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IL SOGNO CENTO ANNI DOPO.

“BOLOGNINI”

CAPITOLO 1: ESTETICA DEL SOGNO E TERAPIA A CENTO ANNI DALLA TRAUMDEUTUNG

“L’Interpretazione dei sogni” riprende l’antica arte dell’oniromanzia distanziandosi tuttavia dallo
psicologismo incorporeo tipico della psicologia metafisica. Freud, infatti, prende molto dalla neurobiologia e
si basa, almeno in un primo momento, su un impianto fortemente energetista e biologico-funzionale.
Comunque, ciò che lui intende fare è “spiegare lo psichico con lo psichico” senza isolare la psicopatologia dalla
vita psichica corrente, senza uscire dal terreno puramente psicologico. In realtà, Freud cerca man mano di
ritagliarsi uno spazio concettuale per ampliare il discorso psicoanalitico sul sogno, uno spazio intermedio tra
l’ipervalutazione (sogno come via regia per accedere all’inconscio) e la squalificazione (sogno come prodotto
marginale, stocastico e arbitrario, che non rivela nulla sull’esperienza umana).

Schopenhauer ebbe delle riflessioni geniali sul sogno, al quale lui attribuiva un posto privilegiato. Egli
sostenne che nel sogno profondo trova espressione la spinta endogena della cieca volontà. Per lui il sogno era
pura manifestazione della volontà, la quale nella rappresentazione onirica si serve delle forme del linguaggio
e della memoria usandoli come argini. Freud fece propria l’idea schopenhaeuriana che il sogno andasse al di
là del principio di individuazione, inclusa l’illusione dello spazio e del tempo che i sensi fallaci strutturano
per l’io. Il sogno profondo rivela qualcosa dell’inconscio.

L’interpretazione dei sogni tiene particolarmente a bada due componenti, perché ritenute riprovevoli, le cui
istanze sul sogno troveranno solo molto più avanti precisi sviluppi e una sorta di valorizzazione segreta e
postuma.
Le due componenti sono:
-istanza intuitiva: la penetrazione istantanea sul significato del sogno
-istanza interpretativa: dell’interprete visionario o esso stesso sognatore.

Via regiaàFreud considerava il sogno come la “via regia” per accedere all’inconscio. Questa si tratta di una
via stretta che si fa varco tra due territori antagonisti:
• Il territorio dell’ipervalutazione del sognoà ritenuto come non veramente distinguibile dalla veglia e visto
come fortemente necessario alla formazione del pensiero e dell’azione.
• Il territorio della squalificazione del sognoà ritenuto un’attività illusoriamente significante e valutata
come priva di senso. Non meritevole di essere presa in considerazione come pensiero direzionato,
finalizzato e rivelatore dell’esperienza umana. Il sogno viene visto come un aggregato casuale di
immagini alla rinfusa, al quale solo arbitrariamente viene attribuito un significato. Un sottoprodotto
del funzionamento cerebrale durante il sonno.

Ritagliarsi una via tra queste due posizioni, come fece Freud nel primo capitolo dell’interpretazione dei sogni
resta una mossa strutturale del discorso psicoanalitico sul sogno.
Se pensassimo il sogno e la veglia come qualcosa di totalmente indiscernibile, o se vedessimo il sogno come
uno scarto o qualcosa di marginale della mente, una interpretazione del sogno sarebbe inconcepibile. Se la
riteniamo possibile resta da stabilire la proporzione da assegnare al sogno e alla veglia per un funzionamento
mentale sano. Dalla gestione di questa proporzione sono nati sviluppi teorici e stili psicoanalitici differenti
da quelli di Freud.

L’interpretazione dei sogni pone il sogno come esperienza personale (allucinatoria ed emotiva) che, in via del
tutto rappresentazionale, esprime l’intenzione di attribuire un significato, e dunque portare alla coscienza,
elementi inconsci. Interpretare un sogno significa annettere i sogni alla ragione, trovare un varo consapevole
dalla coscienza all’inconscio.
Pensare di dover sciogliere l’enigma attraverso l’interpretazione, oppure restare nell’enigma continuando a
produrne di nuovi conduce a due modalità di trattamento antitetico, che possono coesistere e che sono
potenzialmente terapeutiche.
Il primo modo per togliere l’esperienza onirica dal suo isolamento è disporre di un contesto/una tradizione
interpretativa/ esperienza di altri casi… E’ diverso se il quadro contestuale è attinto dalle associazioni libere
del sognatore o da quelle dell’interprete: se è costituito da associazioni che partono dal testo onirico o da
materiali differenti, più o meno distanti dal sogno: i discorsi della seduta, i residui diurni… L’insieme delle
possibili connessioni, la duplice direzione centrifuga e centripeta delle associazioni rispetto al sogno,
l’attivazione di ricordi… : l’insieme mobilitato non è meno complesso del processo che porta alla formazione
del sogno. Per quanto sia complesso il groviglio esso è calcolabile a posteriori. Questo è un altro dei principi
dell’interpretazione dei sogni.
Il modello interpretativo del sogno è stato enormemente esteso da Freud stesso e dai suoi successori:
troviamo i modelli dell’interpretazione dei sogni applicati alla comprensione del sintomo nevrotico, all’acting-
out, nell’acting in, dilagano nell’azione, nel delirio in generale e nella realtà del gioco. L’uso metodologico del
gioco sostituisce con la Klein la tecnica delle libere associazioni nella psicologia infantile. Il gioco in presenza
dell’analista mostra il sogno agito nella veglia. Questo mostra che la vita vigile è compenetrata dal sogno e
consente di vedere singole componenti del comportamento come tessere per la costruzione di una fantasia
inconscia attivamente operante entro il soggetto. L’analista non può limitarsi all’attenzione fluttuante, ma
deve attivare una sorta di epochè (Fornari), che sospendendo l’esame di realtà permetta di immettersi nella
dimensione immaginativa del paziente.

Oscillare tra sogno e realtà pare essere una prerogativa essenziale dell’atteggiamento psicoanalitico.
L’incapacità di sognare, o l’essere troppo catturati dal sogno e inabili a valutare la realtà, diventano invece
attribuibili alla patologia più grave.
In psicoanalisi si è sviluppata la tendenza all’ “onirizzazione dell’esperienza” à considerare sogno e realtà
indiscernibili e collocati sullo stesso piano. A questo si accompagna un’angosciosa incertezza e vertigine.
Più si da corso all’indistinzione tra sogno e realtà, più l’analista tende a fare ricorso a interpretazioni
schematiche, la teoria si fa più rigida e il setting formale si accentua. Quando invece l’analista si fa produttore
del sogno, e al sogno risponde con il sogno, il paziente deve farsi interprete dell’analista o è indotto ad
identificarsi con la sua posizione e con la potenza della sua invenzione.

In generale, è importante cogliere però non solo la dimensione intrapsichica, ma anche intersoggettiva del
sogno (nel momento in cui lo si racconta a qualcuno), per cui l’espressione di un vissuto soggettivo, che ci
informa sulla realtà dell’esperienza psichica del sognatore, si muove verso un campo relazionale (il sogno
diventa un indice rispetto al dialogo presente, riferito all’hic et nunc, in riferimento alla seduta in corso o a
quelle poche precedenti) in cui l’interpretazione analitica avviene nella direzione del passato o del futuro, o
di entrambi, attraverso il comune filo del “desiderio” sottostante (Freud). Il desiderio pone ogni possibile
adempimento o realizzazione onirica al presente, ma cii parla del passato ed è rivolto al futuro.
Ci sono poi altre forme di comprensione tese a cogliere la relazione istantanea mediante il sogno o espressa
dal sogno, che a chiarirne i possibili significati rispetto all’inconscioà valorizzazione anche dell’associazione
libera del terapeuta in seguito all’associazione libera sulle immagini oniriche del paziente. Tutto questo,
opportunamente interpretato avvia nuove risposte e trasformazioni. Questo approccio riguarda la reverie
materna di Bion e il va e vieni delle identificazioni proiettive à sostituire l’interpretazione del sogno con un
approccio non interpretativo.

Il sogno è provvisto di senso, anche se può non sembrare. Ci possono essere dei sogni che all’apparenza
sembrano sensati ma, la maggior parte delle volte, i sogni ci sembrano assurdi.
Ad un certo livello i sogni ci appaiono sempre sensati e rimandano ad un significato diverso rispetto a quello
che appare o non appare a livello manifestoà il senso dei sogni è latente e richiede un lavoro psichico
supplementare per essere colto.
Il sogno ci apre ad una prospettiva conoscitiva su una forma di vita interiore alla quale non abbiamo
altrimenti accesso: per Freud erano l’infanzia più remota e le passioni infantili rimosse.

Non bisogna cercare di dare un senso al sogno ad ogni costo, il senso è anche un nostro bisogno.
L’analista (che rappresenta il presente) è fonte di nuove trasformazioni (reverie di Bion) rispetto alle passioni
infantili rimosse di cui il sogno è portatore e che il sogno descrive in associazione alla ripetizione nevrotica
nell’analisi.

La connessione tra sogno e percorso analitico è chiarita anche dal fatto che spesso i sogni nel corso della cura
iniziano a parlare anche della cura stessa: il fenomeno onirico segnala innanzitutto l’effetto del transfert, che
è innanzitutto
conquista di determinati strumenti simbolici. L’interpretazione orientata verso il passato si riattualizza e
sembra riguardare solo il presente, l’interesse attuale del paziente.
L’oscillazione tra passato-presente-futuro, la possibilità, l’ampiezza e la qualità di questo escursus temporale
possono essere un’acquisizione molto problematica, non presente nel soggetto all’inizio del trattamento. La
capacità di realizzare queste prese cognitive e temporali si acquisisce in analisi con il tempo. Questi aspetti
sono ignorati da Freud, il cui interlocutore è un paziente ideale, non soverchiato da tali difficoltà di
organizzazione dell’esperienza e del pensiero.

Come il transfert, anche i sogni richiedono di essere interpretati rispetto all’universo personale connesso alla
produzione onirica.
Affinché il sogno riveli quindi i propri segreti, esso richiede di essere interpretato; in questo il sognatore
riveste un ruolo centrale (l’interpretazione è a suo carico per Freud); infatti, nonostante l’intuito dell’analista
possa essere utile, l’interpretazione psicoanalitica rifiuta di prendere in considerazione quello che viene in
mente all’interprete e accetta ciò che viene in mente al sognatore. Non è la stessa cosa rilevare un senso che
deriva dalla cosa stessa o attribuirgliene a nostro arbitrio qualcuno, così come è diverso se prendiamo sul
serio il testo onirico e lo valorizziamo interpretandolo, oppure se lo sentiamo come un semplice pretesto per
comunicare qualcosa.

Ad ogni elemento del sogno deve accompagnarsi, per Freud, alla produzione di libere associazioni da parte
del sognatore.
Attorno al desiderio onirico si coordina la molteplicità dei pensieri. Il desiderio dovrebbe stabilire
l’orientamento delle associazioni. Le associazioni arrivano sempre al desiderio, al soggetto in quanto
espressione del proprio desiderio, al soggetto in quanto espressione del proprio desiderio, salvo l’ostacolo delle
resistenze, che devono essere analizzate, della censura onirica, che dovrebbe essere aggirataà è questo che
il sogno tenta di fare.
Così come le libere associazioni, anche i sogni permettono di de-codificare il desiderio e la sua ripetizione
nevrotica dietro i meccanismi di censura e crittografia.

Il sogno è il prodotto di spinte, che lo strutturano anche a caso attraverso la meccanica pulsionale, e nello
stesso tempo funziona nei suoi minimi dettagli immaginativo espressivi come un sofisticato apparato retorico
allegorizzante à il sogno ha quindi una finissima capacità espressivaà il discorso immaginifico e poetico
del sogno si serve, a differenza delle associazioni, del linguaggio iconico e preverbale della metafora, che
permette di dare un’immagine a moti affettivi anche preverbali che la parola non sarebbe in grado di
rappresentare, tramite un insieme di immagini condensate.
Di fatto, la fonte energetica dell’onirico è composta dallo scenario immaginativo che scaturisce dal desiderio
sessuale infantile rimosso e dalla libido. I sogni parlano dei desideri inconsci infantili rimossi utilizzando
delle trasformazioni visuo-rappresentative di tali desiderià questo è il nucleo cruciale della scoperta
freudiana.
Il linguaggio onirico è inteso come un sistema retorico di trasformazione in immagine di pensieri inconsci,
questa trasformazione adotta una serie di sistemi di metamorfosi e travestimenti.

Il desiderio, nel sogno, è messo in azione, in immagine, tramite svariati “travestimenti”. Il corpo del sogno
deve essere trasformato dall’interpretazione in una narrazione diversa che non è la stessa con la quale si
presenta alla rappresentazione del sognatore.

La metapsicologia freudiana fa continuo riferimento al teatro come metafora della mente e del sogno. La
metafora teatrale è presente in incognito nell’interpretazione clinica e nel testo metapsicologicoà
sottolineare l’aspetto scenico-teatrale del sogno comporta la valorizzazione della sua componente manifesta:
interessa lo spettacolo onirico-immaginativo per quello che può rappresentare per lo spettatore partecipe.
Esiste dunque una drammatizzazione onirica nella messa in scena “allucinatoria” del sogno, ma anche la sua
interpretazione richiede una drammatizzazione, un dispositivo narrativo-rappresentativo per diventare
intellegibile.

La drammatizzazione onirica avviene nel gioco tra regressione e censura à la censura esercita i suoi effetti
di alterazione e mascheramento simbolico su un testo che non sarebbe altrimenti mai rappresentato, se non
dalle allusioni del sintomo nevrotico o nelle proiezioni della paranoia.

E’ importante sapere se ci troviamo entro una prassi interpretativa che sceglie la strada della messa in scena
dell’interpretazione, oppure quella della decodificazione del discorso del paziente. nel primo caso come
l’interpretazione viene interpretata dall’analista è del tutto irrilevanteà interpretazione come produzione di
immagini più o meno felici e vincolanti, aperte ad articolarsi, a contenere o a riprendere il discorso del
paziente, adeguandosi ad esso.
Nel secondo caso l’analista pensa di dover produrre con il suo intervento una decodificazioneà una
traduzione del testo onirico in un altro testoà decifrazione

Il teatro onirico è popolato di “personaggi” che mettono in scena il desiderio nella sua dimensione manifesta
(lo spettacolo). A essere inscenati sono soprattutto il corpo, i suoi bisogni e le sue tensioni; il mondo interno,
le varie parti delle quali il Sé si compone, ma anche ver personaggià gli oggetti d’amore o di odio, ostacoli
posti al desiderio del soggetto. Insomma, le allusioni al sintomo nevrotico di cui l’analisi si sta occupando.

Il sogno permette d dare al desiderio che si esprime in esso una curvatura del tutto generaleà nel sogno non
si desidera solo l’oggetto amato o perduto e che la rappresentazione onirica ricrea. La rappresentazione in
opera nei sogni scongiura, domina e così allontana la minaccia. La minaccia da scongiurare è la morte, la
perdita di sè o dell’oggetto d’amore, il disordine psichico travolgente o anche il rischio di disordine totale.
Contro questi tipi di disordine l’arte, il sogno e l’interpretazione psicoanalitica edificano il loro ordine, l’ordine
di una rappresentazione la dove l’io potrebbe venire meno o smarrirsi.
Sappiamo però, anche, che il sogno appare allo psicoanalista come uno specchio dell’anima. Ciò che interessa,
quindi, è la componente del simbolo, visibile solo attraverso la drammatizzazione: è la rappresentazione-
narrazione che rende intellegibile l’attribuzione di senso. In tale lavoro di ricerca del senso, lo psicoanalista
non è soltanto spettatore, ma attore e co-autore, poiché anche l’interpretazione chiama in causa un dispositivo
narrativo e creativo di intuizione e assimilabilità emotiva.

CAPITOLO 2: LAVORO DEL SOGNO, LAVORO CON IL SOGNO (Stefano Bolognini)

Il bisogno di difendersi dall’imprevedibilità del destino e dal contatto con l’ignoto che è in noi attraverso
l’onnipotenza magica, ha indotto da sempre l’umanità ad attribuire a sonno e sogni facoltà mistiche e poteri
sovraumani (es. capacità predittive, contatto con i morti ecc.).

Deidealizzazione e demistificazione à Freud non idealizzava il sogno, ma lo riteneva un pensiero come tuti
gli altri, poiché in realtà non è creativo, non sviluppa nessuna fantasia nuova, ma semplicemente condensa,
sposta e dà nuova forma visiva a materiale già esistente. Fred non teneva conto dell’intelligenza emotiva,
ossia quello che oggi noi definiamo la capacità di contatto con il proprio sé o altrui.

Nei casi migliori i sogni ci lasciano intravedere territori inesplorati del mondo interno del paziente e della
relazione;
e a volte può accadere che li “reinterpretiamo” esperienzialmente nell’hic et nunc, senza per questo ripetere
né agire.

Partiamo dal concetto classico di lavoro onirico à processo di trasformazione del contenuto latente in
contenuto manifesto attraverso 3 meccanismi:
- Condensazione à più rappresentazioni confluiscono in un’unica immagine;
- Spostamento à spostamento dell’importo affettivo da una rappresentazione all’altra per prendere distanza
dall’affetto stesso o renderlo più tollerabile;
- Rappresentatività à raffigurazione in immagine di pensieri preconsci.

Lo scopo del lavoro di mascheramento dei contenuti latenti è di legarne gli eccitamenti in modo idoneo per
consentire la prosecuzione indisturbata del sonno. Questo solamente è per Freud il lavoro del sogno.

Questa limitata e ristretta concezione relativa al lavoro del sogno scatena in realtà la perplessità di molti
autori, che iniziano a pensare alla possibilità di inserire nel concetto di “lavoro del sogno” anche aspetti
funzionali, definiti come “elaboratività” (funzione reintegrativa del sogno rispetto al trauma, dimensione
esperienziale del sogno, sogno come passaggio evolutivo, che può promuovere lo sviluppo, ecc…). Ma è
soprattutto da Bion in poi che non si può prescindere da considerare l’importanza della funzione metabolica
del sogno (area onirica creativa che assembla, scompone e
ricombina, modifica gli elementi del mondo interno del paziente, grazie all’azione solvente e riconugante del
processo primario).
Grinberg e altri, sviluppando i concetti di Bion, parlano di un “apparato per pensare i pensieri e sognare i
sogni”, che consente di ricordare, sognando, invece di ripetere con agiti.
Individuano 3 categorie funzionali di sogni:

- Evacuativi à evacuano materiale bruto, morto, catabolico che può o meno trovare poi
scarica diurna nell’analista o in un altro ascoltatore, ma comunque destinato all’espulsione
non comunicativa (dentro o fuori il sognatore). Sono sempre presenti in psicotici e psicopatici.
- Misti
- Elaborativi à compaiono con l’integrazione, hanno spesso una valenza riparativa pur persistendo difese
maniacali, e mostrano la crescente capacità del paziente di prendersi cura di sé stesso.

In analisi, il progressivo aumento della capacità di tollerare un certo dolore depressivo, e la crescente
introiezione della capacità di reverie dell’analista e della sua funzione, consentono al paziente di apprendere
progressivamente a sognare i suoi sogni. S costruisce una relazione di conoscenza autentica verso la realtà
interna, arrivando ad avere un atteggiamento comprensivo più che di scarica notturna nel sogno.
Comunque, i sogni sembrano non avere solo una funzione di protezione del sonno o di rappresentazione di
desiderio. Nei sogni, la simbolizzazione concreta e l’uso di immagini percettive concrete dotate di vividezza
allucinatoria, permettono di rappresentare pensieri astratti, sentimenti e stati soggettivi e permettono al
sognatore di sentire tali configurazioni come più valide e reali à percepire è credere, e ciò contribuisce al senso
di “verità” e di “esperienza” del sogno.

Esempio di lavoro non difensivo del sogno

Es. del sogno di Alessandra che ha paura di gestire un seminario, questa anticipazione dell’esperienza muove
in lei paura, conflitti, senso di indegnità e inadeguatezza etc. A. conclude che non sarebbe andata al
seminario. La sera prima fa un sogno: è al seminario, ha freddo ai piedi (ci sono degli spifferi) e alle gambe,
si ripara le gambe dietro a una tenda e si mette i calzettoni. Dopo ciò sta meglio. Dopo il sogno A. si è svegliata
di buon umore ed è andata al seminario e si è sentita abbastanza bene. Potremmo dire che nel sogno è riuscita
a prendersi cura di sé per quel tanto che serviva a proteggersi dagli spifferi-attacchi-maldicenze così temuti
e persecutori, e a provvedere a una certa “termoregolazione emotiva” necessaria ai fini di un progresso. Si
può affermare che questo sogno sia servito a qualcosa, che abbia avuto una funzione? Questo sogno sembra
non solo aver protetto il sonno, non solo aver rappresentato un desiderio. Sembra aver messo in scena con
efficacia un know-how concreto (mettersi addosso opportune difese, i calzettoni) che in qualche modo è
ritrovabile nel successivo assetto interno della paziente. Questo sogno sembra confermare le osservazioni di
Fosshage sull’emergere di una nuova configurazione onirica come passaggio evolutivo che può promuovere lo
sviluppo. Ora, si può sostenere che A. sia andata al seminario poiché ha fatto quel sogno? A rigore di logica
no. Si può però constatare che c’è andata poi che (cioè dopo che) ha fatto quel sogno. Questo esempio non vuole
quindi istituire dei nessi causali, ma tenere aperta la continuità di uno sviluppo di eventi e di senso.
Assetto dell’analista e lavoro con il sogno à Una felice indefinitezza temporanea ci caratterizza spesso
quando lavoriamo con il sogno: ad esempio “mettendo le mani” in un sogno di cui non abbiamo capito niente,
cominciando a parlarne ad alta voce con il paziente, a volte si realizzano sviluppi imprevisti, in noi e in lui e,
rinunciando all’obiettivo esclusivo di dare un’interpretazione, si viene a creare la nascita di qualcosa in un
campo mentale condiviso.
In altre occasioni è la sospensione - compresa l’“astinenza rappresentazionale” – a produrre in noi la
lievitazione di movimenti interni creativi. Trascriviamo il sogno e il nesso non logico spunta da noi o dal
paziente proprio perché fiduciosamente non cercato.
Fornari afferma che gli analisti devono rimanere “ben svegli” e non troppo trasognanti, affinchè non perdano
il senso della realtà mentre conducono il pz. attraverso il complicato e lungo percorso psicoanalitico.

Analista à non confinato in una dimensione sognante ma capace di riemergere verso lo stato di coscienza;
oscilla continuamente tra investigazione e reverie, tra la modalità freudiana di far associare il paziente su
vari elementi, e altri modi più intuitivo-empatici di cogliere senso e nessi.
Ulteriori declinazioni tecniche di questa alternanza à da un lato, il giocare con le fantasie connesse al sogno;
dall’altro, con stile più cognitivo, l’analizzare come il sogno viene presentato: ad esempio, “ho fatto un sogno”
(senso creativo attivo); “ho avuto un sogno” (senso passivo); “finalmente ho un sogno” (tipico dei pazienti
intellettualizzanti, ma consci dei propri ostacoli al contatto con l’interno)”.
Nel lavoro con il sogno l’analista entra in funzione interpersonalmente nell’area “muta” corrispondente,
nell’intrapsichico, a quella del risveglio del paziente dopo il sogno: l’area in cui l’Io difensivo inconscio e la
censura chiudono il contatto del soggetto con il proprio modo interno. L ’analista, portatore di una relazione
più fluida tra i propri spazi e livelli interiori e creatore di un rapporto e di una atmosfera
intersoggettivamente condivisibili e più praticabili, riaccompagna il paziente sul luogo della dimenticanza e
della perdita di senso.

Nel lavoro psicoanalitico con l’Io prevalgono le funzioni visivo-decifratorie, nel lavoro con il Sé prevale la
condivisione parziale dei livelli di esperienza: l’analisi è il frutto di un’integrazione di questi modi di
funzionare.

Alcuni punti fondamentali:


• Nel lavoro con il sogno analista e paziente recuperano, condividono parzialmente e protraggono in seduta
configurazioni e sviluppi della realtà onirica;

• Come nel gioco e nella creazione artistica, essi sperimentano e utilizzano in modo non casuale l’alternarsi
del processo primario e del processo secondario: il senso del loro alternarsi è dato, in un buon lavoro
psicoanalitico, dall’utilità di seguire sintonicamente le modalità di pensiero del paziente, per inserirvisi
dialogando al livello consonante;

• Ciò può consentire interventi mirati che, nel caso di una compartecipazione del senso di “verità” del sogno,
possono avere un’incidenza e un’efficacia del tutto particolari.

• La compartecipazione parziale e articolata, da parte dell’analista, delle fasi di processo primario, durante il
lavoro con il sogno, riduce il rischio di funzionare ab externo con ragionamenti, astrazioni e schemi
intellettualizzanti, che invece torneranno utili nelle ricostruzioni successive;
• Nel lavoro con il sogno, la caratteristica riformulazione dell’intrapsichico in interpersonale, giocata tra
paziente e analista, può essere fonte di agiti se l’analista si identifica (regime inconscio) con uno o più elementi
della scena; di trasformazioni se, viceversa, l’analista si immedesima (regime conscio e preconscio) con essi;

• Sia nell’analista che nel paziente una buona pervietà dei canali preconsci facilita un certo pescaggio in
profondità, pur mantenendo il baricentro nell’Io di lavoro cosciente. Questo assetto necessita a monte di un
lavoro di ammorbidimento dell’io difensivo.
• Il lavoro con il sogno è comunque possibile solo quando lo stato della relazione psicoanalitica lo consente. È
più importante il clima complessivo della fase psicoanalitica in corso, che l’atmosfera della singola seduta.

CAPITOLO 5: SANDOR FERENCZI E IL SOGNO: IMMAGINI E PENSIERI TRA PASSATO


PRESENTE E FUTURO (Franco Borgogno)

Sogno come luogo di messa in scena, di ri-rappresentazione e rappresentazione à uno spazio di


potenziale trasformazione non solo della storia passata, ma di quella psicoanalitica, anche quella più
recente à Per Ferenczi quello che viene messo in scena iconicamente e drammaticamente è un protopensiero
che nasce dall’esperienza in corso, la quale “attira a sé” vicissitudini affettive passate.
Il livello iconico e drammatico è molto importante non tanto per il contenuto inconscio del pensiero
che esprime, ma per la qualità umorale che descrive à è questa che deve essere propriamente
indagata, poiché nei sogni si manifestano delle “autorappresentazioni simbolicamente
rappresentate” che mostrano il modo di funzionare psicologico (inibito, agevole ecc.) del pz dentro la
situazione relazionale che li ha determinati à funzione “traumatolitica” (trauma = quota di dolore
presente in un esp. psichica che il pz può aver registrato senza avere tuttavia gli strumenti adatti
per metabolizzarla) del sogno = riproporre un’esp. eccessivamente dolorosa nel tentativo di darne
creativamente una soluzione migliore à una ripetizione che non è puramente istintuale, ma dell’Io,
per questo sforzo di modificare la sofferenza in un modo più economico e vantaggioso.

Il sogno è soprattutto comunicazione per Ferenczi, nel sogno si inscrive e si rispecchia non solo il mondo
interno transpersonale che connota l’individuo, ma anche la realtà psichica del paziente per come si va
costruendo evento dopo evento, seduta dopo seduta, attraverso i legami significativi, come quello con
l’analista.
Il sogno quindi è sia memoria sepolta che memoria in formazione, è un’immagine criptica ma puntuale di
accadimenti relazionali, antichi o nuovi o in atto al momento. Ma è soprattutto comunicazione.

La realtà psichica per F. è:


- Soggettiva à è del soggetto, dell’individuo nel suo essere soggetto e non oggetto o proprietà altrui;
- Processuale à non è una realtà data e statica, ma sempre in movimento, poiché implica un processo e un
divenire che si intrecciano profondamente con i vari contesti e con il funzionamento mentale dei propri
interlocutori.
Di conseguenza, il presente assume un ruolo centrale à nell’hic et nunc emerge il passato, che l’analista
deve essere pronto ad accogliere con i giusti strumenti, che l’autore intende come “corredo
umano”, “qualità psichiche” che prevedono l’immedesimazione immaginativa e affettiva, attrezzata
ad essere perspicace rispetto al sentire del paziente; ma nel qui e ora si delinea anche il futuro del
soggetto e del rapporto (analitico).

In bilico fra esaudimento di un desiderio infantile e tentativo di soluzione più economica di problemi
e conflitti generati, a suo parere frequentemente da traumi, il sogno può essere una preziosa occasione
psichica di narrazione e integrazione della persona e dei suoi molteplici incontri. Il realizzarsi di tale
occasione dipende dalla mente che lo accoglie e da come essa si esprime per risvegliare il sogno stesso.
Passato e presente, quindi, sono ciò che è in causa nella parola, che la cura psicoanalitica, nel
presente, innesca, mobilita e avvia variamente quale ulteriore possibilità di educazione e di
apprendimento linguistico, emozionale ed esistenziale. Perché ciò accada e dia adito ad un nuovo
inizio, l’analista deve liberare i sogni dalla fantasia, riscattando il pz dalla suggestiva “magia” dei
personaggi chiave della sua storia; la loro influenza – nel bene e nel male – va pertanto identificata
e attestata, per poter essere dimenticata dopo che è stata scelta/rifiutata come parte utile o meno del
Sé e confacente o meno alla propria attualità.
Le ricche potenzialità simboliche del sogno descrivono gli avvenimenti della vita passata e presente,
divenuti contenuti e modi mentali del soggetto che svolgono una funzione strumentale essenziale nel
“fare i conti” col mondo esterno. Queste potenzialità sono però realmente ricche e feconde relativamente a
quanto l’analista attiva nel suo scambio affettivo e cognitivo con il paziente.
L’analista deve essere in grado di connettersi con la il racconto del sogno del paziente, riuscire quindi
ad intendere la sua visione e la sua lingua per ospitarle e poi connetterle al contesto presente e passato che
le anima e le alimenta à solo in questo caso può esserci rimemorazione-riproduzione, ovvero scongelamento
e nascita di vita psichica (emozioni e pensiero). Da tenere sempre presente è che i sogni non sono unicamente
i desideri freudiani a insistere ma la realtà e l’Io del soggetto che ricercano una via futura di vivibilità,
affettivamente più piena e socialmente più coinvolta. Non sono necessarie solo perizia e dottrina, se non si
vengono a creare quelle circostanze di esperienza capaci di produrre trasformazione.
Cosa può produrre trasformazione? Sicuramente l’analista generoso che accetta di poter personificare
insieme al paziente i sogni affinché l’inconscio vissuto e riprodotto acquisti un volto e una forma idonei per
la comprensione autentica di quello specifico e unico paziente.
Ferenczi è l’iniziatore di una visione terapeutica focalizzata sull’intersoggettività à definibile bi-multi-
personale à leggere i sogni in termini di relazione e comunicazione, come una forma di “pensiero per
immagini” che illustra l’interazione psicoanalitica nel suo progressivo farsi, fungendo da indicatore
importante della qualità dell’ascolto dell’analista.
Ferenczi sembra intuire che, anche quando non lo sa, il paziente pensa e parla intorno alla relazione, dicendo
come essa si stia realizzando per lui in un dato momento dell’analisi in connessione alle
parole e ai silenzi interpretativi dell’analista, cogliendo anche i messaggi inconsci veicolati dai silenzi
e dalle parole dell’analista al di là delle consapevoli intenzioni.
Di conseguenza, il sogno segnala lo stato in corso della relazione ed è una risposta sempre percettivamente
sana, se l’analista può riconoscere il singolare punto di vista che il paziente adotta, evitando di etichettare
affrettatamente la realtà del pz come distorta e patologica.

Relativamente ai sogni, con “tatto” (con-tatto) Ferenczi vuol dire che per incontrare il pz in modo
vantaggioso e quindi nutrire e rimobilitare il suo coinvolgimento emozionato, l’analista (e la scelta
delle parole) dovrà adeguarsi agli stati mentali del pz e alle fasi di sviluppo in cui si trova, considerando
vulnerabilità, capacità di attenzione, senza dare nulla per scontato e quindi dovrà valutare quale sia il
momento adatto per un determinato intervento (timing) e valutare le parole da usare—> spesso formulazioni
che a noi appaiono semplici e chiare possono non esserle affatto per il paziente.

Si tenga inoltre conto che in analisi il principale interlocutore è il neonato/bambino nel pz à utile è
Guardare, insieme al bambino che dorme nell’inconscio, i suoi genitori, ponendosi domande sulla loro
vita psichica e su come questi erano in relazione con il bambino stesso. Sui comandi e le direttive che essi
hanno imposto al figlio per vie ipnotiche e suggestive.
L’analista è nella posizione più adatta per cogliere l’enunciato che il sogno offre.
Il sogno è parola viva nell’esperienza presente e l’analista può risalire ai motivi remoti che possono
averlo sollecitato, restituendo al paziente l’immagine di sé che, scaturita dall’interazione attuale, ne
individua il mondo interno che il sogno rispecchia e la storia che via via via l’ha costituito in un modo piuttosto
che un altro.

Il sogno come transito di due inconsci che dialogano


Nella specificità del suo lavoro clinico, F., avvicina i sogni non soltanto a “espressione simbolica di tendenze”
inconsapevoli, ma anche ad un tentativo di trascrizione di eventi attuali, i cui resti diurni coinvolgono in
prima persona l’analista e la sua tecnica individuale perché il presente e il passato possano nuovamente
essere resi accessibili e “rianimati” nei loro residui traumatici, angosciosi e dolorosi. Studiando la varietà dei
sogni a partire dal momento e dal contesto in cui vengono comunicati, egli esplora in modo innovativo i
cambiamenti nella dinamica freudiana pulsione-difesa attraverso l’interagisco transfert-controtransfert,
aprendo un nuovo capitolo della loro interpretazione centrato sulle trasformazioni indotte dalla relazione.
F. In un suo scritto pilota riconduce le azioni sintomatiche dei pazienti, sogni inclusi, non soltanto a ciò che
accade dal punto di vista endopsichico ma anche ad eventi interpersonali suscitati da elementi inconsci
dell’analista.
F. Ripete che sono le associazioni e gli affetti del paziente che l’analista deve ascoltare prima che le sue teorie
e le sue preferenze ideologiche se vuole raggiungerlo nella sua storia idiosincratica dandogli gli strumenti
per elaborare la sua fantasia inconscia.

L’analista per F., inoltre, deve sorvegliare i suoi eventuali atteggiamenti narcisistici che il sogno
puntualmente fotografa. F. Denuncia poi l’idea che sia l’interpretazione profonda a far sbocciare rapidamente
il paziente, senza prendere in considerazione come e perché una cosa si sia svolta in quel modo, da più
angolature e livelli di lettura. Secondo F. È attraverso la delucidazione del sintomo e dei motivi della sua
comparsa nella relazione attuale che si può capire il transfert primitivo in modo autentico e non
interpretandolo con dotte interpretazioni precocissima che si sia installato e sia stato coscientemente
realizzato.
La nascita del paziente è successiva ad un fertile e prolungato accoppiamento mentale e deriva da una
consistente gestazione psichica che chiede all’analista di farsi responsabile dei movimenti generativi o
occlusivi, contenitivi o abortivi impliciti nei suoi interventi e nelle azioni emotive che sempre li
accompagnano. Per analizzare il transfert materno non bastano, sostiene F, interpretazioni che parlano di
madre, occorre vedere che funzione si sta realmente esplicando nelle vicende in atto e guardare la pragmatica
delle proprie comunicazioni, per vedere se ci sono mancanze rispetto ai bisogni e ai desideri del paziente in
quel momento.

Sogni e simboli del trauma: revisione dell’interpretazione psicoanalitica dei sogni


L’animo infantile del sognatore deve essere trattato con sensibilità e rispetto e non con sufficienza e distanza
à considerando il sogno come luogo che comprende le parti costitutive della persona, è importante
distinguere quelle di provenienza certa del soggetto (i suoi veri bisogni e desideri) da quelle che impongono
la propria voce e presenza da luoghi di non appartenenza personale del
soggetto (di possibile derivazione introiettiva e proiettiva primitiva), evitando quindi di attribuire al
paziente tassativamente le mutevoli identificazioni che abitano i suoi sogni.

Sogni spiegati non più nei termini di esaudimento di desiderio pulsionale, ma di continua ricerca di
riconoscimento e tentativo di soluzione di vicende di vita traumatiche o indigerite che non possiedono
ancora parole per essere espresse consapevolmente o uno spazio interno per condividerle.
Queste vicende possono non riguardare in partenza il soggetto che le vive ma i genitori e anche le generazioni
precedenti.
Spesso i sogni ritraggono una vera e propria morte psichica e affettiva, un distacco, una scissione da
esperienze traumatiche (sognatore che cerca di sopravvivere a un dolore troppo grande vissuto) e in
essi si manifesta quindi un “sentire inconscio” e un “conoscere non sentito” apparentemente
scollegati tra loro. La scissione non viene vista, però, come prerogativa del sognatore perché è lo stesso
ambiente che in molti casi può averla favorita e continuare a favorirla sia denegando e non accreditando
esperienze traumatiche sia intimando di non parlarne e di non viverle dal punto di vista emotivo.

Compito dell’analisi e dell’analista è riportare alla vita tale morte psichica e affettiva, rigenerare un contatto
con l’esperienza traumatica ripudiata, offrendo questa volta un contenitore sicuro, l’analisi, (reverie) in cui
poterla rivivere e reintegrare nel Sé come esperienza sentita. Come? à L’analista ha come compito quello
di dar credito alle percezioni e alle sensazioni del paziente e di esplorarle, anche quelle che traspaiono nei
sogni, con una teoria ma anche soprattutto con uno spirito profondo Cher consideri che nella vita si possono
dare delle situazioni di crescita per nulla adeguate e che esse potranno cambiare interiormente al paziente e
nei suoi rapporti futuri solo se l’analista non ne negherà l’esistenza, nemmeno in se stesso, riuscendo a
materializzare qualcosa di diverso mediante l’analisi.
Le vicende traumatiche devono essere riattualizzate nella seduta al fine di portarle “per la prima
volta alla scarica motoria in condizioni più favorevoli”, dove sarà l’atteggiamento dell’analista a fungere da
effetto di contrasto rispetto a quello del genitore di un tempo. L’analista introdurrà in analisi nuove visioni,
valori, qualità di soccorso a bisogni ed angosce dei pazienti che vicarieranno uno sguardo parentale e una
cura di base che non sono stati un tempo. à Muoversi su questo piano di accettazione e accoglimento della
regressione implica potersi assumere transitoriamente la responsabilità del
dolore psichico che il paziente sperimenta. L’analista deve, inoltre, sostare nella difficile situazione
in cui si trova il paziente aumentando l’ascolto e il coinvolgimento e indossando i suoi panni (del pz)
prima di restituirglieli. Se l’analista spingesse il paziente anticipatamente ad una collaborazione comune lo
renderebbe ancora una volta quel poppante saggio che probabilmente è già stato un tempo, su pressioni non
modificabili dei suoi genitori. L’analista deve elaborare gli eventi onirici con-cedendo e con-sentendo le
condizioni di risanamento e ricostruzione necessarie à Concetto di “Giocoanalisi” à analisi dove vi sia
posto per la sicurezza e il piacere della scoperta e del ritrovamento (un po' come nell’infanzia, se si lascia che
il bambino “giochi a sazietà”, e medi così il suo adattamento alle inevitabili richieste dei genitori ma anche a
quelle della crescita) e non solo per richieste da esaudire e compiti maturativi da portare a termine.à Appello
a “minor suggestione di contenuti” e “maggior suggestione di coraggio”: esigenza di una più consistente
apertura mentale e affettiva (umiltà e impegno vs distanza e narcisismo) e di una diminuzione del terrorismo
della sofferenza, implicito nel procedere classico. F, critica la teoria di Freud sui sogni come realizzazione
attiva del desiderio, la quale imputerebbe al paziente ciò che è raffigurato nei sogni , rendendolo regista delle
sue immagini e di ciò che si è destato in noi prima, durante e dopo il sogno.

CAPITOLO 6: IL SOGNO TRA CRITICA E TEORIA NEL MODELLO BIONIANO. UNA LINEA DI LETTURA
DEL SOGNO DELL’UMO DEI LUPI (Giovanni Hautmann)

Il lavoro di Freud sull’uomo dei lupi, analizzato nel 1914, è incentrato su un sogno ripetitivo fatto
dal paziente a quattro anni e raccontato a Freud all’inizio della sua analisi.

“Sognai che era notte e mi trovavo nel mio letto. Improvvisamente la finestra si aprì da sola e io con grande
spavento vidi che sul grosso noce proprio di fronte alla finestra stavano seduti alcuni lupi bianchi. Erano sei
o sette. I lupi erano tutti bianchi e sembravano piuttosto volpi o cani da pastore, perché avevano una lunga
coda come le volpi e le orecchie dritte come quelle dei cani quando stanno attenti a qualcosa. In preda al
terrore mi misi a urlare e mi svegliai”. Il paziente aggiunge: “passò un bel po' prima che mi convincessi che
era solo un sogno. Finalmente mi tranquillizzai e mi riaddormentai. L’unica azione contenuta nel sogno era
l’aprirsi della finestra, poiché i lupi stavano seduti tranquilli e immobili sui rami dell’albero e mi guardavano.
Credo che sia stato il mio primo
sogno d’angoscia”. Nessuna sensazione di angoscia era comparsa prima di un certo avvenimento e
dopo questo avvenimento si manifestò nel modo più tormentoso. Questa trasformazione si verificò
immediatamente prima del quarto compleanno del paziente. Freud pone il sogno a segnare un cambiamento
strutturale della personalità del paziente, come se segnasse il passaggio da una fase
di cattiveria e perversità che va dai tre anni e tre mesi fino ai quattro anni e una seconda fase in cui
prevalgono i sintomi della nevrosi. L’avvenimento che consente questa separazione non fu un trauma
esogeno, ma un sogno da cui il bambino si risvegliò in stato di angoscia.

Freud pone un sogno a segnare il cambiamento strutturale nella personalità del paziente.

Il materiale fiabesco richiamato (Cappuccetto rosso, la novella del Lupo e dei sette capretti, la novella
del sarto e del lupo) che Freud indica come costitutivo della scena manifesta del sogno. Questo materiale è
investito di particolare interesse da parte dell’uomo dei lupi-bambino, come poi, un po’ più grande, tutta la
materia mistico-religiosa.
L’elemento transferale più appariscente è dato dalla novella del Lupo e dei sette capretti, perché già dalla
prima seduta (quindi prima del racconto del sogno) il paziente guardava ora Freud dietro di lui e ora l’orologio
a muro che aveva davanti. L’espressione che il paziente aveva suggeriva l’intenzione di rabbonire Freud, che
tempo dopo si rese conto che il più piccolo dei sette capretti si era nascosto nella cassa dell’orologio mentre i
sei fratelli venivano divorati dal lupo. L’analista: funzione temporalizzante ricostruttiva. Contenitore buono
che fa crescere, arrovesciando il terrore del padre-lupo che ferma il tempo e paralizza il pensieroàabbiamo il
giratempo.
Il racconto del sogno nei primi tempi dell’analisi tenta probabilmente un cambiamento nel processo
psicoanalitico che si stava organizzando e, attraverso di esso, nella qualità del pensiero che sosteneva la
relazione oggettuale nel transfert. Infatti, mentre nei pochi accenni al transfert, Freud descrive
atteggiamenti e condotte vicini al piano dell’azione prima del racconto del sogno, le cose cambiano con il
racconto del sogno. Esso e la sua connessione con il transfert indicano come, attorno al racconto del sogno, si
sia espressa una modificazione qualitativa del processo di simbolizzazione che Freud aveva messo in evidenza
notando le modificazioni strutturali della personalità del paziente dopo che aveva fatto quel sogno. Freud
continua nella ricostruzione dei dettagli della scena primaria quale evento reale, cui il bambino avrebbe
assistito all’età di un anno e mezzo. E dice anche che il b. comprende solo ora (al tempo del sogno e non prima)
il processo e il suo significato. In altre parole ad un anno e mezzo il Bambin o raccolse delle impressioni la
cui componente differita fu poi resa possibile dal suo sviluppo, dall’eccitamento sessuale e dall’esplorazione
sessuale infantile. Più avanti Freud precisa che il sogno, sintetizzando le impressioni della scena primaria
con la storia dei lupi, la favola dei sette capretti, rispecchia l’evoluzione del pensiero durante la formazione
del sogno: desiderio di soddisfacimento sessuale ad opera del padre, ma comprensione che la castrazione ne
costituisce la condizione e quindi emergere dell’angoscia: paura del padre.
Questo sogno è possibile vederlo da un’altra prospettiva, come uno spazio di elaborazione mnesica oltre che
di elaborazione cognitiva. Il ricordo è elaborato in un nuovo sistema di simbolizzazione che
integra, a un livello di maggiore complessità del pensiero, l'elemento mnesico, quello ideativo e quello
affettivo.
Tornando alle modificazioni di personalità operate dal sogno, Freud indica il movimento che il sogno
aveva tentato di avviare, ma anche i limiti, in un certo senso il suo fallimento parziale rispetto a una
possibile realizzazione completa. Freud infatti dice che il paziente-bambino “si trovava in quella fase
dell’organizzazione pregenitale in cui io ravviso la disposizione alla nevrosi ossessiva. In virtù del sogno che
lo aveva riportato sotto l’influsso della scena primaria, egli avrebbe potuto compiere il passo che lo separava
dall’organizzazione genitale e trasformare il suo masochismo verso il padre in un atteggiamento femminile
verso di lui, ossia in omosessualità. Ma il sogno non permise questo passo giacche si risolse in angoscia ”.
Freud, nel suo continuo rifarsi al sogno come momento trasformativo della personalità, ci offre un
collegamento diretto del suo pensiero con la concezione del sogno di Bion. Dalla lettura che Freud fa
di questo sogno si può notare la sua propensione a considerare il sogno come una modalità di
costruzione del pensiero che Bion svilupperà.
L’uomo dei lupi fa anche un disegno relativo al sogno (in cui i lupi disegnati era 5 e non 6/7 come nella
narrazione) ed emergono delle differenze tra questo e il sogno raccontato. La differenza tra il racconto del
sogno e il suo disegno non sta soltanto nel numero dei lupi, sta nel fatto che solo il racconto ci fa imbattere
nell’improvviso spalancarsi della finestra che conferisce alla scena dei lupi sull’albero, vista dall’interno della
stanza, uno statuto diverso rispetto al disegno, ove lo spazio dell’osservatore e lo spazio dell’oggetto osservato
non sono distinti e definiti. Questa condizione di
illuminazione rende ragione dell’aprirsi al pensiero di un’esperienza mentale che potrebbe intendersi
altrimenti come collocata nel corpo e che Bion, concettualizzandola in termini di indistinzione tra corporeo e
o mentale, avrebbe potuto indicare come aggregazione di elementi beta. La mente del paziente-bambino che
è attraversata dal suo primo sogno di angoscia e la mente dell'uomo dei lupi adulto che racconta il sogno e fa
il disegno, in fondo differenziandoli, per Freud equivale all’aprirsi della finestra che distingue e connette
l’interno della stanza e il fuori come a istituire la distinzione e la connessione tra mente e corpo, cioè un
pensiero capace di pensarne il diverso statuto e la complementarietà.
La simbolizzazione, che si è introdotto a trasformare l’elemento beta in elemento alfa attraverso un momento
iniziale di illuminazione, richiama le trasformazioni in O, e con la formazione globale del sogno attraverso
vari livelli di integrazione PS D e di funzioni contenitrici di vari contenuti, a configurare un pensiero
complesso K ricostruttivo della propria vita e della propria personalità. à Avvio di un processo di
simbolizzazione.
Secondo Hautmann, Freud aveva già intuito in qualche modo il senso del sogno come momento trasformativo
dello sviluppo psichico del bambino e che fosse propenso a considerare il sogno come modalità di costruzione
del pensiero, anticipando così alcune idee bioniane. L’analisi serrata e progressiva dei vari elementi del sogno
lo induce a ipotizzare un’esperienza mentale di illuminazione
(rappresentata dallo spalancarsi della finestra) foriera di una trasformazione simbolica degli elementi beta
incamerati con l’esposizione alla scena primaria a un anno e mezzo, quando la capacità trasformativo-
integrativa del b. non era al passo di quella percettiva.
L’aprisi della finestra come affacciarsi sul pensiero fuoriuscendo dalla condizione mentale masturbatoria si
rifà alla fantasia di nascere, all’uscire dall’onnipotenza fetale e all’affrontare la relazione con gli oggetti fin
dalla loro persecutorietà (i lupi), la realizzazione di sé come capacità di pensare coscientemente e
incosciamente la propria istintualità, le proprie angosce, la propria condizione intrapsichica e intersoggettiva.
Questo prendere contatto con la propria realtà psichica è una dimensione nuova della propria mente, forse la
principale causa di angoscia che spaventa il bambino che fuoriesce dalla difesa masturbatoria. Ma con il
sogno una nuova rappresentazione della propria istintualità, della propria strutturazione, della propria
modalità relazionale si inserisce nella mente e riorganizza il sentimento di sé.

CAPITOLO 7: I SOGNI “SELF-STATE” E LA CONCEZIONE DEL SOGNO NELLA PSICOLOGIA


PSICOANALITICA DEL SÈ DI HEINZ KOHUT

Per Kohut esistono due tipi di sogni:

• Quelli che esprimono contenuti latenti verbalizzabili (desideri pulsionali, conflitti e tentativi di soluzione
del conflitto)
• Quelli che tentano, con l’aiuto di immagini oniriche e verbalizzabili, di fissare le tensioni non verbali di stati
traumatici (la paura di una stimolazione eccessiva, della disintegrazione del Sé (psicosi). Questi sogni
raffigurano la paura del sognatore di fronte ad un aumento incontrollabile della tensione o la sua paura
della dissoluzione del Sé (reazione del Sé di fronte a una minaccia). à L’atto stesso di raffigurare queste
vicissitudini nel sogno è un tentativo di controllo del pericolo psicologico, di copertura di processi spaventosi
con immagini definite. Questo secondo tipo di sogni è denominato “self-state dreams” (sogni sullo stato del
sé).

La tecnica interpretativa è diversa nei due tipi di sogni:


- Nei sogni del primo tipo è compito dell’analista seguire le associazioni finché venga rivelato
il significato inconscio
- Nei sogni del secondo tipo le associazioni non conducono ai contenuti latenti, ma forniscono immagini che
rimangono allo stesso livello del contenuto manifesto del sogno, servendo a focalizzare l’angoscia del paziente
(Freud). à In questo caso l’interpretazione spiega il sogno sulla base della conoscenza del paziente e della
situazione specifica, sia di vita del paziente che della relazione analitica. Questi sogni sono simili ai sogni dei
bambini, ai sogni delle nevrosi traumatiche e ai sogni allucinatori.
Nei self-state dreams l’esame del contenuto manifesto e delle associazioni permetterà di riconoscere che i
settori sani della psiche reagiscono con angoscia a un mutamento disturbante nella condizione del Sé – una
sovrastimolazione maniacale o una caduta depressiva dell’autostima - o alla minaccia di dissoluzione del Sé.

In analisi il sogno self-state non riguarda lo stato del Sé in isolamento, ma ha sempre a che fare con
l’esperienza di base della relazione con l’analista (riflette le vicissitudini della relazione analitica).
Non basta interpretare al paziente che si tratta di un sogno di questo tipo, ma è necessario che l’analista
abbia profondamente compreso lo stato del Sé del paziente e dia una interpretazione accurata e dettagliata
di esso, così da permettere al paziente di sentirsi sufficientemente sicuro per andare oltre nella comprensione
di sé. È necessario quindi capire le metafore specifiche utilizzate nel sogno. Kohut cioè propone di usare le
metafore del sogno per approfondire la natura delle carenze specifiche degli oggetti-Sé nell’infanzia e la loro
influenza sullo sviluppo del paziente, nell’ottica di individuare specifici deficit alla base di specifici disturbi.

I self-state dreams sembrano riferirsi ad una categoria ristretta di sogni, caratterizzati dalla reazione dei
settori sani del sé di fronte al pericolo di uno squilibrio nella condizione di sé (iperstimolazione o caduta
dell’autostima) o di fronte al pericolo di frammentazione.
I self-state dreams in analisi non rappresentano il sè in isolamento, ma hanno a che fare con la relazione
psicoanalitica.
Quando si parla di stati del sé, si fa riferimento non solo a stati negativi, ma anche positivi. Esistono
self-state dreams nei quali vi è l’espressione di un Sé positivo, forte, armonioso, intero. Kohut cita l’esempio
di sogni che vedono la costruzione di case. Sono sogni che raffigurano la reazione del sé di fronte ad una
minaccia.

I self-selfobject dreams descrivono, invece, lo stato del sé in rapporto ad oggetti sè.

Kohut, pur sostenendo da un punto di vista teorico la validità dell’interpretazione dei sogni di Freud, sembra
aver implicitamente proposto un nuovo modo di leggere tutti i sogni e non solo alcuni di essi.
Il nuovo modello teorico da lui proposto non poneva più al centro dell’indagine le pulsioni ma il sé e le sue
vicessitudini.

La categoria più frequente di interpretazioni date da Kohut è costituita da interpretazioni che riportano il
sogno all’esperienza dell’analisi, leggendolo come un commento puntuale a quanto è avvenuto in seduta e
come una raffigurazione dello stato del Sé in rapporto con l’oggetto-Sé.
Kohut tendeva a dare interpretazioni centrate sul Sé (cioè di tipo non pulsionale) anche nel caso di sogni a
contenuto manifesto espressamente sessuale.

La psicologia del sé ha ipotizzato delle funzioni diverse. In Fosshage è rintracciabile la comprensione della
funzione del sogno come volto al mantenimento, allo sviluppo, alla reintegrazione dei processi, della
struttura, dell’organizzazione psichica e allo sviluppo del Sé e alla soluzione di problemi à si capisce quindi
la differenza nella tecnica interpretativa rispetto a Freud, in quanto c’è una grande rivalutazione del
contenuto manifesto, letto come una metafora, e il superamento di un’interpretazione basata sulle singole
associazioni in favore di un’interpretazione basata sulla globalità.

Funzioni del sogno

- Nell’Interpretazione dei sogni Freud afferma che la funzione del sogno consiste nell’esaudimento di
un desiderio.
- La psicologia del Sé ha ipotizzato che il sogno abbia funzioni diverse. à La funzione sovraordinata
del sogno è lo sviluppo, il mantenimento (regolazione) e, quando necessario, la reintegrazione dei processi,
della struttura e dell’organizzazione psichica.
Collegata alla funzione di sviluppo del sogno, denominata anche funzione evolutiva, è la capacità di risolvere
problemi. Secondo Fosshage “i sogni continuano gli sforzi consci e inconsci della veglia per risolvere i conflitti
intrapsichici, attraverso l’utilizzazione di processi difensivi, attraverso una compensazione interna o
attraverso una riorganizzazione creativa appena emergente”.

• FUNZIONE EVOLUTIVA DEL SOGNO à l’emergere di nuove configurazioni psichiche, è una delle funzioni
del sogno che la psicologia del sé sottolinea maggiormente, contrapponendosi alla visione di Freud. Essa è
continuamente presente nelle interpretazioni di Kohut.
• FUNZIONE DI MANTENIMENTO O REGOLAZIONE DEL SOGNO à è esemplificata da tutti i self-state
dreams in senso specifico, in quanto la funzione di questi sogni è proprio quella di circoscrivere l’angoscia e
di attivare i settori sani del Sé per reagire alla minaccia e ripristinare la coesione del Sé. Le immagini
percettive del sogno servono a mantenere integro il mondo soggettivo minacciato (uso di immagini vivide e
concrete per simbolizzare pensieri astratti e stati soggettivi à importanza vitale ai fini del mantenimento
della struttura psichica) à Per Stolorow La simbolizzazione concreta del sogno è al servixzio di un
intento vitale, che può richiamare la necessità stessa del sognare. Lo scopo della simbolizzazione
concreta del sogno può essere rintracciata nel bisogno sovraordinato di mantenere la propria
organizzazione di esperienza , che la simbolizzaizone del sogno soddisfa in due sensi: da una parte le
immagini oniriche contribuiscono a consolidare le particolari strutture soggettive del sognatore
attualizzandole in specifiche configurazioni di sé e dell’altro , dall’altra le vivide immagini del sogno
servono direttamente a reintegrare e sostenere l’integrità e la stabilità delle strutture di un mondo
soggettivo minacciato dalla disintegrazione. —> Sogni come “guardiano della struttura psichica” secondo
Stolorow.

• FUNZIONE DI REINTEGRAZIONE DEL SOGNO à interviene negli stati più gravi di disorganizzazione
psicologica (reintegrazione del sé in seguito ad una rottura, ad esempio con l’analista). Sogno come tentativo
di riparare il sé distrutto.
• FUNZIONE DI PROBLEM-SOLVING DEL SOGNO à i sogni per Kohut sono sempre volti a risolvere
problemi nel senso che c’è un aspetto sano del Sé che cerca, attraverso varie strategie psicologiche connesse
alle relazioni tra Sé e oggetto-Sé, di superare angosce e preoccupazioni.—> self-state dreams.
Rivalutazione del contenuto manifesto à Per Freud il contenuto manifesto del sogno rappresentava l’esito
di un processo di mascheramento, che andava svelato attraverso il processo di interpretazione, consistente
nel ripercorrere all’inverso il percorso compiuto dal lavoro onirico. Tale mascheramento era compreso
nell’ambito del modello pulsione-difesa, come una serie di travestimenti effettuati dal desiderio inconscio per
esprimersi, eludendo la censura.

Il modello della psicologia del Sé non ha bisogno di postulare il mascheramento. Secondo Kohut il Sé tende
sempre a realizzarsi e a esprimersi. Ciò comporta una rivalutazione del contenuto manifesto. à Per la
psicologia del Sé le immagini del sogno vengono lette come metafore dell’esperienza vissuta del paziente e
non come mascheramenti, perciò non devono essere tradotte ma comprese. Anche i simboli non vengono
intesi in senso freudiano (per la maggior parte sessuali), ma vengono compresi secondo le linee che descrivono
lo stato del Sé e le sue reazioni.
Ciò non significa, per Kohut, sottovalutare gli aspetti inconsci rivelati dal sogno, ma focalizzare l’attenzione
anche su aspetti inconsci differenti da quelli evidenziati dall’interpretazione classica.

Alla luce di questo viene superata anche l’interpretazione basata sulle singole associazioni: piuttosto che
chiedere al paziente di associare i singoli elementi del sogno, isolandoli dal contesto del sogno stesso, che
tendono a frammentare l’esp. del sogno stessa, bisogna comprendere le immagini come se fossero parole, che
formano frasi, che danno vita alla trama del sogno. à Sguardo sull’insieme à globalità dell’esperienza del
Sé, a differenza del modello pulsione-difesa.
CAPITOLO 8: IL SOGNO COME “FOTOGRAFIA” DELL’APPARATO PSICHICO DEL
SOGNATORE E DELLA RELAZIONE PSICOANALITICA (Enrico Mangini)*

*Filo onirico: dal non sogno, al sogno “reale”, al sogno traumatico e ai sogni ricorrenti—> ossia fino al recupero di una
funzione onirica metabolica, corrispondente ad una vita mentale bene integrata.
Con Bion il sogno prende un nuovo respiro creativo all’interno della coppia psicoanalitica à il sogno
ha la funzione di trasformare le esperienze (emotive e sensomotorie) della veglia in pensiero del sogno e di
dare continuità alla vita mentale; diventa quindi da materiale ad alto tasso rappresentativo e a basso tasso
di comunicazione, una modalità particolare della comunicazione tra paziente e analista.

La presenza o l’assenza del sogno testimonia il particolare funzionamento psichico di quel momento. Il sogno
può, nella sua modalità espressiva, evidenziare variazioni e modificazioni macroscopiche della struttura
psichica, ad esempio attraverso l’oscillazione sognare/non sognare o sognare e dimenticare/ sognare e
ricordare oppure attraverso variazioni microscopiche che si evidenziano nelle modalità del lavoro onirico o
per ala particolare costruzione narrativa o tematica del sogno stesso.
Il sogno è inserito in una logica relazionale e sono noti i legami che il sogno instaura a livello interpersonale
o transgenerazionale.
Nel processo di cura il sogno ricopre la funzione di “involucro psichico”, una struttura che comprende “sia gli
aspetti di funzionamento mentale del paziente, sia gli aspetti del Setting analitico, sia gli aspetti del
controtransfert”. Il sogno può essere il risultato di un processo di simbolizzazione che nasce dall’incontro tra
paziente e analista. In base a questa idea il sogno ci dice sia del funzionamento psichico non solo del singolo
ma anche dello spazio psichico in cui avviene, come può essere una coppia, una famiglia o la stessa relazione
psicoanalitica—> i sogni che vi compaiono possono consentire e in alcuni casi favorire, lo scambio affettivo
tra soggetto e oggetto. Si potrebbe pensare che se Freud non avesse desiderato i sogni dei suoi pazienti questi
avrebbero smesso di sognare.

Il sogno è un materiale del tutto “speciale”, da una parte perché è l’oggetto di un lavoro interpretativo
aperto e insaturo (livello ermeneutico) e dall’altra quale epifenomeno del funzionamento psichico
(livello epistemologico).

Sogno tra psichico e somatico


Per Feud nel sogno, venuto meno il controllo del sistema omega, il flusso delle cariche energetiche accumulate
dal sistema, il cui aumento porta al dispiacere, può percorrere progressivamente la via che nella veglia porta
alla scarica motoria utilizzando come punto di scarica il polo percettivo, e concretizzandosi così in immagini
visive. Come per l’allucinazione.
Si può porre un’adiacenza e quindi una contrapposizione tra scarica motoria e attività psichica, con la
supposizione che anche l’attività psichica sia in origine una scarica che segue il principio di piacere, ma
anche che il pensiero non possa nascere se non costituito dalla scarica motoria e quindi da quella scarica che
rimane ad un livello prerappresentazionale.

L’apparato psichico è destinato a elaborare funzioni sempre più complesse ma, almeno nel sonno, può
ritrovare modalità di funzionamento più primitive. à Possiamo pensare al sogno come a “una forma
particolare del nostro pensiero, resa possibile dalle condizioni dello stato di sonno” e che, proprio per questo,
possa essere espressione di una vasta gamma di possibilità espressive e di funzionamento di quell’apparato
psichico, o di quello spazio psichico condiviso, in quel particolare momento à Il sogno quindi testimonierebbe
il funzionamento dell’apparato nei suoi diversi gradi di complessità (dalla scarica di un eccitamento che non
ha trovato una funzione para-eccitatoria, al tentativo di padroneggiare il trauma, fino alle più complesse
elaborazioni simboliche per venire a capo di un conflitto) e mostrerebbe una funzione specifica autopoietica,
come se il sognare, inteso come attività simbolica complessa più che come scarica, plasmasse l’apparato
psichico e ne arricchisse le potenzialità.

Non è facile capire se esista veramente un “sogno-scarica”: secondo Freud nei sogni traumatici (gli unici che
fanno eccezione alla regola dei sogni come appagamento di desideri) la scena del trauma viene ri-presentata
più che rappresentata, alla luce di un bisogno dell’apparato psichico di scaricare una tensione non elaborabile
con meccanismi di difesa e processi di pensiero più evoluti.

Il sogno traumatico non ripete l’incidente in sé stesso ma gli istanti che l’hanno preceduto, ed è un tentativo
per collegare i due tempi: quello del prima e del sentimento di invulnerabilità e quello del dopo o la realtà di
morte. Il sogno è quindi un tentativo di riparare la breccia e non solo una prova del dominio dell’afflusso di
eccitazione. Sogno come tentativo di riparare. à Il sogno traumatico funziona in parte come “scarica”, ma
anche come “barriera di contatto” (Bion), quale tentativo di riparare la lacerazione narcisistica del trauma,
attraverso una funzione essenzialmente auto-curativa e cicatrizzante che all’interno della cura psicoanalitica
trova il terreno più favorevole.

Queste considerazioni hanno trovato più di una conferma nei pazienti in cui prevale un funzionamento
psicosomatico. I pazienti psicosomatici si impediscono qualsiasi contatto con gli affetti e scaricano nel
somatico affetti intollerabili e impensabili e, nel corso della cura psicoananlitica, può presentarsi una
possibile evoluzione che passa attraverso la penosa sperimentazione di un’ansia anticipatoria, vero ponte tra
il somatico e lo psichicoà Uno degli aspetti clinici più interessanti del funzionamento psicosomatico è dato
proprio dall’assenza di sogni, e dall’osservazione che nel corso della cura compaiono proprio dei sogni, i quali
inizialmente hanno la particolarità di essere molto “reali” e non accompagnati da associazioni. Così, grazie
al trattamento psicoanalitico, si può assistere a una progressiva modificazione dell’apparato psichico,
evidenziabile proprio nei sogni, la cui struttura narrativa si fa via via più complessa e simbolica. Questi sogni
possono configurarsi come sogni “reali”, ma poi anche traumatici o in alcuni casi ricorrenti.

Sogni reali à ci aiutano a capire lo slittamento tra immagine e parola (sogno come esperienza vs racconto
del sogno), che segna il passaggio dal processo primario al processo secondario. à Il racconto del sogno, e
le eventuali associazioni, è anche l’unica possibilità che abbiamo per avere accesso, con l’attività onirica,
al funzionamento dell’apparato psichico, questo è quindi “fotografabile” anche attraverso la struttura del
racconto del sogno e la ricchezza o la povertà dei contenuti e degli affetti che vi abitano, ragion per cui ci si
può chiedere se un sogno così ”reale” dipenda da una disabilità a utilizzare l’apparato psichico (nello specifico
il preconscio) o se sia il risultato dell’elaborazione secondaria, attraverso la quale il paziente tenderà a
eliminare dal racconto qualsiasi elemento che non si inserisca in esso con logicità, per una sorta di allergia
preconscia ai lati enigmatici del sogno.

Quando non ci sono sogni, e non c’è rimozione, dobbiamo pensare che vi sia un’attività psichica elementare,
non rappresentativa, improntata alla scarica, paragonabile, per quel poco che riusciamo a rappresentarceli,
agli elementi beta di Bion (emozioni senza significato, forme prelinguistiche non rappresentabili, che non
arrivano alla significazione à se un paziente non è in grado di trasformare la propria esperienza emotiva in
elementi alfa, allora non può neanche sognare). È quindi presumibile che in un paziente psicosomatico puro,
l’apparato psichico funzioni come l’apparato muscolare, con funzione di scarica e che quindi non possano
esserci dei sogni che non possono essere raccontati.

Se il sogno esprime il livello di funzionamento dell’apparato psichico del sognatore in un dato momento della
sua vita, possiamo in analisi pensare al primo sogno come una specie di nascita psicologica del soggetto,
che può utilizzare l’apparato psichico, e non solo scaricare la tensione lungo le vie somatiche, ma è anche
una nascita psicologica per la stessa relazione psicoanalitica. à Il sogno diventa “figlio” dell’analisi:
testimonia il funzionamento dello spazio psicoanalitico, o del funzionamento dell’apparato psichico del
soggetto in quanto dentro lo spazio psicoanalitico.

Tra le altre cose, il sogno vivifica la relazione psicoanalitica, e la sua vivificazione permetterà la produzione
di altri sogni, dunque un funzionamento psichico migliore nell’analisi produrrà un funzionamento psichico
migliore del paziente. Nell’analisi il sogno è curativo in sé, è autoplastico, potendo innescare nuovi circuiti e
favorire nuove soluzioni di elaborazione e di pensiero. Innescatosi un
processo educativo e affettivo, si può insegnare al paziente a sognare.

CAPITOLO 14: ASPETTI TRAUMATICI E SOGNO NEL SOGNO

Come le condizioni mentali precoci (preedpiche) possono costringere le parti più mature dell’Io del
paziente a costruire sintomi per non essere sopraffatti dall’ansia? à Già Freud indica l’esistenza di un
conflitto entro lo stesso sistema psichico (intrasistemico), tra le parti più avanzate dell’Io e quelle più precoci.
à Si tratta quindi, in analisi, di valutare come poter elaborare gli eventuali traumi intrapsichici che possono
risultare dai conflitti entro l’Io.

Il trauma può provocare effetti opposti nell’Io. Freud distingue:


- Effetti positivi à fissazione al trauma e coazione a ripetere à condizioni psichiche assunte nell’ “Io
normale”. L’Io può ripetere, nella relazione attuale, legami affettivi della sua storia, trasformandoli e
adattandoli ai livelli maturativi raggiunti;
- Effetti negativi à scopo opposto à fanno sì che del trauma dimenticato nulla sia ricordato e nulla sia
ripetuto à la ferita rimane aperta à si tratta sempre di fissazioni al trauma, ma che non consentono alcuna
elaborazione (queste reazioni di difesa possono crescere fino a diventare inibizioni o fobie).

Nel 1915/1917 il fattore traumatico viene integrato con altri (fantasie primitive, costituzione sessuale
ereditaria…) a formare una “serie di complementari” di fattori determinanti la genesi dei disturbi nevrotici.
La natura sessuale del trauma assume con maggiore precisione il valore di stimolo pulsionale che, induce l’io
a temere di essere assalito da una carica pulsionale eccessiva. La minaccia può essere percepita come di
natura endogena oppure essere percepita come proveniente da un evento ritenuto esterno. In ambedue i casi
l’effetto produrrebbe l’indebolimento degli effetti di controinvestimento (pulsionale, energia quiescente)
dell’io.

Forma particolare del sogno à sogno nel sogno à sognare di sognare è un modo per ingannare il proprio
Io definendo sogno quello che è in realtà un dato reale, un ricordo effettivamente registrato in memoria. à
Eventi traumatici che non hanno permesso l’integrazione di diversi livelli di esperienza dell’Io, possono
portare alla formazione di un sogno nel sogno e quindi utilizzare l’accadimento onirico per tentare tale
integrazione.
Freud rispetto al sogno nel sogno scrive: «E’ lecito supporre che il sognato contenga la rappresentazione della
realtà, il ricordo effettivo, mentre invece il sogno che continua rappresenta soltanto ciò che è desiderato da
chi sogna. L’inserimento di un certo contenuto in un sogno nel sogno va dunque equiparato al desiderio che
ciò che è definito nel sogno, non sia accaduto». Questa è la migliore conferma, egli conclude, che il sogno è la
realtà.
Se il sogno nel sogno conferma la realtà del suo contenuto, che significato può avere l’insorgenza di sogni nel
sogno in analisi? à Si può supporre che il sogno nel sogno ci propone «scene interne» dei pazienti volte a dar
forma ad attività precoci in precedenza bloccate nella loro potenzialità rappresentativa. Il blocco potrebbe
essere dovuto ad aspetti che risultano traumatici perché superano le effettive capacità sintetiche dei pazienti.
L’Io non ha energie sufficienti per sanare la ferita che deriva dal conflitto tra le sue diverse parti (l’attività
prevalente delle parti mentali precoci ostacola la loro integrazione nell’Io maturo). à Se ipotizziamo che
questo trauma intrasistemico sia troppo grave da sopportare per l’io, il sogno nel sogno potrebbe
rappresentare un segno di inizio di questa elaborazione e integrazione.

Anche Gaddini considera il sogno una tappa importante nel processo che consente di integrare l’angoscia
originaria. Egli sostiene che nel corso del processo psicoanalitico la coscienza onirica (che tiene a bada i
contenuti più rischiosi del sogno per l’Io camuffandoli o interrompendo il sogno con produzione di angoscia)
fa da ponte tra i contenuti non integrati e l’Io, consentendo un graduale avvicinamento dai contenuti più
lontani alla coscienza onirica. In alcuni casi la più temuta patologia originaria del Sé può essere
rappresentata nel sogno. La stessa immagine mentale del Sé corporeo, con la sua «patologia originaria», si
può trovare nei sogni di persone adulte, di solito in analisi molto avanzata.

Legame tra trauma intrapsichico e sogno nel sogno à spesso esperienze precoci di insufficiente contenimento
o di una relazione primaria discontinua (no madre sufficientemente buona) possono compromettere le
funzionalità dell’Io, che si difende con processi difensivi inadeguati. à Il bambino mette il atto dei processi
difensivi (rimozione e difese primarie) utili nel momento ma psicologicamente inadeguate perché la
successiva reviviscenza della vita sessuale rafforza le pretese pulsioni un tempo ripudiate. —> Si può
ipotizzare che i pazienti abbiano sviluppato un Io in grado di sopravvivere evitando di usare le proprie
funzioni sintetiche. Nell’Io possono essere tollerati molti contrasti e contraddizioni nella misura in cui il suo
funzionamento prevalente è influenzato da processi primari. Tale situazione può permettere, appunto, la
sopravvivenza, ma ciò che può accadere in seguito dipende dalle parti arcaiche lasciate in relazione alle parti
adulte dell’Io.

Il lavoro dell’analisi è volto alla ricerca degli strumenti utili ad integrare parti precoci e parti adulte dell’Io e
ad aiutare l’Io a contenere i contrasti, invece di tenerli segregati. à Il fine del lavoro è di assicurare la
coerenza dell’Io nel contatto con la realtà esterna e con le differenti componenti di sé stesso.
In virtù del mancato riconoscimento subito nella prima infanzia, i pz appaiono spesso come persone
costantemente alle prese con un doppio sogno: passano dal sogno notturno a quello diurno; ne risulta che il
tentativo rappresentativo del sogno notturno viene vanificato dal flusso quasi incontrastato
delle presentazioni diurne (allucinanti)—> questo accade perché il rapporto con la realtà esterna è tanto
alterato da provocare danni all’Io a seconda della quantità dei livelli precoci scissi.
Per tutti noi, dice Freud, è possibile che la prima parte del sogno cominci durante il giorno sotto il dominio
del preconscio. Per alcuni il “trasognamento” è più intenso, quando gli acmi sensoriali non sono governabili,
perché le sensazioni non sono legate ai movimenti pulsionali ed emotivi. Quando ciò accade, è impedito sia
un contatto sufficientemente funzionante con le percezioni oggettuali della realtà esterna, sia il loro
investimento: così, la rappresentabilità dei vissuti è molto ridotta à casi in cui l’après coup non ha potuto
svolgere un lavoro di significazione degli eventi e di organizzazione e integrazione psichica degli stessi.

L’apres coup si può intendere come un continuo riproporre in riferimento ad avvenimenti di portata
traumatica per i pazienti. Anche se non può assumere una funzione di integrazione, l’apre coup è pur sempre
da considerare un tentativo di organizzare una struttura mentale che non sa trovare una via sufficiente a a
collegare la dimensione sensoriale con quella pulsionale.
Probabilmente questi pazienti non riescono ad emergere dalla nebbiosa posizione del primo tempo, nel quale
avvenimenti non integrati nell’io potenzialmente si prestano ad assumere significato traumatico nel secondo
tempo (edipico). Tuttavia essi, per mantenere la via aperta verso la coesione necessaria a organizzare
l’immagine di sé, continuano a proporre elementi presentativi alla ricerca di un aggancio per integrare la
realtà.

I mancati contenimenti nella relazione infantile hanno lasciato tracce traumatiche che si ripropongono nella
relazione psicoanalitica poiché favorisce la regressione e l’emersione dei fantasmi. Può evidenziarsi così un
vissuto potenzialmente traumatico, che sarebbe caratterizzato dall’incapacità di legare a livello
rappresentativo le sollecitazioni percettive attuali con le antiche sensazioni. Tali sensazioni hanno generato
tracce mnestiche che non è stato possibile investire e inserire nel gioco pulsionale obbligando all’uso di difese
primarie.
Questi pazienti continuano a “mettere in scena” il loro dramma narcisistico, che varia a seconda delle diverse
tappe evolutive più o meno completamente raggiunte o mancate conseguentemente alle loro capacità di
elaborazione psichica.
Il sogno nel sogno lascerebbe apparire materiale appartenente alla serie del negativo: le sensazioni precoci
riattualizzate nella regressione psicoanalitica, e agganciate alla dinamica transfertcontrotransfert
verrebbero sottoposte al lavoro selettivo che consente, come primo passo, la
rappresentazione onirica. E per ciò quello che era così radicato nella mente e non conosceva altra espressione
che l’agito, la via psicosomatica o quella allucinatoria, comincia a trovare un linguaggio onirico, sia pure
all’insegna del desiderio che non “sia accaduto”.

Il sogno nel sogno si manifesta ad analisi avanzata, prestandosi a rappresentare una sorta di giro di boa,
doppiata la quale il paziente sembra essere in grado di elaborare materiale profondo recepito fino ad allora
come traumatico rispetto alle sue capacità elaborative. Le potenzialità integrative dell’analisi possono
attuarsi e vengono evidenziate, nel loro svolgersi, da segnali e tentativi rappresentativi—> come il sogno nel
sogno. E’ possibile considerare quest’ultimo come l’accedere alla rappresentazione onirica e quindi alla
rappresentazione conscia di elementi riguardanti la propria realtà interna, che hanno lasciato tracce
mestiche non integrate a livello pulsionale.
Sogno nel sogno à reale tentativo di distacco rispetto alla coazione a ripetere che sottende i sogni
traumatici o gli incubi.

CAPITOLO 15: IL PROCESSO DELLA TERMINAZIONE DELL’ANALISI NEL SOGNO

Il processo di terminazione dell’analisi mostra 2 aspetti principali:

• Realizza il progetto psicoanalitico della coppia terapeutica, nei termini in cui essa è andata
elaborandolo;
• Introduce uno scenario di cambiamento, che va al di là delle premesse iniziali del lavoro svolto quanto
della terminazione stessa.

La terminazione dell’analisi può essere definita come un momento secondo del processo psicoanalitico, ma
anche come possibile momento primo di un ulteriore lavoro psichico, non solo psicoanalitico ma anche post-
psicoanalitico (un nuovo inizio).
Come momento secondo consente una ricapitolazione e una risignificazione di contenuti e dinamiche
psicoanalitici e pre-psicoanalitici.
La comparsa di un certo tipo di temporalità (definita liminale) rappresenta l’inaugurazione del processo della
terminazione. à L’emergere della temporalità liminale permette alla coppia analitica e al paziente di
accedere ad una dimensione temporale in cui la dimensione del tempo è duplice e consente percorsi
esplorativi, costruttivi e ricostruttivi, riorganizzativi ed espressivi di fantasie e desideri prima inibiti o
vincolati a direzioni prefissate. à La stessa analisi emerge dall’intrinseca atemporalità del setting: il suo
tempo e quello della vita iniziano un percorso di avvicinamento (momento delicato che può creare ansia e
indurre a difese; interrompere l’analisi può essere un modo per terminare l’analisi senza passare dal processo
di terminazione).

Il tempo liminale può essere una possibilità di vivere il tempo della vita esterna, cronologico e lineare, e il
tempo ciclico e ripetitivo dell’analisi come integrabili anche se diversi; e, anche, una possibilità per il
paziente di pensarsi esteso tra passato e futuro, nutrendo tale estensione con tutto ciò che ha acquisito in
analisi.
Il concetto di temporalità liminale è collegato a quello di posteriorità, concetto che si riferisce ad
una modalità psichica di relazione temporale in base alla quale passato e presente interagiscono nel
reciproco sviluppo. à La posteriorità, nella concezione freudiana, esprime il fatto che l’esperienza viene
elaborata ed entra a far parte della realtà e della dinamica psichiche secondo un andamento bifasico nel quale
l’impronta iniziale costituisce un evento latente in cui il cui potenziale sarà attualizzato da un secondo evento
che gli apporta un completamento e un’esplicitazione. Ciò che emerge è il trauma, o meglio un contenuto
psichico nel quale il prima e il poi collassano in un punto atemporale. La natura e l’andamento del processo
di terminazione possono essere indagati a partire dal concetto di posteriorità.

Il processo della terminazione dell’analisi può essere vista in un’ottica bifasica—> secondo cui vi è un primo
tempo del processo di terminazione dell’analisi, che è mobilitante, muove verso qualcosa, ma non è del tutto
esplicitato, e un secondo tempo, che sarebbe la terminazione vera e propria (ultima o ultime
sedute d’analisi à evento di terminazione).

Alla luce di questa bifasicità, i sogni possono essere campi di rivelazione e indici di essa, supposta nel processo
di terminazione.

Ultimo sogno in analisi à Indicatore di tipologie diverse di terminazione: a seconda degli aspetti
temporali.

2 elementi fondamentali discriminano una terminazione riuscita da una insoddisfacente:


- Il richiamo alla sintomatologia del paziente, con la rappresentazione di un’eventuale
trasformazione;
• Il modo in cui è raffigurata la relazione con l’analista che, in un’analisi realmente condotta a termine,
compare nel sogno esente da mascheramento.

Gli ultimi sogni in analisi mostrano in maniera illuminante quindi il ripristino di una memoria
temporalizzante che istituisce nessi tra passato, presente e futuro (all’opposto, in una terminazione
insoddisfacente, mostrano una memoria bloccata alla coazione a ripetere che ripropone, immutata,
la situazione di partenza).
Inoltre, l’ultimo sogno in analisi può evidenziare le trasformazioni avvenute e contemporaneamente,
mostrando qualità peculiari della relazione con l’analista, può prefigurare esiti post-psicoanalitici.

La clinica
Caso clinico di A. e i suoi sogni: la pz è alla terza tranche di analisi, le prime due le aveva interrotte.
È alle prese con la stesura di una tesina autobiografica molto impegnativa. Sogno che possiamo identificare
come sogno di terminazione dell’analisi: era alle prese con la conclusione della tesina e si
accorgeva che era stata finita con un brano in rosso, aggiunto dall’analista e ciò le provocava dispiacere. Nel
prosieguo della seduta A. parla della tesina, relativa alle fasi della vita e articolata in tre aree (infanzia,
adolescenza e vita adulta) e racconta le emozioni provate durante la stesura: avverte di essere la stessa
dell’adolescenza, ma allo stesso tempo di essere molto diversa da allora; il passare del tempo le appare capace
di arrecare sollievo e non solo l’imposizione di crescere.
Nella seduta seguente racconta di un sogno riguardante la morte di un attore amato, nel bel mezzo del
racconto la paziente è colta da un pensiero improvviso che la porterebbe a scappare: ricorda di avere
lasciato una pentola sul fuoco.
Possiamo considerare questo sogno come un sogno di avvio del processo di terminazione per le seguenti
ragioni:
• Attraverso la tesina la pz esprime il tentativo di rappresentarsi in modo unitario la propria storia,
intrecciata al percorso psicoanalitico che le conferisce un’identità narrativa

• All’interno di questa rappresentazione A. si muove in più direzioni, sia focalizzando retrospettivamente


la se stessa bambina e adolescente, sia utilizzando le trasformazioni avvenute.

• Si rende presente, appena enunciata la prospettiva di concludere l’analisi, il tema della morte, che
individuiamo come figurazione ricorrente del tempo liminale e leggiamo nell’ottica del doppio
movimento della posteriorità
• Il testo manifesto del primo sogno, contrappuntato dal suo testo latente e dalle sue fantasie della seduta
successiva di un’incontenibile esplosione, mostra il tentativo di lavorare il problema di base, il
distacco, neutralizzando l’impulso coattivo alla ripetizione espresso nelle due interruzioni precedenti.

Il sogno della tesina è all’insegna della temporalità liminale, una delle cui caratteristiche è la triangolazione,
come spazio di alternative e identificazioni multiple. Questo sogno si volge contemporaneamente al passato
(di cui evoca la pressione stringente), ma anche al futuro, in quanto
pone come orizzonte il problema dell’essere insieme, dalla non-coincidenza alla contemporaneità.
Accostiamo a questo sogno, gli ultimi due sogni, parte integrante dell’evento di terminazione di questa analisi.
Primo sogno: c’era tutta la mia famiglia, eravamo in quattro (madre, padre e S., fratello piccolo che il padre
ha avuto da un’altra donna nel corso dell’analisi di A.), mi ha colpito la disposizione delle persone, io ero al
centro tra S. che tenevo per mano e mia madre; mio padre era invece discostato da noi tre, di fronte e un po'
di lato, corrucciato ma non in grado di nuocere. Nel commentare il sogno la paziente dice che nel sogno sua
madre era vitale, non così dipendente da suo padre e depressa per il fallimento della relazione. La posizione
del padre raffigura secondo lei il modo diverso in cui ora lo percepisce, gli è sempre legata, ma lui non
rappresenta più un’immagine così dominate e soprattutto continua sì a ferirla, ma non la annienta più. Dice
di aver smesso di mediare tra i suoi genitori.
Questo sogno richiama la tesi di Oremland in quanto rappresenta la problematica iniziale con le
trasformazioni avvenute.
La parte che riguarda l’analista si trova invece nel secondo sognoà ero in seduta con lei che mi affiancava
ma era un’immagine così reale che poteva essere scambiata per vera e le chiedevo, dopo averle raccontato il
sogno in cosa sono cambiata.

Si sottolinea quindi la differenza e il rapporto tra i sogni di avvio della terminazione e i sogni di terminazione.
I primi intercettano una mobilizzazione psichica, resa evidente dalla comparsa del tempo liminale, che
implica da un lato un tendenziale completamento di senso e dall’altro la rimessa in moto della posteriorità,
che si intensifica nel processo che porta alla fine.

Differenza e rapporto tra sogni di avvio della terminazione e sogni di terminazione:

• i primi intercettano una mobilizzazione psichica, resa evidente dalla comparsa del tempo liminale, che
implica da un lato un completamento di senso e dall’altro la rimessa in moto della posteriorità, che si
intensifica nel processo che conduce alla fine.
• Nei secondi invece si può cogliere uno svolgimento del tema del sogno di avvio della terminazione in
quanto vi è una raffigurazione plastica del tempo delle generazioni e un riconoscimento della
filiazione, lineamenti fondamentali della temporalità edipica (basata sull’esame di realtà in cui si
accetta lo scarto tra dimensioni infantili e adulte della psiche e si è propensi a colmarlo).

Il lavoro del sogno partecipa in maniera significativa all’operazione di configurazione tra la pre-comprensione
(ciò che precede il soggetto vincolandone la storia) e la post-comprensione (l’assunzione autoriflessiva della
propria storia), quando, intrecciandosi al transfert, riproduce immaginativamente scenari fondanti che
possono essere alternativamente rivisitati e guardati.
16. DALL’ANALISI AL SOGNO, DAL SOGNO ALL’ANALISI. SPAZIO PSICOANALITICO E SPAZIO
ONIRICO INDIVIDUALE ATTRAVERSO UN FRAMMENTO CLINICO –

Bonaminio

Viene riportato il caso clinico di Federico, con cui l’analista vive, seduta dopo seduta, una condizione di
prevedibilità tale da provocare un’estrema piattezza emotiva, nonché senso di impotenza e noia rispetto alle
possibilità di relazione terapeutica.

“Ero in macchina sul Land Rover, lungo l’autostrada che porta in..., guidavo a velocità costante in un lungo
rettilineo in cui il paesaggio intorno è piatto. Tutto filava liscio, come se nulla fosse. Guardo, come faccio
sempre, nello specchietto retrovisore e vedo un camion grosso, enorme che un attimo prima non c’era, la strada
era sgombra. Un cambio enorme, tipo USA on the road, per intenderci, di quelli che qui non esistono. Rimango
impassibile nella mia corsia, ma un attimo dopo, sempre dallo specchietto, noto che mi sta dietro, vicinissimo,
vedo che lampeggia ripetutamente, e quasi sento il “click” dei fari che si accendono e si spengono. Sta per
investirmi, quasi mi tocca, ma lo frego perché, per fortuna, mi ritrovo all’altezza dell’uscita per Y (il paese vicino
al quale è situata la sua residenza per le vacanze estive). Accelero, la imbocco, e chi si è visto si è visto, il
camion mi sfila via sulla sinistra. Ce l’ha presente Duel di Spielbergg, beh! così…” “A proposito, proprio ieri ho
visto Incontri ravvicinati, altro capolavoro…”.

Fedrico è al terzo anno di analisi, ha 32 anni ed è un meticoloso professionista che arriva sempre puntualissimo
e mette sempre in atto una serie di rigidi rituali prima di iniziare la seduta.

L’analista per la prima volta prova con questo paziente un’emozione vera.

Quel che sperimenta l’analista è una sorta di estraneità al legame analitico da parte del paziente (Lacan:
una “mancanza” nella comunicazione del paziente) che viene interpretata come dissociazione del sé.
Possiamo comprendere il concetto di dissociazione grazie al contributo di Winnicott rispetto ai fenomeni
schizoidi: l’estraneità del Sé a sé si ripropone nel transfert attraverso la difesa maniacale del paziente in
seduta, come un fatto clinico della relazione psicoanalitica di quella precisa fase dell’analisi e può essere
superata solo se il paziente giunge all’esperienza del sogno.

È da notare come la narrazione dei sogni rappresenti per tale paziente una forma alternativa di controllo
onnipotente sulla propria realtà interna che, mediante il controllo ossessivo del linguaggio e del materiale,
non permette alla metafora e al “simbolo” di trasformare la sua esperienza (Khan). Lo scenario
psicoanalitico diventa una sorta di proiezione ortogonale della dissociazione del paziente: da un lato
l’analizzando con la sua difesa maniacale che si è dissociato da sé, dall’altro l’analista che alberga, per così
dire, nel proprio controtransfert alcuni aspetti di quel sé dissociato di cui il paziente non può ancora
riappropriarsi.

In questo caso, come dice Lacan, il paziente parla all’analista senza parlare di sé e lo “obbliga” a fare un
grande lavoro di compensazione tramite il controtransfert, tramite cui avviene una vera e propria creazione
del paziente (nell’analista albergano alcuni aspetti del sé dissociato di cui il paziente non può ancora
riappropriarsi). Quel senza può essere visto come quel vuoto, quella mancanza nella comunicazione del
paziente (la sua difesa maniacale), quell’oggetto assente che è il falso sé del paziente, quel negativo di cui parla
Green, in attesa di collegamento. Il salto nel registro comunicativo (l’emozione inaspettatamente provata
dall’analista) realizza questo collegamento.

L’estraneità del sé a sé stesso da parte del paziente (la sua difesa maniacale) è qualcosa che si ripropone in
toto nel transfert totale, come un fatto clinico della relazione psicoanalitica, lasciando al lavoro del controtransfert
dell’analista quella parte di emozioni e pensieri personali che si rende progressivamente disponibile dal
preconscio alla sua consapevolezza, e che include qualcosa attorno al paziente , qualcosa che allude a quel sé
dissociato di cui il paziente non sa ancora nulla.
Il controtransfert dell’analista non è soltanto parte integrante del rapporto psicoanalitico, ma una creazione del
paziente, è una parte della personalità del paziente (Heimann).

L’uso evocativo-espressivo del controtransfert (Bollas) consente di rintracciare e, successivamente,


elaborare il “conosciuto non pensato”, ovvero ciò che ancora non è stato sognato o immaginato, poiché non
ancora presente nella mente dell’individuo. In altre parole, consente la soggettivazione, ovvero la possibilità
di fare esperienza personale e integrata del Sé all’interno del sogno e, poi, nel contesto dell’analisi. Nel caso
di Federico il senso di noia e di impotenza erano quel qualcosa intorno al paziente : alludevano a quella
parte di sé dissociata, estranea a lui e anche all’analista.

E’ la potenziale personalizzazione dell’esperienza di sé, il processo individuale per il quale il paziente in cui
prevalgono i fenomeni della dissociazione nel sé può fare uso dell’esperienza “interpersonale” dell’analisi
come assetto a due con un terzo assente. Il paradosso della psicoanalisi è che la persona può riconoscersi
solo per il tramite dell’altro. Ma l’altro non è concretamente l’analista, è quel terzo assente che si ripropone
continuamente ai margini del Sè e della relazione con l’analista.

Per quanto riguarda il sogno, Federico per la prima volta sta parlando della coppia analitica. Questo
parlare di “noi” nel transfert, questo “rappresentarci” non ha ancora le qualità di un’esperienza intima per
il paziente, tuttavia ne è l’inizio di un potenziale sviluppo.

Nel sogno troviamo un elemento, altrettanto significativo, di risposta contestuale alla configurazione che si
era creata in analisi in quel momento specifico. Federico interpreta un commento dell’analista come una
spinta a fare qualcosa per accostarsi a Caterina, la donna che amava, e quindi per accostarsi all’analista.
Nell’interpretazione che, attraverso la scena Federico da della nostra posizione reciproca, è l’analista che
può vedersi grazie a lui, può vedere dove è collocato rispetto al paziente nella sua percezione di lui.
Attraverso la scena del sogno l’analista è andato ad occupare la scena della madre, quell’oggetto interno che
sollecita intensivamente ad un contatto. Le interpretazioni dell’analista, “dietro di lui” attentamente
controllate, sono percepite e, di fatto sono concretamente diventate, come quei lampeggianti ripetuti
provenienti dal grosso camion che stava per investirlo e da cui si protegge grazie alla via d’uscita offerta
dalla separazione.

Il processo che va dal generarsi del sogno dentro la situazione psicoanalitica, fino alla sua comunicazione da
parte del paziente, per la posizione di riposizionamento che può comportare per l’analista, costituisce un
punto di viraggio significativo nel lavoro psicoanalitico, in quanto rappresenta ed introduce un salto di
qualità, una discontinuità che può potenzialmente allargare i confini del campo emotivo che via via
nell’analisi si rende disponibile per il paziente.

Per Federico questo sogno rappresenta ed è indice del costituirsi di uno spazio onirico individuale che si è
potuto ricreare sulla base dello spazio messo a disposizione dalla relazione psicoanalitica.

Nel contesto analitico, quindi, si creano i presupposti per sognare e per conferire, tramite la rappresentazione
onirica, una valenza più interpersonale al transfert (che può divenire, così, relazione e legame). Si passa,
perciò, dalla dissociazione del sé allo spazio onirico individuale, sulla base di uno terreno messo a disposizione
dalla relazione psicoanalitica (movimentata dal controtransfert dell’analista).
Cosa potrebbe accadere, invece, se non si acquisisse uno spazio onirico? Khan nota, specialmente a proposito
dei pazienti schizoidi, che l’assenza o la difettosità di uno spazio onirico in cui il processo onirico possa
esprimersi comporta la tendenza ad agire teatralmente il contenuto latente del sogno all’interno delle
relazioni (anche quella psicoanalitica), con una spoliazione della possibilità per l’individuo di un’esperienza
psichica del sè.

Perciò, l’esistenza e l’uso dello spazio onirico corrisponde alla possibilità di integrare il sé, come se fosse
l’“equivalente psichico interno” di ciò che Winnicott definisce spazio transizionale o spazio potenziale (che
il bambino instaura per scoprire il suo Sé – la sua realtà interna - e la realtà esterna). In questo senso, il
ruolo dell’analista non sta solo nel rintracciare e restituire il senso del sogno, tramite una co-costruzione e
tessitura coerente con i significati dell’analizzando, ma anche nel favorire quell’esperienza del Sé che
l’individuo può fare grazie e tramite il sogno.
Di fatto, lo spazio onirico è una conquista fondamentale del processo evolutivo della “personalizzazione”,
facilitato dall’esperienza del sostegno e delle cure materne: nel processo clinico è lo scenario psicoanalitico
che può offrire questa facilitazione nel costruire uno spazio messo a disposizione per essere usato in modo
che l’esperienza del sogno si realizzi. La collocazione dell’analista in questo paradosso è quella di procurare,
fornire l’ambiente per la costruzione dello spazio del sogno. Con il costituirsi di questo spazio interno per
sognare dentro la situazione psicoanalitica, il paziente può dare uno sguardo allo stato del sé in quel
momento, può incominciare a personalizzare la sua esperienza.

• Paesaggio piatto—> deanimazione del sé-


• rimanere impassibile nella sua corsia—> in modo che tutto fili liscio nonostante i meccanismi di diniego.
Federico presenta un’organizzazione rigida e difensiva del sé su ciò che è sperimentato come
intrusione, come le parole dell’analista e degli oggetti interni genitoriali.
• Chi s’è visto s’è visto—> rifugio dalla dissociazione, in un luogo non visto di lui (spazio onirico) dove il sé
potenziale può essere coltivato, cioè l’esperienza del sognare che genera alò sogno sognato e poi
narrato.
• Incontri ravvicinati—> ripescata all’ultimo sembra costituire uno sguardo dia secondo livello che Federico
può dare alla scena del sogno.

Il pericolo dell’invasione dell’analista con le sue interpretazioni può ora anche essere visto in un’altra
prospettiva, come quegli incontri ravvicinati incipienti (tra sé e l’analista, ma anche tra parti del sé) di cui
può dare atto all’analista.

17. IL SOGNO: MONITORAGGIO DINAMICO DELLO STATO DEL SÉ E DELLA RELAZIONE –


Verticchio, Barbaglio, Palmieri

Il sogno può essere visto come un elemento privilegiato di comunicazione all’interno della relazione
psicoanalitica. Il sogno si pone come monitoraggio dinamico dello stato della relazione e dello stato del sè.
Gli autori mettono in risalto gli aspetti dinamici del sogno (la ricerca di una nuova via, il tentativo di risolvere
un problema, l’elaborazione di una via di sopravvivenza psicologica, la manifestazione
dello stato del Sé del paziente, l’intendersi del sogno come messaggio all’interno della relazione psicoanalitica,
ecc.), anziché quelli più statici (rappresentazione dei conflitti, evidenze delle difese), tant’è che attribuiscono
al sogno una valenza processuale, riferendosi al concetto bioniano di “costruzione di un apparato per pensare
i pensieri (e sognare i sogni)”. Questi aspetti dinamici non emergono alla fine di un complesso lavoro
psicoanalitico, ma, nella maggior parte dei casi, sono presenti fin dall’inizio della relazione. Psicoanalitica e
sono abbastanza espliciti nel contenuto manifesto.
Trattandosi diuna forma comunicativa che entra a pieno diritto nel lavoro analitico, essi preferiscono
metterel’accento sul contenuto manifesto, dovuto ad un processo onirico secondario di simbolizzazione
linguistica, integrazione e sintesi. Un lavoro costante sui sogni in analisi porta, parallelamente allo sviluppo
del processo, ad un attenuarsi della censura. E poiché, è la censura, come diceva Freud, la causa della
deformazione del sogno, è comprensibile come una sua attenuazione riduca lo scarto fra contenuto latente e
contenuto manifesto creando una rappresentazione in cui i personaggi e i loro ruoli sono uniti tra loro da
rapporti logici.
Rimanendo sulla natura processuale del sogno, Fosshage (1998) afferma che il processo primario, da
modalità di attività mentale che non cambia e non si sviluppa e che quindi rimane sempre primitiva, diventa
“l processo primario, da modalità del funzionamento mentale primitiva, diventa quella modalità che usa
immagini visive e sensoriali di intensa colorazione affettiva per svolgere una funzione integrativa e sintetica
generale. Il processo secondario è una modalità logica e concettuale che fa uso di simboli linguistici per
svolgere una funzione integrativa e sintetica”. Pertanto, secondo l’autore, questi processi possono essere visti
come modalità diverse ma complementari di comprendere, rispondere e organizzare il mondo esperienziale.
A suo parere entrambe le modalità sono operative nel sognare : “Il sognare è un’attività affettivo-cognitiva
che impiega tutte le forme di attività mentale mettendole al servizio di un’attività organizzativa generale,
per contribuire allo sviluppo di nuove organizzazioni”. In questo modello i conflitti non vengono considerati
sempre in primo piano, ma la loro eventuale presenza implica sempre la presenza di una funzione di ordine
superiore di risoluzione dei conflitti, anche se essa non raggiunge il successo, proprio come nell’attività di
veglia. Solo in presenza di conflitti fortissimi e delle relative operazioni difensive si creerebbero differenze
tra contenuto manifesto e con tenuto latente del sogno, ma il più delle volte è il sogno manifesto a essere in
primo piano.

Kohut ci parla dei sogni SELF-STATE—> sogni che cercano di affrontare una minaccia di dissoluzione del
SAè trasformando processi psicologici spaventosi e senza nome in immagini visibile e normali.
Il sogno
spesso struttura una prima area di pensabilità, intrecciando immagini che contengono emozioni inizialmente
informi ma ora simbolizzabili, sostenuta poi dal lavoro di contenimento, elaborazione e restituzione (in una
pensabilità più matura) da un analista capace di rêverie.

Tagliacozzo (1992)—>il sogno può segnalare sia il progetto vitale sia le impensabili difese che vi si
oppongono. Esprime ciò che il paziente sa fare col suo materiale psichico e con cui cerca l’analista che lo
aiuti a farne il meglio e a trasformarlo in un’evoluzione di capacità di rappresentabilità e pensabilità.
Per l’autore è l’analista, sostituto delle figure genitoriali, che aiuta a costruire “l’apparato per pensare i
pensieri”.

Winson—> i sogni sono una strategia di sopravvivenza psicologica dell’individuo.



Il sogno in analisi, dunque, funge da rappresentazione di un “problema” e ricerca di una soluzione diversa
rispetto alla ripetizione. Da Kohut in poi, il contenuto manifesto non è da intendersi più come traduzione del
tracciato inconscio, ma vera e propria manifestazione di angosce di cui il paziente chiede spiegazione
all’interno della relazione analitica. Non è più fondamentale, in quest’ottica, interpretare le immagini del
sogno, ma sintonizzarsi sulla loro funzione, sul loro significato affettivo e autenticamente comunicativo.

Il sogno può essere visto come possibilità di sopravvivenza della coppia paziente-analista, di continuazione
dell’analisi nonostante il rapporto difficilissimo, di anticipo di una speranza di costruzione di uno spazio in
cui essere e stare insieme a pensare—> Il sogno è innanzitutto uno spazio transizionale(fondamentale per
l’esperienza del Sé e della realtà) in cui si può “essere e stare insieme a pensare”in un linguaggio comune.
Uno spazio intermedio che pone i presupposti per una comunicazione
comprensiva, qual è la relazione psicoanalitica. Il sogno detiene una funzione dinamica che consente
innanzitutto di costituire l’area del “come se” psicanalitico.

Amedeo

• medico, 50 anni
• Le sedute sono un impasto di due sensazioni: un linguaggio forbito e aulico da una parte e dall’altra un
attaccare l’analista, un usarla come pubblico da schernire, quasi da tenere lontano fuori la
rappresentazione di sé informe, ma in questo modo facendola ben intravedere.
• Santo distacco—> madre, bassi istinti—> padre. Sembrano rappresentare anche dentro di lui la sua
identità, senza possibilità di integrazione e comunicazione tra questi due aspetti.
• Parlare forbito—> madre algida. Se prova qualcosa—> si sente in preda ai bassi istinti.
• Ha bisogno di attaccare e di sottolineare la mancanza di valore dell’analista: le donne nella sua teoria
sono inconsistenti e piatte, come se questo lo preservasse dallo sperimentare dolorosamente
l’inaccessibilità della madre. Le cure asettiche della madre non hanno permesso la costruzione di un
linguaggio comune—> difetto nell’esperienza di buon contatto.
• In questa situazione il contatto fisico sembra essere l’unica garanzia dell’esistere, preliminare e quasi
sostitutivo dell’abbozzo rappresentazionale. E’ come se si continuasse ad attribuire alla sensualità la
capacità di veicolare un vero contatto, mentre irrealtà tutto quello che si mette in evidenza è
l’impossibilità di vivere l’intimità. Questo genere di analizzati sembrano continuamente segnalare
che se non sono toccati fisicamente non esistono e quindi l’odio profondo per darsi coesione diventa il
loro modo di sopravvivere. Continuano così a trasformare in attacco le loro richieste che sentono
disattese, e ciò che li confonde sembra la capacità dell’analista di stare in intimità con strumenti e
livelli che non sono i loro
• Amedeo—> madre che non è stata un aggancio per le emozioni, lui ha consegnato ai bassi istinti le
modalità aggressive per raggiungere la madre inaccessibile.
• Il sogno è la terra di nessuno, la zona franca, il sogno si produce da solo, si fa da sè. Il sogno è stato usato
come un’area tradizionale rispetto ad un passaggio trasformativo. Una zona franca che tutela da un
corpo a corpo violento ed è capace di costituire un ponte verso l’area del come se psicoanalitico, alla
riflessione in un linguaggio comune che ha permesso la creazione di un iniziale spazio alla
comunicazione vera.
• Non era motivo di vita per sua madre—> la madre ha cercato di uccidersi quando era piccolo.
• Il sogno nelle sedute veniva usato come un modo di esistere assieme, come con la madre, con cui non c’era
altro modo di comunicare se non il sentire di esistere.
• Qui il contratto implicito nell’analisi non poteva essere stipulato per un traverso di realtà incontenibile
ed è stato necessario sostare temporaneamente in un’area di come se, edificata attraverso il sogno.

Può esserci poi una produzione sovrabbondante di sogni—> può essere espressa una follia privata, mantenuta
segreta anche ai pazienti stessi e confinata in un’identità parallelo seriamente sottoposta al pericolo di
rottura degli argini psichici e somatici. Quando la pressione di questi oggetti bizzarri, mentali o corporei, nei
pazienti si fa più pressante essi arrivano a chiedere un’analisi. Questi pazienti in un primo tempo dell’analisi
troveranno nei propri sogni uno dei principali contenitori psicoanalitici, nelle fasi più avanzate dell’analisi,
la scansione l’andamento dei sogni diventeranno sempre più naturali.
La funzione ultima svolta dal sogno risiede nella capacità di dare esistenza, configurazione e
riorganizzazione/ strutturazione al Sé del paziente e di fornire all’analista un registro di eventi mentali e
corporei relativi all’esperienza psichica del paziente e della relazione analitica di cui l’analista man mano può
disporre. Questi pazienti con abbondante produzione onirica presentano o traumi fisici infantili o
problematiche organiche e/o ipocondriache, come se il codice corporeo e la memoria somatica si esprimessero
nel linguaggio onirico.

Cesare

• giornalista di 43 anni, inizia l’analisi perché ha dei pensieri ossessivi e fobici, vergini e mancamenti.
Inoltre sente una forte angoscia di morte.
• è un paziente che si è organizzato su forme di apparenza scambiate per sostanza, i sogni dimostrano di
svolgere una funzione davvero vitale nell’essere mezzo di informazione e strutturazione e apparato di
metabolismo ed elaborazione della sua caotica esperienza sonato-psichica e della sua carenza
relazionale.
• All’interno della confusa inondazione da parte del paziente di parole, sensoriali, flash affettivi e sogni,
proprio attraverso di questi si costruiva un filo rosso onirico che delineava e precisava, in modo
puntuale, i molteplici nuclei del sé, disarticolati tra loro e ricomposti nell’assemblaggio di un’identità
polimorfa, potentemente minacciata alla base nella sua coesione.
• Il processo onirico sembrava costituire una vera e propria messa in opera dell’identità, la via di una
costruzione del sé, supportata dal fatto che i sogni erano molto richi di immagini impregnate di una
densa concretezza percettiva e di una vivezza a carattere allucinatorio—> processo di simbolizzazione
concreta che avviene attraverso questa forma di percezione sensoriale onirica. Attraverso questo
processo il paziente percepisce e fa esperienza di quella parte dell’universo soggettivo non in contatto,
del quale sperimenta attraverso il sogno un vero e proprio senso di realtà .
• Il flusso continuo e caotico dei sogni del paziente è un prezioso strumento primario per per percepire-
esperire l’esperienza di sé del paziente e per configurare -interiorizzare la sua complessa realtà
psichica: è uno strumento per pensarlo. I sogni danno una bussola e una mappa di orientamento
affettivo ai fini della risposta emotivo ed empatia dell’annalista nei confronti del sé del paziente.
• I sogni possono funzionare come un’ecografia dinamica degli eventi psichici del paziente e degli eventi di
interazione e relazione della coppia psicoanalitica e che possono essere impiegati dall’analista, ma
anche dal paziente, per un’operazione mentale di monitoraggio dei loro stati interni e degli
accadimenti psicoanalitici.
• Kohut ci parla dei “sogni sullo stato del sé”—> nel succedersi repentino dei tanti caotici avvenimenti, le
manovre difensive del paziente servono a tirarlo fuori dal rischio di disintegrazione del sé. Questi
eventi onirici permettono al paziente di sperimentare l’entità dell’angoscia anche sul piano
dell’identità corporea e su quello della sua integrità psico-somatica.
• I “sogni di percezione di identità” —> in essi si realizzano la compresenza e la sequenza di stati di
metamorfosi del sé e la presentazione nuda e cruda di quei sé troppo bizzarri e angosciosi, che, scusi
dall’identità istituita, possono comparire e cominciare a esistere soltanto negli scenari onirici.
• Cesare, tra le forme che possono trasparire e identificarsi, teme che si possano configurare in modo
consistente proprio le forme femminili del sè. Nei sogni di percezione di identità di Cesare troviamo
quello della trasformazione uomo-donna.
• Nei sogni di percezione di identità si precisa anche l’esistenza di un processo confusivo dell’identità del
paziente con quella del padre, il che, da un verso costituisce un’area del supporto del sé, per un altro
corrobora la sussistenza dell’angoscia di separatezza fisica e quella di personaggi vampiro sia interni
sia esterni a lui. La persona del padre risulta essere sdoppiata in una metà molto idealizzata e una
metà molto impoverita; la parte idealizzata è però particolarmente significativa in quanto sostiene la
coesione del sé e in quanto tampona i vuoti e le gravi carezze del rapporto con la madre. La relazione
con la figura della madre si basa sull’angoscia di essere pericolosamente contaminato, di essere
attaccato nella sua virilità e di restare intrappolato in un oggetto portatore di morte. E’ perciò
comprensibile come nei primi anni di analisi il paziente tenda persistente a sfuggire dal rapporto
reale come da un rischioso luogo di imprigionamento.
• La disfunzioni affettive primarie hanno trovato nel sogno il linguaggio di equivalenza e di concretezza
simbolica di disfunzioni somatiche. Un linguaggio non verbale che presenta immagini nude e crude
di lesioni, ferite… da accesso a rappresentazioni iconografiche comunicative, mentalizzabili in
pensiero visivo e quindi traducibili in stati emotivi e nell’alfabetizzazione di un linguaggio affettivo.
Il sogno permette all’analista di immergersi empiricamente nell’esperienza somatica dei pazienti, e
in quella propria, di raffigurarla mentalmente, di raffigurarla e sperimentarla in più dimensioni
affettive.
• I sogni di “percezione-rappresentazione somato-affettiva” sono anche sogni attraverso i quali si produce
un processo di fantasmatizzazione delle parti del corpo e degli eventi fisici. In questo tipo di sogni si
manifesta l’edificazione corporea del legame confuso con l’oggetto e si manifesta come la separatezza
e l’individuazione di sé siano sperimentate come un evento emorragico e lacerante la continuità della
dimensione somatica.
• I sogni del paziente possono fornire all’analista anche un registro dei propri stati interni riflessi in quegli
eventi onirici del paziente: l’analista nel ri-esperire e nel ri-concepire il sogno del paziente sviluppa
una sua rete mentale di rappresentazioni del sé del paziente della loro relazione e della loro relazione
e opera una sua intelaiatura interna strutturante l’identità del paziente dentro di sè. Il sogno
contribuisce ad organizzare, approfondire e modulare la funzione di rispecchiamento dell’analista,
funzione di fondamentale importanza, soprattutto in certe fasi dell’analisi e per pazienti
psichicamente gravi.

In sintesi:

Nella relazione analitica sono i sogni a manifestare le fragilità intrapsichiche e relazionali del paziente.,
essendo mezzo di informazione, strutturazione, metabolismo ed elaborazione dell’esperienza somato-psichica.
Essi permettono di rintracciare quel “filo rosso” che consente di articolare i molteplici nuclei del Sé (= lavoro
di riparazione). I sogni, inoltre, forniscono all’analista una bussola di orientamento affettivo per la risposta
emozionale ed empatica (es: comprendere il controtransfert ed il transfert), contribuendo al lavoro di
risonanza empatica. Il sogno parla del paziente e di come egli percepisca le angosce relative al suo sé psichico
e corporeo. Perciò può essere considerato una “struttura complessa che attualizza il campo del Sé nei suoi
diversi aspetti e contenuti”. Ricordiamo che “l’analista, nel ri-esperire e ri-concepire il sogno del paziente,
sviluppa una sua rete mentale di rappresentazioni di Sé del paziente e della loro relazione, attua
mentalmente delle proto-integrazioni e opera una intelaiatura interna strutturante l’identità del paziente
dentro di sé.” Rimanendo nell’ambito della funzione di rispecchiamento dell’analista appena descritta, il
sogno funge da tentativo di comunicazione e recupero del proprio progetto vitale all’interno della comune
impresa analitica.

CAPITOLO 23: IL SOGNO TRA PSICOANALISI E NEUROSCIENZE

Sin dall’inizio Freud tentò di sviluppare una psicologia scientifica connessa alla neurofisiologia,
collegando le sue osservazioni psicologiche all’attività neuronale. Nel Progetto di una psicologia
descrisse l’esistenza di un’attività cerebrale “autogenerata” (energia libera) che, mediante
l’interazione adattiva con l’ambiente, prelude all’origine ed al funzionamento della coscienza.
Tuttavia, dovette abbandonare il piano, a causa di una certa scarsità della conoscenza neuroscientifica
a sua disposizione.

Nell’Interpretazione dei sogni, infatti, non parla più di sistemi di neuroni, ma si sistemi psichici (Conscio
– Preconscio – Inconscio).

Secondo Solms e altri (ad esempio Damasio), ora è tempo di ristabilire l’antica alleanza tra psicoanalisi
e neuroscienze: vi sono sia le conoscenze che le metodologie necessarie per identificare strutture
cerebrali e i relativi sistemi funzionali coinvolti nei processi psicologici emozionali.
Dal punto di vista funzionale (e non meramente anatomico), il sistema nervoso autonomo è
profondamente connesso al corpo e all’espressione somatica delle emozioni. Questo sistema è essenziale
nel processo di comunicazione interna, conoscenza e organizzazione tra le parti del Sé.

Numerose evidenze neurofisiologiche mostrano come lo psichismo origini da uno stato di originaria
indifferenziazione funzionale somato-psichica. Si può ipotizzare che durante tutta
la gravidanza il feto sia dominato inizialmente da quelle funzioni sensomotorie e vegetative che gli
consentono di stabilire un rapporto sempre più stretto con la madre (= madre-ambiente
sorgente di stimoli). La relazione madre-bambino permetterà quindi alla madre di trasmettere al
prodotto del concepimento gli elementi del proprio stato biologico, nonchè, ma in modo meno chiaro,
elementi attinenti alla propria sfera emotiva e mentale. Vediamo come già in questa fase le due
componenti, quella biologica e quella affettiva, coesistano e si influenzino reciprocamente. Si tratta di
una fase arcaica in cui in cui il biologico e lo psichico sono uniformati in un nucleo proto- mentale.

Nella vita prenatale, infatti, il feto entro in relazione con il contenitore materno ed il mondo esterno
tramite funzioni indifferenziate che tenderanno progressivamente a differenziarsi in una funzione
somatica ed una funzione psichica. La funzione somatica e vegetativa, che si evolve sotto il controllo del
sistema nervoso centrale in fase di sviluppo, darà luogo al Sé sensomotorio (è un sé sensomotorio e
vegetativo), il quale a sua volta promuoverà, nel successivo incontro con una realtà oggettuale separata,
la formazione di un Sé mentale distinto. Si tratta di ciò che Gaddini definisce organizzazione mentale di
base, ovvero la “nascita psicologica”, l’emersione di una mente primitiva dall’apprendimento “mentale”
del corpo.

Questo apprendimento avviene tramite il contatto con impressioni sensoriali di Sé “grezze” e terrifiche
(riconducibili ad un’angoscia impossibile da rappresentare e da elaborare, poiché la mente si trova in
una fase sub-simbolica (= pre-simbolica) in cui le modalità percettive sono diffuse (= non strutturate),
riferite unicamente agli stati interni e non si legano ad un’immagine/pensiero. Questa sensazione di
angoscia originaria la possiamo ancora trovare nei sogni degli adulti) che vengono solo in un secondo
momento collegate, tramite la funzione unificante della memoria, a esperienze sensoriali provenienti
dall’esterno e dirette verso la rappresentazione, la simbolizzazione e la pensabilità. Nascerà quindi il
pensiero che, che con l’aiuto del linguaggio trasformerà la pensabili inconscia in pensabili cosciente. La
funzione primaria del sogno è quella di legare energia fisica alle rappresentazioni e rendere così
l’esperienza corporea disponibile per la pensabilità. In questo senso, si ha il passaggio dalla
presentazione d’oggetto inconscia alla rappresentazione conscia, dal processo primario a quello
secondario. I pazienti completano i sogni al fine di costruire un racconto che risente fortemente
dell’elaborazione secondaria, la quale riempie i vuoti tra le rappresentazioni mediante i “pensieri di
saldatura”, che legano in modo significativo le parti staccate del sogno. Tutto ciò avviene all’interno di
un processo sì dinamico, ma sostanzialmente allucinatorio, autoreferenziale. Per Freud il sogno è un
tentativo di appagare un desiderio infantile inconscio in forma allucinatoria. Questo processo è per lui
l’essenza del sogno, il processo onirico.
Il sogno può essere considerato il guardiano dell’apparato mentale, esso si occuperebbe della
manutenzione o comunque della gestione del sistema. La terapia psicoanalitica, come elemento
perturbatore che viene dall’esterno, può modificare l’assetto psichico degli individui, perché le parole
dell’analista sono in grado di apportare delle modificazioni al cervello e il sogno effettua un continuo
monitoraggio di questo processo all’interno del transfert.
Quindi, rispetto al funzionamento auto-organizzante della mente, è stata avanzata l’ipotesi che il
sogno abbia una funzione dia-gnostica. Con questo si intende la capacità del processo onirico
di rendere conto del funzionamento psichico e di mettere in comunicazione tra loro le sue varie
parti. I componenti della coppia psicoanalitica possono interpretare il sogno come diagnosi della loro
stessa relazione, la quale a sua volta ha cooperato a produrre il sogno. E’ un processo cognitivo che
produce elaborazioni, ed elaborazioni di elaborazioni, di stati mentali e di rappresentazioni della realtà
psichica, con possibilità di essere successivamente narrate mediante l’uso del linguaggio. Ciò costituisce
un processo cognitivo non basato né sui dati sensoriali direttamente né sul ragionamento logico: esso
proviene da un terzo stato. Possiamo anche osservare che l’interpretazione psicoanalitica tratta i sogni
alla stregua di segni. Se il processo diagnostico serve a conoscere attraverso i segni, questo processo
diventa un conoscere attraverso i sogni. I sogni perciò, in quanto segni, servono anche a comunicare, e
l’attività diagnostica può essere svolta per mettere in comunicazione tra loro sia le varie parti
dell’apparato psichico , sia le persone, ad esempio i componenti della coppia psicoanalitica.

CAPITOLO 26: IL SOGNO DELLA VEGLIA: TEORIA E CLINICA (Ferro)

Freud

nel lavoro onirico il materiale inconscio altrimenti incomprensibile viene trasformato in sogno,e per far
tornare comprensibile il contenuto del sogno bisogna quindi disfare il lavoro onirico.

Bion

il materiale conscio deve essere sottoposto al lavoro del sogno per renderlo idoneo all’immagazzinamento e
alla selezione, per poterlo trasformare da PS a D. il lavoro del sogno è un lavoro continuo che appartiene
alla vita della veglia anche se di solito non è osservabile.

sogno: mente = cibo:intestino


Per Ferro, l’interesse per l’onirico in seduta non deve essere inferiore a quello per i sogni della notte raccontati
in differita. L’onirico in seduta è uno dei pilastri del pensiero di Bion à anche da svegli vi è un sognare che
è ciò che consente di formare elementi alfa, di formare la barriera di contatto, di discriminare conscio da
inconscio.

Nel pensiero di Bion il sogno è un campione rielaborato di un processo sempre in corso, sia nel sonno
che nella veglia, e nel quale il sogno viene posto in uno spazio relazionale, come nel processo di
reverie della madre rispetto alle identificazioni proiettive del bambino.

Le comunicazioni del paziente attingono alla sua storia, al suo mondo interno e attraverso il transfert,
vengono riproposte nell’attualità della situazione analitica. Ma è possibile che siano anche risposte
in tempo reale derivate dal pensiero onirico della veglia in continua formazione?
Bion afferma che vi sia una costante attività da parte della nostra mente (funzione alfa) di
sincretizzare in un elemento visivo (elemento alfa) quanto afferisce sotto qualsiasi forma dagli organi
di senso. Questi elementi visivi verrebbero formati di continuo e in sequenza, ma non sono
direttamente conoscibili, se non in alcune situazioni:

• -Flash visivo à che si determina quando l’elemento alfa, cioè un fotogramma di pellicola di pensiero
onirico della veglia (sequenza di elementi alfa) scappa fuori dall’apparato che dovrebbe contenerlo e
viene proiettato e visto all’esterno. Es. un paziente che vede un fiore, una ciliegia o una zanzare—>
sincronizza il suo stato mentale in quel momento.
• Reverie à sono quelle situazioni in cui siamo capaci di entrare in contatto e visualizzare direttamente
l’elemento alfa. Un’immagine abitualmente ben protetta affiora e possiamo vederla con gli occhi della
mente (massimo di contatto che una mente può realizzare con se stessa). Es. in una seduta che
sembrava incomprensibilmente banale l’analista vede un cimitero con delle tombe, attraverso questa
immagine riesce ad entrare in contatto con le angosce depressive profonde del paziente. M
• Sogno della notte à Esso è la via regia per l’accesso agli elementi alfa. Il sogno differisce molto
dall’elemento alfa, poiché è costituito da una funzione di cernita, filtraggio di quanto è stato filmato,
alfabetizzato e conservato durante la veglia. È come se disponessimo a fine giornata di miriadi di
elementi alfa variamente stoccati. Da qui possono partire due percorsi: o quello, in carenza di
afferenze sensoriali significative, di una metafunzione alfa che stavolta operi sugli elementi alfa
facendo un mosaico narrativo sincretico dei fatti emotivamente salienti, oppure quello dell’ipotesi che,
così come vi è un “apparato per pensare i pensieri”, una volta che questi sono stati formati a partire
dagli sementì alfa, vi sia pure un “apparato per sognare io sogni”, che operi in una sorta di secondo
livello sugli stoccaggi di tutti gli elementi alfa per fornire in base ai criteri di urgenza una narrazione
figurativa che dia senso alle esperienze.
Apparato por sognare i sogni—> capacità narrativa della mente nel sogno
Elemento alfa à In realtà, l’elemento alfa non è solo pittografato in tempo reale e sincretizzato in modo
assolutamente imprevedibile, ma sincretizza poeticamente tutta l’esperienza emotiva in corso, istante per
istante. Es. di un adolescente borderline che disegna alla prima seduta un’immagine che “vedeva in
quell’istante”. Questa sembrava riassumere pittograficamente tutto ciò che si attivava dentro di lui nel corso
dell’incontro: l’orco, il terrore del divoramento, un nido, un diavolo, aggressività, sollievo, speranza, angosce
di castrazione etc. Tutti questi aspetti erano sincretizzati nel singolo elemento alfa e dovranno poi essere
correlati con quelli successivi prodotti dal pz e con quelli prodotti dall’analista per consentire una progressiva
condivisione di ciò che in prima battuta è ancora troppo denso e saturo, pur
aprendo infiniti sensi.

Al di fuori di queste situazioni ciò che possiamo conoscere sono i derivati narrativi degli elementi
alfa. Se una sequenza di elementi alfa fosse fiore-ciliegia-zanzara, questa pittograferebbe in tempo reale
un’esperienza gradevole, che diventa gustosa, per diventare poi irritante. Questa sequenza rimarrebbe
inattingibile se non ci fosse la possibilità di cogliere il derivato narrativo che può essere espresso in vari
dialetti dal paziente, ma sempre a significare la stessa sequenza.

Per es.:
a) un ricordo d’infanziaà “quando era piccola mi faceva piacere l’arrivo dei nonni con i loro dolci, ma poi mi
arrabbiavo perché dovevo aspettare prima di mangiarli”

b) una diaristica apparentemente esterna à oggi mia moglie mi ha aperto la porta e si sentiva che era
contenta, ma la telefonata di mia cognata che mi ha raccontato mi ha messo in allarme.

c) un genere sessuale: fare l’amore con G. è stato all’inizio soddisfacente, ma poi la sua scarsa
partecipazione mi ha irritato.

La sequenza di elementi alfa trae origine dall’attualità del campo emotivo, e diventa di esso
segnalatore, ed è proprio questa che viene trasformata e quindi narrata à i derivati narrativi
divengono quindi dei segnalatori del funzionamento del campo psichico del paziente e dell’andamento della
situazione relazionale in atto, che ci consente delle continue modulazioni interpretative.

Abitualmente non abbiamo pazienti che proiettano l’elemento alfa o analisti sempre capaci di attività
di reverie. Quindi come raggiungiamo l’elemento alfa? È per questo che ci serviamo dei derivati narrativi che
emergono d continuo nei racconti della stanza d’analisi grazie alla capacità narrativa
della mente nella veglia (apparato per pensare i pensieri).
I pazienti segnalano continuamente e inconsapevolmente, attraverso derivati narrativi, ciò che lsincretizzano
negli elementi alfa, e continuamente ce lo rimarranno attraverso personaggi e sceneggiature che ci parlano
dell’intersezione nel campo della relazione attuale, dei mondi interni e della storia.

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