Sei sulla pagina 1di 1

Dopo il genocidio subito dai Tutsi, comunque, il Fronte Patriottico Ruandese riuscì

a conquistare il potere in Ruanda, costringendo oltre due milioni di ruandesi di


etnia Hutu a fuggire nel confinante Zaire, dove ottennero l'appoggio del presidente
Mobutu. Alcuni rifugiati Hutu fondarono in Zaire delle armate, che svolgevano
operazioni di guerriglia ai danni dei Tutsi. Il Ruanda, il Burundi e l'Uganda,
anche per difendere la minoranza dei Tutsi congolesi Banyamulenge, che era
perseguitata dai guerriglieri Hutu favorevoli a Mobutu, invasero lo Zaire
appoggiando la guerra di liberazione contro Mobutu guidata da Laurent-Désiré
Kabila.

Nel 1997 Laurent Kabila ottenne la vittoria contro Mobutu, e divenne presidente
della Repubblica Democratica del Congo, ex Zaire. In Ruanda furono avviati i primi
processi per stabilire i responsabili del genocidio, ma dovettero subire rinvii a
causa della mancanza di giudici. Un primo processo si concluse nel 1998; furono
condannate ventidue persone considerate colpevoli di genocidio.

Nel luglio 1998, Laurent Kabila ingiunse agli eserciti di Ruanda e Burundi di
abbandonare il Kivu, la regione congolese abitata dai Tutsi Banyamulenge, ma al
loro rifiuto cominciò la seconda guerra del Congo, che vide il coinvolgimento di
molti Stati africani.

Nell'aprile del 2000 il capo del FPR, Paul Kagame, è stato eletto presidente della
Repubblica, e nel luglio del 2002 ha siglato un armistizio con la Repubblica
Democratica del Congo. Contemporaneamente, le truppe stanziate nella Repubblica
Democratica del Congo sono rientrate in patria. Le tensioni sono ancora vive
(ribelli hutu attivi in territorio congolese), ma esiste anche un serio desiderio
di riappacificazione, come si è notato il 20 novembre 2002 in occasione di un
concerto reggae che ha riunito venticinquemila persone di entrambe le etnie.

Nel 2003 le istituzioni politiche sono state modificate e approvate con il


referendum del 26 maggio. Nel luglio dello stesso anno si sono tenute le elezioni
presidenziali, che hanno riconfermato la carica a Kagame, e in settembre quelle
legislative, che hanno visto il trionfo del Fronte Patriottico Ruandese.
L'amministrazione statunitense ha considerato queste elezioni "un importante passo
verso la riconciliazione e la democrazia", mentre altre organizzazioni, tra cui la
Chiesa cattolica e Amnesty International, sono rimaste perplesse dei risultati.
Kagame vinse con il 94,3% di voti favorevoli, mentre il suo "principale"
avversario, Faustin Twagiramungu, si fermò al 3,5% circa e contestò il risultato.
Secondo le dichiarazioni di alcuni esponenti di Amnesty, il governo di Paul Kagame
avrebbe sciolto già nel mese di aprile 2003 il partito principale di opposizione e
obbligato la popolazione a iscriversi al FPR. Alcuni arrivarono a parlare persino
di repressione politica.[9][10] La responsabilità delle istituzioni e di alcune
nazioni occidentali, che non si mobilitarono per fermare il genocidio, è stata
ricordata dal presidente Kagame nel corso delle celebrazioni per il decimo
anniversario dei massacri, nell'aprile del 2004.

Nel frattempo, avanzano i processi dei colpevoli, condotti dal Tribunale Penale
Internazionale per il Ruanda (TPIR), alcuni dei quali si sono conclusi solo in
tempi recenti. Per esempio, quello del colonnello Aloys Simba, condannato, il 12
dicembre 2005 a 25 anni di carcere per genocidio e crimini contro l'umanità e
quello dell'ex sindaco della città di Gikoro, Paul Bisengimana, arrestato in Mali
cinque anni prima e condannato il 14 aprile 2006 a 15 anni di prigione. Nel
settembre del 2005 il Tribunale della comunità (gacaca) ha concesso a 774
prigionieri di lavorare alla costruzione di strade come pena alternativa alla
detenzione in carcere.

Anni 2010

Potrebbero piacerti anche