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Testi di riferimento:
- Le forme di vita consacrata (EDIURCLA)
- Nel servizio dell’identità carismatica (LEV)
- Nello stile sinodale
LE NORME COMUNI
CANONI 573-606
Oltre a stabilire una normativa giuridica sulla questione, questa prima parte
prende in esame anche la realtà teologica e dottrinale. Un innesto che fa sì
che questi siano canoni molto densi.
Canone 573
Can. 573 - §1. La vita consacrata mediante la professione dei consigli evangelici è una
forma stabile di vita con la quale i fedeli, seguendo Cristo più da vicino per l'azione
dello Spirito Santo, si dànno totalmente a Dio amato sopra ogni cosa. In tal modo,
dedicandosi con nuovo e speciale titolo al suo onore, alla edificazione della Chiesa e alla
salvezza del mondo, siano in grado di conseguire la perfezione della carità nel servizio
del Regno di Dio e, divenuti nella Chiesa segno luminoso, preannuncino la gloria
celeste.
§2. Negli istituti di vita consacrata, eretti canonicamente dalla competente autorità della
Chiesa, una tale forma di vita viene liberamente assunta dai fedeli che mediante i voti, o
altri vincoli sacri a seconda delle leggi proprie degli istituti, professano i consigli
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evangelici di castità, di povertà e di obbedienza e per mezzo della carità, alla quale essi
conducono, si congiungono in modo speciale alla Chiesa e al suo mistero.
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4. Missione e unione con la Chiesa: è l’aspetto apostolico.
Questa interazione con la Chiesa è ciò che dà senso alla missione che
si svolge. Ogni consacrazione è apostolica, anche la consacrazione
negli istituti di vita contemplativa.
1. Forma stabile
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• Costituzioni: obbligatorio
• Direttorio particolare: obbligatorio
• Norme emanate dal Capitolo generale/provinciale/locale
• Norme emanate dal Superiore (generale/provinciale/locale) per il
proprio territorio
• Sane tradizioni: tramandate, anche se sono in disuso.
Can. 574 - §1. Lo stato di coloro che professano i consigli evangelici in tali istituti
appartiene alla vita e alla santità della Chiesa e deve perciò nella Chiesa essere sostenuto
e promosso da tutti.
§2. A questo stato alcuni fedeli sono da Dio chiamati con speciale vocazione, per
usufruire di un dono peculiare nella vita della Chiesa e, secondo il fine e lo spirito del
proprio istituto, giovare alla sua missione di salvezza.
LG 43 e LG 44 indicano che è lo stato di vita della santità quello che offre alla
vita consacrata il suo spazio ecclesiale all’interno della complessità
costitutiva della Chiesa.
Alla santificazione sono chiamati i chierici, i laici e la vita consacrata.
Oggi non è facile che ci siano tutte le forme di vita e carismi nelle diverse
Chiese particolari. Ma questo non toglie che si faccia il possibile per
mantenere queste realtà.
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Sono dono di Dio e hanno la loro base e sostegno nella vita e nelle parole
dello stesso Gesù.
La vita consacrata è cammino di configurazione a Gesù.
Il Concilio ha modificato l’ordine rispetto a prima, ma questo non sta ad
indicare l’importanza.
La gradualità non è applicabile alla castità. C’è una gradualità, invece, per la
povertà e l’obbedienza a seconda dell’istituto nel quale ci troviamo.
La castità
Oggetto del voto è la perfetta continenza.
Can. 599 - Il consiglio evangelico della castità assunto per il Regno dei cieli, che è segno
della vita futura e fonte di una più ricca fecondità nel cuore indiviso, comporta l'obbligo
della perfetta continenza nel celibato.
Il Codice dice che la castità è vivere la perfetta continenza nel celibato: non
comporta la verginità della persona.
La persona per consacrarsi a Dio non deve necessariamente essere vergine.
Possono consacrarsi anche coloro che sono stati sposati e che hanno sciolto
il vincolo matrimoniale oppure i vedovi.
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La povertà
Can. 600 - Il consiglio evangelico della povertà, ad imitazione di Cristo che essendo
ricco si è fatto povero per noi, oltre ad una vita povera di fatto e di spirito da condursi in
operosa sobrietà che non indulga alle ricchezze terrene, comporta la dipendenza e la
limitazione nell'usare e nel disporre dei beni, secondo il diritto proprio dei singoli istituti.
Per i religiosi si concretizza nel fatto che con il voto semplice non si può
amministrare, usare e usufruire dei beni patrimoniali: rimane la nuda
proprietà.
Il voto solenne non permette neanche il possesso dei beni: prima della
professione perpetua occorre rinunciare a tutti i beni che si possiedono.
L’obbedienza
Can. 601 - Il consiglio evangelico dell'obbedienza, accolto con spirito di fede e di amore
per seguire Cristo obbediente fino alla morte, obbliga a sottomettere la volontà ai
Superiori legittimi, quali rappresentanti di Dio, quando comandano secondo le proprie
costituzioni.
Quando si parla della povertà si dice “secondo il diritto proprio”: non è facile
ridurlo ad una normativa costituzionale. Il legislatore stabilisce che va tenuto
conto del “diritto proprio”.
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Esiste anche qui la gradualità: una obbedienza domenicana è diversa rispetto
alla gesuitica, una obbedienza monastica è diversa rispetto alla apostolica.
Autorità e obbedienza sono due facce della stessa medaglia: sia chi
comanda sia chi ha Autorità devono discernere quale sia la volontà specifica
della persona e la volontà di Dio su di te.
L’Autorità competente:
- Santa Sede.
- Per la Chiesa latina: Congregazione per gli Istituti di Vita Consacrata e
le Società di Vita Apostolica.
- Per la Chiesa orientale: Congregazione per le Chiese orientali
- Per i missionari: Congregazione per la Evangelizzazione dei popoli
Tutto quello che decide la Santa Sede non può essere messo in discussione
da altra Autorità.
Il Vescovo non può erigere validamente un IVC se non ha la licenza da parte
della Sede Apostolica. Prima era la “consultazione” non ad validitatem.
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diocesano” significa che non sono sviluppati in modo sufficiente e sono
ancora sotto la tutela del Vescovo.
IVC Religiosi
IVC Secolari
SVA
Ordo Virginum
Eremiti
Istituti maschili / femminili. Non esistono gli istituti misti. Su questo la Santa
Sede è molto chiara. Devono vivere separatamente.
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Lunedì 18 Ottobre 2021
Una volta fondato, quando diverse volontà si sono messe insieme per dare
vita a questa realtà, il primo passo è la creazione di una associazione privata
di fedeli.
L’approvazione del Vescovo dice il suo “nulla osta” agli Statuti e concede il
permesso di vivere in modo conforme agli Statuti stabiliti.
Lo Statuto stabilisce anche come vengono suddivisi i beni.
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3. Richiesta di diventare un Istituto di vita consacrata di diritto diocesano.
Can. 579 - I Vescovi diocesani possono, ciascuno nel proprio territorio, erigere con
formale decreto istituti di vita consacrata, purché sia stata consultata la Sede Apostolica.
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nello stesso punto il canone 579 recitava “purché sia stata consultata la Sede
Apostolica”.
Alla Sede Apostolica compete accompagnare i Pastori nel processo di discernimento che
conduce al riconoscimento ecclesiale di un nuovo Istituto o di una nuova Società di
diritto diocesano. L'Esortazione apostolica Vita consecrata afferma che la vitalità di
nuovi Istituti e Società «deve essere vagliata dall'autorità della Chiesa, alla quale
compete l'opportuno esame sia per saggiare l'autenticità della finalità ispiratrice sia per
evitare l'eccessiva moltiplicazione di istituzioni tra loro analoghe, col conseguente
rischio di una nociva frammentazione in gruppi troppo piccoli» (n. 12). I nuovi Istituti di
vita consacrata e le nuove Società di vita apostolica, pertanto, devono essere
ufficialmente riconosciuti dalla Sede Apostolica, alla quale sola compete l'ultimo
giudizio.
L'atto di erezione canonica da parte del Vescovo trascende il solo ambito diocesano e lo
rende rilevante nel più vasto orizzonte della Chiesa universale. Infatti, natura sua, ogni
Istituto di vita consacrata o Società di vita apostolica, ancorché sorto nel contesto di una
Chiesa particolare, «in quanto dono alla Chiesa, non è una realtà isolata o marginale, ma
appartiene intimamente ad essa, sta al cuore stesso della Chiesa come elemento decisivo
della sua missione» (Lettera ai Consacrati, III, 5).
In questa prospettiva dispongo la modifica del can. 579 che è sostituito dal seguente
testo:
Episcopi dioecesani, in suo quisque territorio, instituta vitae consecratae formali
decreto valide erigere possunt, praevia licentia Sedis Apostolicae scripto data.
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Quanto deliberato con questa Lettera Apostolica in forma di Motu proprio, ordino che
abbia fermo e stabile vigore, nonostante qualsiasi cosa contraria anche se degna di
speciale menzione, e che sia promulgato tramite pubblicazione su L’Osservatore
Romano, entrando in vigore il 10 novembre 2020 e quindi pubblicato nel commentario
ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis.
Dato dal Laterano, il giorno 1 novembre dell'anno 2020, Solennità di Tutti i Santi,
ottavo del mio pontificato.
Il Vescovo della sede principale deve inviare alla Santa Sede la richiesta
formale e scritta, non il Superiore generale o il Fondatore.
Dovrà inviare la storia dell’Istituto e gli altri documenti, le lettere
commendatizie dei Vescovi delle Diocesi dove si trovano gli Istituti diocesani.
È una lettera che brevemente dà una valutazione all’Istituto.
Il Direttorio generale verrà approvato dal Capitolo generale e valutato e
approvato dalla Santa Sede.
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La Santa Sede verifica le Costituzioni, aiutando il discernimento del Vescovo
affinché nulla sia contrario al Magistero.
Fusione
Si produce tra due o più Istituti. C’è la richiesta di un Istituto di entrare a far
parte di un altro.
Gli Istituti “fusi” scompaiono. Le persone e i beni passano all’Istituto che li ha
accolti.
Che succede se uno dei membri non accetta di passare alla fusione?
Può chiedere la dispensa dai voti e l’uscita dall’Istituto oppure chiedere di
essere accolto in altro Istituto.
Unione
Diversi istituti decidono motu proprio di unirsi e formare una nuova realtà. Dei
diversi istituti ne nasce uno nuovo, anche come persona giuridica. Gli altri
sono tutti soppressi.
Divisione
Divisione interna: circoscrizioni
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Occorre l’Autorità competente per fare la divisioni, soppressione o
sospensione. Si può sospendere la vita di quella circoscrizione per problemi
interni che non si riescono a risolvere.
Federazione e confederazione.
Quando si procede alla soppressione, se non ci sono membri la Santa Sede
determinerà dove andranno i beni dell’istituto.
Generalmente finiscono per la carità del Santo Padre o al Vescovo per le
necessità della Diocesi.
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Stabilità non significa “perpetuità” delle norme. C’è bisogno di stabilità, ma
possono essere modificate.
Modifica delle Costituzioni per adeguarla ai concreti bisogni dei membri alla
luce del Magistero della Chiesa.
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Ogni istituto è libero di stabilire quanto tempo dura ogni mandato.
La relazione va mandata solo dagli Istituti di Diritto Pontificio, non quelli di
diritto diocesano il cui responsabile è il Vescovo diocesano.
Esenzione
Il Romano Pontefice concede un privilegio ad alcuni istituti di non essere
sottomessi all’Autorità del Vescovo della Diocesi o all’Ordinario del Luogo.
Finalistico: IVC hanno bisogno di una “esenzione” per esercitare il fine
specifico per il quale sono stati fondati, al di là del bisogno concreto che ci sia
in una Diocesi. La finalità non può essere legata ad un unico territorio, ma
deve essere universale.
Eremiti
Can. 603 - §1. Oltre agli istituti di vita consacrata, la Chiesa riconosce la vita eremitica o
anacoretica con la quale i fedeli, in una più rigorosa separazione dal mondo, nel silenzio
della solitudine, nella assidua preghiera e penitenza, dedicano la propria vita alla lode di
Dio e alla salvezza del mondo.
§2. L'eremita è riconosciuto dal diritto come dedicato a Dio nella vita consacrata se
professa pubblicamente i tre consigli evangelici, confermandoli con voto o con altro
vincolo sacro, nelle mani del Vescovo diocesano e sotto la sua guida osserva il
programma di vita che gli è propria.
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Viene chiamato il “martirio bianco”: si vendevano tutti gli averi,
abbandonando i centri abitati e andando ad abitare in solitudine e sine glossa
il Vangelo.
Non avevano una regola di vita, ma il vivere il Vangelo sine glossa con
lavoro, preghiera, solitudine, penitenza e silenzio.
C’è una professio dei consigli evangelici, pubblica, fatta nelle mani del
Vescovo che li accoglie a nome della Chiesa. Questo anacoreta dipende
direttamente dal Vescovo diocesano. È una forma di vita consacrata con
caratteristiche diocesane: emettono il proposito nelle mani del Vescovo
diocesano.
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Molte volte queste vocazioni sono di coloro che sono usciti dalla vita
religiosa.
Ordo virginum
Can. 604 - §1. A queste diverse forme di vita consacrata si aggiunge l'ordine delle
vergini le quali, emettendo il santo proposito di seguire Cristo più da vicino, dal
Vescovo diocesano sono consacrate a Dio secondo il rito liturgico approvato, si
uniscono in mistiche nozze a Cristo Figlio di Dio e si dedicano al servizio della Chiesa.
§2. Le vergini possono riunirsi in associazioni per osservare più fedelmente il loro
proposito e aiutarsi reciprocamente nello svolgere quel servizio alla Chiesa che è
confacente al loro stato.
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Anacoreta e vergine consacrata possono cambiare diocesi. La vergine
consacrata a causa del lavoro che svolge potrebbe cambiare sede. Chi
presiede e accoglie questo santo proposito deve essere il Vescovo.
“A servizio della Chiesa”: il proprio lavoro è considerato come servizio
pastorale. Non è tenuta oltre al lavoro che svolge per guadagnarsi la vita a
ritagliarsi del tempo per lavorare in parrocchia.
§2. Le vergini possono riunirsi in associazioni per osservare più fedelmente il loro
proposito e aiutarsi reciprocamente nello svolgere quel servizio alla Chiesa che è
confacente al loro stato.
Sono state introdotte nel CIC del 1983 dopo la difficoltà iniziale degli anni ’70.
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La novità non facile da essere illustrata. Ci sono scarsi numeri di
approvazione pontificie. Il processo di discernimento deve dare riscontri
importanti, per evitare rigorismi assurdi o interpretazioni sbagliate.
La vita religiosa
Riguarda una donazione totale della persona, non temporanea.
Can. 607 - §1. La vita religiosa, in quanto consacrazione di tutta la persona, manifesta
nella Chiesa il mirabile connubio istituito da Dio, segno della vita futura. In tal modo il
religioso porta a compimento la sua totale donazione come sacrificio offerto a Dio, e con
questo l'intera sua esistenza diviene un ininterrotto culto a Dio nella carità.
§2. L'istituto religioso è una società i cui membri, secondo il diritto proprio, emettono i
voti pubblici, perpetui oppure temporanei da rinnovarsi alla scadenza, e conducono vita
fraterna in comunità.
§3. La testimonianza pubblica che i religiosi sono tenuti a rendere a Cristo e alla Chiesa
comporta quella separazione dal mondo che è propria dell'indole e delle finalità di
ciascun istituto.
Le case religiose.
Il concetto di “casa” non è entrato del tutto nel linguaggio dei religiosi in
quanto si parla di comunità. “Comunità” viene spesso usato come sinonimo di
“casa religiosa”.
Non è importante che un IVC abbia la proprietà della casa. Si può erigere
una casa anche essendo in affitto.
Certamente avere una casa di proprietà significa “stabilità”, ma questo non è
fattibile quando l’Istituto non è riconosciuto come persona giuridica pubblica
in quanto non può acquistare un bene.
Per questo si può iscrivere a nome di qualche persona fisica o del Parroco.
Ma così facendo se quella persona fisica va via o muore, la proprietà a chi
rimane?
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Il numero dei membri per aprire una casa religiosa è minimo 3.
La casa è persona giuridica pubblica e devono esserci almeno 3 persone per
poterla costituire.
Occorre poi un Superiore, non c’è casa senza Superiore. In certe realtà c’è
chi rifiuta questo ufficio o mancano elementi nella comunità.
Si deve tenere conto anche dei mezzi di sussistenza. Questo non significa
che viene mantenuta dalla Curia generalizia o provinciale.
La comunità deve avere i propri mezzi con i quali mantenere quella
fondazione. Occorre dunque un lavoro per avere il sostentamento per una
vita degna.
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Se un istituto maschile riceve una eredità affinché si possa far fronte alle
spese dei sacerdoti della Parrocchia. L’Istituto deve osservare sempre la
volontà del donatore: il reddito di quel bene va destinato ai sacerdoti che
servono la Parrocchia. Non dice ai sacerdoti dell’Istituto che lavorano lì, ma il
concetto generico. Destinare il reddito del bene al sostentamento dei
sacerdoti che servono la Parrocchia.
Superiori e consigli.
Esercizio della potestà individuale o collegiale (capitolo).
Il Superiore è una persona fisica e in virtù del suo ufficio ha funzioni di regime
ed esercita la sua potestà in nome proprio su persone e comunità secondo il
diritto.
Si vede la differenza con la potestà collegiale, che è di un insieme di
persone.
L’Autorità è un servizio.
Si deve fare sempre nella ricerca della volontà di Dio. Il Superiore ha una
doppia responsabilità: ricercare la volontà di Dio per se stesso e per gli altri.
Non si può passare la propria volontà per la volontà di Dio. Il Superiore deve
essere in grado di aiutare l’altro a scorgere quanto Dio gli sta chiedendo in un
particolare momento della sua vita.
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Occorre che la persona sia rispettata nella sua dignità. Va promossa
l’obbedienza volontaria.
Il Superiore deve essere una persona che ascolta gli altri di buon grado.
Deve avere la pazienza di ascoltare quanto l’altro gli dice.
Fare in modo che tutti lavorino per il bene dell’Istituto.
Nessun istituto lavora per il bene di sé stesso, ma per il bene della Chiesa.
Il Superiore deve avere il coraggio di comandare, di dire ciò che si deve fare,
avendo a cuore il bene di tutti e non soltanto di coloro che lo hanno eletto.
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Lunedì 8 novembre 2021
Possono essere:
° nominati (da Superiore dell’Autorità competente, previa consultazione)
° eletti (con la posteriore conferma dell’Autorità competente - Unico caso in
cui non si richiede conferma è il caso del Moderatore Supremo o Superiore
generale)
Quando si dice “soltanto per due mandati” si intende due mandati nella
sua esperienza di vita. “Due mandati consecutivi” significa dare una
pausa dopo due mandati e poi poter essere rieletto.
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rimuovere la persona dall’ufficio, ma devono essere indicati dal diritto
proprio i motivi per i quali si può essere rimossi dall’ufficio.
Alle elezioni del Superiore di un monastero sui iuris, di cui al canone 615, e
del Moderatore supremo di un istituto di diritto diocesano presiede il Vescovo
della sede principale (che è quella della sede della Curia generale).
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Gli altri Superiori siano costituiti a norma delle costituzioni:
- se vengono eletti necessitano della conferma del Superiore maggiore
competente.
- se vengono nominati dal Superiore si deve premettere una opportuna
consultazione. La consultazione non obbliga il Superiore: è uno
strumento di conoscenza e di aiuto nel processo del discernimento.
Le esigenze dell’ufficio
- Nel conferire uffici e membri nelle elezioni osservino le norme del diritto
universale e del diritto proprio.
- Si astengano da qualunque abuso o preferenza di persone.
- Nominino o eleggano le persone che nel Signore riconoscono
veramente degne e adatte.
- Rifuggano dal procurare in qualunque modo voti per sé o per altri
direttamente o indirettamente. I gesuiti hanno le “sacre mormorazioni”
nelle quali non c’è la ricerca del voto, ma la ricerca di informazioni sulle
persone.
Can. 699 - §1. Il Moderatore supremo con il suo consiglio, che per la validità deve
constare di almeno quattro membri, proceda collegialmente ad una accurata valutazione
delle prove, degli argomenti e delle difese e, se ciò risulta per votazione segreta,
emetterà il decreto di dimissione; questo, per essere valido, esprima almeno
sommariamente i motivi, in diritto e in fatto.
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In caso di parità nelle votazioni in un caso di consenso: il Superiore non può
votare. Perché non è un atto collegiale. Il Superiore non ottiene il consenso e
quindi non può agire.
In caso di pareggio sarebbe, quindi, un “no”: potrebbe decidere di chiarificare
i possibili dubbi e ripresentare a posteriori il caso. Il consenso su 4 sarebbero
tre.
Si consiglia un numero dispari.
Il visitatore
Visita canonica: il Superiore maggiore competente o un suo delegato (il
visitatore) fa ad ogni comunità per verificare l’adempimento della disciplina
della vita e dell’apostolato che svolgono nell’Istituto.
Lo deve svolgere secondo la tempistica e la formalità stabilita nel diritto
proprio. La tempistica dipende dalla norma interna.
I Capitoli
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Tutti i membri partecipano al Capitolo “per diritto”, hanno cioè maturato il
diritto a partecipare.
Come si può maturare questo diritto di appartenere al capitolo?
Can. 578 - L'intendimento e i progetti dei fondatori, sanciti dalla competente autorità
della Chiesa, relativamente alla natura, al fine, allo spirito e all'indole dell'istituto,
nonché le sue sane tradizioni, cose tutte che costituiscono il patrimonio dell'istituto,
devono essere da tutti fedelmente custoditi.
° trattare gli affari di maggiore importanza. Il legislatore non dice quali siano e
non specificando lascia ad ogni Istituto stabilire quali siano questi “affari di
maggiore importanza”. Sono quelli che incidono in tutto l’Istituto. Il pericolo di
un Capitolo generale è andare al particolarismo.
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Il legislatore non considera l’elezione del Superiore generale e del Consiglio
come la cosa più importante e urgente, ma il patrimonio dell’istituto.
Si parte dal progetto e in modo conforme al progetto si scelgono le persone
idonee per attuare quel progetto.
Il Capitolo ha autorità legislativa: può emanare le norme per tutto l’Istituto che
devono essere osservate da tutti i membri dell’Istituto. Se queste norme
cambiano le norme delle Costituzioni si richiede che siano approvate dalla
Sede Apostolica.
Se non modificano le norme delle Costituzioni non c’è necessità di ricorrere
alla Santa Sede.
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A livello giuridico:
- Il Capitolo è una assemblea deliberativa con potestà legislativa e
decisionale.
- Le Assemblee sono un organo consultivo: possono dare parere,
suggerimenti. Mai possono legiferare.
Il diritto proprio deve determinare con esattezza questi elementi, così come la
loro natura e composizione, il modo di procedere, il tempo della celebrazione.
Principio generale:
- i beni temporali degli istituti religiosi sono beni ecclesiastici
- sono retti dalle disposizioni del Libro V
- ogni istituto stabilisca opportune norme circa l’uso e l’amministrazione
dei beni.
Sono beni ecclesiastici che giustificano la loro esistenza nella Chiesa per tre
motivazioni:
- sostentamento dei membri dell’Istituto
- opere apostoliche dell’Istituto
- atti di culto e carità
Eccessiva accumulazione dei beni: l’Istituto può tenere dei fondi, ma devono
essere consoni con la povertà. Non accumulare per tenere, ma destinare ad
una specifica missione.
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proprio potrebbe limitare la capacità giuridica di alcune di queste persone
circa acquisto, possesso, amministrazione e alienazione dei beni.
Alcune raccomandazioni:
- si adoperino per dare una testimonianza collettiva di carità
- destinino qualcosa dei propri beni per le necessità della Chiesa e per
contribuire a soccorrere i bisognosi
Nei preventivi/bilanci, una voce deve essere sempre la condivisione dei beni
con la Chiesa particolare e con i poveri. Il quantitativo viene determinato dalla
normativa di ogni organismo e anche dalla capacità reale dell’ente.
L’economo
In ogni istituto, così come in ogni Provincia retta da un Superiore maggiore
occorre questa figura. C’è chi lo chiama “amministratore”, anche se il CIC
parla di Economo.
È una figura che amministra i beni sotto la direzione del rispettivo Superiore.
Nelle comunità locali va istituito per quanto possibile un economo distinto dal
Superiore locale.
Canone 636:
Can. 636 - §1. In ogni istituto, e parimenti in ogni provincia retta da un Superiore
maggiore, ci sia l'economo, costituito a norma del diritto proprio e distinto dal Superiore
maggiore, per amministrare i beni sotto la direzione del rispettivo Superiore. Anche nelle
comunità locali si istituisca, per quanto è possibile, un economo distinto dal Superiore
locale.
§2. Nel tempo e nel modo stabiliti dal diritto proprio gli economi e gli altri
amministratori presentino all'autorità competente il rendiconto dell'amministrazione da
loro condotta.
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Al Superiore compete la direzione, l’indirizzo e i principi.
All’Economo compete seguire la direzione stabilita dal Superiore e
amministrare secondo quanto stabilito dal Superiore.
Nelle visite il Superiore controlla l’economia, ma per fare questo non sempre
è preparato nelle questioni economiche.
Il Consiglio non gode di alcuna potestà: dunque l’Economo non può esservi
sottomesso. Il Superiore è colui che ha potestà di governo e dunque la
potestà di determinare la direzione, i principi e le decisioni che poi come
ultimo responsabile assumerà a livello canonico.
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Il legislatore concede questa dispensa alla norma per la difficoltà
consapevole che non in tutte le case ci può essere una persona idonea a
questo compito.
Questa è l’eccezione e non la normalità.
La coincidenza della stessa persona fisica è una eccezione: sono due servizi
diversi.
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Alienazione
Per i monasteri sui iuris e per gli istituti di diritto diocesano è necessario
anche il consenso scritto dell’Ordinario del luogo.
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Va richiesta anche la perizia che dia il valore di mercato del bene. Oltre alle
perizie il Superiore deve indicare anche il prezzo di vendita che non potrà
essere inferiore a quello della perizia.
Per i monasteri sui iuris e per gli istituti di diritto diocesano occorre il
consenso scritto dell’Ordinario del Luogo.
Can. 639 - §1. Se una persona giuridica ha contratto debiti e oneri, anche con licenza
dei Superiori, è tenuta a risponderne in proprio.
§2. Se un religioso con licenza del Superiore ha contratto debiti e oneri sui beni propri,
ne deve rispondere personalmente; se invece per mandato del Superiore ha concluso un
negozio dell'istituto, è l'istituto che ne deve rispondere.
§3. Se un religioso li ha contratti senza alcuna licenza dei Superiori, è lui stesso, e non la
persona giuridica, a doverne rispondere.
§4. Rimanga fermo tuttavia che si può sempre intentare un'azione contro colui il cui
patrimonio si è in qualche misura avvantaggiato in seguito a quel contratto.
§5. I Superiori religiosi si astengano dall'autorizzare a contrarre debiti, a meno che non
consti con certezza che l'interesse del debito si potrà coprire con le rendite ordinarie, e
che l'intero capitale si potrà restituire entro un tempo non troppo lungo con una legittima
ammortizzazione.
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§4. Rimanga fermo tuttavia che si può sempre intentare un'azione contro
colui il cui patrimonio si è in qualche misura avvantaggiato in seguito a quel
contratto.
L’Istituto può fare una causa contro il rappresentante legale che senza alcuna
Licenza ha venduto.
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Capitolo III (Cann. 641 - 645)
AMMISSIONE DEI CANDIDATI E FORMAZIONE DEI MEMBRI
Ammissione al noviziato
Can. 641 - Il diritto di ammettere i candidati al noviziato spetta ai Superiori maggiori a
norma del diritto proprio.
Can. 642 - I Superiori ammettano con la più attenta cura soltanto coloro che, oltre all'età
richiesta, abbiano salute, indole adatta e la maturità sufficiente per assumere il genere di
vita proprio dell'istituto; la salute, l'indole e la maturità siano anche verificati,
all'occorrenza, da esperti, fermo restando il disposto del can. 220.
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Qualità del candidato
- cattolico: battezzato nella Chiesa cattolica o in esso accolto e aver
ricevuto la Confermazione
- retta intenzione: molte volte non è oggetto di discernimento nella
ammissione. Va verificata la retta intenzione dell’individuo, che
l’intenzione della persona che chiede coincida con quella dell’Istituto.
- Età necessaria
- Salute e carattere adeguato
- Qualità sufficienti: in rapporto all’Istituto e alla vita consacrata specifica
di quell’Istituto.
- Maturità per assumere il genere di vita dell’Istituto
Per poter verificare alcune di queste qualità si può far riferimento a degli
esperti, fermo restando l’obbligo di non ledere illegittimamente la buona fama
o l’intimità. Molte volte i formatori non rispettano i diritti della persona.
Can. 642 - I Superiori ammettano con la più attenta cura soltanto coloro che, oltre all'età
richiesta, abbiano salute, indole adatta e la maturità sufficiente per assumere il genere di
vita proprio dell'istituto; la salute, l'indole e la maturità siano anche verificati,
all'occorrenza, da esperti, fermo restando il disposto del can. 220.
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L’elemento della salute è in riferimento al tipo di vita condotto nell’Istituto.
Si tratta anche della salute fisica e psichica. Per la malattia psichica si può
ricorrere agli esperti.
Sarebbe interessante non accontentarsi del certificato medico presentato dal
candidato, ma farlo visitare da una equipe medica dell’Istituto per accertare la
buona saluta fisica e psichica.
Il Superiore deve comprovare che non ha alcuna infermità che possa essere
un ostacolo per poter vivere la vita e realizzare la missione dell’Istituto.
L’indole
Si vuole fare riferimento al carattere, temperamento, personalità, qualità.
Atteggiamenti e inclinazioni del candidato.
È importante la tappa precedente al noviziato, così da verificare questa
inclinazione.
Nel campo della formazione non si fanno sconti.
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Gli esperti devono essere prudenti, specialisti di vita cristiana, di principi
morali cristiani.
Prima di questa età è difficile che una persona possa acquistare la maturità
richiesta per poter iniziare il noviziato. È un’età che si applica a tutti gli Istituti.
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È dispensabile dalla Santa Sede: il Superiore generale fa una richiesta
motivata al Dicastero competente con il quale chiede la dispensa, motivando
con idonea documentazione la sua richiesta.
Qui il vincolo è in atto. Non si può professare nello stesso tempo in due
Istituti. Il legislatore stabilisce il divieto della doppia appartenenza.
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Cessa con la dissoluzione del vincolo, professione o incorporazione:
- uscita volontaria durante la professione
- uscita alla fine della professione temporanea
- non ammissione alla rinnovazione o alla professione perpetua
- dimissione non ipso facto
- dimissione ipso facto
Can. 688 - §1. Colui che, scaduto il tempo della professione, vuole uscire dall'istituto, lo
può abbandonare.
§2. Chi durante la professione temporanea per grave causa chiede di lasciare l'istituto
può ottenere il relativo indulto dal Moderatore supremo con il consenso del suo
consiglio se si tratta di istituto di diritto pontificio; ma negli istituti di diritto diocesano e
nei monasteri, di cui nel can. 615, l'indulto, per essere valido, deve essere confermato dal
Vescovo della casa di assegnazione.
Can. 689 - §1. Allo scadere della professione temporanea, un religioso può essere
escluso dall'emettere la successiva professione, se sussistono giuste cause, da parte del
Superiore maggiore competente, udito il suo consiglio.
§2. Una infermità fisica o psichica, anche contratta dopo la professione, quando a
giudizio dei periti rende non idoneo alla vita nell'istituto il religioso di cui nel §1,
costituisce motivo per non ammetterlo a rinnovare la professione o ad ammettere la
professione perpetua, salvo il caso che l'infermità sia dovuta a negligenza da parte
dell'istituto, oppure a lavori sostenuti nell'istituto stesso.
§3. Se però il religioso, durante i voti temporanei, diventa demente, anche se non è in
grado di emettere la nuova professione, non può tuttavia essere dimesso dall'istituto.
Can. 695 - §1. Un religioso deve essere dimesso dall'istituto per i delitti di cui nei cann.
1397, 1398 e 1395 a meno che, per i delitti di cui nel can. 1395, §2, il Superiore non
ritenga che la dimissione non sia del tutto necessaria e che si possa sufficientemente
provvedere in altro modo sia alla correzione del religioso e alla reintegrazione della
giustizia, sia alla riparazione dello scandalo.
§2. In tali casi il Superiore maggiore, raccolte le prove relative ai fatti e alla imputabilità,
renda note al religioso da dimettere e l'accusa e le prove, dandogli facoltà di difendersi.
Tutti gli atti, sottoscritti dal Superiore maggiore e dal notaio, siano trasmesse al
Moderatore supremo insieme con le risposte del religioso, verbalizzate e dal religioso
stesso sottoscritte.
Can. 696 - §1. Un religioso può essere dimesso anche per altre cause purché siano gravi,
esterne, imputabili e comprovate giuridicamente, come ad esempio: la negligenza
abituale degli obblighi della vita consacrata; le ripetute violazioni dei vincoli sacri; la
disobbedienza ostinata alle legittime disposizioni dei Superiori in materia grave; un
grave scandalo derivato dal comportamento colpevole del religioso; l'ostinato appoggio
o la propaganda di dottrine condannate dal magistero della Chiesa; l'adesione pubblica a
ideologie inficiate di materialismo o di ateismo; l'assenza illegittima, di cui nel can. 665,
§2, protratta per sei mesi; altre cause di simile gravità eventualmente determinate nel
diritto proprio dell'istituto.
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§2. Per la dimissione di un religioso di voti temporanei sono sufficienti anche cause di
minore gravità, stabilite dal diritto proprio.
Can. 703 - In caso di grave scandalo esterno, o di un gravissimo danno imminente per
l'istituto, il religioso può essere espulso dalla casa religiosa immediatamente, da parte del
Superiore maggiore oppure, qualora il ritardo risultasse pericoloso, dal Superiore locale
con il consenso del suo consiglio. Il Superiore maggiore, se necessario, curi che si
istruisca il processo di dimissione a norma del diritto, oppure deferisca la cosa alla Sede
Apostolica.
La difficoltà sta nel dimostrare che hai chiesto di essere ammesso con
violenza o con timore grave.
Il legislatore vuole tutelare la libertà della persona, pena la nullità, per evitare
che all’interno del noviziato ci siano persone che vivono una vita che non
desiderano.
Violenza:
• è la forza estrinseca al candidato o Superiore a cui non si può resistere
adeguatamente
• si può sperimentare nel foro interno o esterno
• invincibilità deve essere assoluta o oggettiva
Grave timore:
• è il tremolio mentale, per un motivo imminente o futuro che suscita nella
persona la mancanza di libertà nel momento di fare un atto giuridico
• deve essere grave, sufficiente per togliere la libertà nella persona
• estrinseco, ingiusto, assoluto o relativo, diretto o indiretto
Inganno:
• è ogni atto che si mette in atto con l’intenzione di ingannare l’altro,
affinché faccia un atto che in circostanza normale non avrebbe fatto
• deve essere di una certa entità e deve interferire nella sostanza dell’atto
• l’atto è nullo per diritto naturale e canonico, canone 126, perché l’errore,
l’inganno si è convertito nella causa dell’atto
Questo impedimento cessa per rimozione verificata della causa che ha fatto
indurre al candidato o Superiore nell’atto.
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Non può essere dispensato dalla Santa Sede finché il vizio sussiste.
Cessano per dispensa della norma delle Costituzioni da parte della Sede
Apostolica.
Can. 644 - I Superiori non ammettano al noviziato chierici secolari senza consultare il
loro proprio Ordinario, né persone gravate di debiti e incapaci di estinguerli.
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Occorre anche tener conto delle ripercussioni pastorali nella diocesi.
Non si devono ammettere al noviziato delle persone con debiti che non
possono pagare.
Ammettendo la persona e sapendo che ha debiti, non è corretto che un
Istituto si accolli debiti di altra persona. Se l’Istituto sa che una persona ha
debiti e lo ammette, ci sarà un accordo per pagare.
Il noviziato
Il noviziato è il periodo di formazione iniziale con il quale inizia la vita
nell’Istituto.
Casi particolari
- Un candidato può fare il noviziato in un’altra casa dell’istituto sotto la guida
di un religioso provato, che faccia le veci del maestro dei novizi: a modo di
eccezione, su concessione del Moderatore supremo (es. generale) con il
consenso del suo consiglio.
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- Gruppo dei novizi, per determinati periodi di tempo, può dimorare in un’altra
casa dell’istituto da lui stesso designata per determinati periodi di tempo, con
il permesso del Superiore maggiore (es. provinciale)
Si è stabilito come nelle Costituzioni che durerà due anni e durante questo
periodo di tempo i novizi possono fare un’esperienza apostolica fuori della
casa del noviziato e in altre comunità.
Quanto tempo deve durare il noviziato? Non deve durare più di due anni: 24
mesi.
Il diritto proprio deve stabilire la durata del noviziato: o 12 o 24 mesi.
Fuori dalla comunità del noviziato può passare uno o più periodi di
esercitazioni apostoliche per integrare la formazione dei novizi.
Il noviziato non può essere prolungato oltre i due anni, ma si può protrarre
per altri sei mesi in via eccezionale.
La proroga è una possibilità che il legislatore concede all’Istituto per aiutare
una persona in un cammino di discernimento a maturare. Non è uno
strumento punitivo, ma per aiutare la persona e l’istituto nel discernimento
vocazionale.
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Il maestro
- a lui compete la direzione dei novizi, sotto l’autorità dei Superiori
maggiori
- deve essere un membro dell’Istituto che abbia emesso i voti perpetui e
sia stato legittimamente designato
- si possono assegnare degli aiutanti i quali devono sottostare a lui per
quanto riguarda la direzione del noviziato e il regolamento della
formazione.
I novizi
devono essere aiutati a:
- coltivare virtù umane e cristiane
- introdotti in un più impegnativo cammino di perfezione mediante
l’orazione e il rinnegamento di sé
- guidati alla contemplazione del mistero della salvezza e alla lettura e
meditazione delle sacre Scritture; preparati a rendere culto a Dio nella
sacra Liturgia
- formati alle esigenze della vita consacrata a Dio e agli uomini in Cristo
attraverso la pratica dei consigli evangelici
- informati sull’indole e lo spirito, finalità e disciplina, storia e vita
dell’istituto, ed educati all’amore verso la Chiesa e i suoi sacri Pastori
Can. 652 - §1. Spetta al maestro e ai suoi aiutanti discernere e verificare la vocazione dei
novizi e gradatamente formarli a vivere la vita di perfezione secondo le norme proprie
dell'istituto.
§2. I novizi devono essere accompagnati nel coltivare le virtù umane e cristiane;
introdotti in un più impegnativo cammino di perfezione mediante l'orazione e il
rinnegamento di sé; guidati alla contemplazione del mistero della salvezza e alla lettura e
meditazione delle sacre Scritture; preparati a rendere culto a Dio nella sacra liturgia;
formati alle esigenze della vita consacrata a Dio e agli uomini in Cristo attraverso la
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pratica dei consigli evangelici; istruiti infine sull'indole e lo spirito, le finalità e la
disciplina, la storia e la vita dell'istituto, ed educati all'amore verso la Chiesa e i suoi
sacri Pastori.
§3. I novizi, consapevoli della propria responsabilità, collaborino attivamente con il
proprio maestro in modo da rispondere fedelmente alla grazia della vocazione divina.
§4. I membri dell'istituto si impegnino nel cooperare alla formazione dei novizi, per la
parte che loro spetta, con l'esempio della vita e con la preghiera.
§5. Il tempo di noviziato, di cui al can. 648, §1, sia dedicato all'opera di formazione vera
e propria; perciò i novizi non siano occupati in studi o incarichi non direttamente
finalizzati a tale formazione.
Professione religiosa
La professione religiosa si assume con voto pubblico.
Il novizio si incorpora alla Congregazione.
Professione con voto pubblico dei tre consigli evangelici di povertà, castità e
obbedienza. Sono consacrati a Dio mediante il ministero della Chiesa.
Il voto pubblico è quello che viene accolto a nome della Chiesa. Se non viene
accolto a nome della Chiesa sarà un voto privato.
Vengono incorporati all’istituto con i diritti e doveri definiti giuridicamente.
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Lunedì 29 Novembre 2021
Le tappe previe non sono rilevanti per contare gli anni di professione: questi
si iniziano a contare dal momento in cui viene emessa la prima professione
temporanea.
La professione temporanea
Storicamente è recente: prima del Codice del 1917 c’erano istituti che non
avevano accolto questo istituto. Nasce con i gesuiti.
Viene concepita come una professione che per il candidato era perpetua, ma
l’Istituto teneva la possibilità di rimandare nel mondo la persona.
È obbligatoria per tutti gli Istituti religiosi secolari e SVA.
Dopo aver finito il noviziato, la persona si inserisce in una forma più visibile
nella realtà dell’Istituto.
Non c’è una norma generale per tutti gli Istituti circa la durata. Alcuni
rinnovano annualmente dopo la richiesta del candidato e questa è una delle
forme più opportune, anche per la persona che così è chiamata a riflettere
sulla sua idoneità.
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giova né alla persona né alla scelta. Se fosse meno di tre anni occorre la
dispensa della Santa Sede e va motivato.
I tre anni in più è una eccezione: la proroga non viene mai considerata come
norma comune: è un tempo di grazia concesso al professo temporaneo per
una maturazione della propria decisione.
Si può prorogare, ma non bisogna superare i nove anni di professione
temporanea.
Se il candidato o l’Istituto dopo nove anni non intendono andare avanti, che
senso ha prorogare ancora?
Ma esiste la possibilità di chiedere una dispensa alla Santa Sede perché
possa prorogare ancora un anno il processo di maturazione e fare un decimo
anno di professione temporanea. È evidentemente una eccezione.
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un membro dell’Istituto, si parla di “un altro” come può essere il parroco
o altra persona alla presenza di due testimoni. Importante che ci sia la
Delega da conservarsi nell’archivio, e il verbale di professione firmato.
Can. 657 - §1. Allo scadere del tempo per il quale fu emessa la professione il religioso
che lo richiede spontaneamente ed è ritenuto idoneo sia ammesso alla rinnovazione della
professione o alla professione perpetua; altrimenti deve lasciare l'istituto.
Non è corretto aspettare i nove anni per dire alla persona che non è idonea.
Se ci sono dubbi, difficoltà, è bene farlo presente senza aspettare l’ultimo
momento per dire di andarsene.
La professione perpetua
Can. 658 - Oltre alle condizioni di cui al can. 656, nn. 3, 4 e 5 e ad altre apposte dal
diritto proprio, per la validità della professione perpetua si richiede:
1) età di almeno 21 anni compiuti;
2) la previa professione temporanea di almeno tre anni, salvo il disposto del can. 657,
§3.
La professione perpetua può essere anticipata per giusta causa, ma non oltre
un trimestre.
Per l’anticipazione della professione basta che lo decida il Superiore
maggiore competente.
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Lunedì 6 dicembre 2021
DOVERI
Can. 662 - I religiosi abbiano come suprema regola di vita la sequela di Cristo proposta
dal Vangelo ed espressa nelle costituzioni del proprio istituto.
Can. 663 - §1. Primo e particolare dovere di tutti i religiosi deve essere la
contemplazione delle realtà divine e la costante unione con Dio nell'orazione.
§2. I religiosi per quanto è possibile partecipino ogni giorno al Sacrificio eucaristico,
ricevano il Corpo santissimo di Cristo e adorino lo stesso Signore presente nel
Sacramento.
§3. Attendano alla lettura della sacra Scrittura e all'orazione mentale, alla dignitosa
celebrazione della liturgia delle ore secondo le disposizioni del diritto proprio, fermo
restando per i chierici l'obbligo di cui nel can. 276, §2, n. 3 e compiano gli altri esercizi
di pietà.
§4. Onorino con culto speciale, anche con la pratica del rosario mariano, la Vergine
Madre di Dio, modello e patrona di ogni vita consacrata.
§5. Osservino fedelmente i tempi annuali di sacro ritiro.
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Per i chierici l’obbligo di cui al canone 276 §2, n.3
Can. 664 - I religiosi siano perseveranti nella conversione dell'animo a Dio, attendano
anche all'esame quotidiano di coscienza e si accostino con frequenza al sacramento
della penitenza.
Can. 665 - §1. I religiosi devono abitare nella propria casa religiosa osservando la vita
comune e non possono assentarsene senza licenza del proprio Superiore. Se poi si tratta
di una assenza prolungata, il Superiore maggiore, con il consenso del suo consiglio e per
giusta causa, può concedere a un religioso di vivere fuori della casa dell'istituto, ma non
oltre un anno, a meno che ciò non sia per motivo di infermità, di studio o di apostolato
da svolgere a nome dell'istituto.
§2. Il religioso che si allontana illegittimamente dalla casa religiosa, con l'intenzione di
sottrarsi alla potestà dei Superiori, deve essere da questi sollecitamente ricercato e
aiutato, perché ritorni e perseveri nella propria vocazione.
Il Superiore maggiore per giusta causa e con il consenso del suo consiglio
può concedere un’assenza per un tempo non superiore ad un anno.
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Si parla di “causa giusta”: non c’è un elenco di motivi e pertanto questo
rimane demandato al discernimento del Superiore maggiore competente.
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Vita consecrata 25
Sempre, ma specialmente nella cultura contemporanea, spesso così secolarizzata e
tuttavia sensibile al linguaggio dei segni, la Chiesa deve preoccuparsi di rendere visibile
la sua presenza nella vita quotidiana. Un contributo significativo in tal senso essa ha
diritto di attendersi dalle persone consacrate, chiamate a rendere in ogni situazione una
concreta testimonianza della loro appartenenza a Cristo. Poiché l'abito è segno di
consacrazione, di povertà e di appartenenza ad una certa famiglia religiosa, insieme con i
Padri del Sinodo raccomando vivamente ai religiosi e alle religiose di indossare il
proprio abito, opportunamente adattato alle circostanze dei tempi e dei luoghi. Dove
valide esigenze apostoliche lo richiedano, essi, in conformità alle norme del proprio
Istituto, potranno anche portare un vestito semplice e decoroso, con un simbolo idoneo,
in modo che sia riconoscibile la loro consacrazione. Gli Istituti, che dall'origine o per
disposizione delle loro costituzioni non prevedono un abito proprio, abbiano cura che
l'abbigliamento dei loro membri risponda, per dignità e semplicità, alla natura della loro
vocazione.
Il diritto proprio potrà prevedere di non rinunciare totalmente ai beni: non per
scoraggiare, ma per far capire le ripercussioni che un’azione di questo tipo
può comportare per chi si sia lasciato trascinare da una “atmosfera” che poi
non “tiene” alla prova del tempo.
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Separazione e uscita dall’Istituto
La prima possibilità è il transito, canone 684
Un religioso di professione perpetua passa, “transita”, da un Istituto ad un
altro sia che questo sia di vita attiva o contemplativa.
Can. 684 - §1. Un professo di voti perpetui non può passare dal proprio a un altro istituto
religioso se non per concessione del Moderatore supremo dell'uno e dell'altro istituto,
previo consenso dei rispettivi consigli.
§2. Il religioso dopo avere trascorso un periodo di prova, che deve durare almeno tre
anni, può essere ammesso alla professione perpetua nel nuovo istituto. Se però egli non
vuole emettere tale professione o non vi è ammesso dai Superiori competenti, ritorni
all'istituto di provenienza, a meno che non abbia ottenuto l'indulto di secolarizzazione.
§3. Perché un religioso possa passare da un monastero sui iuris ad un altro dello stesso
istituto o della federazione oppure della confederazione, si richiede ed è sufficiente il
consenso del Superiore maggiore dell'uno e dell'altro monastero, oltre che del capitolo
del monastero che lo accoglie, salvi altri requisiti determinati dal diritto proprio; non si
richiede una nuova professione.
§4. Il diritto proprio determini la durata e le modalità del periodo di prova che deve
precedere la professione del religioso nel nuovo istituto.
§5. Per passare ad un istituto secolare o ad una società di vita apostolica, oppure da
questi ad un istituto religioso, è necessaria la licenza della Santa Sede, alle cui
disposizioni ci si deve attenere.
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Essendo uscita temporanea, la persona continua ad appartenere all’Istituto.
Esce, ma non viene svincolata dall’Istituto, mantiene la sua incorporazione
all’Istituto pur uscendo temporaneamente.
Can. 686 - §1. Il Moderatore supremo, col consenso del suo consiglio, per grave causa
può concedere ad un professo perpetuo l'indulto di esclaustrazione, tuttavia per non più
di tre anni, previo consenso dell'Ordinario del luogo in cui dovrà dimorare se si tratta di
un chierico. Una proroga dell'indulto, o una concessione superiore a tre anni, è riservata
unicamente alla Santa Sede, oppure al Vescovo diocesano se si tratta di istituti di diritto
diocesano.
§2. Spetta unicamente alla Sede Apostolica concedere l'indulto di esclaustrazione per le
monache.
§3. Su richiesta del Moderatore supremo con il consenso del suo consiglio,
l'esclaustrazione può essere imposta, dalla Santa Sede per un membro di istituto di diritto
pontificio, oppure dal Vescovo diocesano per un membro di istituto di diritto diocesano:
ciò per cause gravi, salva l'equità e la carità.
Esclaustrazione:
- volontaria: quando la persona la chiede al suo Moderatore Supremo il
quale con il consenso del suo consiglio può concederla per non più di
tre anni. La possono chiedere soltanto i professi perpetui, non i
temporanei. La “grave causa” non è specificata: deve essere
considerata tale sia dall’individuo che dall’Istituto.
- La persona perde la voce attiva e la voce passiva. Il Moderatore può
inserire anche altre clausole, come ad esempio l’uso o meno dell’abito.
- La persona ha il diritto di chiederla, ma non di ottenerla. E se non è un
diritto, neanche il Superiore deve giustificare il perché. Basta dire che
non la ritiene necessaria.
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Can. 687 - Il religioso esclaustrato è ritenuto esonerato dagli obblighi non compatibili
con la sua nuova situazione di vita; in ogni modo rimane sotto la dipendenza e la cura
dei suoi Superiori ed anche dell'Ordinario del luogo, soprattutto se si tratta di un
chierico. Può portare l'abito dell'istituto, a meno che non sia stabilito altrimenti
nell'indulto. Egli però manca di voce attiva e passiva.
L’indulto va chiesto:
- il professo temporaneo al Superiore maggiore
- il professo perpetuo può chiederlo alla Sede Apostolica. Il diritto
universale non concede al Moderatore supremo la potestà di
dispensare i voti. Il Superiore non ha alcuna potestà di decisione: riceve
la richiesta per trasmetterla alla Santa Sede insieme al parere del
Consiglio. Il parere è importante per il processo di discernimento: le
domande spesso sono molto brevi e sommariamente non dicono molto.
La Santa Sede potrà concederlo o meno, motivandolo.
Can. 692 - L'indulto di lasciare l'istituto, una volta legittimamente concesso e notificato
al religioso, se da lui non fu rifiutato all'atto della notificazione, comporta per il diritto
stesso la dispensa dai voti, come pure da tutti gli obblighi derivanti dalla professione.
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Lunedì 13 dicembre 2021
Can. 694n - §1. Si deve ritenere dimesso dall’istituto, per il fatto stesso, il religioso che:
1) abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica;
2) abbia contratto matrimonio o lo abbia attentato, anche solo civilmente;
3) si sia assentato dalla casa religiosa illegittimamente, ai sensi del can. 665 § 2, per
dodici mesi ininterrotti, tenuta presente l’irreperibilità del religioso stesso.
§2. In tali casi il Superiore maggiore con il proprio consiglio deve senza indugio,
raccolte le prove, emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione consti
giuridicamente.
§3. Nel caso previsto dal § 1 n. 3, tale dichiarazione per constare giuridicamente deve
essere confermata dalla Santa Sede; per gli istituti di diritto diocesano la conferma spetta
al Vescovo della sede principale.
Annoveriamo 3 tipologie:
1. ipso facto: la persona è dimessa automaticamente al compiere il delitto,
come aver contratto matrimonio o lo abbia attentato: occorre la prova
certa di quanto avvenuto con un semplice certificato. Con la prova è
sufficiente la dichiarazione di dimissione a norma del canone 694 §1.
Non è necessaria alcuna conferma da parte della Sede Apostolica.
Sarebbe opportuno, sebbene non obbligatorio, informare la Santa Sede
così che rimanga traccia negli archivi del dicastero.
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confermare occorre sia la dichiarazione di irreperibilità che la
dimissione dopo il compimento dei dodici mesi.
LETTERA APOSTOLICA
IN FORMA DI «MOTU PROPRIO»
DEL SOMMO PONTEFICE
FRANCESCO
COMMUNIS VITA
CON LA QUALE VENGONO MUTATE
ALCUNE NORME DEL CODICE DI DIRITTO CANONICO
Pertanto, fermo restando quanto stabilito dal diritto sulla dimissione dopo sei mesi di
assenza illegittima, al fine di aiutare gli istituti a osservare la necessaria disciplina e
poter procedere alla dimissione del religioso illegittimamente assente, soprattutto nei
casi di irreperibilità, ho deciso di aggiungere al can. 694 § 1 CIC tra i motivi di
dimissione ipso facto dall’istituto anche l’assenza illegittima prolungata dalla casa
religiosa, protratta per almeno dodici mesi continui, con la medesima procedura descritta
nel can. 694 § 2 CIC. La dichiarazione del fatto da parte del Superiore maggiore, per
produrre effetti giuridici, deve essere confermata dalla Santa Sede; per gli istituti di
diritto diocesano la conferma spetta al Vescovo della sede principale.
L’introduzione di questo nuovo numero al § 1 del can. 694 richiede, inoltre, una
modifica al can. 729 relativo agli istituti secolari, per i quali non si prevede
l’applicazione della dimissione facoltativa per assenza illegittima.
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Tutto ciò considerato, dispongo ora quanto segue:
Art. 1. Il can. 694 CIC è integralmente sostituito dal testo seguente:
§1. Si deve ritenere dimesso dall’istituto, per il fatto stesso, il religioso che:
1) abbia in modo notorio abbandonato la fede cattolica;
2) abbia contratto matrimonio o lo abbia attentato, anche solo civilmente;
3) si sia assentato dalla casa religiosa illegittimamente, ai sensi del can. 665 § 2, per
dodici mesi ininterrotti, tenuta presente l’irreperibilità del religioso stesso.
§2. In tali casi il Superiore maggiore con il proprio consiglio deve senza indugio,
raccolte le prove, emettere la dichiarazione del fatto perché la dimissione consti
giuridicamente.
§3. Nel caso previsto dal § 1 n. 3, tale dichiarazione per constare giuridicamente deve
essere confermata dalla Santa Sede; per gli istituti di diritto diocesano la conferma spetta
al Vescovo della sede principale.
Quanto deliberato con questa Lettera Apostolica in forma di Motu Proprio, ordino che
abbia fermo e stabile vigore, nonostante qualsiasi cosa contraria anche se degna di
speciale menzione, e che sia promulgato tramite pubblicazione su L’Osservatore
Romano, entrando in vigore il 10 aprile 2019, e quindi pubblicato nel commentario
ufficiale degli Acta Apostolicae Sedis.
Dato a Roma, presso San Pietro, il giorno 19 marzo dell’anno 2019, Solennità di San
Giuseppe, settimo di pontificato.
FRANCESCO
Can. 695 - §1. Un religioso deve essere dimesso dall'istituto per i delitti di cui nei cann.
1397, 1398 e 1395 a meno che, per i delitti di cui nel can. 1395, §2, il Superiore non
ritenga che la dimissione non sia del tutto necessaria e che si possa sufficientemente
provvedere in altro modo sia alla correzione del religioso e alla reintegrazione della
giustizia, sia alla riparazione dello scandalo.
§2. In tali casi il Superiore maggiore, raccolte le prove relative ai fatti e alla imputabilità,
renda note al religioso da dimettere e l'accusa e le prove, dandogli facoltà di difendersi.
Tutti gli atti, sottoscritti dal Superiore maggiore e dal notaio, siano trasmesse al
Moderatore supremo insieme con le risposte del religioso, verbalizzate e dal religioso
stesso sottoscritte.
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Questo canone 695 è in stretto rapporto con il libro VI sul diritto penale,
recentemente riformato.
Can. 1395 - § 1. Il chierico concubinario, oltre il caso di cui nel can. 1394, e il chierico
che permanga scandalosamente in un altro peccato esterno contro il sesto precetto del
Decalogo, siano puniti con la sospensione, alla quale si possono aggiungere
gradualmente altre pene, se persista il delitto dopo l’ammonizione, fino alla dimissione
dallo stato clericale.
§ 2. Il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se
invero il delitto sia stato compiuto pubblicamente, sia punito con giuste pene, non
esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti.
§ 3. Con la stessa pena di cui al § 2, sia punito il chierico che con violenza, con minacce
o con abuso di autorità commette un delitto contro il sesto comandamento del Decalogo
o costringe qualcuno a realizzare o a subire atti sessuali.
Can. 1397 - § 1. Chi commette omicidio, rapisce oppure detiene con la violenza o la
frode una persona, o la mutila o la ferisce gravemente, sia punito a seconda della gravità
del delitto con le pene di cui nel can. 1336, §§ 2-4; l’omicidio poi contro le persone di
cui nel can. 1370, è punito con le pene ivi e nel § 3 di questo canone stabilite.
§ 2. Chi procura l’aborto ottenendo l’effetto incorre nella scomunica latae sententiae.
§ 3. Se si tratta dei delitti di cui in questo canone, nei casi più gravi il chierico reo sia
dimesso dallo stato clericale.
Can. 1398 - § 1. Sia punito con la privazione dell’ufficio e con altre giuste pene, non
esclusa, se il caso lo comporti, la dimissione dallo stato clericale, il chierico:
1º che commette un delitto contro il sesto comandamento del Decalogo con un minore o
con persona che abitualmente ha un uso imperfetto della ragione o con quella alla quale
il diritto riconosce pari tutela;
2º che recluta o induce un minore, o una persona che abitualmente ha un uso imperfetto
della ragione o una alla quale il diritto riconosce pari tutela, a mostrarsi
pornograficamente o a partecipare ad esibizioni pornografiche reali o simulate;
3º che immoralmente acquista, conserva, esibisce o divulga, in qualsiasi modo e con
qualunque strumento, immagini pornografiche di minori o di persone che abitualmente
hanno un uso imperfetto della ragione.
§ 2. Il membro di un istituto di vita consacrata o di una società di vita apostolica, e
qualunque fedele che gode di una dignità o compie un ufficio o una funzione nella
Chiesa, se commette il delitto di cui al § 1, o al can. 1395, § 3, sia punito a norma del
can. 1336, §§ 2-4, con l’aggiunta di altre pene a seconda della gravità del delitto.
Si è modificata la legislazione.
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Il Superiore deve ottenere le prove circa il delitto commesso. Una volta
acquisite le prove, si procede ad aprire il processo e a nominare il notaio che
farà fede circa tutti gli atti del processo.
Si deve concedere sempre il diritto alla difesa per la validità del processo e
non si deve concedere mai oralmente: deve rimanere traccia.
Nel decreto, per la validità, deve essere sempre indicato il diritto di ricorso
entro 10 giorni dalla notifica.
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Dimissione facoltativa
Can. 696 - §1. Un religioso può essere dimesso anche per altre cause purché siano gravi,
esterne, imputabili e comprovate giuridicamente, come ad esempio: la negligenza
abituale degli obblighi della vita consacrata; le ripetute violazioni dei vincoli sacri; la
disobbedienza ostinata alle legittime disposizioni dei Superiori in materia grave; un
grave scandalo derivato dal comportamento colpevole del religioso; l'ostinato appoggio
o la propaganda di dottrine condannate dal magistero della Chiesa; l'adesione pubblica a
ideologie inficiate di materialismo o di ateismo; l'assenza illegittima, di cui nel can. 665,
§2, protratta per sei mesi; altre cause di simile gravità eventualmente determinate nel
diritto proprio dell'istituto.
§2. Per la dimissione di un religioso di voti temporanei sono sufficienti anche cause di
minore gravità, stabilite dal diritto proprio.
Non è un elenco tassativo, possono essere aggiunti anche altri motivi nel
diritto proprio.
Nel caso in cui la persona consacrata si trovi nelle fattispecie previste dal
legislatore o dal diritto proprio, il Superiore maggiore competente dovrebbe
convocare il suo consiglio e dialogare e discernere sulla opportunità o meno
di iniziare un processo di dimissione dall’istituto.
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Il computo del tempo: vanno contati bene 16 giorni, meglio un giorno in più.
Se non si è osservato il computo di almeno 15 giorni, la ammonizione
successiva non è valida.
Per evitare questo problema è meglio dire 16 giorni.
La motivazione della seconda ammonizione canonica deve essere la stessa
della prima.
Nel caso in cui la dimissione sia stata decisa in forma specifica dal Romano
Pontefice non c’è possibilità di ricorso.
Il canone 703
Can. 703 - In caso di grave scandalo esterno, o di un gravissimo danno imminente per
l'istituto, il religioso può essere espulso dalla casa religiosa immediatamente, da parte del
Superiore maggiore oppure, qualora il ritardo risultasse pericoloso, dal Superiore locale
con il consenso del suo consiglio. Il Superiore maggiore, se necessario, curi che si
istruisca il processo di dimissione a norma del diritto, oppure deferisca la cosa alla Sede
Apostolica.
Can. 703 - In caso di grave scandalo esterno, o di un gravissimo danno imminente per
l'istituto, il religioso può essere espulso dalla casa religiosa […]
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Anche il Superiore locale con il consenso del suo consiglio può espellere
dalla casa.
Chi esce dall’Istituto o viene dimesso legittimamente non può esigere nulla
all’istituto il quale, con equità e carità, provvederà al bisogno della persona.
I membri della SVA - non essendo istituto di vita consacrata - sono membri
senza voti religiosi: non fanno voto pubblico, altrimenti sarebbero religiosi.
Vivono in comune per la realizzazione dell’apostolato.
Gli istituti secolari vivono nel mondo e si adoperano per la santificazione del
mondo da dentro. Vivono in modo fraterno, ma non vivono in comune.
Lavorano e vivono nel mondo.
Pio XII li definì il lievito del mondo, che si diluiva nella realtà del mondo per
santificarlo.
Nelle SVA assumono i consigli evangelici con qualche vincolo stabilito nelle
costituzioni.
Can. 731 - §1. Agli istituti di vita consacrata si aggiungono le società di vita apostolica i
cui membri, senza voti religiosi, perseguono il fine apostolico proprio della società e
conducendo vita fraterna in comunità secondo un proprio stile, tendono alla perfezione
della carità mediante l'osservanza delle costituzioni.
§2. Fra queste vi sono società i cui membri assumono i consigli evangelici con qualche
vincolo definito dalle costituzioni.
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Gli istituti secolari possono essere:
- Clericali: può avere la incardinazione. La consacrazione nell’istituto
secolare non cambia il loro status.
Se non hanno la incardinazione, saranno incardinati nella Diocesi di
appartenenza e tra la Diocesi e l’istituto ci sarà un accordo.
Se c’è la incardinazione nell’istituto, questo può disporre di loro per
inviarli dove c’è bisogno. L’incardinazione è una grazia che viene
concessa dalla Santa Sede.
- laicali
Canone 573
Can. 573 - §1. La vita consacrata mediante la professione dei consigli evangelici è una
forma stabile di vita con la quale i fedeli, seguendo Cristo più da vicino per l'azione
dello Spirito Santo, si dànno totalmente a Dio amato sopra ogni cosa. In tal modo,
dedicandosi con nuovo e speciale titolo al suo onore, alla edificazione della Chiesa e alla
salvezza del mondo, siano in grado di conseguire la perfezione della carità nel servizio
del Regno di Dio e, divenuti nella Chiesa segno luminoso, preannuncino la gloria
celeste.
§2. Negli istituti di vita consacrata, eretti canonicamente dalla competente autorità della
Chiesa, una tale forma di vita viene liberamente assunta dai fedeli che mediante i voti, o
altri vincoli sacri a seconda delle leggi proprie degli istituti, professano i consigli
evangelici di castità, di povertà e di obbedienza e per mezzo della carità, alla quale essi
conducono, si congiungono in modo speciale alla Chiesa e al suo mistero.
Sono state introdotte nella legislazione poco a poco. C’è stato un dinamismo
nella vita ecclesiale.
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