Sei sulla pagina 1di 10

2.

EQUAZIONI DEL PROBLEMA ELASTICO - LAVORO DI DEFORMAZIONE

Equazioni indefinite di equilibrio


L'andamento delle tensioni cartesiane in un solido di Cauchy è descritto dalle funzioni px=px(x,y,z), py=py(x,y,z) e
pz=pz(x,y,z), essendo, ad esempio:

[
p x ( x , y , z ) = σ x ( x , y , z ) τ xy ( x , y , z ) τ xz ( x , y , z ) ]
T
(2.1)

il vettore tensione che agisce nel punto di coordinate x, y, z nel piano di normale x.
Affinché sia rispettato l'equilibrio in ciascun punto del solido queste funzioni devono rispettare alcune condizioni
che sono espresse sotto forma di equazioni differenziali.
pz+(∂pz/∂z)∂z
py τzx

px+(∂px/∂x)∂x

px τyx+(∂τyx/∂y)dy
σx σx+(∂σx/∂x)∂x
τyx
dz

dy
dx
dx
pz py+(∂py/∂x)∂x τzx+(∂τzx/∂z)dz
Fig.2.1 - Tensioni agenti sull'elementino di
volume. Fig.2.2 - Componenti di tensione agenti in direzione

In particolare si consideri un elemento di volume all'interno del solido di forma cubica con lati dx, dy, dz.
L'elemento è rappresentato in fig.1. Sulle 6 facce agiscono le azioni provenienti dal resto del solido; sul cubetto
agisce inoltre una forza esterna ad unità di volume pari a F=[Fx Fy Fz]T.
In fig.2 sono mostrate le sole componenti di tensione che agiscono in direzione x. Ricordando che la forza
elementare agente su ciascuna faccia è data dal prodotto della tensione per la superficie della faccia stessa, che il
segno della forza va attribuito concordemente a quello della faccia su cui la tensione agisce e che la forza di volume
agente si ottiene moltiplicando F per il volume dell'elementino, l'equazione di equilibrio dell'elementino in direzione
x può essere scritta come segue:

 ∂ σx   ∂ τ yx 
σ x + ∂ x dydz − σ x dydz + τ yx + ∂ y dxdz +
 ∂x   ∂y 
 ∂ τ zx 
−τ xy dxdz + τ zx + ∂ z dxdy − τ zx dxdy + Fx dxdydz = 0 (2.2)
 ∂z 
Semplificando e dividendo per il prodotto dxdydz si ottiene:

∂ σ x ∂ τ yx ∂ τ zx
+ + + Fx = 0 (2.3)
∂x ∂y ∂z
Questa equazione differenziale mette in relazione tra loro le funzioni σx(x,y,z), τyx(x,y,z) e τzx(x,y,z) mediante le
rispettive derivate parziali.
Operando analogamente rispetto alle direzioni y e z si ottengono le seguenti equazioni di equilibrio:
∂ τ xy ∂ σ y ∂ τ zy
+ + + Fy = 0 (2.4)
∂ x ∂ y ∂ z

∂ τ xz ∂ τ yz ∂ σ z
+ + + Fz = 0 (2.5)
∂x ∂y ∂z
Le (3-5) possono essere riscritte in forma matriciale ottenendo:

2.1
 σx  τ  τ zx   Fx 
yx
∂   ∂   ∂    
 τ xy  +  σy  +  τ zy  =  Fy  σij ,i + Fj = 0 (2.6)
∂x ∂y ∂z
τ xz  τ yz   σ z   Fz 

Globalmente si può scrivere:

∂ px ∂ p y ∂ pz
+ + +F = 0 pi, j + F = 0 (2.7)
∂x ∂y ∂z

che equivale a:

∂ σ x ∂ τ yx ∂ τ zx
+ + + Fx = 0
∂x ∂y ∂z
∂ τ xy ∂ σ y ∂ τ zy
+ + + Fy = 0 (2.7b)
∂ x ∂ y ∂ z
∂ τ xz ∂ τ yz ∂ σ z
+ + + Fz = 0
∂x ∂y ∂z
Condizioni di equilibrio al contorno
Se f sono le forze ad unità di superficie (note) applicate al contorno e r le eventuali reazioni vincolari ad unità di
superficie (incognite), in ciascun punto del contorno vale una relazione del tipo:

f
p xnx + p yny + p znz =  (2.8)
r
Quest’equazione è del tutto analoga alla relazione (12) del precedente paragrafo che mette in relazione le
tensioni cartesiane con la tensione pn agente su un piano di normale n. In questo caso al posto del vettore pn si
considera la forza esterna ad unità di superficie f (o r). Ad esempio esplicitando l'equazione relativa alla direzione x
si ha:
σ x nx + τ yx ny + τ zx nz = f x (2.9)

Reciprocità delle tensioni tangenziali


Scrivendo le equazioni di equilibrio dei momenti rispetto all’asse z relative all’elementino di lati dx e dy,
trascurando gli infinitesimi di ordine superiore, si ottiene:

∑ M = (τ z xy dy dz )dx − (τ yxdx dz )dy = 0 (2.10)

da cui:
τ xy = τ yx (2.11)

Per stato di tensione tridimensionale si ha anche:


τ xz = τ zx τ yz = τ zy (2.12)

In definitiva per descrivere lo stato tensionale sono necessarie solo le 6 componenti σx, σy, σz e τxy, τxz.e τyz.

2.2
Equazioni di compatibilità
Un solido tridimensionale soggetto a forze esterne subisce un cambiamento di configurazione definito deformazione.
Tale cambiamento di configurazione comporta che ciascun punto di coordinate x, y, z in assi cartesiani, è soggetto
ad uno spostamento s(x,y,z) le cui componenti rispetto agli assi di riferimento sono u(x,y,z), v(x,y,z) w(x,y,z). Lo
stato di deformazione è legato agli spostamenti s tramite le equazioni di compatibilità. L'ipotesi di compatibilità o
congruenza implica che nel cambiamento di configurazione non si verifichino lacerazioni o compenetrazioni tra le
parti del solido. La procedura corretta per la determinazione delle equazione di compatibilità richiede l’applicazione
del principio dei lavori virtuali affinché il lavoro compiuto dalle forze esterne sul solido (legato a forze e
spostamenti) sia bilanciato con quello dovuto alle forze interne (legato a tensioni e deformazioni). Per semplicità, in
questo caso, esse sono dedotte direttamente.
u ∆u

γ1

y ∆v
u
∆y
v v
x γ2 ∆v
∆x u ∆u
v

∆x

Fig.2.3 - Dilatazione di una fibra infinitesima Fig.2.4 – Deformazione di scorrimento

Si consideri l'elemento di lunghezza ∆x (una fibra infinitesima del solido) di fig.3: se le estremità dell'elemento
sono soggette a spostamenti orizzontali, esso subisce un allungamento in direzione x pari a:
∆u=u(x+∆x,y,z)-u(x,y,z) (2.13)
Si definisce dilatazione assiale in direzione x il limite per ∆x tendente a 0 del rapporto ∆u/∆x:
∂u
εx = (2.14)
∂x
Analogamente, in seguito a spostamenti v e w, si hanno delle dilatazioni secondo gli altri assi dati dalle seguenti
equazioni:
∂v ∂w
εy = , εz = (2.15, 16)
∂y ∂z
Per effetto della deformazione le facce dell'elemento ruotano di quantità γ1=∆u/∆y e γ2=∆v/∆x (fig.4). La
variazione complessiva dell'angolo formato dalle due facce è dato dalla somma di questi termini. Si definisce
scorrimento γxy il limite per ∆x tendente a 0 della seguente somma:
∂u ∂v
γ xy = + (2.17)
∂y ∂x
Analogamente, in seguito a rotazioni attorno agli altri assi, si hanno degli scorrimenti dati dalle seguenti equazioni:
∂v ∂w ∂w ∂u
γ yz = + , γ zx = + (2.18)
∂z ∂y ∂x ∂z
In definitiva le equazioni di compatibilità relative al solido tridimensionale sono le seguenti:
∂u ∂v ∂w ∂u ∂v ∂v ∂w ∂w ∂u
εx = , εy = , εz = γ xy = + , γ yz = + , γ zx = + (2.19)
∂x ∂y ∂z ∂y ∂x ∂z ∂y ∂x ∂z
Si noti che le deformazioni sono grandezze adimensionali.
Per effetto della deformazione in ciascun punto del solido, in generale si ha una variazione di volume. Si
definisce dilatazione cubica εv la variazione di volume subita dall’unità di volume. Essa si dimostra essere data dalla
seguente espressione:
dV
εV = =εx +εy +εz (2.20)
V

2.3
Equazioni costitutive
Le deformazioni che si producono in un corpo a causa della tensione applicata, dipendono dalle caratteristiche
fisico-meccaniche del materiale che lo costituisce. Queste caratteristiche sono determinate in modo sperimentale
(prove meccaniche) e il comportamento del materiale è caratterizzato mediante le equazioni costitutive.
Le equazioni costitutive mettono in relazione le tensioni applicate sul materiale (σ e τ) e le deformazioni che vi
si producono (ε e γ). Spesso tali equazioni costituiscono una semplificazione del comportamento reale.
In generale una singola componente di tensione può provocare deformazioni in tutte le direzioni, questo è il caso
dei materiali fortemente anisotropi. Un materiale è definito
• omogeneo se ha proprietà uguali in tutti i punti,
• isotropo se ha proprietà uguali in tutte le direzioni.
Molti dei materiali reali obbediscono a queste idealizzazioni solo su scala macroscopica.

Comportamento elastico lineare per materiali isotropi


Molti dei materiali da costruzione presentano, entro certi limiti delle tensioni applicate, un comportamento
schematizzabile come elastico lineare:
• le deformazioni scompaiono se i carichi si annullano;
• esiste una proporzionalità diretta tra carico e deformazione.

σl

∆l
γ
∆x ∆x

Fig.2.5 – Tensioni e deformazioni in solidi elastici

Le deformazioni elastiche sono tipicamente associate allo stiramento dei legami atomici nei solidi.
Un materiale elastico lineare, sottoposto ad uno stato tensionale uniassiale, presenta una deformazione
longitudinale εt che risulta legata alla tensione tramite la seguente espressione:
σl = Eε l (2.21)
nella quale E è il modulo di elasticità longitudinale o modulo di Young del materiale (E=σl/εl) avente le dimensioni
di una tensione [N/mm2]. Nel caso di materiali omogenei e isotropi, ovviamente, il modulo di elasticità è lo stesso in
tutte le direzione e il suo valore non dipende dalla particolare scelta del sistema di riferimento.
Sperimentalmente si osserva anche una deformazione trasversale di segno opposto a quella assiale. Nei materiali
isotropi essa è data da:
σl
ε t = −νε l = −ν (2.22)
E
nella quale ν è il coefficiente di Poisson del materiale definito come

ν = − εt εl (2.23)

Il coefficiente di Poisson è adimensionale e varia nel campo ν=0.0÷0.5. Il valore ν=0.5 è un limite estremo che
corrisponde fisicamente al caso in cui per tensione monoassiale la deformazione non provoca variazione di volume,
come è possibile osservare particolarizzando la (20) per tensione monoassiale mediante la (21) e la (22):
εV=dV/V=εx- 0.5εx -0.5εx=0.
Se si sottopone il materiale ad una sollecitazione tangenziale, si osserva una deformazione di scorrimento che è
legata alla tensione tramite la seguente espressione:
τ
γ = (2.24)
G
nella quale G è il modulo di elasticità trasversale (o tangenziale) (G=τ/γ). In caso di materiale isotropo si può
dimostrare che è
E
G= (2.25)
2( 1 + ν )

2.4
Le costanti del materiale E, G e ν sono dette anche costanti ingegneristiche; esse legano tensioni monoassiali
alle deformazioni misurate nella stessa direzione in cui agisce la tensione e in direzione ortogonale e possono essere
determinate direttamente per via sperimentale.
Nel caso più generale di sollecitazione triassiale, le equazioni costitutive del materiale elastico lineare,
omogeneo e isotropo sono le seguenti:

εx =
1
(
σ − νσ y − νσ z
E x
) εy =
1
(
σ − νσ x − νσ z
E y
) εz =
1
(
σ − νσ y − νσ x
E z
) (2.26a)

1 1 1
γ xy = τ γ yz = τ γ zx = τ (2.26b)
G xy G yz G zx
Si noti che le deformazioni tangenziali non sono influenzate da tensioni tangenziali in altri piani, cioè non vi è un
analogo dell’effetto Poisson. Osservando le (26a,b) è possibile notare che, applicando una tensione monoassiale, si
generano deformazioni solo nella direzione della tensione stessa e nelle direzioni ortogonali. In definitiva il
comportamento deformativo di un materiale isotropo elastico-lineare è descritto dalle due sole costanti E e ν.
Le equazioni (26) possono essere poste in forma matriciale
ε=Φσ (2.27)
essendo σ ed ε vettori così definiti
[
σ = σ x σ y σ z τ yz τ xz τ xy ]T
ε = εx[ ε y ε z γ yz γ xz γ xy ]T (2.28,29)

e la matrice Φ, detta di cedevolezza, facilmente individuabile nella seguente relazione che è la (27) scritta per esteso:

 ε x   1 E −ν E −ν E 0 0 0 σ x 
 ε y  − ν E 1 E − ν E 0 0 0 σ y 
 ε  − ν E − ν E 1 E 0 0 0 σ z 
z
γ  =  0 0 0 1G 0

0 τ yz 
(2.30)
 yz    
γ zx   0 0 0 0 1 G 0 τ zx 
γ xy   0 0 0 0 0 1 Gτ xy 
I vari termini della matrice Φ sono le costanti elastiche del materiale, funzioni dirette delle costanti
ingegneristiche. I 3 zeri nelle righe da 1 a 3 e i primi 3 zeri nelle righe da 4 a 6 implicano che non vi è
accoppiamento tra tensioni normali e deformazioni tangenziali e viceversa. Gli altri zeri nelle righe da 4 a 6
derivano dall’assenza di un effetto simile a quello di Poisson per le tensioni tangenziali.

Deformazioni termiche
I materiali isotropi soggetti a variazione di temperatura subiscono una deformazione uguale in tutte le direzioni
esprimibile secondo la seguente relazione:

ε x , y , z = α (T − T0 ) = α ∆T (2.31)

nella quale T0 e T sono rispettivamente la temperatura iniziale (alla quale il solido si considera indeformato) e quella
finale e α è il coefficiente di dilatazione termica, che può variare con la temperatura e che ha le dimensioni
dell’inverso della temperatura (1/C°).
Il termine (31) deve essere sommato alle (25) per ottenere le espressioni globali delle dilatazioni comprendenti
effetto meccanico e termico.

2.5
Comportamento elastico lineare dei materiali ortotropi
I materiali reali non sono mai perfettamente isotropi e in vari casi la differenza tra le proprietà nelle varie direzioni
non è trascurabile. Nel caso dei materiali fortemente anisotropi, la forma più generale possibile della (30) prevede
che la matrice Φ abbia tutti i termini diversi da zero e dipendenti dal sistema di riferimento scelto. In questo caso la
matrice risulta comunque simmetrica rispetto alla diagonale, essendo cioè Φi,j,= Φj,i con i≠j, e le costanti
indipendenti risultano 21. Al contrario di quanto accade nei materiali isotropi, applicando una tensione monoassiale
su un materiale anisotropo si generano deformazioni anche in direzioni diverse da quella in cui agisce la tensione
stessa e dalla direzione ad essa ortogonale ed esiste un accoppiamento tra tensioni normali e deformazioni
tangenziali e viceversa..
Tra i materiali anisotropi, gli ortotropi sono caratterizzati dal fatto di possedere caratteristiche deformative
simmetriche rispetto a tre piani ortogonali. Se si scelgono assi 1, 2, 3 paralleli a tali piani, da non confondere con gli
assi principali, le equazione costitutive possono essere poste nella seguente forma

ε11   1 E1 − ν 21 E2 − ν 31 E3 0 0 0  σ 11 
ε  − ν E 1 E2 − ν 32 E3 0 0 0  σ 22 
 22   12 1
ε 33   − ν 13 E1 − ν 23 E2 1 E3 0 0 0  σ 33 
 =   (2.32)
γ 23   0 0 0 1 G23 0 0  τ 23 
γ 31   0 0 0 0 1 G13 0   τ 31 
    
γ 12   0 0 0 0 0 1 G12   τ 12 
I coefficienti di Poisson nella (32) sono definiti come

ν ij = − ε j εi (2.33)

il primo indice si riferisce alla direzione di applicazione della tensione e il secondo alla direzione della deformazione
trasversale. Per la simmetria della (32) rispetto alla diagonale, deve essere

ν ij Ei = ν ji E j (2.34)

in conseguenza di ciò i coefficienti di Poisson indipendenti risultano 3. In definitiva nella (32) vi sono 9 costanti
indipendenti: i 3 moduli Ei, i 3 moduli Gi e i 3 coefficienti νij. Osservando la (32) si nota che, con il sistema di assi
orientato secondo le direzioni di ortotropia, a parte la diversità dei coefficienti, il comportamento deformativo è
simile a quello dei materiali ortotropi descritto dalla (30). Se si applicano tensioni in direzioni diverse da quelle di
ortotropia la relazione (32) non è più valida, poiché i termini della matrice dipendono dalla scelta del sistema d’assi.
Compositi a fibra lunga
I materiali compositi sono ottenuti combinando 2 o più materiali tra loro insolubili mediante miscelazione o
incollaggio. In molte applicazioni il materiale composito è costituito da una matrice di materiale duttile (polimerico
o metallico) conformata in una lamina di spessore sottile rispetto alle dimensioni principali e da fibre di rinforzo di
altro materiale (fibre di vetro, carbonio, aramide, di materiali ceramici ecc) disposte in modo unidirezionale (fig.6) o
secondo direzioni ortogonali. In questo caso il comportamento risulta ortotropo e le caratteristiche meccaniche (Ei e
νij ) della lamina di materiale composito dipendono dalle caratteristiche meccaniche della matrice e del rinforzo (Em,
νm, Er, νr).
Per ottenere elevate proprietà di resistenza secondo direzioni diverse, lamine con fibre disposte in differenti
direzioni vengono incollate tra loro creando una lastra detta laminato. L’analisi del comportamento meccanico delle
lastre ottenute in questo modo è oggetto della teoria della laminazione per la quale si rimanda a testi specializzati;
nel seguito vengono mostrate le relazioni tra le tensioni e le deformazioni agenti nella singola lamina.

3 3

a) b) c)
2 2

σ22

1 1
Am
Ar
σ11 Lr Lm

Fig.2.6 – Compositi a fibra lunga con rinforzo in direzione 1: a) schema per la determinazione di E1, b) schema per la determinazione di E2,
c) possibile disposizione delle fibre.

2.6
A causa della piccolezza dello spessore, le lamine, sollecitate nel loro piano, agiscono in stato piano di tensione.
Assumendo una terna di riferimento cartesiana con assi 1, 2 nel piano della lamina con l’asse 1 in direzione parallela
al rinforzo e l’asse 3 nella direzione dello spessore (assi della lamina), le tensioni in direzione 3 possono essere
trascurate (σ3=τ13=τ23=0). La deformazione lungo 3 in generale è diversa da 0, ma non fa parte delle variabili
principali del problema e può essere dedotta separatamente. Le equazioni costitutive possono essere ottenute dalla
(32) in modo semplificato:
1 ν 21
− 0
ε11  E1 E2 σ 11 
  ν 12 1  
ε 22  = − 0 σ 22  (2.35)
γ  E1 E2  
 12  1  τ 12 
0 0
G12
La (35) può essere posta in forma compatta:

ε12 = Φ12 σ12 (2.36)

essendo Φ12 la matrice di cedevolezza negli assi della lamina.


La deformazione in direzione ortogonale al piano della lamina è data da

 ν 13 ν 23 
ε 33 = − σ 11 + σ 22  (2.37)
 E1 E2 
La (35) e la (34), particolarizzata per i=1 e j=2, mostrano che le costanti elastiche indipendenti per i materiali
ortotropi, nel passaggio del problema da tridimensionale a bidimensionale, si riducono a 4. I valori delle costanti
devono essere valutati con prove sperimentali, tuttavia in alcuni casi esse possono essere dedotte direttamente da
quelle dei materiali componenti.
La relazione inversa della (35), che esplicita le tensioni rispetto alle deformazioni, è la seguente:

E1 ν 12 E2
0
σ 11  1 − ν 12ν 21 1 − ν 12ν 21 ε11 
  ν 21E1 E2  
σ 22  = 0 ε 22  (2.38)
 τ  1 − ν 12ν 21 1 − ν 12ν 21  
 12  0 0 G12 γ 12 

ovvero, in forma compatta,


σ12 = Θ12 ε12 (2.39)

nella quale Θ12 la matrice di rigidezza negli assi della lamina.


Le (35) e (38) legano tra loro tensioni e deformazioni negli assi della lamina. Per ottenere analoghe formule in
assi generici x, y, anch’essi paralleli al piano della lamina, formanti angolo α rispetto agli assi 1, 2, è necessario
ricorrere alle formule di trasformazione delle coordinate. Ponendo m=cosα e n=senα, la deformazione e la tensione
negli assi x, y sono date dalle seguenti espressioni:

ε xx  m2 n2 − m n ε11  σ xx  m 2 n2 − 2 m n σ 11 
       
ε yy  = n m n ε 22  σ yy  = n 2 m n σ 22 
2 2 2 2
m m (2.40,41)
γ  2 m n − 2 m n m 2 − n 2 γ  τ  m n − m n m 2 − n 2  τ 
 xy   12   xy   12 
Queste relazioni possono essere scritte nella seguente forma compatta:

ε xy = Ψ ε12 σ xy = Ρ σ12 (2.42,43)

Esplicitando le ε12 e σ12 in funzione delle εxy e σxy mediante le inverse della (42) e della (43), introducendo le
espressioni ottenute nella (36) e nella (39) ed esplicitando rispetto ad εxy e σxy, si ottiene

ε xy = Ψ Φ12 Ρ −1 σ xy σ xy = Ρ Θ12 Ψ −1 ε xy (2.44,45)

Ponendo

2.7
Φ xy = Ψ Φ12 Ρ −1 Θ xy = Ρ Θ12 Ψ −1 (2.46,47)

infine si ottiene

ε xy = Φ xy σ xy σ xy = Θ xy ε xy (2.48,49)

Queste relazioni consentono di calcolare le deformazioni per tensioni applicate in direzioni qualsiasi e viceversa.
Determinazione del modulo parallelo alle fibre E1
Come detto, le costanti ingegneristiche E1, E2 e ν12 del materiale ortotropo dipendono dalle costanti elastiche Em, νm,
Er, νr della matrice e del rinforzo. Esse devono essere determinate sperimentalmente, ma, in alcuni casi possono
essere determinate direttamente da quelle dei materiali componenti.
Nel caso in esame (fig.6) Ar è l’area data dalla somma delle aree delle sezioni trasversali delle fibre di rinforzo
ed Am è l’area occupata dalla matrice. Naturalmente l’area della sezione trasversale del materiale composito è

A = Ar + Am (2.50)

Poiché la lunghezza in direzione 1 è uguale per le fibre e la matrice, le frazioni volumetriche di rinforzo e
matrice rispetto al materiale composito, definite semplicemente come rapporti tra il volume di fibra e di matrice e il
volume totale, possono essere espresse come
Ar Am
vr = vm = 1 − vr = (2.51,52)
A A
In direzione 1 le fibre agiscono in parallelo con la matrice; in presenza di tensione uniassiale σ11, la
deformazione in direzione 1 risulta uguale per rinforzo e matrice mentre la forza complessivamente agente nella
stessa direzione è data dalla somma delle forze agenti nel rinforzo e nella matrice

ε11 = ε r = ε m = ε σ 11 A = σ r Ar + σ m Am (2.53,54)

Le tensioni agenti nel rinforzo e nella matrice σr e σm in direzione 1 e la tensione media agente nella lamina σ11
sono legate alle corrispondenti deformazioni mediante le classiche relazioni costitutive

σ r = Erε r σ m = Emε m σ 11 = E1ε11 (2.55-57)

Sostituendo le (55-57) nella (54) e utilizzando la (53) per eliminare le deformazioni, si ottiene
Er Ar + Em Am
E11 = = vr Er + vm Em (2.58)
A

Determinazione del modulo ortogonale alle fibre E2


Nel caso del modulo longitudinale la disposizione effettiva delle fibre nella matrice non influenza molto il valore
ottenuto con la (58), al contrario, nel caso del modulo trasversale, una analisi esatta non può essere effettuata e si
approssima la geometria effettiva del composito (ad es. in fig.6c) con quella mostrata in fig.6b. Il risultato che si
ottiene deve essere considerato un limite inferiore del valore effettivo.
Nel caso in esame siano Lr ed Lm la lunghezza totale in direzione y delle sezioni trasversali delle fibre di rinforzo
e della matrice (vedi fig.6). Naturalmente la lunghezza totale è

L = Lr + Lm (2.59)

Poiché la lunghezza in direzione 1 e lo spessore sono uguali per le fibre e la matrice, le frazioni volumetriche di
rinforzo e matrice rispetto al materiale composito possono essere ottenute come rapporti tra le lunghezze Lr ed Lm e
la lunghezza totale L
Lr Lm
vr = vm = 1 − vr = (2.60,61)
L L
Lo schema di fig.6b coincide con quello di elementi elastici disposti in serie; in presenza di tensione uniassiale
σ22, la forza agente nella matrice e nel rinforzo è la stessa e, di conseguenza, risultano uguali le tensioni, mentre
l’allungamento complessivo è dato dalla somma degli allungamenti nel rinforzo e nella matrice:

σ 22 = σ r = σ m ∆L = ∆Lr + ∆Lm = ε 22 L = ε r Lr + ε m Lm (2.62,63)

Anche in questo caso le tensioni e le deformazioni in direzione 2 nel rinforzo e nella matrice, la tensione media
agente nella lamina in direzione 2 e l’analoga deformazione sono legate tra loro mediante le classiche relazioni
costitutive:
2.8
ε r = σ r Er ε m = σ m Em ε 22 = σ 22 E2 (2.64-66)

Sostituendo le (64-66) nella (63) a destra e utilizzando la (62) per eliminare le tensioni, si ottiene
1 1 Lr 1 Lm vr vm
= + = + (2.67)
E2 Er L Em L Er Em
da cui
Er Em
E2 = (2.68)
vr Em + vm Er
In modo analogo è possibile ottenere le seguenti relazioni tra le altre costanti del materiale
Gr Gm
ν 12 = vrν r + vmν m G12 = (2.69)
vr Gm + vmGr

2.9
Lavoro di deformazione
Nel caso di un solido di materiale elastico, isotropo e omogeneo, si definisce lavoro di deformazione (potenziale
elastico, energia elastica) ad unità di volume la seguente quantità:

l = 12 σ T ε = 1
2
(σ x ε x + σ y ε y + σ z ε z + τ xy γ xy + τ xz γ xz + τ yz γ yz ) (2.70)

essa è una quantità scalare positiva pari al lavoro necessario a portare l'unità di volume di un solido dallo stato
iniziale indeformato a quello finale deformato.
Il lavoro di deformazione complessivo compiuto dalle forze interne si ottiene integrando l’espressione
precedente rispetto al volume:
Li = ∫σ ε dV
1 T
(2.71)
2
V
La (71), scritta per esteso, diventa

Li = 1
2 ∫ (σ
V
x ε x + σ y ε y + σ z ε z + τ xy γ xy + τ xz γ xz + τ yz γ yz )dV (2.72)

Si osservi che il lavoro compiuto dalla tensione normale σx per deformare un elementino di volume è dato
appunto dalla seguente quantità:

dL = 12 dFx du = 12 σ xdA ε xdx = 12 σ x ε xdV . (2.73)

Il termine ½ dipende dal fatto che il lavoro si ottiene passando gradualmente dal livello di tensione applicata
nulla con deformazione nulla al livello finale. Allo stesso modo il lavoro compiuto dalla tensione tangenziale τxy=τyx
per deformare un elementino di volume è dato da:

1  du dw  1
dL = 1

2
dFx du + dFy dv  = τ yx dxdz

2 
dy + τ xy dydz dx = τ xy γ xy dV . (2.74)

 dx dy  2
Teorema di Clapeyron
Indicando con F e T le forze esterne rispettivamente di volume e di superficie agenti sul solido, e con s i relativi
spostamenti, il lavoro di tali forze è dato dalle seguente espressione:

Le = ∫F s dV + 12 ∫ T T s dS
1 T
(2.75)
2
V S

Il teorema di Clapeyron afferma che l’energia elastica Li immagazzinata in un solido elastico-lineare è pari al
lavoro compiuto dalle forze esterne applicate gradualmente dal valore 0 al valore finale durante il processo di
deformazione (cioè è uguale alla metà del lavoro che le forze compirebbero se agissero con l’intensità finale durante
l’intero processo di deformazione):
Le=Li. (2.76)
La (76) scritta per esteso fornisce:

∫F s dV + ∫ T T s dS = ∫ σ T ε dV
T
(2.77)
V S V

2.10

Potrebbero piacerti anche