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“Il sogno è l'azione dell' immaginazione nel sonno”: questa è la definizione aristotelica (ma

attribuibile anche a altri autori) data al fenomeno psichico legato al sonno che sin
dall’antichità è stato oggetto di studio e di discussione ed effettivamente lo è tutt’ora, dato
che la scienza non è ancora riuscita a decifrare completamente il fenomeno del sogno.
In Grecia e a Roma vennero interpretati ora in chiave razionale, con teorie organiche o
fisiologiche, ora in chiave religiosa e profetica, legata all’anima.
Soprattutto nella cultura greca veniva attribuita una grande importanza ai sogni, visti come un
mezzo di comunicazione tra il mondo reale e il mondo degli dèi: si noti solo come in
numerosissimi miti e opere letterarie e teatrali sia presente l’elemento onirico: sotto forma di
oracolo, che consiste in un’apparizione di un defunto o una figura venerata per consigliare
all’uomo sognante; sotto forma di “visione premonitrice”; infine il somnium vero e proprio,
che cela un significato simbolico che il sognatore deve decifrare.
Cicerone nel suo De Divinatione nega ogni lettura religiosa dei sogni, poiché il contenuto di
questi sono un “residuo” delle sensazioni provate da svegli, sono una proiezione degli stati
d’animo di chi sogna, e nella sua opera “De Republica”, il Somnium Scipionis non è una vera
e propria premonizione divina, un oracolo, un’evasione dalla realtà, ma una conferma di
quest’ultima nonché espressione dei valori etico-politici che Cicerone sostiene.
Il tema dei sogni è trattato in maniera leggermente diversa da Lucrezio e gli epicurei:
nonostante entrambi, similmente a Cicerone, dessero una giustificazione materiale e naturale
ai sogni, questi non erano altro che aggregazioni di atomi emanati dagli oggetti di cui ne
riproducono la figura e colpiscono i sensi (Lucrezio espone la teoria del simulacra rerum, che
riprende le teorie degli atomisti), e siano un “proseguimento” delle attività compiute da svegli
e riproducono quindi le sensazioni che si provano durante la veglia, dandogli quindi anche
una base empirica.
Aristotele fu uno dei primi filosofi a porre le basi per la concezione moderna dei sogni, che
più si avvicina allo studio psicoanalitico: riteneva che essi non fossero di natura divina (bensì
di natura demoniaca, in quanto la natura è demoniaca); sono definiti come attività psichiche
dell’uomo dormiente; il sogno amplifica stimoli che insorgono durante il sonno, eccetera.
Freud citerà infatti Aristotele come tanti altri filosofi nella sua opera sull’interpretazione dei
sogni, opera “anticipata” addirittura da Artemidoro, filosofo del II secolo considerato
“oniromante”, cioè interprete di sogni, che con il suo Ὀνειροκριτικά raccoglie diverse sue
interpretazioni di sogni compiute in viaggio per Grecia, Italia ecc., individuando anche dei
“tipi” di sogni, riconoscendo sogni “veri”, che possono essere o chiari e comprensibili o
allegorici e simbolici, e sogni “falsi”, ingannatori, visioni dovute a una condizione dell’anima
o del corpo.
Nella psicoanalisi moderna e contemporanea, nata proprio dallo studio sui sogni, vede questi
come contenuti, messaggi dell’inconscio che appunto permettono di esplorare quest’ultimo:
in particolare Freud descrive i sogni come un mezzo per osservare le fantasie rimosse dalla
coscienza durante il giorno, ma che vengono rappresentate come in una specie di teatro
durante la notte, quindi un appagamento di un desiderio spesso nascosto; Jung crede che i
sogni siano il modo in cui comunichiamo con l’inconscio e non un modo per liberare i nostri
impulsi repressi dal nostro inconscio: quest’ultimo si manifesta inoltre con autenticità
attraverso simboli e archetipi.
In conclusione, i sogni sono sempre stati un interrogativo per l’uomo: che svolgano la
funzione di tenere attivo il nostro cervello, che servano a consolidare la memoria, organizzare
le informazioni raccolte durante la veglia, che sia una rielaborazione degli stimoli provocati
durante il sonno, che siano un messaggio divino o che siano un modo per soddisfare le nostre
fantasie più nascoste, ancora non ci è dato saperlo con certezza. Di sicuro la dimensione
onirica è un qualcosa che desta curiosità, spesso crea scenari buffi e bizzarri ma allo stesso
tempo può creare scene disturbanti, macabre, disgustose, quasi come se la nostra stessa mente
volesse torturarci con i peggiori incubi. Per quanto spesso indecifrabili e inquietanti, essi ci
assorbono completamente, come se ci immergessimo in acque sconosciute: non si sa cosa ci
si possa trovare, ma è tanta la curiosità che spinge a esplorare, seppur ci si possa imbattere in
stranezze o qualcosa di terrificante: ma è proprio ciò che più ci appare disturbante e insolito
che spesso ci attrae.

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