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INTRODUZIONE

❖ PSICOLOGIA = studio della psiche, lo psicologo è un ricercatore.


❖ PSICOTERAPIA (PSICHE + TERAPIA) = significa cura della psiche, la radice greca della parola terapia significa aiutante,
compagno, servitore. → quindi PSICOTERAPEUTA = colui che serve, aiuta e sostiene la psiche. La psicoterapia a differenza
della psicologia necessità di capacità relazionali ed esperienziali più vaste che permettono di entrare in contatto con l’altro
❖ PSICHIATRIA = cura medica, presuppone la presenza di malattia
❖ PSICODINAMICA (PSICHE + DINAMICA, che derivata di forza) = prospettiva della psicologia che indaga la psiche nei termini di
forze che agiscono al suo interno, in termini di spinte (motivazioni) e conflitti

Le terapie psicodinamiche mirano a rafforzare le capacità del paziente di comprendere le motivazioni, le emozioni e i significati
relativi alle esperienze soggettive, il proprio ed altrui comportamento e la relazione tra di essi.
Il focus della terapia psicodinamica si muove intorno alle cause del comportamento, alle motivazioni del paziente, alle relazioni e
alle emozioni.

ESCURSUS STORICO

▪ CONTROVERSIA GASSNER E MESMER 1775 = Ellemberger indica nel 1775 la data simbolica di origine della psicologia dinamica
dove avvenne la controversia tra Gasser (=prete esorcista che riteneva che gli equilibri della psiche derivassero da una
possessione diabolica) e il medico tedesco Mesmer (riteneva che le malattie derivassero da uno squilibrio di un ipotetico
fluido distribuito all’interno del corpo umano: “magnetismo animale” che poteva essere sbloccato e redistribuito attraverso
l’uso di calamite) → la controversia portò ad una affermazione di Mesmer, la scienza vinse per la prima volta sul religioso.
Nonostante nel 1784 una commissione scientifica decretasse l’inesistenza di tale fluido, il MESMERISMO continuò ad essere
una pratica molto diffusa per tutta Europa (l’utilizzo della tecnica da parte di ciarlatani portò poi al decadimento della
pratica).
Il marchese di Puyseguir, seguace e sostenitore, fu il primo ad indurre durante le sedute una forma di trance di “sonno
magnetico” che denominò “sonnambulismo artificiale” → comprese che il ruolo decisivo di alcuni successi del mesmerismo
era determinato in realtà dall’influsso della SUGGESTIONE MENTALE e non dal fluido
▪ JAMES BRAID E IPNOSI = medico considerato il padre dell’ipnotismo, comprese che il sonno magnetico non era indotta dal
mesmerista ma poteva essere generato da una tecnica: concentrazione dell’attenzione su un oggetto o dalla fissazione di una
fonte luminosa → chiamò questa tecnica IPNOTISMO. Il fatto che fosse un medico e il fatto che potesse replicare la tecnica
fece accettare la disciplina come vera e propria pratica medica → la seconda metà dell’800 è caratterizzata dallo sviluppo
degli studi sull’ipnotismo
▪ RIVALITA’ SCUOLA DI NANCY (Lièbeault e Bernheim) E SCUOLA DI PARIGI (Charcot) = le differenze di queste due scuole si
inceravano sulle caratteristiche dei soggetti ai quali era possibile indurre lo stato ipnotico: per Charcot l’ipotizzabilità era
legata alla presenza di isteria (patologia ereditaria e non psicogena); per Bernheim l’ipotizzabilità era legata alla suggestione
del soggetto; quindi, considerava l’ipnosi un fenomeno psicologico più che qualcosa derivante da una patologia. il merito di
quest’ultimo fu quello di indurre una “suggestione ipnotica in stato di veglia” che consentiva di conservare il ricordo di quanto
emergeva sotto ipnosi → chiamò questa pratica psicoterapia
▪ PIERRE JANET = si interessò agli isterici, individuò l’”automatismo psicologico”, ovvero atti automatici e involontari legati ai
traumi del passato che indicavano la presenza di contenuti psichici distaccati dalla coscienza → intuì il meccanismo di
DISSOCIAZIONE DEI TRAUMI, comprendendo il meccanismo per cui eventi traumatici non sostenibili dalla coscienza subivano
il meccanismo di dissociazione, riteneva (diversamente da Freud) che fossero i traumi reali e non conflitti interiori a
determinare il disagio psichico. Coniò pure il termine subconscio e l’espressione analisi psicologica

Guardiamo ora Freud e i principali autori nel campo della psicanalisi e psicologia dinamica

FREUD E LA PSICANALISI
Freud frequentò sia la scuola di Parigi che di Nancy, dove apprese il rudimento dell’ipnosi e cominciò ad utilizzarli per curare le pz
isteriche insieme a Breuer. Questo lo porta allo sviluppo di una pratica oggi nota come PSICOANALISI, forma originaria più nota e
l’accezione più ampia di quelle che sono le psicoterapie dinamiche.

La grande forza del pensiero di Freud fu quello di evidenziare in modo pragmatico alcuni fenomeni attraverso cui la presenza di
processi mentali inconsci si palesa: libere associazioni, sogni, atti mancati e lapsus

La tecnica piano piano si consolidò anche attraverso la diffusione degli scritti e dell’insegnamento, il movimento ebbe quindi la
necessità di strutturare una ortodossia del trattamento, da qui alcuni tra i seguaci più brillanti come Adler, Jung, Rank, Reich
Ferenczi si distanziarono o furono allontanati proprio a causa di divergenze teoriche e l’utilizzo di alcune pratiche non ortodose
derivanti da alcune loro intuizioni rivelatosi poi prolifiche.
Alcune generali caratteristiche della psicoanalisi delle origini:
• Unidirezionalità dell'intervento: dal medico verso il paziente (oggetto del trattamento).
• L'analista è uno «specchio» ovvero non deve avere un ruolo attivo nella relazione (posizione dietro il lettino). Nessuna
importanza del terapeuta reale.
• Analisi delle resistenze (meccanismi di difesa) e interpretazione sono i principali interventi terapeutici.
• Obiettivo è inizialmente l’emersione di ricordi infantili rimossi e i vissuti conflittuali ad essi connessi. Progressivamente Freud
e i suoi seguaci si rendono conto che l’emersione di ricordi è resa possibile da un rafforzamento e consolidamento dell’Io
che, diversamente da quello infantile, può adesso sostenerli.
• I trattamenti psicoanalitici delle origini in genere avevano una breve durata (da alcune settimane ad alcuni mesi); solo
successivamente divennero più lunghi ed impegnativi. Si può inferire che la direttività e probabilmente le suggestioni da
parte del terapeuta dovevano aver un ruolo importante in queste prime fasi.

PUNTI FONDAMENTALI DELLA DOTTRINA DI FREUD

IPNOSI CATARTICA
In “studi sull’isteria” (Breuer, Freud) si ricostruisce il trattamento della pz isterica Anna O di Breuer → punto di partenza di quella
che sarebbe diventata la psicoanalisi. L’ipnosi veniva utilizzata al fine di superare le difese della coscienza vigile e raggiungere le
emozioni traumatiche rimosse che generavano i sintomi → attraverso la CATARSI (liberazione emozionale favorita dall’ipnosi) si
poteva ottenere la liberazione dai sintomi isterici. La pz sviluppò in seguito innamoramento e gravidanza isterica nei confronti di
Breuer, questo consentì a Freud di ipotizzare per la prima volta l’esistenza di FENOMENI DIFENSIVI TRANSFERALI (**vedi caso
Dora**)

L’ipnosi catartica presentava alcuni punti deboli:


• Il beneficio era limitato nel tempo → sorge quindi la necessità di mantenere sul piano vigile (della coscienza) la
consapevolezza raggiunta dallo stato ipnotico
• Non tutti i soggetti erano ipnotizzabili → dipendeva molto dal grado di suggestionabilità (mani sulla fronte per far emergere
ricordi traumatici)

LIBERE ASSOCIAZIONI
Metodo utilizzato per aggirare le resistenze della coscienza all’espressione dell’inconscio → prevede di esortare i pz a dire
liberamente tutto quello che veniva loro in mente in modo spontaneo e senza censurare nessun contenuto, anche se fosse stato
imbarazzante, bizzarro o privo di significato. Uno degli argomenti che emergeva nel processo era il SOGNO, fenomeno che per sua
stessa natura non avviene per volontà cosciente, ed era quindi dimostrazione evidente dell’esistenza di fenomeni inconsci (“il
sogno è la via regia per l’inconscio”) → questo interesse si concretizzò nel testo “l’interpretazione dei sogni” (1899) considerato il
punto di partenza del movimento psicanalitico

TRANSFERT
Il caso della pz Dora, isterica, venne trattato con il metodo delle libere associazioni. I sintomi vennero ricondotti a quelli che nel
frattempo aveva individuato come desideri sessuali rimossi, ovvero desideri sessuali nei confronti delle figure parentali di sesso
opposto. Dopo circa 3 mesi la pz interruppe il trattamento sviluppando quello che Freud teorizzò come TRANSFERT → secondo lo
studioso, Dora stava replicando nella situazione analitica inibizioni, sentimenti e conflitti che aveva avuto nell’infanzia verso una
qualche figura di autorità. Il transfer venne infatti inizialmente considerato dallo studioso come resistenza al trattamento, anche
se progressivamente assunse il significato di relazione all'interno della quale potevano essere evidenziati desideri e conflitti
connessi a figure del passato (**vedi paragrafo transfert**); farli emergere alla coscienza e mantenerne la consapevolezza
(diversamente da quello che accedeva con l’ipnosi) avrebbe permesso di abbandonare sintomi che venivano considerati
formazioni di compromesso tra esigenze opposte della psiche (generalmente tra desideri sessuali e divieti interiori).

Detto questo, l’intervento era finalizzato a:


1. Sviluppare coscienza di eventuali esperienze rimosse
2. Riconoscere conflitti mentali inconsci (in particolare rispetto a desideri sessuali, che costituivano il nucleo centrale delle
pulsioni inconsce)

FUNZIONAMENTO PSICHICO
▪ 1° TOPICA = in questa prima formulazione del funzionamento psichico, INCONSCIO, PRECONSCIO e COSCIENZA
rappresentavano stratificazioni mentali delle parti più profonde a quelle superficiali → il lavoro psicoterapeutico si focalizzava
sull’emersione del rimosso
▪ 2° TOPICA = in questa seconda formulazione le istanze furono denominate ES (istinti e pulsioni), IO (competenze cognitive e
percettive che permettono l’esame di realtà) e SUPER-IO (istanze morali, normative e adeguamento sociale). Viene introdotto
il tema di CONFLITTO INTRAPSICHICO tra le istanze → esso si evidenzia quando una difesa si contrappone a un desiderio o
impulso; l’Es ricerca il piacere mentre il Super-io proibisce questo impulso di gratificazione; il conflitto è fonte di sofferenza e
generalmente si manifesta attraverso il sintomo. → Questo tema orienterà la tecnica della psicanalisi classica, l’io diviene
servitore dei 3 tiranni: le esigenze pulsionali – le esigenze morali – esigenze derivanti dalle richieste della realtà esterna
▪ In una fase più avanzata: postulò che la LIBIDO, ovvero una spinta motivazionale orientata verso il piacere si fissasse
(bloccasse) in una delle fasi evolutive psicosessuali (orale, anale, fallica). Tali fasi, in cui l’attenzione esplorativa del bambino è
volta sequenzialmente prima verso la bocca, poi verso l’ano e la defecazione, ed infine verso i genitali, caratterizzavano il
processo evolutivo del bambino. Qualora la libido si fosse bloccata per motivi traumatici in una di queste fasi, ciò non avrebbe
permesso il conseguimento, dopo una fase di latenza, di una matura fase genitale.

MECCANISMI DI DIFESA
Hanno la funzione di evitare che la persona diventi consapevole di desideri sessuali aggressivi e dell’angoscia/paura ad essi
connessa. → Le difese preservano l’autostima di fronte alla colpa e alla vulnerabilità narcisistica (vergogna), esternalizzando le
minacce interne sugli altri. Le difese intervengono anche nelle relazioni, rendendole meno angosciose in quanto danno al paziente
l’illusione di controllare ciò che avviene nelle interazioni con le persone importanti nella sua vita. I primi meccanismi evidenziati da
Freud sono stati:
• RIMOZIONE (allontanamento dalla coscienza di affetti spiacevoli o traumi) rimuovere qualcosa che ci fa soffrire.
• REGRESSIONE (ritorno a stadio sviluppo precedente più protetto).
• IDENTIFICAZIONE (assunzione a scopo difensivo delle caratteristiche dell’oggetto amato) mi identifico in un altro.
• PROIEZIONE (attribuzione all’esterno di propri affetti inaccettabili).
• ANNULLAMENTO RETROATTTIVO (azione che annulla magicamente gli effetti) comportamenti messi in atto per rimuovere
l'angoscia.
• FORMAZIONE REATTIVA (trasformazione di un desiderio nel suo contrario).
• SUBLIMAZIONE (spostamento pulsioni sessuali su mete ideali).
I meccanismi di difesa sono stati poi rivalutati e ampliati dai successivi autori (**vedi meccanismi di difesa**)

I PRIMI SEGUACI DI FREUD

SANDOR FERENCZI

▪ Fu uno dei primi allievi analizzati Freud e uno tra i suoi seguaci più stimati, nel 1919 ottenne la cattedra universitaria di
psicoanalisi. I suoi contributi più significativi arrivano però quando differenziò il suo pensiero da quello di Freud
▪ In “DIARIO CLINICO” illustra alcune proprie innovative modalità di lavoro, tra cui l’introduzione della “TECNICA ATTIVA” →
introduceva elementi di attivo sostegno e strumenti di comunicazione non verbali. Riteneva infatti che per riparare i traumi
infantili bisognasse far regredire il pz a fasi precoci dello sviluppo, e in condizioni di regressione si doveva sostenere
attivamente il pz anche ricorrendo al contatto fisico (abbracci contenitivi e consolatori)
▪ In “confusione delle lingue tra l’adulto e il bambino. Il linguaggio della tenerezza e della passione” si denota un distacco con
Freud → tornava a sottolineare l’importanza dei TRAUMI REALI (anche sessuali) a discapito dei conflitti intrapsichici (ipotesi
che fu abbandonata da Freud). I traumi reali diventavano quindi causa di nevrosi e la terapia doveva far riemergere il trauma
e porvi rimedio.
▪ Introdusse il concetto di “ANALISI RECIPROCA” (al tempo criticato) → può essere considerata una intuizione clinica piena di
sviluppi come ad es. l’interdipendenza dal campo relazionale di analista e pz negli enactment. Difatti, gli sviluppi dell’infant
research confermano come assodata una mutua e continua comunicazione tra madre e lattante che si influenzano
reciprocamente. Traslatamene è quindi possibile postulare una interdipendenza tra le dinamiche psichiche del paziente e
quelle del terapeuta. Ferenczi avanzò anche ardita ipotesi che l’analista sottraendo la sua dimensione personale alla relazione
la falsificasse e quindi che fosse necessario esporsi al paziente come persona reale
▪ Importanza del LINGUAGGIO MATERNO, della tenerezza e del contenimento non frustrante all’interno della relazione in un
contesto psicanalitico (dove prevaleva un atteggiamento paterno) → Gli aspetti tipicamente materni della relazione, come
l’autentica partecipazione attiva alla sofferenza del paziente, importanza delle fasi preverbali dello sviluppo, funzioni holding
attivo del terapeuta e il concetto di esperienze psichiche riparative fanno oggi parte di un linguaggio psicoterapeutico
condiviso.

ALFRED ADLER

▪ Si discostò da Freud fondando la PSICOLOGIA INDIVIDUALE → cardine di questa psicologia è il passaggio da una condizione di
inferiorità costitutiva attraverso la volontà di potenza ad una dimensione matura. In questo processo la compensazione
negativa attraverso rinunce ed evitamenti rappresenta la nevrosi (evitamento difronte alla paura), mentre la compensazione
attiva è una modalità proattiva ed efficace di affrontare i conflitti e di impegnarsi al fine di superare il blocco (balbuziente che
diventa oratore). In questa tecnica si utilizza l’INCORAGGIAMENTO ATTIVO, che si concretizza come un primo esempio di
psicoterapia breve (4-6 mesi)
▪ La guarigione si concretizza con l’uscita dall’isolamento e con l’integrazione sociale

WILHELM REICH

▪ Libera espressione della SESSUALITÀ e della funzione orgasmica come generatori di salute psichica attraverso il meccanismo
di eccitazione di scarico dell’energia
▪ Fin da piccoli si sviluppa una “CORAZZA CARATTERIALE” → struttura psicofisica caratterizzata da contrazioni muscolari che
proteggeva dalla sofferenza psichica ma limitava ed inibiva una adeguata espressione e soddisfazione della sessualità che
caratterizzava la maturità psichica
▪ Riconosce che le MALATTIE PSICOSOMATICHE fossero una forma di comunicazione attraverso il corpo di una sofferenza
psichica, sono quindi indicatori di una mancata integrazione ed armonia tra la dimensione mentale e corporea che la
psicoterapia deve cercare di ristabilire

CARL GUSTAV JUNG

▪ Fondatore della PSICOLOGIA ANALITICA → caratterizzata da una prassi clinica fortemente attenta ai significati simbolici e
metaforici dell’agire umano, dove l’attività interpretativa è insatura, ovvero consapevole di una sua strutturale imprecisione.
▪ Si distanzia da Freud perché NON riconosce la centralità delle pulsioni sessuali nello sviluppo e il loro ruolo come principale
spinta motivazionale
▪ Postula l’idea di un INCONSCIO COLLETTIVO su un piano più profondo di quello personale → inconscio non è solo il luogo del
rimosso ma un’area più vasta in cui risiedono prototipi mentali (archetipi), immagini, forze simboliche, religiose, sedimentatesi
durante l’evoluzione umana. NB: L’intuizione che i processi mentali inconsci siano più vasti dei meri contenuti rimossi oggi
appare comunemente accolta.
▪ Trave portante della psicoterapia junghiana è il PRINCIPIO DI INDIVIDUAZIONE → la realizzazione più piena ed autentica di sé
stessi è obiettivo di percorso di sviluppo psicologico durante l’arco di vita, quando si deraglia da questi sviluppo il sintomo si
presenta come blocco ma anche come domanda a cui è necessario dare una risposta, è il segnale non piena soddisfazione
delle proprie naturali inclinazioni e si pone come domanda di significato e di sviluppo psicologico
▪ L’io non è così centrale ma inglobato in un SÉ (totalità della psiche che include l’inconscio) verso cui l’io dovrebbe mettersi al
servizio
▪ Propone un’OTTICA FINALISTICA e non causalistica della psicoterapia → attenzione non tanto sulle cause traumatiche di una
sofferenza psicologica ma sulla trasformazione, sul cambiamento che la nevrosi richiede. Più che rendere cosciente
l’inconscio, l’obiettivo è quello di saper riconoscere le spinte inconsce per non ostacolare le proprie naturali inclinazioni, al fine
di favorire una integrazione tra spinte inconsce e coscienza, utilizzando quest’ultima come catalizzatore di tali spinte.
▪ FUNZIONE TRASCENDENTALE → nasce tra spinte inconsce e atteggiamento cosciente, la tecnica per favorire questa funzione
è L’IMMAGINAZIONE ATTIVA, che consiste nel focalizzare l’attenzione su emozioni spiacevoli, paure, personaggi della realtà e
del sogno che generano inquietudine avviando attivamente un riconoscimento delle stesse ed un dialogo con esse
▪ POSIZIONE VIS A VIS → ora la personalità e l’individualità del terapeuta hanno un peso maggiore nella comunicazione rispetto
alla posizione originale (accento sulla parola e neutralità del terapeuta) → la relazione si costruisce in un dialogo tra
l’inconscio del terapeuta e l’inconscio del pz. Il terapeuta è in gioco quanto il pz nella relazione (NB: anticipa alcuni attuali
temi dell’intersogettivismo)
▪ Primo a sollecitare ANALISI DIDATTICA per terapeuti dopo aver compreso il potente influsso delle dinamiche inconsce anche
sul terapeuta
▪ Primo ad utilizzare tecnica sperimentale a scopo diagnostico → REATTIVO DI ASSOCIAZIONE VERBALE: esperimento che
serviva ad individuare e misurare l’importanza di temi complessuali del pz in base al tempo di reazione a parole-stimolo. Il
tempo di latenza tra stimolo e risposta indicava temi inconsci conflittuali nel pz rispetto al tema evocato dalla parola.

ANNA FREUD

▪ Caposcuola di quella che poi sarà la PSICOLOGIA DELL’IO americana che focalizza la sua attenzione sui meccanismi di
adattamento dell’io alla realtà piuttosto che sulle pulsioni
▪ Valorizzò L’OSSERVAZIONE DIRETTA DEL BAMBINO anticipando la ricerca in psicologia evolutiva, anche se negava la possibilità
di fare psicoterapia ai bambini perché riteneva che quest’ultimi non potessero sviluppare un transfert verso il terapeuta (l’io
del bambino non abbastanza strutturato per sostenere un’analisi del proprio inconscio)
▪ Sottolinea importanza del CONTESTO FAMILIARE POSITIVO nei processi di crescita psicologica, concentrandosi sulla qualità
degli interventi educativi familiari e scolastici arricchendoli con le conoscenze psicoanalitiche
▪ Si occupò di SISTEMATIZZARE I MECCANISMI DI DIFESA freudiani aggiungendone di nuovi (identificazione con l’aggressore,
rinuncia altruistica, ascetismo, intellettualizzazione, negazione). Evidenziò inoltre la differenza tra meccanismi primitivi e più
evoluti

MELANIE KLEIN

▪ Postulò UN’ATTIVITÀ FANTASMATICA PRECOCISSIMA NEL LATTANTE con gli oggetti con cui aveva familiarità (seno, latte,
urine, feci) → evidenziò quindi un’attività mentale precoce nel lattante contrariamente a Freud che considerava la prima fase
di sviluppo narcisistica (non rivolta all’esterno e finalizzata al soddisfacimento pulsionale). Anticipò quindi la presenza di
competenze psichiche nel lattante e la piena maturazione del principio di realtà (x Freud avveniva con il superamento del
complesso edpico). Ad es. la relazione simbolica fra «seno buono» e «seno cattivo» come elementi presenti e assenti,
accudenti e persecutori della madre nella mente del lattante trovano una loro integrazione successiva nel riconoscimento
della realtà (posizione depressiva).
▪ Individuò nel GIOCO INFANTILE il principale strumento di comunicazione a disposizione del bambino per comunicare le
proprie dinamiche inconsce e i propri vissuti → introdusse la possibilità di analizzare lo psichismo infantile e la possibilità di
fare lavoro psicanalitico (a differenza di A.Freud)
▪ Introdusse il concetto di IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA → funzione mentale posseduta dal neonato: quest’ultimo
proietterebbe parti di sé cattive o buone dentro il corpo materno per contenere la propria angoscia e controllare queste parti
di sé. Se si proiettano parti cattive si generano nella realtà elementi persecutori, se si proiettano parti buone si genera invidia
→ secondo Klein il bambino è precocemente capace di controllare e regolare attivamente una forma di relazione con la
madre e di non essere solo passivo (cosa confermata con successive ricerche). Il concetto di identificazione proiettiva è
importantissimo rappresentando il primo ponte tra la dimensione intrapsichica e quella relazione e intersoggettiva all’interno
della relazione terapeutica → meccanismo alla base del concetto di enactment

IL GRUPPO DI MEZZO INGLESE


La differenza tra la teorizzazione proposta da A. Freud e quella Kleiniana provocò una scissione nella società psicoanalitica
(discussioni controverse). Vi fu però un gruppo di psicoanalisti che on si schierò esplicitamente a nessuno dei due gruppi
sostenendo che non potevano essere rifiutate a priori nessuna delle due posizioni.

WILLIAM R.D. FAIRBAIRN

▪ Primo a mettere in evidenza che l’obiettivo del neonato non è la ricerca del piacere ma la RICERCA DI UN OGGETTO che possa
essere in grado di soddisfare i suoi bisogni (Freud aveva quindi confuso mezzi con i fini) → attenzione ai bisogni infantili
▪ Sostenne che l’aggressività NON è innata come per la Klein ma deriva dalla FRUSTRAZIONE dei bisogni del bambino,
anticipando un tema della psicologia del sé (Kohut)
▪ Lo sviluppo psicologico dovrebbe passare da una dipendenza infantile (caratterizzata da prendere e chiedere) a una
dipendenza matura (dare e scambiare)
▪ L’io centrale è affiancato da un IO LIBIDICO (connesso ad un oggetto-madre eccitante) e ad un IO ANTILIBICO (connesso ad un
oggetto-madre frustrante). Tanto più gli io sussidiari sono impegnati nella realtà in un rapporto con oggetti con queste
caratteristiche tanto più l’io centrale risulta ne risulta impoverito
▪ Ha evidenziato il funzionamento del DISTURBO DI PERSONALITÀ SCHIZOIDE identificandone le funzioni relazionali di difesa

DONALD R. WINNICOTT

▪ Esperienza con bambini svantaggiati e socialmente deprivati → con il suo apporto teorico pone attenzione alla QUALITA’
DELLE CURE MATERNE, in particolare attenzione all’interazione reale tra madre e ambino nelle prime fasi di sviluppo
▪ Conia il termine di MADRE SUFFICIENTEMENTE BUONA per indicare una funzione primaria della madre capace di saper
rispondere ai bisogni psicologici del bambino seppur in modo imperfetto → in una prima fase la madre soddisfa i bisogni del
bambino coltivando in lui una illusione di onnipotenza iniziale che però man mano viene delusa dalla maturazione cognitiva e
dal contatto con la realtà. Se la madre non risponde adeguatamente ai bisogni del bambino spinge quest’ultimo a coltivare
l’illusione di ricevere vicinanza emotiva solo assecondando i bisogni dell’ambiente → si va a generare un FALSO SÉ, istanza
psichica che ha lo scopo di proteggere il vero sé che rimane allo stato potenziale attendendo opportunità di sviluppo
▪ Elabora i concetti di OGGETTO TRANSIZIONALE e SPAZIO TRANSIZIONALE, frutto di osservazioni e ricerca → il primo nasce dal
riconoscimento del legame particolare che i bambini sviluppano con oggetti che sostituiscono simbolicamente l’assenza della
madre. Il secondo è un’area psicologica di illusione volontaria o condivisione complice in cui si tollera l’assenza e si matura la
capacità di simbolizzare (es. gioco). Spazio condiviso tra madre e bambino e poi nel transfert tra terapeuta e pz dove si
incontrano soggettività e oggettività

Le osservazioni di Winnicott hanno avuto ripercussioni importantissime sulla pratica clinica. Ha messo in primo piano forti
parallelismi tra la relazione madre reale /bambino e la relazione paziente/ terapeuta; ha evidentemente spinto ad una attenzione
di tipo materno e meno frustrante verso i bisogni del paziente rispetto alla psicoanalisi classica. Ha portato nuova luce sui
comportamenti antisociali che nascono da gravi deprivazioni ambientali e su cui si può intervenire efficacemente solo nella loro
precoce manifestazione. Sono caratterizzati da rabbia per inadeguatezze delle figure educative di riferimento e bisogni di
risarcimento.

MICHAEL BALINT

▪ Cestode e difensore del pensiero e della pratica di Ferenczi (ha materialmente salvato “diario clinico)
▪ Crea i GRUPPI BALINT → gruppi di medici in cui viene sottolineata l’importanza della capacità relazionale del medico e la
fiducia in lui riposta per lo sviluppo di una adeguata compliance
JOHN BOWLBY

▪ Importantissimi sviluppi della teoria psicoanalitica nella direzione del cognitivismo e della ricerca infantile
▪ Si occupò di bambini svantaggiati analizzando gli effetti di assenza o inadeguatezza delle cure parentali nelle prime fasi di
sviluppo sulla salute mentale
▪ Stimolato dagli studi di Lorenz sull’imprinting + quelli di Harlow sulle scimmie, applicò quei metodi di osservazione al
comportamento di bambini e sviluppò la TEORIA DELL’ATTACCAMENTO → Nei primi mesi di vita il bambino è in grado di
stabilire una relazione con una figura di accudimento (generalmente la madre, ma non solo) che si struttura come “base
sicura” emotiva per esplorare l’ambiente ed apprendere. Lo sviluppo di un buon legame di attaccamento con il caregiver
protegge da fattori traumatici. Si concentrò in particolare sulle esperienze di separazione e perdita della madre come
esperienze traumatiche in grado di condizionare lo sviluppo in modo negativo con conseguenti psicopatologie.
▪ Le ricerche di Bowlby portarono agli sviluppi di Mary Main (MOI) e Mary Ainswort con la definizione della SS e con la
definizione dei noti stili di attaccamento: sicuro, insicuro evitante, insicuro ambivalente e disorganizzato.

WILFRED BION

▪ Ha approfondito il tema della cura dei pz gravi → relazione tra CONTENITORE e CONTENUTO: il contenimento all’interno del
corpo materno continua anche fuori attraverso il contenimento psichico, e il contenimento delle emozioni dei pz gravi
rappresenta un fattore centrale di cura
▪ Ha approfondito il ruolo del MECCANISMO DELL’IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA IDENTIFICANDONE IL SIGNIFICATO
RELAZIONALE → il bambino in fase preverbale utilizza il meccanismo dell’IP come normale funzione relazionale per poter
evacuare contenuti psichici e sensoriali angoscianti e poterli vedere contenuti e restituiti di senso (l’IP ha il compito di far
esperire al terapeuta quei contenuti angosciosi)
▪ CAPACITA’ NEGATIVA → è un concetto cardine, rappresenta la capacità di contenere le emozioni spiacevoli generate dal pz
restituendole bonificate come la madre dovrebbe fare nei confronti del bambino
▪ Passaggio da FUNZIONE BETA A FUNZIONE ALFA → rappresenta un momento fondamentale dell’esperienza sia della madre-
bambino che terapeuta-pz, ed indica il passaggio da uno stato emozionale irrappresentabile ad uno rappresentabile (funzione
terapeutica non interpretativa impo)
▪ FUNZIONE DI REVEIRE (rispecchiamento) tipica delle funzioni materne diviene una funzione centrale all’interno del processo
di cura → permette lo sviluppo della rappresentabilità di contenuto successivamente del suo essere pensabile ed elaborabile
▪ Postulò che all’interno del gruppo si sviluppassero dinamiche tipiche chiamate ASSUNTI DI BASE che richiamano alcuni
istintivi comportamenti animali finalizzati alla sopravvivenza: dipendenza; attacco/fuga; accoppiamento

PSICOANALISI NEGLI STATI UNITI

FRANZ ALEXANDER

▪ Avanzò un’ipotesi (al tempo criticata): psicoterapia come ESPERIENZA EMOZIONALE CORRETTIVA che è in qualche modo una
forma di psicoterapia breve
▪ Sottolinea che l’intervento attivo del terapeuta nell’analizzare dinamiche della vita reale del pz (extra-analitica) può avere
un’efficacia terapeutica e trasformativa quanto la relazione analitica stessa

HARRY S. SULLIVAN

▪ Capostipite della pratica clinica da lui denominata PSICHIATRIA INTERPERSONALE → si focalizzava sulle evidenze della
relazione tra terapeuta e pz più che sulle teorie. Il colloquio clinico viene utilizzato moderatamente come strumento
diagnostico e per comprendere i bisogni personali del pz
▪ Ipotizza che lo sviluppo della personalità avviene attraverso relazioni interpersonali e che nessuna esperienza è possibile se
non in un campo relazionale
▪ Focalizza l’attenzione sull’ANGOSCIA nel pz → definendola come un’esperienza che segnala la minaccia alle esperienze di
successo che il bambino incontra con gli adulti significativi. L’angoscia nel pz evidenzia aree critiche della relazione
interpersonale verso cui focalizzare l’attenzione. Considera la rabbia e l’aggressività come modalità secondarie di risposta
all’angoscia non riconosciuta
▪ La sicurezza che il paziente ottiene passando attraverso una serie di insicurezze di intensità sempre minore, assieme alla
sicurezza che il medico gli comunica con la sua chiarezza e la presumibile correttezza delle sue operazioni, è la base del
trattamento → Il concetto di terapeuta come «OSSERVATORE PARTECIPE» lo distingue fortemente dallo specchio anaffettivo
e frustrante della prima psicoanalisi classica.

PSICOLOGIA DELL’IO (HARTMANN, KRISS, LOEWENSTEIN, JACOBSON, RAPAPORT)

Autori che si muovono nel solco della psicoanalisi classica e si sono impegnati al suo approfondimento. È un approccio che ha
avuto molto seguito nel dopo guerra fino agli anni 70 (diffusione favorita dal rimborso spesa per conto delle compagnie
assicurative fino al momento in cui sono state richieste prove d’efficacia)
▪ L’io non è più servo dei 3 padroni, ma ha una sfera di AUTONOMIA libera da conflitti intrapsichici
▪ Condivide l’idea che si debba lavorare sul piano clinico per sviluppare la capacità di adattamento alla realtà dei pz →
adattamento sociale con l’intento della normalizzazione, concentrando però l’attenzione clinica sui MECCANISMI DI DIFESA
per gestire pulsioni e conflitti intrapsichici → sviluppare quelli più evoluti
▪ DAVID RAPAPORT: maggior rigore scientifico → si occupò delle prime valutazioni sulla riproducibilità della pratica clinica
psicoanalitica e degli esiti della stessa, utilizzando anche dei test clinici di personalità a scopo diagnostico → tentativo di
strutturare e sistematizzare la teoria psicoanalitica come un vero e proprio ambito della psicologia generale in grado di
spiegare al suo interno fenomeni come la motivazione e la memoria.

HEINZ KOHUT

▪ Più significative innovazioni nella tecnica psicoterapeutica dai tempi di Freud (nizialmente cercò di far coesistere le sue
intuizioni con i preconcetti della teoria classica) Il suo pensiero si sviluppa evidenziando funzioni terapeutiche diverse da
quelle della psicologia dell’Io, all’epoca predominante → Il passaggio dalla teoria classica alla psicologia dl sé determina il
passaggio dall’uomo colpevole all’uomo tragico.
▪ Postulò come fondamentale lo sviluppo di un SANO NARCISISMO (≠ da Freud che considerava la prima fase narcisistica come
intrinsecamente non oggettuale e quindi origine delle patologie più gravi) e di un SENSO IDENTITARIO (IL SÉ) continuo e
coeso. Postulò l’esistenza di una pulsione narcisistica preedipica precedente ad una pulsione oggettuale edipica
▪ Sottolinea importanza delle capacità di chi fornisce pure parentali al bambino di mettersi al servizio, con continuità nel
tempo, dello sviluppo del suo SENSO DI IDENTITÀ NUCLEARE (il sé)

IL CONCETTO DI SÉ = secondo la teoria classica indica la rappresentazione di sé, ovvero una funzione dell’io. Con Kohut indica un
costrutto autonomo legati al senso di identità personale caratterizzato da interessa e continuità nel tempo.
Lo sviluppo del sano narcisismo deve essere svolto dagli OGGETTI SE → specifiche funzioni relazionali svolte dai caregiver, un
difetto di queste funzioni determinerebbe lo sviluppo di patologie. Le funzioni fondamentali dei caregiver nel sostenere il sé
nucleare del bambino dovrebbero essere caratterizzare da 2 caratteristiche:
1. Funzione riflessiva di grandiosità e onnipotenza (“io sono perfetto e tu mi ammiri”)
2. Funzione di accoglimento della idealizzazione delle figure parentali (“tu sei perfetto e io sono parte di te”)
▪ Il terapeuta attraverso l’EMPATIA deve essere capace di sostenere autostima, ambizioni e ideali, ovvero una percezione di
valore individuale che cementa il senso identitario
▪ Nella pratica terapeutica dal tema del conflitto interiore di passa al DIFETTO DI FUNZIONI AMBIENTALI → l’accento si sposta
sulle funzioni di riconoscimento dei bisogni piuttosto che sui conflitti interni
▪ Con Kohut vengono evidentemente portate in primo piano le componenti NON VERBALI E NON INTERPRETATIVE
dell’intervento psicoterapeutico. L’Oggetto sé è una funzione. L’empatia è veicolata più dal tono che dal contenuto delle
parole → la Comunicazione Non Verbale diviene sempre più oggetto di indagine come elemento costitutivo prevalente della
comunicazione e della relazione.

PSICOANALISI RELAZIONALE (MITCHELL, GREENBER, BROMBER G)

▪ ciò che la differenzia dalla teoria classica è che la motivazione principale degli esseri umani è STABILIRE RELAZIONI più che
esprimere pulsioni sessuali o aggressive.
▪ le prime fasi dello sviluppo sono caratterizzate dalle relazioni con i primi fornitori di cure insieme ai quali si sviluppano
MODELLI RELAZIONALI IMPLICITI → le relazioni che favoriscono lo sviluppo NON si contrappongono alle esigenze pulsionali e
istintuali del bambino MA si sviluppano parallelamente e si integrano con quelle → lo psichismo si sviluppa attraverso le
relazioni
▪ il campo di osservazione è bi-personale → focus non solo sul pz come oggetto ma sulla relazione tra pz e terapeuta, dove in
questa relazione vengono ripetuti i pattern relazioni appresi dal pz (re-enactment)
▪ Al terapeuta neutrale si sostituisce un terapeuta che utilizza le risonanze emotive generate in lui dal paziente e le utilizza a fini
di una migliore conoscenza nel qui ed ora delle modalità relazionali del paziente → Attraverso questa attivazione inconscia il
terapeuta esperisce concretamente in vivo il modello relazionale in cui il paziente è invischiato. Solo in quel momento, ovvero
quando è convolto direttamente in una dinamica tipica del paziente, può evidenziarlo e proporre uno scarto differenziale
rispetto a quel modello del passato.

INTERSOGGETTIVISMO (STORLOW, ATWOOD, BENJAMIN)

▪ Nasce dagli sviluppi della psicologia del sé e della psicologia relazionale → ancora più enfasi sul RUOLO DEL CAREGIVER come
soggetto con i propri bisogni che interagisce mutualmente in un sistema di autoregolazione emotiva con il bambino soggetto
con proprie competenze
▪ Concetto di inconscio subisce evoluzione → esiste un INCONSCIO NON RIMOSSO PREVERBALE E PRERIFLESSIVO in cui sono
sedimentati MODELLI DI RELAZIONI DERIVATI DA ESPERIENZE REALI (qui abitano modelli di relazioni più che eventi o
contenuti)
▪ Sul piano clinico l’attenzione si sposta agli INTERVENTI E ALLE FUNZIONI SVOLTE DAL TERAPEUTA come soggetto in relazione
ad un altro soggetto → il pz esce dal ruolo di oggetto di cura. Lo scopo è identificare i modelli di relazione che vengono
attivati. La mente del pz da sola non esiste ma esiste in relazione a qualcun altro reale o fantasmatico: la reazione è co-
costruita dal transfert del pz e dal transfert del terapeuta, anche i significati che emergono nella relazione sono co-costruiti e
condivisi.

INFANT RESEARCH (STERN, BEEBE, LEACHMANN, TRONICK)

▪ Ambito volto a verificare alcuni costrutti psicodinamici attraverso “evidenze empiriche”


▪ STERN: messo in luce con evidenze osservazionali rispetto alla interazione non vernale e implicita tra madre-bambino che le
competenze del lattante nel riconoscere l’intervento materno e regolare l’interazione con l’adulti sono più precoci di quanto
si pensasse.
▪ Sul piano clinico si predilige il modello bi-personale o diadico → l’interazione è di-direzionale e co-costruita (+ attenzione a
come il terapeuta e il pz si influenzano reciprocamente).
▪ Il contenuto della relazione è prevalentemente a livello implicito e non verbale. Comunicazioni non verbali e elaborazione
implicita attraverso “memoria emotiva procedurale”. A questa contribuiscono sia fenomeni di autoregolazione emotiva sia di
regolazione interattiva. Assume progressivamente importanza l’idea che l’azione terapeutica si esplichi prioritariamente a
livello implicito.
▪ Alcuni principi della relazione madre bambino assumono importanza all’interno del setting terapeutico:
- Principio di regolazione attesa (prevedibilità dell’interazione).
- Principio di rottura e riparazione (possibilità di ricondurre la rottura ad una risintonizzazione).
- Principio dei momenti affettivi intensi (passaggi emotivi chiave positivi o negativi) che possono determinare “trasformazioni
di stato” (nuovi pattern formati da un insieme di risposte fisiologiche, emotive e cognitive).
▪ CONCETTO DI REGOLAZIONE RECIPROCA DI TRONIK: stati emotivi, idee e rappresentazioni sono continuamente in evoluzione
nel rapporto tra soggetto e ambiente, il rapporto tra madre e bambino è prototipico di questa modalità e il rapporto
terapeuta-pz è una riedizione di questo (punto contatto con cognitivismo)

PSICOTERAPIE PSICODINAMICHE MANUALIZZATE


Il punto debole della psicoterapia psicodinamica era quella della durata del trattamento, alcuni autori quindi cercarono di
elaborare terapie con l’obiettivo di andare a ridurre questi tempi. Nella psicoterapia breve non bisogna farsi illusioni, essere molto
realisti; quindi, occorre una preliminare valutazione di non gravità psichiatrica e valutare la presenza di buone capacità di insight.
Le psicoterapie psicodinamiche brevi si orientano specificatamente su:
• La focalizzazione di specifici sintomi.
• Focalizzazione sulle emozioni e sulle resistenze alla loro emersione.
• Una riduzione dei tempi del trattamento attraverso un atteggiamento più attivo del terapeuta verso i foci.

PETER FONAGY

▪ Importante per il concetto di MENTALIZZAZIONE = capacità di rappresentarsi internamente i propri stati mentali e di
conseguenza questi degli altri diversi dai nostri, ovvero di avere una TEORIA DELLA MENTE. Competenza fondamentale per
una efficace comunicazione interpersonale e per cercare di stabilire una relazione profonda e risulta un efficace fattore
terapeutico (outcome + positivi). Sembrerebbe protettiva rispetto allo sviluppo di disagio mentale
▪ esiste una relazione tra attaccamento insicuro e la difficoltà a sviluppare mentalizzazione, infatti la sicurezza fornita dallo SdA
serve anche per sviluppare buone capacità di riflessione su di sé è sullo stato mentale dell’altro.

HABIB DANVALOO E ALLAN ABBASS

▪ le teorie di Abbass sono delle evoluzioni di ISTDP (PSICOTERAPIA INTENSIVA DINAMICA BREVE) di Danvaloo
▪ una innovazione fu la videoregistrazione delle sedute e la possibilità di analizzarle off-line e con il pz per valutare le dinamiche
che si sviluppano all’interno della terapia
▪ INTERPRETAZIONI DI PROVA = tendono a mettere in relazione degli schemi infantili con delle dinamiche esterne della terapia,
soprattutto con il transfert. La guida per fare un’interpretazione è: ritrovare una certa dinamica, mettere in luce le relazioni
che ci sono con le cose che accadono fuori e poi fare riferimenti causali a ipotetiche situazioni relazionali in età di sviluppo che
possono aver determinato quel comportamento (DIFFERENZA DELLA PSICOTERAPIA DINAMICA MODERNA: prima di faceva
molto riferimento sui ricordi, sui traumi, oggi sappiamo che una ricostruzione precisa di questi elemnti è molto complicata. La
cosa più impo di tutte è il transfert, perché si vede in vivo la modalità e lo stile relazionale del pz)
▪ LIMITAZIONE DELLA REGRESSIONE: una seduta a settimana (la psicoanalisi iniziale prevedeva attività quasi quotidiana) →
avere tante sedute crea una relazione di dipendenza con il terapeuta molto regressiva
▪ AFFRONTARE DIRETTAMENTE E ESPLICITAMENTE LE RESISTENZE → se il pz evita un argomento, il terapeuta è attivo a portare
l’attenzione del pz sulle resistenze, cioè su cosa lo fa fuggire da alcune emozioni spiacevoli
▪ Valorizzare L’ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI come rivelatrici dei temi psichici rilevanti e si evita l’espressione attraverso il
corpo della sofferenza (utilità pratica, si riducono tempi e costi)
LESTER LUBORSKY: CCRT

▪ Il focus del suo metodo clinico è il CCRT (TEMA RELAZIONALE CONFLITTUALE CENTRALE) che focalizza l’attenzione su tre
aspetti → DESIDERI E BISOGNI DEL PZ – RISPOSTE DEGLI ALTRI – REAZIONI ALLE RISPOSTE. → il CCRT rappresenta la modalità
relazionale prevalente anche a dispetto di reiterare dinamiche fallimentari per il pz perché ha l’apparente vantaggio di
generare pattern noti e rassicuranti, che per quanto possano essere dolorosi sono comunque rassicuranti, perché avevano la
funziona salvifica in una fase dello sviluppo, però poi impediscono il pieno sviluppo relazionale. → CCRT rappresenta il primo
metodo quantitativo per misurare il focus terapeutico all’interno del transfert.
▪ L’obiettivo della psicoterapia rimane il cambiamento, ma questo deve poter essere misurato proprio rispetto alla modalità
relazione più reiterata e pervasiva nel transfert. → lo scopo è individuare un certo numero di EPISODI RELAZIONALI (almeno
7) all’interno dei trascritti delle sedute da cui emerge con chiarezza il CCRT, all’interno di questi è poi necessario pesare
l’importanza dei desideri, risposte degli altri e reazioni alle risposte.
▪ È fondamentale connettere il CCRT a: RELAZIONE DI TRANSFERT - RELAZIONI DEL PASSATO – RELAZIONI ALL’ESTERNO → la
connessione con il primo punto attraverso una tempestiva interpretazione è determinante poiché permette al pz di percepire
nel qui ed ora le emozioni ad esso connesse e permette: una maggiore oggettivizzazione dei contenuti all’interno della
terapia; può essere utilizzato per ridurre i tempi della psicoterapia; può essere utile in fase di supervisione per decentrare dal
soggettivismo del supervisore. La relazione con il terapeuta e le emozioni ad essa connessa sono fondamentali
nell’apprendimento, in psicodinamica sono infatti fondamentali i vissuti, le emozioni e non la costruzione mentale della realtà
(costruttivismo). Questa connessione con il presente permette di oggettivare meglio i contenuti (provo emozione, la
riconosco e la contestualizzo: molto più immediato e questo riduce i tempi → specie di catalizzatore delle situazioni
emozionali importanti)
▪ Il processo di cura è più importante dell’outcome, ed è il terapeuta che fa la differenza.

TERAPIA INTERPERSONALE BREVE (LEMMA, FONAGY, TARGET)

▪ Messa a punto per fornire un trattamento basato sulla EVIDENCE BASED PRACTICE che potesse essere messo a confronto con
altri tipi di trattamento per essere approvata e finanziata all’interno del SS inglese, con un numero di 16 sedute (il SS
richiedeva la durata del trattamento e gli effetti che si otteneva) → necessità di focalizzare la terapia. È stato manualizzato e
validato in particolare x ansia e depressione lieve
▪ Rappresenta una forma di convergenza tra clinica psicodinamica e le forme più evolute del cognitivismo costruttivista →
unisce le dimensioni emotive e la loro razionalizzazione e riconoscimento. I riferimenti teorici sono alla teoria delle relazioni
oggettuali, alla teoria dell’attaccamento e alla psicoanalisi interpersonale di Sullivan
▪ In accordo con i principi fondamentali della psicoterapia psicodinamica si concentra su:
- Il ruolo delle esperienze infantili nello strutturare il comportamento e nel costruire modelli di relazione.
- La percezione delle forze esterne ed interne che condizionano rapporti.
- Spinte motivazionali inconsce.
- Proiezioni ed introiezioni alla base delle relazioni,
- Riattualizzazione nel transfert e fuori di esso di modelli operativi interni.
▪ Si concentra su un focus concordato in 16 sedute (4 iniziali, 8 centrali, 4 conclusive) = nella prima fase si formula il focus
affettivo interpersonale, si decide quindi su cosa lavorare. Nella seconda fase il terapeuta aiuta il pz a mantenere viva
l’attenzione sul focus riportandolo ad esso; si genera comunque un transfert e possono essere fornite con cautela
interpretazioni di transfert finalizzate a sviluppare attenzione attiva del pz sul focus. Nella terza fase ci si focalizza sullo
scioglimento della relazione, quasi tutte le forme di terapia creano un po’ di dipendenza e poi dopo il pz acquista fiducia negli
strumenti appresi in terapia e può utilizzarli anche fuori, riconoscendo i pattern e non facendosi coinvolgere, si va quindi a
costruire una indipendenza.
▪ Nella terapia interpersonale l’attenzione è focalizzata su: qui ed ora; cosa accade nella mente del pz; atteggiamento
terapeutico attivo di incoraggiamento e sostegno empatico all’esplorazione (terapeuta deve dimostrare di avere coraggio di
esplorare il pz); gli strumenti classici, interpretazione, chiarificazione, confrontazione sono orientati al focus; misure di esito.
▪ Gli step sono i seguenti: identificare il problema; collaborare alla mentalizzazione; incoraggiare modalità relazionali
alternative a quelle abituali (terapia è cambiamento, si possono fare scelte diverse); riflettere suoi progressi del transfert
(meno pervasiva la modalità di mettersi in relazione con il terapeuta); conclusioni riassuntive scritte (il pz fa un resoconto, in
una pg deve riassumere concretamente il percorso fatto)

Per riassumere:
La psicoterapia psicodinamica deriva dallo sviluppo delle teorie psicoanalitiche. I sintomi che il paziente manifesta, e che
generano una qualche forma di sofferenza emotiva, sarebbero principalmente la conseguenza di:
• Conflitti inconsci endopsichici secondo la tradizione classica.
• Difetti generati da relazioni inadeguate ed insoddisfacenti durante lo sviluppo secondo i successivi sviluppi relazionali.
Al fine di adattarsi alla realtà l’individuo sviluppa DIFESE dalle più rigide alle più evolute. Il NUCLEO RELAZIONALE TRAUMATICO
permane determinando modalità di stabilire interazioni con gli altri condizionate da tali pattern relazionali. In questa ottica I
SINTOMI sono espressioni simboliche di un disagio implicito sottostante.
All'interno dell'approccio psicoanalitico (detto anche "psicodinamico"), esistono differenti sottoscuole di pensiero, con alcune
differenze sul piano clinico:
• Psicoanalisi freudiana o classica.
• Psicologia individuale adleriana.
• Psicologia analitica Jung.
• Psicologia del Sé.
• Psicoanalisi relazionale.
• Psicoanalisi intersoggettiva.
• Varie forme di Psicoterapia Psicodinamica breve.
L’esistenza di processi psichici inconsci è comunque l’elemento di base che accomuna le psicoterapie psicodinamiche.
In generale, la psicoterapia psicodinamica favorisce lo sviluppo di una stretta relazione tra psicoterapeuta e paziente, grazie alla
quale si cerca di esplorare la struttura dei conflitti responsabili dei sintomi. Nella relazione con lo psicoterapeuta emergono i
pattern relazionali tipici del paziente. Attraverso l’analisi di queste modalità relazionali tipiche del paziente (che si esprimono
all’interno del transfert) è possibile evidenziarne la disfunzionalità e favorire lo sviluppo o l’espressione di competenze
relazionali o emozionali rimaste inibite. In genere la psicoterapia psicodinamica necessita di tempi sufficientemente lunghi per
destrutturare modelli relazionali disfunzionali costruitisi lentamente nel tempo.
L'interpretazione del transfert e del controtransfert (ovvero delle reazioni emotive dell'analista generate dalle modalità di
relazione del paziente), l’analisi delle libere associazioni e di altro materiale personale (ad esempio eventi relazionali
emotivamente significativi, sogni, etc.) durante le sedute cercherà di favorire l’individuazione e l'elaborazione delle cause più
profonde dei conflitti generalmente maturate nella relazione con le figure parentali di riferimento.
Obiettivi:
• Permettere al paziente di assumere maggiore consapevolezza.
• Poter modificare i propri stili relazionali.
• Ottenere una parziale ristrutturazione della visione di sé.
• Sviluppare un più maturo ed ampio adattamento alla vita sociale e relazionale.
• Scomparsa, o quantomeno limitazione, dei sintomi psicopatologici.

LA TERAPIA PSICODINAMICA

ALCUNE IMPORTANTI PREMESSE

➔ Secondo Gabbard “Nella maggior parte dei casi i pazienti che iniziano una psicoterapia psicodinamica vogliono essere
ascoltati, compresi e riconosciuti per ciò che sono, persone con caratteristiche uniche e irripetibili” → diventa altamente
inopportuno confondere la soggettività del pz con gli aspetti diagnostici che lo caratterizzano (come in psichiatria). All’interno
di una categoria diagnostica le soggettività sono fondamentali e devono essere riconosciute
➔ Secondo Gabbard ““La psicoterapia psicodinamica è un’arte difficile che richiede un insegnamento intensivo e un notevole
livello di esperienza” → l’esperienza del terapeuta conta moltissimo nell’efficacia del trattamento. Anche se la psicologia è
una scienza, la psicoterapia può essere considerata, come suggerisce McWilliams, un’arte. Questo significa che le variabili in
campo sono talmente tante che probabilmente l’esperienza umana ha più peso di una semplice conoscenza metodologica.
Sembra infatti che ci sia una sostanziale equivalenza tra le varie modalità di trattamento, quello che invece fa più la differenza
sono le capacitò di creare alleanza terapeutica e la personalità del terapeuta. Anche i pz molto gravi, se riescono a stare nel
setting di cura, ne traggono beneficio. La capacità di stare nel setting permette di avere risultati anche molto significativi e
anche con pz molto gravi purché si crei alleanza terapeutica e ci sia una minima adesione al setting
➔ Secondo McWilliams “In genere, le persone che si rivolgono ad una psicoterapia sono in cerca non solo di una competenza
specifica, ma anche di un tipo di relazione che possa consentire loro di aprirsi e, più in generale, di crescere come persone” →
concetto già espresso da Jung: il principio di individuazione ci dice che il sintomo, la malattia è un blocco di un’evoluzione
naturale, di un pieno sviluppo della personalità dell’individuo, in questo senso è un’esperienza di crescita e anche di
maturazione. Ci sono persone che vanno in terapia per chiedere l’eliminazione del sintomo, ma è abbastanza improbabile che
il sintomo psicologico si presenti fine a se stesso.

La terapia si svolge attraverso interventi che si collocano lungo un continuum, da supportivi ed empatici ad espressivi o
interpretativi, e incorpora conflitto inconscio, rappresentazioni interne delle relazioni e significati complessi collegati a esperienze
personali (= aspetti principali della psicoterapia psicodinamica).
Intende inoltre stimolare una ricerca mirata a raggiungere una migliore conoscenza di sé, un maggiore rispetto della propria
unicità e autenticità individuale e conseguentemente un maggior senso di libertà interiore.
➔ Questi concetti ovviamente sono meno misurabili di altri.

CARATTERISTICHE PRINCIPALI SECONDO GABBARD E MCWILLIAMS

1. FOCUS SU AFFETTO ED ESPRESSIONE DELLE EMOZIONI = differenza con cognitivismo che è focalizzato sul come si
apprendono i modelli di conoscenza
2. ESPLORAZIONE DEI TENTATIVI DI EVITARE ASPETTI DELL’ESPERIENZA (quelli che erano resistenze e difese) = tentativi di
evitare contenuti perché ritenuti non sostenibili e troppo angoscianti (**attenzione angoscia Sullivan**). Lì dove ci sono le
resistenze ci sono questioni importanti e difficili da affrontare
3. IDENTIFICAZIONE DI TEMI E PATTERN RICORRENTI
4. DISCUSSIONE DELLE ESPERIENZE PASSATE= non vengono analizzate per prima anche se sono molto importanti. Purtroppo,
però hanno il grande difetto di essere estremamente soggettive e non sempre corrispondono alla realtà delle cose. Quindi
oggi la discussione delle esperienze passate è meno impo rispetto ad un tempo, anche se rimane importante mettere in
relazione quelle modalità, quelle esperienze con quello che accade nel transfert e nelle relazioni esterne.
5. FOCUS DELLE RELAZIONI INTERPERSONALI = es. Fairbairn e Alexander hanno portato in gioco questi aspetti che prima
venivano esclusi dall’analisi (prima si analizzava solo quello che accadeva in seduta), mentre questi aspetti relazionali esterni
sono molto impo perché sono uno specchio di quelle modalità relazioni che sono state apprese e che vengono riproposte nel
transfert con maggiore intensità
6. FOCUS SULLA RELAZIONE TERAPEUTICA = generalmente nelle relazioni interpersonali le persone involontariamente tendono
a far ripetere al loro interlocutore i vecchi modelli, spesso tendiamo con il nostro comportamento a riconfermare i modelli e i
nostri interlocutori cascano in questo gioco, così diventano come le figure del passato e riconfermano la nostra realtà. Quindi
il terapeuta di pone anche come colui che un qualche modo rompe o diverge da quei modelli appresi
7. ESPLORAZIONE DI DESIDERI, SOGNI E FANTASIE = questo aspetto ad oggi è più marginale, ad es. il sogni viene visto più come
una narrazione da analizzare più che come un rebus criptico.

PRINCIPI E CONCETTI CHIAVE FONDAMENTALI

1. GRAN PARTE DELLA VITA MENTALE È INCONSCIA = chiave portante della psicoterapia psicodinamica, rimane alla base del
trattamento.
2. L’ADULTO È PLASMATO DALLE INTERAZIONI TRA ESPERIENZE INFANTILI E FATTORI GENETICI
3. IL TRANSFERT DEL PZ NEI CONFRONTI DEL TERAPEUTA È UNA FONTE PRIMARIA DI COMPRENSIONE = ad oggi il ruolo del
terapeuta è molto diverso, non si pone più fuori dalla relazione ma dentro essa e si mette in gioco perché è proprio la
relazione l’oggetto su cui facciamo luce
4. IL CONTROTRANSFERT DEL TERAPEUTA FORNISCE INDICAZIONI IMPORTANTI PER COMPRENDERE CIÒ CHE IL PZ INDUCE
NEGLI ALTRI = il terapeuta è coinvolto e riesce a leggere quello che accade
5. LA RESISTENZA DEL PZ RAPPRESENTA L’ELEMENTO CENTRALE DELLA TERAPIA = la differenza con il passato è chiedersi perché
si è creata questa resistenza. La resistenza non è una colpa (in passato era più colpevolizzante), sappiamo che le resistenze
sono state create per sopravvivere, hanno una funzione ma possono decadere quando si capisce che non hanno più ragione
di essere usate.
6. LA TERAPIA CONTEMPLA L’ESPLORAZIONE DI UNA MEMORIA DICHIARATIVA CHE RIGUARDA LA CONOSCENZA DI FATTI ED
EVENTI (alcuni dei quali possono essere rimossi perché causa di conflitto). La memoria dichiarativa si divide in esplicita e
implicita. Ad oggi però ha moltissima importanza anche la memoria procedurale, ossia quelle cose che si fanno senza
rendersene conto e che fanno parte del nostro bagaglio relazionale in modo naturale. La memoria procedurale riguarda la
conoscenza di abilità implicite; gli schemi inconsci che si riferiscono alle relazioni oggettuali interne sono ricordi procedurali
che si ripetono di volta in volta in una varietà di relazioni interpersonali. La memoria procedurale si occupa più del come e
non di cosa viene internalizzato nei primi anni di vita. (Gabbard: le modalità relazionali inconsce sono più forti anche delle
convinzioni inconsce in un esperimento sul razzismo)
7. SINTOMI E COMPORTAMENTI DISFUNZIONALITÀ HANNO MOLTEPLICI FUNZIONI E SONO DETERMINATI DA FORZA
COMPLESSE, SPESSO INCONSCE = il sintomo può essere considerato come una forma di compromesso tra un desiderio
esplorativo ed una paura regressiva. Abbiamo bisogno di sicurezza e bisogno di esplorare per conoscere, senza uno non c’è
l’altro. I bisogni di sicurezza vanno consolidati prima di avere bisogni esplorativi, questo è uno dei motivi per cui va
consolidata la relazione terapeutica prima di procedere a interpretazioni e/o a rendere il paziente consapevole che le cose
che gli accadono, accadono anche perché, inconsciamente, lui tende a farle ripetere.
8. IL TERAPEUTA PSICODINAMICO AIUTA IL PZ AD ACQUISIRE UN SENSO DI AUTENTICITÀ E UNICITÀ
9. LA TERAPIA DI SVOLGE SU DUE PIANI = quello verbale e quello non verbale (mentre prima enfasi solo su quello verbale). Tutto
quello che viene verbalizzato entra a far parte della coscienza ma prima di poterlo essere gran parte dell’interazione tra
terapeuta e paziente (il tono della voce, l’espressione del volto) sono una parte della comunicazione preponderante che non
è verbale.
10. ATTRIBUIRE AI CAREGIVERS LA RESPONSABILITÀ DI EVENTUALI DIFFICOLTÀ PSICHICHE E RELAZIONALI DEI FIGLI È
STORICAMENTE UNA SEMPLIFICAZIONE ABBASTANZA COMUNE = le cose possono stare effettivamente così, MA la vera forza
della cura sta nel non farsi condizionare in eterno da quelle modalità, è necessario rendersi conto che è il pz l’elemento che
può cambiare. In una dimensione relazionale ed evolutiva complessa svolgono infatti un ruolo centrale l’interazione tra:
caratteristiche del bambino; caratteristiche psicologiche dei genitori; relazione che si instaura tra di loro; una certa fase
temporale (fattore importante, ci sono traumi che sono invisibili perché avvengono in epoca preverbale ma comportano
ricordi che sono penetrati nell’inconscio non rimosso es. ragazzi adottati) → La prospettiva psicodinamica intersoggettiva ha
ampliato l’ambito delle relazioni oggettuali: entrambi i membri della diade terapeutica contribuiscono a creare il campo
relazionale tra terapeuta e paziente; in altre parole la soggettività del terapeuta e il transfert del paziente si influenzano
reciprocamente. La relazione che si costruisce tra terapeuta e paziente è unica nel suo genere, è irripetibile e quindi necessita
di risposte uniche.
Guardiamo nel dettaglio alcuni concetti fondamentali

TRANSFERT
Per TRANSFERT intendiamo = pattern tipici delle relazioni infantili che si ripetono del presente con il terapeuta, presenta un
aspetto ripetitivo (nel senso classico freudiano) ma anche un aspetto riparativo (attraverso esso il pz cerca una nuova esperienza
risanante o correttiva); ed è essenzialmente bidimensionale come evidenziato da Storlow.

Le attuali concezioni di transfert concordano sul fatto che l’esperienza che i pz hanno del terapeuta è sempre una miscela di
caratteristiche reali del terapeuta e aspetti di figure del passato, quindi combinazione di vecchie e nuove relazioni. Gli aspetti del
terapeuta sono molto importanti ed è fondamentale provare in tutti i modi ad entrare in relazione con il pz anche a costo di
cambiare qualcosa di noi stessi.

La comunicazione implicita influenza molto di ciò che accade fra terapeuta e paziente ed è una parte essenziale del transfert →
Bisogna avere moltissima umiltà nel capire che ciò che passa nella relazione non è tutto controllabile.

TRANSFERT E RUOLO DI GENERE = 4 tipi di coppie terapeutiche possibili generano dinamiche diverse: Terapeuta donna – paziente
donna. Terapeuta uomo – paziente donna. Terapeuta donna – paziente uomo. Terapeuta uomo – paziente uomo. Oltre a questo,
di deve anche considerare l’eventuale orientamento sessuale.
I pazienti che esprimono preferenza per un genere sessuale del terapeuta vanno assecondati o meno? dovrebbero essere
assecondati perché proiettano una maggiore possibilità di comprensione ed è favorito lo sviluppo dell’alleanza terapeutica, la
quale permetterà poi di svolgere un lavoro di terapia efficace; in linea generale se nei colloqui di assessment emerge un
accoppiamento di genere che è stato contraddistinto in età evolutiva da elementi fortemente conflittuali, bisogna orientarsi
prioritariamente verso lo sviluppo di una alleanza terapeutica. L’alleanza terapeutica è comunque il più importante fattore
curativo e solo dopo aver costruito una fiducia di base (attaccamento sicuro) si possono introdurre elementi di frustrazione.

CONTROTRANSFERT
Il CONTROTRANSFERT nella concezione ristretta freudiana veniva definito come la risposta al transfert del pz, ad oggi questa
concezione si è evoluta nel tempo. In qualche modo può essere simile al transfert del pz ma con la differenza che vi è maggior
consapevolezza, ed include tutto l’insieme delle reazioni emotive del terapeuta verso il pz. Oggi sappiamo che nello studio del
terapeuta si ritrovano due soggettività, alcuni direbbero due pazienti. Ferenczi diceva che poteva esserci “una forma di terapia
reciproca”, C’è un aspetto interessante in questa reciprocità ed è che i momenti di scoperta e di innovazione sono sia per il
terapeuta che per il paziente, evocati in genere da situazioni di enactment. Quello che è sempre più chiaro è che terapeuta e pz si
influenzano a vicenda, in una serie di sentimenti e reazioni.

ENANCTMENT = messa in scena da parte del pz delle sue tipiche modalità relazionali infantili che spingono il terapeuta a
rispondere come farebbe una delle figure attorno al pz (mamma, papà, amici, partner)
La versione originale freudiana del controtransfert, la cosiddetta visione ristretta, ha una connotazione in qualche modo negativa
cioè che il controtransfert sia causato dalla presenza nel terapeuta di conflitti non risolti; questa accezione peggiorativa è da
considerarsi una reliquia del passato. Gabbard invece sottolinea che è in azione un vissuto molto importante del terapeuta e si
può parlare a questo proposito anche di “transfert del terapeuta” nel senso che il terapeuta comunque ha delle aspettative e il
paziente evoca in lui delle dinamiche che gli appartengono (è una spinta ad essere molto cauti e umili).

Oggi si pensa per esempio che, proprio nelle fasi di Enactment, quando il paziente ti porta in un gioco relazionale e te sei in grado
di analizzare quello che sta accadendo, è la principale modalità per far fare coscienza ed esperienza al paziente di una modalità
relazionale e di poterne proporre un’altra.

Spesso alcune teorie inducono una sensazione per il terapeuta di poter controllare quello che succede all’interno della terapia, ma
questo non è completamente vero, i terapeuti partecipano alla relazione e non possono controllare tutto (sia punto di forza che di
debolezza) → Quindi in buona sostanza il paziente può indurre reazioni nel terapeuta rimettendo in atto dinamiche relazionali a lui
familiari.
Il concetto di identificazione proiettiva (*) di Melanie Klein e di enactment controtransferale sono diventati parte integrante del
lavoro di ogni giorno di psicoanalisti e psicoterapeuti psicodinamici. → In sostanza il concetto di identificazione proiettiva e quello
di enactment controtransferale ovvero la conseguenza di questo meccanismo di difesa sono fortemente connessi.

(*) Il concetto di identificazione proiettiva si è evoluto in due fasi:


1. Una rappresentazione di sé o di una parte di sé o di un oggetto viene disconosciuta proiettivamente attraverso il suo
spostamento inconscio su un’altra persona (quindi una parte di me che non riconosco la “butto dentro” \proietto su un’altra
persona per cercare o di controllarla o di gestirla nella relazione. Questo fa si che il terapeuta si senta esattamente come una
delle figure del passato del paziente, oppure come il paziente stesso. Se questo accade nelle relazioni all’esterno della terapia,
è molto probabile che l’interlocutore giochi la parte del passato. È proprio la qualità del terapeuta che permette di vivere e
leggere quella relazione. Abitualmente tutti noi lo facciamo nelle relazioni esterne e probabilmente i nostri interlocutori
“cascano” in questo gioco e recitano le parti del nostro passato non permettendo una interazione evolutiva).
2. Il soggetto che proietta questa parte di sé esercita una pressione interpersonale che spinge l’altra persona a sperimentare o a
identificarsi inconsciamente con quanto è stato proiettato (controtransfert).

H. RACKER: si impegnò particolarmente nello studio del controtransfert evidenziando l’importante differenza tra
CONTROTRANSFERT CONCORDANTE (in cui il terapeuta risponde empaticamente al pz) e CONTROTRANSFERT COMPLEMENTARE
(in cui il terapeuta si identifica con la rappresentazione proiettata di un oggetto del pz, sentendosi così come lui poteva essersi
sentito come una parte di sé che il pz non accetta: il terapeuta si sente esattamente come il pz). Per il terapeuta la sfida è riuscire
a identificare l’origine degli elementi che contribuiscono a generare un particolare controtransfert. La cosa impo quando si attiva
un enactment è da una parte stare nella relazione, dall’altra avere la forza e la lucidità di vivere e vedersi vivere in quel momento
(stare nella relazione e riflettere su essa e al pz si chiede di riuscire a riflettere su quello che sta accadendo sul piano emotivo): il
pz tenta inconsciamente di comprendere quanto il terapeuta sia in grado di tollerare gli stati interni per lui difficili e che gli
sembrano insopportabili. (NB: quello che Bion chiama capacità negativa). È come se il pz dicesse “sai fare tu quello che le mie
figure di riferimento in infanzia non sono stati in grado di fare?” cioè contenere angosce profonde. → Quando si è in terapia
probabilmente si cerca di rimettere in gioco quella scena (che era fallita) per vedere se riesce una relazione diversa e quindi un
cambiamento

ANTONIO FERRO: in linea con Bion, il compito del terapeuta è quello di restituire bonificati alcuni contenuti emotivi (es. rabbia,
aggressività) che il pz teme di non saper gestire ed in qualche modo il terapeuta viene forzato a sentirli dentro di sé per poi
restituirli in forma tollerabile o pensabile (analogo a quello di Bion: passaggio tra le funzioni alfa e beta, rendere
rappresentabile/immaginabile/vivibile (alfa) ciò che non appare rappresentabile (beta).)

THOMAS HOGDEN: ha osservato che l’identificazione proiettiva è una caratteristica universale dell’esteriorizzazione di una
relazione oggettuale interna e quindi del transfert; ciò che varia è l’intensità con cui il terapeuta viene chiamato a partecipare a
questo processo di esternalizzazione, ci sono quindi delle situazioni che catalizzano queste energie emotive.

PHILIP BROMBERG: ritiene che gli enactment in terapia siano il modo più efficace per il paziente di riesperire assieme al terapeuta,
riconoscere ed integrare esperienze e parti di sé dissociate.

JESSICA BENJAMIN: teorizza che gli enactment, se ben gestiti, possono generare un’alleanza verso un terzo polo esperienziale
condiviso tra paziente e terapeuta (come avrebbe dovuto essere in origine tra madre e figlio) che permetta di uscire dalla logica di
chi agisce\chi è agito o attivo\passivo che consente di costruire insieme una nuova realtà basata sulla cooperazione e sulla co-
costruzione. (NB: lo abbiamo visto nell’ Infant Research in cui madre e figlio si danno continuamente dei ragguagli per comunicare
con più chiarezza. Lei dice che questa logica del “terzo polo esperienziale” è un modo in cui entrambi (pz e terapeuta) condividono
il modo di guardare la loro relazione)

Probabilmente la semplice capacità del terapeuta di resistere agli attacchi e di contenerli può essere uno tra i principali fattori nel
promuovere il cambiamento terapeutico (Winnicott, Bion) poiché offre nell’esperienza la possibilità di apprendere un nuovo
schema relazionale. Gli aspetti traumatici sono probabilmente dovuti al fallimento del contenimento da parte dei caregiver.
Quando il paziente, a seguito di questo contenimento o comunque percependo una dinamica che si differenzia dalle situazioni
passate, può riprendere consapevolezza senza sentirsi più incapace di tollerarle e gestirle.
La capacità di saper leggere in sé i motivi di una attivazione controtransferale è da considerarsi una importante e tipica
competenza di un moderno terapeuta di formazione psicodinamica; qui il terapeuta è chiamato molto in causa nella relazione,
richiede una partecipazione più intesa da un punto di vista emotivo e non si pone come l’esperto ma mantiene un atteggiamento
umile.

Utilizzare il controtransfert per fornire una interpretazione (“Lei, in questo momento, sta facendo sentire me, come Lei si sentiva”
oppure “Lei sta trattando me come trattava suo padre\madre”) può essere una opportunità che presenta anche fattori di rischio.
La possibilità di interpretare partendo dal controtransfert è in relazione:

• Alla solidità della struttura psichica del paziente ovvero della sua capacità di percepire il transfert e il controtransfert come un
gioco di finzione e non come realtà concreta; alcuni pz non sono disposti ad accettare questa interpretazione, la vedono
come il tentativo da parte del terapeuta di scaricare i suoi sentimenti su di loro/un modo di dare a loro la responsabilità,
l’interpretazione deve essere fatta se il pz ha buone capacità riflessive
• Ad una consolidata alleanza terapeutica: se si è creata alleanza terapeutica, è evidente che il paziente non penserà che gli
venga scaricata addosso una responsabilità ma che insieme state cercando di comprendere alcune dinamiche.
quindi: transfert e controtransfert possono essere visti come le due facce di una stessa medaglia. Una delle grandi evoluzioni della
psicoterapia psicodinamica è uscire dalla logica terapeuta-paziente e avere come oggetto la relazione che si crea tra i due e che
includa i due.
** CONCETTO IMPO**
sul piano relazionale è ormai sufficientemente condiviso che una progressiva esplorazione, chiarificazione e comprensione dei
propri modelli relazionali sia più efficace attraverso gli enactment piuttosto che con le interpretazioni poiché questi avvengono
attraverso l’esperienza e con un certo grado di partecipazione emotiva che coinvolge entrambi i membri della coppia terapeutica,
mentre l’interpretazione così com’erano intese in passato riguardavano il paziente come oggetto non come soggetto che sta
all’interno della relazione. Questa differenza è sottile ma molto importante perché riconosce la parte attiva del terapeuta
all’interno della relazione.

Altra cosa connessa e interessante: SELF-DISCLOSURE = ovvero la comunicazione di sentimenti o piccoli aspetti della vita
personale del terapeuta. Prima il terapeuta si metteva sul lettino proprio perché non doveva avere nessun ruolo nella vita del pz,
era solo un osservatore esterno; mentre in realtà l’apertura può essere utile (anche se va utilizzata con molta cautela), soprattutto
per comunicare una passata comunicanza simpatetica; quindi, uno stesso soffrire che è stato affrontato e da cui ci si può
emancipare.

ALCUNI TIPICI VISSUTI CONTROTRANSFERIALI (Gabbard):


• Il terapeuta salvatore: il desiderio di salvare il paziente è pervasivo negli individui che scelgono di essere psicoterapeuti.
Penso di essere l’unico in grado di capire e quindi di salvare il paziente; queste dinamiche hanno a che vedere non solo con la
sollecitazione della onnipotenza del terapeuta ma anche con un implicito desiderio distruttivo nei suoi confronti se non
aderisce a tali ideali.
• Il terapeuta annoiato o assonnato: ci sono pazienti che annoiano. Spesso i pazienti ossessivi o depressi che quindi tendono ad
essere monocordi possono generare questo tipo di emozione. In questo caso bisogna escludere motivi oggettivi e se questo
fenomeno si riferisce specificatamente ad un paziente ed è ripetitivo probabilmente siamo di fronte ad un controtransfert
che deve quindi essere analizzato. L’essere assonnati può essere un modo per difendersi (es. pz depresso). La domanda più
giusta da porsi è che cosa il paziente cerca di ottenere inducendo negli altri un simile stato (anche pz ossessivi o narcisisti
• Il controtransfer erotico: l’aspetto più importante è evitare di attribuirlo semplicemente ad un comportamento seduttivo
della paziente. Sostanzialmente il controtransfert erotico si presenta come difesa poiché è orientato alla distruzione del
setting e quindi alla fine della terapia.
Un particolare vissuto terapeuti controtransferale è quello di sentirsi bloccato su una specifica dinamica relazionale in cui le parti
vengono reiterate in modo complementare. È come se sentissimo qualcosa che non ci appartiene veramente, non appartiene
molto alla nostra storia. In questo modo è possibile capire che siamo implicati o portati in un enactment. Due es. tipici:
1. Eccessiva idealizzazione iniziale: che può nascondere invidie o desideri nei suoi confronti che non tarderanno a manifestarsi.
Succede spesso all’inizio in cui il pz ad es. dice “oh finalmente qualcuno che mi capisce”
2. Sviluppo transfert psicotico paranoideo: il terapeuta può essere indotto ad un trattamento speciale per un pz e può essere
incolpato del totale fallimento (pz paranoico tiene lontano l’altro per paura della relazione intima)

Sono entrambi accumunati dalla indebita accettazione di una funzione impossibile (ci attribuiscono un ruolo che non possiamo
sostenere). In entrambi i casi la situazione terapeutica è finalizzata alla ricerca di un colpevole esterno al proprio disagio

BLOCCO CONTROTRANSFERALE = la minaccia di agiti aggressivi o erotici possono mettere sotto pressione il terapeuta e bloccare il
suo proficuo funzionamento mentale.

SOGGETTIVITA’
La terapia psicodinamica serve a far emergere il VERO SE’ del pz e destrutturare il FALSO SE’ costruito per rispondere ad
aspettative parentali, ambientali e sociali al fine di generare accettazione ma perdendo un certo grado di autenticità e di rispetto
per la propria individualità. Un compito fondamentale che gli psicoterapeuti psicodinamici si propongono è quello di aiutare i
pazienti a capire chi sono e che cosa vogliono fare della loro vita. La psicoterapia è utile ed adeguata se risponde ai bisogni del
paziente e non se aderisce ad una procedura standard (≠ dalla cognitivo comportamentale dove il terapeuta è un esperto che
aiuta il pz a raggiungere obiettivi pragmatici; mentre nella psicodinamica il terapeuta ascolta, comprende e favorisce il pieno
sviluppo di una personalità partendo dall’esperienza su di sé dell’efficacia del metodo che utilizza → il terapeuta ha una posizione
umile e si rende ben conto di come sta il pz dall’altra parte, non può mai avere un atteggiamento di superiorità ma di empatia e di
parità)

MECCANISMI DI DIFESA E RESISTENZE


I meccanismi di difesa secondo la concezione classica avevano la funzione di evitare che la persona diventi consapevole di desideri
sessuali aggressivi e dell’angoscia/paura ad essi connessa; ad oggi le difese vengono viste come meccanismi diretti a preservare un
senso di autostima di fronte a vergogna e vulnerabilità narcisistica quindi dotate di una funzione da significare più che oppositori
della cura. Abbiamo vari livelli di difese: lo stile difensivo adottato dal pz parla anche della gravità del disturbo
DIFESE • SCISSIONE = divisione delle esperienze di sé in cattive e buone per impedirne l’integrazione (lo facciamo
PRIMITIVE spesso in modo involontario ma le esperienze non sono mai tutte buone o cattive, la maturità corrisponde
al riconoscere la complessità degli eventi e delle relazioni)
• IDENTIFICAZIONE PROIETTIVA = tendenza a mettere negli altri parti non gradite di sé tanto da spingere
inconsciamente l’interlocutore a recitare una parte nei propri modelli operativi (ti induco a giocare il ruolo
che voglio, “controllo delle cose che mi fanno paura e le metto dentro di te”)
• NEGAZIONE = disconoscere dati della realtà difficili da affrontare emotivamente, modo per togliere davanti
alla propria attenzione emotiva un problema
• DISSOCIAZIONE = separare dalla coscienza esperienze traumatiche o negative al fine di mantenerne un
controllo. Non è un processo conscio, è una modalità per difendersi dal ricordo di esperienze traumatiche.
• IDEALIZZAZIONE = attribuzione di caratteristiche di perfezione atte ad evitare sentimenti negativi come
disprezzo invidia rabbia
• ACTING-OUT = messa in atto impulsiva di desideri o fantasie. È il trasformare in azione alcune fantasie o
desideri, questo livello è uno dei più difficilmente interpretabili, traduzione in atto di qualcosa che non è al
momento elaborabile. (es. anche somatizzazioni).
(ACTING-OUT ≠ ACTING- IN: il primo è la riproduzione di ricordi/verbalizzazioni sotto forma di azione al di fuori
della terapia; il secondo è una forma di comunicazione non verbale che indica significato consci ed inconsci che
avviene durante la seduta, si rimane nel contratto e si può elaborare ed osservare direttamente, si presenta
come opportunità di dare spiegazione a qualcosa che generalmente viene ripetuto inconsciamente → entrambi
resistenze che veicolano significati nel transfert)
• SOMATIZZAZIONI = conversione della sofferenza emotiva in sintomi fisici.
• REGRESSIONE = ritorno ad una fase anaclitica della relazione di totale dipendenza. È un modo di mettersi
totalmente nelle mani dell’altro rinunciando alle proprie responsabilità, “fai tu”.
• FANTASIA SCHIZOIDE = ritiro in un mondo fittizio privo di conflitti.
DIFESE • INTROIEZIONE = gestire la perdita interiorizzando aspetti significativi anche negativi per controllare.
NEVROTICHE • IDENTIFICAZIONE = interiorizzare caratteristiche di una persona per diventare come questa rispetto a
caratteristiche identitarie. (“Mi identifico con...”)
• SPOSTAMENTO = trasferimento di sentimenti a un oggetto a un altro che presenta somiglianza con
l'originale.
• INTELLETTUALIZZAZIONE = uso del pensiero astratto al fine di evitare le emozioni disturbanti
• ISOLAMENTO DELL'AFFETTO = separazione di un'idea dalla emozione adesso associato (= separare un’idea
dal suo contenuto emotivo)
• RAZIONALIZZAZIONE = giustificazioni di comportamenti o atteggiamenti ex-post al fine di renderli tollerabili
alla coscienza (= spiegare un’idea a posteriori).
• SESSUALIZZAZIONE = attribuzione di significato sessuale al fine di rendere eccitante e stimolante
un’esperienza negativa.
• FORMAZIONE REATTIVA = trasformazione di un desiderio o impulso inaccettabile nel suo opposto.
• RIMOZIONE = eliminazione di idee o impulsi inaccettabili bloccando accesso alla coscienza (meglio della
negazione perché la rimozione si può andare a riprendere).
• ANNULLAMENTO RETROATTIVO = ridefinizione di un comportamento in modo più accettabile valorizzando
aspetti opposti. (faccio un’azione affinché se ne annulli un’altra che mi disturba, tipico DOC)
DIFESE • UMORISMO = Tentare di trovare elementi comici e ironici in situazioni difficili per ridurre disagio.
MATURE Difficilmente ci saranno psicotici gravi autoironici in quanto essi non sanno simbolizzare.
• REPRESSIONE VOLONTARIA = intenzione di non prestare attenzione a contenuto spiacevole.
• ASCETISMO = tentativo di eliminare gli aspetti spiacevoli dell’esperienza orientandosi verso obiettivi
spirituali.
• ALTRUISMO = subordinazione di propri bisogni a quelli altrui.
• ANTICIPAZIONE = differimento di una gratificazione favorendo una pianificazione successiva.
• SUBLIMAZIONE = trasformazione di obiettivi criticabili in alternative socialmente accettabili.

“la RESISTENZA accompagna il trattamento ogni passo; ogni singola situazione, ogni atto della persona in trattamento deve fare i
conti con la resistenza, e rappresenta un compromesso tra le forza tendenti alla guarigione e quelle che si oppongono ad essa.” Le
resistenze del pz non hanno solo una funzione negativa di opposizione al trattamento ma:

a) Indicano la presenza di temi dolorosi = per questo vanno trattate con molto riguardo, vanno spiegate, va capito perché si
sono costruite, si lavora sul pz affinché rinunci a queste resistente che un tempo magari lo hanno salvato ma che ad oggi non
sono più utili
b) Hanno il fine di evitare la paura dell’ignito e del nuovo = tutti noi di fronte al cambiamento sviluppiamo ansia e resistenze che
tendono a proteggerci dalla paura
c) Tendono a perpetuare schemi disfunzionali ma rassicuranti perché noti
d) Contribuiscono a conservare una immagine di sé accettabile
Con Winnicott ma ancora più con Kohut, le resistenze sono sempre meno considerate come difese da pulsioni sessuali aggressive,
ma sono attività “al servizio della sopravvivenza psicologica, ossia come risultato dei tentativi del paziente di salvare almeno
questo settore del Sé nucleare (mantenere lo status quo).
- Winnicott: Resistenze = il falso sé è il bambino che si adatta ai bisogni della madre, cioè si snatura, lascia il vero sé da parte
perché non può mettersi in relazione; perciò, costruisce una dimensione in cui si adatta all’esterno.
- Kohut: Resistenze = tentativi di salvare il sé nucleare.
Spesso le brevi frasi che il paziente pronuncia dopo essersi alzato e subito prima di uscire dalla stanza sono particolarmente ricche
di contenuti transferali; in questi casi si nota il conflitto: questo tipo di commenti vengono fatti alla fine sotto la pressione del
tempo che stringe tra il desiderio di comunicare e quello di nascondere.

SOGNI – DESIDERI – FANTASIE


I SOGNI come aveva sottolineato Freud, sono la via regia per l’inconscio. Noi sogniamo, ci ricordiamo il sogno ma non scegliamo
cosa sognare, il contenuto dei sogni non è sotto il controllo della nostra coscienza e non può essere determinato
volontariamente.)

Quanta importanza occupano i sogni nella terapia psicodinamica? Secondo le principali scuole, ad oggi ha un ruolo secondario,
non scientifico. Oggi sappiamo che il sogno è un processo di elaborazione, ma viene usato, come diceva anche Lingiardi, come un
testo/narrazione da elaborare insieme al paziente. Ancora oggi non è nota l’esatta funzione del sogno. Attualmente in campo
psicodinamico si ritiene che i sogni possano rappresentare, oltre che a desideri infantili incosci, anche altri processi come:
• Paure, conflitti.
• Tentativi ricorrenti di controllare o metabolizzare esperienze traumatiche (se un sogno si ripresenta più volte, vuol dire che è
presente un tema caldo, un nodo che la nostra elaborazione tenta di sciogliere)
• Messa in scena di pattern relazionali che riguardano il principale del sogno e le altre figure della scena che, in linea generale,
possono essere interpretate come istanze inconsce
NB: già Bion ipotizzava che il sogno avesse la funzione di metabolizzare, di digerire, le esperienze psichiche e le relazioni diurne

Freud riteneva che il sogno fosse soggetto a MECCANISMI psichici di elaborazione successivi o durante la sua produzione:
1. Condensazione: combinazione in una sola immagine di più desideri, sentimenti o impulsi.
2. Spostamento: trasferimento di una emozione o comportamento su un altro individuo, cioè un personaggio del sogno recita
una parte che ci riguarda o qualcosa che ci è difficile ammettere a noi stessi.
3. Rappresentazione simbolica: esempio classico sono contenitori e contenuti come simboli degli organi sessuali
Quando leggiamo i sogni teniamo presente il vissuto (emozione del pz che non si possono controllare) e la dinamica (modo in cui
le cose vanno nel sogno

Esiste anche una ELABORAZIONE SECONDARIA: secondo l’originaria formulazione freudiana probabilmente in un secondo
momento, il sogno grezzo viene sottoposto da parte della nostra mente cosciente a un processo di organizzazione e
linearizzazione per rendere il sogno più coerente → questo presuppone l’intervento di strutture corticali, anche se sul piano
scientifico sembra che le cose non vadano così. (**vedi approfondimento neuroscienze**)

**APPROFONDIMENTO: COSA DICONO LE NEUROSCIENZE? **


Attraverso l’utilizzo di PET e fMRI è stato dimostrato che le regioni limbiche e paralimbiche del cervello che controllano
emozioni e motivazioni sono estremamente attive durante il sonno REM mentre la corteccia prefrontale risulta disattivata.
NB: questo avvalorerebbe la chiave di lettura junghiana del sogno che lo considera una diretta espressione simbolica
dell’inconscio e non considera presente una elaborazione secondaria del sogno. Sempre Jung: Oltre ai semplici ricordi, che
sono la maggior parte, possono affiorare pensieri veramente nuovi e idee creative che non erano mai state coscienti.
Dobbiamo sempre tenere presente che il materiale onirico non consiste necessariamente soltanto di ricordi, ma racchiude
nuovi pensieri che non sono ancora coscienti → il sogno è, oltre a un modo per proiettarsi nel passato, anche un modo per
proiettarsi al futuro e risolvere un conflitto. Aldo Carotenuto diceva spesso che leggendo i nostri sogni possiamo avere un’idea
del nostro sviluppo perché si nota se alcuni sogni si ripetono, se alcune dinamiche hanno successo etc.
Non c’è, invece, come si riteneva fino a pochi anni fa, perfetta coincidenza tra sonno REM e sogno. Oggi sappiamo che
possiamo sognare anche durante il sonno NREM.
Musicco: “Il tema dell’interpretazione dei sogni sembra essere oggi uno dei più aleatori e meno scientifici della terapia
psicoanalitica. Alcuni elementi del sogno, ad esempio lo stato d’animo e le emozioni del sognatore durante e dopo il sogno e la
finalizzazione delle azioni al suo interno - la vera e propria dinamica (blocco, riuscita etc.) del sogno - possono essere
difficilmente distorte dall’interpretazione.” Come ci si risveglia è interessante per capire se il sogno è un tentativo riuscito
dell’elaborazione o un blocco di questa.
L’ipotesi che il sogno possa essere un ponte ed una traduzione di inconscio in coscienza ha, tra l’altro, anche un corrispettivo
dal punto di vista neurobiologico poiché la distruzione di alcune specifiche aree del cervello che fanno da ponte tra le parti più
arcaiche del cervello (inconscio) e quelle corticali (coscienza) determinerebbe la cessazione totale dell’attività onirica.
Solms e O. Turnbull: “il generatore dello stato onirico, la prima di tali regioni è la zona di transizione tra la corteccia parietale,
quella temporale e quella occipitale, nella parte posteriore del prosencefalo (..) le lesioni di quest’area (da uno qualsiasi dei due
lati del cervello) producono una cessazione totale del sognatore”.

RUOLO DEL DESIDERIO NEL SOGNO = il desiderio ha un ruolo centrale all’interno del modello classico o pulsionale perché
rappresenta il conflitto tra desideri inconsci e impedimenti della realtà (Io) o della morale (SuperIo), e il sogno veicola tali desideri.
Quindi il sogno evidenziava le spinte motivazionali, identificate con desideri sessuali inaccettabili e quindi rimossi.
Jung invece sostenne che i contenuti dell’inconscio non erano sessuali perché lì vi erano archetipi che avevano a che vedere con
tutte le popolazioni umane, anche di diverse etnie e regioni geografiche. Anche nei sogni di popolazioni non occidentali si trovano
elementi comuni. I contenuti onirici sono come le idee platoniche, cioè un contenitore che genera idee = archetipi. Questo
sostiene l’idea junghiana di inconscio collettivo.
Secondo gli sviluppi successivi, il desiderio sarebbe al servizio di bisogni di autoconservazione, di conservazione della specie e di
soggettivazione.
Prima di divenire desiderio sessuale e desiderio di conoscenza per potersi sviluppare, ha precedentemente bisogno di un sistema
di attaccamento e dello sviluppo di una base sicura. Lichtemebrg dice che il desiderio è al servizio di 5 fondamentali sistemi
motivazionali: 1) regolazione psichica delle esigenze fisiologiche; 2) attaccamento-affiliazione; 3) esplorativo-assertivo; 4)
avversivo di antagonismo e ritiro; 5) sensuale-sessuale.

RUOLO DELLE FANTASIE NEL SOGNO = anche le fantasie sono importanti perché la fantasia cela un desiderio ed è un modo per
compensare alcune delusioni derivanti dalla realtà. Le fantasie più intime tendono ad essere celate per timore di giudizio o rifiuto
ma di solito incarnano i contenuti più importanti.
Le fantasie, generalmente, tendono a concentrarsi su quello che Luborsky definiva il tema relazionale conflittuale centrale (CCRT):
sono quindi importanti rivelatori dei foci (focus) emotivi del paziente, per questo diventano importanti strumenti terapeutici.
Di solito la fantasia è il contraltare di una difficoltà, cela un desiderio e inventa una realtà opposta sullo stile della formazione
reattiva.

PRATICA PSICOTERAPEUTICA
I possibili obiettivi della psicoterapia psicodinamica possono essere i seguenti:
• Risoluzione del conflitto Secondo il metodo classico l’obiettivo
• Ricerca della verità (può accadere che durante la terapia possono emergere principale era FAVORIRE L’INSIGHT
ricordi, ma dobbiamo stare molto attenti alla sua veridicità. In realtà obiettivo attraverso: focalizzazione di temi
della terapia non è la ricerca del trauma infantile) conflittuali – interpretazione – fornire
• Capacità di cercare oggetti Sé più adeguati (cercare qualcuno che risponda a dei al pz un punto di vista esterno
bisogni relazionali che non sono stati soddisfatti)
• Miglioramento delle relazioni interpersonali (di solito le sofferenze psicologiche rendono complesse le relazioni con altri e
condiziona il comportamento)
• Creazione di significato (tutte le terapie hanno questo obiettivo)
• Miglioramento della mentalizzazione (soprattutto in strutture di personalità impulsive o che hanno difficoltà a dare significato
al mondo emotivo)
• Sviluppo di un nuovo modo di pensare alle proprie esperienze (dare significati agli eventi e leggere in modo diverso i propri
vissuti)

VALUTAZIONE INIZIALE /ASSESSMENT

L’ANALISI DELLA DOMANDA


Per ANALISI DELLA DOMANDA intendiamo come il pz è arrivato alla nostra osservazione e i contenti del primo colloquio, sono
fondamentali perché contengono informazioni preziosissime. Spesso è proprio in questo primo colloquio in cui si stipula un
adeguato CONTRATTO TERAPEUTICO e si crea quell’ALLEANZA TERAPEUTICA che sono le premesse per il buon esito della terapia.
→ In particolar modo l’ALLEANZA TERAPEUTICA è fondamentale: la ricerca ha evidenziato che la relazione con i pz ha una
funzione più importante di qualsiasi tecnica specifica nel produrre risultati positivi, è il fattore più rilevante nel determinare
l’outcome

Non sempre però il pz si presenta spontaneamente, delle volte arriva per mille altri motivi che non sono fare qualcosa per se
stessi (es. tribunale, mobbing) → ci serve però che la domanda di cura la faccia il diretto interessato o comunque che diventi una
motivazione del diretto interessato anche se quest’ultimo arriva per altri motivi (si può trasformare una domanda indotta in una
domanda personale). È però fondamentale che il contratto sia con il pz e che non ci siano altre condizioni esterne che possano
pregiudicare l’effetto finale, anche prima del primo colloquio.
Il sintomo, attraverso cui viene generalmente veicolata la domanda di cura, deve essere modernamente letto come indicatore di
un desiderio di cambiamento piuttosto che il segno di una patologia. Ci si deve sempre domandare perché il paziente è qui, come
si può dare una mano, dove è bloccato, non a che malattia ha → non si pensa in termini di malattia ma in termini evolutivi. Il
blocco non è malattia, di solito ha un senso (non è casuale che capiti una certa cosa in un determinato momento).
IMPO: il pz quando viene da noi ci attribuisce la capacità di cura, lui attribuisce al terapeuta una funzione di auto-cura e noi
dobbiamo accoglierla per gioco, giocando → dobbiamo fingere di essere colui che SA rispetto a quello che non sa. Il paziente
pensa che tu sia colui che sa e che lo curerà, in realtà sei semplicemente un umano di fronte a un altro umano ma questa delega,
questa attribuzione di capacità di cura, la dobbiamo considerare come l’attivazione di capacità auto-terapeutiche → lui la
attribuisce a noi ma in sé è partita già questa cura.
Prima di avviare una psicoterapia psicoterapia psicodinamica è bene lasciare pensare il pz e farlo decidere in base a delle info il più
chiare possibili. Per i terapeuti giovani i primi approcci saranno difficili, sarà bene puntare sulla serietà ed impegno.

VALUTAZIONE DELLO STILE DIFENSIVO /RESISTENZE DEL PZ


Il terapeuta di orientamento psicodinamico oggi vede «le difese» come meccanismi diretti a preservare un senso di autostima di
fronte a vergogna e vulnerabilità narcisistica quindi dotate di una funzione da significare più che oppositori della cura.
La qualità delle difese identifica in qualche modo anche la gravità del disturbo. Più esse sono primitive più hanno a che fare in
ipotesi con disturbi gravi. (**vedi meccanismi di difesa**)
Es. ritardi ed assenze, se non legati ad eventi eccezionali devono essere considerati come una forma di resistenza (ritardo:
tentativo di esercitare controllo nella relazione; assenza: dipende dal significato simbolico, per i border può essere una conferma)

VALUTAZIONE DELLA CAPACITA’ DI MENTALIZZAZIONE


Un’altra capacità che dobbiamo cercare di valutare molto bene nei primi colloqui è la CAPACITA’ DI MENTALIZZAZIONE o
FUNZIONE RIFLESSIVA = saper riflettere sia su come si funziona che si come funziona l’altro, quindi riconoscere il punto di vista
dell’altro e riconoscere che l’altro può funzionare in modo diverso da noi. (sapersi vedere dall’esterno). Nell’ottica di Winnicott
può essere vista come la capacità di giocare e di valutare la relazione con la rappresentazione. → per poter fare un lavoro
psicoterapeutico è necessario che ci sia una buona capacità di mentalizzazione

Il termini Piagetiani si parla di PENSIERO NON CONCRETISTICO = durante lo sviluppo si dovrebbe passare da un pensiero
operatorio concreto ad un pensiero astratto. Ad es. avere un pensiero concreto è tipico degli psicotici, essi delle volte confondono
l'oggetto concreto con il pensiero che lo rappresenta, non hanno la capacità di simbolizzare. Quindi avere un pensiero non
concretistico e la capacità di astrazione con una forma di pensiero astratto abbastanza evoluto è fondamentale.

NB: infatti nel PDM 2 è necessario valutare anche il livello di organizzazione della personalità e il funzionamento mentale di quella
diagnosi (**vedi PDM**)

VALUTAZIONE DELLE CARATTERISTICHE DEL PZ


È importante valutare le caratteristiche del pz per verificare se queste siano idonee per la psicoterapia psicodinamica
esplorativa/espressiva; dovrebbero essere valutate nel corso dei primi colloqui. → in linea generale è adeguato a pz con stile di
attaccamento relativamente sicuro, buone capacità introspettive, e capacità di stare nel setting

a) FORTE MOTIVAZIONE ALLA COMPRENSIONE DI SÉ = la psicanalisi si basa sull’analisi dei propri comportamenti e sulla loro
comprensione, soprattutto delle dimensioni emotive della relazione (NB: all’epoca si pensava che quelle relazionali dovessero
dominare quelle emotive. In qualche modo oggi si pensa ad una integrazione più matura e ad una interazione più armonica
tra gli elementi razionali cognitivi e quelli della dimensione emotiva). È complesso se il pz ci chiede “lascia tutto uguale ma
togli il sintomo)
b) UN SIGNIFICATIVO GRADO DI SOFFERENZA EMOTIVA = quella sofferenza è anche una spinta motivazionale al cambiamento e
quindi aumenta la motivazione ad intraprendere un percorso psicoterapico, se non c’è sofferenza emotiva non c’è
motivazione. L’elemento di sofferenza corrisponde con la percezione che la propria vita venga completamente prosciugata
dai sintomi
c) BUONA TOLLERANZA ALLA FRUSTRAZIONE = vedere se il pz è adatto ad un lavoro di lungo periodo, è un trattamento che
frustra molto il pz, egli non ottiene rassicurazione, consolazione, pacche sulle spalle; tutto si svolge sul piano della parola;
quindi, tutto viene veicolato attraverso la parola e viene a mancare la soddisfazione immediata dei bisogni, c’è una
soddisfazione simbolica di un bisogno ma non una soddisfazione concreta dello stesso.
d) MENTALITÀ PSICOLOGICA CHE RENDE POSSIBILE L'INSIGHT = è necessario che sia una persona di buon funzionamento
cognitivo, nella misura in cui è molto raro che una persona con scarse funzionalità cognitive si avvicini alla psicoterapia di ogni
tipo.
e) CAPACITÀ DI PENSARE PER ANALOGIE E METAFORE = ovvero la capacità di mentalizzazione di cui abbiamo parlato prima che
permette di poter parlare per analogie e metafore.
Gabbard fa una distinzione tra la PSICOTERAPIA ESPRESSIVA (psicoanalisi classica) e quella SUPPORTIVA (terapia non del profondo
ma di sostegno) → in realtà fanno parte di un continuum, non sono due categorie separate. Ci sono però delle indicazioni che
indirizzano verso una terapia supportiva (anche se oggi moderatamente gli strumenti più supportivi e meno interpretativi possono
avere un’efficacia e valenza terapeutica quasi tanto gli altri). L’orientamento della terapia verso il polo espressivo è legato anche
alla frequenza delle sedute. In questo caso il transfert diventa oggetto centrale degli interventi del terapeuta. Le ricerche sugli esiti
ci suggeriscono che una maggior frequenza delle sedute è associata ad un più rapido conseguimento di esiti positivi
• Presenza di una grave crisi esistenziale
• Scarsa tolleranza alla frustrazione e all'ansia.
• Eccessiva concretezza (persone che hanno bisogno di una convalida della loro esperienza).
• assenza di mentalità psicologica, scarsa capacità introspezione, ridotta capacità di osservazione
• Livello intellettivo non eccelso
• Difficoltà nell’instaurare una relazione di fiducia col terapeuta (antisociali, gravi border)

Generalmente la terapia psicodinamica NON è indicata per:


• Schizofrenia (anche se Bion in passato ha fatto un tentativo)
• Psicosi in fase florida: questo perché il contatto con la realtà e la capacità di stare nel setting in un pz delirante e maniacali
sono molto relative, anche se dipende dal livello di sofferenza.
• Gravi psicotici cronici: tuttavia possono essere accolti in quanto sentono un riconoscimento e un ascolto grazie al rapporto
con il terapeuta, che spesso non trovano nella vita di tutti i giorni.
• Pazienti adulti con tendenze antisociali: le tendenze antisociali di solito non sono un fattore predisponente alla psicoterapia di
nessun approccio teorico, perché la difficoltà principale di questo disturbo è rispettare regole e ruoli.
• Gravi borderline: hanno difficoltà a mantenere il setting o possono essere al limite del rispetto del setting
• Abusatori di sostanze attivi: in fase florida di uso attivo di sostanze è difficile stabilire un setting, questo non è vero se sono in
fase di astensione dell’uso, allora si può fare psicoterapia. Con questi pz si riesce in qualche modo a lavorare con le angosce
che di solito venivano affrontate con l’uso delle sostanze. NB. Per le dipendenze dipendo molto da come è strutturato il
servizio di cura. Il pz in astinenza che cerca uno spacciatore non è in grado di rispettare un appuntamento. Per prima cosa è
fondamentale che ci sia motivazione alla cura, per cui si stabilisce un rispetto del setting.

FORMULAZIONE FINALE

Tutto il processo di valutazione dovrebbe portare alla FORMULAZIONE FINALE = ci facciamo un’idea se possiamo portare avanti o
meno una psicoterapia psicodinamica. La fase di valutazione dovrebbe durare 4-5 sedute per poi arrivare a stabilire un contratto
terapeutico. Alla fine, dovremmo avere un’idea su:

• Quadro clinico (storia personale e familiare) e funzionamento mentale


• Ipotesi esplicative: ipotesi del funzionamento mentale della persona, cioè del livello di stile difensivo del soggetto normale,
nevrotico, border o psicotico. Dobbiamo avere in chiave dinamica delle ipotesi esplicative che spiegano il sintomo che il
paziente riporta nella situazione attuale in relazione a quei modelli operativi interni che sono maturati nel corso dello
sviluppo e che si sono strutturati nel corso degli anni
• Ridefinizione della domanda: ridefinizione della domanda in termini dinamici, di forze della psiche, intenzioni, volontà.
• Programma terapeutico (attenzione agli elementi emotivi e influenza di questi su stile cognitivo e comportamento): nei servizi
privati il contratto stabilisce a priori il n. di sedute totali, è un contratto che dev’essere sottoscritto dal pz. La psicoterapia
psicodinamica in genere è orientata a continuare il contratto terapeutico fino a che la persona non si sente abbastanza bene
da poter lasciare la terapia. Il momento di conclusione è anche il momento in cui sente di aver appreso quegli strumenti, la
capacità di leggere le situazioni invece che subirle.
• Prognosi: Bisogna avere idea grosso modo di dove posso arrivare con quel pz, senza avere illusioni onnipotenti e neanche
sentirsi impotenti. Questo è l’aspetto più complesso.

Riassunto video:
- Will hunting: focus sull’alleanza terapeutica
- Terapia di Rogers: terapia centrata sui bisogni del cliente (opposta alle psicoterapie dell’Io) che sottolinea l’attenzione ai
bisogni del pz, siamo noi che dobbiamo adattarci ai bisogni del pz e non il pz alle nostre modalità terapeutiche (ruolo molto
più rispettoso dei bisogni emotivi e affettivi del pz, anche attraverso la prossemica, è molto più attivo nel sostegno del pz e
non lo lascia distante)

SETTING
Il setting rappresenta la cornice delle regole all’interno delle quali si inseriscono le sedute terapeutiche, ed include:
• Durata delle sedute e cancellazione (di solito le sedute durano 40-60 min, di solito sarebbe bene la possibilità di poter
controllare l’orario per entrambi, così da non mettere il pz in una posizione impari)
• Luogo fisico in cui si svolgono le sedute (sarebbe bene mantenere sempre lo stesso luogo)
• Pagamento dell’onorario (l’assenza di onorario non connota un intervento professionale e si presta a fraintendimenti, genera
difficoltà terapeutiche)
• Assenza (di norma) di contatto fisico (impo non rifiutare l’abbraccio ma non rimandarlo)
• Assenza al di fuori della terapia di altri tipi di rapporto
• Posizione terapeuta/pz (uso del lettino ora è raro, si predilige una posizione vis a vis, impo per dare la dimostrazione delle
emozioni)
• La terapia deve svolgersi in un contesto sicuro sia per pz che per terapeuta
• I contatti via internet hanno valore in quanto di consulenza o supporto privato alla psicoterapia, ad es. la psicoterapia online
può essere utile con alleanze terapeutiche già consolidate
• Di norma non si possono accettare regali
• La generalità dei pz e i contenuti dei colloqui sono legati al segreto professionale

NB: impo una tolleranza e flessibilità rispetto ai limiti ma non infrazione degli stessi. È necessario conciliare fermezza e flessibilità,
poiché sono entrambe buoni doti terapeutiche, ci vuole disponibilità accompagnata da saper far rispettare i limiti. La rigidità
produce danni, ma anche l’assenza di regole.
- Superamenti del setting (flessibilità): sono benigni e utili alla comprensione (es. mano sulla spalla), sono di lieve entità,
possono essere oggetto di analisi e non hanno effetti negativi sul pz, ma positivi
- Violazione del setting (scorrettezza): non sono etici, non devono assolutamente diventare abituali, sono molto rilevanti per il
pz (es. agiti sessuali), non possono essere oggetti di analisi e hanno effetti negativi.

INTERVENTI TERAPEUTICI: COSA DICE E COSA FA LO PSICOTERAPEUTA PSICODINAMICO


I 3 principi della psicoanalisi delle origini sono i seguenti:
1. NEUTRALITA’ = indica un atteggiamento non giudicante, non coincide con freddezza o distacco (tipico di ogni approccio)
2. RISERVATEZZA = coincideva con la “necessità di tenere celate al pz le caratteristiche reali del terapeuta, per evitare una
contaminazione del transfert, per vedere con chiarezza la relazione” ad oggi in realtà è accettato che il terapeuta non possa
controllare completamente le proprie dinamiche inconsce; quindi, una quota del transfert è legata anche alle caratteristiche
reali del terapeuta e al proprio coinvolgimento nella relazione
3. ASTINENZA = non gratificare regressivamente i bisogni del pz

INTERVENTI NON STRETTAMENTE INTERPRE TATIVI


• OSSERVAZIONE = corrisponde al focalizzare un comportamento inconscio un affetto o un pattern all’interno della terapia (“lei
sembrava...” “ho notato...”)
• CONFRONTAZIONE = tentativo di portare l’attenzione del paziente su temi che evita ma di cui ha coscienza (“ha notato che ha
dimenticato di pagarmi l’onorario”)
• La CHIARIFICAZIONE = l’obiettivo di portare chiarezza su temi che appaiono vaghi, confusione, sconnessi (“se ho capito bene…
mi sta dicendo che…?)
• INCORAGGIAMENTO AD ELABORARE E VALIDAZIONE EMPATICA = la validazione ha l’importante funzione di rimuovere i dubbi
sulle esperienze della realtà e quindi stabilisce un senso di continuità identitaria. (“può dirmi di più su questo argomento?” …
“è normale che ci si senta feriti quando si viene trattati in questo modo”) ;
• INTERVENTI PSICOEDUCATIVI, ELOGI E CONSIGLI = in genere più frequenti nella psicoterapia supportiva, ad esempio dare
informazioni sulle caratteristiche oggettive del disturbo del paziente oppure fornire apertamente degli elogi in situazioni in
cui queste non sono state forniti. Qui per consigli intendiamo non direttive su cosa fare, ma sulle modalità per fare quello che
il paziente sceglie. I consigli sono una cosa da evitare, perché negano la capacità di autodeterminarsi del paziente, vanno
contro il principio fondante del nostro intervento, è infantilizzante, è regressivo.

Il momento culmine dell’intervento terapeutico è sempre stata considerata l’INTERPRETAZIONE; tuttavia, nella letteratura nella
pratica psicodinamica l’interpretazione è sopravvalutata mentre gli interventi non interpretativi sono spesso sottovalutati.
L’estremo supportivo della terapia ed una presenza realmente attenta ed empatica possono dare comunque ottimi risultati.
Una buona interpretazione in linea generale dovrebbe connettere → una situazione che si manifesta nel transfert – ad altre
situazioni (pattern) che si ripetono nella storia del pz – a possibili fonti in età dello sviluppo con i caregiver (NB: la ricostruzione del
passato è molto aleatoria perché il ricordo è sempre molto rimodellato. Quello che guida l’interpretazione è l’emozione del
momento)
Una buona interpretazione dovrebbe: essere frutto di un precedente lavoro preparatorio con strumenti terapeutici molto
specifici; possedere un buon timing , ovvero non essere prematura ma deve essere prima maturata una buona alleanza e deve
stabilirsi in un contesto in cui quella relazione e interpretazione abbia significato, è necessario lavorare perché determinati
pattern arrivino a dei livelli di coscienza tali da permettere l’interpretazione; essere chiaramente formulata anche se in forma
ipotetica solo averla mentalmente soppesata; centellinata ovvero non abusata e valorizzata.

In realtà studi di follow-up indicano che i pz non danno molto peso agli interventi interpretativi, ma tendono a ricordare meglio le
piccole deviazioni dal setting e momenti emotivamente significativi, si ricordano quindi attenzione, presenza emotiva e risetto per
la soggettività altrui da parte del terapeuta.
STRATEGIE SECONDARIE
Sono le strategie tipiche degli approcci supportivi, ma sono veramente secondarie? Alcune tecniche non sono strettamente
psicodinamiche ma di tipo cognitivista, un capace terapeuta non esclude elementi né cognitivi né emozionali in generale.
• USO IMPLICITO DELLA SUGGESTIONE = dobbiamo escludere che il nostro atteggiamento e anche la fiducia nel metodo possa
avere un effetto suggestivo
• CONFRONTAZIONE SU CREDENZE DISFUNZIONALI = modo per illuminare un comportamento ripetitivo.
• ESAME DELLE STRATEGIE CHE IL PZ UTILIZZA PER PRENDERE DECISIONI E RISOLVERE PROBLEMI = mettere in evidenza una
specifica strategia di coping.
• ESPOSIZIONE = ovvero rinuncia a comportamenti evitanti e analizzare le reazioni emotive derivanti. I comportamenti evitanti
vengono messi in atto per mantenere uno status quo e per rassicurarsi, ma sono anche quelli per cui si paga un prezzo in
termini di nuove esperienze. La rinuncia a comportamenti evitanti porta sempre a esiti favorevoli. Ricordando Sullivan,
gradualmente avvicinarsi all’angoscia è un modo per risolvere un problema (Ad es. l’attacco di panico con evitamento)
• MODERATA SELF-DISCLOSURE = il terapeuta non racconta tutta la sua vita al pz, ma nomina solo alcuni suoi aspetti che
possono essere utili, soprattutto quando rispecchiano lo stato emotivo del pz.
• CONFERMA E VALIDAZIONE = quando si conferma una emozione del pz e la si riconosce come vera lo si radica nella realtà e
conferiamo tono ed identità. Servono a consolidarlo sul piano profondo e non solo in superficie.
• LEGGE DI GABBARD “BISOGNA ADATTARE IL TRATTAMENTO AL PZ E NON IL PZ AL TRATTAMENTO” = i terapeuti capaci di
modificare il proprio approccio adeguandolo alle esigenze del pz tendono ad ottenere risultati migliori. (*)
• LE CARATTERISTICHE DEL SINGOLO TERAPEUTA = queste caratteristiche hanno una valenza nella relazione e anche nella
scelta del tipo di approccio che prediligerà (bisogna fare qualcosa di congruo con il proprio modo di essere).

(*) Questo lo diceva anche Rogers nella terapia incentrata sul cliente. Anche nel testo di McWilliams si legge “adattare
l’atteggiamento ai bisogni del pz e non adattare una tecnica in modo acritico (es. p 35). In generale è opportuno ed efficace un
giusto dosaggio, secondo i bisogni del singolo pz, tra uno stile terapeutico materno (consolatorio, contenitivo es Ferenczi) e
paterno (stimolante, rigoroso es. Freud) → un equilibrio tra stile materno e paterno deriva dai bisogni del pz e dalla sensibilità del
terapeuta. (es. Pz con attaccamento sicuro beneficiano meglio di un lavoro sui conflitti, pz con attaccamento insicuro e
disorganizzato hanno quasi sempre bisogno di una più o meno lunga fase iniziale di accoglimento, disponibilità, supportività prima
di accogliere qualsiasi interpretazione su eventuali conflitti. → prima attaccamento e poi stimoli! (si punta intanto sull’alleanza, e
poi dopo i conflitti) prima alleanza e poi frustrazioni!

È importante per il terapeuta non avere obiettivi preordinati; il rigido rispetto delle tecniche impoverisce l’autenticità e
l’immediatezza della relazione. Le tecniche, più che usate, devono essere interiorizzate. → In un certo senso si può dire che la
cura è una forma di trasformazione di Sé e presuppone una apertura al cambiamento. La motivazione alla cura vuol dire apertura
al cambiamento.

> sul PIANO NEUROBIOLOGICO l’obiettivo è la modificazione di reti associative inconsce. Il cambiamento nel funzionamento
delle reti associative riguarda sostanzialmente l’indebolimento di legami esistenti, il potenziamento di legami deboli o la
creazione di nuovi legami. I processi impliciti ed espliciti sono psicologicamente e neurologicamente differenti, è quindi
probabile che una terapia orientata solo verso processi inconsci lasci invariati molti circuiti associativi rilevanti. Una terapia
che lavora solo sul piano cosciente difficilmente può cambiare in modo radicale alcuni assetti neuronali, ma alcune terapie si
basano sul piano cosciente, sull’alleanza nel lavoro → l’introspezione e la rimarginazione corrispondono probabilmente a
queste due polarità opposte
> sul PIANO RELAZIONALE l’obiettivo è fornire una nuova esperienza. L’esperienza di un diverso tipo di relazione può svolgere
un ruolo rilevante in relazione terapeutica se l’analista non può essere percepito come una nuova possibilità l’analisi non ha
mai inizio. Questo porta all’interiorizzazione di funzioni del terapeuta; internalizzazione di atteggiamenti emotivi del
terapeuta (neuroni specchio); interiorizzazione di strategie di riflessione (introiezione di capacità auto-analitiche) e
riconoscimento di tematiche relazionali ricorrenti. (NB: è bene avere l’umiltà di ricordare che molti cambiamenti avvengono
al di fuori ed indipendentemente dalle strategie programmate)

Secondo Mc Williams, sebbene la relazione terapeutica sia asimmetrica, ciò che probabilmente rende la terapia efficace è una
forma di amore reciproco. Ci si danno delle cose reciprocamente, senza togliere all’altro. Si aumenta la ricchezza in entrambi.
Ferenczi aveva tirati fuori l’idea di analisi reciproca: i sentimenti di amore e autenticità all’interno della relazione non possono
essere “decisi a tavolino” e non possono che essere genuini e reali. Senza questo amore e autentica difficilmente si può
concludere qualcosa di buono.

Sembrerebbe che il muto scambio di specifiche “declinazioni di forme di amore” ed in particolar modo quello del reciproco
riconoscimento di bisogni identitari profondi possa avere un ruolo centrale nel successo di una relazione psicoterapeutica

Anche il concetto che la relazione è il principale fattore terapeutico deve essere opportunamente declinato. In particolare, che
una nuova relazione profonda ed intima che si differenzi da quelle che hanno caratterizzato lo sviluppo può essere una
opportunità di cambiamento e quindi di cura.
CONCLUSIONE DELLA TERAPIA
Un elemento chiave nei processi di elaborazione di conclusione della terapia e la presenza nel paziente della sensazione di avere
un RUOLO DI AGENTE (ruolo di “agency”) nel determinare il corso della propria vita e non più di “vittima passiva”: all’inizio di una
terapia il soggetto si sente vittima passiva delle circostanze e pensa di non poter fare niente. Invece il nostro compito di terapeuti
è aiutare il paziente a vedere come involontariamente determina l’accadimento di alcune cose cioè il paziente ci metto lo
“zampino” nel fare accadere alcune cose. Sale alla ribalta la rielaborazione della relazione con il terapeuta come un nuovo oggetto
che aiuta a modificare vecchi patterns di relazioni oggettuali.
La relazione con il terapeuta riflette (accoglie in sé) sia relazioni del passato sia relazioni attuali del paziente fuori della relazione di
transfert, ma anche la relazione con il terapeuta reale.
In questo ha un ruolo predominate le caratteristiche del terapeuta (personalità, ferite e difficoltà personali) → il terapeuta usa se
stesso nella terapia per curare gli altri e cura se stesso mentre cura l’altro.

IN SINTESI: il terapeuta funziona come un nuovo oggetto che viene interiorizzato dai pazienti anche se è spinto a ricoprire il ruolo
di figura e problematiche del loro passato.
Uno dei compiti fondamentali del terapeuta è quello di aiutare i pazienti a focalizzare pattern conflittuali all’interno dello spazio
costituito dalle interazioni di transfert e controtransfert. L’insight deriva successivamente dal fatto di mostrare al paziente il suo
ruolo attivo nel riproporre ripetitivamente connessioni interpersonali problematiche per poter interrompere questo circuito.
Questo è molto importante perché il paziente si rende conto di come lui, ripercorrendo gli stessi schemi, fa accadere sempre le
stesse cose.

Al termine della terapia bisogna fare riferimenti a EMOZIONI mostrate dal pz che appare ora in gradi di gestire attivamente → ciò
che prima il pz riferiva come qualcosa che sfuggiva dal proprio controllo ora è in grado di gestirlo. Vi è anche un’aumentata
consapevolezza di sentimenti che prima sembrava evitare. Quando il pz ha sviluppato una buona capacità di autoanalisi in genere
si rende conto di quali sono i fattori che segnalano cambiamenti di umore e anche di capire quali sono i fattori che hanno spinto
verso il sintomo.
Vi sarà una percezione meno paralizzante ed invalidante del sintomo: l’idea che il sintomo sparisca per sempre è un po’ assurda. È
infatti possibile che nella fase finale di terapia il sintomo ritorni in modo puntiforme (questo può essere una invocazione di aiuto o
tentativo di chiamare l’aiuto del terapeuta perché si ha paura dell’indipendenza e scioglimento della relazione)

L’osservazione degli stati affettivi deve precedere qualsiasi tipo di interpretazione nella tecnica psicoterapica; quando questa
funzione è esibita dal paziente nelle fasi finali della terapia è anche indicatore di una competenza maturata dal paziente stesso.
È interessante quando il paziente comincia spontaneamente a mostrare una capacità interpretativa. Quindi la capacità di leggersi
è un buon indicatore di aver introiettato una capacità autoanalitica e buon segno di essere vicini alla conclusione.
Un’altra possibile lettura è quella di aver favorito i processi di mentalizzazione cioè la capacità di dare significato agli stati mentali
propri e altrui.

Qualche volta però ci si trova in un vicolo cieco: ovvero il transfert del pz e il controtransfert del terapeuta trovano una relazione
oggettuale interna del pz, in queste situazioni in cui ci si sente bloccati è opportuno ricorrere a supervisione. Il pz può avere
un’idea chirurgica del lavoro psicologico e questo lo porta a non concentrarsi sulle loro azioni affinché ci siano miglioramenti. →
spesso il drop out di una terapia avviene quando si confonde una sostanziale alleanza con una formale alleanza (es. pg 45).
Quando invece un pz ci chiede di interrompere la terapia, è buona norma prenderci del tempo per capire le reali motivazioni
(timori del pz? O il terapeuta ha deluso il pz e ha reiterato modelli relazionali disfunzionali?). Delle volte (raro) è il terapeuta che
invece è costretto ad interrompere la relazione (pz che inizia uso di sostanze; mancato pagamento; blocco controtransferale)

Aree di conoscenza che abitualmente vengono sviluppate attraverso una terapia efficace:
• RITIRO DELLE PROIEZIONI = significa non attribuire all’esterno le proprie responsabilità anche quando queste responsabilità
esterne sono presenti; il problema non è la presenza di “problemi” ma il come si reagisce.
• EMOZIONI = Grazie alle funzioni di rispecchiamento del terapeuta gli stati emotivi vaghi e disturbanti possono essere
compresi e integrati nella coscienza. I disturbi psicosomatici sono i più ostici su questo punto, le emozioni parlano attraverso
una sofferenza apparentemente fisica. Le personalità schizoidi sono strutturate sulla difesa delle emozioni, però hanno buona
capacità analitica e sono in grado di riconoscere il recupero delle emozioni come una ricchezza se strutturate in modo
corretto con lo psicoterapeuta. Al polo opposto troviamo le personalità istrioniche o gravi borderline che hanno bisogno di
una continua contestualizzazione dei propri vissuti. Un buon indicatore è la maturazione della compresenza di un ventaglio
complesso di emozioni che non siano cioè rigidamente sempre le stesse.
• SBLOCCO, SVILUPPO, MATURAZIONE = mettere in relazione l’impasse iniziale e i cambiamenti fatti in termini di obiettivi
raggiunti e la non pervasività di modelli relazionali in cui si è invischiati.
• TRAUMA E STRESS = sviluppo di una maturata capacità di riconoscere situazioni relazionali che possono avere funzioni
traumatiche o rievocarle. Quindi un buon lavoro ci permette di anticipare qualcosa di negativo che ci può accadere
• INTIMITA’ e SESSUALITA’ = l’aumentata capacità di intimità emotiva corrisponde generalmente ad una aumentata capacità di
avere una soddisfacente intimità sessuale.
• AUTOSTIMA = confrontarsi con un’immagine reale di se (accettazione di sé) e non con un’immagine ideale di sé e quindi non
inseguire un modello e abbandonare un’immagine inadeguata di se, questo dà un maggior senso di autoefficacia.
• PERDONO E COMPASSIONE = Il paziente entra pensando che se gli altri cambiassero (genitori, partner, capo ecc) le cose
andrebbero meglio: si assiste ad una progressiva rinuncia al proposito di cambiare gli altri, consapevoli che i genitori hanno
fatto del loro meglio e che sono stati figli che hanno subito manchevolezze dai loro genitori e questo ci fa fare pace con loro
(questo accade quando si sviluppa una certa maturità). Anche il dolore per il passato (che non cambia) lascia spazio alla
fiducia verso la nostra autodeterminazione da investire nel futuro (che può cambiare).

➔ La conclusione della terapia dovrebbe coincidere con la consapevolezza dell’acquisizione degli strumenti di analisi ed
autoanalisi appresi nella terapia.
Di buona norma il processo di conclusione dovrebbe essere graduale e concordato: è opportuno indicare un certo n di sedute e
diradare gli appuntamenti. Questa fase finale ha anche la funzione di poter avete tempo per approfondire eventuali dettagli che
non erano emersi, di solito le cose più importanti si dicono a fine seduta.
È abituale “lasciare la porta aperta” al paziente per eventuali bisogni futuri. Ci può essere un follow up dopo 3 mesi e 6 mesi (o
anche via e-mail); quindi, i pazienti sanno che non è una fine perentoria, ma in quel tempo il pz si sperimenta. Però è giusto che il
paziente sappia che se nel frattempo succede qualcosa per cui necessiti del terapeuta, lui è lì (serve come rassicurazione)
Invece al contrario se il pz chiama il terapeuta difronte a eventi molto forti (lutto, separazione, perdita del lavoro), il pz si sente
destabilizzato e pensa che tutto quello che ha acquisito non basta per superare quell’evento e necessita quindi di rassicurazione.

MANUALE DIAGNOSTICO PSICODINAMICO (PDM-2)


Il manuale diagnostico psicodinamico è una sorta di equivalente del DSM-5. La differenza con il DSM-5 è che è ispirato
dichiaratamente all’approccio psicodinamico. Storicamente il DSM ha sempre guardato ai disturbi mentali da un punto di vista
CATEGORIALE. Nella sua ultima versione, il DSM-5, si è aperto a un'ottica più DIMENSIONALE (tipica della qualificazione dei
disturbi e dei sistemi di difesa, da quelli psicotici, a quelli borderline, a quelli normali). Il PDM, successivamente il PDM-2, è invece
basato su una logica DIMENSIONALE (la gravità dei disturbi dipende dalla pervasività di alcuni meccanismi di difesa e dal
differenziale tra il normale e il patologico). Propone una tassonomia orientata alla comprensione del singolo individuo. Mentre il
DSM si dichiara a-teorico e meramente descrittivo, il PDM è apertamente ispirato al modello psicodinamico. Il PDM2 è suddiviso
in 5 sezioni: adulti, adolescenti, infanzia, prima infanzia e anziani (noi ci focalizzeremo sugli adulti)

La diagnosi nel PDM-2 si articola su tre assi, che mettono rispettivamente in evidenza tre macro-dimensioni:
• Asse P: per la valutazione degli stili e delle sindromi di personalità e, nei bambini e negli adolescenti, degli stili emergenti.
• Asse M: per la valutazione delle capacità mentali e del profilo del funzionamento mentale.
• Asse S: per la valutazione dei pattern sintomatologici e dell’esperienza soggettiva del paziente.

ASSE P

La PERSONALITA’ = insieme di modalità relativamente stabili di pensare, comportarsi sentire e relazionarsi con gli altri. Si basa su 2
fattori:

1. La collocazione generale dell’individuo lungo un continuum di funzionamento che va dall’organizzazione sana a quella
psicotica passando dalla borderline e nevrotica (si rifà al modello di Kernberg)
2. Valutazione di 12 sindromi di personalità: personalità depressive, dipendenti, ansioso-evitati e fobiche, ossessivo-compulsive,
schizoidi, somatizzanti, isterico-istrioniche, narcisistiche, paranoidi, psicopatiche, sadiche e borderline

Le caratteristiche di ciascun disturbo di personalità sono schematizzate in 6 punti:


1) Aspetti costituzionali.
2) Tensione/Preoccupazione principale.
3) Affetti principali.
4) Credenze patogene relative a sé stessi.
5) Credenze patogene relative agli altri.
6) Principali stili difensivi.

ASSE M
L’obiettivo dell’Asse M è aiutare il clinico nella valutazione del FUNZIONAMENTO MENTALE del paziente. A questo scopo vengono
descritte 12 capacità o funzioni mentali (nella prima edizione erano 9), ricavate dalla letteratura clinica, sia psicodinamica sia
cognitiva, e dai costrutti della ricerca empirica. Esse sono:
1) Capacità di regolazione, attenzione, apprendimento.
2) Capacità di fare esperienza, comunicare e comprendere gli affetti.
3) Capacità di mentalizzazione e funzione riflessiva: percepire e dare nome ai propri e agli altrui stati interni.
4) Capacità di differenziazione e integrazione (identità).
5) Capacità di relazioni ed intimità: (es. sa mantenere un lavoro e/o relazione sentimentale? questi due aspetti sono
fondamentali per l’equilibrio mentale)
6) Regolazione dell’autostima e qualità dell’esperienza interna.
7) Capacità di controllo e regolazione degli impulsi: chi ha meno controlli degli impulsi tendenzialmente ha dei tratti borderline
8) Funzionamento difensivo: dice che tipo di struttura di personalità c’è; più è pervasivo uno stile che ha meccani di difesa molto
arcaici, più siamo di fronte ad un disturbo borderline grave o psicotico.
9) Capacità di adattamento, resilienza e risorse psicologiche.
10) Capacità di autosservazione (mentalità psicologica).
11) Capacità di costruire e ricorrere a standard e ideali interni: capacità di orientarsi in modo progettuale.
12) Significato e direzionalità (spiritualità).

ASSE S

Serve a valutare i pattern sintomatologici e dell’esperienza soggettiva del paziente, è l’ultimo asse ad essere preso in
considerazione perché i pattern sintomatici possono essere compresi solo alla luce di considerazioni fatte in precedenza sulla
personalità del paziente e sul funzionamento mentale (è l’opposto delle terapie strategiche a cui interessa il sintomo). Nella
seconda edizione del manuale, l’Asse S fa riferimento, semplificandole, alle categorie diagnostiche del DSM-5 e dell’ICD-1 Lo
scopo è formulare una riflessione, clinicamente significativa, sull’esperienza soggettiva di un paziente che presenta uno specifico
pattern sintomatologico e sulla funzione negli ambienti. Gli ambiti principali sono: affettivo, cognitivo, somatico e relazionale.

Le categorie diagnostiche proposte attualmente sono 35, organizzate in 7 sezioni:


1) Disturbi a prevalente manifestazione psicotica.
2) Disturbi dell’umore.
3) Disturbi correlati prevalentemente all’ansia.
4) Disturbi correlati a eventi di vita e a condizioni stressanti.
5) Disturbi da sintomi somatici e disturbi correlati.
6) Disturbi con sintomi specifici.
7) Disturbi correlati alle dipendenze e ad altre condizioni mediche.

FORMAZIONE E SUPERVISIONE PSICODINAMICA


La McWilliams cerca di indicare quelle caratteristiche di base che contraddistinguono un terapeuta psicodinamico:
• Curiosità per le manifestazioni umane e capacità di sorprendersi.
• Consapevolezza della complessità che condiziona reazioni e comportamenti umani.
• Forte capacità di identificazione ed empatia.
• Rispetto e riconoscimento della soggettività.
• Disponibilità ad essere oggetto di attaccamento e svolgere funzioni “materne” che non devono essere però protratte per
tutto il corso della terapia ma concentrate nelle fasi inziali.
• Fiducia nel metodo (per averlo provato su di sé) e nella naturale capacità evolutiva del paziente (le altre formazioni non
prevedono un lavoro sul terapeuta). → QUINDI: una radicale differenza con le altre forme di terapia è aver sperimentato
direttamente in prima persona il metodo terapeutico, e quindi essere stati nella posizione di pz. Questo favorisce: UMILTA’ (la
familiarità con le proprie dinamiche inconsce e con la fatica del cambiamento permette di riconoscerle e di essere
comprensivi verso i pz); MAGGIORE CONOSCENZA DI SÉ (saper riflettere su risposte controtransferali); FAVORIRE VITA
SODDISFACENTE (evitando l’utilizzo dei pz per gratificazione narcisistica) e REALISTICA AUTOSTIMA (con misura delle proprie
possibilità terapeutiche, che impedisce burnout).

Ad oggi la SUPERVISIONE si è estesa anche ad altre scuole. Soprattutto nelle prime fasi della pratica terapeutica è necessario
avvalersi di un supervisore, questo rappresenta una garanzia e una fonte di sicurezza per sé e per i pz.
Il rapporto con il supervisore ha delle similitudini con il rapporto terapeutico:
• Anche in questo caso è importante che si stabilisca una alleanza terapeutica
• Gli argomenti più importanti che si dovrebbero discutere in supervisione sono probabilmente quelli che si desidera più
evitare
• Se si fa qualcosa che si vuol tenere nascosto al supervisore molto probabilmente c’è il rischio di una violazione dei limiti
➔ In generale si può dire che gli aspetti che necessitano di supervisione sono nuclei emozionali del terapeuta attivati in una
situazione terapeutica. Non appare opportuno mettere in relazione legami tra controtransfert e esperienze infantili del
terapeuta, appare invece più utile analizzare il re-enactment che il terapeuta riproduce con il supervisore nelle sedute di
supervisione.
Gabbard presenta alcuni pericoli della supervisione, che sono simili a quelli controtransferali:
• Il supervisore chiacchierone (aspetti narcisistici, desiderio di ammirazione, manipolazione).
• Il supervisore distratto o assonnato (stanchezza derivante dal lavoro con i pazienti e rilassamento).
• Il supervisore che oltrepassa i limiti (utilizzo del contesto per contatti sentimentali o sessuali).
• Il supervisore autoritario (tende ad affermare il proprio punto di vista a scapito dei bisogni del terapeuta).
Anche il CONSULTO, ovvero il confronto con colleghi può avere la funzione di supervisione. La Morbidity & Mortality review
(analisi congiunta di complicazioni nella cura) tra colleghi può avere la funzione di migliorare la qualità di cura dei pazienti e
supportare l’apprendimento professionale.
RICERCA PSICOTERAPIA PSICODINAMICA
La ricerca in psicoterapia psicodinamica è partita in ritardo pur avendo una tradizione più datata, secondo Lingardi le resistenze
principali riguardano fenomeni di omologazione ed oggettivizzazione della soggettività contrarie allo spirito psicodinamico. → la
psicoterapia psicodinamica ha sempre messo l’accento sul rispetto della soggettività perché la soggettività del pz è sacra mentre
nelle ricerche avviene il contrario. Negli anni 90 la psicoterapia cognitivo comportamentale, basandosi su un aspetto che aveva la
caratteristica di essere replicabile, basata su manuali e con dati di esito, si è “imposta” sulla terapia psicodinamica.

Quali sono i prodromi della ricerca in psicoterapia psicodinamica? Rogers fu il primo ad usare il registratore per registrare le
sedute e per studiare le sedute; un altro è Merton Gill. Questa cosa è cominciata in Italia negli anni 90, quindi tardissimo, e i nomi
più importanti sono Migone, Freni, Lingiardi, Dazzi che hanno scritto un testo sulla ricerca psicoterapia psicodinamica a inizio anni
90. Ad oggi, ad esempio, ci sono dumerosi studi che affermano l’efficacia della terapia psicodinamica:

▪ Abbass (2006,2014): miglioramento significativo in pz trattati con terapia psicodinamica a breve termine risetto a gruppi di
controllo, anche se Knekt hanno evidenziato che rispetto a quella a lungo termine, la breve termine risulta più efficace nel
primo anno ma meno efficace nei 3 anni di follow up (la breve termine tende a perdere di efficacia nel lungo periodo)
▪ Connolly Gibbons (2016): la terapia psicodinamica non era inferiore alla terapia cognitiva nel ridurre i sintomi depressivi in
paziento con disturbo depressivo maggiore
▪ Fonagy (2015): le prove di efficacia più solide riguardano il trattamento psicodinamico a lungo termine del disturbo
borderline e dei disturbi di personalità → i pz border hanno bisogno di un lavoro di lungo periodo perché se gli aspetti
strutturali della personalità si sono costruiti nel lungo periodo, non possono essere smantellati in poco tempo, per queto
rispondono bene alla psicoterapia psicodinamica.

ARTICOLO SCHEDLER

Articolo importante perché segna una specie di rivincita della psicologia dinamica togliendo il pregiudizio molto forte della sua
minor scientificità o la sua aleatorietà in alcuni suoi processi. Nella prima parte di questo lavoro Schedler sottolinea quali sono le
caratteristiche della terapia psicodinamica, le cose che la contraddistinguono:

• Focalizzazione sugli affetti e sulla espressione di emozioni: cioè come gli affetti e le emozioni contribuiscono alla costruzione
della realtà.
• Esplorazione dei tentativi e dei modi di evitare pensieri e sentimenti angoscianti: ovvero difese, resistenze, che oggi vengono
viste come tentativi di autotutela, tentativi di preservare uno status quo, protezioni diverse verso alcune situazioni che sono
angoscianti. Questo riassume in sé l’idea di difese e resistenze: evitare i sentimenti e i pensieri che angosciano
• Identificazione dei pattern ricorrenti: questa è un'altra cosa importante sul piano cognitivo (modelli operativi interni di Mary
Main, allieva di Bowlby).
• Discussione dell'esperienza passata: questo tema, che era in origine primario, via via ha ridotto la sua importanza. Viene dato
un po’ meno peso a questa cosa perché sappiamo che la ricostruzione della realtà talvolta è aleatoria.
• Focalizzazione sulle relazioni: vi è sempre maggiore attenzione alle relazioni e non tanto alle pulsioni. Ovviamente le relazioni
interpersonali derivano anche dalle caratteristiche di attaccamento (embricazione con la psicologia cognitiva)
• focalizzazione della relazione con il terapeuta (transfer e controtransfert): molto più peso viene dato al controtransfert
rispetto all’inizio perché non è solo la riedizione di alcune dinamiche ma anche il coinvolgimento attivo del terapeuta.
• Esplorazione dei desideri e delle fantasie: perché questi spiegano anche alcuni comportamenti disfunzionali, cioè tentativi di
realizzare desideri e delle fantasie di solito dirottano la progettualità da un suo naturale alveo

L’autore arriva a queste conclusioni:

➔ ha osservato che le dimensioni di effetto riscontrate per la terapia dinamica sono paragonabili a quelle riportate per altri
trattamenti che sono stati spesso proposti come “basati sulle prove” → dimostra che la psicoterapia psicodinamica è
evidence based come le altre.
➔ i principi attivi, che sono caratteristici della terapia psicodinamica, si sono in qualche modo traslati e portati anche in altre
forme di terapia
➔ fa un’ipotesi: le terapie psicodinamiche potrebbero essere più efficaci, attraverso studi di follow up che i suoi effetti risultano
in molti casi duraturi e non transitori, sembrano estendersi ben al di là della remissione dei sintomi, è una vera e propria
ristrutturazione cognitiva ed esperienziale, con miglioramenti che continuano dopo la fine della terapia
➔ La psicoterapia psicodinamica può favorire lo sviluppo di relazioni interiori e le capacità che consentono una vita più ricca ci
soddisfacente. Questo era quello che dicevano Jung e Winnicott (la ricerca del vero sé o il principio di individuazione) cioè che
la psicoterapia dovrebbe anche in qualche modo portare a una piena espressione di sé, se leggiamo i sintomi come blocco di
questa espressione o come impedimento di questa piena espressione. I sintomi tendenzialmente portano un comportamento
difensivo in qualunque situazione noi li vediamo.
FARE RICERCA IN PSICOTERAPIA

RISULTATO VS PROCESSO = un conto è l’outcome research (la ricerca sul risultato), e un conto è il process research (ricerca sul
processo), si tratta di due questioni distinte (un conto è una scatola nera che è la terapia, vale a dire quello che esce fuori alla fine
come prodotto finale, e un conto è guardare nella scatola). Un esempio di process research è la misurazione dell’alleanza
terapeutica. → non può però esserci dicotomia netta tra processo e risultato, sono due cose che vanno guardate insieme, bisogna
guardare il processo in funzione del risultato.

LA PRIMA FASE DELLA RICERCA: IL R ISULTATO


Questa prima fase risale agli anni 50,60,70. Eysenk sosteneva che non vi erano prove dell’efficacia di nessuna psicoterapia e che il
miglioramento era sicuramente dovuto alla remissione spontanea, al mero passaggio del tempo.

La difficoltà sugli studi del risultato è ovviamente quella di non avere gruppi di controllo, cioè di non dare cura a qualcuno.
Nonostante questa difficoltà, la ricerca ha dato una risposta precisa cioè il fatto che l’efficacia della psicoterapia sia un dato
assodato.

PARADOSSO DELL’EQUIVALENZA = vuol dire che non c’è una terapia superiore alle altre e che tutte le terapie funzionano. Non c’è
una terapia superiore, anche se adesso ci sono dei tentativi per cercare di accreditare il proprio modello e di validare per alcuni
specifici tipi di patologia alcuni tipi di terapie (sono ricerche molto circoscritte nel tempo e quando si fa ricerca si devono ridurre le
variabili di troppo anche se questo potrebbe non darci un bel risultato).

Sull’efficacia della psicoterapia non ci sono dubbi, lo indicano anche i risultati di Lambert e Begin:
• Gli effetti della psicoterapia superano la remissione spontanea
• Gli effetti della psicoterapia sono in generale positivi (un filone di ricerca ora si concentra su quelli negativi, che possono
essere presenti)
• Gli effetti della psicoterapia superano quelli trattati con placebo
• I risultati della psicoterapia, anche in campioni omogenei, variano di più a causa delle variabili legate alla persona del
terapeuta che delle tecniche usate: cioè non è una tecnica che funziona ma generalmente i terapeuti che funzionano,
funzionano e quelli che non funzionano, non funzionano.
• Esiste una relativa equivalenza nei risultati per un vasto numero di terapie, indipendentemente dalla loro durata e dalle
tecniche usate: questo è uno svantaggio della psicoterapia psicodinamica, perché le altre psicoterapie dicono: perché mi
devo imbarcare in una psicoterapia più lunga se gli stessi risultati li ottengo più brevemente? Il motivo è che un lavoro
dinamico è un po’ più profondo, un po’ più strutturale, non è legato alla superficie (sintomi), ma è legato alla struttura della
personalità, infatti, una delle conclusioni di Shedler, è che la psicoterapia psicodinamica è indicata per i pazienti borderline.
Per questi pazienti, infatti, è il fatto stesso di osservarsi, di fare una meta-osservazione sul proprio comportamento, di stare
nei limiti dei setting che struttura i limiti del paziente (hanno difficoltà a gestire gli impulsi).
• Efficacia per alcune terapie specifiche volte ad alcuni disturbi specifici: il classico esempio è l’EMDR sul trauma, sembra che
abbia più benefici rispetto ad altri.
• La sinergia fra farmaci e psicoterapia è più efficace delle due da sole
• L'alleanza ruolo paziente-terapeuta può predire in qualche modo come andrà a finire una terapia.

Cosa deve succedere nel corso di una terapia per cui ci si può aspettare alla fine un risultato positivo? La Menniger Foundation
negli anni 70 ha fatto esempi di comparazione fra:
- Comparazione tra terapia comportamentale e dinamica
- paragone tra terapeuti dinamici ed esperienziali con terapeuti non professionali (prof. Universitari)
- gruppo di controllo con terapia minimale paragonato ad un altro gruppo di controllo omogeneo scelto a caso nella
popolazione
- paragone tra le terapie a lungo e breve termine anche in campo psicodinamico
- Studio di 260 pazienti che furono collocati a caso in quattro gruppi (uno trattato con il farmaco antidepressivo imipramina,
uno trattato con farmaco placebo e colloqui informali, uno con 16 sedute di terapia cognitiva, e uno con 16 sedute di terapia
dinamica breve).
➔ Comparazione fra le altre psicoterapie: è illusorio studiare il risultato delle psicoterapie, o il paragone fra psicoterapie diverse
se non si è sicuri che ad ogni psicoterapia chiamata in un certo modo, ad esempio psicoterapia psicoanalitica, corrisponda
effettivamente alla stessa cosa. Secondo il professore anche all'interno dell’adesione a un certo modello è il terapeuta che
filtra quelle conoscenze teoriche che poi applica direttamente con il paziente.

Negli anni 60 ci fu un boom dei manuali di psicoterapia, perché la rigida osservanza del manuale dovrebbe poter avvalorare la
tecnica; quindi, io mi muovo secondo i dettami di quel manuale (applicare la psicoterapia levando la variabile individuale). Ad es.
Luborsky (CCRT) cerca di isolare alcuni aspetti isolare alcuni aspetti caratteristici della terapia psicoanalitica supportivo espressiva,
cioè nel continuum che va dagli aspetti supportivi a quelli interpretativi, ma fondamentalmente si cerca di isolare dei principi
caratteristici di ogni tecnica psicoterapeutica.
SECONDA FASE DELLA RICERCA: CORRELAZIONI TRA PROCESSO E RISULTATO
Quali sono le principali relazioni fra processo e risultato (che quindi danno outcome positivi)?
• Scegliere un paziente adatto a quella terapia.
• L’alleanza terapeutica evidenzia una correlazione fra processo e risultato ma il legame terapeutico è qualcosa di più
profondo, è proprio un proprio legame affettivo.
• Motivazione alla terapia
• Gli aspetti interattivi del paziente anziché dipendenza: (“non mi dici cosa devo fare”: vuol dire che io sto cercando di
sviluppare la tua indipendenza e te vuoi solo dipendenza)
• L’espressività del paziente: la capacità di stare in contatto con le proprie emozioni è molto importante, correla molto con il
risultato.
• Apprezzamento (affirmation), sostegno del terapeuta da parte del paziente
• Capacità di affidarsi:
• Fare riflettere il paziente su cose che sono cambiate: far riflettere il paziente sulle cose che sono cambiate anche in step
intermedi della terapia.
• Maggiore è la durata della terapia, maggiore il risultato: questo è quello che poi conferma Shedler
• Qualità della partecipazione del paziente nella terapia: è il fattore maggior correlato al risultato, cioè la partecipazione
emotiva del paziente nella terapia. L’investimento del paziente nella terapia.

TERZA FASE DELLA RICERCA: LA RICERCA CONTEMPORANEA


Inizia negli anni 70 ed è quella in cui viviamo oggi. Essa si chiede: Che cosa rende l'intervento efficace? Quali sono le azioni che
permettono il cambiamento? Ci sono dei fattori che sono responsabili nel raggiungimento di determinati obiettivi?

Ci sono diversi pensieri:


• Fattori aspecifici: fattori responsabili del cambiamento (** rapporto fattori aspecifici e specifici**)
• Atteggiamento ecumenico: trattamenti differenti, fondati su modelli teorici e modelli tecnici differenti, danno gli stessi
risultati.
• Atteggiamento riduzionistico: ci sono alcune terapie per alcuni specifici target che funzionano per determinanti tipi di
paziente. Quindi la differenza è che per alcuni le terapie funzionano bene o male con qualsiasi tipo di paziente, poi ci sono
invece altri studiosi che ritengono che la loro forma di terapia è più indicata con alcune caratteristiche.

La conclusione è che è necessario promuovere una ricerca contemporanea process-outcome.

COSA CURA IN PSICOTERAPIA A PRESCINDERE DALLA SCUOLA ?


La questione dei FATTORI ASPECIFICI è una fonte di ricerca molto importante perché sono gli elementi che accomunano tutte le
terapie al di là delle teorie. Se fosse vero che una teoria cura più delle altre, quella teoria si sarebbe affermata e avrebbe
completamente sbaragliato le altre, ma è evidente che non è così. Tra questi fattori aspecifici si annoverano → ALLEANZA
TERAPEUTICA e PERSONALITA’ DEL TERAPEUTA (sono due fattori molto importanti ma che in realtà si potrebbero trovare anche in
relazioni che non sono specificatamente della professione, implicano in fatto di potersi affidare, di poter essere ascoltato)

FATTORI ASPECIFICI vs SPECIFICI = Nell’outcome sembrerebbe che i fattori specifici abbiano meno peso di quelli aspecifici. La
contrapposizione fra fattori specifici e aspecifici però è poco feconda, bisogna vedere come i due interagiscono. Uno dei modi per
ripensare al rapporto fra fattori specifici e aspecifici e outcome è comprendere i fattori che consolidano, rompono, recuperano
un’alleanza terapeutica. Ciò conduce ad un paradosso interessante: il fatto che, se i fattori aspecifici diventano i veri terapeuti,
essi finiscono con il diventare quelli specifici. (es. pg 52).

Modo per riassumere i fattori aspecifici: si crea un rapporto speciale tra pz e terapeuta in un contesto speciale (setting) → il
terapeuta fornisce uno schema concettuale, cioè un ordine di senso a prescindere dalla sua formazione. Comunica un ordine di
senso, cioè include i comportamenti del pz all’interno della sua formazione teorica → la terapia fornisce indicazioni e procedure
basate sullo schema teorico di riferimento.

Luborsky identifica alcuni fattori che sembrerebbero correlarsi ad esiti positivi nella terapia psicodinamica:
• Alleanza terapeutica.
• La comprensione e la formulazione del CCRT da parte del terapeuta.
• L'accuratezza delle interpretazioni rispetto al CCRT cioè: quanto con precisione il terapeuta parla di quel tema centrale
conflittuale.
• La comprensione di sé o insight da parte del paziente.
• Elaborazione dell’interiorizzazione dei risultati raggiunti affinché permangano anche dopo la terapia.
• Scala salute-malattia: più è alta all’inizio della terapia maggiori saranno i risultati.
Karasu: cosa ci offre una terapia in generale? Questo è un altro modo di riassumere quali potrebbero essere le grandi categorie
all'interno delle quali si muovono le psicoterapie (a prescindere dal dinamico).
• Un'esperienza affettiva con il terapeuta;
• La padronanza cognitiva, ovvero la consapevolezza e l’acquisizione di nuovi schemi mentali
• La regolazione del cambiamento cioè la possibilità di cambiare attraverso nuove esperienze.
Anche Lambert identifica dei fattori che possono influire sugli esiti della terapia:
• Quelli relazionali (molto importanti).
• Quelli che dipendono dall’utente (molto importanti).
• Alcuni che sono indipendenti dell’utente.
• Alcuni che dipendono dalla tecnica (meno importanti).

Elenco di altri fattori aspecifici: incoraggiare, consigliare, incoraggiamento, accoglienza, attenzione, persuasione, rassicurazione,
suggestione, focalizzare, informare correttamente, riassumere, ascoltare, riaffermare.

Ma sicuramente il fattore specifico per eccellenza è la QUALITA’ DELLA RELAZIONE TERAPEUTICA → Lingardi ci dice che sono le
capacità relazionali del terapeuta, indipendentemente dal modello clinico di riferimento ad essere in gran parte responsabili
dell’efficacia dell’intervento e non tanto dalle tecniche impiegate, anzi trasversalmente a tutte le tecniche impiegate ci sono
alcuni terapeuti che sono costantemente più efficaci rispetto ad altro e alcuni terapeuti che producono costantemente risultati
negativi.

Solo recentemente il versante della ricerca in campo psicoterapeutico si è “accorta” dell’importanza della variabile
“psicoterapeuta” nell’efficacia dell’intervento. Nonostante si sia cercato di eliminare la variabile terapeuta rispetto all’efficacia del
trattamento questa dimostra di essere assolutamente fondamentale; le abilità interpersonali del terapeuta, più dei valori e degli
atteggiamenti, hanno un forte impatto sugli effetti positivi della psicoterapia. L’espressione delle emozioni non solo del pz ma
anche del terapeuta sono correlate con l’esito positivo. Le personali competenze relazionali a parità̀ di preparazione del terapeuta
hanno peso sull’efficacia tant’è vero che è possibile predire con largo anticipo l’efficacia futura di aspiranti terapeuti in formazione
sulla base delle loro caratteristiche interpersonali.

Tutti questi risultati sono stati recentemente confermati da ulteriori meta-analisi che sottolineano come i terapeuti più efficaci
sembrano caratterizzati da capacità interpersonali mature professionalmente, che sono radicate nella loro vita personale e nelle
loro storie di attaccamento.

LA MOTIVAZIONE dei terapeuti non è stato argomento di ricerca sistemica. Molti terapeuti dichiarano che la loro scelta di carriera
sia stata influenzata da motivazioni inconsce e che le loro ferite psichiche possano contribuire ad una terapia efficace. → Gli
psicoterapeutici sono chiaramente preparati a riflettere sul motivo per cui sono attratti dalla professione. Il fatto che la
consapevolezza delle motivazioni dei terapeuti possa essere variabile e che possano cambiare nel corso del tempo e possa essere
collegata alla vulnerabilità personale (la propria ferita è la chiave di lettura dell’altro perché la sofferenza rende più propensi
all’ascolto), suggerisce che l’argomento dovrebbe essere parte integrante dello sviluppo personale continuo dei professionisti e
un focus importante nei programmi e nella formazione formale.

IPOTESI SULLA FUNZIONE DEI FATTORI ASPECIFICI .


Tutti sono d’accordo oggi sul fatto che i fattori cognitivi comuni spieghino una grossa parte del cambiamento terapeutico. Molte
teorie insistono sul ricollegare le emozioni sperimentate dal paziente con le prime figure di attaccamento ai bisogni rimasti
insoddisfatti nella storia evolutiva: cosa significa? Nel rapporto con il terapeuta viene data una funzione che non era stata data
dalle figure di attaccamento → molto probabilmente, la relazione terapeutica è un’esperienza emozionale correttiva (**vedi
Alexander**). È probabile che sia l’esperienza emozionale correttiva, che tutti i trattamenti psicoterapeutici, in maniera più o
meno consapevole forniscono e in cui ha un ruolo essenziale l’atteggiamento empatico del terapeuta, il fattore più importante in
psicoterapia. IN SINTESI: capacità del caregiver di rispondere in modo adeguato e coerente alle richieste di attenzione e cura del
paziente, si tratta di una riparazione di alcune funzioni che sono state assenti nella relazione di attaccamento.
Le novità̀ della ricerca sulle relazioni terapeutiche basate sull’evidenza è che l’attenzione si sposta sempre più sulle variabili che
riguardano il terapeuta: congruenza/ genuinità̀, relazione reale e autentica, espressione emotiva del terapeuta, capacità di leggere
dal controtransfert e self-disclosure sono diventati nuovi fulcri dell’attenzione della ricerca sulle relazioni terapeutiche efficaci.

La conclusione di quanto detto è piuttosto evidente:


• Qualsiasi tecnica non può che essere declinata all’interno di una relazione di cura.
• Alla qualità della relazione di cura contribuisce in modo determinante il terapeuta.
• Sembrerebbero più efficaci le competenze relazionali del terapeuta che quelle formali della professione.
QUALI SONO CONCRETAMENTE I FATTORI TERAPEUTICI NELLE PSIC OTERAPIE?
1. Le scuole di psicoterapia o gli indirizzi teorici non sembrano essere un fattore decisivo: non ci significative differenze rispetto
agli esiti tra vari approcci psicoterapeutici.
2. Le persone che utilizzano un loro metodo in modo acritico, di solito, non generano cura
3. La psicodiagnosi è un tentativo di catalogare come finito e conosciuto ciò che è infinito e sconosciuto? Le diagnosi
psicopatologiche sembrano essere più che uno strumento di comprensione, uno strumento di difesa. Più si è incapaci di stare
in una relazione profonda con il paziente, nel dubbio e nell’angoscia di ciò che appare indefinito, più si cerca rifugio in
definizioni note per trovare sicurezza. Da Jung: “si presume in medicina che la visita del paziente debba condurre, per quanto
è possibile alla diagnosi della sua malattia e che la formulazione della diagnosi costituisca un dato essenziale. Dare un nome
ad uno stato nevrotico non ci dice niente, specie in termini di prognosi e terapia”
N.B. LA DIAGNOSI è UNA CONVENZIONE, NON È OGGETTIVA: porre una diagnosi corretta è una premessa importante ma non
sufficiente dell’intervento psicoterapeutico. Diagnosticare come malato il nostro interlocutore può implicitamente nascondere il
bisogno di indentificarsi con il ruolo di curante. Il curante, in realtà, non detiene un potere curativo ma è un catalizzatore ovvero
favorisce, se è capace, un processo.

4. L’alleanza terapeutica nasconde un sano e vitale bisogno reciproco: un mutuo scambio in cui si soddisfano bisogni vitali; in
fondo, paziente e terapeuta si meritano a vicendà probabilmente soddisfano l’uno per l’altro un bisogno primario che ha le
sue radici nelle primissime fasi di sviluppo.
5. Sofferenza psichica e sintomi psicologici: il sintomo in campo psicoterapeutico non è solo un inconveniente da eliminare ma
uno strumento di comunicazione; attraverso di esso viene espressa un’insoddisfazione per un certo stato di cose ed una
ricerca di verità̀ e di senso. La cura non è la riconduzione al quo ante ma la capacità di dare un senso diverso. E’ un errore
grave identificare una persona con la sua diagnosi. In tal caso il terapeuta ha il compito di: Riaprire alla possibilità e alla
speranza; fornire una nuova opportunità̀; non bisogna illudersi dell’oggettività̀ della diagnosi, bensì capire i bisogni e il
funzionamento soggettivi (il riconoscimento delle caratteristiche soggettive rappresenta un elemento di umiltà verso la
supposta scientificità. Ricorda il PDM!)
6. Autenticità: al centro del contesto di cura, atenticità che il paziente ricerca per sé; autenticità del terapeuta come persona
reale.

Molto spesso la cura si focalizza sul grande tema del riconoscimento ed espressione dei bisogni identitari.
Fatti salvi i bisogni primari, questo è probabilmente il bisogno più importante sul piano psichico su questo convergono in buona
parte tutti i sistemi motivazionali più articolati e complessi: autorealizzazione (Marlow) + autoefficacia (Bandura).

Infondere fiducia, dare spazio alle naturali caratteristiche ed inclinazioni del paziente inibite e/o mortificate per i più svariati
motivi in età di sviluppo, a mio avviso, non può non essere un obiettivo primario dello psicoterapeuta psicodinamico e,
personalmente ritengo, di ogni terapeuta.

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