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SOGNO E VACUITA’

A cura di Tommaso Martini

Sognante o sognato?

Jorge Luis Borges in Le rovine circolari1 parla di un presunto mago che compie un lavoro di
creazione onirica, attraverso il quale tenta di creare un individuo a sé stante, un prodotto autonomo
generato dal suo sforzo. Il racconto termina con il protagonista che si accorge con sgomento di
essere a sua volta «una parvenza, che un altro stava sognandolo».
Le riflessioni seguenti si aprono con un exploit su Descartes, che nelle sue celebri Meditazioni
Metafisiche2 si chiese se potesse stabilire con certezza di non stare sognando. La riflessione però
prosegue spezzando una lancia a sfavore del metodo adottato dal filosofo: «Descartes non pensò di
chiedersi se per caso egli non fosse un personaggio nel sogno di qualcun altro o, se se lo chiese,
allontanò da sé quest’idea».
La stessa riflessione viene posta da Robert Nozick in Dramatis Personae3, ove l’autore beffeggia
Cartesio asserendo: «Questo personaggio dovrebbe preoccuparsi, più che di stare sognando, di
essere sognato».
Questo capitolo dissacrante mette in scena l’ipotesi di una grande caricatura autoriale nella quale
noi siamo tutti interpreti e personaggi. E se fosse tutta una finzione onirica? Un grande romanzo
fittizio?
L’autore giustifica così il ‘problema del male’:

ricorda quello che è noto come il problema del male: perché un creatore buono consente che
nel mondo vi sia del male, male di cui è consapevole e che può impedire?
Tuttavia, quando un autore introduce nella sua opera fatti mostruosi, dolore e sofferenza, ciò
getta seri dubbi sulla sua bontà? È senza cuore un autore che faccia patire traversie ai suoi
personaggi? No, se i personaggi non soffrono realmente.
[…] Nessuna sofferenza è reale nel mondo dell’autore.4 [grassetto mio]

Alla fine del capitolo Nozick si addentra verso strade ancor più ostiche, con nodi sempre più ferrati:

e le anomalie e i paradossi scoperti? stiamo solo scoprendo i limiti dei particolari messi a
punto dall’autore? Ma chi fa questa scoperta? […] viviamo in bozze di stampa in corso di
correzione?

È possibile rispondere a queste domande? L’intento di questa tesi è cercare di trovare una risposta a
questi ardui interrogativi.

Realtà o finzione?

Il filosofo e scrittore Salvatore Brizzi propone un gedankenexperiment molto interessante, nel quale
si immedesima in un uomo all’interno di un sogno, che comprende la vacuità della propria
sofferenza illusoria e cerca di uscirne:

Immagina di stare sognando di essere Garcia, un ragazzo che si interessa di spiritualità e


meditazione. In breve tempo arriva a comprendere che la realtà è maya, l’illusione, un sogno
sognato ad occhi aperti. Si rende conto di essere prigioniero di un sogno e che i suoi problemi

1
Hofstadter e Dennett, L’io della mente, cap. 21 di Jorge Luis Borges, Milano: Adelphi, 1985.
2
René Descartes, Meditazioni Metafisiche, VII AT.
3
Hofstadter e Dennett, L’io della mente, cap. 27 di Robert Nozick, Milano: Adelphi, 1985.
4
Ibidem.
non sono oggettivi, ma derivano esclusivamente dal suo vivere nel sogno. Allora prende una
decisione: vuole svegliarsi dal sogno.5

A questo punto il quesito è: come uscire dal sogno? Qual è la possibilità per Garcia di svegliarsi e di
uscire dalla finzione onirica? Salvatore Brizzi così risponde:

Garcia non ha alcuna possibilità di svegliarsi perché fa egli stesso parte del sogno.
E’ senz’altro un personaggio molto intelligente perché ha capito di essere in un sogno; tuttavia,
è solo un personaggio all’interno del tuo sogno. Sei tu che stai dormendo, non Garcia. Dentro
il tuo sogno, Garcia al suo modo è sveglio; non sta affatto dormendo.6

E prosegue con una frase cardinale, che spiega come sia possibile questa dinamica:

Ciò che ha permesso l’esperienza illusoria di Garcia è la completa identificazione del creatore
con un unico personaggio del sogno. Pur essendo tu la coscienza del sognatore, una volta nel
sogno sei solo Garcia.
[…] Garcia e il suo sé condividono la stessa sostanza, ossia la coscienza che permette al sogno
di esistere.7

L’Autore si frammenta e identifica in una miriade di parti fatte della sua stessa sostanza; Cusano
adotta il termine contractio8 per esprimere questo rapporto fra Dio e il mondo. Dio diventa
contenitore e contenuto; questo permette la molteplicità nell’unità, e viceversa. Lo stesso Cusano
utilizza i termini complicatio9 e esplicatio10 per descrivere questo ‘moto’ divino: la complicatio
descrive il raccoglimento del molteplice nell’unità, mentre l’esplicatio presenta il dispiegarsi
dell’unità nel molteplice.
La metafora del sogno è funzionale per descrivere questa dinamica: il sognatore crea una illusione
di cui egli è artefice, ma l’illusione può essere esperita solo da un punto di vista soggettivo, che crea
una dualità fra esperitore ed esperito, fra interno ed esterno. Il sognatore condivide con il sognato la
stessa sostanza, ma anche il resto del sogno fa parte della medesima sostanza: viene illusoriamente
posto all’esterno per creare una illusoria dinamicità. La sostanza del sogno è in realtà immobile,
serrata, compatta: atremes11, come l’essere definito da Parmenide.

Interno o esterno?

Lo stesso Salvatore Brizzi apre il primo libro di Draco Daatson con la definizione di paradigma:
«un paradigma è una visione del mondo condivisa dalla maggioranza delle persone in un
determinato periodo storico».12
Egli poi prosegue cercando di rompere il paradigma attuale:

Il nostro attuale paradigma è quello meccanicistico, dove le persone e gli enti della realtà
vengono percepiti come autonomi, separati da uno spazio, che agiscono gli uni sugli altri
secondo un principio di causa-effetto. Il filosofo medio da per assodato che la mia coscienza si
trovi racchiusa dentro il mio corpo e il resto del mondo sia collocato fuori dai confini del mio
corpo. Questa nuova concezione dell’universo dice che persone e cose non sono oggetti
5
Salvatore Brizzi, Il libro di Draco Daatson – il regno del fuoco, cap. 15, Torino: Antipodi Edizioni, 2016.
6
Ivi.
7
Ibidem.
8
Cfr. Niccolò Cusano, De docta ignorantia, in Id., Opera omnia, I, ed. E. Hoffmann - R. Klibansky, Leipzig, Meiner,
1932
9
Ibidem.
10
Ibidem.
11
Parmenide, 28B8.4 DK
12
Salvatore Brizzi, Il libro di Draco Daatson – parte prima, introduz, Torino: Antipodi Edizioni, 2012.
separati da noi, ma si trovano invece al nostro interno, dentro la nostra coscienza, la quale non
è limitata dai confini del corpo fisico. Il mondo è fabbricato dal nostro cervello e pertanto è
una estensione di ciò che siamo internamente. Il mondo esterno è un riflesso della nostra
interiorità. Non esiste un mondo oggettivo esterno, è una creazione soggettiva della nostra
coscienza attraverso il nostro cervello. Il mondo ruota intorno a ciascuno di noi, e questo vale
per ogni essere umano.
Viviamo in un gigantesco e magnifico puzzle.13

SCIENZA O VACUITA’?

Un po’ di sconcerto ora è più che lecito; tuttavia, può essere d’aiuto per una propedeutica
comprensione mentale accennare a quanto la scienza ha scoperto riguardo al meccanismo di
creazione della nostra realtà. Dirigiamoci quindi verso materie meno ineffabili, più pragmatiche, per
una comprensione maggiore.

Diamo uno sguardo alle scoperte scientifiche in merito al funzionamento dei nostri sensi, e in particolare
della vista. Il processo di visione nasce da una serie di impulsi neurali che la retina trasmette al cervello.
Più nel dettaglio, i fotorecettori che si trovano in fondo alla retina assorbono i fotoni che giungono
dall’esterno e generano segnali elettrici che vengono trasmessi alle cellule nervose della retina e
prendono quindi la via dei nervi ottici per arrivare alle aree cerebrali preposte.
Detto in parole più semplici, i nervi ottici non trasmettono al cervello vere e proprie immagini, ma
unicamente impulsi a cui il cervello attribuisce un significato soggettivo. L’immagine non viene acquisita
dall’esterno, bensì viene creata dal cervello stesso sulla base di impulsi elettrici.
Il cervello non vede, ma costruisce le immagini del mondo sulla base di semplici segnali elettrici.
Non si parla di percezioni, ma di costruzioni mentali.
La nostra visione del mondo nasce a partire dall’interno, e non dall’esterno, l’occhio non vede qualcosa
che è fuori, ma costruisce nel cervello ciò che poi sembra fuori.14 [grassetto mio]

Studiando alcune disfunzioni risulta più semplice farsi un’idea di quanto il cervello intervenga
attivamente nella creazione del nostro mondo: ne parla ampliamente il neuropsichiatra Richard
Restak nel suo libro Il cervello modulare15; un esempio è l’acinetopsia, per la quale viene lesa l’area
del cervello preposta al movimento. Il risultato è che tutto viene percepito come immobile e ciò che
si muove scompare. Pertanto, come possiamo affermare che colore e movimento esistano
indipendentemente da noi?
Il biologo e neuroscienziato Francisco Varela afferma:

la cognizione non è una rappresentazione di un mondo che esiste indipendentemente ma è una


continua “generazione di un mondo” tramite il processo della vita.
[…] La mente e il mondo sorgono insieme. Ciò che viene generato non è “il mondo”, ma “un
mondo” dipendente dalla struttura dell’organismo.16

Molti anni prima Nietzsche espose questa tematica con il concetto di prospettivismo: “l’intelletto
umano non può fare a meno di vedere se stesso nelle sue forme prospettiche e soltanto in esse”17.
Ma ancora, rimanendo all’interno di un’impostazione meramente scientifica:

La meccanica quantistica rivela che non possiamo scomporre il mondo in unità minime dotate
di esistenza indipendente, e ci mostra questo mondo come una complessa rete di relazioni dove
l’osservatore è incluso come elemento della rete.
13
Ivi.
14
Salvatore Brizzi, Il libro di Draco Daatson – parte prima, appendice, Torino: Antipodi Edizioni, 2012.
15
Richard Restak, Il cervello modulare, trad. di Ferraresi, Milano: Longanesi, 1998.
16
F. Varela, H. Maturana, L’albero della conoscenza, trad. di G. Melone, Milano: Garzanti, 1992.
17
Nietzsche, La gaia scienza, aforisma n. 374, a cura di Carlo Gentili, Torino: Einaudi, 2015.
Non è possibile determinare prima dell’osservazione la posizione di una particella e
contemporaneamente la sua quantità di moto, perché la particella esiste solo nel momento in
cui la si osserva e fino a un istante prima è un’onda di probabilità. Nelle osservazioni della
materia a livello atomico non si può separare nettamente osservatore ed osservato: poiché essi
interagiscono, la natura della particella è dipendente dalla natura del mezzo di osservazione.
[…]
La coscienza diviene attore importante nello spettacolo della creazione della realtà, la quale
non è più un oggetto slegato a me che la osservo18

L’interazione dell’esperitore modifica e plasma la realtà istante per istante. Ma è possibile parlare di
‘correzione’, come espresso da Nozick in precedenza? Questo termine risulta improprio; piuttosto si
può parlare di ampliamento di coscienza, che grazie agli infiniti punti di vista soggettivi man mano
più consapevoli si auto-migliora istante per istante. Questo processo è in realtà illusorio, perché la
coscienza Prima è perfetta di per sé. Ma all’interno dell’illusione si riscontra un effettivo
miglioramento: è una costante tensione al principio primo, alla radice perfetta di un mondo
imperfetto nella sua perfezione intrinseca.
Paramahansa Yogananda nella sua autobiografia avvalora il concetto di illusione:

Le antiche Scritture vediche affermano che il mondo fisico è soggetto a un’unica legge
fondamentale, quella di maya, il principio di relatività e dualità. Dio, l’Unica Vita, è Assoluta
unità; non può apparire come le manifestazioni separate e distinte della creazione, se non sotto
un velo falso o irreale. Questa illusione cosmica è maya. Ogni grande scoperta scientifica
dell’epoca moderna ha contribuito a confermare questa semplice asserzione dei rishi 19

E la scienza in tutto questo che ruolo ha? Nessuno.


La scienza è vacua per definizione, in quanto strumento d’analisi di una illusione fittizia.

Tutto il mondo fenomenico soggiace all’inesorabile dominio della polarità; non è mai stata scoperta
alcuna legge della fisica, chimica o qualsiasi altra scienza, che fosse esente da intrinseci principi di
contrapposizione o contrasto.
La scienza fisica, pertanto, non può formulare leggi al di fuori di maya, che costituisce la vera e propria
trama e struttura della creazione.20

FEDE O CREDENZA?

Il mondo è quindi riflesso del nostro interno, come vuole provare questa tesi.
Ma questo concetto può essere appurato e dimostrato razionalmente? No, non è possibile portare
una prova tangibile per dimostrare a parole l’argomento di queste asserzioni. Questa sorta di
rivoluzione copernicana non va solo razionalizzata, ma sentita ed esperita interiormente.

Ma non esiste un modo per dimostrare tutto ciò sul piano razionale. Si va continuamente
incontro a paradossi logici. La soluzione a enigmi simili non può essere meramente razionale.
Per quanto ne possiamo parlare o farne esperimenti, alla fine tutto questo va toccato con mano,
oppure non serve a nulla. Per accorgerti veramente che stavi sognando, devi prima esserti
svegliato. Serve a poco che qualcuno, all’interno del tuo sogno, cerchi di convincerti con
argomenti razionali che il tuo è solo un sogno.21

18
Salvatore Brizzi, Il libro di Draco Daatson – parte prima, appendice, Torino: Antipodi Edizioni, 2012.
19
Paramhansa Yogananda, Autobiografia di uno yogi, cap. 30, Gualdo Tadino: Ananda Edizioni, 2010.
20
Ibidem.
21
Salvatore Brizzi, Il libro di Draco Daatson – parte prima, appendice, Torino: Antipodi Edizioni, 2012.
Ma si tratta di credenza? O questo è il risultato di una ricerca interiore esperita personalmente?
Come espresso dal maestro di Yogananda durante un dialogo con il discepolo:

non è mai questione di credere: l’unico atteggiamento scientifico che si può assumere su
qualsiasi argomento è appurare se sia vero. La legge di gravitazione ha sempre funzionato
perfettamente, sia prima che dopo Newton. Il cosmo sarebbe alquanto caotico se le sue leggi
non potessero operare anche senza essere sancite dalla credenza umana.22

Il giusto atteggiamento scientifico è la fede, che non è una mera aderenza dogmatica ad una
credenza posta a priori; piuttosto uno spazio aperto alle possibilità, per poterne saggiare la validità.
Infine, Salvatore Brizzi spezza in maniera dissacrante le catene filosofico-scientifiche che hanno
permeato il nostro antiquato paradigma:

queste tesi non hanno alcun bisogno di trovare appoggio nella scienza e nella filosofia odierne.
Si sostengono da sole. Solo il lavoro interiore portato avanti individualmente può essere
garanzia della veridicità di tali concetti. Così è stato e così sarà sempre.
[…]
L’asserzione “nulla esiste al di là della mia coscienza” non è mai stata confutata né dalla
scienza, né dalla filosofia… Dal momento che tutto ciò che posso dire esistente è palesemente
dentro la mia coscienza, chiunque voglia asserire il contrario è tenuto a dimostrarlo. 23

[il ‘risvegliato’] Non sarebbe egli allora oggetto di


riso? e non si direbbe di lui che dalla sua ascesa
torna con gli occhi rovinati e che non vale neppure
la pena di tentare di andar su?
Platone, Repubblica 7, 517 a

22
Paramhansa Yogananda, Autobiografia di uno yogi, cap. 16, Gualdo Tadino: Ananda Edizioni, 2010.
23
Salvatore Brizzi, Il libro di Draco Daatson – parte prima, appendice, Torino: Antipodi Edizioni, 2012.
BIBLIOGRAFIA:

Adam, Tannery, C. P. (a cura di), Œuvres de Descartes, 12 voll., Paris: Cerf, 1897-1913.

Brizzi, Salvatore, Il libro di Draco Daatson – il regno del fuoco, Torino: Antipodi Edizioni, 2016.

Brizzi, Salvatore, Il libro di Draco Daatson – parte prima, Torino: Antipodi Edizioni, 2012.

Cusano, Niccolò, De docta ignorantia, in Id., Opera omnia, I, ed. E. Hoffmann - R. Klibansky,
Leipzig: Meiner, 1932.

Descartes, René, Meditazioni Metafisiche, VII AT.

Diels, Kranz, H. W. (a cura di), Die Fragmente der Vorsokratiker, Berlino: Weidmann, 1952.

Hofstadter, Dennett, D. D., L’io della mente, ed. a cura di G. Tratteur, trad. di G. Longo, Milano:
Adelphi, 1985.

Nietzsche, Friedrich, La gaia scienza, a cura di Carlo Gentili, Torino: Einaudi, 2015.

Restak, Richard, Il cervello modulare, trad. di Ferraresi, Milano: Longanesi, 1998.

Paramhansa Yogananda, Autobiografia di uno yogi, cap. 16, ediz. Italiana a cura di S. Ellero, trad.
di E. Ornaghi, Gualdo Tadino: Ananda Edizioni, 2010.

Varela, Maturana, F. H., L’albero della conoscenza, trad. di G. Melone, Milano: Garzanti, 1992.

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