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L’insoddisfazione di Freud

per L’interpretazione dei sogni*


Luigi Antonello Armando**, Marianna Bolko***

Riassunto. Questo scritto è l’anticipazione di un capitolo di un prossimo libro, intitolato Il


trauma dimenticato. L’interpretazione dei sogni nelle psicoterapie: storia, teoria, tecnica. Gli
autori focalizzano la loro attenzione sull’interesse di Freud per i sogni telepatici e sul suo rap-
porto con l’arte. Viene messa in luce sia l’insoddisfazione di Freud nei confronti della propria
teoria del sogno, sia l’invito da lui rivolto agli psicoanalisti ad andare oltre il paradigma inter-
pretativo del sogno fondato sul complesso edipico. Questo scritto costituisce la premessa di una
ricognizione delle risposte date a quell’invito di Freud nel corso della storia della psicoanalisi e
di un tentativo di condurle a compimento. [Parole chiave: Freud; Sogni; Telepatia; Arte; In-
soddisfazione di Freud per la sua teoria del sogno]

1. I quattro elementi della definizione del 1899


Si è soliti riferire che nel libro del 1899 Freud ha definito il sogno come
soddisfazione allucinatoria di desideri rimossi. In quel libro egli presenta il
sogno come un fenomeno che si forma nel sistema inconscio e ha la funzione
di proteggere il sonno: nel sogno, i desideri che scuotono l’apparato psichico e
non sono appagabili nella motilità vengono soddisfatti allucinatoriamente, in
modo che quel sistema viene riportato allo stato di quiete. La definizione che
egli dà del sogno in quel libro è dunque più complessa di come viene abitual-
mente riferita. Essa si compone di quattro elementi.
Il primo dice cosa debba intendersi per “sogno”, che esso è un fenomeno
inconscio, cioè che il “vero sogno” non è quello captato al risveglio ed even-
tualmente raccontato.
*
Questo scritto riassume il cap. 5 del libro di Luigi Antonello Armando e Marianna Bolko,
Il trauma dimenticato. L’interpretazione dei sogni nelle psicoterapie: storia, teoria, tecnica
(Milano: FrancoAngeli, 2017, pp. 64-71). Al di là delle opinioni che si possono avere in merito
all’esistenza o meno dei sogni telepatici, è un dato di fatto che Freud vide nella sola ipotesi del-
la loro esistenza il punto debole della sua teoria del sogno, tanto da dichiararsene insoddisfatto.
Prendendo spunto da ciò, il libro in una prima parte ricostruisce la genesi della teoria del sogno
di Freud e passa in rassegna i principali modi in cui gli psicoanalisti si sono rapportati alla sua
insoddisfazione, e in una seconda parte propone una nuova teoria e una nuova tecnica della in-
terpretazione dei sogni. Ringraziamo per il permesso di pubblicazione.
**
Via Marmorata 169, 00153 Roma, E-Mail <antonello@antonelloarmando.it>.
***
Via Garibaldi 3, 40124 Bologna, E-Mail <bolko@libero.it>.
Psicoterapia e Scienze Umane, 2017, 51 (3): 375-382. DOI: 10.3280/PU2017-003002
www.psicoterapiaescienzeumane.it ISSN 0394-2864 – eISSN 1972-5043
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Il secondo riguarda come si forma.
Il terzo attribuisce al sogno la funzione di proteggere il sonno allucinando
la soddisfazione di desideri che lo turbano e ristabilendo così l’omeostasi
dell’apparato psichico.
Il quarto enuncia cosa significa: stabilisce che i desideri tendenti alla sod-
disfazione sono tutti riconducibili a un complesso radicato nel passato
dell’individuo e della specie; e che dunque il sogno significa sempre un passa-
to. Le ultimissime righe de L’interpretazione dei sogni insistono proprio su
questo punto: «(…) è dal passato che deriva il sogno, in ogni senso. È vero,
anche l’antica credenza che il sogno ci mostra il futuro non è completamente
priva di verità. Rappresentandoci un desiderio come appagato, il sogno ci por-
ta certo verso il futuro, ma questo futuro, considerato dal sognatore come pre-
sente, è modellato dal desiderio indistruttibile su una immagine di quel passa-
to» (Freud, 1899, p. 565).
Questi quattro elementi si sostengono a vicenda nel tessere la definizione;
riguardano però aspetti diversi del sogno e differiscono per il modo in cui
Freud giunge a formularli e per l’importanza che rivestono.
Rispetto al modo, nel formulare i primi tre elementi egli attinge alle cono-
scenze acquisite nella propria formazione medica. Nel collocare il sogno in un
“luogo” dell’apparato psichico, nel costruire la rappresentazione di tale appa-
rato, nel descrivere come il sogno si forma e indicarne la funzione, si serve di
nozioni e modelli tratti dalla fisiologia, dalla psicofisica, dall’idraulica e
dall’ottica del suo tempo. Invece, nel definire il significato del sogno identifi-
cando i desideri che turbano il sonno, si serve di nozioni e modelli tratti dal
mito, dalla religione e dalla filosofia.
Rispetto all’importanza, il quarto elemento ne ha una particolare per alme-
no tre motivi: perché sostiene gli altri conferendo unità al discorso di Freud
sul sogno e senso alla sua affermazione di averne svelato il segreto; perché
fornisce il paradigma interpretativo del sogno; e perché è stato soprattutto es-
so ad avere destato interesse per il libro del 1899 conferendogli l’autorità che
ancor oggi possiede.
Inoltre, quel quarto elemento acquisisce particolare importanza perché cor-
risponde alla formulazione del complesso edipico risalente al 21 settembre
1897 che Freud (1887-1904 pp. 297-299) considerava come «la più valida
delle scoperte» che avesse «avuto la fortuna di fare» (Freud, 1899, p. 9) e sul-
la quale avrebbe costruito un’antropologia. Ancora nel 1938, nella sua ultima
opera, il Compendio di psicoanalisi, infatti scriveva: «Oso dire che, se pure la
psicoanalisi non potesse vantare nessun altro risultato oltre la scoperta del
complesso edipico rimosso, questa scoperta sola le darebbe comunque il dirit-
to di essere annoverata tra le preziose nuove acquisizioni dell’umanità»
(Freud, 1938, p. 619).
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2. Cinque tipi di sogni che non sembrano spiegabili in base alla definizio-
ne del 1899
a. Sogni di angoscia, di controdesiderio, di punizione e post-traumatici
Cinque tipi di sogni (di angoscia, di controdesiderio, di punizione, post-
traumatici e telepatici) costituivano una debolezza per la definizione del 1899.
I primi quattro per il suo terzo elemento, quello riguardante la funzione del
sogno; il quinto per il suo quarto elemento, quello riguardante il significato.
Freud discute la debolezza dovuta al primo tipo di sogni all’inizio del capi-
tolo IV de L’interpretazione dei sogni, in cui scrive: «(…) i sogni d’angoscia
sembrano non consentire la generalizzazione assiomatica dell’asserto (…) che
i sogni siano appagamenti di desideri; sembrano anzi autorizzare a definire
assurda questa tesi» (Freud, 1899, p. 132). Per superare questa debolezza egli
distingue tra contenuto manifesto e contenuto latente del sogno; scavando poi
nel contenuto latente, attraverso un percorso che tocca i fenomeni della censu-
ra e della deformazione, conclude che quei sogni sono comunque «sogni di
contenuto sessuale, la cui libido si è trasformata in angoscia» (p. 155) perché
in essi la censura non avrebbe funzionato.
Più avanti, nello stesso capitolo IV, discute la debolezza della definizione
rispetto ai sogni di «controdesiderio» nei quali viene soddisfatto l’opposto di
quanto si desidera; e la risolve sostenendo che «il mancato adempimento di un
desiderio comporta l’appagamento di un altro» (p. 145). Porta al riguardo
l’esempio di un sogno nel quale la sognatrice realizzava la cosa più contraria
ai suoi desideri e cioè andava in vacanza con la suocera; e sostiene che, es-
sendo ella venuta a sapere della sua teoria del sogno, con quel sogno soddisfa-
ceva il desiderio di contraddirlo (p. 146).
Risolve anche la debolezza della definizione rispetto ai sogni nei quali il
sognatore rivive uno stato affettivo spiacevole. Lo fa avvalendosi di tre argo-
mentazioni avanzate in tempi diversi.
La prima consiste nel concepirli come «sogni di punizione» (pp. 435 e
508) che soddisfano «tendenze masochistiche» (p. 435).
La seconda consiste nel chiamare in causa «circostanze collaterali» (p.
436) a quelle responsabili di tale stato affettivo e nel ricavarne la possibilità di
scorgere in quei sogni la soddisfazione di un qualche desiderio. Porta al ri-
guardo l’esempio di un proprio sogno nel quale rivive situazioni spiacevoli
degli anni della propria formazione; e sostiene che esso, collateralmente a far-
gli rivivere quelle situazioni, soddisfa, nel ricondurlo a quegli anni, anche il
suo «desiderio di gioventù» (p. 436).
La terza consegue al passaggio dal modello topografico a quello strutturale
della mente e consiste nello spiegare quei sogni in base alla soddisfazione
dell’istanza punitiva del Super-Io.
Un’altra debolezza della definizione gli si presentò quando, dopo la Prima
guerra mondiale, incontrò il ripetersi, nei sogni di reduci, di un trauma subìto.
Quei sogni, denominati “post-traumatici”, si opponevano con particolare forza

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all’asserto che i sogni soddisfacessero desideri. Egli affrontò questa debolezza
nel 1920, in Al di là del principio di piacere, e tornò sull’argomento nel 1922,
nel 1925 e nel 1932. Nello scritto del 1920 sostenne – e nei successivi con-
fermò – che quei sogni non inficiavano il terzo elemento della definizione. Per
farlo, modificò la teoria: ipotizzò una pulsione di morte e poté così sostituire
l’asserto che l’apparato psichico fosse governato dalla legge dell’omeostasi e
dal principio di piacere con quello che lo fosse dalla legge dell’inerzia e da un
principio, posto “al di là” di quello del piacere, che quei sogni tenterebbero di
soddisfare. Nel 1932, la difficoltà di attribuire al sogno la funzione di soddi-
sfare allucinatoriamente desideri lo porterà a parlare non di «soddisfazione»,
ma di «tentativo di appagamento del desiderio» (Freud, 1932, p. 144).
b. Sogni telepatici
È significativo notare come le opere divulgative della teoria freudiana del
sogno, quali ad esempio quelle di Garma (1938), della Scharpe (1961) o di
Nagera (1973), discutano le debolezze che gravano sulla definizione del so-
gno come appagamento allucinatorio di desideri a motivo dei sopraddetti
quattro tipi di sogni, ma non quella che i sogni telepatici facevano pesare su
tale definizione. Questa debolezza non toccava, come le altre, il suo terzo e-
lemento, ma l’ultimo, quello riguardante il significato del sogno: faceva dubi-
tare che tale significato andasse reperito in un passato centrato sul complesso
edipico. La possibilità dell’esistenza di sogni nei quali il sognatore coglieva,
senza alcuna mediazione sensoriale, eventi che potevano verificarsi anche nel-
la sua contemporaneità indeboliva la tesi che nel contenuto latente dei sogni si
rappresentasse sempre un passato del sognatore.
Freud discute questa difficoltà in Sogno e telepatia, del 1921. Esordisce af-
fermando di non avere esperienza di sogni telepatici: non ne ha fatti e non li
ha incontrati nei suoi pazienti. Tuttavia non si ritrae dal discuterne. Lo fa av-
valendosi di due sogni che due persone, un uomo e una donna, gli avevano
comunicato per scritto, insieme ad alcune informazioni su episodi della loro
vita, nel generoso intento di mettergli a disposizione materiale utile alla sua
ricerca. Non è necessario riportare le complesse argomentazioni con le quali
egli discute se quei sogni sfuggivano alla possibilità di essere compresi in ba-
se al quarto elemento della definizione del 1899. Basta riportare la sua con-
clusione perentoria: anche quei sogni sono «chiaramente collegati a emozioni
che rientrano nell’ambito del complesso edipico» (Freud, 1921b, p. 406).
c. Una vittoria di Pirro
Questa di Freud sui sogni telepatici è però una sorta di vittoria di Pirro. E-
gli vince la battaglia contro quei sogni respingendo il dubbio che sollevavano
sulla validità del paradigma interpreta-tivo, ma lascia incerto l’esito della
guerra contro un insieme di fenomeni paranormali tra i quali rientrano quelli

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telepatici. Ciò non è privo di conseguenze rispetto a quel paradigma perché
quell’insieme di fenomeni metteva in dubbio l’attendibilità del suo fondamen-
to costituito dalla formulazione del complesso edipico nel 1897.

3. I fenomeni paranormali e l’insoddisfazione di Freud per la formula-


zione del 1897
a. «Un passo enorme»
L’interesse di Freud per i fenomeni paranormali risale al suo soggiorno a
Parigi del 1985-86. Dalla sua corrispondenza con Jones e da testimonianze di
questi, risulta che insieme a Ferenczi e alla figlia Anna condusse poi esperi-
menti di trasmissione del pensiero dai quali fu convinto a non dare peso ai
motivi diplomatici che sconsigliavano di prestare attenzione a quei fenomeni.
In una lettera del 1921 al parapsicologo Hereward Carrington (Roudinesco,
2014, p. 288) dichiarò anzi che, vivendo una seconda volta, non si sarebbe
dedicato alla psicoanalisi ma alla ricerca su quei fenomeni; e in effetti dopo il
1920 quell’interesse acquisì un’intensità particolare che lo spinse a scriverne.
Nel 1921, in Psicoanalisi e telepatia, pubblicato postumo nel 1941, egli af-
fronta il problema del pericolo che avrebbe costituito per la psicoanalisi
l’incremento dell’interesse per fenomeni che, come scriverà nel 1932, pro-
spettano un «“al di là”» (Freud, 1932, p. 145) che essa, e la scienza in genera-
le, sono inadeguate a esplorare. Ma, contro l’«atteggiamento mentale» (Freud,
1921a, p. 347) di molti colleghi, cui rimprovera rigidità di pensiero e poca di-
sposizione ad accogliere il nuovo, afferma che «non è affatto detto che il raf-
forzarsi dell’interesse per l’occultismo debba costituire un pericolo per la psi-
coanalisi» (p. 346)1 e li invita a considerare piuttosto «che passo enorme sa-
rebbe rispetto alle concezioni di cui ci siamo fatti sostenitori se accogliessimo
anche soltanto quest’unica ipotesi» (p. 361) [quella dell’esistenza della tra-
smissione del pensiero].
Parole come queste esprimono, pur senza nominarla, un’insoddisfazione di
Freud che non riguardava solo la sua definizione del sogno, ma anche l’in-
sieme della sua concezione e che si svolgeva nell’auspicio di compiere un
«passo enorme» (Freud, 1921, p. 345) oltre essa. Quel passo doveva consiste-
re nella produzione di due effetti: svelare «capacità della mente umana» non
ancora riconosciute dalla scienza e dalla psicoanalisi, e consentire l’accesso a
«una specie di “al di là” [diverso da quello da esse] costruito» (ibidem). Le
1
«(…) la revisione de L’interpretazione dei sogni (…) mi ha spinto a riprendere in conside-
razione il problema della telepatia. Inoltre i miei esperimenti e le prove eseguite con Ferenczi e
mia figlia mi hanno talmente convinto che le considerazioni diplomatiche hanno ceduto il cam-
po. Mi sono trovato ancora una volta di fronte a un caso nel quale, in scala ridotta, ho dovuto
ripetere l’esperimento cruciale della mia vita, e cioè esprimere una convinzione senza tenere
conto dell’eco suscitata nel mondo» (Freud, cit. in: Jones, 1953-57, vol. III, p. 464).

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capacità della mente umana riconosciute dalla psicoanalisi sono quelle previ-
ste dal suo atto di fondazione; e cioè dai due cardini della formulazione del
1897 costituiti dalla concezione del trauma come evento endopsichico e dalla
concezione della formazione tardiva di un Io in grado di reggerne l’urto.
b. «Una specie di “al di là”»
È necessario ora un primo chiarimento su cosa intendere per un «“al di
là”» precluso alle suddette capacità e mostrare la provocazione implicita nella
dichiarazione di Freud della propria insoddisfazione nei confronti delle con-
cezioni che egli e i suoi colleghi sostenevano. «“Al di là”» (Freud, 1932, p.
145) è termine di significato incerto. Due testi subito precedenti Psicoanalisi e
telepatia (1921), cioè Al di là del principio di piacere del 1920 e “Lo spaesan-
te”2 del 1919, aiutano però a definirlo. Tra loro esiste uno stretto rapporto
(Armando, 2009). Freud interruppe infatti la stesura di quello del 1920 per
dedicarsi all’altro. Dovette farlo perché qualcosa ostacolava la sua intenzione
di proporre, nella seconda parte di quel testo, da lui detta «speculativa»
(Freud, 1930, p. 210), il concetto di una coazione a ripetere guidata dalla pul-
sione di morte. Ciò che ostacolava tale intenzione era un insieme di fenomeni
accomunati dalla caratteristica di esporre un soggetto al trauma dell’esperien-
za di un nuovo, e che dunque si opponevano all’enunciazione di tale legge, tra
i quali figuravano i fenomeni paranormali.
Possiamo così cominciare ad attribuire un significato definito all’e-
spressione «“al di là”» che compare in Psicoanalisi e telepatia.
Per un verso quell’espressione indica la sequenza di due scritture: Freud
sentì di dovere scrivere “Lo spaesante” «“al di là”», cioè “prima”, del comple-
tamento della scrittura di Al di là del principio di piacere.
Per un altro verso quell’espressione essa indica il rapporto esistente tra una
formulazione concettuale e alcuni dati empirici: dice che i fenomeni paranor-
mali non sono spiegabili in base alla legge della ripetizione, stanno «“al di
là”», cioè “oltre”, il suo raggio di azione tanto da ostacolare l’enunciazione di
tale legge.
L’espressione «“al di là”» ha però anche un terzo significato. Indica qual-
cosa che sta «“al di là”» da quei fenomeni nel senso sia che vi si aggiunge, sia
che vi resta come nascosto. Tra quelli di cui “Lo spaesante” tratta ve ne è in-
fatti uno che disturba particolarmente l’intenzione speculativa di Freud:
l’«altissimo godimento» (p. 203) indotto dalle opere d’arte. Dunque «“al di

2
Si tratta del saggio il cui titolo tedesco, Das Unheimliche, è stato reso in italiano con Il
perturbante (Freud, 1919), che in realtà traduce l’inglese The Uncanny, con la quale è stato re-
so nella Standard Edition. “Perturbante” e “Uncanny” restringono a quello di “sinistro” il signi-
ficato della parola tedesca che comprende invece i significati di “inaspettato”, “estraneo”, “in-
consueto”, “spaesante”. Riteniamo che il termine italiano più aderente a quello tedesco sia
“spaesante”.

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là”» dall’ostacolo posto a tale intenzione dai fenomeni paranormali, in ag-
giunta a essi e da essi nascosto, v’è quello postole dal trauma indotto da quelle
opere.
Ne “Lo spaesante”, Freud si apre la strada a completare la parte speculati-
va dello scritto del 1920. Lo fa equiparando le due esperienze. Ciò gli permet-
te infatti di concludere che è possibile risolvere il trauma del nuovo indotto
dalle espressioni artistiche allo stesso modo in cui può essere spiegato quello
indotto dai fenomeni paranormali, cioè come ripetizione di esperienze passate.
Visto in questo contesto, il fatto che, subito dopo il 1920, l’interesse di
Freud per i fenomeni paranormali assuma un’intensità tale da indurlo a scri-
verne può essere spiegato come segue. La scrittura de “Lo spaesante” sembra-
va avere soddisfatto l’intenzione di superare l’ostacolo posto dal trauma indot-
to dalle opere d’arte all’enunciazione della legge della coazione a ripetere.
Non però abbastanza da far sì che quell’ostacolo non si ripresentasse sotto le
vesti dei fenomeni paranormali cui le espressioni artistiche erano state equipa-
rate. In una prospettiva dinamica, possiamo considerare il ritorno dopo il 1920
dell’interesse di Freud per i fenomeni paranormali come l’espressione sinto-
matica della persistenza dell’interesse per il trauma indotto dalle opere d’arte.
c. La provocazione di Freud agli psicoanalisti e un filo rosso
Freud (1921) non ha affermato solo, in Psicoanalisi e telepatia, che non
necessariamente «il rafforzarsi dell’interesse per l’occultismo costituisca un
pericolo per la psicoanalisi» (p. 346); nel 1932, nella lezione intitolata Revi-
sione della teoria del sogno, lamentò che «gli analisti si comportavano come
se non ci fosse null’altro da dire sui sogni, come se non ci fosse nulla da ag-
giungere alla teoria del sogno» (p. 124); come se egli, ne L’interpretazione dei
sogni, avesse detto in merito tutto. Rivolgeva loro dunque implicitamente, più
che un invito, una provocazione a farsi carico della sua insoddisfazione per il
paradigma interpretativo dei sogni e per l’insieme della sua concezione.
Marianna Bolko e Alberto Merini hanno rilevato l’indifferenza con cui è
stato accolto l’interesse di Freud per i fenomeni paranormali. Hanno parlato di
presenza, nella storia della psicoanalisi, di un «occultamento dell’occulto»
(Bolko & Merini, 1991b, p. 129) riconducendolo, oltre che alle considerazioni
diplomatiche accennate dallo stesso Freud, «a una dimensione individuale ri-
feribile alla riluttanza-ambivalenza-resistenza» (ibid., p. 130) a occuparsi dei
fenomeni oggetto di quell’interesse. Hanno poi sostenuto che il complesso
rapporto di Freud con quei fenomeni costituisce «un filo rosso che attraversa
tutta la storia del pensiero psicoanalitico» (Bolko & Merini, 1991a, p. 26).
In altri termini, gli psicoanalisti si sono mostrati sensibili alla provocazione
di Freud; è dunque necessario farsi un’idea dei modi in cui alcuni di loro
l’hanno respinta, altri accolta…

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Abstract. Freud’s dissatisfaction with The Interpretation of Dreams. This paper is the antici-
pation of a chapter of an incoming book titled “The Forgotten Trauma. The Interpretation of
Dreams in the Psychotherapies: History, Theory, Technique” [Il trauma dimenticato. L’inter-
pretazione dei sogni nelle psicoterapie: storia, teoria, tecnica. Milan: FrancoAngeli, 2017].
Freud’s interest for telepathic dreams and his relation with art are discussed. Both Freud’s dis-
satisfaction with his own theory of dreams and the exhortation that he addressed to the psycho-
analysts to go beyond the interpretative paradigm of dreams founded on the Oedipus complex
are investigated. This paper is the premise to a survey of the answers which have been given to
Freud’s exhortation in the course of the history of psychoanalysis, and to an attempt to fulfill
them. [Key words: Freud; Dreams; Telepathy; Art; Freud’s dissatisfaction for his dream theory]

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