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A∴G∴D∴G∴A∴D∴U∴

Grande Oriente d'Italia della Massoneria Universale di Rito Scozzese Antico ed Accettato
Derivazione Piazza del Gesu' 47 – Roma Palazzo Penco – Genova 1951
Il Tempo dei Lavori Massonici
Tavola di istruzione per l'Apprendista Libero Accettato Massone
Tr∴ Sant'Andrea del Silenzio Or∴ di Firenze Valle dell'Arno 15 Febbraio 2010 E∴V∴

Nei nostri architettonici lavori il richiamo al tempo è presente in molti momenti,ma principalmente
è evidente nel dialogo fra M∴V∴ e Ffrr∴Sorv∴ nella liturgia d'apertura e chiusura e fortemente
sottointeso nella deambulazione o marcia effettuata sia all'entrata che all'uscita, sia per gli
spostamenti del M∴d∴C∴ o di chi deve muoversi all'interno del Tempio.
Gli antichi greci avevano due parole per il tempo, cronos e kairos. Mentre la prima si riferisce al
tempo logico e sequenziale la seconda significa " un tempo nel mezzo", un momento di un periodo
di tempo indeterminato nel quale "qualcosa" di speciale accade.
Ciò che è la cosa speciale dipende da chi usa la parola.
Chi usa la parola definisce la cosa, l'essere della cosa.
Chi definisce la cosa speciale definisce l'essere speciale della cosa.
È quindi proprio la parola, il verbare stesso, non il termine usato, cio' che definisce l'essere speciale.
Il Kairos era molto importante per i Sofisti, che enfatizzavano l'abilità dell'oratore di adattarsi e di
approfittare di circostanze variabili, contingenti. Nel Panatenaico Isocrate scrive che le persone
istruite sono quelle "che gestiscono bene le circostanze che incontrano giorno per giorno, e che
possiedono un giudizio accurato nelle occasioni d'incontro quando si alzano e a cui raramente
manca la linea di condotta opportuna".
Kairos è anche molto importante nello schema della retorica di Aristotile. Kairos è, secondo
Aristotele, il contesto del tempo e dello spazio in cui la prova sarà affrontata. Kairos è accanto ad
altri elementi contestuali della retorica: Il pubblico che è il trucco psicologico ed impressionabile di
coloro che riceveranno la prova; e La preparazione che è lo stile con il quale l'oratore veste la loro
prova.
Il termine "kairos" è usato nella teologia (non solo cristiana, ricordo che la teologia è nata prima
della filosofia) per descrivere la forma qualitativa del tempo.
Kairos nel Nuovo Testamento significa "il tempo designato nello scopo di Dio", il tempo in cui Dio
agisce (per esempio Marco 1.15, il kairos è soddisfatto). Differisce dalla parola più solita per tempo
che è chronos (kronos).
Nella Chiesa Ortodossa Orientale, prima che la Divina Liturgia inizi, il Diacono esclama al Prete,
"Kairos tou poiesai to Kyrio" ("È tempo [kairos] che il Signore agisca"); indica che il momento
della Liturgia è un incontro con l'Eternità, che non mi stancherò mai di ripetere non è né ripetizione
né assenza di tempo, ma la sua sostantizzazione e qualificazione.
In The Interpretation of History(L'interpretazione della storia, del teologo luterano neo-ortodosso
Paul Tillich) viene fatto un uso frequente del termine. Per lui, i kairoi sono quelle crisi nella storia
che creano un'opportunità per, e in effetti esigono, una decisione esistenziale dal soggetto umano, di
cui la venuta di Cristo è un primo esempio.Nel Documento di Kairos, un esempio di teologia di
liberazione nel Sudafrica sotto l'Apartheid, il termine "kairos" è usato per denotare "il tempo
designato", "il tempo cruciale" in cui il documento viene letto.
Il kairos ha dunque un ampio campo d'applicazione. Esiodo dice che è "tutto ciò che c'è meglio di
qualcosa" ed Euripide dice che ciò "è il migliore delle guide in ogni impresa umana". Non è tuttavia
dato a tutti di raggiungerlo; appartiene allo specialista che, avendo delle conoscenze generali, è
capace di integrare i fattori del momento che gli permetteranno di osservare la particolarità della
situazione. Il kairos dipende da un ragionamento e non è sottoposto al gioco dell'occasione, tuttavia
svolge un ruolo decisivo nelle situazioni imprevedibili ed insolite.
Tutte le accezioni di kairos non sono direttamente legate al tempo ma tutte sono legate all'efficacia.
Indipendentemente dal settore previsto (medicina, strategia, retorica... ) inverte le situazioni e dà
loro un esito definitivo (la vita o la morte; la vittoria o la sconfitta). È la condizione dell'azione
riuscita e ci insegna che paradossalmente, il successo tiene quasi a nulla.
Kairos sfugge costantemente alle definizioni perché si trova sempre al centro di due concetti:
l'azione ed il tempo; la competenza e la possibilità; il generale ed il particolare. Non è mai
completamente da un lato o da un altro. Questa indeterminazione è legata al suo potere di decisione.
Trattiene per ogni caso gli elementi necessari per agire ma non si confonde con loro. È "libero" di
cambiare ed è per questo che è così difficile da afferrare nella pratica e da comprendere nella teoria.
Il tema del Kairos era sentito come estremamente importante durante i medioevo. Uno dei più
celebri inni alla Fortuna è quello contenuto nella raccolta dei Carmina Burana. Questi i famosi versi
che descrivono il Kairos: "Verum est quod legitur, fronte capillata, sed plerumque sequitur occasio
calvata"; cioè "è vero ciò che si sente dire, la fortuna ha la fronte chiomata ma, quando passa, è
calva". Si tratta di una chiara allusione al fatto che, nel momento in cui la Fortuna propizia si
avvicina, essa può essere afferrata per i capelli che ha davanti (sulla fronte) ma -nel momento in cui
si allontana- espone la sua nuca calva affinché non la si possa trattenere. La Fortuna, o Kairos, è
descritta con tali attributi anche da Cesare Ripa nella sua Iconologia. Esistono ancora diverse
rappresentazioni di Kairos; un rilievo (circa 160 C.E.) si trova al Museo dell'Antichità di Torino
(Italia); un altro rilievo si trovava (ora andato perduto) a Palazzo Medici a Firenze; una perla
d'onice (ex Blacas Collection, secolo d'I-II C.E.) con un'incisione del dio Tempo con attributi di
Kairos si trova al Museo Britannico; un rilievo di marmo che mostra Kairos, Bios (la Vita), e
Metanoia (Ripensamento, il latino femminile Paenitentia) si trova nella cattedrale di Torcello (C.E.
del XI secolo); un affresco monocromatico di Mantegna a Palazzo Ducale a Mantova (1510 C.E.
circa) mostra un Kairos con un aspetto femminile (più probabilmente è Occasio) con un giovane
uomo che prova a coglierla e una donna che rappresenta Paenitentia.
Un concetto simile al Kairos è quello che si trova nel famoso motto “Carpe Diem” e una sorta di
ricorso nell'idea di Kairos è collegato con il tema della Ruota della Fortuna che gira in
continuazione; infatti la parola greca usata da Posidippo per descrivere il Kairos (nel verso "Io corro
sempre") è "aeì trochào" che alla lettera significa "Io giro sempre", e lo stesso verbo usato dal poeta
e astronomo Arato di Soli (Phaenomena, 227, 309) per indicare il moto eterno delle sfere celesti.
Non è un caso che nella Carmina Burana 17 la Fortuna è associata a una ruota che gira sempre
( Tibullo stesso descrive la Fortuna con una ruota: "Versatur celeri Fors levis orbe rotae", I, 5, 70).
Nella tradizione della nostra Obbedienza la marcia avviene “squadrando” il terreno del Tempio ed
in senso antiorario, a definire che in questo luogo, in virtu' della Parola che abbiamo chiamato a
testimone della nostra Volonta' il giorno che abbiamo giurato di lavorare per il bene dell'Umanita',
non agisce il succedersi dei soli, cioè il tempo comune. Il tempo normale rimane relegato al cielo
del Tempio ad evidenziare che il Tempo del Fare, la nuova Citta' Santa dove l'Uomo e Dio
coesistono, nasce dal lavoro di ogni giorno per portare a compimento (rettificare) un universo che
non abbiamo creato ma che ci è stato affidato. In questo ribaltamento della prospettiva il Tempo di
Dio diviene Tempo dell'Uomo e l'Uomo stesso accede al diritto di essere quel Figlio di Dio che il
Santo Vangelo di Giovanni gli ha preannunciato essere il suo destino finale sin dal giorno del suo
giuramento all'Ordine Massonico.

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