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1.

Parte generale

Il libro del diritto canonico approfondito è il quarto, riguardante la funzione di santificare della Chiesa.
Include tutti i sacramenti e gli elementi giuridici ad essi connessi, in quanto il sacramento non è solo
realtà teologica, ma anche realtà giuridica. La validità di ogni sacramento è infatti collegata alla
dimensione giuridica, cioè come il sacramento viene amministrato, se il ricevente è idoneo, e in quali
casi il sacramento è considerato invalido. Un sacramento validamente amministrato ma con forme
abnormi (non rispettose della norma giuridica) ma che non toccano la sostanza di validità del
sacramento riguarda la liceità del sacramento. Un sacramento illecito può essere valido, ma un
sacramento invalido non può essere lecito. L’illiceità non tocca la validità del sacramento.
La funzione di santificare la Chiesa riguarda non solo i sacramenti, ma anche altri atti del culto divino
(liturgia delle ore, preghiera). I soggetti in grado di regolamentare ed esercitare queste funzioni sono il
Romano Pontefice e il Collegio dei Vescovi, le due massime autorità della Chiesa. Come svolgere
un’attività e come distinguere gli elementi validanti di un sacramento è dato dalla teologia e
dall’insegnamento di Cristo, ma è stato in seguito codificato in norme da questi due soggetti. Infatti,
tutto ciò che riguarda i sacramenti è stabilito durante l’Assise costituita dai Concili, la riunione in
forma solenne del Collegio.
Nella Chiesa particolare, l’autorità sottoposta al Collegio può comunque fare alcune cose, pur non
potendo modificare la sostanza del sacramento. La sostanza teologica di un sacramento e i criteri di
validità non possono essere modificati. È possibile intervenire su altri elementi.
2: il codice non definisce i riti per le celebrazioni liturgiche.
Nel codice sono presenti criteri di validità e liceità dei sacramenti. Le norme sulla liturgia sono affidate
al diritto liturgico. L’insieme dei contenuti dei testi liturgici permette di dare al sacerdote una serie di
indicazioni normative da seguire riguardo la celebrazione della liturgia di un dato sacramento.
Per la validità, ciò che conta è che la sostanza del sacramento non venga intaccata, non l’azione
liturgica con il quale è amministrato.
Le altre due funzioni della Chiesa sono di governare e di insegnare. La prima si sostanzia nei 3 poteri
legislativo, esecutivo e giudiziario. La legislazione dei sacramenti tocca la potestà di governo, in
quanto riguarda la possibilità di legiferare del Romano Pontefice e del Collegio dei Vescovi riguardo i
sacramenti stessi. Il tribunale ecclesiastico di un collegio che decide su una causa di nullità
matrimoniale è composto da 3 giudici, di cui 2 laici (prima del 2015, un solo laico).
La funzione di santificare tocca anche la potestà esecutiva attraverso la Curia Romana e la Curia
Diocesana, attraverso i loro tribunali. Dopo la riforma del 2015, ogni vescovo può istituire il proprio
tribunale diocesano che decida sulla nullità matrimoniale o giudicare nella forma del processo breve.
Non può esistere disaccordo tra Collegio dei Vescovi e Romano Pontefice, in quanto il RP è parte del
CV, e, in caso di disaccordo, il CV non sussiste.
Ogni sacramento è composto da una materia e da una forma. Nel caso del matrimonio, la forma è
data dalla celebrazione di due persone e due testimoni, mentre la materia è il consenso dato
(consensum facit).

2. Funzione di santificare

Il libro I parla delle norme generali, il II del popolo di Dio, il III della funzione di insegnare, il IV della
funzione di santificare, il V dei beni temporali, il VI delle sanzioni, il VII dei processi.
834: presenta la realtà principale della funzione di santificare della Chiesa e i suoi mezzi sensibili (i
sacramenti). Questo è un canone dogmatico in quanto da un insegnamento fondamentale. Ogni
battezzato fa parte della funzione di santificare, in quanto il battesimo rende sacerdoti, re e profeti.
Riguarda dunque la Chiesa non come gerarchia, ma come popolo.
839: la Chiesa adempie a questa funzione anche con altri metodi, ovvero la preghiera, le opere di
carità e di penitenza.
La funzione di santificare della Chiesa ha doppio senso, ascendente e discendente. Ascendente perché
glorifica Dio, discendente perché l’uomo è santificato da Dio, ed entrambi si attuano attraverso i
sacramenti. La Chiesa è dunque intesa come popolo di Dio, e la funzione di santificare è sia
ascendente che discendente.
Il libro IV è diviso in 3 parti: sacramenti, gli altri atti del culto divino (esercizi, liturgia delle ore,
sacramentali, benedizioni, ecc) e luoghi e tempi sacri. Nella funzione di santificare rientrano la
consacrazione, la dedicazione dei templi, i tempi sacri che scandiscono la vita delle persone (digiuni,
astinenze).
Il diritto sacramentale si lega al diritto liturgico, in quanto in quest’ultimo sono contenute le norme
per il rito, dunque per la liceità di un sacramento. Queste norme sono contenute all’interno di
documenti, fra cui il documento liturgico per eccellenza, il Messale Romano. I documenti, però,
possono essere soggetti ad aggiornamenti da parte delle conferenze episcopali, che possono adattare
parti del messale a usi e costumi.
Nel diritto liturgico sono inclusi anche l’ufficio divino e la liturgia delle ore, il pontificale romano
(ordinazione dei diaconi, dei presbiteri, dei vescovi, la consacrazione delle vergini, ecc), l’ordo per la
benedizione dei catecumeni e l’ordo per la confermazione. Tutti i sacramenti, a parte l’ordine sacro e
la consacrazione, che rientrano nel pontificale romano, sono nel rituale romano, dove rientrano l’ordo
del battesimo dei bambini, l’ordo della celebrazione del matrimonio, l’ordo delle esequie e della
professione religiosa, l’ordo dell’unzione degli infermi, ecc.
Il diritto liturgico si sostanzia in messale romano, liturgia delle ore, pontificale romano e rituale
romano. Nel rituale ci sono tutti i sacramenti, nel pontificale la confermazione e l’ufficio divino, e nel
messale tutto ciò che riguarda la Messa.
Il codice delimita le tipologie di culto che si interessano del diritto sacramentale universale. Il culto
assoluto è rivolto a Dio, quello relativo è rivolto ai santi, alla Madonna, alle immagini sacre e alle
reliquie. Il codice differenzia anche il culto pubblico integrale, interiore ed esteriore, latria e dulia,
relativo e assoluto, pubblico e privato.
Il culto privato è realizzato dai fedeli con ambiti non esclusivi alla Chiesa, mentre quello pubblico è
offerto a nome della Chiesa da persone legittimamente incaricate e con atti approvati dalla Chiesa
stessa. L’amministrazione dei sacramenti è possibile solo a persone legittimate (vescovi, presbiteri,
diaconi) seguendo atti approvati dall’autorità ecclesiale.
Il culto in oggetto è quello pubblico integrale.

3. Funzione di santificare del laico

835, paragrafo 4: i laici hanno parte della funzione di santificare, soprattutto nell’eucarestia. I genitori
la eseguono conducendo una corretta vita coniugale e impartendo l’educazione cristiana ai figli.
230: i laici maschi possono essere assunti, mediante il corretto rito liturgico, ai ministeri di lettori e
accoliti, pur senza sostentamento o rimunerazione da parte della Chiesa. Queste funzioni possono
anche essere temporanee, e i laici hanno accesso anche alle funzioni di commentatore, cantore e
altre. In mancanza di ministri, anche i laici possono sopperire ad alcune delle loro funzioni,
specificamente il ministero della Parola, presiedere le preghiere liturgiche, amministrare il battesimo,
e distribuire la Comunione, sempre rispettando il rito. Il canone differenzia tra uffici stibili o istituiti,
temporanei e straordinari.
Gli uffici stabili o istituiti sostituiscono gli ordini minori e sono il lettorato e l’accolitato.
Gli uffici temporanei sono il commentatore, il cantore e altre funzioni stabilite in base alla normativa
particolare dai vescovi.
Gli uffici straordinari riguardano la possibilità di amministrare il battesimo, assistere un matrimonio,
presiedere la celebrazione della Parola in assenza del sacerdote, presiedere le esequie, ecc.
La partecipazione del laico non deve essere limitata alla generazione dell’atto sacramentale, ma
coinvolge tutta l’azione sacramentale della Chiesa.
Nel caso dell’unzione degli infermi, il laico non potrà mai amministrarlo, ma è responsabile di
avvertire il sacerdote per tempo. Si differenzia il viatico, la Comunione in punto di morte, che può
essere amministrato anche in modo straordinario.

4. I sacramenti

840: sintesi della dottrina della Chiesa sui sacramenti. Questi sono azioni di Cristo e della Chiesa che
rafforzano ed esprimono la fede. Rendono culto a Dio e santificano gli uomini, e pertanto iniziano,
confermano e manifestano la comunione ecclesiastica. Nella loro celebrazione, è richiesta massima
devozione e diligenza sia ai ministri che agli altri fedeli. Sacrosantum Concilium 59 afferma qualcosa di
simile. Sono azioni della Chiesa perché da essa nascono e per essa vengono posti in essere.
Santificano gli uomini, costruiscono il corpo di Cristo e rendono culto a Dio. Hanno inoltre il compito di
istruire il fedele ed esprimere la fede in quanto tale.
I sacramenti conferiscono la grazia e sono efficaci perché in loro agisce Cristo stesso. Questo canone
840 evidenzia natura e fine del sacramento. La natura è la continuazione del sacerdozio di Cristo,
segni e mezzi della salvezza. Il loro fine è di rendere culto a Dio e cooperare a salvezza e santificazione
dell’uomo.
Sacramento deriva dal latino sacramentum e dal greco mysterion, strumento.
841: poiché i sacramenti sono gli stessi per tutta la Chiesa, è competenza alle sue autorità approvare e
definire i requisiti per la loro validità e la loro liceità, amministrazione, ricezione e rito.
La differenza con l’838 è che l’841, pur sempre riferendo alle autorità competenti, parla della sua
realtà intrinseca regolamentata dalle autorità.
L’ambito liturgico è rimesso sia alla suprema autorità della Chiesa che alla Conferenza Episcopale e al
vescovo nelle forme stabilite in 838.
842: chi non ha ricevuto il battesimo non può validamente ricevere gli altri sacramenti. Battesimo,
confermazione ed eucarestia sono congiunti e richiesti per la piena iniziazione cristiana.
843: i ministri non possono negare i sacramenti richiesti opportunamente, disposti in debito modo e
non abbiano proibizioni giuridiche nel riceverli.
213: tutti i fedeli hanno diritto di ricevere i beni spirituali derivanti dalla Chiesa, soprattutto Parola e
sacramenti.
Se il sacramento viene negato, è possibile la possibilità di ricorso contro il parroco, il vescovo ecc per
ricevere il sacramento negato. Questo può applicarsi a tutti i sacramenti tranne che all’Ordine, in
quanto l’obiettivo di quest’ultimo è il bene della Chiesa ed è valutato dal vescovo.
Per ricevere opportunamente un sacramento, è necessario richiederlo opportunamente, essere
disposti nel debito modo e non avere proibizioni di diritto. Esempio di proibizione:
915: non sono ammessi alla comunione gli scomunicati e gli interdetti dopo la comunicazione della
pena, né chi vive in peccato grave manifesto.
843, paragrafo 2: i pastori e i fedeli, ognuno secondo il proprio compito, devono assicurarsi che chi
richiede il sacramento sia adeguatamente preparato tramite l’evangelizzazione e la formazione
catechistica, in conformità alle norme emanate dalla competente autorità.
845: i sacramenti del battesimo, della confermazione e dell’ordine non possono essere ripetuti, in
quanto imprimono il carattere. Se, dopo una prudente ricerca, ci fosse il dubbio della ricezione di
questi sacramenti, possono essere dati sotto condizione.
848: oltre alle offerte determinate dalla competente autorità, il ministro non può chiedere altro, per
evitare che i bisognosi vengano impossibilitati ai sacramenti.

5. Battesimo

849: esistono diverse tipologie di battesimo: di acqua, di desiderio e di sangue. Questo canone è
dogmatico. Parla degli effetti del battesimo, ovvero la configurazione a Cristo e al suo sacerdozio, la
liberazione dai peccati e l’incorporazione a Cristo e alla Chiesa. Questa incorporazione è il legame
giuridico con la Chiesa, e il soggetto solo così diventa soggetto di diritto nell’ordinamento della Chiesa.
853: materia remota del battesimo è l’acqua vera. La sua benedizione è condizione di liceità. La
materia remota è ciò che viene utilizzato, quella prossima è la modalità con cui il sacramento è
amministrato. In Italia, è preferito il battesimo per infusione, ma esiste la possibilità dell’immersione.
Per la validità, sono necessari il lavacro dell’acqua vera e la forma verbale stabilita, quella trinitaria.
Con questa formula, ogni battesimo diventa in Cristo, e perciò è unico e irripetibile. Va dato qualora
persista il dubbio.
Può essere dato all’infante o all’adulto. Per quest’ultimo, si aggiunge una terza condizione di validità:
la sua volontà di ricevere il battesimo. Deve richiederlo lui in prima persona e deve prepararsi con il
catecumenato. Per gli infanti, la preparazione è da darsi ai genitori, ai padrini e alle madrine. Il
battesimo può essere ricevuto nella chiesa parrocchiale, nell’oratorio, nell’ospedale, o anche in casa.
Per il battesimo sono previsti ministri ordinari (vescovo, presbitero, diacono), straordinario (catechista
o altro incaricato) e in caso di necessità. Quest’ultimo può essere chiunque, anche non battezzato, ma
deve avere almeno la retta volontà di fare ciò che vuole la Chiesa.
Il battesimo ha carattere indelebile, e non può essere né annullato né ripetuto. Il cosiddetto
“sbattezzo” è l’abbandono formale della Chiesa cattolica tramite l’apostasia, ma manca di valore
teologico.

La celebrazione del battesimo


853: l’acqua deve essere benedetta secondo le disposizioni liturgiche, almeno non in caso di
necessità.
854: il battesimo deve essere conferito per infusione o immersione secondo le disposizioni della
Conferenza Episcopale. La differenza è di carattere teologico. La prima rappresenta la purificazione dai
peccati, la seconda la rinascita. L’aspersione non è più utilizzata.
855: i genitori, il parroco e i padrini devono assicurarsi che il nome non sia estraneo al cristianesimo. È
possibile aggiungere un secondo nome estraneo.

Il battezzando

865 paragrafo 1: per battezzarsi, l’adulto deve manifestare la volontà di riceverlo, essere
sufficientemente istruito sulla fede e sui doveri cristiani, e deve essere provato nella vita cristiana per
mezzo del catecumenato. Sia esortato a pentirsi dei propri peccati. L’età di 7 anni è indicata come
discrimine per ciò che riguarda il consenso.
865 paragrafo 2: l’adulto in pericolo di morte può essere battezzato se ha qualche conoscenza delle
verità di fede e abbia manifestato la volontà di ottenere il battesimo e di osservare i comandamenti
cristiani.
866: l’adulto battezzato, a meno di gravi ragioni, può ricevere, subito dopo il battesimo,
confermazione ed eucarestia.
Sebbene il ministro ordinario della confermazione sia il vescovo, in questo caso può essere
amministrata anche dal presbitero, dopo aver avvisato il vescovo.
867: i genitori sono obbligati ad assicurarsi che il bambino sia battezzato nelle prime settimane di vita.
Se è in pericolo di morte, va battezzato senza esitazione.
Il battesimo dell’infante è richiesto dai genitori e per la sua liceità è sufficiente il consenso di uno dei
due. È necessaria la fondata speranza in un’educazione cattolica impartita al bambino, altrimenti il
battesimo va differito. In caso di pericolo di morte, non è necessario il consenso genitoriale.
Il battesimo può essere ricevuto da chiunque non l’abbia già.
869: se si dubita della ricezione del battesimo, questo va conferito sotto condizione. I battezzati
cristiani non cattolici non vanno battezzati sotto condizione, a meno che non persista una seria
ragione per dubitare della validità del battesimo.
870: i bambini esposti o trovatelli vanno battezzati a meno che non si sia sicuri, dopo un’accurata
ricerca, che non siano già battezzati.
871: i feti abortiti, nei limiti del possibile, vanno battezzati.
Il bambino morto senza battesimo può ricevere le esequie.

I padrini

873: è ammesso un solo padrino o madrina, o entrambi. I requisiti: devono essere scelti dal
battezzando o dai genitori, devono avere minimo 16 anni, devono essere cattolici, devono aver
ricevuto i sacramenti dell’iniziazione, devono essere testimoni credibili della fede per aiutare il
battezzando, e non possono essere i genitori. In caso sia acattolico, ne va abbinato uno cattolico. Non
è una figura strettamente necessaria, basta il testimone. In caso di richiesta, chi ha ricevuto l’Ordine
sacro o è membro di un istituto di vita consacrata possono essere padrini o madrine.
Oggi, non esiste più la cognatio spiritualis, il vincolo tra padrini/madrine e battezzati e impediva il
matrimonio.

Prova e annotazione del battesimo conferito

875: il ministro deve assicurarsi della presenza di almeno un testimone con il quale può essere
provato il conferimento del battesimo.
876: per provare l’avvenuto battesimo, è sufficiente la dichiarazione di un solo testimone al di sopra di
ogni ragionevole dubbio o il giuramento del battezzato se effettuato in età adulta.
877 paragrafo 1: il parroco del luogo deve registrare nel libro dei battesimi i nomi dei battezzati,
menzionando anche ministro, genitori, padrini, eventuali testimoni, luogo e giorno del battesimo
conferito, e giorno e luogo di nascita del battezzando.
La prova del battesimo è contenuta nel registro parrocchiale. Il luogo è la chiesa parrocchiale dei
genitori e deve essere amministrato nella fonte battesimale.
6. Confermazione

879: canone dogmatico. Imprime il carattere e forgia un vincolo più perfetto fra il confermando e la
Chiesa. Li corrobora e li obbliga a essere testimoni di Cristo con parole e azioni e a difendere la fede.
880: è conferito con l’unzione della fronte, eseguita con l’imposizione della mano e le parole
prescritte nei libri liturgici approvati.
880 paragrafo 2: il crisma deve essere consacrato dal vescovo, anche in caso il sacramento venga
amministrato dal presbitero.
La materia remota è il crisma consacrato dal vescovo, la prossima è l’unzione della fronte con il
crisma, l’imposizione della mano e le parole prescritte.

Ministro della confermazione

882: ministro ordinario è il vescovo, ma può essere conferito validamente dal presbitero provvisto di
questa facoltà dal diritto universale o dalla competente autorità.
Nella Chiesa latina, ministro originario e ordinario coincidono nel vescovo, mentre in quella orientale
l’originario è il vescovo e l’ordinario è il presbitero.
884 paragrafo 1: il vescovo diocesano deve amministrare personalmente la confermazione o
assicurarsi che sia amministrata da un altro vescovo. In caso di necessità, può essere affidata a
presbiteri determinati.
884 paragrafo 2: in caso di necessità, questi possono associarsi dei presbiteri che celebrino il
sacramento.
Per l’adulto battezzato, il ministro è il presbitero, insieme agli altri due sacramenti dell’iniziazione. Il
presbitero può amministrarlo anche in caso di pericolo mortale. Il ministro straordinario è il
presbitero con facoltà conferita dal vescovo. Il ministro per associazione è il presbitero che si associa
al vescovo per l’amministrazione (es. Troppi cresimandi).
886 paragrafo 1: il vescovo amministra legittimamente il sacramento della confermazione anche a chi
non fa parte della sua diocesi, a meno che non vi sia una proibizione da parte del suo vescovo.
Per la validità, è necessaria l’unzione della fronte col crisma e l’utilizzo delle parole stabilite.
L’imposizione della mano è necessaria per la liceità. Il luogo è la chiesa, preferibilmente durante la
messa. Il padrino è uno solo, preferibilmente lo stesso del battesimo.
886 paragrafo 2: per l’amministrazione lecita in altra diocesi, il vescovo necessita di una licenza
ragionevolmente presunta dal vescovo diocesano.

I confermandi

889 paragrafo 1: ogni battezzato non confermato può riceverla.


889 paragrafo 2: normalmente, è richiesta un’adeguata preparazione, disposizione nel debito modo e
in grado di rinnovare le promesse battesimali.
In caso manchi di uso di ragione, il sacramento è dato senza ulteriori condizioni.
891: può essere conferito ai fedeli all’età della discrezione. Il codice del 1917 parlava di 7 anni, mentre
in Italia si usa intorno ai 12. In presenza di ragione motivata, è possibile farla prima.
Si possono avere la confermazione per l’adulto, per il fanciullo (7-16 anni), in pericolo di morte
(manca di limiti di età).
Non è necessaria per il matrimonio ma è consigliabile.
I padrini hanno le stesse condizioni che per il battesimo.

7. Eucarestia

897: canone dogmatico. Pone in evidenza le due dimensioni teologiche dell’eucarestia: quella
cristologica e quella ecclesiale. Nella prima, l’eucarestia è sacrificio, presenza e comunione. Nella
seconda, contribuisce all’edificazione del corpo di Cristo, dunque della Chiesa stessa.
Si aggiunge la dimensione della centralità, che la vede come fonte e culmine della vita cristiana, che
unisce tutti gli altri sacramenti e a cui tutti fanno riferimento. Nel canone manca però il riferimento
allo Spirito Santo, e va completato con documenti più recenti, fra i quali l’enciclica Ecclesiae de
Eucaristia di Giovanni Paolo II e la Saramentum Caritatis di Benedetto XVI.
898: completa il precedente e si conclude con un’esortazione ai fedeli. La centralità dell’eucarestia
richiama l’impegno di ogni fedele di partecipare attivamente alla celebrazione eucaristica, nella
recezione frequente del sacramento, massima devozione e venerazione con somma adorazione.

Ministro

Il tema del ministro si collega a 3 ambiti: il ministro dell’eucarestia, della comunione e dell’esposizione
del santissimo sacramento. L’eucarestia è sempre la stessa, ma è vista in 3 ambiti diversi. Il ministro
ha un ruolo centrale, poiché da egli dipende la validità del sacramento.
900: il ministro deve essere validamente ordinato.
Il laico che tenta di celebrare l’eucarestia viene scomunicato e interdetto. Invece, il sacerdote
impedito per legge canonica a causa di limitazioni nell’esercizio delle sue funzioni la celebra
validamente ma illecitamente. Questo include le pene, come scomunica e interdizione, ma anche la
perdita dello stato clericale.

Partecipazione

La partecipazione frequente non è obbligatoria ma consigliata.


920: l’eucarestia va ricevuta almeno una volta all’anno, preferibilmente durante il periodo pasquale.
Ciò fu deciso con il quarto concilio lateranense.
917: l’eucarestia può essere ricevuta fino a due volte al giorno in due celebrazioni diverse.
921: in caso di pericolo di morte, il limite può essere alzato a 3 con il viatico.
912: ogni battezzato, senza proibizioni dal diritto, può e deve essere ammesso alla celebrazione della
comunione.

Riti e cerimonie

925: la comunione si da sotto la specie del pane o del pane e del vino. In determinati casi di necessità,
anche solo del vino.
Sotto le due specie, si può dare agli ordinati nella messa della loro ordinazione, ai sacerdoti che
prendono parte a grandi celebrazioni e non possono celebrare o concelebrare, a tutti i membri degli
istituti religiosi e secolari.
L’eucarestia dovrebbe essere data in bocca, ma si da anche in mano.
919 paragrafo 1: prescrive un digiuno di un’ora prima dell’eucarestia, ad eccezione di acqua e
medicine.
919 paragrafo 2: il sacerdote che, nello stesso giorno celebra due o tre volte l’eucarestia, può
prendere qualcosa prima della seconda o della terza, anche senza rispettare il digiuno di un’ora.
919 paragrafo 3: gli anziani, gli infermi e chi li cura sono tenuti a rispettare il digiuno solo per 15
minuti prima dell’eucarestia.
913 paragrafo 1: per i fanciulli, è necessaria un’adeguata preparazione e conoscenza, in modo che
percepiscano il mistero di Cristo e assumano con devozione il Corpo del Signore.
913 paragrafo 2: in pericolo di morte, però, è sufficiente che sappiano distinguere il Corpo di Cristo dal
cibo comune.
914: è compito dei genitori e dei parroci di provvedere che i fanciulli, in uso di ragione, siano
debitamente preparati e ricevano l’eucarestia quanto prima, dopo la confessione sacramentale.
Compito del parroco è distinguere i bambini in uso di ragione e coloro sufficientemente preparati.
Il codice non indica un’età per la ricezione del sacramento. È sottinteso il settimo anno, stabilito da
Pio IX nel 1910, ma l’uso di ragione è necessario.
915: non sono ammessi scomunicati e interdetti dopo la comunicazione e l’erogazione della pena, né
chi persevera in peccato grave manifesto.
916: chi è consapevole di essere in peccato grave, deve confessarsi prima di poter celebrare messa e
comunione. In caso di impossibilità, si può contrarre un atto di contrizione perfetta, che include il
proposito di confessarsi quanto prima.
Questo vale tanto per il fedele quanto per il sacerdote.
921 paragrafo 1: il viatico è la comunione ricevuta in punto di morte.
922: chi ha il dovere della cura delle anime deve preoccuparsi che il viatico non venga differito troppo
e venga ricevuto dagli infermi finché dura il loro uso di ragione.
Il ministro del viatico può essere il parroco, il viceparroco, un superiore relgioso e, con il consenso del
ministro competente, un sacerdote, diacono o fedele incaricato.
924 paragrafo 1: l’eucarestia è offerta come pane e vino, cui va aggiunta un po’ d’acqua.
924 paragrafo 2: il pane deve essere solo frumento e confezionato di recente per evitare alterazioni.
924 paragrafo 3: il vino deve essere naturale, dalla vite e non alterato.
Per la validità è importante che il pane sia di frumento e il vino sia naturale. Tutto il resto riguarda la
liceità.
926: per la celebrazione eucaristica, si usa il pane azzimo.
927: non è lecito consacrare le materie al di fuori della celebrazione eucaristica, nemmeno in caso di
necessità.
Il sacerdote celiaco riceve ostie con poco glutine. Il sacerdote alcolizzato deve comunque consacrare
entrambe le materie, ma può farlo per intinzione o nella sola specie del pane.
905: il sacerdote può celebrare messa solo una volta al giorno. In caso di carenza di sacerdoti e con
l’autorizzazione dell’ordinario locale, può celebrarne una seconda (binazione) o una terza di domenica
e nelle festività (trinazione). Ci sono casi in cui è lecito celebrare più volte al giorno: messe esequiali
(funerali), giovedì santo con messa esequiale e vespertina, il giorno della veglia pasquale e Natale.
906: il sacerdote non è obbligato a celebrare quotidianamente e per la celebrazione è necessaria la
presenza di almeno qualche fedele.
902: è possibile la concelebrazione. Questo permette ai sacerdoti di partecipare alla celebrazione
eucaristica senza intaccare i propri limiti giornalieri, a patto che ne venga celebrata comunque una
sola per ogni messa. È prescritta per Natale, Pasqua, giovedì santo e altre occasioni.

Offerta

L’offerta è collegata all’intenzione, non alla messa.


901: il sacerdote può applicare la messa per vivi e morti. Questa messa è applicata dal sacerdote su
richiesta di un fedele, e all’intenzione chiesta corrisponde un’offerta.
945 paragrafo 1: il sacerdote può accettare l’offerta a patto che applichi la messa secondo una
determinata intenzione.
945 paragrafo 2: si raccomanda ai sacerdoti di celebrare la messa secondo le intenzioni dei fedeli.
L’offerta non è obbligatoria.
946: le offerte date contribuiscono direttamente al sostentamento della chiesa.
947: le offerte non possono essere contrattate né commercializzate.
948: per evitare abusi, la Chiesa ha stabilito due giorni a settimana in cui è possibile la messa
plurintenzionale, a patto che il sacerdote trattenga per sé solo la prima offerta. Le altre devono essere
inoltrate alla diocesi.
951: la seconda offerta può essere trattenuta solo a Natale.
Nel XIII secolo, la concelebrazione era a uso esclusivo del Papa e dei cardinali in occasione
dell’ordinazione episcopale. Il Vaticano II invece la apre a tutti i sacerdoti, in quanto sottolinea l’unità
presente nel sacerdozio. La concelebrazione è raccomandata a Pasqua, giovedì santo, Natale, riunioni
di sacerdoti, messe per i concili. È consigliato celebrare spesso con il proprio vescovo.
Un altro tema relativo all’eucarestia è la messa gregoriana, da applicarsi al defunto per 30 giorni senza
interruzioni. In caso in cui i 30 giorni venissero interrotti, il sacerdote deve ricominciare da capo.
Tuttavia, questo non sussiste più, basta completare le 30 messe pattuite.
Il sacerdote anziano o infermo può celebrare da seduto, e il ceco può richiedere l’aiuto di un altro
sacerdote, diacono o laico istruito.
934: l’eucarestia deve essere conservata in una chiesa cattedrale, parrocchiale, di istituto religioso, o
in una cappella privata del vescovo. L’unica accortezza è che il sacerdote vi celebri la messa almeno
due volte al mese.
935: non è lecito conservarla in case private, in viaggio (a meno di necessità pastorale, straordinaria o
di necessità), a eccezione del ministro straordinario. Questi, per portare la comunione al malato, può
solo portarla per il tratto dalla chiesa all’infermo.
937: il luogo dove si celebra deve essere aperto ai fedeli perché possano trattenersi davanti al
sacramento.
938: la chiave del tabernacolo deve essere usata solo dal parroco. A differenza del ministro
straordinario della comunione, il laico non è chiamato ad aprire il tabernacolo.
940: il tabernacolo è il luogo fisico dove è riposta l’eucarestia.
942: ogni anno il sacramento deve essere esposto almeno una volta l’anno.
943: ministro dell’esposizione è il sacerdote, diacono, accolito o ministro della comunione. Il ministro
della benedizione può essere il sacerdote o il diacono.
944: una volta all’anno, il corpo e il sangue di Cristo devono essere portati in processione attraverso il
Corpus Domini.
Nelle diocesi italiane è possibile ricevere la comunione in mano o sulla lingua, lasciando la scelta al
fedele.

8. Penitenza

959: canone dogmatico.


960: il modo ordinario è la confessione individuale integra, dove il penitente è obbligato a confessare
tutti i suoi peccati gravi di cui è a conoscenza. Solamente in determinati casi, tra i quali impossibilità
fisica (dimenticanza) o morale (ad esempio, legame con il prete che favorirebbe la rottura del sigillo),
è possibile non confessare il peccato. In questi casi, la confessione rimane integra e priva di
colpevolezza.
961: assoluzione generale o di più penitenti. Può essere impartita solo in modo straordinario: pericolo
di morte imminente o carenza di confessori. È sconsigliata in feste e pellegrinaggi.
Esiste un terzo modo: la liturgia penitenziale. Questa si conclude con l’assoluzione dei penitenti che si
erano già confessati ma non erano ancora stati assolti. Codice e dottrina vogliono conservare
l’individualità della confessione, non dell’assoluzione, per cui la confessione può essere individuale,
mentre l’assoluzione può essere generale.
I modi di assoluzione sono 3: individuale, generale di più penitenti confessati e generale di più
penitenti non confessati. Quella generale resta illecita di principio.
964: il luogo è la chiesa o l’oratorio, la sede il confessionale. La confessione telefonica, pur essendo
proibita, è valida ma illecita.
965: ministro è solo il sacerdote munito della facoltà di ascoltare le confessioni concessa dal vescovo.
Questo riguarda la validità del sacramento. Per diritto (ex iure), sono titolari il papa, i vescovi e i
cardinali. In ragione dell’ufficio (ex ufficio), lo sono gli ordinari del luogo, il canonico penitenziere, il
parroco e il superiore di un istituto religioso. Tutti gli altri presbiteri lo sono ex delega. Questi devono
essere ritenuti idonei tramite un esame o altri parametri.
976: in caso di pericolo di morte, ogni sacerdote assolve validamente.

Ministro

Al ministro sono dedicati i canoni dal 978 al 981.


Ascoltando le confessioni, il sacerdote è medico e giudice e deve provvedere all’onore divino e alla
salvezza delle anime. Il confessore deve aderire fedelmente alla dottrina del magistero e alle norme
date dalla competente autorità. Le domande devono essere poste con tatto e senza insistenza, e non
va richiesto il nome di eventuali complici. Se il penitente chieda l’assoluzione e il confessore non abbia
dubbi sulla disposizione, non può essere negata né differita. In base a qualità e numero dei peccati, il
confessore deve imporre salutari e opportune soddisfazioni, che il penitente deve adempiere
personalmente.

Penitente

Ne parlano da 987 a 991.


Il fedele deve ripudiare i peccati commessi e avere il proposito di emendarsi. È tenuto a confessare
tutti i peccati gravi non rimessi successivi al battesimo. Si raccomanda la confessione anche dei peccati
veniali.
Ogni fedele in uso di ragione è obbligato a confessare fedelmente i propri peccati almeno una volta
all’anno.
983: è possibile usare un interprete come tramite, a patto che vengano evitati abusi e scandali.
Ogni fedele può scegliere il sacerdote che preferisce, a patto che sia legittimamente approvato
(questo include anche i confessori cattolici orientali).

Reati
Il sigillo sacramentale è l’obbligo del sacerdote di mantenere il segreto su tutti i peccati, gravi o
veniali, passati o attuali, propri o altrui, sulle circostanze della penitenza o della soddisfazione
dell’assoluzione di un determinato penitente.
Il sigillo non può essere violato, e la violazione può essere diretta o indiretta.
La violazione del sigillo è proibita dal 220, che tutela la privacy dei fedeli e la loro buona fama, e rende
odioso il sacramento. La violazione, se diretta, prevede la pena latae sententiae, mentre nel caso
dell’indiretta dipende dall’entità del danno causato.
La violazione può essere commessa anche dal fedele, e una sua violazione non esclude la scomunica
dalle pene possibili.
L’assoluzione del complice di violazione del sesto comandamento (adulterio) è invalida se non in
punto di morte. Se ciò accade, il sacerdote è punito con la pena latae sententiae riservata alla Sede
Apostolica. Questo rende impossibile rimettere il reato per un altro sacerdote, in quanto è necessario
che la Sede Apostolica dia la soddisfazione opportuna a rimetterlo. In questo caso, il sacerdote non
deve assolvere e mandare il penitente da un altro sacerdote.
1387: sollicitatio ad culpa. Il sacerdote che sollecita a peccare contro il sesto comandamento durante
la confessione può subire diverse pene. Possono essere sospensione, divieti, privazioni, o dimissione
dallo stato clericale.
982: falso relatio. Chi confessa la falsa denuncia al confessore innocente per il delitto di sollicitatio ad
culpa, non è assolto a meno di ritrattazione formale e risarcimento di eventuali danni.

Indulgenze

992: le indulgenze sono la remissione delle colpe dinanzi a Dio dei peccati commessi. È necessario che
il fedele sia debitamente disposto e che acquisti l’assoluzione con l’intervento della Chiesa.
993, 994: l’indulgenza può essere parziale o plenaria, può essere fatta per sé stessi o ai defunti, e
necessitano di confessione sacramentale, comunione eucaristica e preghiera secondo le intenzioni del
Santo Padre.
995: può essere rilasciata solo dalle massime autorità della Chiesa (pontefice e collegio) o coloro che
posseggono la potestà dal diritto o per concessione (vicariamento, congregazione della disciplina del
culto, congreagazione della disciplina dei sacramenti). Solo il pontefice può concedere ad altri
l’amministrazione delle indulgenze.

9. Unzione degli infermi

998: canone dogmatico. L’olio benedetto è la materia remota, l’unzione sulla fronte è la materia
prossima.
1000: riguarda le parole, l’ordine e il modo. Le unzioni sono tre, in caso di necessità ne basta una, e
una basta per la validità. Per la liceità, sono necessarie tre.
999: i ministri sono il vescovo e il presbitero. L’olio può essere benedetto solo dal primo, dal secondo
in caso di necessità.
1003: non può essere amministrato dai laici, che possono solo dare il viatico. Il parroco è chiamato a
questa responsabilità, ma, in caso di necessità, può delegare altri sacerdoti.
1004: per ricevere il sacramento, devono essere presenti vecchiaia e/o malattia e almeno 7 anni. L’età
della discrezione può essere ignorata in caso di necessità. È un sacramento ripetibile, qualora
l’infermo sia guarito e poi ricaduto in malattia o se le sue condizioni si siano aggravate. Non andrebbe
dato alle persone anziane, ma agli anziani in punto di morte.
1006: per essere ricevuto, è necessaria un’intenzione abituale, non attuale, almeno una volta nella
vita presumibile.
1007: non si può dare a chi è in peccato grave manifesto. Se esiste un dubbio sulla sua esistenza, il
sacramento si amministra normalmente.

10. Ordine sacro

1008 e 1009 sono stati riveduti da Benedetto XVI con Omnium in mente del 2009. il codice dice chi è il
fedele in generale, chi il laico, chi il religioso, diritti e doveri dei chierici, ma non ne da una definizione.
1009: gli ordini sono l’episcopato, il presbiterato e il diaconato. Sono tutti conferiti con l’imposizione
delle mani e la preghiera consacratoria, diversa per ogni grado. Episcopato e presbiterato agiscono in
persona Christi (agire nella facoltà di Cristo capo), mentre il diaconato serve il popolo nella diaconia
della liturgia, della Parola e della carità. Il diaconato è uno stato clericale non sacerdotale. Tra
diaconato e presbiterato c’è differenza di essenza e di grado, mentre tra episcopato e presbiterato
solo di grado.
Prima della riforma, esistevano 5 ordini minori e 4 maggiori. Paolo VI, con il Motu proprio Ministeria
quaedam, eliminò il suddiaconato e aprì alcuni ordini minori ai laici maschi.
1012: ministro dell’ordinazione è il vescovo consacrato, non quello eletto. Su indulto speciale della
Santa Sede, può essere anche il sacerdote.
1013: un vescovo può consacrarne un altro solo su mandato pontificio, l’atto di consacrazione del
Romano Pontefice che autorizza la consacrazione. Questo lascia intatta la successione apostolica. In
caso di violazione, procede la pena di scomunica latae sententiae per chi ha consacrato. La
consacrazione del vescovo garantisce la validità, quella del mandato pontificio per la liceità. Un
vescovo che consacra un altro vescovo senza mandato fa un’azione valida ma illecita.

L’ordinando

1024: lo riceve validamente il battezzato di sesso maschile.


1025: per la liceità, sono previsti un periodo di prova, possesso delle dovute qualità, assenza di
irregolarità o impedimenti, aver compiuto il percorso di seminario e confermazione e lo scrutinio su
attività e qualità morali, personali e pastorali con esito positivo. Si viene ordinati per un’utilità al
ministero della Chiesa, dunque il giudizio finale risiede nell’utilità, e non si ha il diritto di riceverlo.
L’ordinazione è nulla se l’ordinando è donna, costretto da dimostrata violenza fisica, ubriaco al
momento dell’ordinazione e se non abbia mai avuto intenzione di ricevere il sacramento.
1026: è importante l’intenzione abituale, non necessariamente attuale. Tutti gli altri elementi, quali
età, uso di ragione e maturità affettiva, riguardano la liceità (es. Preti bambini in Brasile validi ma
illeciti). Per la liceità sono riportati anche libertà e preparazione.
1029: altri elementi per la liceità. Questi sono fede integra, retta intenzione, scienza debita nata dalla
preparazione, buona fama, integri costumi, provate virtù e le dovute qualità psicofisiche.
1031: per la liceità, sono necessari 25 anni, di cui 6 mesi trascorsi tra il diaconato transeunte e il
presbiterato. L’età per il diaconato destinato al presbiterato è di 23 anni.
Chi riceve il diaconato permanente non può più sposarsi. Il diacono permanente vedovo non può,
salvo eccezioni, risposarsi.
Sotto autorizzazione della Sede Apostolica, tutti gli ordini possono essere ricevuti con un anno di
anticipo.
1032: non è necessario un baccalaureato in teologia, ma almeno 5 anni di studi. Gli aspiranti al
diaconato permanente dovrebbero avere una laurea triennale in scienze religiose.

Requisiti

1033: è necessaria la confermazione.


1034: è necessario un titolo di ammissione al sacerdozio, cioè l’ascrizione tra candidati.
1035: necessari lettorato e accolitato, quest’ultimo ricevuto almeno sei mesi prima del diaconato.
1036: il candidato deve dichiarare di ricevere diaconato e presbiterato liberamente.
1037: il candidato sottoscrive l’obbligo al celibato (diritto ecclesiale), oppure aver emesso i voti
perpetui presso un istituto religioso.
1039: il candidato deve attendere agli esercizi spirituali. La formazione attuale richiede determinate
tappe: fase propedeutica (obbligatoria, di 1 o due anni), biennio filosofico, quadriennio teologico,
tappa pastorale o di sintesi vocazionale (6 mesi, tra ordinazione diaconale e presbiterale), formazione
permanente (il sacerdote alimenta e aggiorna la propria formazione).

Documenti richiesti

1050: sono richiesti il certificato degli studi compiuti a norma con il 1032, certificato di diaconato
ricevuto in caso di ordinandi al presbiterato, certificato di battesimo e confermazione e della ricezione
dei ministeri del 1035 nel caso dei promovendi al diaconato. Per l’ordinando al diaconato
permanente, se sposato, sono necessari il certificato di matrimonio e l’approvazione della moglie.
1051: scrutinio sulle qualità. È un’attività amministrativa nella quale si raccolgono i documenti relativi
alla liceità dell’ordinazione sacerdotale. Non possono essere ordinati gli omosessuali o chi supporta la
cultura gay. Se la tendenza è presente, va superata tre anni prima dell’ordinazione diaconale.
Il sacerdote non deve essere impedito dal ricevere l’ordine. Alcune irregolarità sono difetti psicofisici o
l’aver compiuto un reato grave.

11. Matrimonio

Del matrimonio si occupano i canoni dal 1055 al 1165.


Il matrimonio possiede due caratteri. Uno è storico-biblico, che lo intende come evoluzione storica
dell’interpretazione del rapporto di alleanza tra il popolo e Jahvè (AT) o tra Cristo e la Chiesa (NT). S.
Paolo lo definisce come un grande sacramento. L’altro è giuridico, in quanto presenta caratteri
giuridici.
Il matrimonio è un contratto in quanto, come realtà giuridica, può avere o meno rilevanza per
l’ordinamento canonico quanto alla validità o invalidità dello stesso. In base agli elementi della forma,
del consenso e dell’abilità dei soggetti si stabilisce la validità canonica del matrimonio. La base su cui si
fonda la verità giuridica è il riferimento teologico-scritturistico di Antica e Nuova Alleanza.
Il modello da avere a mente è quello della fedeltà che Cristo mostra alla Chiesa. Sebbene sia
irraggiungibile anche dalla migliore delle coppie, è sempre bene averlo a mente come ideale di
riferimento.
Il divorzio non rientra nel piano di Dio, ma è stato concesso, insieme a una serie di condizioni per lo
scioglimento, all’interno della Bibbia. San Paolo parla di questa possibilità in caso il coniuge non
condivida la stessa fede.
Il diritto canonico fonda la propria dottrina romana sul concetto del “consenso fa il matrimonio”, di
origine romanistica. Ma, mentre in quest’ultimo caso il consenso era revocabile in qualsiasi momento,
la legislazione ecclesiastica lo rende irrevocabile una volta prestato.
Il matrimonio viene considerato sacramento a partire dal Medioevo. Se ne parlò a lungo durante il
Concilio Lateranense II del 1139 e quello di Lione, e se ne definisce il carattere giuridico della forma
obbligatoria, ovvero il rispetto di una data forma o modalità per celebrare il matrimonio, con il
Lateranense IV del 1235. La forma, sebbene obbligatoria, non era ancora necessaria per la validità. Lo
diventerà nel 1907 con il decreto Ne tèmere, che darà valore di validità alla forma canonica. Trento
riporta il matrimonio tra i 7 sacramenti. Sorgevano due pensieri diversi relativi al consenso e il
momento in cui il matrimonio diventa vincolante: la scuola di Parigi riteneva fosse il consenso, mentre
quella di Bologna lo individuava nella copula coniugale. La dottrina canonistica sintetizza questi due
pensieri, scegliendo l’opzione parigina ma pur non escludendo il valore della copula. Il matrimonio è
pienamente valido e realizzato nel consenso, ma diventa perfetto e irrevocabile con l’atto sessuale
humano modo. Un matrimonio può essere nullificato dal Romano Pontefice se rato e non consumato,
ovvero quando perfettamente in regola, ma manca della copula.
Il matrimonio è l’unico sacramento in cui il ministro è laico. Il sacerdote è assistente, in quanto
presenta il consenso a Dio in modo che su quel matrimonio giungano gli effetti della grazia.
La corretta copula richiede l’eiaculazione in vagina. In caso di impotenza, questa può essere sia fisica
che psicologica.
Il verum seme, ovvero il seme in grado di fecondare, non è strettamente necessario. L’impotentia
generandi non tocca la validità matrimoniale. La mancata eiaculazione in vagina non è considerata
come matrimonio rato non consumato, dunque non causa l’invalidità.
Il codice del 1917 ribadisce i fini primari e secondari del matrimonio. Quelli primari sono procreazione
ed educazione della prole, mentre i secondari riguardano il remedium concupiscientiae,
l’appagamento della concupiscenza. Il matrimonio finalizza l’atto sessuale alla generazione della prole.
Una visione biologista e materialista del matrimonio lo lega alla prole, dunque, in caso di incapacitas
generandi e coeundi (incapacità all’atto sessuale e sterilità), il matrimonio è considerato nullo. Tale
visione è ribaltata da quella personalista del Vaticano II, che pone come finalità assoluta il bene dei
coniugi sopra la prole e l’appagamento sessuale. I figli sono un dono che può esserci o no, in quanto la
famiglia si genera con il matrimonio, non con la presenza di una prole. Escludere attivamente i figli,
però, provoca la nullità. La responsabilità della realizzazione dell’altro è presente anche nella formula
matrimoniale (“io accolgo te”).
Personalista vuol dire che pone al centro l’uomo e la donna in quanto tali. Nel codice, il matrimonio è
sia matrimonium che consortium totius vitae, relazione per tutta la vita. È anche foedus, patto. Non si
parla di amore perché è un sentimento, non una categoria giuridica, sebbene il matrimonio si fondi su
di esso. Se nel diritto si dicesse che il matrimonio si fondi sull’amore, questo finirebbe con l’amore.
C’è differenza tra amore e amore coniugale. Il secondo ha come priorità il bene del coniuge e la sua
realizzazione.
Tutto ciò che è in itinere non tocca la validità del matrimonio. L’invalidità tocca solo gli elementi
relativi alla generazione del matrimonio. Ciò che succede dopo è pienamente responsabilità dei
coniugi. Bisogna sempre, però, osservare il caso specifico.
Con il codice del 1983, si perde completamente la gerarchia tra i fini e rimangono soltanto il bene del
coniuge, la procreazione e l’educazione della prole e si stabilisce un migliore percorso di preparazione,
sebbene comunque relativamente carente.
Il codice del 1983 presenta la possibilità dei matrimoni misti, ovvero con un coniuge non cattolico.
Il matrimonio è costituito da due realtà: in fieri e in facto esse. In fieri è l’atto con cui uomo e donna
manifestano la volontà di celebrare il matrimonio, il momento in cui sorge il vincolo. Il matrimonio in
fieri è il punto focale per stabilire la validità del matrimonio. Il matrimonio in fact esse è il matrimonio
nel suo svolgersi. Questo è abbastanza assente nel codice di diritto canonico, se non come circostanza
per dimostrare la nullità.
1055: canone dogmatico. Fa riferimento al patto matrimoniale (matrimoniale foedus), che rimanda
all’Alleanza, sia antica che nuova. Specifica inoltre che il matrimonio sussiste tra uomo e donna. In
caso di mancanza di alterità, si parla di inesistenza del matrimonio. La Chiesa dichiara la nullità, non la
istituisce. Segue il tema del consortium totius vitae, comunità per tutta la vita, e il fine del matrimonio,
ovvero il bene dei coniugi, la prole e la loro educazione. Il matrimonio è dichiarato nullo anche
quando i coniugi attivamente escludono l’educazione cristiana ai loro figli.
Il matrimonio è stato elevato a sacramento da Cristo. La realtà matrimoniale non nasce confessionale
ma come realtà umana. Anche il matrimonio civile è matrimonio per via del consenso, ma non realizza
la sacramentalità. Chi si sposa civilmente fa comunque parte della comunità cattolica, in quanto il
consenso è pur sempre presente.
La dignità del matrimonio come sacramento si realizza solo tra battezzati. Questo include gli acattolici
con il matrimonio misto. Se uno dei due coniugi non riconosce l’indissolubilità del matrimonio, questo
può essere dichiarato nullo, in quanto viene esclusa una delle proprietà essenziali del matrimonio
stesso.
La parola contratto è di uso tipico giuridico, e riporta il canone dogmatico nell’ambito giuridico. È un
contratto sui generis, dove l’oggetto è prestabilito, cioè i fini del matrimonio, l’unità e l’indissolubilità.
È un fatto pubblico perché aggiunge qualcosa alla società, non privato come quello civile.
1056: proprietà essenziali del matrimonio, che sono unità e indissolubilità. L’unità significa l’unicità e
l’esclusività. Non sono ammesse poligamia né poliandria ed è obbligatoria la fedeltà verso il coniuge.
L’indissolubilità è l’unità matrimoniale vista nel tempo, che non può essere sciolta né dall’autorità né
dal divorzio. Rimandano ai tria bona, i tre beni del matrimonio, di S. Agostino: bonum prolis, bonum
fidei et bonum sacramentum. Questi sono i figli, la fede e l’indissolubilità. Unità e indissolubilità non
sono caratteristiche del matrimonio canonico, ma sono nel suo ordine naturale. Questo si applica ad
ogni matrimonio e sono più stringenti in quello cristiano.
Il matrimonio rato e consumato realizza massimamente ed estrinsecamente l’indissolubilità. Senza la
consumazione, è solo rato (unico e indissolubile intrinsecamente).
1057: validità del matrimonio. Il consenso è l’atto fondativo del matrimonio, il più importante ma non
l’unico. Deve essere legittimamente manifestato tra persone giuridicamente abili. Quindi, per la
validità sono richiesti il consenso, l’abilità giuridica degli sposi e la forma canonica (che è la forma
legittima in cui si manifesta il consenso). La mancanza di uno di questi elementi è causa di nullità.
Il consenso è un atto della volontà. La volontà, dice S. Tommaso, si determina a seguito di un giudizio
sulla bontà dell’atto matrimoniale, e si determina la scelta positiva per quel matrimonio. Il
matrimonio è nullo quando questa scelta è in realtà negativa. È nullo quando il consenso non è dato
in base a ciò che la Chiesa intende come matrimonio, ma in base a ciò che intende il soggetto per
matrimonio (ad es. Senza figli, senza indissolubilità, ecc).
Con lo scambio del consenso, i coniugi trasmettono e accettano sé stessi all’altro. Assumono l’altro
nella sua completezza, quindi l’oggetto del consenso è l’altro coniuge. Il consenso presuppone un atto
dell’intelletto, dunque una scelta consapevole del soggetto.
Il consenso è un atto personalissimo. Deve essere libero, bilaterale (valido per entrambi) e
manifestato legittimamente nelle forme previste.
Forma e abilità fanno riferimento al consenso. L’abilità è la capacità di esprimere il consenso, e
nessuno può farlo per qualcun altro.
Per la validità, le Chiese orientali richiedono anche la benedizione.
Se un coniuge esclude i figli dal matrimonio ma da comunque il consenso, il consenso è simulato. Se
invece manca della capacità di intendere e volere, manca della possibilità di esprimere un valido
consenso. Chi non è libero manca di una corretta capacità di giudizio per esprimere un valido
consenso. Chi è stato obbligato, manca della libertà. Chi ha sposato una persona diversa da quella che
voleva sposare (non solo come persona fisica, ma anche a livello di qualità), ha espresso
invalidamente il consenso, in quanto la sua rappresentazione era diversa dalla realtà. Se non si ha
l’autorizzazione a procedere con il matrimonio, difetta il consenso matrimoniale. Se due persone non
hanno l’età minima, difetta l’abilità giuridica dei soggetti.
1058: abilità giuridica. Tutti coloro che non hanno proibizioni da parte del diritto possono contrarre il
matrimonio. Gli impedimenti matrimoniali sono 12, fra i quali l’età.
1060: il matrimonio è valido finché non viene provato il contrario. Nullità di coscienza: il soggetto,
ritenendo nullo il matrimonio, agisce di conseguenza, anche senza dimostrazione. Il codice prevede
che l’invalidità del matrimonio deve essere comprovata dal tribunale ecclesiastico o dal vescovo.
1061: nomenclature del matrimonio. Il matrimonio tra due soggetti con valido consenso è detto rato.
Se è stato anche consumato, diventa rato e consumato. È putativo qualora sia invalido. Somigliava a
un matrimonio, ma mancava di uno o più elementi di validità. Il matrimonio attentato riguarda chi
tenta di sposarsi stando in una determinata condizione di vita (es. Sacerdoti). Il matrimonio canonico
con effetti civili è frutto del concordato tra Chiesa e Stato, che attribuiscono al matrimonio canonico
gli effetti civili stabiliti dal concordato.
Per essere rato e consumato, non devono essere coinvolte costrizioni, alcol o altri mezzi che offuscano
la volontà del soggetto.
1063: cura pastorale da premettere al matrimonio. Sebbene la preparazione al matrimonio sia molto
importante, è poco accentuata. Al contrario di battesimo o confermazione, non è sufficiente un corso
di pochi incontri per comprendere la gravità del sacramento, che in questo caso cambia lo stato di
vita. Più che ai sacramenti dell’iniziazione, sarebbe equiparabile a quello dell’ordine, che richiede
diversi anni di studio. Tuttavia, questo significherebbe limitare la libertà naturale dell’uomo, il che è
contrario al proposto della Chiesa di rendere il matrimonio religioso quanto più simile possibile a
quello naturale e di aprirlo a tutti. Fino al 1984, matrimonio religioso e civile coincidevano, si
ricevevano allo stesso momento, ma la Chiesa ha preso le distanze da questa pratica a causa di come
è cambiato il matrimonio civile. Le persone non hanno più le idee chiare su cosa sia il matrimonio e
come si differenzia tra civile e religioso. Non apprendendolo più in famiglia o nella comunità
ecclesiale, è richiesta una preparazione più specifica, con le differenze tra civile e religioso, convivenza
e altro. In realtà, valori come unità e indissolubilità del matrimonio sono già scritti nel cuore
dell’uomo, e il catecumenato matrimoniale aiuta a riportarli in superficie. Non sono valori
prettamente religiosi, bensì naturali, Gesù li ha solo elevati a sacramento. Ci sono diversi tipi di
preparazione. La preparazione remota si dovrebbe fare in famiglia e in parrocchia, ed è rivolta già ai
bambini per far loro comprendere l’importanza del matrimonio. La preparazione prossima è rivolta ai
fidanzati. La preparazione immediata, infine, riguarda il corso prematrimoniale. Di questo iter si
conserva solo l’ultima parte.
1065: confermazione, penitenza ed eucarestia sono sacramenti importanti per il matrimonio ma non
necessari alla sua validità.
Prima di sposarsi, viene prodotto il certificato di battesimo, di cresima, del corso prematrimoniale. I
contraenti sostengono un esame dinanzi al parroco dove uno o entrambi hanno domicilio e
rispondono a domande del parroco tratte dal formulario riguardo la loro volontà di sposarsi.
Dopodiché, si verifica la forma, lo stato libero e privo di impedimenti dei soggetti, che siano state fatte
le pubblicazioni canoniche e, se il matrimonio è stato fatto ad effetti civili, si verifica che queste
pubblicazioni siano state fatte anche presso l’ufficiale di stato civile. Questo plico matrimoniale viene
poi inviato alla curia per essere validato e permettere il matrimonio.
Il sacerdote dovrebbe impedire matrimoni che non ritiene validi.
1057: il matrimonio, per essere valido, deve avere consenso, forma canonica e abilità del soggetto.
1058: a meno di impedimenti di diritto, tutti possono contrarre il matrimonio.
1060: nel dubbio, il matrimonio è valido fino a prova contraria.
1073: introduce gli impedimenti matrimoniali. Sono una circostanza di norma giuridica di diritto
umano o divino che impedisce la validità del matrimonio finché presente.
10: si ritengono irritanti o inabilitanti solo le leggi che esprimono espressamente che l’atto è nullo
(legge irritante) o la persona è inabile.
L’impedimento di diritto divino può essere positivo o naturale ed è indispensabile (non può essere
dispensato). Ogni matrimonio impedito dal diritto divino è, senza eccezioni, nullo. Gli impedimenti
sono l’impotenza, il precedente vincolo matrimoniale, e la consanguineità nel primo grado della linea
retta (genitori e figli) e nel secondo grado collaterale (fratelli e sorelle).
L’impedimento ecclesiastico, al contrario, è di norma dispensabile, e il matrimonio è valido se la
dispensa avviene da parte di una competente autorità, ovvero Papa e Collegio, che possono
dichiarare (non creare) il diritto divino e stabilire e istruire quello ecclesiastico.
La riforma del 1983 conferisce la potestà di dispensa all’ordinario del luogo, ma solo nel caso in cui sia
tutto pronto per il matrimonio e si scopre all’ultimo un impedimento dispensabile. Per evitare lo
scandalo, può farlo anche il parroco, ma alcuni casi sono così gravi da richiedere la Sede Apostolica.
Sono dispensabili l’età, la disparità di culto, il ratto, la consanguineità dal terzo grado in poi, l’affinità,
l’adozione e la pubblica onestà. Sono dispensati dalla Santa Sede l’appartenenza a un ordine sacro, il
voto pubblico perpetuo e il crimine.
1083: l’età minima per il matrimonio è di 16 anni per l’uomo e 14 per la donna. La conferenza
episcopale può stabilire età maggiori in base al territorio per la liceità. La CEI lo ha posto a 18 per far sì
che coincidesse con il matrimonio civile. In caso di matrimonio tra minori, deve essere approvato dal
tribunale dei minori. Questo impedimento è dispensabile, e sta all’ordinario del luogo verificare la
maturità psicofisica dei soggetti.
1084: l’impotenza coeundi invalida il matrimonio se antecedente e perpetua, da una o entrambe le
parti, assoluta o relativa. L’impotenza generandi non tocca la validità salvo determinate condizioni nel
1093. L’impotenza coeundi è l’incapacità di copulare. Anche se l’altro, consapevole del problema,
proceda comunque alle nozze, il matrimonio resta invalido. Non si possono usare mezzi artificiali. È
assoluta se la copula non riesce con nessuno e relativa se riguarda solo il coniuge. Non è il caso della
sterilità, che diventa invalidante solo in caso se ne fosse a conoscenza ma è stato nascosto al partner
(1098, il dolo invalida il matrimonio).
1085: il precedente vincolo matrimoniale invalida il nuovo, anche se non consumato. Per evitare di
aprire la possibilità di sposarsi canonicamente con una persona diversa da quella sposata civilmente,
bisogna presentare lo stato civile libero.
1086: disparitas cultus, invalida il matrimonio tra un battezzato e un non battezzato. È un
impedimento dispensabile dall’ordinario solo secondo le condizioni di 1125 e 1126. Questi
stabiliscono delle cauzioni, delle promesse che la parte cattolica deve fare prima del matrimonio e
rispettare.
Il matrimonio misto invece riguarda un cattolico e un acattolico. La sacramentalità è rispettata, ma
con condizioni di 1125 e 1126. Non serve una dispensa, ma una licenza.
1125: la parte cattolica rimane fedele alla Chiesa cattolica e si impegna a educare cristianamente i
figli. Entrambe le parti devono essere informate e rispettare il matrimonio cattolico (niente poligamia
per i musulmani o divorzio per gli ortodossi). Il matrimonio disparitas cultus è un matrimonio a tutti gli
effetti tranne che sacramentale.
1087: chi è costituito nell’ordine sacro celebra invalidamente il matrimonio.
1088: chi è vincolato da un voto pubblico perpetuo di castità presso un istituto religioso celebra
invalidamente il matrimonio.
In entrambi i casi, l’impedimento è dispensabile dalla congregazione competente. Il religioso deve
essere prima dimesso dallo stato religioso, mentre il sacerdote deve rimettere lo stato clericale,
ricevere il rescritto di dimissione dallo stato clericale e la dispensa dal Romano Pontefice riguardo
l’obbligo al celibato. Lo stato clericale può essere rimosso anche con un grave reato, ma l’obbligo al
celibato richiede sempre la dispensa del papa. Vale per tutti gli ordini: il diacono transeunte, il
presbitero, il vescovo, il diacono permanente vedovo. L’ordine sacro è in contrasto con il matrimonio.
Non ci si può sposare una volta ricevuto, solo prima (Chiesa orientale e diaconato).
1089: non si può contrarre matrimonio con la persona rapita a scopo matrimoniale se non dopo che la
vittima, in un luogo sicuro e libero, non scelga autonomamente il matrimonio.
Il crimine è anch’esso invalidante (chi uccide il coniuge per diventare vedovo e risposarsi). Questo
riguarda sia l’uccisione diretta che la partecipazione fisica o morale. L’impedimento è però
dispensabile, ma solo dalla Santa Sede. Ci sono differenze fra coniugicidio proprio (del coniuge),
improprio (del coniuge dell’amante) e coniugicidio con cooperazione di entrambi.
1091: la consanguineità tra ascendenti e discendenti in linea retta rende il matrimonio nullo ed è
indispensabile. Nella linea collaterale, è nullo fino al quarto grado incluso ed è indispensabile solo per
i primi due gradi. I gradi non si possono moltiplicare (un coniuge ha il secondo grado, l’altro anche,
dunque sono di quarto grado).

Consenso matrimoniale

Il consenso deve essere libero e integro. Ha versante negativo nel difetto del consenso, nel vizio del
consenso, nella simulazione del consenso o nel consenso condizionato.
Il difetto si manifesta quando la persona non può esprimere un consenso valido per cause
psicologiche.
Il vizio del consenso si ha quando la persona può esprimere il consenso ma, per una ragione o per
un’altra, non lo fa. Può essere a causa di un errore, di un dolo o di un timore, oppure non lo fa perché
non lo vuole. Quindi, finge il consenso totalmente o parzialmente (consenso simulato).
Il consenso condizionato invece è il consenso vincolato a delle condizioni (ti sposo se...).

Difetto del consenso

1095: è incapace di contrarre il matrimonio chi manca dell’uso di ragione (può essere sia abituale nel
caso delle malattie mentali che attuale in quello di sostanze stupefacenti). La questione dei momenti
di lucidità andrebbe valutata. È incapace anche chi difetta di discrezione di giudizio riguardo gli
obblighi matrimoniali. Questo può riguardare ancora le malattie mentali, ma anche i soggetti
dipendenti o immaturi. Per poter scegliere il matrimonio, devo essere consapevole di cosa esso sia ed
essere libero di sceglierlo o meno. Se mancano giudizio e libertà, il matrimonio risulta invalido. È
incapace anche chi, per cause di natura psichica, non può assumersi gli obblighi del matrimonio.
Questa condizione deve essere presente già da prima del matrimonio e avere conseguenze
comprovate nella vita matrimoniale.

Vizio del consenso

Perché sussista il vizio del consenso, sono necessari tre elementi: l’errore (io valuto erroneamente
una persona), il dolo (la persona mi induce a sbagliare) o la violenza (io prendo con la forza).
L’errore matrimoniale può essere di due tipi: di persona (sposo la persona fisica sbagliata) e di
personalità (annulla il matrimonio solo in caso il coniuge non possegga la qualità intesa e
direttamente e principalmente che costituisce il motivo del matrimonio).

Dolo

1098: la presenza di dolo che perturba gravemente la vita coniugale è motivo di nullità del
matrimonio. Il dolo prevede il raggiro e va dimostrato (dimostro di avere una caratteristica che non ho
al fine di sposarmi).

Violenza

1103: è invalido il matrimonio scelto come via di fuga dalla violenza, intenzionale o meno.
La violenza include quella morale, detta timore. La minaccia può essere sia fisica che psicologica.

Simulazione

1101: la volontà interna del nubendo non coincide con le parole che proferisce durante il matrimonio.
La persona è determinata a non volere il matrimonio o alcune parti fondamentali di esso (simulazione
totale o parziale).

Consenso condizionato
1102: il consenso è dato su condizioni, il cui mantenimento influenza il matrimonio stesso. Possono
essere presenti o passate per invalidare il matrimonio. Se sono future, l’invalidità non sussiste. Per la
nullità, è necessario che il fatto pregiudichi la sostanza del matrimonio e non sia triviale.

Procedura di nullità matrimoniale

Il processo è stato riformato da papa Francesco il 15 agosto 2015 col motu proprio Mitis iudex
dominus Iesus. Sono stati sostituiti 10 canoni riguardanti il processo matrimoniale e sono state
aggiunte regole procedurali più specifiche. La nullità deriva da un’indagine pastorale preprocessuale.
Il giudice di consacrazione è il vescovo, in quanto, nel momento in cui è stato consacrato vescovo, ha
assunto i poteri legislativo, giudiziario ed esecutivo, e deve svolgere un ruolo pastorale. Segue
l’indagine giuridica, che riguarda avvocati e tribunali ecclesiastici, dove è presente il patrono stabile,
un dipendente del tribunale che può dare il proprio ausilio e fornire consulenza alle parti sull’avviare
la causa di nullità. Se indegenti, c’è la possibilità di un avvocato d’ufficio, non pagando nulla al
tribunale d’ufficio (possibilità che esisteva anche da prima). Dopodiché, si realizza l’atto per la causa di
nullità del matrimonio, il libello, dove è scritta la storia della persona in poche pagine e il motivo di
nullità. Sul libello, si può procedere individualmente o congiuntamente se le parti sono concordanti
per la nullità.
Le parti sono una motrice e una contenuta (che possono anche richiedere la nullità congiuntamente),
il difensore del vincolo (difende la validità del matrimonio), i giudici (formano il collegio giudicante,
comprende 3 giudici di cui 2 laici e 1 chierico). Esiste la possibilità, in caso di necessità, del giudice
unico.
Una novità importante del processo è la possibilità di coordinare, ad esempio, il tribunale dove si è
celebrato il matrimonio, quello del domicilio di uno o entrambi, o quello dove è presente il maggior
numero di prove. Prima della riforma, era presente un ordine gerarchico (del luogo, della parte
motrice, della parte contenuta).
Il tribunale può essere diocesano o interdiocesano (più diocesi), e il vescovo è sempre giudice.

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