispetto a x (Ai yi2) e rispetto a
xy (Ai xi yi):

Il fatto che Ixy sia nullo ci fa capire che il riferimento è centrale d'inerzia, per cui non
dobbiamo neanche ruotare il sistema.
Fatto ciò possiamo calcolare i flussi. Per farlo ci serve il valore di Sxi, che è pari alla
somma dei primi i termini della colonna Aixi:
Si noti che aumenta fino a raggiungere il massimo sull'anima 10-11, che è proprio
quella opposta a dove abbiamo effettuato il taglio. Poi diminuisce e nell'ultima è
nullo perché è quella che abbiamo eliminato.
A questo punto possiamo calcolare i flussi nella struttura aperta:

S xi
q0(i,i+1) = ty
Ix

Noti i flussi è possibile calcolare le forze ti agenti su ogni tratto moltiplicando il


flusso per la lunghezza del tratto:

ti = q0(i,i+1) ai,i+1
Lezione 4/12

Continuiamo l'esercizio.
Abbiamo aperto la sezione e calcolato i flussi derivanti dalla sezione aperta. Dato che
la sezione che stiamo studiando è chiusa, dobbiamo andare ad aggiungere anche il
contributo della sezione chiusa e cioè dobbiamo andare ad aggiungere il flusso della
sezione (20-1) a quelli già calcolati. Per calcolare i flussi usiamo la formula vista alla
triennale:

Si tenga presente che in questa formula manca un termine aggiuntivo che tiene conto
del momento agente nella sezione, che però nel nostro caso è nullo perché non ci
sono momenti torcenti che agiscono nella sezione. L'unico momento potrebbe
risultare dal carico applicato, però il carico è applicato sull'asse yG:
Dunque intorno al centro della sezione questo carico non dà contributo di momento
M
(manca il termine - )

Ciò che dobbiamo trovare sono le aree Ω(i,i+1) che sono le aree di ogni sezione
calcolate rispetto al centro di taglio (che in questo caso coincide con il baricentro).
L'approccio più conveniente per il calcolo di queste aree è considerare le rette che
passano per i punti di due solette adiacenti e calcolare le altezze dei triangoli con la
formula della distanza di un punto da una retta. Conviene usare questo approccio
perché in una fase successiva ci serviranno comunque queste rette.
L'equazione della retta è: ax + by + c =0 e ciò mi consente di calcolare la distanza di
un punto da una retta come:

|ax0 +by 0 + c|
d=
√ a 2+ b 2
dove a,b,c sono i coefficienti della retta e x0,y0 le coordinate del punto da cui
dobbiamo calcolare la distanza.
Quindi calcoliamo la retta tra due solette adiacenti e poi la distanza dell'origine
(centro di taglio) da quella retta.
Dati due punti l'equazione della retta passante per questi punti è:

y− y 1 x −x1
=
y 2 − y 1 x 2−x 1

( x 2−x 1)( y − y 1)=( y 2− y 1 )(x−x 1)


( y 2− y 1 ) x−( x 2−x 1) y+ y 1( x2− x1 )−x 1 ( y 2− y 1 )=0

dunque:

a = y2 - y1

b = - (x2 - x1)

c = y1 (x2 - x1) - x1 (y2 - y1)

Le coordinate di ogni soletta le abbiamo già e quindi conviene ricopiarle nella tabella:

bisogna fare attenzione all'ultimo valore delle i+1 e associarlo manualmente al primo:
A questo punto possiamo andare a calcolare i tre coefficienti a,b e c:

Ora possiamo calcolare le distanze e dato che il punto rispetto a cui calcolo le
distanze è l'origine, la formula si semplifica in:

|c|
d=
√a 2+ b2
In excel il valore assoluto è ass e la radice quadrata è radq:

I risultati sono tutti molto simili e ciò è dovuto al fatto che la nostra struttura è una
circonferenza.
Adesso calcoliamo le aree Ωi che hanno la base ai,i+1 (che abbiamo calcolato la scorsa
volta) e altezza disti.
Ora per calcolare il flusso q(n,1) dobbiamo sommare le q0i moltiplicate per le rispettive
Ωi, quindi calcoliamo il prodotto q0(i,i+1)Ωi:

A questo punto possiamo calcolare il flusso q(n,1) sapendo che la Ω al denominatore è


la somma di tutte le Ω calcolate:
Una volta noto il flusso q(n,1) possiamo trovare i flussi di taglio agenti nella sezione
chiusa come somma di:

q(i,i+1) = q0(i,i+1) + q(n,1)

Verifichiamo il senso dei risultati ottenuti. Abbiamo dei flussi nulli sull'anima 5-6 e
sulla 15-16, cioè sulle anime ortogonali alla direzione in cui è applicato il carico.
Dall'anima 6-7 alla 14-15 ho valori positivi, mentre il resto sono negativi. Ciò è
corretto perché se consideriamo la struttura con il carico applicato dovrà rispondere
in questo modo:
quindi i risultati ottenuti hanno senso (il verso dei flussi è positivo se antiorario).
Si noti che nei tratti orizzontali ci sono dei flussi che però su metà tratto vanno in una
direzione e sull'altra metà vanno nell'altra, quindi il flusso complessivo sul tratto sarà
nullo. Inoltre i flussi sulle altre anime saranno uguali ed opposti (il flusso 6-7 è
uguale ed opposto al 4-5 ecc).
Fatto ciò possiamo andare a calcolare le forze dovute al taglio.
Per ottenere le forze dovute al taglio su un'anima, basta moltiplicare il flusso della
relativa anima per la sua lunghezza:

T(i,i+1) = q(i,i+1) a(i,i+1)

A questo punto possiamo andare a valutare effettivamente ciò che succede su metà
struttura:
La forza N e il momento M ci ricordano che stiamo considerando solo metà struttura
e rappresentano l'effetto dell'altra metà struttura. Visto che le condizioni di carico
sono simmetriche, l'effetto del taglio è nullo e quindi non compare la forza di taglio.
M ed N sono delle incognite che devono essere calcolate e ci servono per confrontare
lo stato tensionale di ogni tratto con i valori critici. Per calcolarle possiamo usare il
teorema di Menabrea, che ci dice che l'energia di deformazione raggiunge un punto di
equilibrio per il momento e per il carico applicato. Cioè se consideriamo l'energia di
deformazione U:
n 2
M
U = 1 ∑ zi li
2 i=1 EI i

dome Mzi sono tutti i momenti intorno all'asse z, E è il modulo elastico del materiale,
Ii è l'inerzia della sezione e li la sua lunghezza.
Dunque il teorema di Menabrea ci dice che ∂U =0 e che ∂U =0
∂M ∂N
In realtà, visto che nel nostro caso le li sono tutte uguali, il materiale è lo stesso, la I è
la stessa, si può scrivere:

li n
U= ∑ M zi
2
2 EI i=1

con Mz che rappresenta tutti i momenti agenti nel piano, e cioè M e il momento
generato da N. Su ogni tratto N genera un momento pari a N · hi, dove hi è la distanza
del baricentro del tratto i-esimo dalla retta di azione N:
Sulla struttura inoltre agiscono le forze dovute ai flussi e vanno considerate. Agiscono
soltanto le forze che si trovano lontano dall'incastro:
i
Mzi = M + N hi+ ∑ q j a j d ji
j=1

La sommatoria tiene conto del contributo di tutte le anime precedenti all'anima i e si


iniziano a contare le anime da quella in cui è applicato il carico N.
In realtà c'è anche il carico applicato che però essendo sull'incastro non compare.
∂U ∂U
A questo punto calcoliamo e . Si noti che poiché la derivata sarà posta
∂M ∂N
li
pari a 0 si può trascurare il termine .
2 EI

∂U ∂ M zi ∂M
= 2 ∑ M zi =0 = ∑ M zi ∂ Mzi =0
∂M i ∂M i

i
∂U
= ∑ ( M + Nhi +∑ T j d ij)(1)=0
∂M i j=1

∂U ∂ M zi ∂ M zi
= 2 ∑ M zi =∑ M zi =0
∂N i ∂N i ∂N

i
∂U
= ∑ ( M + Nhi +∑ T j d ij )(h i)=0
∂N i j=1

Le due equazioni ottenute rappresentano un sistema di due equazioni in due incognite


(M ed N):

∑ (1) M +∑ hi N =−∑ ∑ T j d ij
i i i j=1

∑ (hi ) M +(∑ h2i ) N=−∑ hi ∑ T j dij


i i i j=1

A questo punto andiamo a trovare tutti i coefficienti in modo da poter risolvere il


sistema. Dunque andiamo su Excel e ci scegliamo la metà di sinistra della struttura:
Visto che siamo interessati alle anime e non alle solette ricominciamo la
numerazione:

∂U
Dell'equazione relativa a il primo coefficiente è una sommatoria che conta le
∂M
anime:
Siccome il riferimento di ogni anima è il suo baricentro, calcoliamoli.
Si usa la formula:

x i+ x i+ 1 y i + y i+1
x G= y G=
2 2

cioè il punto medio delle anime.

In seguito posso passare a trovare le hi, cioè le distanze dei baricentri di ogni tratto
dalla retta di azione della forza N (che è sulla 5-6). Dunque hi le posso calcolare
andando a sottrarre all'ordinata del tratto 5-6 l'ordinata del baricentro dell'i-esima
anima:

hi = y5-6 - yi

∂U
Nell'equazione relativa a ho un h2 che mi riporto su una colonna:
∂N
In tutti gli altri termini sono presenti le dij che rappresentano la distanza di ogni
segmento da ogni altro segmento, e vanno calcolate una per una:

d1-i, d2-i, ecc...

La formula da usare è sempre quella della distanza punto retta. Le equazioni delle
rette le abbiamo già calcolate e quindi di volta in volta applichiamo la formula con le
coordinate del baricentro del tratto come punto per calcolare la distanza. (vedi
consiglio pratico a 1:05:34). Devo fare in modo di bloccare in maniera coerente le
varie celle per poter riutilizzare la stessa formula su tutte le distanze. Ad esempio
della a blocco solo le colonne (vedi formula sull'immagine):

Allargando la colonna ottenuta per tutte le distanze si ottiene:


I termini in cui compare dj,i sono in una sommatoria che va da 1 a i, e ciò vuol dire
che le distanze vengono misurate soltanto dal tratto attuale per i precedenti e non per i
successivi. Dunque non ci servono tutte le distanze calcolate ma solo:

perché per ogni tratto devo prendere solo il contributo della forza T che deriva
soltanto dai tratti precedenti. Il primo tratto non ha contributo, il secondo avrà
soltanto il contributo del primo (che sarà l'ultima componente dell'ultimo tratto).
Nella sommatoria compare anche la T, quindi:

I termini sulla diagonale devono essere nulli.


A questo punto nella prima equazione per quanto riguarda il termine noto manca la
sommatoria su i (abbiamo la sommatoria su j di tij dij).
Sommando le righe dei tij dij ottengo il termine noto.
Nella seconda equazione c'è la somma su i di hi della somma di tij dij:

A questo punto abbiamo costruito tutti i termini del sistema di equazioni. Adesso
dobbiamo risolvere il sistema (vedi video 1:29:00).

Scrivendo il sistema come in figura, dobbiamo preoccuparci solo di calcolare i tre


determinanti (comando MATR.DETERM) necessari per l'applicazione del metodo di
Cramer e calcolare i valori di M e N.
Noti i carichi possiamo calcolare lo sforzo normale all'interno delle anime.

Lezione 11/12

Ricapitoliamo quanto fatto sull’esercizio della verifica dell’ordinata.


Verificare un’ordinata vuol dire capire se i carichi che agiscono sull’ordinata sono tali
da superare localmente su ogni tratto lo stress ammissibile, che può essere una
tensione di snervamento o, peggio ancora, una tensione di rottura.
Per farlo dobbiamo conoscere lo stato tensionale all’interno di ogni tratto.
Nell’esercizio abbiamo assegnato un carico P sull’asse y e dobbiamo verificare tutte
le forze che agiscono sulla nostra ordinata.
Le forze in questione sono quelle generate dagli sforzi di taglio e quindi dobbiamo
calcolare i flussi di taglio su ogni parte (consideriamo la struttura ad elementi
concentrati).
Visto che la struttura è simmetrica e i carichi sono simmetrici, possiamo considerare
soltanto metà della struttura e, una volta suddivisa la struttura a metà, andare a
verificare quali sono le forze agenti sulla struttura corrispondenti alla metà mancante.
Dato il carico che abbiamo considerato, si andranno a generare nell’altra estremità
della parte di struttura considerata due forze, una normale e diretta in direzione x ed
un momento agente intorno all’asse z.
Abbiamo supposto la struttura ad elementi concentrati e abbiamo tolto un’anima per
considerare la struttura come una struttura aperta.
Abbiamo calcolato i flussi di taglio della struttura aperta e poi abbiamo calcolato il
flusso di taglio nell’anima tolta, in modo da ottenere i flussi di taglio della sezione
chiusa.
Successivamente abbiamo considerato metà struttura e siamo andati a calcolare le
forze normali ed il momento generato dalla condizione di simmetria.
Vediamo quali sono gli sforzi normali all’interno di ogni tratto.
Lo sforzo normale sarà dato da due componenti, la prima dovuta alla forza assiale N
che agisce lungo l’anima, l’altra dovuta al fatto che le anime sono sottoposte anche a
momento flettente (c’è anche una flessione), per cui si genera un andamento degli
stress a farfalla che andranno ad aumentare lo sforzo normale all’interno di ogni
sezione.
Per fare ciò dobbiamo capire come è fatta la sezione dell’ordinata (NOTA: cioè come
è fatta la sezione dell’anima?) e supponiamo che sia una trave a doppia T:

Essendo b l’altezza della trave gli sforzi massimi dovuti al carico di flessione saranno
concentrati all’estremità. Su ogni tratto agisce una σ:
M zi b N i
σi = +
I i 2 Ai

stiamo considerando il contributo massimo e cioè quello alle estremità (cioè b/2).
Dobbiamo calcolare i due contributi Mi e Ni su ogni tratto. La M e la N che abbiamo
calcolato con la risoluzione del sistema lineare sono quelle applicate lì dove è stato
effettuato il taglio. Queste forze vengono trasferite su ogni tratto.
Su ogni tratto la N si ridistribuisce in questo modo:

Della forza N, considerando il tratto in blu, ci sarà una componente di N che agisce
su questo tratto blu. Poiché la direzione del tratto è diversa da quella di N, dobbiamo
prendere solo la componente di N che agisce sul tratto blu. Delle due componenti
vado a prendere la N cosα.
Quindi dobbiamo calcolare l’angolo α di ogni tratto rispetto la direzione di N (che è
orizzontale).
L’altra componente da considerare è quella dovuta al taglio. Su ogni anima sarà
presente uno sforzo di taglio che andrà nella direzione dell’anima stessa e contribuirà
allo sforzo normale dell’anima successiva.
Consideriamo l’anima 3. Su di essa agiscono lo sforzo di taglio dell’anima 3, lo
sforzo di taglio dell’anima 2 e quello dell’anima 1.
Anche di queste componenti (la 2 e la 1) dobbiamo prendere la parte di T che agisce
nella direzione dell’anima in esame. Quindi dobbiamo calcolare anche l’angolo φ tra
due anime successive:

Ogni anima risente soltanto delle anime precedenti e non delle successive.
Bisogna considerare anche la componente dovuta al carico esterno, che in questo caso
è applicato nell’incastro:

Anche in questo caso ogni anima è influenzata solo da ciò che succede prima, ed
essendo P all’incastro, non influenzerà nessuna delle anime precedenti.
Se il carico fosse stato posizionato con in immagine:
le anime successive all’applicazione del carico sarebbero state influenzate dal carico.
Dunque:
i
Ni = N cos αi + ∑ T j cos φij
j=1

Per calcolare gli angoli αi consideriamo che abbiamo già le rette precedentemente
ricavate, quindi per ogni segmento possiamo ricavare il coefficiente angolare.
Prendiamo i coefficienti a e b e facciamo:

−a
m=
b

Se compaiono rette per cui il calcolo non è possibile è perché l’anima è verticale.
Dalla definizione di coefficiente angolare possiamo calcolare gli angoli α come:

αi = arctg mi
Gli angoli ottenuti sono in radianti.
Bisogna tener presente che l’arcotangente è definita tra - π e π , però a noi
2 2
servono angoli tra 0 e π e quindi vanno corretti i valori calcolati.
Fino all’anima verticale vanno bene gli angoli ottenuti, da lì in poi l’anima verticale
ha angolo di π e per le successive devo aggiungere π:
2

Per trovare φij (l’angolo tra ogni tratto), considero che conosco già l’angolo rispetto
l’asse delle x (cioè αi), quindi ottengo φij come differenza dei valori di αi.
Per semplificare il calcolo con Excel traspongo la colonna di α e calcolo:

φ1-i = α1 - αi

(nota la formula e come blocca riga e colonna):


Allargando la colonna per tutti gli angoli φij ottengo:

Questi angoli non ci servono tutti poiché ogni tratto è influenzato solo da quello che
c’è prima:
Facciamo una colonna in cui inserire cos αi:

Si noti che sui primi tratti il contributo di N è positivo perché il tratto va nella
direzione di N. Inoltre sul tratto verticale N non dà contributo.
Dove c’è il segno meno vuol dire che lo sforzo da compressione diventa trazione.
Calcoliamo N cos α:

Il passo successivo è quello di calcolare la sommatoria, quindi calcoliamo il coseno


dei valori dei vari φij:
e togliamo i termini della triangolare superiore.
Calcoliamo il prodotto Tj cos φij:

Allungando a tutti i termini:

A questo punto dobbiamo sommare i contributi per ogni tratto (sommo i termini sulle
righe):
A questo punto possiamo calcolare lo sforzo normale in ogni tratto:

Per trovare le σi ci mancano le Mzi:


i
Mzi = M + N hi+ ∑ T j d ji
j=1

Abbiamo già tutti i termini, quindi:

Per calcolare le σi ci manca Ai e Ii.


Dobbiamo fare alcune considerazioni geometriche. Consideriamo la sezione a doppia
T:

e calcoliamo l’area come somma dell’area dei tre rettangoli e il momento di inerzia
come somma del momento di inerzia dei tre rettangoli.
Per il triangolo 1:
3 2
I1 = ad +ad ( b−d )
12 2

Per I2 non ho il termine di trasporto, quindi:

t (b−2 d)3
I2 =
12

3 2
I3 = ad +ad ( b−d )
12 2
I = I1 + I2 + I3

Possiamo calcolare le σi.

M zi b N i
σi = +
I i 2 Ai

L’andamento degli stress normali dovuti al momento ha un andamento a farfalla, e


quindi vuol dire che avremo una parte in compressione e una in trazione. Il segno
dipende dal termine b . In alcuni casi lo sforzo generato dal momento flettente
2
attenuerà l’effetto dovuto allo sforzo normale ed in altri lo amplifica.
Noi dobbiamo verificare la condizione peggiore per la struttura, quindi i contributi
devono essere concordi. Per questo andremo a considerare il modulo di Ni i quello di
Mi:
Quindi calcoliamo σi:

La σ di snervamento è 441. Per verificare se ho superato la σ di snervamento faccio:

(tiro giù e verifico tutte le sigma).


Ne risulta che la struttura è verificata e resiste ai carichi che abbiamo applicato. Se
avessi superato la σ di snervamento avrei bisogno di un altro flag per la sigma di
rottura:

σ di rottura = 516
Lezione 12/01

Esercitazione sulle strutture a guscio pratico.


Abbiamo una struttura rappresentativa di un cassone alare:
Abbiamo 10 correnti e 10 anime e dobbiamo verificare questa struttura, cioè
dobbiamo verificare che lo stato tensionale dei suoi componenti sia inferiore alle
tensioni critiche (di proporzionalità, di snervamento e di rottura).
Dovremo fare la verifica a flessione, a torsione e a taglio. Iniziamo con quella a
flessione.
Riportiamo i dati su Excel:

Nel caso di verifica a flessione vogliamo verificare che lo sforzo normale all'interno
delle solette sia inferiore della tensione di proporzionalità.
Dobbiamo quindi calcolare lo sforzo normale.
Per farlo utilizziamo la formula:

e quindi abbiamo bisogno del momento flettente e dei momenti di inerzia per ogni
soletta. Questa formula è però scritta nel sistema centrale di inerzia, che dobbiamo
calcolare.
Come primo passo dobbiamo trovare il baricentro della struttura. Per trovarlo
dobbiamo calcolare i momenti statici, che dipendono dalle aree.
Dunque per ogni soletta dobbiamo considerare il valore dell'area equivalente e quindi
i valori dei momenti statici (che riportiamo in una tabella):
Siccome abbiamo una struttura a guscio pratico, parte del rivestimento collabora
all'assorbimento del carico. L'area equivalente sarà data perciò dall'area della soletta
più un termine dovuto al rivestimento. Questo contributo dipende dal fatto se la
soletta sta lavorando a trazione o a compressione, per cui dobbiamo vedere quali
solette lavorano a trazione e quali a compressione.
Dato che il momento è applicato su x (sull'anima in rosso) e tende a far flettere l'ala
verso l'alto, è logico supporre che le solette superiori lavorino in compressione e
quelle inferiori lavorino a trazione. Dunque le prime 5 solette sono compresse, le
ultime 5 sono tese:

Ovviamente se in corso d'opera ci accorgiamo di aver fatto un errore (e lo si fa


andando a valutare il valore della σ, poiché se ho supposto la soletta compressa mi
aspetto delle σ normali negative) dovrò ricalcolare le aree equivalenti.
Per una soletta a trazione l'area equivalente è:

ed è il caso dove tutto il rivestimento contribuisce all'assorbimento dello sforzo


normale.
Per le solette a compressione uso:

Per ogni anima abbiamo bisogno dello spessore (che è noto) e della lunghezza
dell'anima (che possiamo calcolare). La lunghezza la calcoliamo con il teorema di
pitagora:

Estendendo il calcolo a tutte le anime bisogna solo far attenzione all'ultimo valore
che deve puntare alla prima soletta:
Calcoliamo l'area equivalente delle solette compresse con la relativa formula.
Nella formula in questione compare σ che rappresenta le σ normali e cioè l'incognita
che vogliamo calcolare. Dunque non possiamo ancora utilizzare quella formula per le
aree equivalenti. Si passa quindi ad una formula di tentativo:

Aeq,i = Ai + 16 ti

Con questa formula calcoliamo le aree equivalenti che ci consentiranno di calcolare


una prima approssimazione delle σ e successivamente, con un metodo iterativo,
calcoliamo le aree collaboranti e le σ in maniera più accurata.
Per le solette tese possiamo utilizzare la formula riportata:
A questo punto note le aree posso calcolare i momenti statici:

Questi mi servono per calcolare le coordinate del baricentro:


A questo punto possiamo metterci in coordinate baricentriche e riscriviamo le
coordinate di ogni soletta rispetto al baricentro, andando a sottrarre ad ogni
coordinata quella del baricentro (che va perciò bloccata $):
Adesso possiamo calcolare i momenti di inerzia:
Il momento misto lo abbiamo calcolato per verificare se il sistema di riferimento è
centrale di inerzia. Facendo la somma di tutti i valori di Ixy:

otteniamo che la somma è diversa da 0, dunque il sistema va ruotato di un angolo Φ


e si applica la formula:
Dobbiamo dunque ruotare il sistema di un angolo Φ = 0,008869 rad e ricalcolare le
coordinate nel sistema centrale di inerzia. Per la trasformazione usiamo le formule:

e ricalcoliamo tutti i valori.

Questa volta il totale di Ixy = 0.


A questo punto abbiamo tutto il necessario per calcolare le σ normali.
Come ultima cosa dobbiamo considerare che mentre prima avevamo il momento
intorno ad x, avendo ruotato il sistema di riferimento, dovremo scindere quel
momento in una componente intorno a x e una intorno a y.
Usiamo le formule:
Calcoliamo le σ con la formula vista prima:

Dai risultati delle tensioni notiamo che le prime 5 sono negative, in accordo con ciò
che si è supposto all'inizio (cioè che lavorano a compressione) e le ultima 5 sono
positive poiché tese.
Queste σ possono ora essere utilizzate per calcolare l'area equivalente.
Per iterare il procedimento copiamo tutto ciò che è stato fatto alla prima
iterazione(dovremo aggiustare le formule):

e riscriviamo le aree equivalenti utilizzando le formule con σ. Si tenga presente che le


aree equivalenti della parte tesa restano invariate.
Inserendo le nuove aree equivalenti e aggiustando le caselle che si sono spostate con
la copia, otteniamo:
Abbiamo ottenuto dei nuovi valori delle σ. A questo punto possiamo calcolare l'errore
tra le due iterazioni:
σ 1− σ 0
err = σ0

Siccome gli scostamenti sono ancora alti facciamo un'altra iterazione (mi fermo
quando la differenza tra 2 iterazioni è < 10%).
Dopo 8 iterazioni si dovrebbe arrivare a convergenza per questo esercizio.
Nelle slides precedenti c'è un errore nel calcolo delle σ della prima iterazione perché
non è stato messo il momento di inerzia totale (si deve mettere quello totale e non
quello delle singole solette). Inoltre il momento nella tabella è in N*m e noi stiamo
lavorando in N* mm, bisogna quindi moltiplicare per 1000 i valori dei momenti
calcolati nel sistema centrale di inerzia.
Ritornando al momento applicato sull'ala, dobbiamo considerare che la deformazione
dovuta alla flessione è sempre (poiché agisce la portanza):
I momenti agenti sulle due semiali saranno uguali ed opposti:

Sostanzialmente quando abbiamo a che fare con il momento flettente dobbiamo


considerare le solette del dorso compresse.
A questo punto vanno confrontate le σ ottenute alla fine delle iterazioni con quelle
critiche del materiale. Se ci troviamo al di sotto del valore critico, allora la struttura è
verificata, altrimenti la struttura non resiste ai carichi.
Arrivati a convergenza deve risultare che la struttura non resiste ai carichi applicati.

Lezione 15/01

Ci resta da fare la verifica a taglio e a momento torcente della struttura proposta nella
scorsa lezione. Ricopiamo i dati in un nuovo foglio Excel e dalla flessione andiamo a
prendere le aree equivalenti calcolate e le utilizzeremo per i calcoli:
Avendo le aree equivalenti la verifica a taglio diventa come la verifica per una
struttura a elementi concentrati.
Il primo passo è quello di valutare il baricentro della struttura, dunque calcoliamo i
momenti statici per x e y e da lì calcoliamo il baricentro:

Ci mettiamo in coordinate baricentriche e calcoliamo la posizione dei componenti nel


sistema baricentrico:
Il nostro scopo finale è quello di valutare i flussi di taglio all'interno della struttura.
Per farlo dobbiamo rendere la sezione aperta (togliendo il tratto 10-1) e utilizzare la
formula:

I flussi totali si calcolano con le formule:

Il flusso nell'ultimo tratto (quello tolto) si calcola con:

e dipende dall'area settoriale e dalla posizione del centro di taglio.


Le coordinate del centro di taglio si trovano con le formule:
Per la sezione aperta ci servono i valori del carico lungo x e y (per una questione
didattica il prof supporrà Tx = Ty = 1, poi ci basterà utilizzare il valore della traccia) e
i momenti statici cumulativi Sxi e Syi:

Ci servono anche i momenti di inerzia Ix e Iy:


A questo punto andiamo a ragionare sulle anime e calcoliamo la lunghezza a
dell'anima e ci riportiamo anche lo spessore:

Possiamo calcolare i
flussi per la sezione
aperta:

I flussi di taglio nella sezione 10-1 (quella tolta) devono essere nulli.
Ora dobbiamo calcolare il flusso che circola nella sezione che abbiamo tolto e
dipende dalle coordinate del centro di taglio, che dobbiamo quindi trovare.
Per determinarlo abbiamo bisogno di Ω (l'area spazzata dalle anime) e procediamo
così come abbiamo fatto nel caso dell'ordinata. Dunque calcoliamo i coefficienti
angolari della retta che passa per l'anima, la distanza dal baricentro alla retta (che sarà
l'altezza dell'area) e poi l'area.
Partiamo dai coefficienti:
(ricorda che spesso bisogna correggere l'ultimo valore dell'elenco).

A questo
punto
possiamo
calcolare la
distanza r
delle solette
dal baricentro:
A questo punto possiamo calcolare l'area come:

ai ,i +1 r i
2
Per trovare il centro di taglio ci serve anche il rapporto:

ai ,i +1
t i , i+1

Calcoliamo le restanti sommatorie presenti nella formula del centro di taglio:

Possiamo
calcolare le coordinate del centro di taglio:
Ora calcoliamo i flussi nel tratto rimosso:

Calcolo i flussi finali:


Dai valori dei flussi è possibile calcolare il valore delle tensioni lungo x e y dividendo
il flusso per lo spessore, in modo da avere la forza su unità di area:

Va verificato che il valore ottenuto sia inferiore alla σcritica del materiale. Avendo
messo valori unitari del taglio sono usciti valori bassissimi.
Per verificare se abbiamo agito correttamente nel calcolo dei flussi, moltiplichiamo i
singoli flussi per la lunghezza del tratto su cui agiscono (ottenendo così una forza) e
verifichiamo che la somma delle forze ricavate siano pari alla forza che abbiamo
applicato:
Sostituiamo ora gli effettivi carichi della traccia:

La colonna delle ty rappresenta i valori delle tensioni all'interno dell'anima. Tra questi
valori nessuno supera i valori critici del materiale.

Manca ultima lezione 19/01 Vedi appunti prof.

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