Tutte queste funzioni, definite come rapporti fra trasformate di grandezze elettriche, possono
essere interpretate in vari modi. La prima interpretazione è quella di risposta, nel dominio di s, a una
eccitazione impulsiva unitaria, ossia di trasformata della risposta all’impulso. Consideriamo per
esempio la funzione di trasferimento H(s), definita dal rapporto fra le trasformate della tensione alla
porta 2 e di quella alla porta 1 di una rete:
V2 s
H s
V1 s
E' evidente che quando v1(t) = (t), e quindi V1(s) = 1, la V2(s) coincide con H(s), che quindi
rappresenta la trasformata della risposta impulsiva h(t) della rete.
2. Risposta in frequenza
V
(2) V1 s
s j
V
(3) V2 s H s
s j
con antitrasformata
dove la sommatoria è estesa a tutti i poli pi della funzione di trasferimento (qui supposti distinti, per
semplicità). Se il sistema è stabile, cioè le parti reali di tutti i suoi poli sono negative, allora a tempi
sufficientemente lunghi i termini relativi alla sommatoria nella (4) sono tutti destinati a svanire,
mentre sopravviverà solo il primo termine. Il coefficiente di quest'ultimo, calcolato al solito modo,
vale
sicchè per t la tensione d'uscita, espressa nel dominio del tempo, assume la forma
Si potrebbe pensare di calcolare la risposta in regime sinusoidale permanente di una rete di cui sia nota la funzione di
trasferimento H(s) antitrasformando il prodotto di tale funzione per la trasformata di Laplace di una sinusoide
o/(s²+o²). Va notato tuttavia che il segnale così ottenuto rappresenta la risposta desiderata (cioè la risposta in regime
permanente sinusoidale) soltanto dopo un certo tempo. Il motivo è che la "sinusoide" così applicata non è un segnale
armonico puro, ma il prodotto di un segnale armonico per un gradino unitario a t = 0, a cui è associata una risposta
transitoria che si esaurisce soltanto dopo un tempo sufficientemente lungo (3-5 volte, in pratica) rispetto alla più lunga
delle costanti di tempo in gioco (determinate dalle parti reali dei poli della funzione di trasferimento).
Si noti che il fenomeno è del tutto analogo a quanto si verifica nelle misure di risposta in frequenza,
l’esecuzione di ciascuna delle quali, come è noto, richiede un certo tempo (con particolare riferimento ai sistemi
risonanti ad altissimo Q e ai sistemi “lenti”, come quelli termici). E del resto al tempo t dopo l’applicazione della
“sinusoide” il segnale effettivamente applicato al sistema non è altro che un pacchetto d’onda di durata t, il cui
contenuto spettrale non è certamente una riga.
3. Le risposte caratteristiche
b) delle risposte indici nel dominio del tempo (risposte impulsive e risposte indiciali),
calcolate risolvendo le equazioni del circuito oppure, più spesso, mediante
antitrasformazione delle corrispondenti funzioni di rete:
Notiamo che queste due caratterizzazioni sono formalmente equivalenti, dal momento che è
sempre possibile passare dall'una all'altra mediante trasformazione o antitrasformazione. Ma non
sempre, in pratica, il passaggio dall'una all'altra è immediato, in particolare quando la
caratterizzazione del circuito (nel dominio del tempo o in quello della frequenza) è stata eseguita
sperimentalmente e i dati sono allora disponibili in forma di grafici o tabelle, e non in forma
analitica.
La forma delle funzioni di rete, che sono sempre funzioni reali della variabile s, dipende
dalla natura dei circuiti. Nel caso dei circuiti a costanti concentrate esse sono funzioni razionali
fratte di s, a coefficienti costanti reali1; nel caso dei circuiti a costanti distribuite, come per le linee
di trasmissione, funzioni trascendenti di s.
Nel primo caso, del quale ci occupiamo in quanto segue, il numero di singolarità (poli e zeri)
è finito, nel secondo, invece, generalmente infinito (il numero di variabili di stato è infatti infinito
1
I coefficienti sono costanti dato che i circuiti sono stazionari (e del resto le funzioni di rete sono definite soltanto per
circuiti lineari e stazionari). I coefficienti sono reali dato che sono reali i parametri (R, C, L, ecc.) degli elementi che
costituiscono i circuiti.
Qui notiamo che le funzioni di trasferimento relative alle reti passive possono avere soltanto
poli con parte reale negativa o nulla. Ma siccome i poli con parte reale nulla derivano dalla presenza
di elementi reattivi ideali (senza dissipazioni) ne consegue nei circuiti passivi reali i poli hanno
sempre parte reale negativa. Soltanto nel caso delle reti attive si possono avere poli con parte reale
positiva, e in tal caso esse sono instabili.
4. I circuiti RC
L'ammettenza
indiciale, cioè la
corrente che scorre nel
circuito quando esso è
eccitato da una tensione
a gradino unitario, è
Y s 1 1
(9) yu t L1 L
s R 1 s
yu 0 Y s 1 R yu Y s 0
lim lim
(10) ;
s s0
Y s u t
(10) yu t L1 exp t
s R
L'ammettenza impulsiva y(t), cioè la corrente che scorre nel circuito quando esso è eccitato da una
tensione impulsiva unitaria, si può ottenere antitrasformando la Y(s) oppure derivando rispetto al
tempo l'ammettenza indiciale:
t u t exp t
(11) y t
R R
Il circuito CR si
ottiene dal circuito precedente
disponendolo come mostrato
nella figura, realizzando così
una rete a due porte. La
funzione di trasferimento è la seguente
s
(12) H s RY s
1 s
Si noti che per |s| << 1/ (cioè ai tempi lunghi) tale funzione si può approssimare con s, che
rappresenta la funzione di trasferimento di un derivatore. Per questo il circuito CR viene anche
denominato "quasi derivatore".
u t exp t
(13) h t Ry t t
(14) hu t R yu t u t exp t
Esaminando la risposta
impulsiva, si nota che
all’istante iniziale l'uscita
riproduce la funzione
impulsiva d'ingresso mentre
la corrente impulsiva carica istantaneamente il condensatore, portando a tensione negativa
l'armatura collegata al nodo d'uscita; successivamente, di conseguenza, l'uscita assume valore
j
(15) H j
1 j
(16) H j ; H j arctan
1 2 2 2
1 1
(17) H s Y s
sC 1 s
Si noti che per |s| >> 1/ (cioè ai tempi brevi) tale funzione si può approssimare con 1/s, che
rappresenta la funzione di trasferimento di un integratore. Per questo il circuito RC viene anche
denominato "quasi
integratore".
La risposta impulsiva e
quella indiciale si ottengono
dalla (17) mediante
antitrasformazione:
u t exp t
(18) h t L1 H s
H s
(19) hu t L1 u t 1 exp t
s
1
(20) H j
1 j
1
(21) H j ; H j arctan
1 2 2
1 sC 1 s
(22) Y s
Z s 1 sRC s LC L 1 LC sR L s 2
2
Notiamo subito che i poli dell'ammettenza Y(s) sono anche i poli delle funzioni dei circuiti
che si ottengono disponendo i tre elementi in modo da realizzare una rete a due porte, come negli
esempi mostrati nella figura a pagina seguente: un filtro passabasso, un passabanda e un passaalto.
Le funzioni di trasferimento dei tre circuiti sono date infatti dal prodotto di Y(s) per l'impedenza del
ramo trasversale. Si trova poi che quando il fattore di merito del circuito, così definito,
o L 1 L
(24) Q
R R C
(25) o = 1/(LC)
con larghezza di banda o/Q (fo/Q, esprimendo la banda in hertz). Essi si comportano cioè (per
Q >> 1) come passabanda attorno a o, pur presentando, per che tende a zero e all'infinito, le loro
diverse proprietà caratteristiche (rispettivamente, passabasso, passabanda e passaalto).
Fissiamo ora l'attenzione sul denominatore della funzione Y(s) data dalla (22), che
costituisce un funzione del secondo ordine in s. Questo, oltre che nella forma fattorizzata
(28) = 1/2Q
I poli della Y(s), dati dalla (23), si esprimono come segue in termini dei parametri o, Q e :
o
(29) p1,2 1 1 4Q 2 o o 1 2
2Q
e sono dunque
Quando i poli sono complessi, si può esprimerli come segue in termini della loro parte reale
e di quella immaginaria :
E' interessante esaminare come i poli si spostano nel piano complesso al variare del fattore
di merito Q, assumendo o costante. Il grafico nella figura, tracciato utilizzando le relazioni (32) e
(33), mostra che i poli, supposti inizialmente reali e distinti con Q < 0,5 , al crescere di Q si
spostano sull'asse reale, avvicinandosi fino a coincidere per Q = 0,5. Successivamente essi invece si
allontanano fra loro,
muovendosi sulla
circonferenza di raggio
o, fino a raggiungere,
quando Q assume
valore infinito, l'asse
immaginario. Il
prolungamento delle
traiettorie nel
semipiano di destra,
che rappresenta il caso
di una rete attiva
sempre più fortemente
instabile, corrisponde a
valori negativi di Q, di
valore crescente (decrescente in modulo) a partire da -: all'attraversamento dell'asse immaginario
corrisponde infatti a una discontinuità di Q da + a -).
sL 1 s 1 s
(34) Z s
1 sL R s LC C 1 LC s RC s
2 2
C s o s Q o 2
2
dove la frequenza angolare caratteristica è data ancora dalla (25), mentre il fattore di merito, a
differenza di prima (ma coerentemente con la definizione (19) a pag. 17 della parte I), è dato
dall'espressione
R
(35) Q o RC
o L
Si noti che in questo circuito (sempre quando Q > 0,5) è l'impedenza, e non l'ammettenza, che
presenta risonanza, anche qui con larghezza di banda o/Q.
In pratica, nei circuiti reali, il valore della resistenza R non è una costante, ma dipende dalla
frequenza. Tale resistenza, infatti, non rappresenta soltanto quella del resistore in parallelo, che
spesso è addirittura assente, ma anche le dissipazioni associate agli elementi L e C, che in genere
dipendono dalla frequenza. Spesso poi la resistenza parallelo R dipende sopratutto dalle perdite
dell’induttore, che si rappresentano, come sappiamo, con una resistenza equivalente serie RL a cui
corrisponde il fattore di merito QL=L/RL. Uguagliando a QL il fattore di merito espresso dalla (35),
si ricava la seguente relazione fra R ed RL
(35a) R = Q2RL
Esempio. Esaminiamo l'effetto delle dissipazioni associate ai tre elementi sul fattore di merito
complessivo di un circuito RLC parallelo reale.
Utilizzando la precedente, il fattore di merito complessivo Q = Req/oL può essere espresso nella
forma seguente, nella quale si individuano i contributi dei fattori di merito associati ai tre elementi
reali
1 o L o L RL R 1 1 1
C
Q Req R o L o L QR QL QC
Questo risultato, assai importante, può essere generalizzato a) a un risonatore di qualsiasi natura
fisica, b) al caso di accoppiamenti “parziali” di elementi dissipativi a un risonatore principale, in tal
caso pesando nell’espressione precedente i fattori di merito di tali elementi con dei fattori di
accoppiamento energetico di valore opportuno (inferiori all’unità). Per esempio, nel caso di un
cristallo di quarzo (pag. 24, parte III), chiamando QM il fattore di merito della parte meccanica e QE
quello della parte elettrica (che rappresenta le dissipazioni associate alla capacità C2), si ha 1/Q =
1/QM + /QE, dove il fattore d’accoppiamento è =C1/(C1+C2). Tale espressione vale anche nel caso
di un’antenna gravitazionale risonante, rappresentando la dipendenza del Q totale del modo
meccanico dalle dissipazioni elettriche.
Ricaviamo in quanto segue una espressione approssimata per l'impedenza del circuito RLC parallelo
nell'intorno della frequenza angolare di risonanza o. Nella (34), espressa in funzione di j, sostituiamo con o + .
Sviluppando i calcoli nella approssimazione << o si ottiene:
oQL R
(36) Z j
1 2 j Q o 1 j
con = 2Q/o. Questa espressione approssimata risulta assai utile grazie alla sua semplicità. Usiamola, per esempio, per
calcolare la risposta normalizzata in regime sinusoidale di un circuito RLC con Q = 50, che risuona a 1 MHz. In questo
caso la larghezza di banda totale è 1 MHz/50 = 20 kHz, la semilarghezza 10 kHz (data da 1/2). Di conseguenza alla
frequenza di 1010 kHz (e di 990 kHz) la risposta si riduce di -3 dB, a 1100 kHz (e a 900 kHz) si riduce di -20 dB.
Quesito. Perché calcolando come sopra la risposta del circuito a 2 MHz otteniamo un risultato insensato?
Ci occupiamo qui delle reti a due porte (vedi Parte II) lineari e stazionarie, intese come
scatole nere, cioè prescindendo dalla loro costituzione interna, considerando pertanto come
accessibili soltanto le grandezze elettriche relative alle porte, attraverso cui queste reti possono
interagire con altri circuiti. L'obiettivo è quello di rappresentarle mediante equazioni e circuiti
equivalenti, ricavare espressioni per le loro funzioni di rete, individuarne certe proprietà interessanti
ed esaminare alcuni casi particolari.
I1 I2
+ +
V1 porta 1 RETE porta 2 V2
- DUE PORTE -
Nella caratterizzazione delle reti a due porte si individuano quattro grandezze elettriche, cioè
quattro variabili: le due tensioni e le due correnti relative alle due porte. Perchè queste grandezze
variabili siano tutte determinate, occorre stabilire due relazioni2, evidentemente lineari e a
coefficienti costanti, fra due coppie di esse, esprimendo cioè due grandezze, scelte come variabili
dipendenti, in termini delle due restanti, scelte come variabili indipendenti; e individuando di
conseguenza i quattro coefficienti a ciò necessari. Questo si può fare in sei possibili modi diversi3, a
ciascuno dei quali corrisponde un diverso sistema di equazioni e conseguentemente un diverso
insieme di parametri caratteristici della rete.
2
Per determinare quattro variabili occorrono quattro equazioni indipendenti fra esse. Alle due equazioni che
rappresentano la rete si aggiungono infatti le due equazioni che ne descrivono le condizioni di terminazione, mettendo
così in relazione fra loro la corrente e la tensione a ciascuna delle due porte o stabilendone altrimenti i valori.
3
Oltre alle sei rappresentazioni fondamentali se ne usano anche altre. La più diffusa fra queste è quella detta in base S,
(basata sulla matrice di diffusione o di scattering), che tratta le grandezze elettriche in termini di onde.
Nelle (37) i parametri hanno tutti le dimensioni di un’impedenza (rappresentazione in base Z), nelle
(38) di un’ammettenza (base Y); nelle (39) (base H) si parla di parametri ibridi, dato che uno dei
parametri è un'impedenza, un altro un'ammettenza e gli altri due sono adimensionali.
La scelta fra le diverse rappresentazioni dipende da varie considerazioni. Per esempio, se alle porte della rete sono
collegati dei bipoli in parallelo, può essere conveniente la rappresentazione in base Y; se i bipoli sono collegati in serie,
la rappresentazione in base Z. Un altro aspetto riguarda il comportamento naturale della rete, che può essere tale che in
una rappresentazione occorra tener conto di tutti e quattro i parametri, mentre in un'altra possa bastarne un numero
minore. Questo è il caso della rappresentazione linearizzata dei transistori bipolari: qui, in prima approssimazione, ma
soltanto nella rappresentazione in base H, può essere sufficiente considerare solo uno o due parametri (H21, che
rappresenta il guadagno in corrente, e subordinatamente l’impedenza H 11).
Per quanto detto la caratterizzazione completa di una rete due porte richiede in generale la
conoscenza di quattro parametri, più precisamente di quattro funzioni di s o di j, dato che in
generale i parametri saranno funzioni della frequenza, oppure di quattro operatori
integrodifferenziali (esprimendo nel dominio del tempo le relazioni (37), (38), (39)).
Notiamo innanzitutto che, salvo particolari casi degeneri, quando si conoscono i parametri
relativi a una certa rappresentazione è sempre possibile calcolare quelli relativi a un'altra, con
opportune trasformazioni. Ma notiamo anche che non tutte le reti due porte ammettono tutte e sei le
rappresentazioni fondamentali. Questo è
quanto si verifica, ad esempio, per il
trasformatore ideale e per i generatori
controllati ideali, e in tutti i casi in cui la
rete due porte degenera in un bipolo.
Questi stessi ragionamenti sono utilizzati anche per stabilire le modalità di misura per
determinare sperimentalmente i valori dei parametri di una rete due porte. Per esempio, volendo
misurare la transimpedenza Z21, che in base alla seconda delle equazioni (37) è definita dal rapporto
V2/I1 quando I2 = 0, si disporrà un generatore di corrente alla porta 1 e si collegherà un voltmetro
alla porta 2.
Notiamo poi che se la funzione della rete è quella di trasmettere segnali da una porta
all'altra, per esempio dalla 1 alla 2, è evidente che rivestono particolare importanza i parametri con
indice 21, che determinano appunto come il circuito in cui è inserita la porta 1 influenza quello
collegato alla 2.
Notiamo infine che è molto diffusa anche una diversa notazione per gli indici dei parametri,
sopratutto per quanto riguarda i modelli linearizzati dei dispositivi attivi. Considerando la porta 1
come ingresso e la 2 come uscita, si usa spesso l'indice i (input, ingresso) al posto di 11, l'indice o
(output, uscita) al posto di 22, l'indice f (forward, diretto) al posto di 21 e l'indice r (reverse,
inverso) al posto di 12. Per esempio, H12 si indica con Hfe. I parametri H, inoltre, si indicano spesso
con lettere minuscole, considerati come costanti reali (hfe) che rappresentano relazioni fra grandezze
differenziali.
Nelle reti reciproche il numero di parametri essenziali si riduce a tre (su base Z e Y), dal
momento che, evidentemente, si ha Z12 = Z21 (e Y12 = Y21). Il numero dei parametri si riduce poi a
due nel caso delle reti simmetriche, nelle quali le due porte sono indistinguibili fra loro: si ha allora
Z11 = Z22, oltre che Z12 = Z21.
Il caso delle reti reciproche è piuttosto importante, dal momento che tali sono tutte le reti
passive, escluse quelle contenenti giratori, cioè le reti costituite dagli elementi passivi usuali:
resistori, condensatori, induttori e trasformatori (e induttori accoppiati). Ne consegue che queste reti
si possono rappresentare con schemi equivalenti più semplici, in cui intervengono soltanto tre
elementi, come è mostrato negli esempi della figura qui sotto che illustrano i due modelli detti a T e
a (che sono fra loro duali)chiamati rispettivamente stella e triangolo dagli elettrotecnici. I
parametri Z si esprimono assai semplicemente in termini dei parametri del modello a T, nel modo
seguente:
(40) Z11 = Z1T + Z2T ; Z12 = Z21 = Z2T ; Z22 = Z2T + Z3T
(41) Y11 = Y1 + Y2 ; Y12 = Y21 = -Y2 ; Y22 = Y2 + Y3
Gli schemi qui sopra illustrano invece, anzichè modelli, alcune particolari strutture circuitali
interne usate nella realizzazione delle reti a due porte.
Sostituendo nella seconda delle (37) l'espressione di V2 ottenuta dall'equazione del carico si
ha:
da cui si ricava immediatamente il rapporto fra le correnti alle due porte, cioè l'amplificazione di
corrente Ai:
I2 Z 21
(43) Ai
I1 Z 22 Z L
Notiamo subito che il "motore" del funzionamento della rete è costituito dalla
transimpedenza diretta Z21. Notiamo poi che il segno meno deriva dalla definizione del guadagno di
corrente come rapporto fra le due correnti di porta (entranti per convenzione); il segno sarebbe
infatti positivo se definissimo il guadagno come rapporto fra la corrente nel carico (IL = -I2) e quella
della porta 1.
Ricavando I2 dalla (43) e sostituendo nella prima delle equazioni (37) si ha:
V1 = Z11 I1 - (Z12Z21/(Z22+ZL)) I1
V1 Z Z
(44) Zin Z11 12 21
I1 Z 22 Z L
Una situazione assai particolare si verifica quando l'impedenza di carico è tale che
l'impedenza d'ingresso viene ad eguagliarla. Questa particolare impedenza prende il nome di
impedenza caratteristica e si indica di solito con il simbolo Zo. Si noti peraltro che per una rete
due porte si definiscono in generale due impedenze
caratteristiche, corrispondenti alle due porte. Queste sono: Zo1,
che è l'impedenza di carico ZL alla porta 2 per cui alla porta 1 si
ha Zin1 = ZL = Zo1, e Zo2, che è il valore dell'impedenza di carico
Zs (che generalmente ha il ruolo di impedenza di sorgente)
collegata alla porta 1 per cui l'impedenza offerta dalla porta 2
verifica l'uguaglianza Zin2 = Zs = Zo2.
Da questa si ottiene
(45) Z o1
2
(e in questo caso, evidentemente, si ha Zo1 = Zo2). Entrambe le soluzioni della (45), in generale,
presentano significato fisico.
Quando l'impedenza di carico è uguale all'impedenza caratteristica Zo1 si dice che la rete è
adattata in uscita; quando l'impedenza di sorgente è uguale all'impedenza caratteristica Zo2 si dice
che la rete è adattata in ingresso; si dice poi che la rete è adattata quando entrambe le condizioni
sono verificate.
Esercizio. Considerate la rete resistiva simmetrica che nel modello a T ( pag. 17) ha i seguenti valori dei parametri:
R1T = 100 , R2T = 400 . Calcolate i valori dell'impedenza caratteristica, discutendo i risultati ottenuti.
V2 Z L I 2 Z L Z 21Z L
(47) Av Ai
V1 Zin I1 Zin Z11Z 22 Z11Z L Z12 Z 21
(48) Av = -Ai
si ricava
V2 Z L I 2 Z L Z 21Z L
(50) Av Ai
Vs Zin Z s I1 Zin Z s Z11 Z s Z 22 Z L Z12 Z 21
Allo stesso risultato si arriva direttamente sostituendo Z11 con Zs + Z11 nell'espressione finale della (47). Infatti,
sostituendo la rete originale con una che inglobi l’elemento Zs, i parametri Z restano immutati ad eccezione di Z 11, a cui
si somma Zs. E se la (47) fosse stata espressa in termini di parametri Y?
9. Reti in cascata
Alcuni sistemi elettronici sono realizzati collegando in cascata, fra una sorgente e un carico,
un certo numero di reti due porte (amplificatori, attenuatori, linee di trasmissione, ecc.), che
Questa situazione si semplifica grandemente quando tutte le reti che costituiscono il sistema
presentano alta impedenza d'ingresso e bassa impedenza d'uscita, con valori tali che
l'amplificazione complessiva sia semplicemente il prodotto delle amplificazioni a vuoto delle reti
costituenti, condizione peraltro difficilmente verificata in presenza di reti di tipo passivo
(attenuatori, linee di trasmissione, ecc.). Ma anche quando tutte le reti costituenti presentano la
stessa impedenza caratteristica.
In quest’ultimo caso l'insieme delle reti in cascata si presenta come un'unica rete due porte
con impedenza caratteristica data da quella delle reti costituenti e con amplificazione di tensione (in
condizioni di adattamento) pari al prodotto delle amplificazioni (sempre in condizioni di
adattamento) delle singole reti costituenti. Questo criterio trova numerose applicazioni pratiche,
come nei sistemi a 600 usati in telefonia, nei sistemi a 75 usati a radiofrequenza (antenna TV,
preamplificatore, cavo di discesa) e in quelli a 50 usati nella strumentazione fisica per
l'elaborazione di segnali veloci.
Per distorsione si intendono in generale le modifiche che subisce la forma dei segnali
quando attraversano un sistema. Queste possono essere dovute all’effetto di nonlinearità4
(provocando, per esempio, l’insorgere di armoniche di un segnale sinusoidale) oppure, come
vogliamo considerare qui, a effetti puramente lineari, provocati dalla dipendenza dalla frequenza
della risposta del sistema.
4
Vedi parte VII, pag. 13.
con i parametri Ho e T 0 reali e costanti. In tal caso si ha infatti: y(t) = Ho x(t-T). La funzione di
trasferimento deve dunque avere la forma:
Le condizioni precedenti risultano verificate solo nei seguenti due casi: a) sistemi statici
(con H(j) = Ho e T=0), b) elementi di ritardo puro (con |H(j)| = Ho e T>0). E risultano verificate
soltanto per sistemi ideali, dato che sappiamo che ad alta frequenza qualsiasi oggetto reale introduce
attenuazione e sfasamento.
Le condizioni di non distorsione, in particolare, non sono mai verificate esattamente per i
sistemi dinamici a costanti concentrate. Esse possono essere tuttavia verificate approssimativamente
in determinati intervalli di frequenza. Prendiamo, ad esempio, la funzione H(j = 1/(1 + j). Si
osserva immediatamente che per << 1/ si ha: |H| 1, /H(j) = - arctang() -.
Senza in alcun modo approfondire l’argomento, diciamo qui che per una estesa classe di
funzioni di trasferimento vi sono delle relazioni fra l’andamento del modulo in funzione della
frequenza e quello della fase. Per esempio, negli intervalli di frequenza dove il modulo è costante la
fase è nulla; dove il modulo ha una data pendenza, la fase assume un valore costante (cioè a una
pendenza di 20 dB/dec nel diagramma di Bode corrisponde una fase di /2, ecc.).
Ciò si verifica in particolare per le funzioni di trasferimento razionali fratte in s prive di zeri
con parte reale positiva5 Tali funzioni si chiamano a minimo sfasamento, perchè sono quelle che, a
5
Attenzione: nulla a che vedere con la stabilità, che riguarda invece la presenza di poli con parte reale positiva.
Usciamo temporaneamente dal mondo dei circuiti a costanti concentrate per entrare in quello dei
circuiti a costanti distribuite. Per occuparci delle linee di trasmissione, modellizzate come strutture
unidimensionali usate per rappresentare sia linee vere e proprie, bifilari o coassiali, sia una varietà
di altre struttura, come le piste conduttrici realizzate su circuiti stampati o all’interno di circuiti
integrati.
(54) Z s R sL
(55) Y s G sC
Le grandezze R, L, G e C, che rendono conto delle caratteristiche elettriche della linea (resistenza e
induttanza dei conduttori, capacità e conduttanza fra essi), sono chiamate costanti primarie. Esse
sono definite per unità di lunghezza e in quanto segue sono considerate costanti lungo la linea.
v x, t v x dx, t z t i x, t
v x, t v x dx, t v x, t
(56) z t i x, t
x dx
Procedendo analogamente si ricava
i x, t
(57) y t v x, t
x
Derivando ancora rispetto a x la (56) e utilizzando la (57) si ottiene infine
2v x, t i x, t
(58)
x 2
z t x
z t y t v x, t
2v x, t v x, t 2 v x, t
RG v( x, t ) ( LG RC ) LC
x 2 t t 2
2 i x, t
(59) z t y t i x, t
x 2
La (58) e la (59) sono state introdotte da Lord Kelvin e prendono il nome di equazioni dei
telegrafisti6. Trasformandole secondo Laplace e ignorando le condizioni iniziali si ha
2V x, s
(60) Z s Y s V x, s
x 2
2 I x, s
(61) Z s Y s I x, s
x 2
(62) V x, s A e 0 ( s ) x B e 0 ( s ) x
6
In ricordo del successo di Lord Kelvin nella realizzazione del primo cavi telegrafico sottomarino attraverso
l’Atlantico.
(63) 0 s Z s Y (s)
anch’essa definita per unità di lunghezza, prende il nome di costante di propagazione. Essa può
essere così espressa nel dominio della frequenza in termini della sue parti reale e immaginaria
(64) 0 j 0 j 0
R G
(65) 0 s R sL G sC 0 s s
L C
avendo posto
(66) 0 LC
In tal caso nella (65) il termine sotto radice si riduce a un quadrato perfetto e allora la
costante di propagazione assume la gradevole forma
R R
(68) 0 s LC s 0 s
L L
C
(68a) 0 j 0 j 0 R j LC
L
dove la parte reale α0 non dipende dalla frequenza e la parte immaginaria β0 = -ωτ0 è direttamente
proporzionale alla frequenza, con il significato, rispettivamente, di attenuazione e di sfasamento per
unità di lunghezza.
Quesito. Il rapporto β/α può essere assunto come fattore di merito di una linea. Come si giustifica ciò?
Considerando un tratto di linea come una rete a due porte, la sua impedenza caratteristica è
Z s R sL
(69) Z0 s
Y s G sC
Questa, quando è verificata la condizione di Heaviside (67), assume un valore reale indipendente
dalla frequenza chiamato resistenza caratteristica:
L
(70) R0
C
e in tal caso si ha 0 R R0 .
1 R sL 1 R G 1
(71) Z 0 s R0 R0 1 R0
1 G sC 2s L C sCeq
R, L, C, G Z(s) = R + sL Y(s) = G + sC
Z0 s Z s Y ( s) R0 1 sCeq R0 L C
2r r r c 1 2r
C L 0 vp R0
d d
ln ln
2r c r r
ln
d
Per una linea coassiale, con diametro interno d1 e diametro esterno d2 si ha:
2 d2 r r c 1 d2
C L ln 0 vp R0 ln
d 2 d1 c r r 2 d1
ln 2
d1
I parametri di un tipico cavo coassiale (RG58 C/U) sono i seguenti: C = 100 pF/m,
L = 250 nH/m, RDC = 50 m/m. E quindi si ha: R0 = 50 , 0 = 5 ns/m, αDC = 10-3. Per un cavo di
100 m di lunghezza l’attenuazione è circa 5 dB a 10 MHz, 18 dB a 100 MHz, 60 dB a 1 GHz.
Esercizio 1. Calcolare la resistenza caratteristica di un cavo coassiale con diametro interno 3,6 mm, diametro esterno 1
mm e dielettrico con costante dielettrica relativa 2,3.
Esercizio 2. Calcolare, in unità di decibel, l’attenuazione di 100 metri di un cavo RG58 C/U a bassa frequenza.
Individuate, e giustificate, una legge approssimata per la dipendenza dalla frequenza del parametro R.
Le costanti delle linee, in generale, non sono costanti. Le costanti primarie presentano infatti
dipendenza dalla frequenza, soprattutto alle frequenze più elevate, per vari effetti elettromagnetici;
nel caso di R, in particolare, interviene l’effetto pelle. E qui notiamo che nelle linee bifilari, come
nell’Esempio precedente, le condizioni di non distorsione non sono generalmente verificate7.
2V x, s 2 I x, s
(60) Z s Y s V x, s (61) Z s Y s I x, s
x 2 x 2
I x, s C1 s e 0 C2 s e 0
sx s x
(72)
dove C1(s) e C1(s) dipendono dalle terminazioni della linea ai suoi estremi.
V x, s
Trasformando la (56), si ha Z s I x, s , da cui V x, s Z s I x, s dx
x
sostituendo nella quale la (72) e integrando si ha:
Z s Z s
V x, s C1 s e 0 C2 s e 0
s x s x
0 s 0 s
7
Per ottenerle, in alternativa ad aumentare la sezione dei conduttori (una scelta costosa) per ridurre R, in passato si è
utilizzata a lungo una tecnica (pupinizzazione) proposta dall’ingegnere serbo M. Pupin: disporre degli induttori in serie
alla linea ad intervalli regolari, in modo da accrescerne l’induttanza equivalente per unità di lunghezza.
La (75) si giustifica ammettendo che il generatore fornisca alla linea energia finita e che la
linea, di lunghezza infinita, presenti dissipazioni non nulle, come è inevitabile, anche se
eventualmente piccolissime. Dalla (75) consegue che C2 s 0 e quindi l’onda retrograda è
V x, s Z 0 s C1 s e 0 I x, s C1 s e 0
s x s x
(76)
F s
V1 s Z0 s C1 s si ricava C1 s e quindi la tensione e la corrente lungo la
Z0 s Z s s
linea sono
F s
V x, s e 0
s x
(77)
Z0 s Z s s
F s Z0 s 0 s x
(78) I x, s e
Z0 s Z s s
V1 s V x, s
(79) Z1 s Z0 s
I1 s I x, s
8
Nella trattazione delle linee di trasmissione si attribuisce segno positivo alla corrente uscente dalla porta 2, a
differenza di quanto previsto per le reti due porte a costanti concentrate.
F s
(80) V1 s
2
Un caso particolare molto importante è costituito dalle linee non dispersive, per cui è
verificata la condizione di Heaviside (R/L = G/C). In tal caso, come sappiamo, l’impedenza
caratteristica è reale, data dalla (70), e la costante di propagazione è data dalla (69) che riscriviamo
nella forma
(81) 0 s 0 s 0
F s 0 x s 0 x
(82) V x, s F s e0 x e s 0 x I x, s e e
Z0 s
Passando nel dominio del tempo, si ha
(83) v x, t f t 0 x exp 0 x
f t 0 x
i x, t exp 0 x
R0
Un altro caso particolare riguarda le linee non induttive (L = 0), per cui si ha
R
0 s R G sC e Z 0 s
G sC
Se una linea siffatta è eccitata da una sorgente impulsiva con f(t) = δ(t), F(s) = 1, e con
impedenza di sorgente nulla (Zs(s) = 0), si trova la seguente soluzione9 nel dominio di s
(84) V x, s exp R G sC x
con antitrasformata
9
A. Alberigi Quaranta, B. Rispoli Elettronica, Zanichelli, 1960, pag. 139.
R
0 s sRC e Z0 s
sC
La risposta impulsiva a una sorgente con impedenza interna nulla si ricava dalla (85)
ponendo G = 0. La sua forma è simile a quella rappresentata nella figura a pagina precedente.
L’equazione differenziale che governa le linee RC si deduce dalla (58):
2 v x, t v x, t
RC
x 2
t
Questo tipo di linee presenta ampio interesse. Per esempio ai fini della modellizzazione dei
resistori integrati, per la loro natura RC distribuita, come pure delle interconnessioni fra i diversi
elementi di un circuito integrato, che oggi introducono ritardi confrontabili con (o addirittura
maggiori di) quelli caratteristici dei dispositivi stessi. E anche perché il problema delle linee RC è
formalmente analogo a quello della trasmissione del calore per conduzione e della diffusione in una
dimensione, per cui si ha rispettivamente:
2T x, t C T x, t 2 x, t 1 x, t
x 2 K t x 2 D t
dove T è la temperatura assoluta, C il calore specifico, δ la densità e K la conducibilità termica del
conduttore termico; ρ è la concentrazione della specie che diffonde e D il suo coefficiente di
diffusione.
Sostituendo nella (86) le espressioni di I1(s) e di V1(s) date rispettivamente dalla (72) e dalla (73) si
ottiene la relazione
(88) F s C1 s Z s Z0 C2 s Z s Z 0
(89) C1 s Z L Z0 e ( s ) C2 s Z L Z0 e ( s ) 0
dove si è posto
Se il carico è adattato, cioè ZL(s) = Z0(s), allora dalla (89) si ricava C2(s) = 0, con
F s
C1 s come per la linea di lunghezza infinita. E quindi si ha soltanto l’onda diretta,
Z0 s Z s s
Per trattare il caso generale, con impedenze di carico e di sorgente arbitrarie, si introducono
i coefficienti di riflessione relativi alle due porte del tratto di linea
Z s s Z0 s Z L s Z0 s
(91) 1 s ; 2 s
Z s s Z0 s Z L s Z0 s
Sostituendo le espressioni (91) dei coefficienti di riflessione nelle relazioni (88) e (89) che
rappresentano le due condizioni di terminazione, si ricavano, risolvendo il sistema, le seguenti
espressioni per le costanti C1(s) e C2(s):
F ( s) 1
(92) C1 ( s)
Z s ( s) Z 0 ( s) 1 1 ( s) 2 ( s) e2 ( s ) x
Sostituendo i risultati precedenti nelle soluzioni generali della linea (72) e (73) si ha infine:
F ( s) e 0 ( s ) x 2 ( s) e 0 ( s )(2l x )
(94) I ( x, s)
Z s ( s) Z 0 ( s) 1 1 ( s) 2 ( s) e2 ( s )
F ( s) Z 0 ( s) e 0 ( s ) x 2 ( s) e 0 ( s )(2l x )
(95) V ( x, s)
Z s ( s) Z 0 ( s) 1 1 ( s) 2 ( s) e2 ( s )
Queste espressioni consentono di calcolare tutto ciò che si desidera, come l’impedenza d’ingresso
V (0, s) 1 2 ( s ) e 2
(96) Zin ( s) Z 0 ( s)
I (0, s) 1 1 ( s) 2 ( s) e 2
V (l , s) 1 2 ( s)
(97) Av ( s)
V (0, s) e 2 ( s) e
Questo fenomeno è alla base della tecnica della riflettometria nel dominio del tempo (time
domain reflectometry), che utilizza la misura del ritardo fra l’applicazione di un impulso e
l’osservazione del corrispondente segnale riflesso all’ingresso della linea per determinare la
distanza a cui si trova la discontinuità e, per quanto possibile, la sua natura. Questa tecnica, che è
particolarmente utile per individuare i difetti di linee elettriche di grande lunghezza, trova impiego
anche nello studio delle caratteristiche elettromagnetiche dei materiali e dei terreni.
Nel dominio del tempo l’onda diretta e quella riflessa (che ha origine al tempo t = τ0l) si
sovrappongono come descritto nella tabella che segue e illustrato nel grafico qui sotto.
tensione corrente
onda diretta 1 1
v ( x , t ) u (t 0 x ) i ( x, t ) u (t 0 x )
2 2 R0
onda riflessa 1 1
v( x, t ) u t 0 (2l x ) i ( x, t ) u t 0 (2l x )
2 2 R0
2) Estremo aperto
1 e 2 ( s )
Se ZL(s) = ∞ si ha: Γ2(s) = 1 e Zin ( s) Z 0 ( s) . Quando la linea, inizialmente a riposo,
1 e 2 ( s )
viene eccitata da un gradino unitario, con F(s) = 1/s, le corrispondenti risposte, ottenute utilizzando
Nel dominio del tempo l’onda diretta e quella riflessa (che ha origine al tempo t = τ0l) si
sovrappongono come descritto nella tabella che segue e illustrato nel grafico qui sotto.
tensione corrente
onda diretta 1 1
v ( x , t ) u (t 0 x ) i ( x, t ) u (t 0 x )
2 2 R0
onda riflessa 1 1
v( x, t ) u t 0 (2l x ) i ( x, t ) u t 0 (2l x )
2 2 R0
1 2 ( j ) e2 j 0l
(100) Zin ( j ) R0 R0 se 2 ( j ) 0
1 2 ( j ) e2 j 0l
Si noti che l’impedenza d’ingresso è immaginaria sia quando la linea è aperta che quando è
in cortocircuito e quindi in entrambi i casi essa non assorbe energia dalla sorgente in regime
sinusoidale permanente.
che a frequenze sufficientemente basse ha natura capacitiva, riducendosi a R0 j 0l , con capacità
può essere maggiore11 o minore dell’unità, a seconda del valore dell’argomento del coseno. In
particolare, l’amplificazione tende all’infinito quando l = λ/4.
Un caso particolarmente interessante riguarda le linee in quarto d’onda con un carico
arbitrario ZL. Se l = λ/4 e quindi ωτ0l = π/2, dalla (100) si ha
R02
(104) Z in ( j )
Z L ( j )
10
Si nota con letizia che questa capacità è esattamente quella che compete a un tratto di lunghezza l di una linea con
capacità C per unità di lunghezza.
11
Si parla in tal caso di effetto Ferranti dal nome dell’ingegnere inglese Sebastian de Ferranti, che osservò fenomeni di
amplificazione all’estremo di linee elettriche di grande lunghezza. Si noti che una vistosa amplificazione imprevista può
dar luogo a fenomeni di scarica per rottura dell’isolamento della linea.
Le linee, in particolare quelle bifilari, si comportano come antenne, come avviene per
l’estesa varietà di configurazioni geometriche di conduttori metallici realizzate specificamente a
questo scopo. La parte reale della loro impedenza d’ingresso Zin(jω), considerata al netto del
contributo di eventuali dissipazioni, prende il nome di resistenza di radiazione, e non è una
resistenza fittizia, ma una ben misurabile. La potenza irradiata in regime sinusoidale è
I2
(105) P Re Zin
2
dove I è la corrente12.
Il fenomeno ha natura reciproca, perché una antenna può funzionare sia come trasmittente
che come ricevente, sebbene in pratica le scelte di dimensionamento siano alquanto diverse nei due
casi.
Discutiamo ora brevemente la realizzazione di antenne per misurare campi elettrici e magnetici
variabili a frequenze molto basse.
In presenza di un campo elettrico uniforme variabile nel tempo E (t ) , un conduttore
verticale di lunghezza l si comporta come una antenna “elettrica” a larga banda a bassissima
12
Si capisce che per massimizzare la corrente, e quindi la potenza irradiata, a parità di tensione applicata, conviene
minimizzare la parte immaginaria dell’impedenza d’ingresso scegliendo la lunghezza della linea (o in generale le
dimensioni dell’antenna) in modo da realizzare una condizione di risonanza.
E (t ) Cant
(106) v (t )
2 Camp Cant
E`evidente la necessità di impiegare un amplificatore a basso rumore, con alta impedenza e bassa
capacità d’ingresso.
La più semplice antenna “magnetica”, è costituita da una spira conduttrice immersa in un campo
magnetico, ai terminali della quale, per la legge di Faraday-Neumann, si crea la tensione
d c (t )
v (t ) in presenza di variazioni del flusso
dt
concatenato con essa e quindi la risposta è
direttamente proporzionale alla frequenza. Per una
bobina di n spire con sezione S disposta normalmente
alle linee di un campo magnetico uniforme variabile nel tempo con legge sinusoidale con induzione
di ampiezza B(jω), si ha:
Anche qui occorre un amplificatore a basso rumore, con requisiti meno stringenti per
l’impedenza d’ingresso, notando tuttavia che la sua capacità d’ingresso pone un limite superiore alla
banda di osservazione.
dell’ordine di 3-6 ns/m. Quando questi ritardi risultano insufficienti perché richiederebbero linee di
lunghezza incongrua, si può ricorrere a linee “artificiali” a costanti concentrate, costituite da una
molteplicità di celle disposte in cascata. Ad esempio, il comportamento di una struttura come quella
nella figura a pagia seguente approssima, se il numero delle celle è elevato, quello di una linea a
Ritardi maggiori, a frequenze relativamente basse, si possono ottenere con circuiti RC, notando
tuttavia che si tratta di realizzazioni intrinsecamente dispersive. La soluzione più semplice, sebbene
non particolarmente efficace, è data dalla funzione
1
(108) H ( s) e n s
1 s
n
che approssima il ritardo T = nτ. A frequenze sufficientemente basse (ω << 1/τ) si ha infatti
Fra le altre tecniche utilizzabili per realizzare elementi di ritardo ricordiamo le linee di
ritardo acustiche (a suo tempo usate come memorie nei primi calcolatori digitali), i registri di
scorrimento (shift register) analogici impieganti dispositivi ad accoppiamento di carica (charge
coupled devices, CCD), e naturalmente le soluzioni digitali impieganti registri di scorrimento o
microprocessori opportunamente programmati.
13
Linee coassiali speciali, con il conduttore interno elicoidale anziché rettilineo, presentano elevata induttanza con