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Sogno e telepatia.

Continuità e discontinuità della ricerca psicoanalitica*

Marianna Bolko**, Alberto Merini***

Riassunto. Dopo aver ricordato la posizione di Freud sui fenomeni di percezione extra-
sensoriale (Extra-Sensory Perception [ESP]) e i contrasti con Ernest Jones, vengono discusse le
“resistenze” esplicite di Freud e di altri psicoanalisti nel lavorare su questi fenomeni e la ten-
denza generale a ignorarli. Poiché il sogno rappresenta il luogo privilegiato dei fenomeni ESP
in psicoanalisi, vengono riportati quattro sogni di persone in analisi riferiti da Emilio Servadio,
Alessandro Calvesi, Loredana Micati Zecca ed Elvio Fachinelli. I sogni segnalano che il pa-
ziente è venuto a conoscenza di avvenimenti della vita dell’analista non attraverso i consueti
canali percettivi, ma probabilmente per via ESP. Vengono discussi questi quattro sogni e il rap-
porto fra sogno e fenomeni ESP. [Parole chiave: Fenomeni ESP; Sogno; Tracer element; In-
fluenzamento non conscio dello psicoanalista; Resistenze della comunità psicoanalitica]

Questo contributo, volutamente circoscritto alla matrice psicoanalitica freudiana,


richiama nel titolo uno dei quattro lavori che Freud (1921a, 1921b, 1925, 1931) dedi-
cò specificamente al rapporto tra psicoanalisi e fenomeni di percezione extra-senso-
riale (Extra-Sensory Perception [ESP]), cioè fenomeni paranormali cognitivi quali
telepatia, chiaroveggenza, precognizione, etc. (Freud per la verità tocca questo argo-
mento anche in altri contributi, tra i quali Psicopatologia della vita quotidiana, del
1901, e Il perturbante, del 1919). Ciò consente di sottolineare che se l’articolo di
Freud oggi comparisse su una delle nostre riviste, forse non ci si accorgerebbe che fu
scritto più di sessant’anni fa, non solo per l’originalità del pensiero freudiano ma so-
prattutto perché la ricerca psicoanalitica in questo settore è pochissimo progredita:
«Uno dei fatti più significativi nella storia della psicoanalisi è l’indifferenza con cui
sono state accolte le pubblicazioni di Freud sulla telepatia (...). A partire dal suo pri-
mo lavoro del 1921, non più di una mezza dozzina di psicoanalisti hanno portato con-
tributi clinici in questo campo, e gran parte di loro ha pubblicato un solo scritto, se-
guìto da uno strano e persistente silenzio» (Eisenbud, 1946, p. 32). Dall’epoca di que-
ste osservazioni di Eisenbud la situazione non è molto cambiata, fatta forse eccezione
per l’Italia.
Si potrebbe affermare che nella psicoanalisi è presente il dato storico dell’occulta-
mento dell’occulto. I motivi fondamentali di questo occultamento sono due: il primo è
di natura politico-istituzionale; il secondo è apparentemente più legato a dinamiche
individuali, ma tanto diffuso da farlo ritenere correlato al primo.
Nel marzo 1925 Freud così scriveva a Ernest Jones: «Una di queste domeniche
è stato qui Ferenczi. Noi tre [la terza persona era Anna Freud] abbiamo fatto degli

*
Tratto da: Marino Bosinelli & PierCarla Cicogna (a cura di), Sogni: figli di un cervello o-
zioso. Torino: Bollati Boringhieri, 1991, cap. 10, pp. 129-148. Ringraziamo per il permesso.
**
Via Garibaldi 3, 40124 Bologna, E-Mail <bolko@libero.it>.
***
Via Aranzio 2, 40141 Bologna, E-Mail <albertomerini262@gmail.com>.
Psicoterapia e Scienze Umane, 2018, 52 (1): 100-114. DOI: 10.3280/PU2018-001011
www.psicoterapiaescienzeumane.it ISSN 0394-2864 – eISSN 1972-5043
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esperimenti di trasmissione del pensiero, abbastanza1 riusciti, soprattutto quelli
in cui io fungevo da medium e analizzavo le mie associazioni. La faccenda sta ac-
quistando per noi grande importanza» (Jones, 1953-57, p. 461 trad. it.). Fatto curioso,
nello stesso giorno in cui Freud scriveva a Jones, quest’ultimo inviava una lettera cir-
colare in cui esprimeva la propria preoccupazione che la psicoanalisi venisse anche
solo accostata alla telepatia: «Almeno in Inghilterra (...) il pregiudizio contro la tele-
patia è così radicato che qualsiasi confusione dei due argomenti non avrebbe altro ef-
fetto che quello di ritardare l’accettazione della psicoanalisi» (ibidem).
Freud rispose riaffermando il proprio interesse per la telepatia, e Jones, sempre più
allarmato, gli scrisse allora che, se intendeva occuparsi di «imbrogli del genere» (i-
bid., p. 463), almeno lo facesse in privato: «Personalmente Lei può anche essere bol-
scevico ma non gioverebbe alla causa della psicoanalisi che Lei lo proclamasse pub-
blicamente» (ibid.). Freud, per nulla scosso dalle argomentazioni di Jones, pacata-
mente rispose: «La revisione de L’interpretazione dei sogni per l’edizione integrale
mi ha spinto a riprendere in considerazione il problema della telepatia. Inoltre i miei
esperimenti e le prove eseguite con Ferenczi mi hanno talmente convinto che le con-
siderazioni diplomatiche hanno ceduto il campo. Mi son trovato ancora una volta di
fronte a un caso nel quale, in scala ridotta, ho dovuto ripetere l’esperimento cruciale
della mia vita, e cioè esprimere una convinzione senza tener conto dell’eco suscitata
nel mondo» (ibid, p. 464). Le evidenze espresse da questa singolare corrispondenza
Freud-Jones non necessitano, a nostro parere, di particolari commenti.
Il secondo motivo citato corrisponde a una dimensione individuale riferibile alla
riluttanza/ambivalenza/resistenza (sono tutti termini che Freud usa per se stesso) a oc-
cuparsi dell’“occulto”. Freud era ben consapevole di questi suoi atteggiamenti verso
la telepatia. Essi non gli permisero, nel settembre 1921, di esporre al “Comitato” (A-
braham, Eitingon, ecc.) il terzo degli episodi che componevano il lavoro del 1921
Psicoanalisi e telepatia: «Vi darò una prova tangibile che io mi occupo di questi pro-
blemi dell’occultismo solo con enorme resistenza. Quando a Gastein cercai di trovare
gli appunti che avevo preso e portato con me per stendere questa relazione, non riuscii
a ritrovare il foglio su cui avevo trascritto quest’ultima osservazione, e al suo posto ne
trovai un altro, che avevo preso con me per sbaglio» (Freud, 1921a, p. 358). Degno di
nota è che tale terzo episodio, a differenza dei precedenti, riguarda un’esperienza per-
sonale di Freud (1932, pp. 160-166), occorsagli durante il trattamento del signor P.
Nel 1921 Freud scrisse al famoso parapsicologo Hereward Carrington: «Se do-
vessi vivere una seconda volta mi dedicherei alla ricerca psichica più che alla psi-
coanalisi» (Jones, 1953-57, p. 460 trad. it.). Otto anni dopo egli negò di avere mai
scritto qualcosa del genere: ma, osserva Jones, «Freud smentiva a torto. Gli otto anni
trascorsi avevano evidentemente cancellato il ricordo (. ..). Il dottor Nándor Fodor in-
fatti mi ha cortesemente fatto avere dal signor Carrington una fotocopia della lettera
di Freud ed è indubbio che la frase in questione vi ricorre» (ibid.).

1
Nell’originale tedesco e nell’edizione francese gli esperimenti sono invece «notevolmen-
te» riusciti.

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Queste “difficoltà” non erano presenti solo in Freud. Dennis Farrell (1983), uno
psicoanalista nordamericano che ha pubblicato due osservazioni personali, riferisce a
più riprese le proprie «formidabili resistenze» (p. 72) a lavorare su tali esperienze,
tanto che, al termine dell’articolo, osserva: «Nello stendere questo contributo non ho
inteso solo arricchire la letteratura di altri due esempi convincenti di sogni ap-
parentemente telepatici. Volevo soprattutto attirare l’attenzione degli altri psicoanali-
sti sulla capacità che noi abbiamo di evitare, di dimenticare certe importanti osserva-
zioni» (p. 79). Elvio Fachinelli (1983), a proposito di alcuni fenomeni ESP accaduti
durante il lavoro analitico e da lui descritti nel libro Claustrofilia, nota: «Ben pre-
sto capitarono altre situazioni intriganti e, diciamolo pure, imbarazzanti (...) vicende
che al primo momento suscitano grande interesse e poi si cacciano via, addirittura si
dimenticano o si sminuiscono (...). È quello che è capitato puntualmente a me e, nel
riprendere gli appunti stesi in quel periodo, ho potuto rendermi conto del distanzia-
mento intervenuto, anzi, dell’enorme lavoro di cancellazione effettuato in sordina,
nonostante di solito si attribuisca agli psicoanalisti la capacità di superare le proprie
rimozioni e i propri rifiuti. Ma tant’è» (pp. 99-100).
Un corollario di queste resistenze può essere individuato nella singolare “i-
gnoranza” che la maggior parte degli psicoanalisti mostra nei confronti degli scritti di
Freud sulla telepatia. È indubbio che esistano difficoltà anche individuali nell’ap-
proccio allo studio di eventi mentali che accadono al di fuori dei limiti convenzionali
della psicologia ufficiale, difficoltà che vengono accentuate dall’assenza di una corni-
ce teorica che fornisca elementi di comprensione rispetto a un tipo di evidenza che
sfida le nostre conoscenze psicologiche e fisiche. Resta il fatto che fino a oggi, rispet-
to al problematico interesse di Freud, ha avuto la meglio l’atteggiamento rappresenta-
to da Jones2. Come abbiamo già osservato (Bolko & Merini, 1988), le prospettive epi-
stemologiche attuali inducono a chiedersi se, con Jones, abbia trionfato la “ragione” o
se invece, in nome della ragione, abbia avuto spazio la scarsa razionalità di un atteg-
giamento difensivo, socialmente opportunistico e sostanzialmente antiscientifico, che
ha ostacolato o ritardato la ricerca sull’influenzamento reciproco nella relazione anali-
tica. Tutto ciò permette di sottolineare come, di fronte ai possibili fenomeni ESP pre-
senti nel lavoro analitico, vi sia costantemente il rischio di riproporre la contrapposi-
zione Freud-Jones – sono del tutto «convinto», sono tutti «imbrogli» – che, come os-
serva Fachinelli (1983), assume l’aspetto di uno sterile scontro fra «la credenza e la
non credenza» (p. 164).
Ai fini conoscitivi, è conveniente abbandonare questo atteggiamento per prendere
in considerazione il dato clinico, sopportando il contrasto con tutte quelle posizioni
che trovano in Jones il loro iniziale referente. Quelli che verranno presi in considera-
zione sono fatti che avvengono durante l’analisi, all’interno della costellazione tran-
sferale-controtransferale, per i quali sembra quindi legittimo affermare la possibilità
di un’indagine con gli specifici strumenti analitici.

2
In epoca più recente si veda, ad esempio, l’intervento di Brenner (1957) su un contribu-
to di Eisenbud (1955), e quello di Brunswick (1957) su un lavoro di Servadio (1955).

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Contrariamente ad altri Paesi, con tutta probabilità per la presenza rassicurante-
trainante di uno dei più stimati studiosi a livello internazionale, Emilio Servadio, in
Italia diversi psicoanalisti hanno pubblicato osservazioni sui fenomeni ESP: lo stesso
Servadio in primo luogo, e inoltre Eugenio Gaddini, Anna Maria Muratori, Alessan-
dro Calvesi, Arnaldo Novelletto, Loredana Micati Zecca, Elvio Fachinelli, etc.
In questa casistica relativamente abbondante, abbiamo scelto quattro sogni di per-
sone in analisi, riferiti da Servadio, Calvesi, Micati Zecca e Fachinelli. Possiamo anti-
cipare che questi sogni paiono segnalare che il paziente è venuto a conoscenza, via
ESP, di avvenimenti della vita dell’analista.
Perché parlare di sogni e di fenomeni ESP? La risposta più semplice, e certa-
mente più vera, consiste nel riferire che, secondo la maggior parte delle esperienze più
note, durante la pratica analitica i fenomeni ESP tendono a comparire soprattutto nei
sogni. Ciò si verifica non solo per motivi, per così dire, intrinseci, perché lo stato di
sonno è particolarmente adatto a ricevere il fenomeno telepatico (Freud, 1921b,
1932)3, ma anche perché tuttora – e il presente volume lo dimostra – i sogni rivestono
un particolare e specifico interesse. Non è questa la sede per discutere il significato
del sogno nel processo analitico: altri l’hanno fatto in questo libro. Fra gli autori non
italiani, soprattutto Morgenthaler (1986) e Meltzer (1984) ne hanno sottolineato e ri-
valutato la peculiarità, particolarmente in rapporto all’esperienza emotiva. È inoltre
importante notare che il sogno e il suo racconto, espressione entrambi di una relazio-
ne, rappresentano un particolare momento di reciproca disponibilità, di intimità e, nel
contempo, di modulazione dell’esperienza emotiva che, a nostro avviso, può facilitare
sia la collocazione che il riconoscimento del fenomeno ESP. Meltzer (1984) coglie
con precisione questa particolare situazione quando osserva: «Io provo piacere e sol-
lievo quando un paziente riferisce un sogno, perché sento che egli sta “giocando sul
mio stesso terreno” (...), una conseguenza di ciò è il sentimento di gratitudine verso il
paziente, che sotto molti aspetti, come esperienza di controtransfert, è parallela al sen-
timento di transfert del paziente che offre un regalo, un atto di gratitudine» (p. 167-
168 trad. it.).
Se il sogno rappresenta un luogo privilegiato dei fenomeni ESP, questi sono stati
descritti, ovviamente, anche all’infuori di esso. Come pure, sempre nella letteratura
psicoanalitica, sono stati riportati sogni telepatici che, pur non riferendosi al rapporto
analista-paziente, sviluppano la propria forza dimostrativa, come osservava Freud
(1921a, 1921b, 1925) a proposito del proprio materiale, solo dopo essere stati sottopo-
sti all’elaborazione analitica. Due sogni di questo tipo sono stati descritti, ad esempio,
da Farrell (1983). Pertanto, pur essendo plausibile che nel lavoro analitico fenomeni
ESP possano presentarsi ovunque, è soprattutto nell’ambito dei sogni che essi trovano
una destinazione più specifica. Il punto di collegamento può essere individuato nello
stato di coscienza modificato o, secondo la dizione dei parapsicologi, “altro” (e non
“alterato”), che si ha nel sonno, nell’ipnosi, sotto l’effetto di droghe, nella privazione
sensoriale, in certe situazioni di estasi, nella meditazione trascendentale, nel Ganzfeld,
etc. (il Ganzfeld è una tecnica di ricerca utilizzata per studiare la telepatia).

3
Anche la ricerca parapsicologica «riguardante i casi spontanei [di esperienze paranorma-
li] indica che uno su due è avvenuto durante il sonno e si è manifestato sotto forma di sogno»
(Strauch, 1973, p. 79).

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Ehrenwald (1978) ha allargato il concetto di stati modificati o “altri” di coscienza.
Essi vengono considerati “mutamenti esistenziali” e comportano una sostanziale mo-
dificazione degli stati mentali, sia consci che inconsci, nonché mutamenti comporta-
mentali. Consistono nel rimaneggiamento e nella riorganizzazione repentina e globale
degli adattamenti psicologici e fisiologici che portano un soggetto dalla personalità
chiusa (che accetta rigidamente norme e princìpi di causa-effetto e di spazio-tempo)
ad assumere una personalità “aperta”, disponibile ad accettare altre realtà ed esperien-
ze, incluse eventualmente quelle ESP. Probabilmente gli esempi più evidenti di mu-
tamenti esistenziali sono il sonno e lo stato di sogno. Le variazioni fisiologiche legate
al sonno sono ben definite e conosciute. A esse si accompagna il profondo mutamento
dell’esperienza interiore del sognatore, ivi compreso l’aumento di ricettività telepatica
documentato dalla sperimentazione parapsicologica. Di fatto, è l’affinità tra i fenome-
ni telepatici e i sogni (questi ultimi sono una delle basi su cui si fonda la concezione
di processo primario in Freud) a suggerire l’esistenza di un denominatore comune nel
mutamento esistenziale, condizione nella quale entrambi i fenomeni si presentano in
massimo grado. La loro affinità si manifesta anche nel fatto che tanto i sogni quanto i
fenomeni ESP sono caratterizzati dalla disorganizzazione delle categorie di spazio,
tempo e causalità.
È opportuno osservare che la situazione analitica in quanto tale può favorire
l’esperienza ESP. Le caratteristiche del setting tradizionale tendono a provocare uno
stato di coscienza modificato, considerato un fattore che favorisce l’esperienza ESP.
Ehrenwald (1978) osserva che il “linguaggio dimenticato” della relazione simbiotica
tra madre e bambino può essere ripristinato in ogni situazione che riproponga questo
modello di relazione: una di queste situazioni è il setting analitico. Modell (1988) at-
tribuisce alla struttura del setting la formazione di una configurazione transferale spe-
cifica che denomina “transfert di dipendenza-contenimento” e che considera come
l’attualizzazione simbolica del rapporto madre-bambino. Questa configurazione coe-
sisterebbe con il transfert classico, e si riferirebbe ai conflitti riguardanti l’integrità del
Sé. Major & Miller (1983) puntualizzano che «il luogo dell’ interpretazione» è un
medium dove s’incrociano e si mescolano le rappresentazioni inconsce dell’attività
pulsionale dell’analista e dell’analizzando, e osservano che «questo processo è assimi-
labile a quanto possiamo osservare nell’esperienza telepatica» (p. 72).
Infine, prima di esporre e discutere i quattro sogni, converrà ricordare schema-
ticamente le più significative osservazioni di Freud sul rapporto fra sogni e telepatia
(è pure utile precisare che, per Freud, trasmissione del pensiero e telepatia erano fe-
nomeni quasi equivalenti; vedi Iannuzzo, 1988):
1) La telepatia è favorita dallo stato di sonno (Freud, 1921b, 1925).
2) Anche se il messaggio telepatico giunge al ricevente nello stesso momento in cui si
svolge l’evento esterno, può essere percepito dalla coscienza solo nella notte suc-
cessiva, durante il sonno (Freud, 1921b, 1925).
3) Vi sono due tipi di sogni telepatici. Nel primo, il messaggio telepatico può essere
considerato alla stregua di un residuo diurno il quale, secondo lo schema classico,
«concorre» alla formazione del sogno; in questi casi «il messaggio telepatico (...)

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non può dunque cambiare nulla nel processo di formazione del sogno» (Freud,
1921b, p. 393). Nel secondo tipo, invece, il sogno è la riproduzione non deformata
di un evento esterno trasmesso telepaticamente, rispetto al quale la psiche mantiene
un atteggiamento «ricettivo e passivo» (ibid., p. 395). Per questo tipo di sogni Freud
ritiene corretta la dizione di «esperienza telepatica verificatasi durante il sonno» (i-
bid., p. 394).
4) Sembra essere facile la trasmissione di «desideri inconsci» o di «ricordi» laddove
questi siano particolarmente «intensi» o dotati di una forte «tonalità affettiva»
(Freud, 1921a, 1925 p. 164).
5) La trasmissione del pensiero è particolarmente agevole allorché una rappresen-
tazione emerge o, in termini teorici, allorché una rappresentazione passa dal «pro-
cesso primario» al «processo secondario» (Freud, 1925).

Quattro sogni

Emilio Servadio (1955)


A. è in terapia da due anni. Nel periodo del sogno l’analisi è da poco ricominciata
dopo un intervallo di un mese per le vacanze estive di Servadio. Dopo il rientro a
Roma, la moglie di Servadio era immediatamente ripartita per recarsi in una località
di mare insieme alla figlia e a due nipotine, bionde e molto carine, di otto e tre anni.
Abitavano in una villetta con un piccolo giardino sul davanti.
A. si trova in una situazione di transfert negativo: si lamenta che l’analista è fred-
do, distaccato, etc. Servadio (1955) osserva a sua volta che, dopo la partenza dei fami-
liari, si sente solo, a disagio, senza nessuno con cui parlare, frustrato nei suoi bisogni
affettivi e sessuali. Le poche parole scambiate ai pasti con la domestica non servono a
colmare il vuoto lasciato dai familiari. Non solo, dice «io mi sentivo abbandonato e
maltrattato» (p. 28).
La sera del 27 agosto due colleghi americani telefonano a Servadio annunciando il
loro arrivo a Roma. Servadio li invita a cena per la sera successiva, il 28 agosto, in-
sieme ad altri due colleghi italiani, in un famoso ristorante della capitale la cui specia-
lità sono le tagliatelle. Per essere puntuale, Servadio decide di annullare la seduta con
A., che doveva aver luogo il giorno 28 alle ore 20:00. Il 28 mattina, dopo aver inutil-
mente cercato di entrare in contatto telefonico con A., gli invia la domestica con un
messaggio scritto in cui l’avverte della sua indisponibilità per la seduta.
Nella successiva seduta del 29 agosto il paziente riferisce il seguente sogno, fatto
nella notte tra il 27 e il 28:
«Io ero vicino alla sua casa, ma non si trattava di questa. Era simile a un cottage di una
cittadina californiana con un piccolo giardino davanti. Mi pareva di vedere la sua domesti-
ca, N., che metteva un piatto con delle tagliatelle vicino al cancello del giardino. Andai
verso il piatto. Mi sentivo affamato, miserabile e avevo freddo. Ero vestito solo con un
paio di pantaloni corti. Mentre mi sto avvicinando al piatto vedo arrivare una macchina.
Sapevo che lei e sua moglie eravate nella macchina. Mi spavento e corro via. Il sogno
cambia. Mi trovo nella casa e vedo sua moglie dal di dietro. È con tre figlie: una è sua fi-

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glia di quattordici anni che ho visto una o due volte (però era più carina che nella realtà).
Le altre erano due bambine bionde molto carine: una poteva avere all’incirca otto anni,
l’altra tre o quattro. Io mi sento ancora miserabile e trascurato, anche se mi pareva di sape-
re che la sua famiglia era piacevole e non aveva nulla contro di me».

Alessandro Calvesi (1980)


Il paziente è al secondo mese di analisi. È il primo paziente di Calvesi che, a sua
volta, è al terzo anno della propria analisi, della quale riferisce: «Solitamente par-
cheggiavo la mia auto in Piazza Navona, poi mi dirigevo – senza mai stancarmi di
ammirare almeno la fontana centrale della piazza e la facciata della chiesa di
Sant’Agnese – verso Corso Rinascimento, raggiungendo, con pochi passi, il portone
del palazzo ove era ubicato lo studio-abitazione dell’analista. Qui giunto, salivo a pie-
di le scale (non c’era l’ascensore) e incontravo, al termine delle prime due rampe di
scale, finestre con vetri colorati, costituiti da un mosaico di rombi rossi e verdi. Entra-
vo nello studio-abitazione. Solitamente, attendevo alcuni minuti in una stanza, pavi-
mentata con antiche mattonelle rosse, in fondo alla quale c’era un tavolo di legno.
D’inverno la stanza d’attesa era riscaldata da una piccola stufa portatile (non c’era
impianto di riscaldamento). Quindi accedevo allo studio vero e proprio dove, fra
l’altro, c’erano il divano analitico e una biblioteca, alta e ampia, fatta di scaffalature.
Ed ecco il sogno del paziente:
«Mi reco in una specie di studio medico a Piazza Navona, o forse nelle vicinanze di Piazza
Navona. Lo studio si trova in un palazzo vecchio, di quelli senza ascensore e senza im-
pianto centrale di riscaldamento. Salgo una rampa di scale piuttosto stretta, tutta interna,
chiusa; alla fine di questa rampa c’è una finestra a vetri colorati con due colori: rosso e
verde. Poi c’è un’altra rampa di scale e un’altra finestra uguale, che si vede attraverso
qualcosa di stretto. La porta della casa del medico è di legno vecchio, robusto. All’interno
della casa vedo una specie di tinello con in fondo un tavolo di legno; vedo un pavimento
di vecchie mattonelle rosse; una specie di letto che sembra uno di quei lettini da studio
medico, ma non è proprio come quelli. Vedo degli scaffali, dove però non ci sono medici-
ne come negli studi medici. Vedo una vecchia macchina da cucire, fatta così: un ripiano di
legno marrone, vecchio, tarlato, montato su un telaio di ferro, con sopra la macchina da
cucire; sotto c’è la pedana e la ruota».

Loredana Micati Zecca (1982)


G. è uno studente universitario al secondo anno di analisi. Nel periodo del sogno
deve recarsi in un’altra città per frequentare l’università, che imporrà di ridurre le se-
dute e di concentrarle in pochi giorni. Sebbene tale problema sia stato discusso
all’inizio del trattamento, in quel momento sembra costituire il luogo ove s’incanala-
no le resistenze e l’ambivalenza di G. nei confronti dell’analisi. G. spesso si assenta o
arriva in ritardo alle sedute.
Qualche settimana prima del sogno, mentre G., appena entrato nello studio, si sta-
va sdraiando sul lettino, la Micati Zecca prova un improvviso dolore acuto al centro
del petto: «Dio mio, pensa, che seccatura sarebbe un infarto! Dovrei rinunciare per
sempre a tante attività sportive!». Il paziente dice: «Mentre venivo da lei ho provato

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un attacco d’angoscia spaventoso, il cuore pareva impazzito; ero certo che stavo per
morire di infarto e sono stato sul punto di rinunciare a venire da lei, per farmi ricove-
rare in ospedale». La Micati Zecca, prima del fine settimana, ha l’ultima seduta con
G. il venerdì. Il sabato sera “casualmente” incontra un suo giovane amico chirurgo e
gli chiede di esaminarle un nodulo che aveva scoperto al seno da qualche mese, fis-
sando l’incontro per l’indomani, domenica mattina. «Non ero preoccupata, ma consi-
deravo la mia negligenza un po’ imprudente. Durante la notte ho sognato la progettata
visita, ma ero imbarazzata come se ci fossero delle sfumature erotiche. Nonostante la
giovane età del mio amico, l’avevo investito come figura paterna. La domenica incon-
trai il chirurgo, ma entrambi ci dimenticammo del problema cui avevo accennato la
sera prima».
Il lunedì successivo, G. racconta un sogno:
«Ero in casa di mia cugina, c’erano anche i suoi due bambini. Lei mi chiama e mi chiede
di controllarle il seno perché era preoccupata dalla scoperta di un nodulo. Mi sento a disa-
gio, ero eccitato e bloccato contemporaneamente».

Elvio Fachinelli (1983)


Andrea, professore di liceo di trent’anni, in analisi da parecchi mesi, si rende pro-
tagonista di alcuni piccoli fatti che progressivamente attirano l’attenzione di Fachinel-
li. Un giorno, uscendo al termine della seduta, si infila per sbaglio la giacca di Fachi-
nelli. Porta un sogno che contiene elementi presenti in un sogno di un’altra paziente.
Un’altra volta arriva con due ore di anticipo. Fachinelli, che proprio quel giorno si
era dimenticato chi doveva arrivare, lo fa entrare e ha appena iniziato la seduta quan-
do il campanello suona di nuovo. «Sorpreso, andai ad aprire e mi trovai di fronte alla
donna cui Andrea aveva, per così dire, rubato il sogno».
Un martedì sera Fachinelli scrive all’editore tedesco del suo libro del 1979 La
freccia ferma, discutendo vari problemi di traduzione. Uno dei problemi in discussio-
ne era il titolo, che l’editore voleva rendere con Der stehende Pfeil, mentre Fachinelli
preferiva Der Pfeilsteht, che gli sembrava più incisivo, più immediato. Nella lettera di
Fachinelli, scritta a mano, i due titoli erano sottolineati e spiccavano nettamente sul
resto della pagina.
Nella successiva seduta Andrea racconta un sogno fatto nella notte di martedì. Co-
sì lo riferisce Fachinelli:
«Metteva in scena, all’inizio, sé e un’assistente universitaria che lo interessava molto in
quel periodo e a cui aveva attribuito il ruolo di protettrice benevola e un po’ complice in
un esame che si era finalmente deciso a fare. C’era un rapporto intenso con lei, quasi
d’amore... poi... (a questo punto si fermò imbarazzato) la scena cambiava ed eravamo io e
lui in seduta, c’era un crollo di cuscini e poi ci trovavamo entrambi sul divano analitico,
lui aveva la testa all’altezza del mio orecchio. La situazione diventava esplicitamente ses-
suale, si sentiva strumentalizzato da me, ma provava anche piacere, finalmente
l’abbandono... c’era però la difficoltà che io ero un uomo... vedeva al di là del divano, vi-
cino alla mia poltrona, il mio quaderno di appunti, scritto in tedesco, tutto era previsto,
anche il crollo... faceva fatica a leggere, distingueva una parola che cominciava per “Pf”,
come Pfilzen o Pilzen, che in tedesco significa funghi, gli pareva».

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Discussione

Questi i sogni: tutti forniscono l’informazione che il paziente è venuto a cono-


scenza di qualcosa concernente la vita dell’analista. Ma ognuno in modo diverso.
Si può iniziare dagli aspetti formali, ricordando l’osservazione di Freud (1921b)
che, nei sogni telepatici, «il messaggio telepatico viene trattato come una parte del
materiale che concorre alla formazione del sogno» (p. 393), per cui anch’esso viene
sottoposto al lavoro onirico. Nell’esperienza telepatica si avrebbe invece la riprodu-
zione non deformata dell’avvenimento esterno. Un sogno che aveva suggerito a Freud
tali osservazioni era quello dell’uomo il quale sogna che sua moglie aveva dato alla
luce due gemelli nella stessa notte in cui sua figlia, in un’altra città e in anticipo di un
mese sulla data prevista, partoriva due gemelli.
Il sogno del paziente di Servadio (1955) è quello in cui la trasformazione della re-
altà sembra essere più rilevante. Parrebbe, in questo caso, che la realtà sia stata dap-
prima scomposta e poi ricomposta in un altro ordine. Si deve comunque osservare che
tutto il contenuto manifesto del sogno, pur in diverso ordine, si riferisce al mondo rea-
le dell’analista, sia in termini fattuali che in termini emotivi. Potrebbe qui valere
l’osservazione di Freud (1921a, 1925) secondo cui la forza dimostrativa di un evento
onirico si sviluppa solo dopo l’elaborazione analitica.
Il sogno del paziente di Calvesi (1980) si colloca all’estremo opposto: la realtà vi è
infatti riprodotta quasi fedelmente. Più esattamente, nel sogno vi sono tre varianti: la
prima riguarda la seconda finestra, «che si vede attraverso qualcosa di stretto»; la se-
conda colloca in un unico ambiente la sala d’attesa e lo studio; la terza, la più impor-
tante, è rappresentata dalla presenza di una «vecchia macchina da cucire». È
quest’ultimo punto che conferisce al sogno quell’atmosfera magica presente in certi
quadri di Magritte o di Delvaux. Su questo elemento si appunterà l’elaborazione di
Calvesi, tanto che tutto il resto del sogno, così ridondante di realtà da ricordare
«un’esperienza telepatica», sembra avere l’unico scopo di attirare la sua attenzione4.
Nel sogno del paziente della Micati Zecca (1982) vi è una riproduzione fedele del-
la situazione fattuale dell’analista, ma con sostituzione dei personaggi: per questo a-
spetto ricorda il sogno del parto gemellare riferito da Freud. Nell’esperienza onirica
del paziente sembra già rappresentata anche la situazione emotiva dell’analista, così

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Osserva Calvesi (1980): «Una macchina da cucito, esattamente corrispondente alla descri-
zione che ne fa il paziente, c’era (e tuttora esiste) nella mia casa natale, in quella stanza che io
avevo scelto, da bambino, di usare come stanza dei giochi. Lì, mentre giocavo, osservavo spes-
so mia madre adoperare quella macchina. Quando invece ero solo nella stanza, spesso mi met-
tevo ad azionare la pedana, a osservare la ruota che girava grazie al movimento trasmessole
dall’asta di ferro, mentre fantasticavo di condurre una automobile, o un treno, o un aeroplano.
Che fossero fantasie falliche (incestuose) di elaborazione e di strutturazione della scena prima-
ria, con la relativa scoptofilia infantile, io lo do per sicuro» (pp. 217-218). Il paziente, sognando
la vecchia macchina da cucire di sua madre e facendo le osservazioni riportate (gli ricorda quel-
la di sua madre; da bambino guardava l’asta di ferro che trasmette il movimento alla ruota,
l’asta si alza e si abbassa; sembra un uomo robusto che fa flessioni sulle braccia; associa il pene
e l’atto sessuale), ha stabilito una profonda comunicazione con “parti” dell’analista, formatesi
analogamente, permettendo così di mettere in comune esperienze strutturanti similari, di atti-
varle in sé e nell’analista, con buone premesse per la futura attività analitica.

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come risulta dal sogno di quest’ultima, e le sue probabili conseguenze: la visita non
fatta a causa della dimenticanza, per la Micati Zecca; la sensazione di sentirsi blocca-
to nel sogno, per il paziente.
Nel sogno del paziente di Fachinelli (1983), infine, il messaggio telepatico ir-
rompe sul finire dell’esperienza, senza apparente connessione con quanto lo precede:
la riproduzione della realtà fattuale risulta imperfetta, poiché il paziente riesce a leg-
gere solo le iniziali del termine tedesco.
Sulla base di questo primo approccio, si può osservare come in tutti e quattro i so-
gni sia sempre riconoscibile, a livello manifesto, il messaggio telepatico, dotato di
quei caratteri di forza, unicità e specificità che Ehrenwald (1978) riunisce nel termine
tracer element. Si deve inoltre rilevare che gli elementi telepatici contenuti nei sogni
possono riguardare solo aspetti fattuali della vita presente dell’analista (come nel caso
di Fachinelli), oppure aspetti fattuali ed emotivi presenti (Servadio e Micati Zecca), o
ancora, accanto ad aspetti fattuali presenti, elementi riferibili alla realtà fattuale ed
emotiva passata dell’analista (la macchina da cucire in Calvesi).
Ci si può allora chiedere quale sia l’eventuale significato di queste differenze. In
altre parole: il sogno telepatico ha un significato univoco in quanto telepatico, o con-
sente di fare distinzioni tra le conoscenze di fatto (l’analista ha scritto una lettera) e le
consapevolezze relative alla vita affettivo-emotiva dell’analista stesso (prova senti-
menti erotici)? La specifica scelta del contenuto telepatico del sogno costituisce un
ulteriore elemento rivelatore? Questo problema potrà essere più convenientemente
affrontato dopo un’analisi sul ruolo del paziente nel sogno telepatico e sulle sue iden-
tificazioni.
Nel sogno manifesto il paziente di Servadio rappresenta se stesso: prova emozioni
che possono essergli “direttamente” pertinenti (vedasi il transfert negativo del pazien-
te, prima del sogno), agisce, soprattutto osserva: la domestica, la macchina che arriva,
la moglie di Servadio e le «tre figlie». È consapevole di aver visto qualcosa che ap-
partiene alla vita reale di Servadio, in quanto già la conosce (la domestica, la moglie e
la figlia), ma non sa che anche le tagliatelle e le altre due bambine vi appartengono e,
soprattutto, ignora che le proprie emozioni nel sogno sono riferibili anche all’analista.
In questo senso, il paziente è anche Servadio.
Anche il paziente di Calvesi rappresenta se stesso – «Mi reco...» – ma non sa
di stare rappresentando Calvesi che si reca dal suo analista; la macchina da cucire
è invece quella di sua madre; in questo il paziente è se stesso, ma non sa che è
anche quella della madre di Calvesi: di chi è la macchina? Chi tende a rappresen-
tare il sognatore?
Nel caso della Micati Zecca, il paziente è presumibilmente rappresentato nel
giovane amico chirurgo. Nel suo sogno, il paziente introduce l’analista (la cugi-
na) anche nelle sue componenti «erotiche».
Infine, il paziente di Fachinelli s’identifica parzialmente con quest’ultimo che sta
guardando il proprio scritto («il mio quaderno di appunti»), mentre la scena è esplici-
tamente sessuale e il sognatore non riesce a vedere bene lo scritto tedesco e confonde
«freccia» con «funghi».
Nei primi tre sogni (fatta quindi eccezione per il caso di Fachinelli) c’è qualcosa di
curioso: nessuno dei sognatori vede l’analista “in proprio”, mentre, ad esempio, sale
le scale dell’appartamento di Corso Rinascimento o mentre chiede un parere medico. I

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sognatori si sostituiscono all’analista o ad altre persone e tutti comunque diventano
protagonisti.
«In occasione del parto (atteso o appreso telepaticamente), nella sfera rimossa del-
la psiche paterna si desta il desiderio inconscio “Sarebbe meglio che fosse lei la mia
(seconda) moglie!”, ed è questo desiderio a deformare i pensieri onirici e a causare la
discrepanza fra il contenuto onirico manifesto e l’evento reale» (Freud, 1921b, p.
392). È dunque un proprio desiderio inconscio a spingere i sognatori a diventare pro-
tagonisti, a mettersi nei panni del proprio analista o delle persone per lui significative
in quel momento? Ci sembra legittimo domandarsi a chi appartengono i desideri e i
relativi sogni. Nell’esempio di Freud, non è forse possibile immaginare che il padre
abbia sognato come proprio il desiderio incestuoso della figlia trasmesso telepatica-
mente? O anche che il sogno esprima l’incontro di due desideri complementari? «So-
no tutte operazioni del paziente? – si chiede la Micati Zecca (1982) – Devo pensare
che si è inserito nella mia mente e ha sorpreso i miei pensieri? (...) È probabile che
anch’io abbia, per così dire, cercato un contatto con lui facendolo partecipe dei miei
processi mentali» (p. 183).
È necessario ora prendere in considerazione le varie opinioni sul possibile si-
gnificato del sogno telepatico per il lavoro analitico. Schematicamente, si possono in-
dividuare due posizioni.
La prima valorizza del sogno telepatico soprattutto il potenziale disvelamento di
una situazione controtransferale negativa dell’analista . «Essendogli preclusa ogni al-
tra forma di espressione e di comunicazione – scrive Servadio (1972) – il paziente ac-
cede a strumenti più primitivi e diretti come la telepatia o persino la pre-cognizione
(per esempio, in un sogno). In tal modo egli può penetrare “i segreti” dell’analista,
mostrargli di essere al corrente, deviare a proprio vantaggio la sua attenzione, rimpro-
verargli la sua presunta mancanza d’amore, o la sua aggressività» (p. 436; cfr. anche
Servadio, 1967).
Per quanto riguarda specificamente il sogno che abbiamo riportato, Servadio
(1955) osserva che il suo contenuto è equivalente a queste eventuali dichiarazioni del
paziente: «Credi che io non sappia che tu pensi più a tua moglie che a me? Credi che
io non sappia che tu offri del buon cibo agli stranieri e non a me? Credi che io non
sappia che tutto ciò va in parallelo con reazioni e sentimenti tuoi, che sono tuoi e non
devono interferire con il mio trattamento? Bene, come ho sentito i desideri omicidi di
mio padre quando ero bambino, così io posso sentire e descrivere dettagliatamente la
tua ostilità, il tuo trascurarmi e le emozioni che sono state e sono tue e che tu hai cer-
cato di nascondermi » (pp. 29-30).
La prospettiva controtransferale può avere le seguenti implicazioni (sul rapporto
tra controtransfert e fenomeni occulti, si veda anche Helene Deutsch, 1926):
a) il contenuto del sogno è specifico in quanto, come si ricava dalle osservazioni di
Servadio, fornisce un’informazione dettagliata e approfondita sulla situazione di
transfert-controtransfert in atto al momento del sogno;
b) il valore terapeutico riguarda il disvelamento di tale situazione che, non riconosciu-
ta, può determinare difficoltà per il lavoro terapeutico;
c) il sogno telepatico non è un mezzo specifico, in quanto è almeno teoricamente am-
missibile che lo svelamento della situazione di transfert-controtransfert possa avve-
nire per altre vie.
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Una seconda prospettiva vede nel sogno telepatico soprattutto la possibilità di rea-
lizzare esperienze “fusionali”, di “co-identità”, ad alto significato terapeutico. «Sono
vissuti fusionali di breve durata – osserva la Micati Zecca (1982) – che si inseriscono
in un contesto che si mantiene ben differenziato e organizzato (...). La comunicazione
ESP avviene per superare la barriera delle separate individualità, e viene effettuata
proprio perché tali individualità esistono» (p. 185).
«È possibile superare le arcaiche angosce di separazione solo se (previamente) av-
venga una profonda unione con l’analista, quale nuova figura materna con la quale
risperimentarle e rielaborarle in una versione che differisca da quella originale (...).
L’ESP mostra che tale nuova profonda fusione con l’analista è possibile, anzi è in at-
to» (Calvesi, 1980, pp. 219-220; in questo articolo vi è un’ampia bibliografia).
Le implicazioni di questa nuova prospettiva possono essere:
a) il contenuto del sogno ha valore scarso o nullo in quanto è solo l’occasione in cui si
realizza il bisogno fusionale: Andrea, il paziente di Fachinelli (1983), già nel perio-
do precedente il sogno aveva sfruttato «ogni piccola variazione reale per garantirsi
una relazione di profonda comunanza» (p. 118) con Fachinelli stesso. Anche nel
sogno, la parte precedente quella telepatica può essere interpretata come un ulterio-
re tentativo di conseguire l’esperienza fusionale che, tuttavia, si realizza solo con la
lettura imperfetta della lettera. Vi sono pazienti, come ad esempio quelli di Fachi-
nelli e della Micati Zecca, che per conseguire l’esperienza fusionale provano altre
vie prima di utilizzare quella onirica. In altri soggetti invece, come i pazienti di Ser-
vadio e di Calvesi, il sogno telepatico compare d’improvviso, senza alcun avverti-
mento preliminare;
b) il valore terapeutico riguarda la possibilità di sperimentare una situazione fusiona-
le, mantenendo i limiti distintivi delle rispettive individualità;
c) il sogno telepatico (e qualsiasi altro evento ESP) è altamente specifico come fattore
terapeutico, in quanto non vi sono altre possibilità di effettuare l’esperienza fusiona-
le sopra riferita.
Sembra evidente che, accanto ai bisogni fusionali del paziente, debba esserci, per-
ché abbia luogo il sogno ESP, anche la disponibilità e la capacità di regredire
dell’analista, per stabilire un contatto a livelli così primitivi dell’evoluzione psichica.
Si potrebbe dire con Ehrenwald (1978) che occorre anche un “interesse” dell’analista
per questi fenomeni: ciò potrebbe contribuire a spiegare il numero relativamente alto
di contributi su questo tema in Italia.
A partire dall’osservazione che il sogno telepatico contiene generalmente materia-
le inconscio sia del paziente che dell’analista, è stato sostenuto (Hollós, 1933; Serva-
dio, 1935) che in linea di massima tale sogno si verifica proprio per l’emergere e
l’intersezione di componenti inconsce similari di entrambi – «parti formatesi con sof-
ferenze strutturali similari», le definisce oggi Calvesi (1980). A questo proposito, Fo-
dor (1947) sosteneva che l’analisi di un sogno ESP non si esaurisce con le sole asso-
ciazioni del paziente, ma esige anche quelle dell’analista sul proprio materiale onirico.
Come si può costatare, anche nella prospettiva fusionale i problemi sono alquanto
complessi o almeno possono divenirlo: il contenuto non sarebbe indifferente, perché
legato a “parti similari” (del paziente e dell’analista) che vengono riattivate in en-

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trambi, attirando con ciò l’attenzione sul fatto che non solo sulla componente del pa-
ziente deve appuntarsi l’elaborazione analitica. A un’eventuale domanda sull’appar-
tenenza della macchina da cucire del paziente di Calvesi, potrebbe corrispondere que-
sta “ragionevole” risposta: appartiene a entrambi, analista e paziente. Come osserva lo
stesso Calvesi, si tratta di esperienze originarie simili che si intrecciano e possono
trovare una ristrutturazione comune. Il fatto che si abbia una regressione a fasi precoci
di rapporto (fusionale, simbiotico) non comporterebbe quindi un’analoga regressione
dei contenuti.
Infine, i pazienti che, attraverso il sogno ESP o altre esperienze ESP, possono sod-
disfare i propri bisogni fusionali presentano in genere un’organizzazione psichica
complessivamente integra. Ha giustamente sottolineato Ehrenwald (1978) che sogget-
ti con disturbi di personalità di tipo paranoide o borderline non sono in grado di af-
frontare queste esperienze. Il livello d’intimità a cui esse possono verificarsi comporta
il rischio di dare avvio al crollo regressivo incontrollabile di un’organizzazione psi-
chica rigidamente e precariamente tenuta assieme da difese primitive.
Prima di concludere, è necessario prendere in esame un ultimo aspetto del pro-
blema. Nel caso P., Freud attribuisce l’evento telepatico al transfert del paziente:
l’analista è, per così dire, estraneo all’evento. Tale unidirezionalità fu messa in di-
scussione già nel 1933: «Si tratta di un evento congiuntamente elaborato, dove il fe-
nomeno telepatico rappresenta un’azione inconscia reciproca e non semplicemente un
atto isolato di percezione di una parte dell’uno o dell’altro» (Hollós, 1933).
Questa ipotesi bidirezionale verrà accettata, solo molti anni dopo, nel rapporto di
transfert-controtransfert e, più recentemente, nel rapporto identificazione proiettiva-
controidentificazione proiettiva (Bolko & Merini, 1988, 1989). Si ripresenta allora
l’interrogativo: a chi propriamente appartengono questi sogni? È legittimo considerare
il messaggio telepatico alla stregua delle percezioni coscienti, o anche subliminali,
che fanno parte dei residui diurni intorno ai quali il materiale inconscio del sognatore
costruisce il sogno? O piuttosto il messaggio telepatico diviene parte integrante del
materiale inconscio stesso?
Gli articoli di Freud Psicoanalisi e telepatia (1921a) e soprattutto Il significato oc-
culto dei sogni (1925) già ponevano questo problema: dalla capacità del veggente di
“leggere” il desiderio rimosso di chi lo interpella, Freud passa alla considerazione ge-
nerale che «un intenso desiderio inconscio unitamente ai pensieri e alle nozioni che da
esso derivano» (Freud, 1921a, p. 357), come pure «ricordi dotati di una forte tonalità
affettiva» (Freud, 1925, p. 164), possono con facilità essere trasmessi. Freud tuttavia
conclude che la teoria del sogno non viene modificata da questo elemento, che deve
essere considerato come un residuo diurno. Jones però non era dello stesso parere:
mentre infatti riteneva accettabile, dal punto di vista dell’integrità della teoria psicoa-
nalitica dei sogni, lo scritto Sogno e telepatia (Freud, 1921b), rispetto al quale le sue
riserve erano di ordine diplomatico, considerò dannoso per la teoria Il significato oc-
culto dei sogni (Freud, 1925).
Non è plausibile che oggi siano ancora da prendersi sul serio i problemi d’ordine
diplomatico che angustiavano Jones, visto che la storia ne sta facendo, in un modo o
nell’altro, giustizia. Considerando poi il dibattito attuale sull’epistemologia psicoana-

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litica, anche certi scrupoli di purezza teorica possono essere ridimensionati. Il pro-
blema del passaggio di contenuti mentali può a buon diritto iscriversi definitivamente
tra le categorie della teoria clinica della psicoanalisi: senza timori per le implicazioni
e conseguenze nei confronti della costruzione di una teoria generale.
È probabile, anzi, che la metapsicologia psicoanalitica potrà trarre beneficio dalla
ricchezza di osservazioni che caratterizza, per chi vi si accosti con mente sgombra da
pregiudizi, questo campo d’indagine.

Abstract. Dreams and telepathy. Continuity and discontinuity in psychoanalytic research.


After having reviewed Freud’s position on extra-sensory perception (ESP) and his disagree-
ment with Ernest Jones, the explicit “resistance” of Freud and other psychoanalysts towards
ESP phenomena and the general tendency to ignore them are discussed. Since ESP phenomena
in psychoanalysis manifest themselves specially in dreams, four dreams – made in analysis by
patients of Emilio Servadio, Alessandro Calvesi, Loredana Micati Zecca, and Elvio Fachinelli –
are reported. These dreams seem to show that these patients were able to know aspects of their
analysts’ life only through extra-sensory perception. These four dreams, and the relationship
between dream and ESP, are discussed. [Key words: ESP phenomena; Dream; Tracer element;
Unconscious influence of the psychoanalyst; Resistance of the psychoanalytic community]

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