Il libro “la masseria delle allodole” è stato scritto da Antonia
Arslan. La prima edizione è uscita nel 2004, a Milano, casa editrice Rizzoli.
Antonia Arslan (Padova, 1938) è una scrittrice, traduttrice e
accademica italiana con origini armene. E' stata professoressa di Letteratura italiana moderna e contemporanea all'Università degli Studi di Padova. È autrice di saggi sulla narrativa popolare e d'appendice (Dame, droga e galline. Il romanzo popolare italiano fra Ottocento e Novecento) e sulla galassia delle scrittrici italiane (Dame, galline e regine. La scrittura femminile italiana fra '800 e '900). Nel 2004 ha scritto il suo primo romanzo, La masseria delle allodole, pubblicato da Rizzoli, che ha vinto il Premio Stresa di narrativa ed è stato finalista del Premio Campiello e che tre anni dopo è stato portato sul grande schermo dai fratelli Taviani.
Il libro è un romanzo storico.
Nel prologo Antonia racconta un episodio della sua infanzia: la
sua prima volta in chiesa. La accompagna sua zia Henriette, ma è suo nonno Yerwant a portarla dentro a farle “incontrare” Sant'Antonio. Dopo una riflessione Antonia comincia a raccontare, da narratore onnisciente, la diaspora della sua famiglia. Nella prima parte siamo in una piccola cittadina dell'Anatolia, nel 1914, la Grande Guerra incombe, ma per Sempad, e suo fratello Yerwant emigrato in Italia, la vita insieme alla sua numerosa famiglia è tranquilla; anzi, Sempad è felice, perché suo fratello gli ha scritto che andrà a trovarlo insieme alla moglie e ai figli avuti in Italia. Così si preparano per accoglierli degnamente. Ma nei mesi di attesa alcuni presagi oscuri preannunciano un cupo futuro: il vecchio capofamiglia Hamparzum ha terribili visioni in punto di morte, al governo dell'Impero Ottomano sono saliti dei nazionalisti e un giovane soldato turco di nome Djelal che fa la corte ad Azniv, figlia di Sempad, cerca inutilmente di avvisarla . Tutto si concretizza con la chiusura della frontiera il 23 Maggio 1915, che impedisce al disperato Yerwant di raggiungere il fratello, e con la riunione e l'esecuzione il 25 Maggio di tutti gli uomini armeni; neanche Sempad con la sua famiglia e i suoi amici, che si erano rifugiati alla Masseria, ha scampo. Tutti i maschi, anche i bambini, vengono assassinati, mentre le donne, le bambine e gli anziani non vengono a sapere niente. Allora ai restanti Armeni viene ordinato di abbandonare la piccola città entro 36 ore; verranno “scortati” fino alla città di Aleppo, per “precauzione” in vista della guerra appena iniziata. Nella seconda parte gli Armeni che lasciano la città formano una carovana e si dirigono verso Aleppo. Solo la famiglia di Sempad sospetta qualcosa, fino a quando non iniziano le incursioni dei banditi curdi, d'accordo con i Turchi, che si susseguono regolari nella carovana e in tutte le altre carovane armene composte solo da donne vecchie bambine, che si stanno spingendo verso Aleppo. Le razzie, le violenze dei soldati turchi e la scarsità di cibo riducono gli Armeni in uno stato miserabile. Nel mentre Yerwant cerca invano di scoprire cosa sta succedendo nella sua terra d'origine, fino a che non arriva una lettera dal suo parente che vive ad Aleppo, Zareh. È una letterà in codice, e dopo averlo decifrato, Yerwant manda una lettera piena di domande. La risposta conferma i suoi più grandi timori e anche di più; i terribili avvenimenti sconvolgeranno Yerwant per sempre. Dopo giorni di marcia, gli Armeni arrivano alla città di Konya. Qui li stanno aspettando Ismene, Isacco e Nazim, amici della famiglia, ma poiché non sono armeni non sono stati catturati e hanno preceduto la carovana per poter dare aiuto. Nazim si rivela molto utile in quanto riesce ad ottenere l'aiuto della Confraternita dei Mendicanti. Quando la decimata carovana si rimette in moto, il terzetto si muove per precederli direttamente ad Aleppo. Dopo circa un mese dalla partenza dalla piccola città, la carovana armena è giunta ad Aleppo, dopo aver attraversato le montagne ed essersi ridotta da duemila persone a poche centinaia. Le condizioni degli Armeni, igieniche, fisiche e psicologiche, sono terribili. Ismese rintraccia Zareh e con lui progetta un piano di fuga, Nazim ritrova Djelal e lo convince ad aiutarlo e Isacco si infiltra nel campo dove tutti gli Armeni vengono tenuti prigionieri e informa Shushaning e Azniv, le uniche adulte sopravvissute della famiglia, del piano di salvataggio. Zareh è un medico, e con una falsa scusa entra nel campo con la carrozza in cui è stato contruito un doppio fondo. Il terzetto comincia a far salire la famiglia sulla carrozza, ma verrebbero scoperti, se Azniv non distraesse i soldati, sarificandosi per salvare gli altri. Quello che resta della famiglia, Shushaning, la moglie di Sempad e i suoi tre piccoli nipoti, Arussiang, Henriette e Nubar, si nascondono in casa di Zareh, che essendo il medico di fiducia dell'ambasciatore francese, non viene arrestato. Dopo qualche mese la famiglia emigra in Italia, raggiungendo Yerwant. Ismene, Isacco, Nazim e Zareh rimangono invece in patria.
La parte che più mi è piaciuta è il secondo capitolo del libro,
dove si racconta la vita delle donne della famiglia; la madre Shushaning che tiene insieme tutti i sopravissuti, nonostante il terribile trauma della terribile morte del marito Sempad. Le zie Azniv e Veron , che con la forza della gioventù la aiutano a proteggere i più piccoli, compreso l’unico maschio sopravissuto Nubar, la aiuterrano sino all’estremo sacrificio di Azniv, uccisa per proteggere la fuga degli altri. Probabilmente mi è piacuta di più perché ha una narrazione più fluida, dove gli eventi si susseguono rapidamente e i vari personaggi; anche non principali come la greca Ismene e il mendicante Nazim hanno un ruolo importante. A differenza della prima parte “Sempad” che ho trovato piuttosto descrittiva, sui vari membri della famiglia e quindi molto lenta nello svolgimento.
Yerwant è il nonno della narratrice (antonia), è medico e si è
trasferito a Venezia per studiare e per stare lontano dalla sua matrigna che odiava tanto. Nel prologo l’autrice racconta la prima volta in cui ha visitato una chiesa, fu Yerwant a portarla dentro per poi farle incontrare Sant’Antonio. Shushanig è la moglie di Sempad. Gestisce la casa e comanda spesso il marito, fondamentale nel periodo dell’esodo, è una moglie molto chiassosa. Secondo me lei è la protagonista di questo libro. Una donna forte coraggiosa che nonostante le terribili avversità a cui è sottoposta, riesce comunque a salvaguardare la vita dei superstiti sino all’ultimo, quando riuscirà ad imbarcarsi per l’Italia, e solo allora si lascerà morire di crepa cuore per ciò che è successo , ma con la sicurezza di aver salvato parte della famiglia.
La vicenda si svolge nelle terre dell’Anatolia.
L’ autrice ambienta la storia del suo libro in un periodo tragico per il paese Armeno, il quale vive un evento tragico allo scoppio della prima guerra mondiale ( 1914 ) : il cosiddetto secondo genocidio armeno , perché già in precedenza ( nell’ anno 1890 ) ne aveva già subito uno , che prende il nome di primo genocidio armeno. La storia dura più di un anno, circa. I fatti vengo inizialmente narrati con delle anticipazioni e poi in ordine cronologico. La narrazione è in terza persona con narratore onniscente, i discorsi sono per lo più indiretti e sono presenti pochissimi dialoghi.
“Il suo orizzonte si sta restringendo bruscamente, come se la
sua anima luminosa bruciasse dai margini, affondando piano piano in un'ombrosa voragine nera.” È Una similitudine particolarmente toccante che fa percepire un'anima generosa e palpitante che si va inesorabilmente disgregando.
•Zaffata: ondata di odore sgradevole che arriva alle narici.
Gendarme: in origine cavaliere di armatura. Oggi indica un
militare con compiti di ordine pubblico, analogo a carabiniere.
Contrito: Profondamente addolorato e pentito di una colpa o di
un fallo commesso, soprattutto come sentimento religioso.
•Il messaggio che lancia l’autrice, attraverso la storia della sua
famiglia e le testimonanzie dei sopravvisuti è quello di una maggiore unione dei popoli ed il rispetto delle identità etniche e personali di ogni razza o individuo oltre al messaggio politico di rispetto e accettazione delle così dette “minoranze tecniche” vale la forza dei singoli individui; combattere le disuguaglianze e rafforzare la collaborazione tra diverse popolazioni, cerchiamo di esser dei Nazim, Ismene, Isacco e forti e invincibili shushaning.
•Il libro non mi è piaciuto. Benchè la storia fosse interessante e
per niente scontata, questo è un genere che non mi ha mai entusiasmato, trovo fin troppo straziante la fine di questo libro tratta di un argomento triste, purtroppo realmente accaduto. Personalmente mi capita spesso di immedesimarmi nei protagonisti dei libri, trovo affascinante il modo in cui si possano provare le stesse emozioni di tali personaggi. Attraverso questo libro ho provato angoscia, a tratti paura e sono le emozioni che provo a farmi dare un giudizio non molto positivo a questo libro. A parte questo, lo consiglierei a persone affascinate dalla storia, mentre non lo consiglierei ai deboli di cuore, me compresa.