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RIASSUNTO STORIA DELLA PSICOANALISI

Sigmund Freud

Capitolo 1- Vita, la nascita della psicoanalisi e gli studi sull’isteria

Sigmund Freud è nato nel 1856 in Moravia, una cittadina che oggi appartiene alla Repubblica ceca e a quel tempo all'Impero
austriaco.
I genitori erano Jakob Freud e a Amalie Nathanson. La madre aveva 21 anni e il padre 20 di più. Jakob era infatti al terzo matrimonio;
dal primo erano nati due figli, Emanuel e Philip.
Freud ebbe cinque sorelle: Anna, Rosa, Marie, Adolfine e Pauline, e due fratelli Julius e Alexander.
Per le difficoltà economiche i Freud nel 1859 si spostarono a Lipsia e quindi a Vienna.
Freud scelse gli studi medici e si laureò nella primavera del 1881.
Aveva conosciuto Martha Bernays e la sposò nel 1886. Ebbero sei figli: Mathilde, Jean Martin, Oliver, Ernst, Sophie e Anna.
Nel 1923 fu diagnosticato a Freud il cancro alla mascella. Inizia così una serie infinita di interventi chirurgici sempre più demolitivi.
Nel 1938, essendo ormai impossibile rimanere a Vienna, riuscì con la sua famiglia ad andare in esilio in Inghilterra, precisamente a
Londra, dove morì nel 1939.

Il pensiero di Freud è originale e complesso. Egli ha inventato un metodo terapeutico nuovo, una teoria nuova del funzionamento della
mente, in una situazione stesso di conflitto aperto con gli ambienti scientifici del suo tempo.
Freud è partito dallo studio dell’isteria. All'epoca i metodi di cura delle malattie nervose erano empirici: elettroterapia, idroterapia, dieta,
massaggi, viaggi. Anche per questo suscitavano grande interesse i fenomeni legati alla suggestione.
Lo studio scientifico della suggestione fu intrapreso in Francia da Jean Martin Charcot, primario del reparto per i malati cosiddetti
compulsivi della Salpetrière. Charcot, neurologo e psichiatra, considerava l’isteria una nevrosi. Ipotizzò che l'isteria avesse un'origine
psicogena, spesso post-traumatica.
Prima di lui, Ippocrate aveva descritto l'isteria riconducendola ad un disturbo nel funzionamento dell’utero. Queste pazienti, infatti,
venivano considerate indemoniate. Solo dopo gli studi di Charcot cambiò il senso del termine, che non si trattava di una malattia
esclusivamente femminile.
Egli utilizzava l'ipnosi per scatenare in questi soggetti sintomi isterici e formulare la diagnosi per la cura. Scoprì che i sintomi dell'isteria
erano riproducibili attraverso la suggestione e che l'ipnosi poteva essere usata per vietarli. Si riteneva, quindi, che il sintomo isterico
fosse dovuto all'intrappolamento di un affetto legata ad una situazione traumatica. Attraverso l’ipnosi, poi, la paziente riviveva la
situazione traumatica e liberava nuovamente l'affetto con risoluzione del sintomo.
Freud ottenne una borsa di studio per specializzarsi da Charcot; al ritorno da Parigi, aprì il suo studio e cominciò la sua attività.
Secondo Charcot è presente una radicale divisione della coscienza tra coscienza vigile e sonnambulica. Ma, se in ipnosi si dà un
compito ad un individuo, egli da sveglio lo eseguirà senza ricordarne il contesto, e se si insiste a chiedergli di ricordare, alla fine un
individuo ricorderà quello che era successo in ipnosi (è uno stato psichico intermedio tra veglia e sonno che comporta una riduzione
delle capacità critiche, un aumento della suggestionabilità, una limitazione dell’attenzione alle sole richieste formulate dall’ipnotizzatore,
che può essere indotto). Per questa ragione, coscienza vigile e stato sonnambulico ipnotico sono quindi in continuità, sono solo stati
diversi di una stessa coscienza. Questo portò Freud a maturare la convinzione dell'inutilità dell’ipnosi.
Nell'esperienza clinica, infatti, essa alla lunga è inefficace perché i sintomi si manifestano in modo nuovo, ed essendo inoltre una
procedura sostanzialmente meccanica non permette di capire il significato del sintomo e della sofferenza.
Presto Freud si rese conto che attraverso l’ipnosi, quindi, non si raggiungerà la risoluzione del sintomo, capace di ricomparire. Questo
derivava proprio dal fatto che il paziente era in uno stato di semi-incoscienza e quindi non poteva elaborare mentalmente la propria
esperienza emotiva. Per questo motivo sostituì l'ipnosi con il metodo delle libere associazioni: la psicoanalisi.

L'abbandono della tecnica ipnotica e la conquista di un nuovo metodo terapeutico sono testimoniati dagli Studi sull'isteria scritti da
Breuer e Freud pubblicati nel 1895.
Il primo caso clinico descritto era quello di Breuer: la signorina Anna O.
Anna O., giovane ebrea di 21 anni il cui vero nome era Bertha Pappenheim, fu in cura per i gravi sintomi isterici con Joseph Breuer, un
medico molto noto a Vienna, più anziano di Freud, suo amico e protettore. Breuer curò Bertha utilizzando le autoipnosi spontanee della
paziente per far emergere le emozioni sottese al sintomo: il metodo catartico (in greco, purificazione). In pratica, egli sfruttava gli stati
autoipnoidi della paziente per indurla ad associare, alle parole che diceva, pensieri o fantasie, nonchè emozioni sottese al sintomo.
Dopo questo la paziente si sentiva meglio e scomparivano i sintomi.
Anna O. chiamava questa cura la talking-cure (cura con le parole).
Freud ne fu molto interessato e ne intuì l’importanza per quella che chiamò abreazione, vale a dire la liberazione dell'effetto rimasto
bloccato nella situazione traumatica.
Bertha, scrive Breuer, era molto colta, ricca di bontà e simpatia, ma lunatica e portata all'esagerazione degli affetti. L'elemento sessuale
era sorprendentemente poco sviluppato. Apparteneva a una famiglia benestante, conduceva una vita monotona e si abbandonava con
piacere a sogni a occhi aperti, ti chiamava il suo teatro privato.
La sua malattia si sviluppò in quattro fasi:
- l'incubazione latente: nel 1880 il padre di Anna si ammala e la figlia lo assiste giorno e notte. Comincia a soffrire di assenze,
allucinazioni, ripugnanza per il cibo, accessi di tosse;
- la malattia manifesta: in rapida successione una serie impressionante di sintomi costringe la paziente a letto, tra questi la paralisi,
contratture e anestesie del lato destro del corpo, paralisi dei muscoli del collo, strabismo e disturbi visivi, allucinazioni visive. È
colpita anche da strani disturbi del linguaggio, come il mutismo, afasia, confusione delle lingue ( lei parlava tedesco, inglese,
francese e italiano). Si manifesta uno sdoppiamento della personalità. Ella attraversa periodi che chiama clouds in cui è intrattabile e
violenta e dei quali non conserva alcun ricordo. La famiglia consulta Breuer, che la prende in cura. Il suo trattamento migliora le
condizioni della paziente che può così alzarsi dal letto;
- la recrudescenza dei sintomi: dopo la morte del padre. Rifiuto di alimentarsi, allucinazioni negative ( non riconosce le persone ma
solo Breuer), insonnia persistente, tentativi di suicidio. Breuer aveva notato che all'ora del tramonto ella cadeva in uno stato di
torpore durante il quale mormorava alcune parole. Egli prese a indurla in una sorta di trance autoipnotica durante la quale la
paziente collegava alle parole pensieri e fantasie che l'avevano preoccupata durante il giorno. Dopo averlo fatto, Anna usciva dalla
trance e si sentiva meglio. Ad esempio, Anna non riusciva a bere da sei settimane ma quando durante una sua trance ricordò di
aver visto un giorno nella stanza della governante inglese un cane bere l'acqua da un bicchiere, scena che le provocò disgusto ma
che per educazione non poté manifestare, l'Idrofobia sparì immediatamente e Anna potè riprendere a bere;
- il trattamento sistematico: dato che i sintomi si risolvono risalendo il primo episodio in cui si sono manifestati e ricordando le
emozioni a caso collegate, Breuer decide di eliminarli completamente iniziando un trattamento sistematico.

La paziente si dissocia oscillando tra due stati: in uno vive nel presente e nell'altro nel passato, esattamente nello stesso giorno
dell'anno precedente. Durante le sedute di autoipnosi serali, Breuer deve così occuparsi di tre cose contemporaneamente: eliminare
le allucinazioni e le fantasticherie della giornata, riprodurre le esperienze negative del giorno corrispondente dell'anno precedente, e
infine ripercorrere, nell'ordine inverso in cui si sono manifestate, tutte le occorrenze dei vari sintomi.
I sintomi recedono e la paziente decide che il trattamento avrà termine il 7 giugno.
Breur, al termine di questa data dirà che la paziente gode di perfetta salute, ma non era così. Freud racconta che la sera dopo la
conclusione della terapia, Breuer venne chiamato d'urgenza a casa della paziente in preda a una crisi, un parto estetico, durante il
quale urlava che avrebbe avuto presto il bambino dal dottor Breur. Quest'ultimo si spaventò, calmò la paziente, e il giorno dopo partì per
un viaggio con sua moglie.
Secondo Freud, Breuer si era spaventato di fronte all'intensità delle emozioni che si erano scatenate. Avrebbe invece dovuto continuare
a cercare di capire quello che stava succedendo.
Breuer, preoccupato per le condizioni di Bertha, l'aveva fatta ricoverare nella clinica Bellevue, per via della sua grave dipendenza da
morfina.
Venne poi ancora ricoverata altre tre volte, riuscendo alla fine a superare la dipendenza dalla morfina. Successivamente, si trasferì con
la madre a Francoforte Dove cominciò attività sociali per cui diventerà famosa. La sua vita fu dedicata soprattutto alla causa della
donna, alla sua emancipazione e ai bambini.
Tale Bertha non si interessò più alla psicoanalisi, non confidò mai a nessuno di essere Anna O.
Con i suoi disturbi sensoriali e motori, del linguaggio e della memoria, le allucinazioni, la dissociazione della personalità, la diagnosi del
caso, Anna O. è rimasta molto controversa: un caso di schizofrenia, una psicosi isterica oppure un grave stato borderline.
È certamente una personalità assolutamente fuori dal comune, profondamente in conflitto tra l'intensità delle emozioni che vive e la
rigidità del controllo che esercita su di esse per essere all'altezza delle sue aspettative. Il suo rifugio era l'abbandono alla fantasia fino a
quando non ha dovuto esercitare un senso del dovere durante l’assistenza al padre malato: l'allucinazione del serpente richiama infatti
la tentazione dell'abbandono al piacere contro cui la paziente si rifiuta e si blocca.
Quel che Freud ha rimproverato a Breur è di non essere riuscito ad ascoltare non quello che Anna diceva ma quello che lei non gli
diceva, quello che non poteva dirgli perché era proprio ciò che costituiva il suo problema. Egli avrebbe dovuto chiedersi come mai Anna
non parlasse mai di sessualità, avendo a disposizione alcuni elementi: era lui l'unica persona a cui Anna si affidava, con cui era in
rapporto: egli aveva la stessa età del padre malato, quella per le cui cure aveva rinunciato a vivere. Avrebbe così scoperto il transfert ed
esplicitandolo avrebbe evitato che lei lo agisse inconsciamente fino alla rappresentazione finale del parto.

I casi di Freud:
-Emmy von N. E’ il primo caso in cui Freud tenta di applicare il metodo catartico. La paziente lamentava depressione, ansia, crisi
anoressiche. Aveva sposato a 22 anni Heinrich Moser, vedovo di 65 anni, un ricchissimo uomo d’affari. Ebbero due figlie. Quando
Moser morì, Fanny venne accusata dal figlio della prima moglie di averlo ucciso. La cura con Freud iniziò con le sedute di ipnosi, ma si
concluse con la psicoterapia.
-Lucy R. Perseguitata da un'allucinazione olfattiva: l'odore di dolce bruciato, sintomo legato al conflitto tra il dovere (controllare la cottura
del dolce) e il desiderio (abbandonarsi alla fantasia di poter sposare il padre delle ragazze di cui si occupava, che ella amava e che era
recentemente rimasto vedovo).
-Elizabeth von R. Ventiquattrenne sofferente di abasia, una sorta di stanchezza e dolore alle gambe che le impedivano quasi di
camminare. Anche qui un conflitto emotivo: era segretamente innamorata del cognato. Per la prima volta Freud chiama la sua terapia
analisi psichica e la paragona alla tecnica dello scavo archeologico: dissotterrare strato per strato, dal più superficiale a quello più
profondo. L'evento patogeno è stato la fantasia che la sorella incinta potesse anche lei morire e quindi il cognato tornare a essere libero.
-Katharina. Soffre di attacchi d’asma e non riesce a respirare, ha come l'impressione che qualcuno potesse prenderla da dietro,
afferrandola improvvisamente. Si confida con Freud e ricorda una prima scena cromatica, quando a 16 anni ha osservato un rapporto
sessuale tra il padre e la sorella e, quando lei a 14 anni, fu a sua volta oggetto di un tentativo di violenza da parte del padre.

Differenze tra Freud e Breuer.


Nel libro vengono descritti tre tipi di isteria:
1. Isteria ipnoide dovuta alla scissione degli stati di coscienza;
2. Isteria da ritenzione dell'affetto traumatico che blocca i legami associativi e produce una stato ipnoide;
3. Isteria da difesa caratterizzata dalla difesa che la persona esercita contro rappresentazioni capaci di provocare effetti spiacevoli.
Breuer riteneva che l'isteria fosse collegata sempre allo stato dissociato di coscienza, lo stato ipnoide (indicato da Breuer e Freud
come lo sdoppiamento della coscienza propria dell’isteria, caratterizzato da rappresentazioni che rimangono separate dalla coscienza)
che non permette alla persona di integrare attraverso i legami associativi le rappresentazioni dell'esperienza che rimangono quindi
inconsce e in grado di provocare effetti patogeni. Se il trauma viene vissuto nello stato di coscienza ipnoide, l'esperienza viene
registrata ma non può essere elaborata, perché la coscienza ipnoide non ha legami con il resto della personalità e rimane solo un
blocco che ostruisce la vita psichica.
Per Freud, invece, non è lo stato ipnoide a essere patogeno ma il conflitto emotivo che la persona vive. La carica emozionale legata al
trauma deve essere liberata, espressa e manifesta. Quando, per varie condizioni, questo non è possibile, l'affetto traumatico rimane
incarcerato nella vita psichica e richiede di essere liberato. Freud conia un neologismo: abreazione, reazione per indicare la scarica
emozionale con cui la persona si libera dall'affetto legato al ricordo di un evento traumatico.
Conversione indica invece la trasposizione di un conflitto psichico nel corpo per cui si manifesta come sintomo somatico che diventa
attraverso i legami associativi un simbolo del conflitto o del trauma.
La nuova cura del parlare si basa sul metodo delle libere associazioni. Freud infatti invitava i pazienti a dire liberamente quello che
veniva loro in mente come idea improvvisa, anche se apparentemente non c'entra niente. Freud lo chiama neutralità, cioè la
disponibilità ad accogliere e a ritrovare il significato di tutti i discorsi del paziente, sapendo che comunque portano nella direzione di
quello che si sta cercando.
Freud propone di distinguere le nevrosi in due grandi categorie: le nevrosi attuali e le nevrosi da difesa. Le prime sono causate da un
conflitto, attualmente presente nella vita del paziente. Tra esse: neurastenia, ipocondria e nevrosi d’angoscia (quello che oggi noi
chiamiamo disturbo da attacchi di panico). Le seconde comprendono: isteria, fobia e ossessioni. In esse, i sintomi sono simbolici e in
riferimento a traumi infantili.
Distingue poi le nevrosi a seconda del transfert. Le nevrosi di transfert riguardano i pazienti capaci di rapporti affettivi con gli altri e
comprendono isteria, fobia, ossessione.
Le nevrosi narcisistiche invece caratterizzano la vita psicologica di quelle persone che hanno rotto il legame con la realtà e sono
incapaci di vivere affettivamente il rapporto con gli altri.

TERMINOLOGIA:

ISTERIA: tipo di nevrosi che si manifesta anche con sintomi fisici senza base organica.
PSICOANALISI: forma di trattamento inventato da Freud negli anni successivi al 1890. La psicoanalisi ha elaborato un modello di
funzionamento mentale ed anche una teoria dello sviluppo.
ASSOCIAZIONE LIBERA: la parola significa ‘idea improvvisa’. Si riferisce ad idee che insorgono spontaneamente senza sforzo.
L’analista chiede al paziente di riferire i suoi pensieri senza riserva e di non fare il tentativo di concentrarsi mentre parla. Questa
prescrizione è detta Regola Fondamentale.
RESISTENZA: è l’opposizione che si incontra durante il trattamento psicoanalitico al processo che rende consci i processi inconsci.
CONFLITTO: opposizione tra forze apparentemente o relamente incompatibili. I conflitti possono riguardare gli impulsi istintuali o le
componenti della struttura.
CONVERSIONE: il processo attraverso cui un affetto legato ad un complesso psicologico di idee, sentimenti, desideri è convertito in un
sintomo fisico.

Capitolo 2- L’autoanalisi e l’interpretazione dei sogni

L'autoanalisi di Freud è nota a noi oggi grazie a due scritti: le lettere inviate a Wilhelm Fliess e l'Interpretazione dei sogni.
Dopo la rottura con Breuer, Freud si sentì isolato e stabilì così un intenso legame con Wilhelm Fliess, un medico otorino, anch'egli
ebreo, interessato alle teorie sulla sessualità.
Freud e Fliess si incontrarono regolarmente quasi tutti gli anni e mantennero un intenso rapporto epistolare che ci illumina sugli stati
d'animo che Freud viveva.
Freud soffriva d’ansia, di fobie, tra cui la fobia dei treni e quella di Roma, che non riusciva a visitare pur desiderandolo molto e
arredamento delle crisi di tachicardia parossistica. Benché Freud sembrasse sempre padrone delle proprie emozioni, in alcune
occasioni perse il controllo.
La morte del padre, nel 1896, andò ad esasperare tali sintomi. Così, sofferente e pieno di dubbi, Freud decide di curarsi applicando a se
stesso il metodo utilizzato con i suoi pazienti. L'autoanalisi si svolse in modo sistematico tra giugno e novembre del 1897.
Nella lettera del 3 ottobre 1897, spiega come dentro di sé sia accaduto qualcosa di molto interessante. Spiega come i suoi sentimenti
contrastanti nei confronti del padre, possono essere spiegati quando all'età di due anni si risvegliò in lui la libido verso la madre;
l'occasione deve essere stata un viaggio che egli fece con lei da Lipsia a Vienna, durante il quale dormirono insieme e in cui egli ebbe
l'opportunità di vederla nuda.
Con l’autoanalisi, Freud capì l’importanza delle fantasie infantili, il legame d'amore intenso che lega il figlio maschio alla mamma e
quello di rivalità e di paura verso il padre: scopre il Complesso di Edipo.
L'autoanalisi sistematica ha cambiato le concezioni teoriche di Freud, ha risolto alcuni suoi sintomi e ne ha cambiato la personalità.
Fronte supera la nevrosi cardiaca e le fobie, sia quella dei treni che quella di Roma.
La grande intimità con Fliess finì molto male. Quest'ultimo accusò Freud di mancanza di discrezione, in quanto era convinto che egli
avesse parlato con un suo paziente della sua teoria sulla bisessualità, che avrebbe riportato a Weinninger, il quale in sesso carattere
avrebbe riportato la sua teoria.
Quando il loro rapporto si ruppe, Freud distrusse le lettere e pensò che anche Fliess l'avesse fatto. La principessa Bonaparte, però, le
acquistò in quanto egli le aveva conservate. Vennero pubblicate sono dopo la morte di Freud, come da lui richiesto.
L'altra testimonianza che resta dell'autoanalisi di Freud è l'interpretazione dei sogni. I sogni che Freud presenta sono in gran parte
suoi.
Freud sostiene che è possibile interpretare i sogni e dare loro un senso. Secondo le teorie dell'epoca il sogno era privo di significato e
che nello stato di sonno funzionassero solo pochi neuroni, a differenza che nella veglia. Freud, invece, dimostra che il sogno comporta
un vero e proprio lavoro mentale, è la strada maestra per arrivare all’inconscio.
Freud notò che spesso le libere associazioni conducevano i pazienti a raccontare i propri sogni e comprese che il sogno aveva una
specifica funzione psicologica.
Il sogno rappresenta l'appagamento di un desiderio inconscio (rimosso). Poiché tale desiderio è inaccettabile alla coscienza, esso
viene sottoposto ad una serie di operazioni mentali di mascheramento che lo rendono in parte latente.
Un capitolo del libro è dedicato all'analisi di un sogno: il sogno dell'iniezione a Irma.
Sigmund Freud lo presenta come prova della teoria che il sogno rappresenta l'appagamento di un desiderio inconscio. È un desiderio
inconscio che si appaga nel sogno stesso.
Il sogno di Irma è tra i più noti ed è un sogno fatto da Freud nell'estate del 1895. Il il primo sogno completamente interpretato e scritto
da Freud.
In realtà Irma era un nome fittizio per indicare una paziente conoscente di Freud di nome Anna, ma il sogno si riferisce anche ad un'altra
paziente di nome Emma.
Il sogno ruota attorno al tema della colpa. Tale sogno è preceduto da una comunicazione di un collega ‘Irma sta meglio ma non del tutto
bene’.
Freud è in vacanza vicino a Vienna, ed è preoccupato per la notizia della nuova gravidanza della moglie Martha, quella della figlia Anna.
È preoccupato per la salute della moglie, della sua, e soprattutto per il lavoro.
Quando riceve questo messaggio su Irma, sa che quest’ultima, essendo un'amica di famiglia, parteciperà alla festa che loro daranno
l'indomani per il compleanno di Martha.
Freud decide allora di scrivere la notte la relazione medica del caso per un consulto con il dottor Breuer. Scritta la relazione, un dolore
continuo alla spalla sinistra lo tiene sveglio fino all’alba, quando finalmente si addormenta.

“Un grande salone, molti ospiti che stiamo ricevendo. Tra questi, Irma, che prendo subito in disparte come per rispondere alla sua
lettera per rimproverarla di non accettare ancora la "soluzione". Le dico: "Se hai ancora dolori è veramente soltanto colpa tua". Lei
risponde: "Sapessi che dolori ho ora alla gola, allo stomaco, al ventre, mi sento tutta stretta". Mi spavento e la guardo: è pallida, gonfia.
Penso: dopo tutto non tengo conto di qualcosa di organico. La porto alla finestra e le guardo la gola. Irma mostra una certa riluttanza,
come le donne che portano la dentiera. Penso che non ne ha proprio bisogno. La bocca poi si apre bene, e vedo a destra una grande
macchia bianca e in un altro punto, accanto a strane forme increspate, che imitano evidentemente le conche nasali, estese croste
grigiastre. Chiamo subito il dottor M., che ripete la visita e conferma…il dottor M. ha un aspetto assolutamente diverso dal solito: è molto
pallido, zoppica, non ha la barba al mento…Anche il mio amico Otto si trova ora accanto a Irma e l’amico Leopold la percuote sul
corsetto e dice: " C’è una zona di ottusità in basso a sinistra"; e indica inoltre un tratto di cute infiltrato sulla spalla sinistra (cosa che
anch’io sento nonostante il vestito)… M. dice: "Non c’è dubbio, è un’infezione; ma non importa; sopraggiungerà una dissenteria e il
veleno sarà eliminato…". Inoltre sappiamo subito da dove proviene l’infezione. Qualche tempo fa, per un’indisposizione, l’amico Otto le
ha fatto un’iniezione con un preparato di propile, propilene...acidopropionico…trimetilamina (ne vedo la formula davanti ai miei occhi,
stampata in grassetto)… Non si fanno queste iniezioni con tanta leggerezza… probabilmente anche la siringa non era pulita.”

Freud smonta il sogno scena per scena, frase per frase, e cerca di seguire le associazioni, sono tutto quello che gli viene in mente, il
cerchio dei pensieri. Alla fine le varie associazioni si connettono ed emerge il significato del sogno. Il tema è quello della colpa: umana e
professionale. La sua ricerca sulla sessualità è pericolosa, per lui e per i suoi pazienti.
La macchia bianca ricoperta di croste porta alle associazioni con la difterite e alla cocaina: malattia e morte. Qualche anno prima, Ernst,
uno degli assistenti del prof Brucke, feritosi nel corso di un esperimento aveva dovuto farsi amputare le dita, per cui aveva cominciato
ad assumere morfina, della quale era diventato dipendente. Per attutire tale dipendenza, Freud gli consigliò la cocaina ma senza
successo in quanto egli sviluppò una doppia dipendenza. L'associazione riguarda la colpa come medico: Freud non aveva capito la
pericolosità della cocaina, ed era anche preoccupato per l'uso che ne faceva e per le possibili conseguenze (malattia e morte, come la
difterite).
La trimetilamina era secondo Fliess il prodotto del metabolismo delle sostanze sessuali. Freud si sente accusato: la soluzione che vuole
che Irma accetti è la sessualità, la sua teoria.
L'ultima considerazione del sogno: non si fanno queste iniezioni con tanta leggerezza, probabilmente anche la siringa non era pulita;
Freud teme di non essere stato abbastanza prudente. Questo riferimento, però, è associato ad un'altra paziente: Emma Eckstein.
Emma soffriva di alcuni sintomi tra cui la tendenza alle emorragie. Freud la fece visitare da Fliess che la operò al naso. Dopo
l'operazione la paziente ebbe ripetuto emorragie, che portarono Freud a chiamare un altro chirurgo, che la operò per la seconda volta.
Egli trovò che Fliess aveva dimenticato mezzo metro di garza iodata nella ferita.
Successivamente la paziente migliorò e Freud cercò in ogni modo di discolpare Fliess, anche se quest'episodio complicò molto i loro
rapporti.
Le colpe da cui Freud si difende nel sogno riguardano le accuse di mal pratica, di non essere abbastanza prudente. Però il riferimento a
Emma è molto personale, riguarda la fiducia che Freud aveva in Fliess, fiducia che derivava dal fatto che entrambi condividevano
l'interesse per la teoria della sessualità. L'ambasciata qui fronte si difende si riferisce soprattutto alla pericolosità della sua teoria, egli
vuole quindi scagionare Fliess, e con lui anche se stesso.
Questo sogno, anche se così ricco di temi, presenta delle perplessità. Freud ammette di non aver raccontato tutto. Questo si evince dal
fatto che, per Freud, il sogno si regge su due gambe, di cui una poggia su uno spunto recente essenziale, l'altra su qualcosa avvenuto
negli anni dell’infanzia. Quello che mette in moto il sogno è proprio il legame della situazione presente con la situazione dell’infanzia, del
passato. E questo nel sogno di Irma non c’è, c'è una gamba sola, quella del presente, manca quella del passato. Però di sicuro c’è,
perché altrimenti Freud non avrebbe portato proprio questo sogno come sostegno della sua teoria.
Un altro tema principale dell'analisi riguarda la morte del padre. Il giorno dopo il funerale Freud fa un sogno: c'è un cartello, come quelli
vietato fumare nelle sale d’attesa, con su scritto ‘si prega di chiudere gli occhi’ oppure ‘si prega di chiudere un occhio’. Chiudere gli
occhi al padre morto è compito del primogenito e Freud si rimprovera di non adempiere ai doveri filiali. Chiudere un occhio riguarda
invece il bisogno di scusare e di essere scusato. Il sogno collega all'ambivalenza verso il padre i sintomi nevrotici di Freud, la stazione e
quindi la fobia del treno e ‘vietato fumare’, il fumo eccessivo e disturbi cardiaci di cui soffre. Chiudere gli occhi è anche l’atteggiamento
che Freud consigliava in seduta e quindi anche il suo desiderio di poter capire.

La formazione dell'inconscio comprende, oltre il sintomo nevrotico, il sogno, l’atto mancato. La struttura dei sogni è del tutto analoga a
quella del sintomo estetico ed è caratterizzata dal rapporto tra contenuto manifesto e contenuto latente. Il contenuto manifesto è
quello che appare, il contenuto latente è il significato nascosto dietro di esso. La relazione che lega è opera della censura. La censura
implica la necessità di trasformare il contenuto latente in contenuto manifesto, perché il contenuto latente, essendo direttamente
collegato alle pulsioni dell’inconscio, risulta inaccettabile per la coscienza e quindi per potersi manifestare nel sogno deve essere
trasformato in modo da superare la barriera della censura.
La condensazione: è uno dei modi in cui funziona l’inconscio. Un’unica rappresentazione può veicolare più significati. Ogni scena, ogni
frase, ogni episodio del sogno riconduce attraverso catene associative a molte scene, significati, desideri, conflitti, per cui la
rappresentazione del sogno nel suo contenuto manifesto risulta condensata rispetto ai movimenti affettivi, alle emozioni e ai pensieri
che sono all'origine del sogno.
Lo spostamento: indica il trasferimento dell’intensità di una rappresentazione a un’altra, cioè dalla rappresentazione originariamente più
intensa a un altra originariamente meno intensa, collegata alla prima dalla catena associativa, per sottrarsi alla censura. Per cui
particolari del sogno che risultano connotati dall'intensità emotiva grande rappresentano uno spostamento rispetto ad altri passi, scene
o contenuti del sogno che vengono rappresentati in forma neutra.
Il simbolismo: Freud rifiuta la lettura popolare dei simboli del sogno. Per Freud ogni elemento del sogno è simbolico della vita affettiva
del paziente che bisogna analizzare per ritrovare le catene associative. Però ammettere e vi sono alcuni elementi tipici che significano
la stessa cosa per ogni persona.
La drammatizzazione: consiste nella trasformazione dei pensieri del contenuto latente in modo che siano rappresentabili soprattutto
come immagini visive, una vera e propria messinscena drammatizzata. Freud fa l'esempio di un concetto astratto quale l'aristocrazia
che nel sogno potrebbe essere rappresentata come una persona altolocata e quindi raffigurata visivamente come un'alta torre.
La sovradeterminazione: ogni formazione dell'inconscio rinvia ad una pluralità di fattori determinanti.
La regressione: si tratta di una caratteristica nata da una parte dalla resistenza della censura e dall'altra dall'attrazione dell'inconscio
che si oppone al procedere della vita psichica nella direzione verso la coscienza e l’azione.

TERMINOLOGIA:

LAVORO DEL SOGNO: complesso delle operazioni che trasformano i materiali del sogno (stimoli somatici, residui diurni, pensieri del
sogno) in un prodotto: il sogno manifesto. La deformazione è l’effetto di tale lavoro. (Quindi per Freud il sogno è un prodotto psichico, ha
un senso, è una forma particolare di pensiero).
DEFORMAZIONE: è il processo attraverso cui i pensieri latenti del sogno sono trasformati in un prodotto onirico che non li rende
riconoscibili.
PENSIERI LATENTI DEL SOGNO O CONTENUTO LATENTE: si tratta del contenuto autentico del sogno, l’insieme di significati
profondi che viene poi deformato e trasformato in immagini che compongono il sogno manifesto (contenuto manifesto).
CENSURA: è una funzione che impedisce l’accesso al preconscio/ coscienza di desideri inconsci o dei loro derivati.

Capitolo 3- I casi clinici

Sogni e isteria doveva essere il titolo del saggio con cui Freud voleva dimostrare l’importanza dei sogni, ma il saggio fu poi pubblicato
con il titolo Frammento di un’analisi d’isteria. Caso clinico di Dora.
Eè il racconto di una forma di isteria insorta in un’adolescente di 18 anni. L’analisi di Dora durò tre mesi.
Dora si chiamava Ida Bauer e apparteneva a un’importante famiglia ebrea dell’Austria. Il padre era Philip Bauer e la madre si chiamava
Kathe Gerber. I genitori si sposarono e poco dopo nacque il primo figlio Otto e l’anno successivo Dora.
Il padre era malato di sifilide e contagiò la moglie, questo procurò in lei un forte senso dell’igiene, una vera e propria ossessione della
pulizia. Il padre era una persona intelligente, ma con aspetti psicologici complicati.
‘Papà non è mai sincero, è una persona di cui non ci si può fidare’, così lo descrive Dora. Era però anche la persona a cui lei si sentiva
più legata, perché per lei la madre era come se non esistesse.
Quando Dora ha 6 anni, il padre si ammala di tubercolosi e la figlia si avvicina ancora di più a lui. Dora, all’età di 7 anni, ha un episodio
di enuresi e, l’anno successivo, soffre di tosse stizzosa e crisi asmatiche (che si sviluppano a seguito di un episodio: Dora sente i
genitori avere un rapporto e sente il respiro del padre che diventa affannoso e soffocato e ha una crisi respiratoria).
La scena primaria è per Freud la scoperta da parte del bambino che c’è un rapporto sessuale tra i genitori diverso da quello che hanno
con lui, legame da cui il bambino si sente escluso.
Per motivi di salute la famiglia si trasferisce a Merano, dove conoscono e frequentano i signori K, nella realtà Hans e Peppina Zellenka.
Anche i signori K hanno problemi psicologici e coniugali.
Peppina diventa la compagna preferita del padre di Dora e si prende cura di lui.
Nei ricordi di Dora c’è un’altra scena importante, quella del gioello. Il padre regala alla moglie un gioiello, ma lei lo rifiuta. Forse
sentendosi in colpa della relazione con Peppina, il padre aveva iniziato a fare tanti regali, però non apprezzati.
In questo periodo avviene il tentativo di Hans di sedurre Dora che ha 13 anni e mezzo. L’occasione è la processione per la festa del
patrono: Hans invita Dora nel suo negozio, dicendo che ci sarebbe stata anche la moglie, ma all’ultimo si fece trovare solo e
d’improvviso prende Dora e la bacia.
Dora è sconvolta, evita di rimanere sola con Hans e accusa tosse forte. Peppina invita Dora in villeggiatura sul lago di Garda. Hans
approfitta di trovarsi solo con Dora e si dichiara. Ma appena comincia a parlare, Dora lo schiaffeggia. Durante quelle notti dai signori K.
Dora fa un sogno che poi ripeterà durante l’analisi con Freud: il sogno della casa in fiamme.
Finalmente il padre viene e la porta via. In occasione del Natale, Hans si dichiara ancora e le regala un prezioso cofanetto.
L’anno successivo la zia preferita di Dora muore e i Bauer ritornano a Vienna. Dora chiede al padre di licenziare la governante, perchè
si era comportata bene con lei solo per arrivare al padre, ma quando poi ha capito che sarebbe stato impossibile per il suo rapporto con
Peppina, tratta male Dora. Quest’ultima si sentì ovviamente tradita e voleva che il padre la mandasse via. Dopo qualche mese anche i
signori Zellenka ritornano a Vienna.
Dora non sopporta più l’insistenza di Hans e decide di dire tutto al padre, ma il padre parla con Hans che nega. Anzi in un incontro
successivo, dice al padre di Dora che lei si è inventata tutto e che ha fantasie sessuali molto accese, a causa di un libro che ella stava
leggendo (Fisiologia dell’amore). Dora l’aveva letto con Peppina e quindi capisce che anche lei l’aveva tradita.
Si sente quindi abbandonata da tutti e per questo scrive una lettera dove annuncia il suo suicidio.
Si sentiva sola: la madre le è mancata dall’inizio; il fratello era succube della madre; il padre, il suo grande amore, era ormai di Peppina;
Hans, Dora si sente tradita anche da lui.
Ogni persona non è quello che appare e nasconde lati oscuri e pericolosi. Non si fida più di nessuno.
Solo perché costretta, va da Freud. Qualcosa però succede perchè continuerà ad andarci.
Quando un adolescente non chiede aiuto (autoriferimento) ma l’aiuto viene portato da un adulto (eteroriferimento) tutto diventa più
difficile.
Dora racconta il primo sogno (il sogno della casa in fiamme):

In una casa c’è un incendio, mio padre è in piedi davanti al mio letto e mi sveglia. Mi vesto rapidamente. La mamma vorrebbe ancora
salvare il suo scrigno di gioielli, ma il babbo dice: non voglio che io e i miei due bambini bruciamo a causa del tuo scrigno di gioielli.
Scendiamo in fretta e appena sono fuori mi sveglio.

Appena svegliata, aggiunge, aveva sentito odore di fumo. Si tratta di un sogno ricorrente che Dora aveva già fatto durante le tre notti
dopo l’episodio del lago di Garda. Ora si è ripetuto e lei lo racconta a Freud.
Il metodo di Freud è seguire il sogno scena per scena ed invitare il paziente ad associare. In questo modo alla fine è possibile
ricostruire il desiderio inconscio.
In una casa c’è un incendio: il pericolo dell’incendio si riferisce alla scena con Hans, la violenza subita e soprattutto la natura conflittiva
dell’esperienza, colpevole ma anche eccitante. L’incedio è l’idea dell’emozione che brucia e che non può essere controllata, scoppia e
distrugge. C’è un riferimento al corpo, alla situazione fisica. I sintomi di Dora sono fisici, quella che Freud chiama compiacenza
somatica: sviene, si paralizza, perde la voce, ha crisi d’asma, la sua sofferenza è legata al corpo. Dora ha paura delle emozioni che le
scoppiano dentro come un incendio che lei non sa contenere.
Mio padre è davanti al mio letto e mi sveglia: è il papà idealizzato dell’infanzia che interviene a salvarla, il papà che Dora aveva perso
quando era subentrato il legame con Peppina.
La mamma voleva salvare il suo scrigno di gioielli: lo scrigno di gioielli è associato al regalo che il papà fece alla mamma, quindi alla
sessualità malata della mamma e anche alla sessualità di Dora, perchè c’è anche il regalo di Hans.
Non voglio che io e i miei bambini bruciamo per i tuoi gioielli: è il papà idealizzato dell’infanzia che interviene a salvarla dai pericoli della
sessualità.
Scendiamo in fretta e appena fuori mi sveglio.
Il nucleo del sogno riguarda il desiderio e la paura della sessualità. Dora è attratta dall’esperienza della sessualità, ma la sente
estremamente pericolosa perchè anche Hans è come tutti gli altri uomini che l’hanno tradita. Dora vorrebbe così tornare indietro alla
sua infanzia quando il papà la proteggeva e la salvava.
Il giorno dopo c’è l’aggiunta al sogno: ‘appena svegliata dal sogno avevo sentito odore di fumo’.
Freud collega due cose: egli era un fumatore accanito e il suo studio era impregnato di fumo; inoltre, con Dora, egli aveva spesso
utilizzato il modo di dire ‘se c’è fumo c’è fuoco’. Quindi l’odore di fumo si collega a lui. Freud quindi capisce di essere implicato nel
sonno, ma pensa che sia meglio aspettare e risolvere prima il conflitto con il papà. Sarebbe stato meglio, però, risolvere da subito il
transfert.
Dora desiderava essere amata e amare, ma aveva paura.
Freud racconta che Dora era molto interessata a capire se stessa, i motivi del suo comportamento. Della scena del lago, ad esempio,
chiede come mai non ne avesse parlato subito con qalcuno.
Il secondo sogno (il sogno della morte del padre):

Mi aggiro per una città che non conosco. Giungo poi in una casa dove abito, vado nella mia camera da letto e trovo lì una lettera della
mamma. Mi scrive che poichè sono fuori di casa all’insaputa dei genitori, non aveva voluto scrivermi che il babbo era malato: ‘adesso è
morto e, se vuoi, puoi venire’. Vado alla stazione e domando un centinaio di volte ‘dov’è la stazione’. Ricevo sempre la risposta ‘a
cinque minuti’. Poi vedo davanti a me un fitto bosco nel quale mi addentro e mi rivolgo lì ad un uomo che incontro. Mi dice: ‘altre due
ore e mezzo’. Si offre di accompagnarmi, ma rifiuto e vado da sola. Vedo la stazione davanti a me ma non posso raggiungerla. Qui ho il
solito senso di angoscia che si prova nei sogni quando non si può andare avanti. Poi eccomi a casa: nel frattempo devo aver fatto il
viaggio, ma non ne so nulla. Entro nella guardiola del portiere e gli chiedo del nostro appartamento. La cameriera mi apre e risponde: ‘la
mamma e gli altri sono già al cimitero’.

La prima scena del sogno mette subito in evidenza le emozioni della paziente.
Mi aggiro per una città: è una città che lei non conosce, ma che collega ad una foto e della quale ricorda d aver visitato il museo. Si
tratta di Dresda nel cui museo c’è la Madonna Sistina. Dora era stata colpita dalla sua bellezza e dal colore della pelle, l’immagine
idealizzata della donna, la donna vergine e perfetta, lontana da ogni passione.
In una piazza vedo un monumento: il monumento in pietra fa pensare alla corazza, all’impenetrabilità.
Se il primo sogno ci dice il perchè Dora va in analisi, il secondo sogno ci dice perchè lei smette l’analisi, che cosa non vuole cercare più.
Si tratta di una chiusura completa rispetto al mondo delle emozioni. Diventa una corazza, più niente può ferirla, si protegge da ogni
sofferenza.
Giungo poi in una casa dove abito: la realizzazione di una fantasia di vendetta. dora sente che il mondo e la vita hanno congiurato
contro di lei; nel sogno si libera di tutti, il papà e morto e nella scena successiva sono tutti al cimitero.
Vado alla stazione… mi rivolgo ad un uomo che incontro: le associazioni portano alla sessualità e a come evitarla, non c’è più nessuno,
Dora è sola.
Poi vi sono le aggiunte.
Vado in camera mia ma non sono affatto triste, e comincio a leggere un libro che sta sul mio scrittoio: rimanda alla sua curiosità
sessuale e la complicità tradita con Peppina. Condividere l’interesse per la sessualità è stato fonte d’angoscia, ora che è sola è invece
rassenerante.
Invece di dover affrontare l’incendio, Dora legge un libro: non più il problema di vivere l’emozione, resta solo il problema intellettuale di
conoscere l’emozione.
Questa è la soluzione che trova Dora, ed è il motivo per cui interrompe l’analisi.
Alla fine del racconto del sogno, quando Freud espresse la sua soddisfazione per i risultati ottenuti, Dora gli disse che non notava alcun
risultato e che quella sarà stata l’ultima volta che si sarebbe presentata.
Per dora il pericolo non era più Hans ma quello che stava succedendo nel suo rapporto con Freud: aprirsi di nuovo ad un rapporto con
un uomo, fidarsi, esprimere le proprie emozioni e di nuovo correre il rischio di essere ferita e tradita.
Successivamente c’è un altro incontro tra Dora e Freud, in cui Dora chiede nuovamente di riprendere l’analisi ma Freud non le crede e
la congeda. Questo è il loro ultimo incontro.
Un anno dopo Dora sposa Ernst Adler, dal quale ha un figlio Kurt Huber. Andò successivamente da un altro analista, Felix Detusch, al
quale confidò di sentirsi sola, di odiare gli uomini e che non era molto felice nel suo matrimonio. Si trasferì poi a new York, dove morì.
Per Freud il caso di Dora è importante perchè gli pone il problema del fallimento di un’analisi che apparentemente stava andando bene.
Freud crede che il problema che aveva Dora non era solo nei riguardi degli uomini ma anche nelle donne, con la mamma e Peppina,
con la cameriera.
E avrebbe, soprattutto, dovuto affrontare il problema del rapporto di Dora con lui stesso. La teorizzazione dell’importanza del transfert.
Così Freud dopo le libere associazioni da parte del paziente, la neutralità da parte del medico, crede che anche il processo del
transfert sia importante nella tecnica psicoanalitica.
Freud avrebbe dovuto capire come Dora si stesse difendendo da un coinvolgimento affettivo che sentiva come estremamente
pericoloso per lei.
In questo caso è possibile cogliere anche reazioni di controtransfert. Egli non fa nulla per trattenerla quando decide di andar via e non la
riprende con sè quando invece ritorna, non considerando che questa volta era venuta da sola senza la spinta del padre. Ma Freud
all’epoca non era al corrente del controtransfer.
E’ solo nel 1910 che ne viene a conoscenza: ‘il controtransfer nasce nel medico come risultato dell’influenza del paziente sui suoi
sentimenti inconsci’, e in quella occasione afferma che nessun psicoanalista è in grado di andare avanti. E’ un complesso di sentimenti
che compare abitualmente, anche se in genere con intensità lieve, nell’analista come risposta alla nevrosi di transfert del paziente.
Freud aveva scelto il nome ‘Dora’ perche quest’ultimo era il nome dell’ultima figlia di Brauer. Il concepimento di Dora B. era implicato
con la fine del caso di Anna O., la fuga di Breuer e la nuova luna di miele con la moglie. La scelta del nome, quindi, rimanda al fatto che
sia Breur che Freud hanno avuto difficoltà di fronte ai movimenti affettivi del rapporto terapeutico, e entrambi hanno deciso di
allontanarsi dalle loro pazienti.
Freud spiega come dapprima si sente molto sicuro di sè, e come poi ha deciso di respingere Dora per evitare che il coinvolgimento
emotivo verso di lei incalzasse.
Semplificando:
-Freud si accorse che dora faceva molti riferimenti consci e inconsci alla sua persona;
-Dora trasferisce i sentimenti verso il padre e il signor K verso il terapeuta;
-L’interruzione improvvisa potrebbe essere una specie di vendetta;
-Freud le ricordava il Signor K e per questo lo lasciò come egli stesso, secondo lei, l’aveva ingannata e lasciata.

Il transfert è il processo per cui un paziente trasferisce sul suo analista sentimenti, fantasie, desideri che aveva rivolto in precedenza ad
altre figure della sua vita.
Il paziente entra in rapporto con l’analista come se fosse un qualche oggetto (persona) della sua infanzia o della sua vita e ci si
relaziona in modo conseguente.
Ad esempio, un paziente può provare sentimenti verso il proprio analista analoghi a quelli che ha provato verso il proprio padre e
comportarsi con lui come se fosse il padre.
Il transfer può presentarsi anche in relazioni non analitiche. Ad esempio, un alunno sposta sull’insegnante i sentimenti che ha provato
verso la madre.
Inizialmente Freud considerò il transfert come un fenomeno spiacevole che interferiva con la terapia. Successivamente comprese che si
tratta di un fenomeno essenziale perchè permette di rivivere sentimenti e fantasie in terapia e questo permette all’nalista di lavorare sul
conflitto e liquidarlo. Quindi la corretta tecnica analitica utilizza i sentimenti e le fantasie di transfert solo per mostrare al paziente alcuni
aspetti conflittuali del suo stesso mondo interno collegati alla relazione con figure significative della sua infanzia.

Un altro importante caso è quello collegato al piccolo Hans. Prima di esporlo, però, è doveroso chiarire cosa Freud intenda con ‘teoria
della sessualità infantile’.
I Tre saggi sulla teoria sessuale espongono le basi della teoria dello sviluppo psicosessuale.
Le caratteristiche della vita affettiva e il tipo di carattere hanno le proprie radici nei primi anni di vita perchè le prime esperienze fatte dal
bambino sono determinanti per la formazione dello sviluppo della personalità.
Il bambino, per Freud, non deve essere visto come una sorta di ‘angioletto asessuato’ ma come un perverso polimorfo, desideroso di
perseguire il piacere indipendentemente da scopi riproduttivi, mediante i più svariati organi corporei (polimorfismo).
Lo sviluppo psicosessuale del soggetto avviene attraverso diversi stadi, nei quali l’energia libidica si fissa su varie zone del corpo, che
divengono zone erogene.
Gli stadi vanno dalla nascita ai 5 anni. In ogni stadio il bambino deve afffrontare nuovi bisogni e dal grado del loro soddisfacimento si
sviluppano gli atteggiamenti caratteristici del suo comportamento, le difese e le fantasie. L’ordine è biologicamente determinato e ogni
stadio si integra con il successivo senza essere completamente abbandonato. Il neonato è mosso da pulsioni parziali e la conquista
evolutiva a cui tende è appunto la loro integrazione.
Stadio orale (dalla nascita a 1 anno) —> Ha come zona erogena la bocca. La suzione produce piacere non solo per il soddisfacimento
della fame ma anche per altre attività come il ciucciare il pollice o l’esplorare gli oggetti con la bocca. L’evento fondamentale in questo
stadio è l’attaccamento alla madre, il primo e più forte oggetto d’amore che funge da prototipo per tutti i successivi legami d’amore;
Stadio anale (1-3 anni) —> Il bambino acquisisce il controllo degli sfinteri, progredisce verso l’autonomia e l’indipendenza e i suoi
interessi si spostano verso la zona anale scoprendo il piacere dell’evacuazione e anche della ritenzione delle feci e la frustrazione
legata alla pulizia da parte dei genitori;
Stadio fallico (3-5 anni) —> I principali centri d’interesse diventano i genitali, il problema della differenza dei sessi e il conflitto edipico a
cui seguono lo sviluppo del Super-Io e l’identificazione con il genitore del sesso opposto. Il bambino, in questo stadio, non ha più un
rapporto diadico con un’unica figura di attaccamento, ma un rapporto triadico con entrambi i genitori. Il bambino si accorge che i genitori
intrattengono rapporti sessuali, dai quali egli si sente escluso. Per Freud vi è un attaccamento libidico nei confronti del genitore di sesso
opposto connesso a gelosia e ostilità nei confronti del genitore dello stesso sesso. Inoltre, la scoperta del pene costituisce oggetto di
attrazione sia per il bambino, sia per la bambina, i quali soffrono di un ‘complesso di castrazione’ (il primo perchè teme di essere evirato,
la seconda perchè si sente di fatto evirata e prova l’invidia del pene);
Periodo di latenza (5 anni-pubertà) —> Il bambino è ora concentrato sull’interazione con i coetanei e sull’acquisizione di nuove abilità
cognitive. L’energia sessuale è quindi sospesa;
Stadio genitale (adolescenza) —> La pubertà scatena i cambiamenti fisici e psichici che caratterizzano l’adolescenza. I rapporti si
instaurano al di fuori dell’ambito familiare, e quindi con persone della stessa età.

Dopo aver costruito la sua teoria della sessualità infantile, Freud sentì il bisogno di fornire delle prove cliniche a suo sostegno.
Nel 1908 Freud scrisse Analisi della fobia di un bambino di cinque anni, noto come Caso clinico del piccolo Hans.
Hans, nella realtà Harbert Graf, aveva 5 anni ed era il primogenito di Max Graf. La madre Olga Konig era paziente di Freud. Egli soffriva
di una fobia: la paura di essere morso da un cavallo. La fobia insorge a cinque anni, anche se sono presenti dei precedenti. Hans
manifesta precocemente un interesse per il suo ‘fapipì’ e per le differenze tra maschio e femmina che non riesce a decifrare.
Essendo il padre un neofita della psicoanalisi e analista di Hans, l'attenzione da parte sua per lo sviluppo sessuale del figlio è costante.
Però c'è da dire che il padre non si è mai fatto vedere nudo dal bambino e la madre dimentica di illustrare al figlio le differenze
anatomiche tra uomo e donna, e di come vengono al mondo i bambini.
Quindi, l'atteggiamento dei genitori per un aspetto è morboso in rapporto allo sviluppo sessuale del figlio, dall'altro è repressivo. A tre
anni mezzo viene sorpreso dalla madre con la mano sulle parti intime. Essa minaccia: ‘se fai questo, io ti abbandono’.
Un altro episodio analogo: Hans ha quattro anni. La mamma gli fa il bagno, poi lo asciuga facendo attenzione a non toccarlo e Hans gli
chiede il perchè. I genitori insistono sull’inibire e il giudicare negativamente la tendenza che ha Hans nel toccarsi. A cinque anni Hans
sviluppa la fobia dei cavalli.
L’avvento è preceduto da crisi di angoscia nel corso delle quali egli manifesta la paura di essere abbandonato dai genitori, soprattutto
dalla madre, e regredisce nel bisogno di starle accanto e di essere coccolato da lei.
E’ a ritorno da una passeggiata con lei che egli riferisce di avere avuto paura che un cavallo lo mordesse. Successivamente manifesta
tutti sintomi della fobia: terrore alla vista di cavalli, l’evitamento…
Hans, però, non ha paura di tutti i cavalli ma solo di quelli attaccati ai carri da trasporto, quando questi sono carichi. Hans pensa che
quando i cavalli devono tirare un carico pesante, possano cadere, e da caduti scalciare. Si spaventa anche nel vedere i carrettieri
frustare i cavalli.
Questi dati ci dicono che: Hans è un piccolo Edipo che vorrebbe sopprimere il padre e rimanere solo con la madre. Il cavallo che morde
e quello che accade, sono il padre che punirà Hans per aver nutrito verso di lui desideri cattivi. Tutti i carri da trasloco sono casse che la
cicogna trasporta in forma di carrozzini, in riferimento simbolico alla gravidanza. Dunque il cavallo che cade non era soltanto il padre
che muore ma anche la madre che partorisce.
Egli ha paura del padre (ostilità), paura per il padre (amore per lui).
Infatti, quando Freud dice al bambino di stare tranquillo e gli spiega l'intera situazione, compreso il fatto di non doversi sentire in colpa
nei confronti del padre per provare ostilità, che comunque lo vuole bene, Hans riuscirà a sopprimere tale fobia e a vivere più
serenamente.

Leggi storia pag. 70 su ‘Presidente Schreber’.

Capitolo 4- La metapsicologia

La metapsicologia è il termine coniato da Freud per indicare la dimensione teorica connessa alla ricerca dei modelli che servono per la
descrizione delle attività psichiche. Metapsicologia significa al di là della psicologia, cioè il modello teorico complessivo da lui formulato
per descrivere l'apparato psichico. In sostanza si tratta di una ‘teoria generale’ ad alto livello di astrazione che descrive tale apparato
come simile ad una struttura. Quindi, la teoria generale ipotizza un apparato psichico inteso come una struttura composta da elementi.
Tali elementi o istanze sono: l’Es, l’Io e il Super-io. Dell'apparato si possono descrivere gli aspetti topici (la localizzazione dell’Es, dell’Io
e del Super-io), dinamici (gli istinti), economici (la distribuzione dell'energia all'interno dell’apparato).
La metapsicologia è la sintesi di tre punti di vista: dinamico, topico ed economico.
Il punto di vista dinamico considera tutta l'attività psichica come la risultante del conflitto e della composizione di forze la cui energia è
di origine pulsionale.
Il punto di vista topico si riferisce alla differenziazione dell'apparato psichico in diversi sistemi e funzioni che vengono descritti come
‘luoghi psichici’. La prima topica distingue la coscienza, il preconscio e l’inconscio e la seconda topica l’Io, l’Es e il Super-io.
Il punto di vista economico si riferisce alla considerazione del fattore quantitativo dell'energia psichica.
Metapsicologia è il titolo di un volume che raccoglie una serie di saggi teorici di Freud.
Siamo nel 1915, con la guerra era diminuito il lavoro clinico e Freud si dedicò a quello teorico scrivendo saggi per offrire una descrizione
sistematica dell'impianto teorico della psicoanalisi.
Nella prima topica egli distingue tre luoghi psichici, con funzioni diverse, che sono:
-coscienza o conscio, pensieri, sentimenti, intenzioni presenti all'attenzione dell'individuo in quel momento;
-preconscio, l'insieme di quei ricordi che, momentaneamente inconsci, possono divenire consci mediante un semplice sforzo
dell’attenzione;
-inconscio, è considerato punto di vista fondamentale da cui osservare l’uomo, segna l'atto di nascita della psicoanalisi. Freud affermò
che la maggior parte della vita mentale si svolge fuori dalla coscienza, la quale rappresenta solo la piccola punta visibile di un iceberg
mentre l’inconscio è l'enorme parte sommersa, nascosta.
L’inconscio presenta delle caratteristiche:
1. Assenza di reciproca contraddizione: i moti pulsionali non si differenziano tra di loro;
2. Processo primario: è caratterizzato dal fatto che l’energia psichica (libido) fluisce liberamente passando da una rappresentazione
all’altra attraverso i meccanismi dello spostamento, energia mobile e segue il principio del piacere. L’energia libera ubbidisce al
principio del piacere, perchè tende alla gratificazione immediata attraverso la scarica della tensione pulsionale mediante la
soddisfazione allucinatoria del desiderio. Il processo primario è leggibile nell’attività onirica caratterizzata dalla mancanza della
nozione di tempo, mancato riconoscimento della realtà;
3. Atemporalità: i processi inconsci non sono ordinati temporalmente nè alterati dallo scorrere del tempo;
4. Sostituzione della realtà esterna con la realtà psichica: i processi inconsci non tengono conto delle esigenze e delle difficoltà della
realtà, ma sono solo soggetti al principio del piacere che regola il funzionamento mentale in modo da raggiungere il piacere
immediato ed evitare il dispiacere;
5. Quinta caratteristica: l’atto inconscio ha un’intensa influenza sui processi somatici, quale non viene mai raggiunta dall’atto
cosciente.
All’opposto il sistema Preconscio-Coscienza è caratterizzato dal processo secondario che è capace di inibire e controllare la tendenza
automatica alla scarica. Quindi tale processo è caratterizzato dal fatto che l’energia non scorre in modo incontrollato. Ubbidisce al
principio di realtà per cui viene modificato il funzionamento mentale di un soggetto di fronte alle costrizioni del mondo esterno.
L’attività mentale del processo secondario si esprime nel pensiero vigile, nell’attenzione, nel giudizio, nel ragionamento e nell’azione
controllata dell’Io il cui compito principale è quello di inibire il processo primario.
Freud ritiene che i processi primari sono anteriori a quelli secondari, essendo lo sviluppo dell’Io successivo alla rimozione del processo
primario le cui procedure non sono considerate idonee ad affrontare il mondo esterno e i dati di realtà.
La seconda topica è presentata da Freud ne l’Io e l’Es. Essa propone una tripartizione della personalità: Es, Io e Super-io.
L’Es è la componente biologica, innata della nostra psiche. E’ un ‘calderone di impulsi ribollenti’ sessuali ed aggressivi. E’ il polo
pulsionale ed inconscio della psiche, ovvero la forza oscura, inaccessibile e caotica. Ignora le leggi della logica, a partire dal principio di
non-contraddzione, poichè impulsi contraddittori sussistono l’uno accanto all’altro (odio e amore). Egli distingue due pulsioni: quella
erotica o sessuale (Eros), che genera energia libidica, l’istinto di vita, che si esprime nell’amore e nella creatività; quella aggressiva, cioè
l’istinto di morte (Thanatos), la tendenza a raggiungere la pace conclusiva, per ridurre le irrequietezze dell’eros, la fredda meccanicità,
ad odiare, distruggere, uccidere, eliminare.
L’Io, si sviluppa nei primi mesi di vita del bambino. Rappresenta il punto di contatto tra il soggetto ed il mondo reale e il suo sviluppo è
necessario alla sopravvivenza fisica e psicologica. Si trova a dover fare i conti con l’Es, il Super-io e il mondo esterno. Si tratta
dell’istanza che si trova a dover equilibrare pressioni in contrasto tra loro. Presenta, però, anche una parte inconscia, inconsapevole,
riconosciuta attraverso quelli che sono i meccanismi di difesa, strumenti di cui si serve l’individuo per mascherare l’angoscia.
I meccanismi di difesa sono dei dispositivi psichici che hanno lo scopo di difendere l’Io dall’angoscia prodotta dall’aumento della
tensione istintuale o da conflitti.
Sono inconsci, quindi operano senza che il soggetto ne sia consapevole. Svolgono un ruolo importante anche nello sviluppo normale
dell’individuo, quindi non sono patologici.
Appartengono a stadi specifici dello sviluppo, nel senso che in ogni fase dello sviluppo prevalgono alcuni meccanismi da forme più
immature ad altre più mature.
Essi sono: regressione, rimozione, formazione reattiva, isolamento, annullamento, proiezione, introiezione, rivolgimento contro il Sé e
capovolgimento, sublimazione, scissione e diniego.
-Rimozione: un impulso o idea inaccettabile che viene reso inconscio;
-Regressione: ritorno ad uno stadio precedente dello sviluppo libidico e dell’ Io;
-Formazione reattiva: un impulso inaccettabile viene dominato con l’esagerazione della tendenza opposta (per amore della pulizia
invece di amore per lo sporco);
-Proiezione: contenuti mentali interni sono immaginati come localizzati in qualche oggetto esterno (persona o cosa). Esprime il ‘non io,
ma tu’;
-Sublimazione: le energie istintuali vengono scaricate in forma di comportamenti non istintuali e più accettabili. Quindi ad esempio il
chirurgo sublima l’aggressività;
-Scissione: una struttura viene divisa in due parti. Per esempio scissione dell’Io. Oppure scissione dell’oggetto. In questo caso la madre
è sentita come separata in due—> madre buona/madre cattiva. Tutta la visone del mondo come diviso in due buono/cattivo si basa sul
meccanismo della scissione. Anche la capacità di fare categorie può avvalersi della scissione in una fase precoce dello sviluppo;
-Diniego della realtà: indica il rifiuto di riconoscere la realtà di una percezione traumatizzante;
-Negazione: processo per cui il soggetto, pur formulando desideri, pensieri, sentimenti fino ad allora rimossi, se ne difende negando che
gli appartengono (‘non io’);
-Annullamento retroattivo: cercare di rendere non accaduto un evento. E’ un’azione in due tempi in cui il primo tempo è annullato dal
secondo.

Freud considera la spinta, la fonte, la meta e l’oggetto della pulsione. La spinta che la persona sente all’origine del suo comportamento
è un’eccitazione somatica, un’attivazione corporea. La fonte è la zona erogena da cui trae origine la spinta. La meta è ciò che soddisfa
la pulsione; oggetto della pulsione è il mezzo con cui la pulsione può raggiungere la sua meta.
Ad esempio: il lattante ha fame (spinta); cerca il soddisfacimento, cioè l’allattamento che fa passare la fame. Allontanare lo stato di
sofferenza che provoca la fame, questa è la meta. La mamma che gli da il latte è l’oggetto che gli permette di soddisfare la pulsione. La
mamma che ascolta il bambino e lo allatta è una mamma buona, quando invece fa aspettare il bambino, e lo lascia alla sensazione di
fame, è una madre frustrante.
L’ogetto che realizza la pulsione può essere parziale (come il seno della mamma durante la fase orale) o totale (come l’amore di una
persona, mamma o papà, nella fase edipica).
La scelta dell’oggetto può essere, poi, per appoggio (l’oggetto d’amore è scelto sul modello del genitore dell’altro sesso) o narcisistica
(l’oggetto d’amore viene scelto perchè rispecchia un aspetto di se stessi: ciò che si è, che si è stati, che si vorrebbe essere).

Al di là del principio del piacere: Freud osserva il gioco di Ernst, suo nipotino di un anno e mezzo.
Era un bambino buono ed ubbidiente. Non disturbava i genitori di notte, ubbidiva coscienziosamente agli ordini di non toccare certi
oggetti e non andare in certe stanze, e, soprattutto, non piangeva mai quando la mamma lo lasciava per alcune ore, sebbene fosse
teneramente attaccato a questa madre che non solo lo aveva allattato di persona, ma lo aveva allevato e accudito senza alcun aiuto
esterno.
Ora questo bravo bambino aveva l’abitudine di scaraventare lontano da sé in un angolo della stanza, sotto un letto o altrove, tutti i
piccoli oggetti di cui riusciva a impadronirsi, talché cercare i suoi giocattoli e raccoglierli era talvolta un’impresa tutt’altro che facile.
Nel fare questo emetteva un «o–o–o» forte e prolungato, accompagnato da un’espressione di interesse e soddisfazione; secondo il
giudizio della madre questo suono non era un’interiezione, ma significava «fort» [«via»]. Finalmente mi accorsi che questo era un gioco,
e che il bambino usava tutti i suoi giocattoli solo per giocare a «gettarli via». Un giorno feci un’osservazione che confermò la mia ipotesi.
Il bambino aveva un rocchetto di legno intorno a cui era avvolto del filo. Non gli venne mai in mente di tirarselo dietro per terra, per
esempio, e di giocarci come se fosse una carrozza; tenendo il filo a cui era attaccato, gettava invece con grande abilità il rocchetto oltre
la cortina del suo lettino in modo da farlo sparire, pronunciando al tempo stesso il suo espressivo «o–o–o»; poi tirava nuovamente il
rocchetto fuori dal letto, e salutava la sua ricomparsa con un allegro «da» [«qui»].
Questo era dunque il gioco completo – sparizione e riapparizione – del quale era dato assistere di norma solo al primo atto, ripetuto
instancabilmente come gioco a sé stante, anche se il piacere maggiore era legato indubbiamente al secondo atto. L’interpretazione del
gioco divenne dunque ovvia. Era in rapporto con la rinuncia pulsionale (rinuncia al soddisfacimento pulsionale) che consisteva nel
permettere senza proteste che la madre se ne andasse.
Il bambino si risarciva, per così dire, di questa rinuncia, inscenando l’atto stesso dello scomparire e del riapparire avvalendosi degli
oggetti che riusciva a raggiungere.
L’atto di gettare via l’oggetto, in modo da farlo sparire, potrebbe costituire il soddisfacimento di un impulso che il bambino ha represso
nella vita reale, l’impulso di vendicarsi della madre che se n’è andata; in questo caso avrebbe il senso di una sfida: «Benissimo, vattene
pure, non ho bisogno di te, sono io che ti mando via». Il bambino potrebbe ripetere nel gioco un’esperienza sgradevole solo perché a
questa ripetizione è legato l’ottenimento di un piacere di tipo diverso, ma non meno diretto.
Capitolo 5- Carl Gustav Jung

Jung, svizzero tedesco, era nato nel 1875 sulle rive del lago di Costanza. Il padre era un pastore protestante, la madre appassionata di
occultismo. Studiò medicina e lavorò nella famosa clinica psichiatrica di Zurigo.
Dopo essere andato a Parigi pe seguire l’insegnamento di Pierre Janet, sposò Emma Rauschenbach.
Jung all’inizio fu entusiasta di Freud. Quando per la prima volta si incontrarono nel 1907, dopo una corrispondenza epistolare, parlarono
per 13 ore consecutive.
Una difficoltà del loro rapporto fu l’atteggiamento paterno che Freud tendeva ad assumere nei suoi confronti e che l’altro mal
sopportava.
Jung era molto portato agli interessi religiosi e mistici, l’opposto di Freud, che era materialista, razionalista e ateo.
Jung interpretava il sogno come un annuncio, attraverso la morte e la resurrezione, delle iniziazioni ai segreti della divinità.
Egli incontrò nel 1904 Sabina Spielrein, giovane ebrea russa, che venne ricoverata perchè affetta da psicosi isterica. Quando
migliorarono le sue condizioni, lei si iscrisse all’Università e si laureò in medicina. Tra i due nacque un rapporto d’amore che una lettera
anonima (della moglie Emma) rivelò ai genitori di lei che intervennero protestando.
Sabina dopo Vienna lavorò a Ginevra come psicoanalista ed ebbe tra i suoi analizzati Jean Piaget.
Il saggio ‘La distruzione come causa del divenire’ anticipa il concetto freudiano di pulsione di morte.
Diresse il famoso asilo psicoanalitico che adottò una pedagogia rivoluzionaria basata sulla libertà, il gioco, la musica e la fisicità. Nel
1926 l’asilo venne chiuso. Nel 1942 la Spielrein venne uccisa dai nazisti nella sua città natale.
I rapporti tra Freud e Jung non erano dei migliori a causa delle loro idee contrastanti.
La rottura fu definitiva, nel 1913, e riguardò la concezione della libido. Jung considerava la libido come energia psichica in senso lato,
non solo quindi energia sessuale come la intendeva Freud. Quest’ultimo infatti non lo accettò e lo considerò un tradimento alle sue idee.
Tale rottura provocò una crisi ancora più profonda in Jung, che costrinse quest’ultimo a ritirarsi nella sua casa in riva al lago di Zurigo,
dedicandosi alla sua autoanalisi.
Molti pazienti si rivolgevano a lui per avere una guida spirituale. I colloqui con Jung avevano durata variabile, potevano svolgersi nel suo
studio oppure in riva al lago…
Lo sviluppo della psicologia junghiana è andato in una direzione diversa da quella di Freud, assumendo il nome di psicologia analitica.
Jung si è sempre distaccato dalla clinica per immergersi più profondamente negli studi filosofici e religiosi.
Adottò come tecnica di investigazione del futuro gli esagrammi cinesi I Ching (64 esagrammi costituiti da sei linee orizzontali
sovrapposte, intere o aperte: le prime hanno qualità yang, cioè attive, solari e maschilil le seconde yin, cioè ricettive, lunari e femminili)
e la composizione del proprio mandala come svelamento del proprio destino.
Il lato oscuro di Jung fu il rapporto ambiguo con il nazismo. Dopo la salita al potere di Hitler egli accettò la presidenza nel 1933
dell’Associazione internazionale di psicoterapia. Scrisse anche un saggio in cui sosteneva la necessità di una psicologia ariana distinta
da quella ebraica.
Nel 1945, poi, scrisse Dopo la catastrofe in cui condanna il nazismo, che portò alla sdraricamento della psicoanalisi freudiana, con la
morte di tutti gli analisti ebrei e non. Sopravvisse, invece, in mezzo ai compromessi, la psicologia analitica junghiana.
Nei Tipi psicologici Jung elabora che vi sono 4 funzioni della vita psichica: il pensiero, il sentimento, la sensazione e l’intuizione. In ogni
persona una funzione diventa dominante e quindi conscia, mentre quella opposta diventa inconscia e causa di conflitto per bisogno di
compenso. Inoltre vi sono due atteggiamenti generali verso il mondo: introversione ed estroversione.
La prima riguarda il volgersi dell’interesse della persona verso il mondo esterno, la seconda invece verso quello interno. Combinando le
quattro funzioni con i due atteggiamenti otteniamo gli otto tipi psicologici fondamentali che descrivono le caratterisctiche dell’animo
umano. Essi sono: i quattro estroversi, il tipo intellettuale positivo, sintetico ; il tipo sentimentale conformista ed emotivo; il tipo
sensoriale socievole e amante dei piaceri; il tipo intuitivo empatico e attratto dalla novità; i quattro introversi: il tipo intellettuale profondo
ma senza senso pratico, tende ad isolarsi; il tipo sentimentale ipersensibile e contorto; se donna, esercita un fascino misterioso sugli
uomini estroversi; il tipo sensoriale attratto dal lato estetico; il tipo intuitivo sognatore, bizzarro, eccentrico.
Riguardo all’inconscio, Freud parla esclusivamente di inconscio personale (basato sulla storia personale di un individuo), Jung
distingue, invece, due livelli fondamentali: l’inconscio personale e l’inconscio collettivo. Mentre il primo riguarda la storia personale, il
secondo riguarda la storia del genere umano: è l’eredità psichica del genere umano.
Gli archetipi sono strutture psichiche universali e innate che costituiscono l’inconscio collettivo e guidano e organizzano la psiche
individuale. I miti e i simboli ne svelano il significato. Egli riteneva che potessero esistere simboli universali che si manifestavano sia nei
miti religiosi che nei deliri psicotici.
Tra gli archetipi: la Grande Madre, il Puer (l’eterno fanciullo), l’Eroe, il Vecchio Saggio, il Trickster (dio ingannatore), l’Ermafrodito (che
rappresenta l’unione degli opposti).
La crescita psicologica è tesa verso l’armonia dei contrari e avviene attraverso il processo di individuazione che rappresenta un
percorso che conduce fino al Sè, la totalità psichica. La prima tappa del processo d’individuazione riguarda l’opposizione Persona/
Ombra: la Persona è la maschera con cui entriamo in rapporto con gli altri, ‘ciò che l’individuo in realtà non è, ma che egli stesso e gli
altri pensano che sia’.
L’Ombra invece rappresenta gli aspetti oscuri, inconsci, demoniaci, terrificanti perchè non conosciuti.
La seconda tappa del processo d’individuazione è costituita dall’incontro con Animus/Anima che rappresentano l’esigenza profonda di
equilibrio della bisessualità psichica: Anima è la donna nell’uomo, Animus è l’uomo nella donna.
L’ultima tappa è rappresentata dalla figura archetipa del Sè, la totalità psichica.
Il processo d’individuazione va verso la totalità, l’integrazione del conscio con l’inconscio, la coniugazione tra bene e male, materiale e
spirituale.
Il sogno ha una funzione prospettica e anticipatrice.
Le fasi della psicoterapia: la prima fase è costituita dalla confessione, analoga alla catarsi della tragedia greca; la seconda fase dalla
chiarificazione; la terza dall’educazione; la quarta dalla trasformazione, l’integrazione nella totalità dell’anima e dell’ombra.
Sincronicità: gli eventi nel mondo fisico possono essere connessi dalla causalità (causa ed effetto) e nel mondo psichico dalla finalità
(mezzo e scopo). Ma Jung ipotizza una terza possibilità, la sincronicità, il nesso acausale che rende significativa la co-occorrenza di
due eventi non connessi tra loro.
Unus mundus: la connessione profonda di umanità e natura.
Capitolo 6- I primi psicoanalisti

Dopo la pubblicazione dell’Interpretazione dei sogni, Freud era ormai conosciuto in un vasto ambito.
Un gruppo di persone vicine a Freud prese a discutere con regolarità le diverse teorie, nacque così la Società psicologica del mercoledì.

Alfred Adler —> Egli teorizzò l'importanza della dinamica del potere, il bisogno di imporsi agli altri, a se stessi e soprattutto di prevalere
sulle proprie deficienze per sentirsi forti, affrontare gli altri e sottometterli. La sua teoria si basa sul complesso di inferiorità e sull’
impulso di superiorità, in cui ciascun uomo da una condizione minore vuole elevarsi in una superiore.

Wilhelm Reich —> La sua infanzia fu segnata da un episodio tragico: egli fu partecipe, e in parte colpevole, della morte della madre,
uccisa dal padre dopo che il figlio gli aveva denunciato il tradimento. Quando si avvicina alla psicoanalisi è già interessato alla
liberazione sessuale e ritiene che la fonte della sofferenza psicologica sia il conflitto tra la libera espressione della sessualità e la
repressione della società. Il benessere psicologico è legato alla possibilità di esperire il pieno piacere dell’orgasmo.
L'idea del conflitto tra sessualità e civiltà fa riferimento al fatto che l’uomo deve addomesticare le sue passioni e pulsioni e la sessualità
deve essere sublimata.
Essendo marxista rivoluzionario, Reich riteneva che fosse la civiltà borghese l’agente della repressione della sessualità operaia, per cui
conseguentemente bisognava combattere su due fronti, quello politico e quello psicoanalitico. Queste considerazioni lo allontanarono
dagli altri.

Georg Walther Groddeck —> Si entusiasmò per la psicoanalisi e cercò di applicarla nel campo delle malattie somatiche. Freud gli
dimostrò sempre simpatia e condivise la sua concezione dell’Es come forza vitale totale.

Karl Abraham —> Fu difensore di Freud e oppositore in special modo di Jung. Sviluppò lo studio dello sviluppo libidico distinguendo
all’interno di ciascuna fase descritta da Freud dei ‘sottosistemi’: ad esempio, per la fase orale, distinse un momento caratterizzato
soprattutto dall’attività della suzione e un secondo, invece, dal mordere. Per la fase anale, il momento dell’espulsione vera e propria e
quello del trattenere.

Sandor Ferenczi —> Si dedicò all’autoanalisi utilizzando il metodo delle associazioni libere e anche quello della scrittura automatica.
Freud scrisse di Ferenczi come un uomo sognatore, che dimostra un atteggiamento infantile nei suoi confronti. Lo ammira senza
esitazioni, il che non lo entusiasma.
E’ stato detto che se Freud è il padre della psicoanalisi, Ferenczi può esserne considerato la madre. Freud aveva un atteggiamento
paterno, sia nel rapporto con i pazienti che con gli allievi; Ferenczi invece era una persona passionale, accogliente, una persona che
tendeva a teorizzare non in modo astratto e sistematico come Freud, ma in modo più vicino all’esperienza emotiva. Un uomo capace di
grandi emozioni, ma non sempre tenute sotto controllo.
Nel Diario clinico schematizza l’evoluzione della sua tecnica terapeutica, egli considerava quattro periodi.
Il primo è quello della ricerca della catarsi di un atteggiamento per proteggersi dal rischio dell’eccessivo coinvolgimento affettivo.
In questo periodo Freud stava delinenado le fasi evolutive libidiche. Il suo scritto è completamento di quello di Freud. Ferenczi distingue
tre fasi.
Nella prima, la situazione iniziale di illusoria onnipotenza, il bambino vive liberamente i suoi desideri e le sue fantasie.
A essa segue una situazione intermedia di onnipotenza condizionata che apre il bambino alla considerazione della realtà ma con la
protezione di meccanismo magici contro la disillusione della sua fantasia onnipotente. Infine la conquista del senso di realtà.
Il secondo periodo è quello della tecnica attiva. Essa mira ad incrementare la tensione nel lavoro analitico quando esso tende a
bloccarsi e a diventare improduttivo. La terapia attiva consiste in un dosaggio di divieti e sollecitazioni, consigli e proposte per far si che
il paziente adotti un atteggiamento attivo nei confronti dei suoi problemi e manifesti le emozioni rimosse.
Per Ferenczi la terapia psicoanalitica è più importante come si presenta il paziente, come si esprime nella seduta, è più importante
‘come lo dice’ di ‘quello che dice’.
Il terzo periodo è quello della elasticità della tecnica passiva e rilassata. Ferenczi sostituisce il metodo attivo e adotta uno stile più
materno. La rielaborazione cognitiva del trauma della storia del soggetto ha in realtà meno importanza rispetto alle emozioni che il
paziente in quel momento sta provando.
Il quarto periodo è quello dell’esperimento della mutua analisi. Nel Diario clinico egli scrive di Elizabeth Severn. Si chiamava Leota
Brown, si sposò ed ebbe una figlia, Margaret. Divorziò e assunse il nome di Elizabeth Severn. Soffriva di depressione, aveva
allucinazioni e tentò più volte il suicidio. Per queste ragioni chiese aiuto a Ferenczi. Quest’ultimo si scontrò subito con il problema del
transfert negativo. RN. non si fidava di nessuno e coglieva in Ferenczi un atteggiamneto negativo verso di lei, antipatia e ostilità. La sua
completa disponibilità, però, non cambia l’atteggiamento della paziente.
Nel Diario, egli descrive lo scambio di ruoli tra paziente e terapeuta e gli effetti che si producevano. Effetti positivi all’inizio, ma che poi,
quando è il terapeuta a dover assumere ruolo da paziente, si complicano.

Otto Rank —> Si chiamava in realtà Otto Rosenfeld, ma decise di cambiare nome per segnare il distacco da un padre alcolista e
violento.
L’ipotesi di Rank parte dall’idea di Freud che la prima angoscia provocata dal bambino risalga proprio all’atto della nascita, ma la
estende facendo della nascita il modello originario dell’angoscia, e della fantasia del ritorno al grembo materno il modello di difesa.
La nascita è per molti versi un'esperienza molto traumatica: la grande stimolazione fisica, l' attivazione di sistemi fisiologici, il passaggio
alla respirazione aerea. Secondo Rank, questa esperienza rimane inconscia e si riattiva successivamente in tutte le situazioni
traumatiche causando la sensazione di vivere qualcosa che schiaccia, che non si è in grado di affrontare, da cui non ci si può liberare,
appunto l’angoscia. Pensò che nella terapia bisogna andare a ritrovare questa prima esperienza, che va rivissuta e rielaborata. La
terapia deve durare nove mesi, durante i quali viene rivissuto e rielaborato simbolicamente il modello originario dell’angoscia, appunto il
trauma della nascita, fino al concepimento e alla realizzazione del nuovo essere.
Dopo molte indecisioni, anche Freud criticò la teoria di Rank. Comincia così il loro allontanamento.
Un'altra interessante innovazione teorica è la proposta di considerare nei sogni e nei sintomi il contenuto dell'inconscio come una
raffigurazione di quello che si svolge attualmente nella situazione analitica tra medico e paziente, contenuto che viene proiettato dal
presente nel passato del paziente invece che essere trasferito dal passato al presente.
Egli da molta importanza alla volontà. La volontà è una forza di organizzazione autonoma dell'individuo che costituisce l'espressione
creativa della personalità totale e distingue un individuo da un altro.
Il compito della psicoanalisi diventa etico: aiutare il paziente a superare l'angoscia e la colpa che bloccano la sua volontà, liberando la
creatività presente in ognuno.

Anna Freud —> Sesta e ultima figlia di Freud, ebbe un legame intenso con il padre. Non era medico ma aveva fatto studi pedagogici.
Nel 1922 diventa membro della Società psicoanalitica viennese e si dedica a un seminario di psicoanalisi infantile. Inizia il dissidio con
Melanie Klein.
Anna Freud ha contribuito a promuovere e sviluppare la cosiddetta psicoanalisi dell’Io.
Per Anna Freud, le difese sono i modi e i mezzi con cui l’io fronteggia l'angoscia ed esercita un controllo sul comportamento impulsivo,
sugli affetti e i moti pulsionali. Il modello di mente che man mano Freud ha costruito ha spostato l'interesse dall’Es all’Io.
Le difese vengono messe in atto contro quattro tipi di angoscia: l'angoscia pulsionale di fronte alla spinta inconscia; l'angoscia morale
per la condanna del super-io; l'angoscia per i pericoli della realtà; l'angoscia dell'io per i conflitti di ambivalenza.
Una difesa viene messa in atto in tutte le situazioni che minacciano di richiamare in vita il conflitto; scatta automaticamente senza che la
persona se ne renda conto.
Diversamente dall'impostazione del padre che intendeva con l'analisi far riemergere l’inconscio, le resistenze e i contenuti conflittivi;
Anna Freud sostiene che bisogna prima analizzare le difese, allearsi con l’io e vedere dal punto di vista dell'io la situazione e le difese
che mette in atto. Solo quando le difese sono state elaborate, si può arrivare all'analisi dell’Es.
Tra le difese, troviamo:
-rimozione: è la difesa contro i pericoli pulsionali;
-negazione: è il meccanismo di difesa dai pericoli della realtà esterna. Essa può avvenire in fantasia (non è solo un allontanamento dal
problema ma è Asse un aiuto a riconciliarsi con la realtà) oppure mediante parole e atti (modo di avvicinarsi e riconciliarsi con la realtà);
-limitazione difensiva delle funzioni dell’io: Anna Freud ha per illustrare questa difesa racconta l'episodio di un bambino che, quando lei
gli si mette accanto per giocare con lui, è contento, ma poi smette di disegnare. Per evitare il confronto umiliante il bambino rinuncia a
una funzione dell’io, cioè alla capacità di divertirsi. Tale meccanismo non risolve il problema ma avvicina la soluzione, perché il bambino
rinuncia al disegno ma partecipa all'esperienza osservando;
-inibizione: riguarda in modo specifico attività in precedenza sessualizzate (bambino isolato e passivo che evita il confronto dei propri
risultati con gli altri bambini;
-proiezione: espulsione delle cause di dispiacere e assimilazione degli oggetti fonte di piacere;
-identificazione con l’aggressore: la difesa funziona trasformando un'esperienza passiva dolorosa, in un'esperienza attiva sempre
dolorosa, ma da un altro punto di vista (esempio del bambino che riproduce, per angoscia e paura, l'espressione facciale dell'istruttore
che lo minaccia);
-ascetismo e intellettualizzazione: sono le difese caratteristiche della pubertà e adolescenza; l’ascetismo è il rifiuto di tutte le pulsioni;
l'Intellettualizzazione il tentativo di risolvere nel pensiero il conflitto pulsionale senza viverlo.

Erik Eriksson —> Egli ha proposto un modello evolutivo dell'intero ciclo di vita, dall'infanzia alla vecchiaia, scandito da otto stadi
caratterizzati ognuno da compiti specifici di sviluppo individuale in relazione ai valori e alle istituzioni sociali: alla fase orale
corrispondono la fiducia o la sfiducia; alla fase anale la vergogna, il dubbio o l’autonomia; a quella genitale lo spirito di iniziativa e il
senso di colpa; alla latenza l'industriosità e il senso di inferiorità; all'adolescenza l’identità con il pericolo della sua dispersione; alla
gioventù la ricerca dell'intimità con il pericolo dell’isolamento; all'età adulta la generatività con il pericolo della stagnazione; e alla
maturità il compito dell'integrità con il pericolo della disperazione.

Capitolo 7- Melanie Klein

Melanie Reizes, ebrea viennese, ebbe un'infanzia felice ma segnata da lutti per la morte precoce della sorella e poi del fratello. A 21
anni sposò l’ingegnere Klein ed ebbe tre figli: Melitta, Hans ed Erich. La crisi coniugale e la morte della madre le provocarono una forte
sofferenza depressiva. Iniziò così un’analisi con Ferenczi nel 1914 e si separò dal marito. Nel 1921 con il figlio Erich si trasferì a Berlino
Dove iniziò la sua attività di psicoanalisi infantile.
Dopo il divorzio, la Klein si trasferì a Londra, con due dei suoi figli. I rapporti familiari furono molto dolorosi.
Il figlio maggiore Hans, ingegnere, mori in un incidente di montagna. Melitta, divenne medico, e fece varie analisi, seguì la madre in
Inghilterra, divenne a sua volta analista e fu una sua oppositrice implacabile.
Erich fece anch'egli molte analisi e mantenne buoni rapporti con la madre.
La Klein dapprima iniziò con un atteggiamento psicopedagogico e solo gradualmente giunse all'uso del gioco come modo per entrare in
rapporto e stabilire un dialogo con bambini sempre più piccoli.
Nell'articolo Influenza delle spiegazioni sessuali sullo sviluppo intellettivo del bambino racconta come Fritz, in realtà suo figlio piccolo
Erich, presentava un problema di inibizione intellettuale: improvvisamente era diventato disinteressato allo studio, alla scuola e non
voleva sapere cose nuove. La madre pensa che l'inibizione sia legata alla difficoltà della conoscenza sessuale e decide quindi di
affrontare con molto tatto il discorso con il bambino. Solo successivamente capisce che non basta tale spiegazione per risolvere il
conflitto emotivo. La Klein organizza, quindi, una vera e propria terapia con sedute quotidiane, un'ora la sera prima di andare a letto. In
queste sedute, il bambino si mette a giocare, la mamma lo osserva e utilizza il gioco per cogliere i suoi conflitti. Si tratta del gioco
spontaneo da parte del bambino.
Con il tredicenne Felix, primo paziente che la Klein comincia a vedere, segue un approccio per adulti: lo invita a sdraiarsi sul divano e
ad associare liberamente e interpreta sogni e ricordi.
La scoperta del gioco avviene successivamente nel 1923, con Rita, che ha 2 anni e 9 mesi. La bambina sta molto male e non esce di
casa; quindi, la Klein va da lei e utilizza il gioco spontaneo della bambina per osservare quello che succede, interpretarlo e darmi un
significato.
Dopo tale esperienza, la Klein vuole una modalità d'incontro con i bambini più autonoma dai genitori, e organizza quindi un proprio
studio: una stanza adatta al gioco, con un piccolo divano, un tavolino con fogli e matite per disegnare e giocattoli scelti in modo da poter
rappresentare la vita affettiva del bambino.
Il gioco del bambino equivale al discorso del paziente adulto: con esso il bambino esprime direttamente le proprie fantasie, pensieri,
angosce e conflitti. Il gioco equivale ad associazioni libere drammatizzate perché ‘l'azione e le fantasie dei bambini sono espressione di
un conflitto’.
La tecnica del gioco permette alla Krajina di osservare clinicamente la vita mentale e le sofferenze psicologiche dei bambini piccoli.

Rita
E’ una bambina di due anni e nove mesi. A 18 mesi ha cominciato a manifestare paura degli animali, avversione per il padre ed
eccessivo attaccamento alla madre. Sta molto male, soffre di ansia e tristezza.
Perseguita la madre chiedendole continuamente: ‘sono buona? Mi vuoi bene?’. Ha difficoltà alimentari e ha bisogno di un rituale
ossessivo alla sera per dormire: lei è la bambola devono essere avvolte nel lenzuolo altrimenti un topo potrebbe entrare e portarle via.
Alla prima seduta, Rita reagisce subito male e rimane sola con la Klein, è ansiosa e silenziosa e le chiede di uscire in giardino, dove sa
che aspettano la madre e la zia.
Rita ha una forte angoscia persecutoria, come dimostra il rituale ossessivo della sera, si sente minacciata e immediatamente trasferisce
questa paura sulla Klein in una situazione di transfert negativo.
Si potrebbe affrontare questa situazione in vari modi. Anna Freud avrebbe potuto dire che la bambina è troppo piccola, che va
rassicurata e preparata per la situazione di analisi e che bisogna riportarla dalla madre e preparare una serie di incontri finché la
bambina non sia in grado di rimanere da sola con l’analista.
Laterina invece dice che se si fa questo si perde subito il contatto con la sofferenza della bambina.
Così la Klein parla subito con Rita e le interpreta direttamente l’angoscia, cerca di mettere in parole quello che la bambina sente.
Per la Klein, il bambino prova l'angoscia in modo assai più acuto dell’adulto. Nei bambini più piccoli, il transfert negativo si esprime
spesso in modo immediato, sottoforma di palese paura; nei bambini un poco più grandi invece si esprime più frequentemente attraverso
atteggiamenti di diffidenza, riservatezza o antipatia.
Un giorno Rita prende un elemento di un gioco di costruzioni dicendo che si tratta di una donna piccola. Lo mette accanto alla scatola di
cartone contenente il gioco, prende un piccolo martello e con quello colpisce la scatola fino a romperla, dicendo che in quel momento la
donna piccola aveva tanta paura. L'interpretazione del gioco riguarda la mamma, il papà e Rita.
La mamma è rappresentata dalla scatola con le cose dentro, la pancia con i bambini. Il martello che colpisce la mamma è il papà che
ha rapporti violenti, e la bambina è terrorizzata da questa fantasia.
Quello che la Klein vede nel gioco della bambina è l'angoscia edipica. L’Edipo precoce vuol dire che al di là della complessità dei
sentimenti che legano i figli e genitori nelle situazioni edipiche, il bambino piccolo vive fantasia ancora più angosciose, i cui personaggi
non sono persone, ma oggetti parziali, cioè aspetti e funzioni delle persone. In questo caso la mamma è rappresentata dalla pancia,
dalla sua funzione di fare bambini, il papà dal pene.
L'analisi di Rita durò per 83 sedute e fu interrotta per ragioni familiari. Vi furono notevoli miglioramenti ma rimasero tratti ossessivi.

Ruth
È una bambina di quattro anni e tre mesi. L'allattamento era stato scarso perché la madre aveva avuto poco latte. Ora la bambina
lamentava un'estrema povertà, assolutamente falsa. La bambina aveva un grande attaccamento alla madre e rifiutava le estranee. Alla
prima seduta rifiuta di restare da sola con la Klein che è costretta a invitare la sorella.
Un giorno Ruth tracciò il disegno di un bicchiere, contenente delle palline, con una specie di coperchio, che serviva a non far rotolare
fuori le palline. Prima di disegnare il bicchiere aveva frugato nella borsetta della sorella chiudendola poi accuratamente; lo stesso aveva
fatto con il borsellino pieno di soldi.
A questo punto chiese a Ruth se le palline nel bicchiere, le monete nel borsellino e gli oggetti contenuti nella borsetta, raffirugavano i
bambini dentro la sua mamma, e che lei voleva tenerli ben chiusu per non avere altri fratelli e sorelle. Per la prima volta Ruth rivolse la
sua attenzione alla Klein e si mise a giocare in modo naturale.
La cura di Ruth fu interrotta dopo 190 sedute perchè la famigli si trasferì all’estero. Aveva prodotto comunque notevoli miglioramenti.

Peter
Ha 3 anni e 9 mesi, è un bambino timido, intollerante alle frustrazioni, estremamente dipendente dalla madre. All’inizio della prima ora
d’analisi il piccolo prende due cavalli e li fa urtare tra loro. La Klein interpreta che questi sono due persone che si scontrano. Peter, poi,
prende i cavalli e li copre con i cubi e dice: ‘ora sono proprio morti, li ho sepolti’. I cavalli sono i genitori che si accoppiano e fanno
nascere un altro fratellino che lui odia.
L’analisi di Peter dura 278 sedute e finisce con pieno successo.

Trude
Ha 3 anni e 9 mesi. La Klein racconta che la bambina fingeva che fosse notte e che tutte e due stessero dormendo. Allora andava
silenziosamente da lei minacciandola di morte. Poi appariva terrorizzata: si copriva, si succhiava le dita. È l'effetto della proiezione.
Trude ha proiettato sulla Klein la cattiveria, l’aggressività e ne teme la ritorsione, per cui appare terrorizzata.
Questa bambina ha organizzato una scena in cui lei è realmente qualcuno che va lì e cerca di far fuori la Klein. È una rappresentazione
molto concreta.
Con la tecnica del gioco si ha accesso alla rappresentazione concreta di cose, di personaggi, di situazioni, in cui vive il bambino.
Verso i due anni, quando era nata la sorella, Trude aveva manifestato terrori notturni, per cui si rifugiava nella camera dei genitori senza
saper dire cosa la spaventasse. L'analisi permise di capire che la bambina aveva voluto sottrarre i bambini alla madre incinta, ucciderla
e sostituirsi a lei.

Erna
È una bambina di 6 anni. Ha cominciato a star male alla fine del primo anno; tra i due e i tre anni è diventata ineducata e ossessiva.
Ora, a sei anni, soffre di insonnia per la paura dei ladri e ha rituali serali: deve sdraiarsi sul letto e sbattere la testa sul cuscino.
E’ depressa, dominava completamente la madre. La sua capacità di apprendere era inibita e rifiutava ogni rapporto sociale, ma era
consapevole di star male e chiedeva aiuto.
Alla prima seduta mette in una carrozzina una donna e un uomo. I due si amano e si baciano, ma un terzo in un'altra carrozzina va a
loro contro e li uccide. Il terzo è Erna che attacca i genitori.
Più che la gelosia per la coppia genitoriale, Erna soffre di invidia orale, non tollera che la madre possieda tutti gli oggetti facendola così
sentire priva di tutto: disperazione a cui lei reagisce attaccando e distruggendo.
Benché fosse figlia unica era piena d'odio per i possibili fratelli e aveva crisi d’ira e di angoscia quando incontrava gli altri bambini.
L'analisi fu interrotta dopo due anni e mezzo per cause esterne.

Dick
Nel 1930 la Klein pubblica L’importanza della formazione dei simboli nello sviluppo dell’Io, in cui presenta il caso Dick, un bambino che
oggi sarebbe diagnosticato come autistico. Dick ha 4 anni, non parla e non gioca, rifiuta i cibi solidi, è senza relazioni affettive con le
persone e con gli oggetti e anche senza manifestazioni d’angoscia. L’unico interesse è per le maniglie delle porte.
Nella storia del bambino c’erano stati problemi dall’allattamento, e anche una separazione dai genitori, per cui a 2 anni aveva vissuto un
lungo periodo con la nonna. Si tratta di una lunga terapia.
Il mondo emotivo dei bambini è segnato da angosce molto violente che provocano grande sofferenza perchè il bambino non ha difese
efficaci. L’Io del bambino non ha capacità sufficienti per contenere le angosce che devono essere quindi eliminate oppure evacuate in
modo immediato e totale. Anche Freud diceva che i bambini subiscono un transfert immediato e totale perchè hanno meno difese.

Com’è noto, il dissidio profondo che divideva Melanie Klein e Anna Freud aveva portato a una contrapposizione vera e propria delle due
scuole di psicoanalisi infantile. Al fine di favorire una comprensione reciproca tra i due gruppi venne organizzata una serie di incontri che
presero il nome di Discussioni controverse. L’esito delle discussioni fu il cosiddetto Gentlemen’s agreement che portò alla costituzione
di tre gruppi, separati ma conviventi nella stessa società: il gruppo A costituito dai seguaci della Klein, il gruppo B costituito dai seguaci
di Anna Freud e il Middle Group, il gruppo di mezzo costituito dalla maggioranza degli analisti della società che rimasero indipendenti.

Il concetto di fantasia inconscia è un concetto nuovo della Klein che caratterizza la sua descrizione dell’attività mentale fin dall’inizio
complessa, per cui c’è già alla nascita l’Io, ci sono gli oggetti con cui l’Io entra in rapporto e ci sono fantasie complesse su questi
rapporti con le angosce e le difese. La fantasia inconscia non è il fantasticare ad occhi aperti, ma rappresenta mentalmente le
attivazioni biologiche interpretate come relazioni con oggetti che causano tali attivazioni. E’ importante cogliere questa trasformazione
delle origine somatiche della fantasia inconscia: quando ha fame il bambino è in preda a sensazioni somatiche spiacevoli che egli
percepisce come un qualcosa dentro di lui intenzionato a farlo star male; al contrario, quando viene nutrito ha sensazioni somatiche
piacevoli che percepisce come qualcosa dentro di lui intenzionato a farlo star bene. Wssa viene, quindi, rappresentata come una
situazione in cui si manifestano la pulsione, la sensazione, il desiderio insieme con gli oggetti che possono o no soddisfarli e con le
capacità che l’Io ha di farvi fronte; una situazione complessa in cui c’è il bambino, c’è la sensazione che prova, c’è come lui la
percepisce, il vissuto che ha e l’idea di come e quanto è in grado di affrontarla.

L’Io precoce: secondo la Klein l’Io è presente fin dalla nascita, per cui il neonato reagisce agli stimoli non solo in modo reattivo, ma fa
esperienza delle sue sensazioni.
La Klein trova che le fasi dello sviluppo psicosessuale descritte da Freud non corrispondono alla realtà delle osservazioni cliniche.
Queste fase s’intersecano e soprattutto si manifestano molto precocemente. l’Edipo nella concezione della Klein diventa la dinamica più
precoce perchè riguarda il rapporto del neonato con il seno. Nello schema di Freud, il Super-io corrisponde alla coscienza morale che si
instaura dopo il superamento della fase edipica. Per la Klein l’angoscia viene vissuta per prima dal neonato. L’Io è in grado di provare
angoscia e di formare primitive relazioni di oggetto sia nella realtà che nella fantasia. Esempio: il neonato ha fame, c’è l’esperienza che
il bambino fa della fame, è un’esperienza di qualcosa dentro di lui che lo fa star male.
Non c’è l’idea del neonato legato a una persona, c’è però la percezione di se stesso in rapporto con qualcos’altro, con queste relazioni
buone o cattive, che si riferiscono a esperienze piacevoli, e relazioni che si riferiscono a esperienze spiacevoli.

Il concetto di Edipo precoce è stato fonte di molti dibattiti. L’Edipo, per lei, può essere precoce perchè riguarda il rapporto dell’Io del
neonato con i propri oggetti parziali, buoni e cattivi.
Per la Klein la mente del bambino e dell’adulto è piena di oggetti (metafora del teatro): c’è la mamma, c’è il seno della mamma, la
pancia, quello che sta dentro la pancia, il papà…
Gli oggetti possiedono un’esistenza propria dentro l’Io, L’Io non li controlla. Per la Klein fin dalla nascita c’è un Io, quindi c’è la possibilità
per il neonato di percepire e registrare le esperienze che fa. L’Io ha la capacità di introiettare e proiettare.
Le esperienze buone cerca di tenersele dentro e le esperienze cattive le butta fuori. Le esperienze reali con la mamma reale vengono
introiettate e costituiscono l’oggetto interno. Da questo punto di vista l’oggetto interno è uno specchio reale. Ma il bambino ha anche
esperienze brutte da cui si difende con la proiezione. La percezione della madre esterna reale viene modificata dalle proiezioni del
bambino e quindi introiettata per costituire l’oggetto interno.
Dato che la proiezione modifica la percezione che il bambino ha della mamma, che viene introiettata e fa parte della costituzione
dell’oggetto interno, questo vuol dire che il bambino, anche se sul momento si libera attraverso le proiezioni delle esperienze cattive, in
ogni modo se le ritrova dentro attraverso l’introiezione, e prima o poi deve riuscire a elaborarle.
Anche il lavoro terapeutico è interessato da questo meccanismo: bisogna riuscire a modificare la proiezione che il paziente ha già fatto
e che già distorce la sua percezione della realtà su cui sta costruendo il proprio mondo interno.
Per la Klein, quindi, la percezione della realtà è sin dall’inizio distorta. Si forma un circolo vizioso che si stabilisce lasciando libera la
proiezione di trasformare la realtà, che viene così introiettata trasformata. Questo circolo vizioso deve quindi essere spezzato. L’analista
deve affronatare la proiezione anche a costo di provocare l’angoscia, altrimenti la terapia non può essere efficace.
Il bambino deve sentirsi capito, si sente solo ed impotente, incapace di fare qualche cosa. Deve sentire che non è più solo, che c’è
qualcuno che lo capisce.
Per questo la Klein affermava che va colto il punto in cui l’angoscia emerge, perchè quello è il punto di crisi rispetto a cui la persona non
sa che fare e crolla.
Al contrario, Anna Freud affermava prudentemente che non bisogna analizzare questi bambini così piccoli perche hanno ancora in
corso lo sviluppo del loro rapporto reale con i genitori.

Freud ipotizza che lo sviluppo psicosessuale avvenga per stadi, uno sviluppo progressivo verso la maturità.
La Klein con l'osservazione di bambini sempre più piccoli si è trovata ad anticipare sempre di più la comparsa delle fasi scoprendo che
a un certo punto le fasi o gli stadi si sovrapponevano e si intersecavano. Per questo adotta il termine di posizione, per indicare un
insieme particolare di angosce, difese, fantasie e relazioni oggettuali esterne e interne.
Lo studio dello sviluppo del bambino, ha mostrato come esso sia molto più complesso di quanto si ritenesse.
Sin dall’inizio, prevale l'importanza della relazione con gli altri e con la madre, sulla quale nasce e si sviluppa la vita psichica che poi
continua ad evolvere attraverso le relazioni con gli altri.
Quando la Klein adottò il termine posizione, cominciò a descriverne varie, ma poi si ritrovò ad utilizzarne solo due che erano sufficienti a
descrivere le caratteristiche fondamentali della vita mentale delle persone.
La posizione depressiva è la posizione che promuove la crescita e che permette di affrontare i conflitti. La posizione paranoide-
schizoide è quella che permette di evitare il conflitto, di salvaguardarsi e di proteggersi dai conflitti, a costo però di saltare un passo
della crescita. Il ripetersi di simili salti provoca alla fine l'impoverimento delle strutture della personalità e aumenta la vulnerabilità alla
sofferenza, al conflitto, alla psicopatologia.
La posizione paranoide-schizoide, dal punto di vista evolutivo, corrisponde al primo tentativo del bambino di organizzare le proprie
percezioni interne ed esterne, le esperienze emotive e pulsionali secondo criteri di piacere/dispiacere, buono/ cattivo. Le esperienze di
piacere sono vissute come relazioni con un oggetto buono, bene intenzionato verso il bambino, mentre le esperienze di dispiacere
vengono percepite come relazioni con oggetti cattivi, male intenzionati nei suoi confronti. Il bambino cerca di controllare con il possesso
le esperienze buone (introiezione) e con l'espulsione quelle cattive (proiezione).
Gli oggetti sono parziali e hanno valore solo per la funzione che svolgono. L'angoscia dominante è persecutoria (minaccia contro di sé e
la propria sicurezza e integrità).
Le difese messe in atto sono: scissione, proiezione, idealizzazione, introiezione e identificazione proiettiva.
La scissione è il tentativo di separare le esperienze buone da quelle cattive. Rispetto ad un'esperienza dolorosa la prima difesa è
quella di costruire una trincea dentro la quale fare entrare solo quello che si può sopportare e fuori della quale buttare quello che non si
riesce a sopportare. Nella scissione, quello che viene buttato fuori si chiama proiezione, quello che viene trattenuto dentro attraverso
l’introiezione si chiama idealizzazione perché non è l'aspetto realistico dell'esperienza che si sta facendo, ma solo l'aspetto filtrato e
selezionato, l'unico tollerabile. L'identificazione proiettiva è il termine sotto il quale la Klein cerca di mettere insieme tutti questi
meccanismi.
Lo possiamo vedere come insieme di questi passi: minaccia, angoscia persecutoria, scissione, proiezione e identificazione con la
proiezione.
La caratteristica di questa posizione è evitare la sofferenza: un'organizzazione della mente mirata a proteggerci dal dolore, a evitare il
confronto con le esperienze dolorose che noi temiamo possono farci soffrire troppo. E’ un'organizzazione mentale che seleziona
l’esperienza, allontana e protegge dalle esperienze dolorose e cerca di trattenere quelle buone. Questa posizione in realtà protegge la
persona ma ne indebolisce la personalità e la vita mentale, e la costringe a dipendere sempre più fortemente dalla necessità di avere
esperienze buone eterne.
La posizione paranoide-schizoide dal punto di vista evolutivo è quella che compare per prima. Ma al di là dello sviluppo del bambino,
essa riguarda un problema a cui si trova di fronte ogni persona in qualsiasi momento della vita: la ricerca di esperienze buone che
danno piacere e l’evitamento delle esperienze negative che provocano dolore.
La posizione depressiva ha una caratteristica importante, ovvero che i sentimenti che si trovano sono rivolti all’oggetto, cioè alle
persone, e non solo alla funzione che esse svolgono. Nello sviluppo generalmente le esperienze buone prevalgono su quelle cattive
favorendo l’integrazione dell’Io. Questo avviene verso i 4-6 mesi. Questa posizione può essere definita come il rapporto del bambino
con la madre come oggetto intero, cioè con la madre come persona. Non solo il rapporto del bambino con la propria fame e con il latte
che lo nutre ma anche con la persona che glielo dà. Il bambino comincia a capire che le sue esperienze buone e cattive provengano
tutte dallo stesso oggetto e da lui stesso, dalla sua capacità insieme di amare ed odiare.
Questa rappresenta un grande cambiamento della vita emotiva, in seguito al quale non è più così semplice liberarsi dalle esperienze
cattive in quanto anche esse vengono a far parte dell’esperienza che il bambino ha con la madre.
Il conflitto è legato all'assenza e al timore della perdita dell’oggetto, alle relazioni (Edipo precoce) e all'ambivalenza del bambino. Il
bambino capisce che è la mamma che gli da il latte e lo fa star bene ma in altri momenti non glielo dà e lo fa star male.Ma il bambino ha
solo quella mamma e non può liberarsene, deve fare i conti con la mamma che in certi momenti è buona e in altri cattiva.
A quel punto il rapporto diventa essenziale per il bambino. La paura che allora prova è di poter perdere quel rapporto. La minaccia, la
sofferenza non è più legata solo a se stesso, ma è la minaccia di perdere il rapporto con l’oggetto.
E’ una posizione che permette al bambino di affrontare le esperienze emotivamente complesse della vita. Non solo di proteggersene,
ma di affrontarle e integrarle, elaborarle, dare loro un significato, senza temerle.
Quando l’angoscia è eccessiva, viene riattivata la difesa paranoide-schizoide, per evitare il dolore. La posizione depressiva di per sé
non offre difese.
Più esperienze emotive si tollerava, più esperienze frustranti si affrontano, meno si ricorre alla scissione e proiezione, più si
mantengono integrati gli oggetti con cui siamo in rapporto), più cresce il rapporto con la realtà. Per esempio, il bambino, quanti più
aspetti negativi riesce a tollerare nella mamma, tanto più riesce a percepirla com’è in realtà e ad avere con lei un rapporto sempre più
reale.
La Klein, infatti, ribalta la concezione freudiana. Secondo lei, è la capacità di mantenere il rapporto con la realtà che ci protegge
dall’angoscia, che invece ci sommerge quanto più questo rapporto viene allentato.

Il caso Richard
L'analisi si svolse nel 1941. Richard aveva 10 anni quando cominciò la sua analisi. I suoi sintomi si erano sviluppati al punto tale che gli
era diventato impossibile frequentare la scuola dall'età di otto anni, quando lo scoppio della guerra aveva aumentato le sue angosce.
Aveva molta paura degli altri bambini, e questo lo aveva portato a evitare sempre più di uscire da solo. Inoltre, fin da quando aveva
quattro o cinque anni, un'inibizione dei suoi interessi aveva suscitato grandi preoccupazioni dei suoi genitori. Oltre a questi sintomi, era
molto ipocondriaco e andava spesso soggetto a stati depressivi. Era un bambino infelice. Era incapace di stare con gli altri bambini,
mentre si trovava a suo agio con gli adulti. Alla sera aveva spesso paura che un uomo cattivo venisse a rapire la mamma durante la
notte.
L'analisi fu condotta per quattro mesi. Le varie vicende belliche si riflettono subito sulla situazione transferale, perché Richard sa che la
Klein è austriaca, sospetta che sia una nemica, non sa bene quanto fidarsi di lei.
Nei confronti della Klein si apre molto e stabilisce subito un rapporto profondo con lei.
Siamo a metà analisi, seduta 46ª: Richard si era messo a scarabocchiare il suo nome su tutto un foglio; poi lo ricoprì con ulteriori
scarabocchi, aveva cominciato a disegnare una corazzata, in cima a cui scrisseRodney; sotto disegnò un incrociatore più piccolo, e
ancora più giù un sottomarino. Su un'altra pagina scrisse ripetutamente il suo nome, ma non lo cancellò con scarabocchi. Uscì, prese
un bastone che aveva trovato in un angolo e lo lanciò contro la Klein, senza però colpirla. Prese, poi, a calci le seggioline mormorando il
nome del figlio e del nipote della Klein. Melanie Klein interpretò i suoi due ultimi disegni e disse che il primo, in cui aveva messo il
sottomarino sotto le navi, sembrava rappresentare un attacco di Richard ai suoi genitori. Aveva provato a realizzare un attacco diretto,
ma l’attacco si trasformava in un attacco segreto e nascosto.
Richard partecipa molto alle vicende della guerra, è preoccupato per il destino dell’Inghilterra e della sua famiglia.
Il nemico è il sottomarino tedesco. E’ insieme fedele e traditore perchè segretamente interessato alle vicende del nemico. Una
situazione di scissione, da una parte Richard, il bambino buono che vuole bene ai genitori; dall’altra il bambino cattico che li odia e li
vuole attaccare. Richard si sente diviso dai suoi sentimenti, prova amore verso di loro, è molto dipendente dalla madre. Tuttavia ha
paura che gli altri bambini possano scoprire che non è buono come sembra. Lui vuole far fuori tutti gli altri bambini ed essere l’unico per
i suoi genitori, vuole far fuori il papà per avere la mamma tutta per lui.
Per colpa di queste sue fantasie, non si sente in grado di fronteggiare gli altri e preferisce rimanere in casa.
Il disegno rappresenta la scissione, la proiezione, la parte aggressiva è messa nel sottomarino tedesco.
La sua proiezione, però, è una proiezione particolare.
Il sottomarino tedesco non è solo un nemico su cui Richard ha proiettato tutta la sua aggressività. Il sottomarino è l’aggressività di
Richard, i sui sentimenti. Questa è la differenza per cui la Klein introduce l’espressione ‘identificazione proiettiva’, cioè quello che viene
proiettato non sempre è completamente perso, ma certe volte rappresenta una parte essenziale della personalità del bambino per cui
continua a essere una parte scissa di se stesso. Le vicende del sottomarino tedesco sono vitali per Richard perché sono una parte di
lui. L’identificazione proiettiva, quindi, cerca di raccogliere in modo unitario una serie di angosce, difese nell'idea di suggerire che si tratti
di un meccanismo unico. E’ un tentativo di riconoscere i suoi sentimenti ostili, rabbiosi, di odio verso i genitori e verso gli altri, di
riconoscerli come propri, di non dover più nascondere e quindi di non doversi più nascondere nemmeno lui.
Verso la fine dell’analisi, Richard confronta il suo orologio con quello della Klein, e le chiede di inserire uno stesso orario.
L’interpretazione è che Richard è molto preoccupato che ci sia una differenza tra lei e lui. I due orologi ci sono incontrati e battono
stesso tempo; c'è stato un incontro, Richard non è più solo ma ha incontrato una persona che lo capisce.
Tra le ultime sedute, Richard aveva parlato degli attacchi alle città e alle navi tedesche, chiedendo poi alla Klein cosa pensasse di
Berlino. Richard quindi si preoccupa delle città tedesche bombardate e chiede alla clinica com’era Berlino: questa è la posizione
depressiva. La preoccupazione non solo della propria sicurezza, ma anche per l’oggetto, la persona con cui si è condivisa
un’esperienza che ha permesso di conoscersi meglio.
Durante l'analisi con Richard, la Klein non ha ancora coniato l’espressione ‘identificazione proiettiva’. Ne parla per la prima volta in Note
sui meccanismi schizoidi quando descrive la scissione delle parti cattive, la loro espulsione con odio e la proiezione dentro l’oggetto.
L’identificazione proiettiva è un meccanismo che permette la comunicazione di qualcosa che non può essere comunicato parole, di uno
stato d'animo che l'altro può riuscire a percepire. Quindi l'altro viene poi usato per contenere e per modificare l'esperienza emotiva
intollerabile, in modo da ritrovarla in una forma più mitigata. Ad esempio, il bambino piccolo corre, cade, batte il ginocchio, prova un
forte dolore e piange. Allora la mamma accorre, lo bacia e il dolore passa. L’esperienza del bambino è che la mamma è riuscita a
prendere e mandar via il suo dolore. Il bambino con l'aiuto della mamma ha potuto sentire che non c'era solo il suo dolore. Questo è il
modello sviluppato da Bion, il modello del contenitore/contenuto. Il contenuto è l’emozione, il contenitore è la persona che prova
l’emozione.
Quando il contenuto emozione fa esplodere il contenitore, il contenitore non riesce a tenersi dentro il dolore e ad elaborarlo, allora deve
intervenire un contenitore più capace, l’oggetto esterno con cui si è rapporto, la mamma.

La Klein in base alla propria esperienza con bambini e adulti ha elaborato anche un proprio modello della tecnica e della terapia
psicoanalitica che è stato assunto dalla sua scuola e che si è progressivamente differenziato dal cosiddetto modello classico. La
psicoanalisi kleiniana consiste nell'assumere un atteggiamento strettamente analitico basato sull'uso della sola interpretazione come
mezzo per alleviare e modificare l’angoscia. Tale adozione riguarda sia l'assetto mentale dell'analista sia l’organizzazione delle
condizioni della terapia: il setting. L'assetto mentale dell'analista deve essere disponibile a mantenere il contatto emotivo con il paziente
per coglierne la continua evoluzione nei fenomeni di transfert e controtransfert. Il setting fa riferimento ad un ambiente fisico e mentale,
predisposto affinché si possa sviluppare la psicoterapia. Si predispone un luogo fisico per sollecitare l’individuo, mentale perché si
predispone di uno spazio mentale occupato solo dal gioco e dal comportamento del bambino, ‘stare con lui’ fisicamente e mentalmente.
Non si deve tenere la mente occupata a come curare il soggetto, ma ci devono essere obiettivi, ma lasciare scorrere.
All’analista viene richiesto di concentrarsi solo sulla seduta e di fare sistematicamente spazio dentro di sè a quanto vi succede.
L’analista deve cercare di interferire il meno possibile con il processo analitico.

Capitolo 8- Wilfred Ruprecht Bion

Wilfred Ruprecht Bion è nato in India da una famiglia coloniale inglese. A otto anni fu inviato per gli studi in Inghilterra. Non tornò più in
India.
Nel 1916, diciottenne, partì volontario nel Royal Tank Regiment e combattè in Fiandra al comando di una brigata di carri armati.
Ritornato in Inghilterra si laureò in storia e poi medicina e si avvicinò alla psicoanalisi.
Ebbe in analisi il futuro premio Nobel per la letteratura, Samuel Beckett, che allora attraversava una grave crisi esistenziale e creativa.
Bion sposa l'attrice Betty Jardin e inizia l'analisi con John Rickman.
L'analisi fu interrotta dallo scoppio della seconda guerra mondiale. Bion ritornò nell'esercito ed ebbe l'incarico che portò al cosiddetto
esperimento di Northfield, un programma di cura e riabilitazione delle nevrosi di guerra, cioè dai soldati traumatizzati dagli eventi bellici.
Bion cercò di organizzarlo come una comunità terapeutica, riunendo i pazienti in gruppo per discutere insieme i loro problemi. Egli
inventò così una nuova tecnica terapeutica: la psicoterapia di gruppo basata sull'idea del gruppo senza leader. Bion riuniva i pazienti,
li lasciava liberi di discutere senza proporsi come guida e rimaneva in osservazione di quello che succedeva nel gruppo.
Così facendo si rese conto che in una situazione non strutturata i componenti del gruppo tendono a rivelarsi per quello che sono.
La moglie Betty era morta di parto mentre lui era in missione in Francia, lasciandogli la figlia Partenope. Bion inizia una terza analisi con
Melanie Klein nel 1945.
Bion diventa ora il più autorevole psicoanalista inglese. Si sposa con Francesca, sua collaboratrice e ha altri due figli, Julian e Nicola.
Nel febbraio del 1968, Bion ormai deluso dall'ambiente psicoanalitico inglese, accettò l'invito di un gruppo di psicoanalisti californiani e
si trasferì con la moglie a Los Angeles.
Nella sua prima opera, Esperienze nei gruppi, egli distingue i gruppi con il leader o senza leader: il leader può essere rappresentato da
una persona o da un compito da svolgere. Bion propone di chiamare gruppo di lavoro lo stato mentale che viene condiviso dai
componenti del gruppo quando essi si riuniscono con uno scopo organizzativo. Se il gruppo invece si riunisce senza leader cioè senza
un compito preciso da svolgere, allora lo stato mentale delle persone che partecipano a questa esperienza è del tutto diverso e
rappresenta uno spaccato profondo della vita affettiva delle persone stesse.
Bion osservò anche che c'erano delle configurazioni che si ripetevano in modo caratteristico che chiamò assunti di base. Gli assunti di
base sono tre:
1. ABD, assunto di base di dipendenza. Le persone che si uniscono in un gruppo dopo un po' cominciano a osservare che
l'esperienza che stanno facendo sembra non avere alcun senso. E’ lo stato mentale di chi, di fronte ai problemi, pensa che ci sia
qualcuno che provveda a risolverli o a trovare il modo in cui possono essere risolti.
2. ABF, assunto di base di attacco-fuga. le persone cominciano a pensare di avere un nemico da attaccare o da cui fuggire, qualcuno
o qualcosa responsabile della situazione in cui si trovano e che desiderano cambiare. Questo assunto di base consiste
nell'individuare il colpevole del problema, al di fuori o dentro il gruppo.
3. ABA, assunto di base di accoppiamento. Consiste nell'idea di mettersi insieme per far nascere qualche cosa di nuovo che
cambierà completamente la situazione.
Gli assunti di base rappresentano diverse modalità di avvitamento dell'angoscia legata alla difficoltà di fare un’esperienza, che è quella
stessa di stare in gruppo e di trovarvi un significato per ciascuno dei partecipanti.
Egli poi aggiungerà agli assunti di base che si manifestano, quelli che invece non si manifestano e che influenzano comunque il
comportamento. Gli assunti di base che non si manifestano sono più profondi, meno controllati, meno elaborati dal pensiero, quelli che
più direttamente influiscono sull’azione, sul comportamento spontaneo delle persone e che possono manifestarsi attraverso la
sofferenza psicosomatica.
In Attenzione e interpretazione, Bion parla dell'organizzazione mentale della psicosi, in particolare di identificazione proiettiva patologica
e descrive una situazione in cui l'angoscia esplode così violenta che può essere espressa dal paziente solo per mezzo in Improvviso e
assoluto silenzio.
In un esempio, A dice che egli non poteva comprare nessun gelato. Sei mesi più tardi dice che non può comprare neppure il gelato. Tre
giorni dopo fa riferimento al fatto che è troppo tardi per comprare il gelato: non ce n’è rimasto più. Due anni dopo dice di supporre che
non vi era nessun gelato. Se, quando questa tematica apparve la prima volta, Bion avesse saputo quello che ha scoperto dopo,
avrebbe potuto notare il tempo e luogo cui egli faceva riferimento; ma non lo sapeva e non potè prestare attenzione a quelle
proposizioni. Quando lo fece fu per l’interferire del tema ‘io grido’.
Fu ancora più tardi quando afferrò il significato di ‘nessun grido’. Ora sa che si tratta di un violento attacco lanciato contro un rapporto in
cui il legame tra due personalità era costituito da ‘io grido’. Questo legame è stato distrutto e il suo posto era stato preso da un ‘nessun
grido’. A era stato legato al suo oggetto da un seno buono (gli piaceva il gelato). Egli voleva poi attaccato e allora il suo posto come
legame era stato preso da un ‘io grido’. Quindi, Bion costruisce un modello unico di funzionamento della mente: la mente ha a che fare
continuamente con nuove esperienze che provocano un impatto emotivo, emozioni positive o negative. La mente può organizzarsi per
affrontare, raccogliere ed elaborare le nuove esperienze oppure può organizzarsi per proteggersi da esse e chiudersi dentro di sé. In
questo caso tutte le nuove esperienze emotive vengono attaccate e distrutte. Si tratta di un modello generale di funzionamento della
mente per cui quanto più si favorisce la capacità di avere un’ organizzazione mentale che si apre ed evolve, che è capace di digerire le
nuove esperienze, tanto più si va verso la crescita mentale. Quanto più invece si cede alla necessità di difendersi, di chiudersi e si
distruggono le nuove esperienze, tanto più si va incontro all’impoverimento della vita mentale stessa.
Quindi, c’è prima Ice cream, un'esperienza buona del paziente rappresentata da gelato. Ice cream però è anche I scream, io grido.
Esperienza bruna (l'incontro con il seno che nutre quando si ha fame) ha scatenato una reazione del paziente che grida, attacca e
distrugge. Non sappiamo perché, potrebbe essere avidità ( ovvero la persona non si è nutrita abbastanza) oppure invidia, rabbia, odio.
Possiamo però dire che la reazione del paziente è sta stata tale che ha attaccato e distrutto l'esperienza buona.
Bion ci fa capire l'angoscia dell'uomo moderno, il nulla senza senso.
I pazienti di Bion sopravvivono nel mondo senza senso: nessuna esperienza buona, una condizione disperata, ma protettiva. Si può
sopravvivere in un mondo in cui non ci sia nulla di vivo, di affettivo. Se non ci deve essere niente di buono, basta che ci sia una sola
cosa buona e tutto crolla. La cosa buona può essere la terapia stessa. Egli ha parlato di cambiamento catastrofico. Vi sono stati mentali
in cui è tollerabile che ci siano cose cattive ma è intollerabile che ci possono essere cose buone. La proposta stessa della terapia risulta
allora drammatica.
Di fronte a ogni esperienza emotiva che significa cambiamento, noi in un modo nell'altro siamo costretti a cambiare le nostre
concezione, i nostri pensieri, le nostre teorie sull’esperienza e cerchiamo continuamente di evitarlo: il cambiamento di per sè e un
momento di crisi.
Bion ha trattato i pazienti psicotici con una tecnica strettamente psicoanalitica.
Egli ha studiato le dinamiche della posizione paranoide-schizoide che emergono dal trattamento psicoanalitico di pazienti gravi. Mondi
affettivi e di pensiero caratterizzati dall'incapacità di tollerare la frustrazione, la sofferenza, l’angoscia e dalla necessità di ricorrere a
meccanismi di difesa sempre più potenti, quelli appunto messi in luce dalla Klein. Rispetto alla Klein, Bion aggiunge che le difese non
riguardano solo le emozioni, gli affetti, gli stati d’animo, ma anche le funzioni della mente a loro connesse.
Ad esempio: provo odio, non lo tollero, lo scindo da me e lo proietto (modello kleiniano).
Oppure: provo odio, non lo tollero, scindo da me la facoltà di percepirlo e quindi di percepire tutte le altre emozioni (modello bioniano).
Scindere e liberarsi, quindi, non solo del contenuto affettivo intollerabile, ma dell’apparato, della funzione che ce ne permette la
percezione. È come se la mente possa amputare se stessa. Se ci si libera della capacità di sentire emozioni, allora non si provano più
emozioni.
Nel paziente psicotico questi meccanismi si autoalimentano e si autoaggravano. Una volta installato il circolo vizioso della posizione
paranoide-schizoide, la mente si indebolisce sempre di più ed è quindi sempre più costretta a difendersi e a proteggersi dietro questi
meccanismi di difesa.
Mentre la personalità nevrotica ricorre alla difesa della rimozione, quella psicotica ricorre soprattutto all'identificazione proiettiva che
comporta la scissione e la proiezione di emozioni e di funzioni mentali del paziente al di fuori di lui e lontano da lui. In queste condizioni
il paziente diventa prigioniero di uno stato mentale il cui spazio è popolato dalle sue cose proiettate che gli sono diventate strane: gli
oggetti bizzarri.
Bion distinguere scissione e dissociazione. La scissione è un processo violento che provoca la frammentazione dell'oggetto che viene
disperso; la dissociazione invece è un processo meno violento che può preludere alla reintegrazione depressiva di quanto viene
dissociato.
Un paziente schizofrenico sente che gli stanno per venire le lacrime agli occhi. Bion sa che non è in grado di vivere i propri sentimenti e
gli fa notare che li sente come un qualcosa di estraneo. Il paziente non tollerare le parole di Bion, le proietta quindi fuori di sé le allucina.
Quando Bion insiste, il paziente scinde la sua stessa facoltà di percepire e non è più in grado di vedere nulla. Alla fine subentra la
consapevolezza della realtà che aiuta il paziente a contenere l'angoscia legata alla onnipotenza/ impotenza mentale.
La superbia. Secondo Bion, un atteggiamento mentale onnipotente/ impotente fatto insieme di superbia, curiosità e stupidità segnala la
presenza di una vera e propria catastrofe psicologica.
Attacchi al legame. La personalità psicotica compie attacchi distruttivi a qualsiasi cosa venga percepita come legame tra gli oggetti in
quanto potenzialmente pericoloso. Il legame da attaccare è lo stesso rapporto tra analista e paziente.
Una teoria del pensiero. Presenta la concezione della mente che Bion svilupperà nel seguito della sua opera. La mente è un apparato
predisposto a evolvere a contatto con le esperienze della realtà; il pensiero può avere funzioni modificative.
Commentario. Bion propone di distinguere la parte psicotica e la parte sana o nevrotica della personalità. In ogni personalità, c'è la
possibilità di vivere un'esperienza di chiusura difensiva facendo ricorso ai meccanismi della posizione paranoide-schizoide, oppure di
vivere una possibilità di apertura all’esperienza, apertura che può comportare la sofferenza di dover tollerare l’angoscia ma che assicura
la crescita mentale.
Bion, con i quattro libri citati, si impegna nel progetto molto ambizioso di cercare di capire le caratteristiche fondamentali dell'esperienza
psicoanalitica.
La griglia è una proposta di classificazione per organizzare l’osservazione di ciò che accade nella stanza di analisi. La trascrizione della
seduta è uno strumento deludente che manca di cogliere quello che sfugge al resoconto verbale.
Pensata per uso personale, la griglia si è poi sviluppata diventando uno strumento per classificare gli elementi e le funzioni dell'attività
mentale. La griglia si predispone di due coordinate: un asse verticale che è un asse genetico di elementi che si sviluppano l'uno
dall’altro (la nostra percezione del mondo); un asse orizzontale che, invece, è quello del significato, deluso e delle funzioni degli
elementi individuati dall'asse verticale..
L’asse verticale comprende otto file, dalla A alla H: A elementi beta; B elementi alfa; C pensieri onirici, miti e sogni; D preconcezione; E
concezione; F concetto; G sistema deduttivo scientifico; H calcolo algebrico.
L’asse orizzontale invece comprende sei o più colonne, da uno a sei: ipotesi definitorie, fi, notazione, attenzione, indagine, azione.
La grigia è costruita sull'ipotesi fondamentale, quella della funzione alfa, che indica la funzione della mente per cui gli elementi all’inizio
non mentali vengono elaborati e diventano alla fine elementi mentali. Essa indica la capacità della mente di mettere insieme le
impressioni sensoriali, di elaborarle e di dare un tono emotivo, piacere, dolore, all'attivazione sensoriale.
I prodotti della funzione alfa sono gli elementi alfa mentre gli elementi non mentali che vengono elaborati e trasformati dalla funzione
alfa sono gli elementi beta.
La funzione alfa, quindi, percepisce, registra, elabora queste impressioni sensoriali, dà loro una connotazione affettiva (buono,
piacevole, piacevole, cattivo) e ne fa un prodotto più complesso, gli elementi alfa. Quindi tali elementi sono le impressioni sensoriali e le
esperienze emotive trasformate in immagini, fantasie, pensieri onirici.
Poi abbiamo preconcezione, concezione, concetto.
Per preconcezione, Bion intende uno stato della mente di attesa selettiva di un’esperienza. Ad esempio, il neonato alla nascita ha già
un’aspettativa di incontrare un seno che lo nutre. È uno stato della mente potenziale che si realizza incontrando l'esperienza nella
realtà, diventando così una concezione.
Quando la preconcezione incontra l'esperienza adatta dà luogo ad una realizzazione e la concezione può essere elaborata in un
concetto. Ad esempio l'esperienza di essere nutrito può essere elaborata in un’ idea, l'idea della mamma. Quando le preconcezioni non
incontrano sufficienti realizzazioni positive i concetti che elaboriamo cominciano a essere negativi. Secondo Bion, quindi, la mente è
preorganizzata per affrontare le esperienze. Preconcezione, infatti, significa una concezione che precede l’esperienza. Una
preconcezione per diventare idea, ha bisogno di incontrare una realizzazione, cioè di incontrare nella realtà un'esperienza
corrispondente a questa preconcezione.
Poi l'ultimo gradino della complessità mentale: sistema deduttivo scientifico e calcolo algebrico che è il massimo dell’astrazione.
Vediamo ora l'asse orizzontale: ipotesi definitorie, fi, notazione, attenzione, indagine, azione.
Le ipotesi definitorie servono per riunire più elementi in modo coerente. Danno un senso a quello che accade; anche se si parla di un
senso negativo, perché anche un'ipotesi che definisce la negatività del mondo comunque permette di avere un'idea di mondo, un'idea di
rapporto con il mondo su cui cominciare a organizzarsi.
La seconda colonna: fi, corrisponde agli enunciati falsi usati per difendersi dall’angoscia. Si tratta di affermazioni atti a evitare di
prendere in considerazione gli elementi della realtà capaci di smentire le aspettative. E’ la categoria della falsità e della menzogna. La
falsità riguarda la limitatezza della nostra conoscenza che non permette di formulare completamente la verità (inconsapevole). Invece la
menzogna presuppone la conoscenza della verità che si cerca di evitare attraverso l'uso della menzogna stessa (consapevole).
Le colonne 3 notazione, 4 attenzione, 5 indagine rappresentano momenti di crescente complessità dell'attività mentale che elabora e
sostiene l'esplorazione e la conoscenza.
Poi la colonna 6, l’azione. Tutti gli elementi possono essere usati per capire oppure per agire, per modificare la realtà interna ed
esterna.
Nella teoria di Bion ci sono prima i pensieri ed è per pensarli che si costruisce la mente. Non c'è quindi una mente che produce pensieri
ma ci sono i pensieri e per elaborarli, contenerli, dare loro un significato, si sviluppa la mente.
Bion parla di pensieri senza pensatore, pensieri prima che vengano pensanti, pensieri selvaggi che la mente deve addomesticare per
riuscire a pensarli. Esistono anche pensatori senza pensieri, pensatori che hanno troppa paura di pensare e non fanno che pensare
quello che già è stato pensato da altri o da loro stessi, in altri momenti.

Un modello ancora più generale proposto da Bion è quello del contenitore/ contenuto. Si potrebbe trattare di un'emozione e della
persona che la prova; in tal caso l’emozione è il contenuto e la persona il contenitore. Oppure di un pensiero e della mente che lo
pensa; il pensiero è il contenuto e la mente il contenitore.
Bion individua tre modelli fondamentali di interazione.
Secondo il modello simbiotico, contenitore e contenuto entrano in relazione tra loro traendone reciproco vantaggio. Nell'esempio di
pensieri e mente, un pensiero nuovo arricchisce la mente che lo accoglie. Nell'esempio di emozione e persona, un'emozione vissuta
arricchisce la vita affettiva di una persona che così può accogliere la nuova emozione.
Nel modello conviviale contenitore e contenuto convivono senza influenza reciproca. Per esempio, un pensiero nuovo entra nella
mente, ma non entra in rapporto con gli altri contenuti della mente. La mente rimane immodificata rispetto al pensiero.
Il modello parassitario è quello in cui la relazione tra contenuto e contenitore porta alla reciproca distruzione. Ad esempio, un'emozione
nuova, la rabbia, può essere così forte che la persona non può provarla. L'emozione e la persona non si possono incontrare a meno di
distruggersi a vicenda perché la persona cercherà di distruggere l'emozione non potendola tollerare e l'emozione cercherà di escluderle
dentro. Oppure un pensiero nuovo può essere così sconvolgente che la mente cerca di cancellarlo.

Gli elementi costitutivi dell'esperienza analitica secondo Bion, sono:


-la relazione dinamica contenitore/ contenuto: il rapporto tra due persone, paziente e analista, per fornire un contenitore più ampio e
affidabile per quei contenuti che la mente del paziente da sola non è riuscita a contenere, quel dolore che non può essere sofferto, la
colpa che non può essere tollerata, il trauma che non può essere ricordato;
-l'oscillazione tra Ps e D, Ps <—>D: è al centro della vita mentale; per l'analista e per il paziente, significa poter tollerare l'angoscia e
non agire subito difensivamente ma lasciarsi il tempo per pensare e capire;
-il legame emozionale tra gli oggetti: si manifesta nell'esperienza emotiva dell'incontro tra due persone (due menti) oppure tra parti di
una persona (mente e corpo). I legami fondamentali sono tre: amore (L), odio (H) e conoscenza (K). Ciascuna esperienza emotiva ha il
suo contrario contrassegnato dal segno meno. Il contrario dell’amore, infatti, non è l’odio, ma la mancanza di amore. Anche la
conoscenza ha il suo contrario che è il desiderio di rimanere nell'ignoranza;
-la decisione di interpretare: gli oggetti psicoanalitici estendono nel campo del senso, in quello del mito e della passione. Il campo del
senso indica essi sono esperienze concrete vissute dal paziente e dall'analista nell'attualità della seduta;
-la concatenazione causale delle ipotesi: le interpretazioni possono essere considerate come teorie sostenute dall’analista riguardo
ai modelli del paziente. La funzione dell’interpretazione è soprattutto quella di promuovere il pensiero;
-la capacità di tollerare il dolore: non si riferisce solo alla tolleranza dell'angoscia da parte del paziente, ma soprattutto a quella
dell’analista, la capacità negativa di sopportare l’incertezza e l'insicurezza inerenti al suo ruolo e al suo lavoro;
-la premonizione: è il termine che si riferisce a qualcosa che deve ancora accadere e che si deve ancora manifestare: si associa a
incertezza e riguarda il futuro.

L'esperienza psicoanalitica può essere descritta come un processo di trasformazione. Il discorso del paziente è la trasformazione in
parole dei suoi pensieri e delle sue emozioni che sono allora volta il prodotto di trasformazioni di avvenimenti esterni o interni, passati o
presenti della sua esperienza. L'interpretazione dello psicoanalista è a sua volta la trasformazione in parole dei suoi pensieri e delle sue
emozioni, che sono a loro volta trasformazioni del rapporto condiviso con il paziente nella seduta di analisi.
Bion chiama O, l’esperienza iniziale, l'origine dei processi trasformativi. È la causa di ciò che siamo e di ciò che proviamo. È
l'esperienza del mondo di sensazioni, percezioni ed emozioni che si attivano a contatto con la realtà e che ci attivano nei nostri pensieri,
sentimenti, motivazioni e comportamenti.
Secondo lui, di fronte a O, si possono assumere tre atteggiamenti: conoscere O, cioè cercare di sapere il più possibile su O senza
viverlo, un modo di difendersi dall'esperienza che fa paura; essere in rivalità con O, cioè convincersi che c'è qualcosa di meglio che
affrontare il dolore dell’esperienza; e infine diventare O, che significa invece cercare di vivere le esperienze per quelle che sono,
raccogliendo emozioni, tollerandole, elaborandole, dando loro un significato, riconoscendole nella nostra storia e nella nostra vita.
Le trasformazioni a moto rigido sono quelle che non implicano eccessiva deformazione; le trasformazioni proiettive sono l'effetto
dell'identificazione proiettiva dentro la relazione contenuto/ contenitore; le trasformazioni in allucinosi invece sono quelle che avvengono
in assenza di un contenitore mentale, per cui vengono evacuate nella realtà sensoriale.
Per Bion, inoltre, è importante che l'analista freni sia la memoria che i desideri quando si manifestano attivamente in seduta e
rappresentano quindi in quel momento una distrazione e un allontanamento dall’osservazione dell’evoluzione della seduta stessa.
Bion propone una lettura originale, intensa e significativa di alcuni miti, come il mito di Edipo, il mito dell'albero della conoscenza nel
giardino dell’eden, il mito della torre di Babele, quello della profanazione del cimitero reale di Ur e quello della morte di Palinuro. I miti
sono modelli di esperienze emotive legate all’amore, all'odio e alla conoscenza.
L'ultimo opera di Bion è Memoria del futuro, una via di mezzo tra un romanzo e una sceneggiatura teatrale: un tentativo di
rappresentare la vita mentale come si manifesta nell'esperienza analitica.

DPTS —> Disturbo post traumatico da stress.


Nasce in seguito ad eventi bellici. Reduci di guerra sviluppano patologie a livello somatico.
DSM-5: manuale di disturbi mentali diagnostico, solo malattie psichiatriche.
ICD-10: classifica tutte le malattie.
Criteri diagnostici:
A. Esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, oppure violenza sessuale in uno o più dei seguenti modi:
1. fare esperienza diretta dell'evento traumatico;
2. assistere direttamente a un evento traumatico accaduto ad altri;
3. venire a conoscenza di un evento traumatico accaduto a un membro della famiglia oppure ad un amico stretto. In caso di morte
reale o minaccia di morte di un membro della famiglia o di un amico, l'evento deve essere stato violento o accidentale;
4. fare esperienza di una ripetuta o estrema esposizione a dettagli crudeli dell'evento traumatico ( i soccorritori che raccolgono resti
umani, agenti di polizia ripetutamente esposti a dettagli di abusi su minori).
B. Presenza di uno o più dei seguenti sintomi intrusivi associati all'evento traumatico che hanno inizio successivamente all'evento
traumatico:
1. ricorrenti, involontari e intrusive ricordi spiacevoli dell'evento traumatico;
2. ricorrenti sogni spiacevoli in cui il contenuto e le emozioni del sogno sono collegati all'evento traumatico;
3. reazioni dissociative ( flashback) in cui il soggetto sente o agisce come se l'evento traumatico si stesse ripresentando;
4. intensa o prolungata sofferenza psicologica all'esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simboleggiano o assomigliano a
qualche aspetto dell'evento traumatico;
5. marcate reazioni fisiologiche a fattori scatenanti interni o esterni che simboleggiano o assomigliano a qualche aspetto dell'evento
traumatico.
C. Evitamento persistente degli stimoli associati all'evento traumatico, iniziato dopo l'evento traumatico, come evidenziato da uno o
entrambi i seguenti criteri:
1. evitamento o tentativi di evitare i ricordi spiacevoli, pensieri o sentimenti relativi o strettamente associati all'evento traumatico;
2. evitamento o tentativi di evitare fattori esterni (persone,luoghi, conversazioni, oggetti) che suscitano ricordi spiacevoli, pensieri o
sentimenti relativi o strettamente associati all'evento traumatico.
D. Alterazioni negative di pensieri ed emozioni associati all'evento traumatico iniziate o peggiorate dopo l'evento traumatico, come
evidenziato da due o più dei seguenti criteri:
1. incapacità di ricordare qualche aspetto importante dell'evento traumatico (dovuta tipicamente ad amnesia dissociativa);
2. persistenti ed esagerate convinzioni o aspettative negative relative a se stessi, ad altri o al mondo (‘ io sono cattivo’, ‘ non ci si può
fidare di nessuno’, ‘ il mondo è pericoloso’);
3. persistenti, distorti pensieri relativi alla causa o alle conseguenze dell'evento traumatico che portano l’individuo a dare la colpa a se
stesso oppure agli altri;
4. persistente stato emotivo negativo;
5. marcata riduzione di interesse e partecipazione ad attività significative;
6. sentimenti di distacco o di estraneità verso gli altri;
7. persistente incapacità di provare emozioni positive.
E. Marcate alterazioni dell’arousal e della reattività associati all'evento traumatico iniziate o peggiorate dopo l'evento traumatico, come
evidenziato da due o più dei seguenti criteri:
1. comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia tipicamente espressi nella forma di aggressione verbale o fisica nei confronti di
persone o oggetti;
2. comportamento spericolato o autodistruttivo;
3. iper vigilanza;
4. esagerate risposte di allarme;
5. problemi di concentrazione;
6. difficoltà relative al sonno.
F. La durata delle alterazioni (criteri B, C, D, E) è superiore a un mese.
G. L'alterazione provoca disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre
aree importanti.
H. L’alterazione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (farmaci, alcol) o a un'altra condizione medica.

Depersonalizzazione: persistenti o ricorrenti esperienze di sentirsi distaccato dai propri processi mentali o dal proprio corpo
(sensazione di essere in un sogno, sensazione di irrealtà di se stessi e del proprio corpo);
Derealizzazione: persistenti o ricorrenti esperienze di irrealtà dell’ambiente circostante (il mondo intorno all’individuo viene da lui
vissuto come irreale, distante e distorto).

DSPT NEI BAMBINI SOTTO I 6 ANNI


A. Nei bambini sotto i sei anni, esposizione a morte reale o minaccia di morte, grave lesione, oppure violenza sessuale in uno o più dei
seguenti modi:
1. fare esperienza diretta dell'evento traumatico;
2. assistere direttamente ad un evento traumatico accaduto ad altri, in particolare ai caregiver primari;
3. venire a conoscenza di un evento traumatico accaduto a un membro della famiglia oppure a una figura di accudimento.
B. Presenza di uno o più dei seguenti sintomi intrusivi associati all'evento traumatico, che hanno inizio successivamente all'evento
traumatico:
1. ricorrenti, involontari e intrusivi ricordi spiacevoli dell'evento traumatico;
4. ricorrenti sogni spiacevoli in cui il contenuto e le emozioni del sogno sono collegati all'evento traumatico;
5. reazioni dissociative in cui il bambino sente o agiscecome se l'evento traumatico si stesse ripresentando. La riattualizzazione
specifica del trauma può verificarsi nel gioco;
6. intensa o prolungata sofferenza psicologica all’esposizione a fattori scatenanti interni o esterni che simboleggiano o assomigliano a
qualche aspetto dell'evento traumatico;
7. marcate reazioni fisiologiche in risposta a fattori che ricordano l'evento traumatico.
C. Uno dei seguenti sintomi, che rappresentano persistente evitamento degli stimoli associati all'evento traumatico o alterazioni
negative di pensieri ed emozioni associati all'evento traumatico, devono essere presenti, iniziati o peggiorati dopo l'evento traumatico.
Persistente evitamento degli stimoli: 1. evitamento o tentativi di evitamento di attività, luoghi o fattori fisici che suscitano ricordi
dell'evento traumatico; 2. evitamento o tentativi di evitamento di persone, conversazioni o situazioni interpersonali che suscitano ricordi
dell'evento traumatico.
Alterazioni negative della cognitività: 3. sostanziale aumento della frequenza di stati emotivi negativi; 4. marcata diminuizione di
interesse o partecipazione ad attività significative, 5. inclusa la limitazione del gioco; 6. comportamento socialmente ritirato; 7.
persistente riduzione dell’espressione di emozioni positive.
D. Alterazioni dell’arousal e della reattività associate all'evento traumatico, iniziate o peggiorate dopo l'evento traumatico, come
evidenziato da due o più dei seguenti criteri:
1. Comportamento irritabile ed esplosioni di rabbia tipicamente espressi nella forma di aggressione verbale fisica nei confronti di
persone o oggetti;
2. ipervigilanza;
3. esagerata risposta di allarme;
4. problemi di concentrazione;
5. difficoltà relative al sonno.
E. La durata delle alterazioni è superiore a un mese;
F. L’alterazione provoca disagio clinicamente significativo o compromissione nella relazione con genitori, fratelli, coetanei o caregiver,
oppure nel comportamento scolastico.
G. L’alterazione non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza.

Capitolo 9- Winnicott e altri

Donald Winnicott è stato un pediatra e ha lavorato a lungo presso l'ospedale di Londra. Ha indagato soprattutto il rapporto madre-
bambino che ha considerato come un vero e proprio nucleo da cui nasce lo sviluppo della mente.
Fu vicino alla Klein, ma rimase indipendente e fece parte del Middle Group.
La sua seconda moglie Clare Britton fu in analisi con la Klein e divenne anche lei psicoanalista infantile.
Lo sviluppo del bambino, dall'illusione della fusione con la madre fino all'individuazione autonoma, viene sorretto dalla capacità di
holding, la funzione di sostegno e di contenimento fisico ed empatico da parte della madre. Questo permette al bambino di passare
dallo stato iniziale di dipendenza assoluta dall'oggetto materno a una graduale acquisizione di indipendenza. Il bimbo può così
rinunciare alle sue fantasie onnipotenti (il mondo esterno vissuto come propria creazione) e può cominciare a riconoscere forme iniziali
dell'altro da sè.
Nella teoria di Winnicott, infatti, centrale è il concetto di dipendenza, ovvero il bambino è alla nascita un soggetto dipendente
dall'ambiente in cui accresce il suo sviluppo. La dipendenza si divide in tre momenti:
-dipendenza assoluta (fino al sesto mese), dove l’ambiente è responsivo per cogliere e soddisfare i bisogni del bambino. C'è il bisogno
non solo di essere nutrito, ma anche di sviluppare la copertura dell’io;
-dipendenza relativa (dai sei mesi ai due anni), in cui il bambino inizia ad acquisire una certa autonomia;
-verso l’indipendenza, in quanto il soggetto non si libera mai completamente della dipendenza dall’ambiente.
Caratteristica della prima fase è la preoccupazione materna primaria, ovvero uno stato psicofisico che si sviluppa nella gravidanza, in
cui la mamma crea una comunicazione inconscia con il bambino e si preoccupa solo per lui. Poi subentrato il deadattamento, in cui lo
stato di fusione si sgancia e la mamma ritorna ad interessarsi ad altre cose e il bambino inizia a fare le cose da solo. Il deadattamento
quindi favorisce il passaggio dalla dipendenza assoluta a quella relativa.
Winniecott ha osservato che quando il bambino si prepara per dormire comincia a mettere il pollice in bocca e spesso con le altre dita si
accarezza il viso e con l'altra mano comincia a stringere qualcosa come un pezzetto del lenzuolo. E’ l'inizio dell'oggetto transizionale,
un oggetto che il bambino usa come difesa contro l’angoscia e con cui gioca come una propria creazione. L'oggetto transizionale è un
ponte che garantisce un avvicinamento alla realtà non troppo traumatico, cui il bambino può ricorrere per non soccombere all'angoscia
quando, ad esempio, la madre si allontana. Funzione analoga avranno lo sviluppo successivo della personalità il gioco e il disegno.
Egli inoltre parla di una terza area dell’esperienza, area in cui il soggetto non si pone il problema di distinguere ciò che è reale dal ciò
che è immaginario. E’ attraverso il gioco infantile e gli oggetti transizionali che il bambino inizia a crearsi quest’area.
Con i bambini tra i 5 e i 13 mesi, Winnicott usava il gioco dell’abbassalingua. Mentre parlava con la madre che teneva in braccio il
bambino, egli metteva sulla scrivania alla portata del bambino un'abbassalingua e osservava il suo comportamento. Il bambino è subito
attratto dall'oggetto e avvicina la mano, poi esita e guarda gli adulti, quindi prendere l’abbassalingua e ci gioca, mettendolo in bocca e
buttandolo per terra.
Questo gioco permette di valutare la capacità del bambino di provare interesse e di manifestarlo interagendo con le figure genitoriali.
Con i bambini più grandi Winnicott usava il gioco dello scarabocchio: dopo aver invitato il bambino a giocare con lui, iniziava uno
scarabocchio, lasciava che il bambino intervenisse e quindi i due proseguivano alternandosi a vicenda. In questo modo egli poteva
cogliere le emozioni e lo stato d’animo del bambino in una forma fin dall'inizio partecipe e creativa.
Per quanto riguarda lo sviluppo affettivo primario, le cure fornite al bambino da un ambiente soddisfacente (madre, famiglia) portano allo
sviluppo sano del Sè e all'acquisizione della sicurezza. Di fronte invece ad una carenza delle cure materne, il bambino si difende
edificando un falso Sè che funziona come schermo protettivo dall’ambiente e che nasconde il vero Sè, proteggendolo dalla sofferenza.
Questo tipo di personalità sarà dominato successivamente dalla paura del crollo, un'angoscia capace di paralizzare l'intera vita emotiva.
Questo fa riferimento alla situazione traumatica di carenza precoce delle cure materne che è stata non tanto rimossa quanto non
vissuta. Il falso Sè comportato un senso di irrealtà e di inutilità.
Per quanto riguarda la terapia, Winnicott ha dato importanza alla creazione dello spazio transizionale che permette lo sviluppo del
processo di comunicazione tra persone.
Il setting della situazione psicoanalitica corrisponde alle cure materne. Con le sue caratteristiche di certezza e affidabilità, fornisce il
contenimento e sostegno di cui il paziente ha bisogno, soprattutto il paziente che ha sofferto di gravi carenze delle cure materne, vale a
dire dell'essere sostenuti (holding) e manipolati (handling) dalla madre. In questi casi il paziente risulta esposto a grandi angosce
(agonie primitive) come sentire di disintegrarsi, andare in pezzi, perdere il senso della realtà, non riuscire a entrare in rapporto con gli
altri. L’insufficienza delle cure materne primarie comporta, oltre all'organizzazione difensiva di un falso Sè, anche l'uso difensivo
dell’intelligenza, scisso dalla vita emotiva. Il bambino, quindi, sviluppa un buon apparato mentale che può diventare il sostituto delle
cure materne e dell’adattamento. Il bambino fa da madre a se stesso.
Winnicott seguiva i bambini adattando il setting ai loro bisogni, fissando le sedute su richiesta del bambino.

La psicoanalisi in Francia

La principessa Bonaparte—> Era pronipote del fratello di Napoleone. Fu in analisi con Freud, del quale divenne traduttrice, amica,
confidente e protettrice.
Marguerite Sechehaye—> Fu una pioniera del trattamento psicoterapeutico della schizofrenia. In un suo scritto raccontò la cura della
diciottenne Renèe con un metodo che definì come realizzazione simbolica. La madre di Renèe era stata ricoverata in ospedale
psichiatrico quando la figlia era ancora piccola. Per questo, ella venne ricoverata e affidata alla Sechehaye che cercò di entrare in
contatto con lei gratificando simbolicamente i suoi bisogni affettivi. Aveva adottato quindi un atteggiamento materno di sostegno e
riparazione (maternage).
Jacques Lacan—> Ha proclamato la necessità del ritorno a Freud, al primo Freud, quello della rivoluzione copernicana della scoperta
dell’inconscio.
Egli abbandona le tecniche formali del setting, facendo in modo che ogni seduta fosse molto breve. Questo provocò la sua espulsione
da parte dell'associazione psicoanalitica internazionale. Secondo lui soggetto è irrimediabilmente alienato e l’Io è una costruzione
immaginaria a partire dallo stadio dello specchio quando il bambino tra i sei e i diciotto mesi arriva a riconoscere la propria immagine
riflessa nello specchio con cui si identifica (identificazione primaria). A essa segue poi l’identificazione duale con la madre mentre il
padre interviene come terzo. Con l'ordine simbolico si accede alla società in cui riconoscersi ed essere riconosciuto come soggetti.

La psicoanalisi in Italia

La Società psicoanalitica italiana fu fondata inizialmente nel 1925 a Teramo da Marco Levi Bianchini. Venne poi rifondata a Roma nel
1932 da Edoardo Weiss, Nicola Perrotti, Emilio Servadio, Cesare Musatti e Alessandra Wolff Tomasi di Palma. Nel 1938 fu sciolta dal
fascismo, Weiss emigrò in America, Servadio in India, Perotti e Musatti continuarono la loro attività in forma clandestina.
Eugenio Gaddini—> Fu allievo di Servadio, sposò Renata De Benedetti e insieme studiarono un raro e grave disturbo dell'alimentazione
del lattante, il mercismo o ruminazione. Il disturbo si manifesta dopo un brusco divezzamento: il lattante inizia stimolare in modo ritmico
l’interno del palato con il pollice provocandosi il rigurgito del latte in bocca con apparente benessere e interruzione del contatto con il
mondo esterno. Egli ipotizzò che questo comportamento fosse accompagnato da una fantasia di imitazione dell'allattamento interrotto.
L’imitazione è una difesa, evita la frustrazione attraverso l'illusione della continuità con l'oggetto e la negazione della separazione.
Ignacio Matte Blanco—> Ha utilizzato la matematica, in particolare la teoria degli insiemi e la logica simbolica, per chiarire la struttura
dell’inconscio e quindi la funzione della mente e la natura delle emozioni. Introduce il principio di generalizzazione e quello di simmetria.
Secondo il principio di generalizzazione, il sistema inconscio tratta una cosa individuale come elemento di un insieme e tratta questo
insieme come sottoclasse di una classe più generale e così via. Secondo il principio di simmetria, il sistema inconscio tratta tutte le
relazioni, anche quelle asimmetriche, come se fossero simmetriche.
Armando Bianco Ferrari—> Definisce il corpo come oggetto originario concreto: oggetto perché non è il prodotto di un processo
mentale, concreto in quanto realtà fisica e originario in quanto all'origine dei processi stessi di pensiero. L’OOC è un'unità costituita dal
corpo, dalle sensazioni che da questo corpo provengono e da un apparato mentale che le percepisce e le elabora. Si stabilisce così una
relazione dinamica tra le sensazioni e i processi di pensiero.
La teoria dell’attaccamento—> Trae origine dal lavoro di ricerca di John Bowlby. I sistemi di attaccamento sono sistemi di regolazione
del comportamento individuale presenti fin dall'inizio della vita che hanno lo scopo di cercare e di mantenere il contatto con una persona
specifica in modo da garantire la sicurezza. Consiste nell'usare la figura di attaccamento come base sicura per l’esplorazione e porto di
salvezza in caso di pericolo. È stato studiato attraverso un esperimento: la Strange Situation. Si tratta di una sequenza di otto episodi
che provocano crescente disagio nel bambino:
-la madre e il bambino sono portati nella stanza di laboratorio;
-la mamma finge di leggere;
-un'estranea entra, si siede e parla prima alla madre e poi al bambino, distraendolo;
-la madre lascia la stanza senza farsi notare;
-la madre ritorna e l'estranea se ne va;
-la madre lascia il bambino solo nella stanza;
-l'estranea rientra;
-anche la madre ritorna.
Ogni episodio dura tre minuti, ma tutta la sequenza viene interrotta se il bambino mostra troppa ansia. La seduta viene videoregistrata e
valutata rispetto al mantenimento del contatto, l’evitamento, la ricerca della madre assente, l'interazione a distanza. In base a questo si
sviluppano poi: l'attaccamento sicuro, il bambino esplorare liberamente in presenza della madre, reagisce poco alla separazione ed è
confortato dal suo ritorno, cerca attivamente il contatto e l'interazione con lei, dimostra così fiducia nella disponibilità e nel sostegno del
genitore; attaccamento insicuro, il bambino gioca ed esplora in modo sostanzialmente indipendente dalla presenza della madre, non
reagisce alla separazione e ignora la madre o ne evita il contatto fisico; ambivalente, il bambino non è libero nel gioco e
nell’esplorazione, ha difficoltà alla separazione e anche a calmarsi dopo il ricongiungimento, alterna contatto e rifiuto.
In una successiva revisione, hanno definito un quarto tipo disorganizzato/ disorientato, il bambino mostra confusione nel
comportamento di ricongiungimento con la madre, con movimenti incompleti, contraddittori e alternanza di emozioni. Crescendo, il
bambino sicuro mostrerà a sei anni una comunicazione più libera con il genitore; quello ambivalente sarà invece insicuro e facilmente
ostile; quello evitante tenderà a tenerlo a distanza; quello disorganizzato tenderà infine a controllarlo secondo modalità disturbate.

La psicoanalisi in America

George Klein—> Individuò nella metapsicologia l’elemento troppo teorico della costruzione freudiana, dando così più importanza
all'esperienza del lavoro analitico. Propose il concetto di stile cognitivo per descrivere la configurazione delle modalità personali di
percepire, elaborare e comunicare informazioni come una caratteristica strutturale della persona.
Selma Fraiberg—> Si dedicò allo studio dei problemi dello sviluppo psicologico di un gruppo di 27 bambini ciechi di età compresa fra i
3-14 anni. Il bambino cieco si sente in contatto con la madre solo toccandola o sentendola. Fece anche uno studio su 12 bambini
maltrattati o abusati e notò che l’evitamento si manifestava già a tre mesi; i bambini evitavano lo scambio visivo con la madre abusante,
non sorridevano in risposta alla sua voce, non lo cercavano per essere confortati.
Heinz Kobut—> Si è interessato allo studio del narcisismo. I pazienti affetti da narcisismo lamentano sentimenti di vuoto e inutilità,
provano vergogna e autodisprezzo e presentano comportamenti di iperattivazione volti a colmare il vuoto interno; hanno un estremo
bisogno di conferme da parte degli altri. Quindi, uno stato di sofferenza dovuto alla fragilità e alla scarsa coesione del Sè. Il paziente
narcisista cerca di proteggere e ristabilire il proprio fragile equilibrio narcisistico mantenendo con immagine grandiosa ed esibizionistica
del Sè che egli chiama Sè grandioso e trasferendo questi aspetti a un oggetto Sè ammirato e onnipotente: oggetto-Sè idealizzato.
All'inizio il bambino ha bisogno di mostrare le sue capacità e di essere ammirato, esprimendo così la sua grandiosità (Sè grandioso).
Più tardi a bisogno di formare un'immagine idealizzata di un genitore e di sperimentare un senso di fusione con un oggetto-Sè
idealizzato. Attraverso tale esperienza, il bambino sviluppa una struttura psichica permanente, il Sè sano e coesivo (Sè nucleare).
Joseph Lichtenberg—> Delinea cinque sistemi, ogno dei quali corrisponde ad un bisogno fondamentale: il bisogno della regolazione
fisica delle attivazioni fisiologiche (mangiare ed eliminare, calma e pianto, veglia e sonno); il bisogno dell’attaccamento-affiliazione
(l'esperienza di stare con l’altro); il bisogno esplorativo-assertivo (il bambino sperimenta con piacere un senso di efficacia e di
competenza che lo rende consapevole di essere l'agente causale); il bisogno della reazione aggressiva attraverso l'antagonismo o il
ritiro; il bisogno del piacere sensuale e dell'eccitazione sessuale.
Stephen Mitchell—> Ha cercato di elaborare una proposta integrativa tra gli aspetti relazionali (come il riconoscimento, l’attaccamento)
e le motivazioni più classiche come l’amore, l’odio, il mantenimento della coerenza del sè, la speranza. Ha proposto uno schema
evolutivo dello sviluppo della mente relazionale: il comportamento non-riflessivo, che sta alla base dell'interazione tra le persone; la
permeabilità affettiva, cioè l'esperienza di condivisione di alcuni stati affettivi; le configurazioni Sè-altro, l'insieme delle rappresentazioni
di sè in rapporto all’altro; l’Intersoggettività, vale a dire l'esperienza relazionale di sé con gli altri accompagnata dal riconoscimento della
distinzione e dell'intenzionalità autoriflessiva.
Teoria del campo—> E’ stato proposto dalla psicologia della Gestalt, del primo novecento. Successivamente Kurt Lewin l’ha sviluppata
nella psicologia sociale per indicare l'insieme organizzato del gruppo. La teoria del campo è stata applicata alle dinamiche di gruppo per
indicare il lavoro di trasformazione del gruppo stesso come se fosse dovuto a una mente estesa e multipla non individuale.

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