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Già l’incipit della Metafisica di Aristotele preme su uno dei fattori più importanti e
che illumina uno dei tanti accidenti dell’essere umano in-sé.
Non possiamo esimerci dal ricordare: la volontaria non curanza della memoria si
potrebbe equiparare all’abbandono del proprio “habitat”, al venir meno della propria
natura, ad una regressione morale cieca di fronte alla storia biologico/evolutiva.
Per poter far ricredere chi ancora oggi nega tutti gli orrori perpetrati durante la
Seconda Guerra Mondiale e non solo, ci viene in aiuto ancora una volta un passo del
filosofo Stagirita, la memoria non sarebbe niente senza l’uso ausiliario di un senso in
particolare: la vista.
“Il motivo è che, mostrando la molteplicità delle differenze, la vista fa acquisire più delle altre
sensazioni nuove conoscenze.”
Tra letteratura e cinema ognuna di esse presenta una storia, una pagina, una pellicola
a testimoniare le brutalità subìte sugli uomini. L’Olocausto, quindi, non solo come
Shoah.
Questa è raccontata, infine, in una delle più grandi opere memorialistiche del XX
Secolo: Se questo è un uomo di Primo Levi, scritta tra il gennaio ’45 e il dicembre ’47
e rappresenta la coinvolgente testimonianza di quanto vissuto dall’autore nel campo
di concentramento di Buna-Monowitz. Già alcuni dei versi introduttivi dell’opera,
ispirati ad un’antica preghiera ne spiegano il titolo:
Alcuni passi dell’opera hanno ispirato il titolo del film La vita è bella, diretto ed
interpretato da Roberto Benigni e vincitore di tre premi Oscar.
Ancora, la storia di Oskar Schindler ha consacrato definitivamente Steven Spielberg
come regista, infatti nel 1997 esce nelle sale Schindler’s List considerato uno dei
migliori film della storia del cinema.