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Il Controtransfert - C. Albarella e M.

Donadio
Riassunto
Il significato e l’impiego del controtransfert di Heinrich Racker
1
Freud descrive il transfert nei termini del più grande pericolo e insieme del miglior strumento per il trattamento
analitico. Inoltre è nel transfert che l’analizzando può tornare a vivere il proprio passato in condizioni migliori e può
quindi correggere le decisioni patologiche e modificare il proprio destino.
Così anche il controtransfert può essere il maggior pericolo e insieme il miglior strumento per la comprensione
dell’analista, aiutarlo nell’interpretazione. Inoltre influenza il comportamento dell’analista nel momento in ci il
paziente va rivivendo le sue esperienze.
Lorand (1946), pone l’attenzione sui pericoli del controtransfert e sulle reazioni controtransferali, sottolinea che
l’analista deve essere sempre vigile sul proprio controtransfert, sia l’analista esperto che non possono incorrere in
problemi controtransferali di tip narcisistico, di cura, ma anche per problemi personali del momento.
Winnicott (1949) si occupa dell’avversione obiettiva e giustificata nell’ambito controtransferale.
Heimann (1950) si occupa di controtransfert come strumento di cura del paziente. Inconscio dell’analista che
comprende quello del paziente, e che giunge in superficie sotto forma di sentimenti che l’analista avere in risposta al
paziente.
Little (1951) definisce il controtransfert come un disturbo alla comprensione del paziente, l’analista tende a mettere
in atto il comportamento dei genitori del paziente, soddisfacendo alcune esigenze proprie piuttosto che quelle del
paziente.
Annie Reich (1951) si interessa al controtransfert come fonte di disturbi per l’analisi, identificando due tipi:
“controtransfert in senso stretto” e “l’uso che l’analista può fare dell’analisi per agire le proprie intenzioni”.
Gitelson (19512) distingue fra transfert dell’analista, quando si riferisce al paziente, e controtransfert dell’analista,
quando si riferisce ad aspetti parziali del paziente, e come la Little è d’accordo sull’analizzarlo col paziente.
Le reazioni controtransferali di grande intensità, anche patologiche, possono essere utilizzate come strumenti
analitici, il controtransfert è l’espressione e l’identificazione dell’analista con gli oggetti interni dell’analizzando, così
come il suo Es e il suo Io e può essere utilizzato in quanto tale, le reazioni di controtransfert, le reazioni
controtransferali hanno caratteri specifici dei quali ci è possibile trarre delle conclusioni sul carattere specifico degli
avvenimenti psicologici che si svolgono all’interno del paziente.
La consapevolezza del controtransfert aiuta a capire cosa bisogna interpretare e quando.
La scoperta del controtransfert da parte di Freud (1910) e della sua grande importanza nel lavoro terapeutico
diedero via all’istituzione dell’analisi personale che divenne la base ed il centro della preparazione analitica.
Nonostante questa importante scoperta le ricerche sul controtransfert successive furono scarse, una sorta di
resistenza da parte degli analisti, forse dovuta al rifiuto del loro controtransfert stesso, che esprime conflitti non
risulti con le loro ansie primitive e sentimenti colpa.
Con un più stabile superamento del rifiuto del controtransfert, possiamo conseguire gli stessi risultati in chi sta
effettuando un’analisi personale ma anche nell’analista stesso.
I conflitti controtransferali determinano deficienze nell’analisi del transfert, sono evidenti nel momento in cui,
essendo il transfert espressione di relazioni oggettuali interne, la comprensione del transfert dipende dalla capacità
dell’analista di identificarsi con gli oggetti interni e le difese dell’analizzando ed essere cosciente di tali
identificazioni. La percezione da parte dell’analista delle fantasie del paziente relative al controtransfert dipenderà a
sua volta dal grado in cui l’analista medesimo percepisce i propri processi di controtransfert dalla continuità e
profondità del suo cosciente contatto con se stesso.
La repressione del controtransfert necessariamente conduce a deficienze nell’analisi del transfert, che a loro volta
conducono a repressione o altre forme errate di manipolazione del controtransfert non appena il candidato diviene
analista. È un eredità che si trasmette di generazione in generazione, in modo tossico. Si trasmette come
l’idealizzazione di generazione in generazioni e delle negazioni relative alle immagini genitoriali, che rimangono
attive anche quando i figli divengono padri o madri.
Un esempio è la distorsione della verità nel “mito della situazione analitica” è che l’analisi sia l’interazione tra una
persona malata ed una sana, la verità è che è l’interazione fra due personalità, ognuna delle due personalità ha sue
proprie dipendenze con l’esterno e con l’interno, ognuna è anche un bambino con i suoi genitori interni, ognuna
delle due personalità reagisce ad ogni accadimento nel contesto della situazione analitica. Oltre alle analogie c’è
una differenza, ovvero l’obiettività, l’analista ha un obiettività che consiste principalmente in un atteggiamento che
egli ha nei confronti della sua soggettività e del contro transfert. 

La vera obiettività è fondata su un tipo di divisione interna che consente all’analista di rendere se stesso oggetto di
continua osservazione ed analisi, è questa posizione, quella che gli consente anche di essere relativamente oggettivo
nei confronti del paziente.
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Al termine “Controtransfert” sono stati attribuiti vari significati. Riassumendo, per alcuni è tutto ciò che si verifica
nell’analista sotto forma di risposta psicologia all’analizzando, mentre per altri autori non tutto può essere
considerato controtransfert.
Analogamente al termine transfert, possiamo dire che il controtransfert è una realtà attuale, una realtà analitica di
cui l’analista fa esperienza, risultato quindi di presente e passo e la continua ed intima connessione fra realtà e
fantasia, tra esterno ed interno, tra cosciente ed inconscio, che esige un concetto che includa la totalità della
risposta psicologica dell’analista.
Il concetto di controtransfert è ciò che accade, in termini generali nell’analista nella su relazione con il paziente,
ovvero accade tutto quello che può accadere in una personalità che ne affronta un’altra. Ovviamente c’è da tenere
presente la tendenza dell’analista a capire cosa accade nel paziente. Possono essere presenti anche altre tendenze.
l’intenzione di capire crea una certa predisposizione ad identificarsi con l’analizzando che è alla base della
comprensione, ovviamente non sempre questa identificazione (delle parti della personalità dell’analista, ovvero Io,
Es e Super-io, con le parti dell’analizzando) avviene. Possono avvenire delle identificazioni con gli oggetti interni del
paziente, che possono essere chiamate identificazioni complementari.
1. L’identificazione concordante è fondata sulla introiezione e la proiezione, sul risuonare dall’esterno nell’interno,
sulla scoperta di qualcosa che appartiene ad altri come esse fosse propria. Sull’eguagliare ciò che è proprio con ciò
che appartiene ad altri. I processi dell’identificazione complementare sono li stessi ma si riferiscono ad oggetti
interni del paziente. Maggiore sarà il conflitto tra le parti della personalità dell’analista, maggiori saranno le sue
difficoltà nel realizzare interamente le identificazioni concordanti.
2. Le identificazioni complementari si creano perché il paziente tratta l’analista come un oggetto interno proiettato e
l’analista che si sente trattato come tale si identifica. Nel momento in cui l’analista rifiuta delle identificazioni
concordanti, quelle complementari vanno ad intensificarsi.
3. L’uso corrente del termine controtransfert indica la sola identificazione complementare. il paziente diventa un
oggetto interno e proiettato dell’analista. Si escludono quindi le identificazioni concordanti che si verificano
nell’analista e provocano quel senso di empatia, e che in realtà riflettono e riproducono i contenuti psicologici del
paziente. Le identificazioni concordanti dell’analista sono un genere di riproduzione sei suoi stessi processi passati, e
che questa riproduzione o ri-esperienza viene condotta come risposta a stimoli ricevuti dal paziente, si può accese
nel termine controtransfert anche le identificazioni concordanti. Controtransfert quindi come espressione della
totalità delle risposte psicologiche dell’analista nei confronti del paziente.
Controtransfert concordante: l’analista come soggetto e il paziente come oggetto di conoscenza, approssimata
unione di identità tra le varie parti del soggetto e dell’oggetto.
Controtransfert complementare: relazione oggettuale in cui l’analista ripete esperienza precedenti mentre il
paziente rappresenta gli oggetti interni dell’analista.
Questi due aspetti del controtransfert hanno aspetti analoghi nel transfert, il transfert positivo, sublimato è la
principale ed indispensabile forza che sospinge il lavoro analitico del paziente, e non costituisce di per sé un
problema tecnico. Il transfert diventa un “soggetto” nel momento in cui diventa resistenza e si trasforma in sessuale
o negativo. Analogamente il controtransfert sublimato è la principale ed indispensabile forza che spinge il lavoro
dell’analista ed esso diviene anche un problema tecnico di ricerca quando si trasforma in sessuale o negativo e ciò
avviene in funzione della resistenza da parte dell’analista.
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Ogni situazione di transfert produce una situazione di controtransfert, che si ordina dalla identificazione che
l’analista fa di se stesso con gli oggetti interni dell’analizzando (controtransfert complementare).
Reazioni controtransferali di questo tipo sono governate dalle leggi che regolano i processi inconsci generali ed
individuali. Legge del taglione: transfert positivo determina un controtransfert positivo e viceversa. Essere
consapevoli di questa leggi è fondamentale per evitare l’annegamento nel controtransfert. Se egli non è vigile e
consapevole di essa non sarà in grado di evitare di essere coinvolto nel circolo vizioso della nevrosi dell’analizzando
il che intralcerà o impedirà il lavoro terapeutico.
L’analista ascolta , per la massima parte del tempo, o desidera ascoltare, ma non fa invariabilmente questo. Ferenczi
(1919) esprime rispetto a questo fatto che la distraibilità dell’analista è di scarsa importanza perché nel omento in
cui l’analista si distrae il paziente è sicuramente in posizione di resistenza. “Abbiamo inconsciamente reagito alla
vuotezza e futilità delle associazioni appena presentate con il ritiro dell’eccitazione cosciente.”
Questo ritirarsi dell’analista è solo un modo in cui l’inconscio reagisce ad un altro inconscio, ma forse sarebbe più
utile e terapeutico concentrarsi sul sentimento di colpa ad esempio che tale ritiro ha provocato nell’analista a livello
di controtransfert.
Risposta secondo il taglione o la identificazione con l’aggressore (paziente frustrante) sono un processo complesso.
Sentimento di dispiacere o ansia si manifesta nell’analista come risposta all’aggressione, in seguito l’analista si
identifica con l’aggressore. Con aggressore ci riferiamo anche ad alcuni oggetti interni all’analista proiettati sul
paziente.
Questo non è altro che il processo melanconico descritto da Freud, l’oggetto ci ha in parte abbandonati e noi ci
identifichiamo con l’oggetto perduto, e rivolgiamo le nostre accuse all’oggetto cattivo introiettato, ed abbiamo
quindi sentimenti di colpa.
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Le esperienze controtransferali possono dividersi in due classi: una raggruppa quelle esperienze che possono essere
indicate come pensieri di controtransfert e l’altra quelle che possono essere indicate come posizioni di
controtransfert. La più grande differenza sta nel grado in cui l’Io è coinvolto. Nella prima classe la reazione
dell’analista è vissuta sotto forma di pensieri, libere associazioni o fantasie, senza grande intensità emozionare e
spesso come se si trattasse di qualcosa di estraneo all’Io. Nella seconda classe l’Io dell’analista è coinvolto
nell’esperienza controtransferale e questa viene vissuta con grande intensità e come realtà, e vi è il pericolo che egli
sprofondi in essa.
La reazione che l’analista sperimenta sotto forma di pensiero o di fantasia si origina dall’esistenza nell’analizzando
di una situazione analoga, vale a dire della sua prontezza a percepire e comunicare la propria situazione interna,
mentre la reazione vissuta con grande intensità emotiva, perfino come se fosse corrispondente ad una situazione
reale, si ordina da un acting-out dell’analizzando.
Due modi di reagire dell’analista: rispondere mediante la percezione delle sue reazione, oppure rispondere
attraverso un acting-out. Il tipo di risposta dell’analista dipende in pare dalla sua nevrosi, dalla sua predisposizione
all’ansia e dai suoi meccanismi di difesa, e sopratutto dalla sua tendenza a reagire e ripetere piuttosto che rendere
conscio.
La grande intensità di certe reazioni controtransferali deve spiegarsi con l’esistenza nell’analista di difese
patologiche operanti contro l’incrementarsi di ansie arcaiche e di conflitti interni non risolti.
Il transfert si intensifica non solo perché è una resistenza a ricordare ma anche perché è una difesa nei confronti di
un pericolo insito alla stessa esperienza transferale. La resistenza di transfert è spesso la ripetizione di difese che
devono essere intensificate per paura che nel transfert si ripeta una catastrofe. Ciò è vero anche per il contro
transfert.
Sono spesso questi conflitti infantili con la loro carica aggressiva che spingono l’analista alla sua scelta
professionale, con la quale egli si sforza di riparare gli oggetti dell’aggressione e di superare o negare il suo
sentimento di colpa.
Abolizione della repressione: comincia con la comunicazione dei pensieri spontanei, ovvero alla regola
fondamentale delle libere associazioni.
Controtransfert normale e alcune sue deviazioni di Roger E. Money Kyrle
Controtransfert normale
Freud parla di “benevola neutralità” ovvero l’interesse vero il paziente senza però esserne coinvolto emotivamente
nei suoi conflitti. L’interesse per il paziente (sublimato a interesse scientifico) deriva dalla fusione di due impulsi:
quello riparativo, che si contrappone alla distruttività latente in tutti noi, e quello parentale. Naturalmente questi
due impulsi non devono essere troppo intensi, ma in una certa misura questi due impulsi sono normali.
Heimann ha sottolineato l’aspetto parentale, in quanto l’analista è interessato particolarmente al bambino inconscio
del paziente, e poiché tale bambino lo tratta spesso come un genitore, l’inconscio dell’analista difficilmente può non
corrispondere considerando in una certa misura il paziente come proprio figlio.
Un figlio rappresenta per il genitore un primitivo aspetto di sé, poiché l’analista già conosce il suo primitivo sé
(grazie all’analisi personale), può analizzare il paziente.
L’empatia e l’insight dipendono da questa specie di identificazione parziale. Due forme di identificazione introiettiva
e proiettiva, possono essere presenti entrambe.
Se l’analisi procede bene l’oscillazione fra le due forme è abbastanza rapida. Mentre il paziente parla l’analista si
identificherà e poi ri-proietterà ed interpreterà. I sentimenti di controtransfert dell’analista saranno limitati a quel
senso di empatia con il paziente su cui è basato il suo insight. Questa è ciò che potremo definire “normale"
Fasi di non comprensione
Sfortunatamente la situazione normale non è sempre presente, e non dura per tutto il processo analitico,
sfortunatamente la situazione normale è ideale. Dipende dalla costante comprensione da parte dell’analista che non
è onnisciente. I motivi di non comprensione possono essere molteplici, difficoltà nel paziente ma anche nell’analista
stesso. Abbiamo tutti bisogno di gratificare i nostri impulsi parentali e riparativi per neutralizzare l’istinto di morte.
Quando non riusciamo a comprendere non possiamo interpretare e quindi aiutare il nostro paziente, da qui nasce
un ansia conscia ed inconscia che è un ostacolo ulteriore alla comprensione. Circolo vizioso che impedisce il
controtransfert “normale”.
Il ruolo del Super-io dell’analista
L’intensità con cui un analista si sente emotivamente in difficoltà nei periodi di non comprensione dipende in primo
luogo dalla rigidità del proprio Super-Io.
Se il nostro Super-Io è sufficientemente benevolo possiamo tollerare i nostri limiti senza eccessiva angoscia e sarà
più facile riprendere contatto col nostro paziente.
Ma se è severo possiamo provare un senso di fallimento, espressione di un un’inconscia colpa persecutoria, oppure
come difesa a tali sentimenti possiamo accusare il paziente.
Se si interrompe il processo di introiezione-proiezione, l’analista può insabbiarsi in una di queste due forme, che
determinerà il suo senso di colpa. Se lo proietta il paziente rimarrà una figura esterna incomprensibile, se accetta il
sentimento di colpa non riuscirà a separarsi dal paziente che ha introiettato.
Esempi di introiezioni e proiezioni prolungate
Introiezione: quando l’analista si preoccupa troppo di una seduta che non è andata bene, può allora riprovare
alcune delle sue vecchie difficoltà e sentirsi caricato di quelle del paziente, se distingue i due fattori, l’analista può
vedere quello che prima aveva tralasciato.
Può esserci una simbiosi tra la tendenza dell’analista a prolungare l’introiezione del paziente che egli non riesce a
capire e ad aiutare e la tendenza del paziente a proiettare parti di se stesso nell’analista che non permette di
aiutarlo. Se l’analista fallisce ancora può non tollerare più il senso di essere distrutto ed oppresso dal paziente come
da una figura persecutoria dentro di lui, egli probabilmente farà ricorso ad un tipo difensivo di ri-proiezione che
esclude il paziente, proiettando anche aspetti propri, ed è questo il meccanismo osservato da Melanie Klein
Rosenfield ed altri in pazienti schizofrenici.
Controtransfert positivo e negativo
Controtransfert troppo positivo o troppo negativo sono delle manifestazioni dovute a frustrazione di quando non si
riesce a comprendere il paziente. L’analista può avere un impulso ripartivo ad esempio che non trova sbocco
nell’analiticamente normale, può essere quindi incline ad offrir qualche forma di amore al paziente oppure
divenirgli ostile. Il paziente a sua volta può facilitare uno o l’altro di questi sentimenti. Per quanto possiamo
controllare queste sensazioni il paziente potrà percepirle inconsciamente. Nasce una situazione in cui la sua risposta
al nostro stato d’animo dovrà essa stessa essere interpretata.
Conclusioni
L’abilità dell’analista nell’uso del suo insight consiste nell’applicazione delle sue conoscenze del proprio inconscio
all’interpretazione e alla condotta del paziente tramite un’identificazione parziale con lui. L’analista assorbe lo stato
mentale del paziente attraverso le associazioni che ascolta. La sua sensazione di essere in contatto con lui, cioè la
sua empatia, costituisce il controtransfert normale.
Il motivo del fallimento può essere qualcosa che è ancora temuto perché ancora non pienamente compreso
dall’analista, a cui il paziente si è avvicinato troppo. Il risultato inevitabile è un ritardo nel processo analitico.
Se l’analista fosse onnisciente avremo solo quel controtransfert normale e tutto andrebbe bene. Eppure sono proprio
questi momenti che permettono ad analista e analizzando di accrescere il proprio insight, diminuire le proprie
difficoltà, imparare di più dal proprio paziente.
L’odio nel controtransfert di Donald W. Winnicott
Il compito dell’analista si appesantisce notevolmente per via di questo fenomeno dell’odio nel controtransfert, in
particolare nell’analisi di psicotici, ulteriormente difficile qualora non venga riconosciuto.
Solitamente di stati psicotici si occupano gli psichiatri più che gli analisti. Compito degli analisti è aiutare a
comprendere lo stato emozione che i pazienti psicotici provocano, ovvero il controtransfert.
1. L’anormalità nel controtransfert dei sentimenti, delle relazioni e delle identificazioni stabilite che sono rimosse
dall’analista.
2. Le identificazioni e le tendenze, collegate con le esperienze personali dell’analista o con il suo sviluppo
personale, che favoriscono la situazione positiva per il suo lavoro analitico e rendono il suo intervento diverso
qualitativamente da quello di qualunque altro analista.
3. Dalle due precedenti categorie distinguo il controtransfert autenticamente oggettivo o, se questo è difficile,
l’amore e l’odio dell’analista, oggettivamente osservabili, in relazione alla personalità ed al comportamento
effettivi del paziente.
Winnicott specifica che chi intende analizzare psicotici e antisociali deve essere completamente cosciente del
proprio controtransfert e riuscire a distinguere le sue reazioni, che comprendono anche l’odio.
La coincidenza amore e odio presente negli psicotici porta al fatto che qualora l’analista mostri amore è certo che
contemporaneamente ucciderà il paziente. Questa coincidenza amore ed odio produce dei problemi nel trattamento
che non sono facili da superare. La coincidenza amore e odio è qualcosa di estremamente primitivo, una carenza
ambientale all’epoca delle prime pulsioni istintualità verso l’oggetto.
L’analista non deve negare l’odio che esiste realmente in lui, l’odio che è giustificato nella situazione attuale deve
essere evidenziato e conservato e mezzo a disposizione per un’eventuale interpretazione.
Per analizzare gli psicotici occorre essere a conoscenza delle nostre parti più primitive, e ciò corrisponde ad una
lunga analisi personale.
Uno dei compiti principali dell’analista è quello di mantenersi oggettivo rispetto a quanto riportato dal paziente. Il
bisogno dell’analista di odiare il paziente oggettivamente ne è un caso particolare.
Nell’analisi normale l’analista non ha difficoltà ad affrontare il proprio odio che rimane latente. La cosa principale è
naturalmente che con l’analisi personale l’analista si sia liberato delle varie riserve di odio inconscio appartenenti al
passato ed ai conflitti interni.
Nell’analisi degli psicotici l’analista si addossa un carico ben diverso sia per qualità che per quantità. L’analisa deve
essere pronto a sopportare la tensione senza sperare che il paziente sappia nulla di cicche fa, forse per lungo
tempo. Per farlo deve rendersi conto della propria paura e del proprio odio. Egli si trova nella posizione della madre
di un bambino che sta per nascere o che è appena nato.
L’odio dell’analista è di solito latente e mantenuto tale. Con gli psicotici lo sforzo di mantenerlo latente è
notevolmente maggiore e vi può riuscire solo prendendone notevolmente coscienza.
Per l’analista è importante sapere che negli psicotici la madre odi il bambino prima ancora che il bambino odi la
madre e prima che il bambino possa sapere che sua madre lo odia.
Via via che il bambino diventa capace di sentirsi una persona intera, la parola odio assume un significato per
descrivere una certa categoria dei suoi sentimenti.
Winnicott sostiene che l’analista al termine dell’analisi sia con pazienti psicotici che non debba mettersi in una
posizione paragonabile a quella della madre di un neonato, la regressione profonda, il paziente non può identificarsi
con l’analista ne apprezzare il suo punto di vista, non più di quanto il neonato possa empatizzare con la madre.
Una madre deve tollerare il suo odio per il suo bambino senza farci niente, non può esprimerlo. Per timore di ciò
che potrebbe fare, non può odiare appropriatamente il bambino, la madre ricorre al masochismo… per Winnicott
questa è l’origine della falsa teoria del masochismo naturale della donna. Ciò che è notevole in una madre è la
capacità di essere così offesa dal bambino e di odiare così tanto senza fargliela pagare, e la sua capacità di attendere
le ricompense che verranno in seguito. Pensiamo alle ninna nanne di cui il bambino gode ma che fortunatamente
non capisce.
Il bambino per tollerare il proprio odio ha bisogno dell’odio stesso. Se ciò è vero lo psicotico ha bisogno che in
analisi per tollerare l’odio verso il suo analista, l’analista stesso deve essere capace di odiare.
Nell’analisi dovrà essere espresso prima o poi questo sentimento di odio, altrimenti il paziente è trattato come un
bambino piccolo che ancora non può comprendere.
Un analista deve mostrare tutta la pazienza, la tolleranza e la dedizione d’una madre che si dedica al proprio
bambino. Vi sarà un momento iniziale in cui il paziente non apprezza il punto di vista dell’analista, è normale e cos’
deve essere.
Nell’analisi o nel trattamento di persone psicotiche, l’analista o chi per lui, si sottopone ad un grosso sforzo ed è
importante esaminare i vari modi in cui si producono l’angoscia di tipo psicotico e l’odio in coloro che lavorano con
pazienti psichiatrici gravemente ammalato. Solo così si può sperare di evitare che la terapia soddisfi i bisogni del
terapista piuttosto che quelli del paziente.
La vulnerabilità dello schizofrenico ai processi inconsci del terapeuta di Harold F. Searles
I pazienti schizofrenici rispondono ai processi inconsci delle altre persone. Proiezione in modo evidente svolge un
ruolo fondamentale, ma anche l’introiezione. In pazienti di questo tipo i confini dell’Io sono così labili che i processi
di proiezione sono massicci, allo stesso modo lo sono i processi di introiezione. Tuttavia i processi di introiezione
sono più sottili e molto meno cospicui nelle loro manifestazioni, ed è molto più difficile per un terapeuta potersene
accorgere.
La tendenza dei deliri di essere influenzato da forze esterne deriva dalle risposte ai processi inconsci delle altre
persone. Anche il terapeuta influenza in maniera inconscia il paziente schizofrenico, ed assume un significato
particolarmente cruciale. Per tale motivo il terapeuta deve essere consapevole di questi meccanismi che operano in
lui ma che influenzano il paziente.
L’ipotesi di Searles è che attraverso i pazienti schizofrenici è possibile individuare più chiaramente, poiché più
espliciti, drammatici ed evidenti certi processi proiettivi ed introiettavi che caratterizzano anche altre forme di
malattia, fino anche al nevrotico, e in tutti i rapporti che riguardano individui affetti da qualche patologia psichica.
Rassegna della Letteratura
I processi inconsci dell’analista sono definiti dal “controtransfert” che come già affermato da Freud deve essere
riconosciuto e padroneggiato.
Little 1951, afferma che “Può accadere che inconsciamente si usi la malattia del paziente per nostri fini personali,
sia di natura libidica, sia di natura aggressiva, ed egli non tarderà a rispondere a questo comportamento”.
Sia Schroff, che Johnson e Szurek osservano la tendenza di pazienti ad agire i comportamenti inconsci dei terapeuti,
come i bambini agiscono le tendenze antisociali dei genitori.
La tendenza dello schizofrenico ad incorporare o all’introiezione è evidente in molti studi, tale tendenza lo rende
vulnerabile.
Tendenza pre-genitale all’incorporazione che costituisce il precursore indifferenziato sia all’odio che all’amore. La
labilità dell’Io determina indeterminatezza. I genitori influenzano lo sviluppo, e il processo, genitori con una scarsa
integrazione della personalità, provocano degli attacchi inconsci, all’inconscio del bambino, generando degli oggetti
persecutori.
La paura degli schizofrenici di perdere la loro identità qualcosa si avvicinassero troppo sul piano emotivo ad un’altra
persona è una paura realistica, nella misura in cui egli utilizza il meccanismo dell’identificazione inconscia con
l’altro, ovvero introietta l’altro, allo scopo di mantenere fuori dalla coscienza gli affetti carichi di ansia che l’intimità
personale suscita in lui.
Materiale clinico
Tre modalità di risposta da parte dei pazienti, in particolare gli schizofrenici, in risposta ai processi inconsci del
terapeuta: a) il paziente può vivere i processi inconsci del terapeuta come se fossero tratti dalla propria personalità
(a volte i pazienti schizofrenici introiettano i conflitti intra-psichici dei genitori per alleviarne l’ansia), questo tipo di
comportamento è tipico dei pazienti schizofrenici che hanno in qualche modo un funzionamento dell’Io non
completamente deteriorato e li permette di mantenere tali caratteristiche a livello preconscio e quindi accessibile
alla coscienza se stimolato, e non a livello inconscio.
b) può viverli sotto forma di allucinazioni. L’allucinazione è tipicamente un meccanismo proiettivo ma talvolta può
mostrare delle caratteristiche di tipo introiettivo. L’allucinazione può essere una manifestazione di affetti che
l’individuo non vuole accettare nel suo Io conscio. “The struggle against identification” di Greenson illustra una
resistenza all’identificazione con i genitori in pazienti nevrotici.
c) può “agirli” in modo coatto in comportamenti che egli stesso può trovare del tutto incomprensibili. L’acting-out
del paziente come un espressione vicariante o coatta di desideri inconsci del terapeuta. Spesso la comunicazione
verbale del terapeuta contiene più aggressività di quanta la sensibilità dello schizofrenica riesca a sopportare, il
sistema di riferimento del linguaggio dello schizofrenico regredisce ai significati originali, a volte brutale. La risposta
dello schizofrenico contiene un elemento di realtà, brutalità espressa dal terapeuta inconsciamente ma che il
paziente recepisce.
Occorre possedere un Io relativamente sano per poter continuare a essere sicuri dell’attendibilità delle proprie
percezioni dell’altro, quando manca qualunque validazione che ci confermi che le nostre percezioni non sono in
effetti realistiche. Il terapeuta deve avere un Io sufficientemente sano per poter svolgere il suo lavoro. Il paziente
possiede gli strumenti per affrontare quest’esperienza senza andare incontro a frammentazione, il paziente psicotico
ha le allucinazioni perché il terapeuta si è rifiutato di accettare la sua percezione, e di considerarla applicabile a se
stesso, di riconoscerebbe veramente gli appartiene.
Discussione
L’ipotesi di Searles è che i pazienti schizofrenici siano più portati a introiettare gli aspetti inconsci o preconsci delle
persone ed in particolare del terapeuti in virtù del tipo di relazione particolare che si presenta. Anche il terapeuta
stesso può avere delle esperienze introiettive come descritto sopra, infatti tali fenomeni sono solo più evidenti negli
schizofrenici ma sono comuni a tutti.
Le esperienze introiettive del terapeuta sono fondamento per la comprensione empatica del paziente. È una
modalità di comunicazione del paziente. Il terapeuta introiettano i conflitti patogeni del paziente e rielaborandoli a
livello intrapsichico, ovvero utilizza le sue risorse dell’io, permette di restituire al paziente che ri-introietta a sua
volta.
La guarigione dei pazienti schizofrenici è facilitata dalle loro risposte introiettive al terapeuta. Ma la natura di
questo processo è reciproca.
Il Sè e l’oggetto nel controtransfert di Micheal L.Moeller
All’inizio il controtransfert era considerato un ostacolo al trattamento, così come all’inizio lo furono le resistenze e il
transfert. Si è compreso poi che il controtransfert sono delle emozioni che sorgono dall’inconscio in reazione al
paziente. Ed è quindi un utile strumento per la comprensione analitica.
Definizioni di maggiori rilievo:
1) controtransfert come tutti i sentimenti e gli atteggiamenti del terapeuta verso il paziente. 2) la teoria classica
attribuisce al controtransfert le reazioni inconsce dell’analista al transfert del paziente. 3) controtransfert come
complemento o controparte del transfert, ovvero il transfert dei sentimenti infantili dell’analista verso il paziente.
L’atteggiamento dell’analista è classificabile come normale o nevrotico, reattivo o globale.È considerato come
reazione emozionale importante per la terapia, sia come reazione emozionale non appropriata.
Altra definizione “reazione non nevrotica e specifica da parte dell’analista verso il transfert del paziente” di Money-
Kyrle, quindi ad un transfert materno, paterno ecc l’analista risponde con idee e sentimenti materni, paterni ecc è da
considerarsi come controtransfert, e permette di comprendere a pieno il transfert del paziente.
—> controtransfert come complemento del transfert: permette di comprendere meglio.
Ciascuno condiziona l’altro, insieme formano un’unità funzionale alla terapia, all’analisi.
Non vengono inclusi in questa definizione i conflitti infantili del terapeuta, dovuti alla sua nevrosi. Il termine contro
dovrebbe essere utilizzato soltanto per le risposte non distorte, cioè appropriate.
Inoltre se tutto è controtransfert come nella prima definizione proposta allora il progresso non è possibile, ciò non
permetterebbe di distinguere i concetti di alleanza terapeutica e di relazione reale che mettono in risalto il legame
tra gli Io, che in un modello ideale ma fittizio definiamo normali.
La definizione privilegiata in questa trattazione è quella che intende il legame fra la parte dell’Io del paziente
nevrotica e carica di conflitti e la parte dell’Io dell’analista che è sana e reagisce ai processi irrazionali del paziente.
Le quattro dimensioni della relazione etra il terapeuta e il paziente non devono essere concepite come parallele
(sono il controtransfert, il transfert, relazione reale e relazione terapeutica). Nella definizione data si escludono le
difficoltà del terapeuta che hanno radici nei suoi conflitti infantili.
Gli elementi nevrotici e normali del terapeutica formano una configurazione psichica che può rispondere in diversi
modi in relazione al paziente. Ed è realmente impossibile separare nevrotico da normale. Perfino i sentimenti
nevrotici come l’ansia possono essere utili se li sappiamo riconoscere. I comportamenti normali non sono importanti
a fini terapeutici.
La dimensione del sé e dell’oggetto nel controtransfert
Raggiungiamo un’ampia comprensione empatica del paziente tramite i sentimenti che sorgono dall’inconscio cioè
tramite le nostre fantasie, atteggiamenti, comportamenti che parallelamente vengono concettualizzato a livello
cognitivo. Un problema di controtransfert può portare a scorgere aspetti del sé d del paziente, semplificando il
terapeuta stesso sente come è il paziente, o sente come il paziente sente.
Il controtransfert ha due dimensioni: il terapeuta percepiamo sia le rappresentazioni attualizzate del sé del paziente,
sia le rappresentazioni attualizzate dei suoi oggetti, nel controtransfert è presente una dimensione del sé insieme a
quella dell’oggetto.
Il controtransfert sebbene possa essere una reazione a qualità specifiche del paziente connesse ai suoi conflitti
nevrotici, può non essere una reazione al transfert. È nel transfert che il terapeuta è sostituito da qualche primitiva
figura conflittuale così è presente un illusione specifica (Sandler, Dare e Holder 1973) che non sembra essere
presente quando aspetti del sé siano espressi essenzialmente tramite comunicazione verbale.
Prima va trattato il transfert e comprendere gli eventi, altrimenti non si può comprendere il controtransfert. 1)
regressione del paziente; 2) transfert fra paziente e terapeuta come fenomeno intra-psichico; 3) comunicazione
quasi del tutto inconscia o/e pre-conscia all’analista di questa relazione infantile e traumatica.
Regressione: conduce alla mobilitazione di una figura primitiva conflittuale, ad una rappresentazione infantile
dell’oggetto, tale figura viene trasferita sull’analista, nel transfert questa rappresentazione mobilizzata viene
descritta abbastanza dettagliatamente.
Processo di sostituzione che costituisce la base per l’illusione specifica del paziente nei confronti dell’analista +
spostamento dei bisogni istintualità e dei sentimenti da una rappresentazione oggettuale infantile rimossa a una
rappresentazione oggettuale reale che il paziente ha con l’analista. Processi intimamente correlati.
In correlazione con l’oggetto infantile della regressione si mobilita anche il sé infantile corrispondente.
I pazienti a volte si sentono bambini, provano una mancanza di corrispondenze fra il loro vero sé adulto. Queste
reazioni costituiscono forse un illusione specifica suscitate non dall’oggetto infantile ma dal sé infantile.
I pazienti costituiscono un immagine illusoria non solo dell’analista ma anche di se stessi. L’immagine illusoria di sé
stessi è dovuta al fatto che parti del sé infantile mobilitato si mescolano con le parti del sé attuale.
Il transfert non è costituito da una semplice copia genetica di una primitiva relazione sé-oggetto ma viene distorto
dal lavoro delle difese, esso si riproduce perché soddisfa le resistenze, il transfert oscilla fra una nuova edizione e
una riedizione, Loch (1965) ha parlato di simultaneità correlata fra transfert e resistenza. Il transfer si sviluppa
intra-psichicamente ma influenza la relazione attuale con l’analista. Freud parla del transfert non solo come
fenomeno di sostituzione ma mise in evidenza anche transfert più abili, più controllati e consci che sono dovuti ad
un intelligente sfruttamento di alcune peculiarità reali della personalità del medico. La percezione legata al transfert
e quella reale si condizionano costantemente. Scissione terapeutica
La comunicazione del transfert e la sua comunicazione nel controtransfert
Il sè regressivo e l’oggetto infantile vengono comunicati nel transfert a livello intra-psichico, il terapeuta deve
sviluppare un abilità in grado di comprendere questi due aspetti del transfert, deve saperli conoscere. Questa abilità
non è altro che la comprensione empatica. Sandler parla di una corrispondenza di ruoli.
Tale rappresentazione oggettuale contrasta nettamente con la rappresentazione oggettuale fatta dalla parte conscia
e manifesta personalità del paziente. L’analista vede il paziente in modo duplice, non lo vede semplicemente,
empatia significa piuttosto un’identificazione di prova con il paziente. Costante doppia identificazione nel
controtransfert, e duplice accettazione degli aspetti del sé e quelli oggettuali.
Nel controtransfert l’analista deve svolgere le seguenti funzioni:
1) un’identificazione di prova con la rappresentazione oggettuale infantile che il paziente gli ascrive
2) un’identificazione di prova con il sé infantile o regressivo
3) l’osservazione di questa duplice empatia includendovi anche la concettualizzazione del modello lavorativo, cosa
che implica la scissione del contro transfert.
Nei disturbi strutturali primitivi dell’Io, come la psicose-blarche che Green (1975) ha descritto in modo simile a quel
che accade nell’identificazione concordante, l’analista diviene nel controtransfert un duplicato del paziente.
Il controtransfert e la rappresentazione della relazione
Le due forme di controtransfert non solo sono simultanee ma anche connesse l’una a l’altra. Sè ed oggetto si
presentano in una relazione significativa e specifica. Quel che si ripete nel controtransfert è una rappresentazione
attualizzata. Questa relazione è comunicata come un tutto all’analista, l’empatia e il modello lavorativo includono
anche questa relazione fra il sé e l’oggetto, ciò che nasce fra analista e paziente è sopratutto la specifica relazione tra
i due. Rappresentazioni-relazioni nevrotiche e traumatiche infantili e rimosse le quali sono presenti nel transfert e
nel controtransfert. L’intensa interrelazione carica di conflitti è importante, e la relazione produce traumi del tutto
specidifii, tutto ciò ci permette di guardare in modo più acuto. “Il paziente non è l’unico e reale oggetto analitico.
L’oggetto reale è la situazione d’insieme delle due persone”. Capire intra-psichicamente la relazione per intera prima
di poter essere in grado di comprendere la situazione del paziente. Emerge dall’inconscio, come nel sogno, nel
transfert-controtransfert una relazione manifesta che viene assimilata nell’ambito della situazione attuale, ed è
distorta dai meccanismi di difesa. E tramite tutto ciò bisogna giungere nel processo psicoanalitico alla reale
relazione-rappresentazione latente e traumatica della prima infanzia.
L’interazione come elemento genetico decisivo, e perciò patogeno, possiamo assumere che le rappresentazioni-
relazioni sono più importanti delle rappresentazioni distinte del sé e dell’oggetto, che devono essere intese come il
prodotto dell’interazione, altrimenti sarebbe come fare un discorso senza verbi.
Controtransfert e contro-identificazione proiettiva di Leon Grinberg
Contro-identificazione proiettiva: termine coniato nel 1957, si differenzia dal controtransfert, interazione analitica
inconscia tra paziente e analista, prodotto dall’uso particolarmente intenso del meccanismo dell’identificazione
proiettiva del paziente e della particolare modalità psicopatologica con cui il meccanismo è utilizzato.
Identificazione proiettiva
Meccanismo descritto da Melanie Klein, consiste in una fantasia onnipotente secondo cui parti non desiderate della
personalità e parti degli oggetti interni possono essere scisse, proiettate e controllate nell’oggetto esterno in cui sono
state riposte.
In condizioni normali l’identificazione proiettiva determina il rapporto ematico con l’oggetto. Consente di mettersi
nei panni dell’altro e comprendere i suoi sentimenti, l’identificazione proiettiva normale è sempre operante e
determina tutti gli atteggiamenti nel soggetto. Accade in tutti i rapporti umani, alla base della comunicazione.
Anche l’oggetto a sua volta produce delle identificazioni proiettive e si produce quindi uno scambio. L’identificazione
proiettiva è anche allagasse della formazione del simbolo.
Normale e patologico dipendono dal maggiore o minore predomino di impulsi aggressivi, e dal grado di tolleranza
della frustrazione, tipo di contatto con la realtà esterna e quella psichica, funzioni dell’io, meccanismi di difesa e alla
dinamica dei legami oggettuali.
La “normalità” delle identificazioni proiettive dipende in larga misura, dalla qualità delle identificazioni proiettive
operanti nelle prime relazioni oggettuali, un altro fattore importante è quello dell’uso del meccanismo di controllo
adattivo o realistico che consente di mantenere un controllo sulle parti scisse e su quelle che sono state proiettate. Il
crollo di questo meccanismo può causare diversi disturbi nel grado di funzionamento dell’Io.
Le tendenze e fantasie corrispondono a ciascun stadio libidico condizionano le identificazioni proiettive, e
determineranno modalità specifiche di relazioni oggettuali. Lo stadio predominante influenzerà naturalmente i
contenuti delle fantasie incluse nelle identificazioni proiettive.
È essenziale valutare la qualità e la quantità con cui le identificazioni proiettive intervengono per comprendere e
valutare la gravità dei diversi quadri clinici. La situazione è più grave se vi è un intensificarsi del sadismo operante
in ciascuna fase, nelle personalità narcisistiche, psicotiche e psicopatiche questo avviene con particolare violenza.
• In base alla loro qualità: identificazioni proiettive normali o realistiche e identificazioni proiettive patologiche
• In base al loro orientamento: identificazioni proiettive diretto verso l’interno di un oggetto esterno, verso la
superficie dell’oggetto esterno, verso un oggetto interno, verso il corpo e vari organi, ecc.
• In base alla loro finalità: identificazioni proiettive comunicative, riparative evacuative, controllanti, distruttive, ecc.
• In base al loro contenuto: identificazioni proiettive di aspetti del Sè
Identificazioni proiettive di oggetti interni
• In base alle loro modalità cliniche: isteriche, fobiche, perverse, psicopatiche, psicopatologiche, ossessive, maniacali,
paranoici, melanconiche
• In base agli effetti che producono nel soggetto: empatia, sollievo, confusione, dipendenza, onnipotenza,
claustrofobia ecc.
• In base ai loro effetti sull’oggetto: empatia, riattivazione dei sentimenti di controtransfert, reazione di contro-
identificazioni proiettive.
Scissione - proiezione delle parti scisse in un’altra persona - conseguente perdita di tali parti per il soggetto -
alterarsi della percezione dell’oggetto. Processo strettamente legato a quanto accade nei primi mesi di vita
(posizione schizoparanoide), quando il meccanismo della scissione raggiunge il suo apice con un predominio di
ansie persecutorie. È importante valutare non solo le identificazioni proiettive del soggetto in quanto condizionate
dalle sue fantasie ma anche le identificazioni proiettive dei suoi genitori e il tipo di impatto che esse hanno prodotto
nel soggetto.
La reazione di contro-identificazione proiettiva
L’analista può essere l’oggetto passivo delle proiezioni e introiezioni del paziente, e possono svilupparsi due ulteriori
situazioni, rispetto alla reazione del controtransfert normale, e sono: la risposta emotiva dell’analista può essere
dovuta ai suoi conflitti o ansie, intensificate o riattivate dal materiale conflittuale del paziente, oppure la risposta
emotiva può essere del tutto indipendente dalle emozioni proprie dell’analista e configurarsi come essenzialmente
una reazione alle proiezioni effettuate su di lui dal paziente. Estrema violenza delle identificazioni proiettive
dell’analizzando in questo secondo caso. L’intensità di tale meccanismo è generalmente collegate a esperienze
traumatiche infantili, che esposero il paziente all’effetto di violente identificazioni proiettive.
Non sempre l’analista è in grado di tollerare la violenza di tali identificazioni proiettivi, come avviene nei casi
normali di controtransfert, alle volte la frustrazione è difficile da tollerare e può reagire in diversi modi: a) rifiuto
immediato ed egualmente violento del materiale che il paziente proietta; b) ignorando o negando il proprio rifiuto
attraverso un rigido controllo o altri meccanismi di difesa (prima o poi la sua reazione diventerà evidente); c)
rimandando e sposando la sua reazione anche con un altro paziente; d) tollerando gli effetti di questa intensa
identificazione proiettiva e “contro-identificandosi” egli stesso a sua volta.
In caso di contro-identificazione la comunicazione analista paziente si interrompe, l’analista reagisce come se le
parti proiettate su di lui siano reali e concrete, l’analista può avere la sensazione di non essere più in se stesso, di
essere trasformato. Secondo la teoria di Bion ogni volta che la funzione di pensiero viene meno per una ragione
qualsiasi l’ipotesi è che questa venga rimpiazzata dall’identificazione proiettiva che tende a liberare l’apparato
psichico dall’accumulo di tensione.
Differenza tra controtransfert e contro-identificazione proiettiva
Le identificazioni concordanti nel controtransfert sono una riproduzione di processi passati che appartengono
all’analista e vengono rivissuti in risposta allo stimolo fornito dal paziente e implicano un controtransfert positivo
sublimato che determina un maggiore grado di empatia. Le identificazioni complementari è invece il prodotto di
identificazioni che l’analista compie con gli oggetti interni del paziente, l’analista si sente trattato come questi
oggetti e li vive come propri. Queste due sono state descritte da Racker.
La differenze fra l’identificazione complementare e il relativo controtransfert e la contro-identificazione proiettiva
sta nel fatto che nel secondo caso la reazione dell’analista insorge indipendentemente dai suoi conflitti e
corrisponde in modo prevalente o esclusivo, all’intensità e alla qualità dell’identificazione proiettiva del paziente.
L’origine del processo sta nel paziente e non nell’analista. Il paziente in maniera inconscia e regressiva provoca
attivamente una determinata risposta emotiva nell’analista, risposta che l’analista riceve e avverte in maniera
passiva. Ovviamente i due processi sono si distinti ma possono sovrapporsi e presentarsi insieme come accade di
norma. Naturalmente questi processi non sono mai puri ne totalmente isolati, generalmente coesistono in diversi
proporzioni.
Identificazione proiettiva e contro-identificazione sono fenomeni frequenti nell’analisi delle personalità narcisistiche
e borderline, e danno vita ad un’interazione patogena tra analista e paziente, non facile da risolvere. Si potrebbe
dire che quello che viene proiettato attraverso la modalità psicopatologica dell’identificazione proiettiva opera
all’interno dell’oggetto come un Super-Io parassita che induce in maniera onnipotente l’Io dell’analista ad agire o a
sentire ciò che il paziente voleva che egli facesse o sentisse nella sua fantasia inconscia.
Problemi derivanti dal controtransfert e dalla contro-identificazione nella situazione di supervisione
I problemi controtransferali dell’allievo non dovrebbero essere interpretati dal supervisore, ma il supervisore deve
essere in grado di discriminare fra le due categorie ovvero fra controtransfert e contro-identificazioni. Il
controtransfert deve essere affrontato nell’analisi didattica dell’allievo, le contro-identificazioni in supervisione. Il
compito del supervisore dovrebbe essere quello di prendersi cura delle difficoltà dell’allievo

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