14/20 ottobre 2016 n. 1175 • anno 23 internazionale.

it 4,00 €
Ogni settimana Nicholson Baker Kurdistan Scienza
il meglio dei giornali La terribile noia La battaglia persa Quando i medici
di tutto il mondo della scuola del Pkk ci ripensano

Chi
ha ucciso
Giulio
Regeni?
Un’inchiesta
di Alexander Stille

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PI, SPED IN AP, DL 353/03 ART 1, 1 DCB
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14/20 ottobre 2016 • Numero 1175 • Anno 23
“Qualunque cosa facciate deve venire da voi stessi”
Sommario NicholsoN bAker A pAgiNA

iN copertiNA
La settimana
14/20 ottobre 2016 n. 1175 • anno 23 internazionale.it 4,00 €
Ogni settimana Nicholson Baker Kurdistan Scienza
il meglio dei giornali La terribile noia La battaglia persa Quando i medici
di tutto il mondo della scuola del Pkk ci ripensano

Chi
ha ucciso
Chi ha ucciso Giulio Regeni?
Lo
Giulio
Regeni?
Un’inchiesta
di Alexander Stille Un’inchiesta di Alexander Stille (p. 40).
Illustrazione di Gipi

Giovanni De Mauro
Nella prima inquadratura di Lo and behold, il nuovo AttuAlità cubA ecoNomiA
ilm di Werner Herzog, si vedono dei ragazzi che 18 La battaglia 60 Nascosti e lAvoro

passeggiano nei viali dell’università della persa del Pkk all’Avana 100 Il crollo
Le Monde The New Yorker improvviso
California, a Los Angeles. La voce fuori campo del
della sterlina
regista tedesco si chiede se quegli studenti sono
AfricA portfolio Süddeutsche
consapevoli di trovarsi nel luogo in cui è cominciata e medio 64 Piazza Zeitung
“una delle più grandi rivoluzioni che gli esseri orieNte
San Pietro
umani stanno vivendo”. Sul muro accanto alla 22 Repubblica
stanza 3420, in un lungo corridoio illuminato dai Democratica
Carlo Gianferro cultura
e Tommaso Ausili
neon, una targa ricorda che da lì, alle 22.30 del 29 del Congo 80 Cinema, libri,
ottobre 1969 – tre mesi dopo che il primo essere Africa is a Country ritrAtti musica, arte
umano aveva messo piede sulla Luna – fu spedito il 70 Ada Colau
primo messaggio su Arpanet, la rete da cui poi si è europA
Libération Le opinioni
sviluppata internet. Leonard Kleinrock mostra la
26 Nazioni Unite
O Observador viAggi 14 Domenico
grande scatola metallica che, per anni, è stata il
primo nodo di internet e da cui è partito quel 72 Il mondo Starnone
Americhe
messaggio. Era diretto all’università di Stanford. visto da lassù 24 Amira Hass
28 Colombia
Come prima cosa, ricorda Kleinrock, bisognava Vox 36 Paul Mason
Semana
collegare i due computer che si trovavano a 30 Haiti 38 Natalie
grAphic
seicento chilometri di distanza. Da Los Angeles The New York jourNAlism
Nougayrède
cominciarono a digitare “log in”, ma arrivati alla Times 76 Tunisia 82 Gofredo Foi
“o” i computer si bloccarono, e il primo messaggio Mattia Donati 84 Giuliano Milani
della storia di internet fu banalmente questo: “lo”. AsiA e pAcfico 86 Pier Andrea Canei
È tutto annotato in un grande quaderno ed è, 32 Afghanistan musicA 95 Tullio De Mauro
racconta Kleinrock, un po’ come quando Cristoforo Associated Press 78 Fare techno
Colombo scrisse sul suo diario di bordo di aver a Teheran
visti The Quietus
le rubriche
avvistato la terra. Sabato 1 ottobre, quarantasette
dAgli Altri
anni dopo quel messaggio, la supervisione tecnica 34 Riforma 14 Posta
del sistema che gestisce gli indirizzi di internet è pop 17 Editoriali
passata deinitivamente dal governo statunitense
costituzionale 90 La terribile noia 103 Strisce
Financial Times della scuola
a un’organizzazione non proit che si chiama Icann, 105 L’oroscopo
Nicholson Baker
che ha sede a Los Angeles e di cui fanno parte ecoNomiA 106 L’ultima
governi, aziende, informatici e rappresentanti 50 L’accordo scieNzA
della società civile. Nell’immediato il fatto non fallito 96 Nobel
avrà nessuna ripercussione per gli utenti, ma è Die Zeit senza donne
enorme dal punto di vista simbolico, anche se non The Christian
è ancora chiaro quali saranno le sue implicazioni. scieNzA
Science Monitor
La rivista di sinistra Jacobin ha scritto che è 56 Quando i medici
ci ripensano
internazionale.it/sommario

“l’ultimo capitolo della privatizzazione di internet”, Articoli in formato

mentre secondo il mensile tecnologico Wired
adesso “inalmente internet appartiene a tutti”;
i repubblicani Ted Cruz e Donald Trump si sono
opposti, mentre Google, Disney e altre grandi
aziende private hanno approvato con entusiasmo.
Forse ha ragione Stefano Trumpy, rappresentante
italiano nell’Icann ino al 2014, che intervistato
su Repubblica ha detto: “Entriamo in una fase
di nebbia”. u
New Scientist mp3 per gli abbonati
le principali fonti di questo numero
The Christian Science Monitor È un quotidiano statunitense di Boston. L’articolo a pagina
96 è uscito il 7 ottobre 2016 con il titolo Nobel Prize: what will it take to have more women as
winners in science? Die Zeit È un settimanale tedesco di centrosinistra fondato nel 1946.
L’articolo a pagina 50 è uscito il 15 settembre 2016 con il titolo Wie Politiker
und Aktivisten das Abkommen zu Fall brachten. Internazionale pubblica in
esclusiva per l’Italia gli articoli dell’Economist.

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 7

Immagini
Spazzati via
Corail, Haiti
6 ottobre 2016
Un villaggio distrutto dopo il passaggio
dell’uragano Matthew, che il 4 ottobre si
è abbattuto sulla parte sudoccidentale
di Haiti. Le forti piogge e i venti, che
hanno superato i duecento chilometri
orari, hanno provocato almeno mille
vittime e decine di migliaia di sfollati. È
il disastro naturale più grave dal terre­
moto del 12 gennaio 2010, quando mo­
rirono 220mila persone. Il presidente ad
interim Jocelerme Privert ha sottolinea­
to il rischio di una carestia e di un’epide­
mia di colera, se l’emergenza sanitaria
non sarà gestita in modo adeguato. Le
elezioni presidenziali, issate per il 9 ot­
tobre, sono state rimandate. Foto di Car-
los Garcia Rawlins (Reuters/Contrasto)
Immagini
Il pugno di ferro
Manila, Filippine
7 ottobre 2016

Un’operazione antidroga a Manila. Il 6

ottobre il presidente Rodrigo Duterte,
eletto a maggio dopo una campagna
elettorale incentrata sulla promessa di
“eliminare” tutti i tossicodipendenti e
gli spacciatori di droga, ha mandato “al
diavolo” i suoi detrattori rinnovando la
promessa di “uccidere i criminali”. Du-
terte si sentiva legittimato anche da un
sondaggio secondo cui il 76 per cento
dei ilippini approva la sua campagna
antidroga, in cui inora sono state uccise
3.600 persone. Foto di Noel Celis (Afp/
Getty Images)
Immagini
Sonno eterno
Huanghua, Cina
10 ottobre 2016

Archeologi al lavoro sulle tombe in un

sito di Huanghua, nella provincia di He-
bei, nel nord della Cina. All’inizio di ot-
tobre nella regione sono state scoperte
113 urne funerarie che risalirebbero a
circa duemila anni fa. Foto di Yang Shi-
yao (Xinhua/Zuma/Ansa)
Posta@internazionale.it
L’occasione persa
della Colombia
u Leggo nell’articolo di Juani-
ta León (Internazionale 1174)
che al referendum sull’accordo
di pace tra il governo e le Farc
“ha votato il 37,4 per cento de-
gli aventi diritto e il 50,2 per
cento dei colombiani ha scelto
di bocciare la pace”. Ho un
problema statistico: se ha vota-
to il 37,4 per cento dei colom-
biani, come è possibile che il
50,2 per cento abbia votato no?
Sarà il 50,2 per cento del 37,4
per cento (che non è il 37,4 per
cento dei colombiani, ma solo
di quelli maggiorenni), quindi
circa il 19 per cento. Lasciamo
da parte il merito della vicenda
colombiana. Questo scivola-
mento logico da “elettori” a
“votanti” a “cittadini” riguar-
da un po’ tutti i ragionamenti
sui risultati elettorali. Se per
esempio nelle trionfali elezioni
europee il Pd ha avuto il 43 per
cento dei voti espressi, vuol di-
re che, con un’astensione pari
al 42,8 per cento, ha avuto in
realtà il voto di circa il 27,5 per
cento degli aventi diritto (cioè
il 72 per cento dei cittadini ita-
Dear Daddy Claudio Rossi Marcelli
Se mamma diventa lesbica
A cinquant’anni e con un
matrimonio alle spalle, mi
sono innamorata di una
donna. Sarebbe un periodo
di enorme felicità, se non
avessi il terrore di parlarne
con i miei igli quasi ven-
tenni. –Valentina
“Donna che ti meriti di essere
una diva, diventa anche tu
una lesbica tardiva / Donna
che ti dicono sei troppo impe-
gnativa, diventa per favore
una lesbica tardiva / Donna tu
hai molta intelligenza emoti-
va, diventa dunque una lesbi-
ca tardiva”. L’appello, a cui hai
risposto senza saperlo, arriva
14 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
liani non l’ha votato). Adesso
abbiamo proposte di leggi elet-
torali che contano di dare
maggioranze garantite a forze
politiche che prendano, se va
bene, il 40 per cento di un (ot-
timistico) 65 per cento di vo-
tanti e che raccolgono cioè il
26 per cento dei consensi tra i
cittadini. Per forza poi che, co-
me autorevoli voci sostengo-
no, non c’è (più) diferenza tra
democrazia e oligarchia.
Alessandro Portelli
Non importa chi sia
Elena Ferrante
u Claudio Gatti ha il diritto di
fare inchieste su ciò che vuole;
Elena Ferrante ha il diritto di
rimanere anonima; Andrea
Aguilar, Suzanne Moore e
Dayna Tortorici (Internazio-
nale 1174) hanno il diritto di
scrivere ciò che pensano di
Claudio Gatti. La redazione di
Internazionale ha il diritto di
scegliere gli articoli della se-
zione Visti dagli altri. E io ho il
diritto di pensare: possibile
che nell’ultima settimana que-
sta sia la cosa più rilevante ac-
caduta in Italia? Avrei scelto
dalla canzone Molla i maschi
del duo militante No Choice.
Tra le mie amiche ci sono di-
verse lesbiche tardive, cioè
donne che hanno la loro prima
relazione omosessuale in età
matura. E ce ne sono varie an-
che tra le celebrità, prime tra
tutte Cynthia Nixon, la Miran-
da di Sex and the city, e la scrit-
trice Elizabeth Gilbert, il cui
nuovo best seller potrebbe in-
titolarsi “Mangia, prega, ama
un’altra donna”. Per quanto ri-
guarda i igli, il consiglio che
do sempre ai genitori di ta-
gliare il cordone ombelicale
perché i igli non gli apparten-
gono vale anche in senso con-
altri argomenti che ci riguar-
dano, tre articoli su Elena Fer-
rante mi sembrano troppi.
Claudio Tabacco
L’inglese è la lingua
più strana del mondo
u Leggendo l’articolo di John
McWhorter (Internazionale
1174) mi è venuta in mente una
battuta dello scrittore britanni-
co Philip Kerr: “Una persona
che parla tre lingue è trilingue,
una persona che parla due lin-
gue è bilingue, una persona
che parla una sola lingua è un
inglese!”.
Cesare Fiorucci
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trario: tu non appartieni a lo-
ro. Così come la loro vita sen-
timentale non ti riguarda più,
loro non possono più mettere
bocca sulla tua. Comunque
stai tranquilla: i ventenni di
oggi sono emotivamente mol-
to più luidi delle generazioni
precedenti, e credo che prima
o poi saranno orgogliosi di
avere una madre capace di
mettere in discussione se stes-
sa e le regole sociali in nome
dell’amore. Anzi, come mam-
ma lesbica tardiva potresti
passargli una lezione di vita
molto importante.
daddy@internazionale.it
Parole
Domenico Starnone
L’orgoglio
dei neri
u Il negro dialect, il dialetto dei
neri, è la vena d’oro che attra-
versa l’Huckleberry Finn di
Mark Twain, romanzo fonda-
tivo della grande letteratura
americana. Una vecchia copia
del libro è sotto vetro nel mu-
seo di Washington dedicato
alla storia e alla cultura afroa-
mericana. L’ingresso è gratis
ma ci vuole la prenotazione.
Tuttavia, prenotazione o no, si
fanno ile, una lunga proces-
sione di uomini neri, donne
nere, anziani neri, bambini
neri. Questo corteo, una volta
dentro, si muta in una folla
quasi tutta di afroamericani
che si ingorga intorno alle te-
stimonianze dell’oppressione
e della grandezza della gente
nera. Agli atleti con il pugno
chiuso di Città del Messico so-
no dedicate grandi statue do-
rate; sotto vetro c’è il giacchet-
to di Jimmy Hendrix; Malcolm
X dice in un cartiglio che liber-
tà, uguaglianza, giustizia sono
cose che non ti dà nessuno, e
se sei un uomo te le devi pren-
dere. Pare solo una visita per
imparare l’orgoglio, ma è an-
che una grande manifestazio-
ne che salda ciò che viene più
o meno luminosamente con-
fezionato nell’ediicio con ciò
che ribolle fuori, in tutta la sua
cupezza. Il museo non è molto
distante dalla Wisconsin ave-
nue che un pugno di ragazzi
bloccano all’improvviso se-
dendo composti sull’asfalto.
Hanno cartelli contro la politi-
ca neoschiavista, quella che
prescrive: punisci duramente
il negro per cosette, così starà
attento a non fare cosacce.
Editoriali

Trump cade ancora più in basso

“Vi sono più cose in cielo e in terra, Orazio,
di quante se ne sognano nella vostra ilosoia”
William Shakespeare, Amleto

Direttore Giovanni De Mauro

The Guardian, Regno Unito
Vicedirettori Elena Boille, Chiara Nielsen,
Alberto Notarbartolo, Jacopo Zanchini
Editor Daniele Cassandro (cultura), Carlo Ciurlo Durante il dibattito televisivo presidenziale del l’America pagherà un prezzo molto alto, a pre-
(viaggi, visti dagli altri), Gabriele Crescente
(opinioni), Camilla Desideri (America Latina), 9 ottobre, Hillary Clinton ha detto una frase che scindere dal risultato di novembre. Non si era mai
Simon Dunaway (attualità), Francesca Gnetti,
Alessandro Lubello (economia), Alessio i politici pronunciano spesso, ma che nel 2016 visto un candidato accusare l’altro di “avere un
Marchionna (Stati Uniti), Andrea Pipino
(Europa), Francesca Sibani (Africa e Medio non possiamo liquidare come una banalità: cuore pieno d’odio” o paragonarlo al diavolo. Mai
Oriente), Junko Terao (Asia e Paciico), Piero
Zardo (cultura, caposervizio) “Queste non sono elezioni normali”. Negli ulti- prima d’ora un candidato aveva dichiarato, come
Copy editor Giovanna Chioini (web,
caposervizio), Anna Franchin, Pierfrancesco mi giorni ne abbiamo avuto la prova. Raramente ha fatto Trump, che una volta eletto avrebbe cer-
Romano (coordinamento, caporedattore),
Giulia Zoli in un paese democratico il dibattito politico ha cato di far processare e incarcerare il suo avversa-
Photo editor Giovanna D’Ascenzi (web), Mélissa
Jollivet, Maysa Moroni, Rosy Santella (web) raggiunto un livello così basso, e la colpa è so- rio. Queste cose succedono nei paesi dove non
Impaginazione Pasquale Cavorsi (caposervizio),
Valeria Quadri, Marta Russo prattutto di Donald Trump. Nella maggior parte esiste alcun rispetto dello stato di diritto, ma ino-
Web Giovanni Ansaldo, Annalisa Camilli,
Andrea Fiorito, Stefania Mascetti (caposervizio), delle democrazie la pubblicazione del video in ra non era mai accaduto negli Stati Uniti.
Martina Recchiuti (caposervizio), Giuseppe Rizzo,
Giulia Testa cui il candidato repubblicano si vanta del suo Trump si comporta così perché questo è il suo
Internazionale a Ferrara Luisa Cifolilli,
Alberto Emiletti comportamento nei confronti delle donne sa- carattere, ma anche perché nella destra bianca
Segreteria Teresa Censini, Monica Paolucci,
Angelo Sellitto Correzione di bozze Sara rebbe bastata a mettere ine alle sue ambizioni. degli Stati Uniti c’è sempre stata una componen-
Esposito, Lulli Bertini Traduzioni I traduttori
sono indicati dalla sigla alla ine degli articoli. Invece Trump ha afrontato la polemica senza te violenta e vendicativa. Non è un caso che tutto
Stefania De Franco, Andrea De Ritis, Federico
Ferrone, Sonia Grieco, Francesca Rossetti, alcun imbarazzo ed è sceso ancora più in basso: questo stia accadendo proprio ora che una don-
Fabrizio Saulini, Irene Sorrentino, Andrea
Sparacino, Francesca Spinelli, Claudia ha indetto una conferenza stampa per sostenere na può diventare presidente. Naturalmente
Tatasciore, Bruna Tortorella, Nicola Vincenzoni
Disegni Anna Keen. I ritratti dei columnist sono tutte le donne che accusano Bill Clinton di mole- Trump si comporterebbe in modo aggressivo
di Scott Menchin Progetto graico Mark Porter
Hanno collaborato Gian Paolo Accardo, Luca stie sessuali. Questo tentativo di riattizzare una anche se il suo avversario fosse un uomo, ma la
Bacchini, Francesco Boille, China Files,
Catherine Cornet, Sergio Fant, Andrea Ferrario, polemica di vent’anni fa è un segnale chiaro. sua è la rabbia di uno che non accetta di trattare
Antonio Frate, Anita Joshi, Andrea Pira, Fabio
Pusterla, Marc Saghié, Andreana Saint Amour, Trump è disposto a sporcarsi le mani in ogni mo- le donne da pari a pari. Durante il dibattito Clin-
Francesca Spinelli, Laura Tonon, Pierre Vanrie,
Guido Vitiello do, e sta cercando di stuzzicare la frangia più ar- ton ha dichiarato che l’America dev’essere un
Editore Internazionale spa
Consiglio di amministrazione Brunetto Tini rabbiata e paranoica dell’elettorato repubblicano. paese in cui c’è posto per tutti. L’opinione di
(presidente), Giuseppe Cornetto Bourlot
(vicepresidente), Alessandro Spaventa Le presidenziali statunitensi sono state spesso Trump su quale sia il posto delle donne non me-
(amministratore delegato), Giancarlo Abete,
Emanuele Bevilacqua, Giovanni De Mauro, dure, ma rispetto al passato questa sida segna rita di essere approfondita, e di sicuro non meri-
Giovanni Lo Storto
Sede legale via Prenestina 685, 00155 Roma una frattura che non sarà facile riparare e per cui ta di esser votata. u as
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Amministrazione Tommasa Palumbo,
Arianna Castelli, Alessia Salvitti
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Le Nouvelliste, Haiti
essere riprodotto a patto di citare Internazionale,
di non usarlo per ini commerciali e di
condividerlo con la stessa licenza. Per questioni La distruzione di Haiti con il passaggio dell’ura- porta l’opinione che si ha del governo: si può solo
di diritti non possiamo applicare questa licenza
agli articoli che compriamo dai giornali stranieri. gano Matthew ha messo il paese al centro dell’at- sperare in un miracolo.
Info: posta@internazionale.it
tenzione, dandone una pessima immagine. Al di Come tutte le catastroi che ci hanno colpito
là dell’enorme perdita di vite umane e dei danni negli ultimi decenni, Matthew ci ha messo in una
Registrazione tribunale di Roma
n. 433 del 4 ottobre 1993 materiali, questo disastro ci ricorda la nostra ir- brutta posizione. Il paese è guidato da un gover-
Direttore responsabile Giovanni De Mauro
Chiuso in redazione alle 20 di mercoledì responsabilità. Come succede dopo ogni cata- no provvisorio e da ministri praticamente inesi-
12 ottobre 2016
Pubblicazione a stampa ISSN 1122-2832 strofe, amici vicini e lontani si mobilitano per stenti. Un governo che anche prima della cata-
Pubblicazione online ISSN 2499-1600
venire ad aiutare gli haitiani, con tutto quello che strofe faceva fatica a occuparsi delle strade, a
PER ABBONARSI E PER
INFORMAZIONI SUL PROPRIO
comporta per l’immagine del nostro popolo. Sul- lottare contro il colera, a garantire il funziona-
ABBONAMENTO la stampa internazionale e sui social network mento degli ospedali pubblici e la protezione
Numero verde 800 156 595
(lun-ven 9.00-19.00), circolano messaggi di compassione e pietà, ma delle vite umane e dei beni materiali dovrebbe
dall’estero +39 041 509 9049
Fax 030 777 23 87 anche afermazioni stereotipate. diventare improvvisamente eiciente dopo Mat-
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Online internazionale.it/abbonati Il 4 e 5 ottobre, come nel gennaio del 2010, la thew?
LO SHOP DI INTERNAZIONALE natura si è scatenata contro Haiti. A farne le spe- Se prima del passaggio dell’uragano il compi-
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se sono state le nostre deboli infrastrutture, i to del governo era garantire lo svolgimento delle
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nostri mezzi di sostentamento o di sopravviven- elezioni, oggi il suo dovere è ridare vita alle regio-
Imbustato in Mater-Bi
za. Si seppelliscono bambini, giovani e anziani ni messe in ginocchio dall’uragano e assicurare
che non potranno vivere il sogno di un paese mi- una buona gestione degli aiuti internazionali, evi-
gliore. Ma la cosa peggiore è che lo stato non rie- tando che si ripeta quello che è successo nel 2010
sce ad aiutare i sopravvissuti. Le autorità hanno e neutralizzando i professionisti nazionali e inter-
giurato che si occuperanno della distribuzione nazionali del dirottamento di fondi. Ecco il mira-
degli aiuti umanitari. Ma in che modo? Poco im- colo che il governo deve realizzare. u f

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 17

Attualità
La battaglia
persa del Pkk
Allan Kaval, Le Monde, Francia. Foto di Furkan Temir
Dopo aver cacciato i jihadisti
da Kobane, il partito curdo
pensava di poter vincere anche
in Turchia. Ma la guerriglia
urbana è stata disastrosa
all’altro lato della fron-
ha seguito tutti gli sviluppi. All’epoca era
stato mobilitato insieme a centinaia di altre
persone per dare assistenza ai profughi cur-
di siriani e per sostenere la resistenza dei
combattenti a Kobane.
Ora che regna la calma, evoca i ricordi
suscitati da questi luoghi: “Era il caos, i pro-
fughi aluivano verso la Turchia, mentre i
giovani andavano nella direzione opposta

D tiera c’è la Siria. Per chi-

lometri si vedono ediici
bassi, grigi, in parte di-
strutti. “Lì c’è Koba-
ne!”, dice Emin Baran
con lo sguardo rivolto verso questa città
molto vicina ma inaccessibile, al di là della
terra di nessuno, come se fosse in una realtà
parallela.
per combattere contro i jihadisti. Nel frat-
tempo Ankara aveva schierato l’esercito e la
polizia, che disperdeva da questo lato della
frontiera ogni assembramento di curdi con
i lacrimogeni e i Toma”, i veicoli antisom-
mossa dotati di idranti.
La guerra si svolgeva in una zona che
tutti potevano vedere, ma nessuno poteva
raggiungere. Baran ricorda ancora la ban-
VII MENTOR PROgRAM/LuzPHOTO

Baran è di nazionalità turca, è un patrio-
ta curdo e fa l’avvocato a Suruç, città gemel-
lata con Kobane. Per lui, come per milioni
di curdi, Kobane è molto più di queste rovi-
ne nel deserto. È un momento di gloria, un
sogno, un mito, che supera di gran lunga la
città di cui s’intravede solo lo scarno proilo
in un orizzonte chiuso da colline bruciate
dal sole.
Nel settembre del 2014 l’enclave curda
di Kobane, ino ad allora risparmiata dal
conlitto siriano, era diventata l’obiettivo di
una grande ofensiva del gruppo Stato isla-
mico (Is). Spinti alla frontiera turca dai jiha-
disti, i combattenti curdi siriani che dove-
vano difendere la città nelle prime settima-
ne di combattimento stavano per cedere.
Ma alla ine, sostenuti dall’aviazione statu-
nitense e dai volontari curdi arrivati in mas-
sa dalla Turchia, nel gennaio del 2015 sono
riusciti a respingere l’ofensiva jihadista. In
quattro mesi la battaglia, che è stata molto
seguita dai mezzi d’informazione, si è tra-
sformata in un nuovo mito fondativo del
nazionalismo curdo.
Dai villaggi di case in cemento grezzo
che si susseguono lungo la frontiera, Baran
diera nera dell’Is che sventolava su una
collina vicina, il rumore delle raiche di
mitragliatrice, le esplosioni. Ha applaudito
i primi raid statunitensi e ha celebrato l’ar-
rivo dei peshmerga, i combattenti curdi
iracheni, accorsi con il consenso di Ankara
alla ine di ottobre del 2014. Inine ha fe-
steggiato la vittoria. “Era una battaglia
fondamentale. Kobane ha creato un senti-
mento di unità tra curdi che non avevamo
mai provato prima”, ricorda Baran con una
punta di nostalgia.
Tutto è cambiato
Oggi l’entusiasmo e la speranza hanno la-
sciato la frontiera. Dal lato turco grandi au-
tomezzi scaricano blocchi di cemento alti
più di tre metri, per creare una barriera ma-
teriale e simbolica che indica il fallimento
dei sogni di unità curda. Il 2 settembre la
polizia e i militari turchi sono intervenuti
per disperdere una manifestazione di curdi
di Kobane che protestavano contro la co-
struzione del muro. Due manifestanti sono
stati uccisi, secondo le autorità curde siria-
ne. La notizia non ha suscitato alcuna rea-
zione tra i curdi turchi. “In passato un crimi-
ne del genere avrebbe provocato una rivol-
ta. Ora ci siamo abituati, dopo Kobane tutto
è cambiato”, si rammarica Baran. Dopo
aver tentato di sfruttare i suoi successi in
Siria per aprire nuovi fronti ed estendere il
suo controllo in territorio turco, il movi-
mento curdo è oggi moribondo mentre An-
kara è trionfante.
Nella cartograia curda Kobane, insieme
alle regioni di Afrin, nel nordovest della Si-
ria, e di Jazira, nel nordest, forma un territo-
rio discontinuo noto con il nome di Rojava
o Kurdistan occidentale.
A partire dal 2011 e dall’inizio del con-
litto siriano, le regioni curde della Siria, ri-
maste a lungo ai margini delle lotte indi-
pendentiste, sono state occupate dal Partito
dei lavoratori del Kurdistan (Pkk) in accor-
do con il regime di Damasco. Sia il Pkk sia il
governo siriano volevano tenere le popola-
zioni curde lontane dalla rivoluzione.
Per il Pkk, in guerra contro Ankara dal
1984, la rivoluzione siriana era un’opportu-
nità storica. Per la prima volta, attraverso la

18 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016


sua organizzazione gemella siriana, il Parti-
to dell’unione democratica (Pyd), aveva la
possibilità di prendere il controllo dei terri-
tori abitati in maggioranza dai curdi, cosa
che non era mai riuscito a fare in Turchia
nonostante trent’anni di guerriglia. Così,
approittando del vuoto lasciato dal regime
di Bashar al Assad, il Pkk ha trasformato il
Rojava in quel laboratorio di autonomia lo-
cale e di autogestione a cui aspirava per i
curdi turchi.
Ma la battaglia di Kobane ha fatto en-
trare il movimento curdo in una fase nuo-
va. Anche se il Pkk è considerato un gruppo
terroristico dagli Stati Uniti e dall’Unione
europea, le sue emanazioni locali sono di-
ventate le principali alleate della coalizio-
ne internazionale contro i jihadisti dell’Is.
La cooperazione militare si è organizzata
sul terreno a partire dal 2015 concedendo
al Pyd, e quindi al Pkk, legittimità e anche
l’opportunità di impadronirsi di nuovi ter-
ritori. Come la città di Tal Abyad, conqui-
stata nel giugno del 2015, che oggi collega
Cizre, 2 marzo 2016
le regioni di Kobane e di Jazira. Nel frat-
tempo i successi militari in Siria erano se-
guiti da vicino dalla base militante curda in
Turchia, rianimata dalla vittoria di Koba-
ne, e i reclutamenti del Pkk tra i giovani
curdi turchi si sono moltiplicati. Dal punto
di vista politico il Partito democratico del
popolo (Hdp), emanazione legale del mo-
vimento curdo in Turchia, indirettamente
favorito dal successo della battaglia di Ko-
bane, ha ottenuto un successo storico alle
elezioni politiche del giugno del 2015. Con
il 13 per cento dei voti, la formazione ilo-
curda ha superato la soglia del 10 per cento
che permette l’ingresso nel parlamento
turco.
Questo periodo favorevole si è brutal-
mente interrotto a Suruç il 20 luglio 2015.
Quel giorno nei giardini del centro cultura-
le Amara, un istituto vicino al movimento
curdo, c’erano centinaia di persone, per lo
più giovani attivisti. Celebravano la prossi-
ma partenza di alcuni dei loro compagni per
Kobane, dove dovevano portare aiuti uma-
nitari. Verso mezzogiorno il giovane Seyh
Abdurrahman Alagöz ha azionato la carica
esplosiva che aveva addosso. Nell’esplosio-
ne sono morte trenta persone e altre cento
sono rimaste ferite.
“L’incubo che viviamo oggi è comincia-
to il giorno di quell’attentato”, spiega un
sopravvissuto di fronte all’ediicio colpito
dall’esplosione. “Da allora in Turchia nulla
è come prima”. L’attentato al centro cultu-
rale Amara, che ha innescato una serie ver-
tiginosa di eventi, ha fatto sprofondare la
Turchia in un clima di violenza da cui il pa-
ese non è ancora uscito.
Il governo turco ha attribuito l’attentato
all’Is. Il movimento curdo ha puntato il dito
contro lo stato, accusato di sostenere il
gruppo jihadista. Due giorni dopo il Pkk ha
rivendicato la morte di due poliziotti, uccisi
nella località di frontiera di Ceylanpinar. Il
24 luglio l’aviazione turca ha ripreso i suoi
raid contro le basi dell’organizzazione nel
nord dell’Iraq. Il processo di pace avviato
nella primavera del 2013 era inito. In Tur-
chia si riaccendeva il conlitto curdo, ormai
strettamente legato agli sviluppi della crisi
siriana.
Focolai d’insurrezione
Nel frattempo il Pkk, rompendo con le tec-
niche di guerriglia usate negli anni ottanta,
ha deciso di mettere in pratica sul territorio
turco l’esperienza acquisita in Siria in ma-
teria di guerra urbana. Le sue milizie han-
no occupato diversi quartieri popolari delle
città del sudest della Turchia con l’inten-
zione di impedire l’accesso alle forze di si-
curezza.
“Dopo l’attentato di Suruç abbiamo vo-
luto creare diverse Kobane all’interno del-
la Turchia”, spiega un leader del movimen-
to curdo. “Dichiarando l’autodetermina-
zione e prendendo il controllo di alcuni
quartieri ci aspettavamo un contrattacco
dello stato, che avrebbe dovuto provocare
una mobilitazione dei curdi, come era suc-
cesso a Kobane, e la reazione della comu-
nità internazionale. Il processo, lanciato
nelle città e nei quartieri dove il movimen-
to curdo era più forte, avrebbe dovuto por-
tare all’insurrezione”.
In realtà gli scontri urbani provocati dal
Pkk si sono rivelati un completo fallimen-
to. La popolazione non ha seguito i piani.
L’esercito turco, dopo aver lasciato svilup-
pare questi focolai d’insurrezione, ha lan-
ciato una grande controfensiva che si è
conclusa con la distruzione di interi quar-
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 19
 Attualità
Nusaybin, 1 marzo 2016
VII MeNTOR PROGRAM/LuzPhOTO
tieri in diverse città curde del sudest, senza
suscitare la reazione attesa della popola-
zione.
A circa 300 chilometri da Suruç, Nusay-
bin è stata una delle località scelte dal Pkk
per i suoi progetti insurrezionali. In questa
sottoprefettura che nel 2015 aveva 110mila
abitanti, lo stato turco regna ormai incon-
trastato. Dopo gli scontri tra le forze di sicu-
rezza e i combattenti del Pkk asserragliati
in diversi quartieri, nel maggio del 2016
Nusaybin si è ritrovata amputata di quasi
metà della sua supericie. Come in altre cit-
tà insorte, l’esercito e le forze speciali tur-
che hanno soprafatto la rivolta curda usan-
do i carri armati. I quartieri un tempo con-
trollati dagli insorti sono diventati campi di
macerie chiusi con recinzioni metalliche su
cui sventola la bandiera turca.
Oltre le recinzioni si possono vedere le
case crollate, le facciate di ediici crivellate
dai proiettili, i resti fumanti di una città. Gli
ediici uiciali protetti da barriere antie-
splosione e le nuove caserme in costruzione
creano un paesaggio inedito, quello di una
città sotto occupazione.
“Il Pkk ci ha ripetuto che per costruire
bisognava distruggere, che si batteva per la
20 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
nostra libertà. Voleva fare in Turchia quello
che aveva fatto in Siria”, dice Mehmet pas-
sando accanto al quartiere di Firat, dove ha
sempre vissuto. Dalla fine dei combatti-
menti Mehmet non ha più potuto tornarci.
Tutto quello che si trova dall’altra parte del-
la recinzione è ormai perduto. A Kisla, un
altro quartiere insorto di Nusaybin, le auto-
rità hanno cominciato a demolire interi iso-
lati danneggiati dagli scontri. Le ruspe sep-
pelliscono le tracce delle strade dove i com-
battenti curdi sono morti e dove le famiglie,
cacciate durante gli scontri, non torneran-
no più.
Dietro la zona in via di demolizione, al di
là dell’alto muro di cemento che segna la
frontiera, appare in lontananza la città si-
riana di Qamishli. In cima al serbatoio
dell’acqua sventolano i colori del Pkk e del
Pyd. Qamishli è la capitale del Rojava.
Nei quartieri di Nusaybin risparmiati
dai combattimenti la vita riprende più o
meno il suo corso. Il viavai incessante dei
veicoli blindati turchi ricorda alla popola-
zione che la città è stata riconquistata e che
il rapporto di forze non è in suo favore. Se-
gno evidente del controllo dello stato tur-
co, le strade dei quartieri sfuggiti alle di-
struzioni sono state asfaltate: il rivesti-
mento sostituisce le pietre usate dai com-
battenti del Pkk per costruire le loro barri-
cate. “Nusaybin si è trasformata in una
caserma”, si rammarica Murat. A 24 anni
questo ragazzo, proveniente da una fami-
glia modesta di un quartiere curdo, si è im-
pegnato in da adolescente nelle organiz-
zazioni giovanili legate al Pkk. Ma quando
il partito ha lanciato la sua ofensiva si è
dissociato.
“Dopo l’attentato di Suruç alcuni leader
del Pkk sono venuti a motivare i giovani e a
preparare le fortiicazioni”, racconta Mu-
rat. “Cercavano di convincere la gente a
resistere insieme a loro, ma si sono ritrova-
ti soli. Tutti sono andati via, la popolazione
non è pronta per la guerra civile”.
Nessuno dei combattenti curdi di Nu-
saybin che Murat conosceva è sopravvissu-
to ai combattimenti. Il ragazzo ha contato
una ventina di morti tra i suoi amici. Il bi-
lancio esatto degli scontri a Nusaybin e
nelle altre città insorte, dove giornalisti e
attivisti non erano ammessi, non è noto.
Già molto impegnata sul fronte siriano, la
gioventù curda in Turchia è stata decimata
dalla guerra nelle città.
 Il caso di Nusaybin non è isolato. Cizre,
Sirnak, Yuksekova, Silvan, il distretto di Sur
a Diyarbakir e altre località più piccole han-
no subìto la stessa sorte. I quartieri un tem-
po vicini al Pkk sono stati distrutti e i loro
abitanti spinti all’esilio. Roccaforti del mo-
vimento curdo negli anni novanta, queste
città sono ormai sotto lo stretto controllo
dello stato turco. Nel sudest della Turchia a
maggioranza curda, il Pkk si è ritrovato iso-
lato dalla sua base, che non ha avuto il tem-
po di rendersi conto della tempesta in cui si
sarebbe trovata. Le speranze nate nel 2015
grazie ai buoni risultati elettorali dell’Hdp
sono ormai un lontano ricordo.
Alla deriva
“Prendiamo la nostra forza dal sangue dei
nostri martiri”, dice una leader del Pkk a
Nusaybin. La sua speranza è che le enormi
perdite iniscano per raforzare il movimen-
to. Indubbiamente il culto dei “martiri” è
sempre stato determinante, e gran parte
della popolazione continua a considerare il
Pkk il suo unico rappresentante contro
l’odiato stato turco. Ma le insurrezioni urba-
ne hanno segnato una rottura. Finché la
guerra prendeva di mira l’esercito turco
nelle montagne o l’Is in Siria, il Pkk guada-
gnava legittimità. Ma dopo questi scontri
che la popolazione non voleva e che si sono
conclusi con la distruzione e con l’occupa-
zione delle città dov’era largamente domi-
nante, il movimento curdo turco è oggi alla
deriva.
Anche l’epopea siriana del Pkk si è inter-
rotta. Con la presa di Manbij, strappata
all’Is dalle forze curde e dai loro alleati loca-
li il 12 agosto, l’intervento militare turco
nella regione di Jarabulus ha di fatto ferma-
to l’espansione curda nel nord della Siria.
L’operazione di Ankara, che prende di
mira sia i jihadisti dell’Is sia i rappresen-
tanti siriani del Pkk, vuole stabilire il con-
trollo delle forze di sicurezza turche sulle
città curde della Turchia. Anche nel resto
del paese la riconquista politica è seguita
alla riconquista militare.
L’11 settembre 24 sindaci curdi sono
stati sospesi perché accusati di legami con
il Pkk, e le loro mansioni sono state trasfe-
rite a uomini del ministero dell’interno.
Questa misura è stata presa sulla base del-
lo stato d’emergenza dichiarato dopo il
tentativo di colpo di stato del 15 luglio. Un
altro provvedimento ha portato alla so-
spensione di più di 11mila insegnanti curdi
per i loro presunti legami con il Pkk.
Incapace di mobilitare di nuovo la sua
base, indebolito militarmente e distrutto
politicamente, il movimento curdo è in cri-
si. Il 12 settembre il suo capo storico, Abdul-
lah Öcalan, detenuto nella prigione dell’iso-
la di İmralı, nel mar di Marmara, ha chiesto
di riprendere i negoziati di pace.
Ma queste dichiarazioni non cambiano
la realtà del conlitto. Da agosto il Pkk ha
lanciato una nuova ondata di attacchi nelle
città curde del paese. Gli attentati prendo-
no di mira gli obiettivi militari ma non ri-
sparmiano i civili, contribuendo ad allonta-
nare il movimento dalla popolazione e da
una parte della sua base. Il 12 settembre
una bomba che ha colpito dei poliziotti da-
vanti alla sede del Partito della giustizia e
dello sviluppo (Akp, il partito al potere) nel-
la città a maggioranza curda di Van ha fatto
più di cinquanta feriti, in gran parte civili.
Nel frattempo il movimento curdo ha
rilanciato la guerriglia nelle montagne del
sudest della Turchia, moltiplicando gli at-
tacchi contro le forze di sicurezza. Cacciato
dalle sue roccaforti storiche, privato di una
base giovane decimata dall’aberrazione
strategica e politica della guerriglia urbana,
il Pkk attraversa uno dei periodi più critici
della sua storia. u adr
Da sapere
La riconquista
9 ottobre 2016 Diciotto persone, tra cui otto
civili, muoiono in un attentato a Durak, nella
provincia di Hakkari, attribuito ai ribelli curdi.
9-10 ottobre Due funzionari locali del partito
di governo Akp sono uccisi nel sudest del paese,
in due attacchi attribuiti al Pkk.
10 ottobre L’esercito turco fa sapere che dalla
ine di agosto le forze di sicurezza hanno ucciso
417 combattenti curdi, in quella che è stata
deinita la campagna militare “più eicace degli
ultimi anni”.
12 ottobre Almeno 49 persone sono arrestate
nel sudest del paese per “propaganda
terroristica” legata alla ribellione curda.
L’opinione
Nei quartieri
rasi al suolo
Tom Stevenson, Deutsche
Welle, Germania
el corso dell’ultimo anno il sudest
N curdo della Turchia ha conosciuto
livelli di desolazione tipici delle
zone di guerra. I centri storici di Nusaybin,
Cizre e Diyarbakir sono stati devastati. La
città di Sirnak è stata rasa al suolo e ora ri-
corda Guernica o Homs. Da quando il
conlitto si è riacceso, nel luglio del 2015,
lo stato turco ha portato avanti una cam-
pagna militare nella regione contro i com-
battenti curdi legati al Partito dei lavorato-
ri del Kurdistan (Pkk), fuorilegge, usando
strategie eicaci ma brutali. I danni sono
stati enormi, le vittime circa duemila e
quasi tutti i ribelli si sono ormai ritirati
nelle zone rurali periferiche della Turchia.
A Diyarbakir è forte il risentimento
nei confronti sia dello stato turco sia del
Pkk. In città la situazione è sempre stata
tesa, ma ora la disperazione è palpabile.
Oltre ai danni strutturali, il costo econo-
mico e psicologico del conlitto ha lascia-
to profonde cicatrici. Da quando è stato
dichiarato lo stato d’emergenza, dopo il
tentativo di colpo di stato di luglio, la pre-
senza delle forze sicurezza, già notevole,
è diventata più imponente che mai. In
qualunque momento la connessione a in-
ternet può essere interrotta e i poliziotti
in borghese possono chiedere i documen-
ti ai cittadini.
Nelle zone orientali di Diyarbakir, do-
ve il sostegno al Pkk era più forte, le case
ancora in piedi hanno croci verdi dipinte
sulle porte, che segnalano le perquisizioni
fatte dalla polizia. Molte sono state espro-
priate dallo stato e comunque i danni
all’interno sono così grandi da renderle
inabitabili. L’11 settembre il governo ha
accusato 24 comuni nel sudest del paese,
guidati dal Partito democratico delle re-
gioni (Dbp), di aver sostenuto il Pkk, e ne
ha preso il controllo diretto. La decisione
non è stata accolta bene a Diyarbakir, do-
ve le autorità cittadine spodestate da An-
kara erano state elette con un’ampia mag-
gioranza. Ogni sera in tutta la città ci sono
proteste contro il governo. u f
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 21
 Africa e Medio Oriente
Una manifestazione a Kinshasa, il 19 settembre 2016
EDUARDo SotERAS (AfP/GEtty IMAGES)
Joseph Kabila e il destino
della democrazia
Patrick Litanga, Africa is a Country, Stati Uniti
Il presidente della Repubblica
Democratica del Congo
è accusato di voler rinviare
le elezioni per restare al potere.
Così rischia di far sprofondare
il paese nel caos
l 19 settembre a Kinshasa, la capitale
I della Repubblica Democratica del
Congo (Rdc), i manifestanti sono sce-
si in strada per costringere il presi-
dente Joseph Kabila ad accettare un calen-
dario per le elezioni presidenziali del 2016.
Negli scontri con la polizia secondo il go-
verno sono morte 17 persone, ma per l’op-
posizione le vittime sarebbero almeno 37.
Queste proteste suggeriscono che la Rdc
è sull’orlo di un altro collasso. Il pessimismo
è dovuto al fatto che negli ultimi vent’anni il
paese è stato segnato da vari conlitti arma-
ti e disordini sociali. Per spiegare l’attuale
stallo politico bisogna ricordare due mo-
menti importanti della storia recente della
Rdc: la costituzione del 2005 e la protesta
del gennaio del 2015 contro una proposta di
legge che prevedeva di compilare un nuovo
registro degli elettori.
22 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
Nel 2005, dopo anni d’incertezza politi-
ca, i congolesi votarono una nuova costitu-
zione. Due articoli riguardavano le elezioni
presidenziali: l’articolo 70, che pone il limi-
te di due mandati, ognuno della durata di
cinque anni; e l’articolo 64, che stabilisce
che “tutti i congolesi hanno il dovere di op-
porsi a qualsiasi individuo o gruppo che
s’impadronisca del potere con la forza o lo
eserciti violando la costituzione”.
I nodi vengono al pettine
La presidenza di Kabila è la più lunga nella
storia della Rdc dopo quella di Mobutu Sese
Seko. Nei 32 anni di dittatura di Mobutu,
autore di un colpo di stato contro Patrice
Lumumba, primo presidente del paese, il
dissenso fu represso severamente. Poi nel
1997 Laurent Kabila prese il potere con
l’aiuto del Ruanda e dell’Uganda. Nel 2001
fu misteriosamente ucciso da una delle sue
guardie del corpo e il iglio Joseph diventò il
quarto presidente della Rdc.
Negli ultimi quindici anni la legittimità
di Joseph Kabila è stata messa in dubbio va-
rie volte, ma ha comunque vinto le conte-
state elezioni del 2006 e del 2011. La mag-
gior parte dei congolesi ha sempre dato per
scontato che il presidente avrebbe rispetta-
Da sapere
Richiesta di dialogo
19 e 20 settembre 2016 Proteste a Kinshasa
per chiedere le dimissioni del presidente Joseph
Kabila, accusato di voler rinviare le elezioni,
issate per il 27 novembre. Scontri tra
manifestanti e polizia.
1 ottobre La commissione elettorale fa sapere
che probabilmente il voto sarà rinviato al
dicembre del 2018.
9 ottobre Il leader dell’opposizione Bruno
tshibala è arrestato con l’accusa di aver
organizzato le proteste di settembre.
10 ottobre L’opposizione chiede al governo di
organizzare un “dialogo nazionale” per
stabilire un calendario elettorale condiviso.
to la costituzione e non si sarebbe candidato
a un terzo mandato. I nodi sono venuti al
pettine quando, nel febbraio del 2012, la
commissione elettorale ha issato le presi-
denziali per il novembre del 2016.
Nel gennaio del 2015 i sostenitori di Ka-
bila hanno chiesto un censimento per avere
un registro degli elettori più accurato. Molti
oppositori hanno interpretato la richiesta
come un modo per estendere la presidenza
di Kabila. A Kinshasa e in altre zone del pa-
ese sono state organizzate proteste. Più di
quaranta persone sono state uccise e alla
ine il governo ha ritirato la proposta. L’uni-
ca possibilità rimasta a Kabila era rinviare le
elezioni creando una fase di stallo politico o
usando meccanismi come la denuncia di
irregolarità amministrative.
Questa volta però l’impressione è che il
dialogo prevarrà sulle armi. La richiesta dal
basso di responsabilità politica indica che i
cittadini fanno leva sulla legge e non sulla
faziosità politica, e vogliono che le istituzio-
ni funzionino. Il destino della Rdc è legato
al modo in cui Kabila lascerà il potere. Ma
inché non si ritirerà dalla corsa per un terzo
mandato, molti congolesi diideranno di
qualsiasi proposta di dialogo avanzata dal
governo. u sg
Africa e Medio Oriente
MAROCCO
Yemen SIRIA

La conferma Fallimenti
delle urne Riyadh sotto accusa ripetuti
“Il trionfo del Pjd”, titola in pri- Dopo alcuni giorni di calma re-
ma pagina il settimanale Tel- lativa, l’11 ottobre “Aleppo è ri-
Quel per confermare la vittoria piombata nell’inferno”, scrive
del Partito per la giustizia e lo L’Orient-Le Jour. Almeno 25
sviluppo (Pjd) alle elezioni del 7 persone sono state uccise in un
ottobre. Con 125 seggi, il partito attacco aereo russo sui quartieri
islamista è arrivato davanti al ribelli della città. A Daraa, nel
Partito autenticità e modernità sud della Siria, i razzi lanciati dai
KHALED ABDULLAH (REUTERS/CONTRASTO)

(Pam), vicino alla monarchia, ribelli sulle zone controllate dal

che ha ottenuto 102 seggi. Al governo hanno colpito una
terzo posto i conservatori del scuola, uccidendo cinque perso-
Partito dell’indipendenza (Pi), ne. I nuovi attacchi avvengono
con 46 seggi. Per il giornale “sullo sfondo di uno stallo diplo-
l’astensione al 45 per cento indi- matico totale”, commenta il
ca lo scarso interesse dei maroc- giornale libanese. L’8 ottobre al
chini per le elezioni, soprattutto Consiglio di sicurezza dell’Onu
la disafezione dei giovani, per la Russia aveva posto il veto a
cui alla ine a vincere “è sempre una risoluzione francese che
il palazzo”. Il sito d’informazio-
Migliaia di persone hanno protestato il 9 ottobre a Sanaa chiedeva la sospensione imme-
ne Le Desk s’interroga invece (nella foto), dopo che un attacco aereo durante i funerali di diata degli attacchi su Aleppo e
sulla possibile coalizione che un dignitario houthi aveva causato 140 morti. Il raid dell’8 l’accesso agli aiuti umanitari in
Abdelilah Benkirane, leader del ottobre è stato attribuito alla coalizione guidata dall’Arabia tutta la Siria. Anche la risoluzio-
Pjd riconfermato primo mini- Saudita. National Yemen sottolinea che gli Stati Uniti ne proposta da Mosca era stata
stro, dovrà formare per ottenere hanno annunciato di “voler riconsiderare” il loro sostegno bocciata. Il 10 ottobre il segreta-
la maggioranza assoluta di 198 rio generale dell’Onu Ban Ki-
a Riyadh. Dopo l’attacco dal territorio houthi sono stati
seggi su 395, necessaria per go- moon aveva chiesto di nuovo al
vernare il paese.
lanciati due missili contro una nave statunitense nel mar Consiglio di sicurezza di esigere
Rosso, che hanno mancato l’obiettivo. Un altro avrebbe dalla Corte penale internazio-
Il nuovo
parlamento invece colpito una base aerea vicino alla Mecca senza fare nale l’apertura di un’inchiesta
Seggi Variazione
Voti assegnati, dei seggi danni. Gli houthi hanno negato gli attacchi. u per crimini di guerra in Siria.
in % 2016 rispetto al 2011
Pjd 31,6 125 s +18
Pam 25,8 102 s +55 Da Ramallah Amira Hass
Pi 11,6 46 t -14
Rni 9,3 37 t -15 Tenete la bocca chiusa
Mp 6,8 27 t -5

Usfp 5,0 20 t -19

Altri 9,6 38
Fonte: Le Desk
IN BREVE
Etiopia Il 9 ottobre il primo mi-
nistro Hailemariam Desalegn
ha proclamato lo stato d’emer-
genza per sei mesi a causa delle
proteste delle popolazioni oro-
mo e amhara.
Israele-Palestina Il 9 ottobre
un palestinese di 39 anni ha uc-
ciso due israeliani, un poliziotto
e una donna, a Gerusalemme
Est. Le forze di sicurezza israe-
liane hanno reagito arrestando
decine di palestinesi.
-
Un uomo scrive un post su
Facebook o un articolo su in-
ternet. Non importa su quale
sito, quel che conta è che viene
arrestato. Ha criticato una cer-
ta politica uiciale, non im-
porta quale. Tra l’altro circola-
no versioni diverse sulla vicen-
da. Un giornalista conosciuto
e rispettato scrive un articolo
in difesa dell’uomo, ma il suo
articolo è respinto dal giornale
per cui lavora da vent’anni. Il
giornale respinge anche un ar-
ticolo irmato da un collabora-
tore su un altro tema: i possibi-
li eredi di un vecchio leader.
L’uomo arrestato è da sem-
pre un corrotto, mi rivela un ex
collega. È diventato corrotto
solo di recente, mi dice un al-
tro. Ha sempre abusato della
sua posizione, insiste il primo.
Ma non è importante, perché
la sua presunta corruzione non
è mai stata un problema per il
regime. L’aspetto principale è
il messaggio inviato all’uomo
e agli altri: non dovete critica-
re le politiche uiciali e l’uomo
che le stabilisce, il presidente
Abu Mazen. Di recente alcuni
giornalisti hanno ricevuto
messaggi simili: tenete la boc-
ca chiusa su certi argomenti. E
la minaccia funziona.
Contemporaneamente de-
cine di palestinesi sono arre-
stati dal governo israeliano per
i loro post su Facebook che in-
citerebbero all’odio. Passano
mesi in prigione e pagano mul-
te salate. Magari poi faranno
più attenzione. Questo non
impedisce però ad altri di scri-
vere un post per elogiare chi
uccide israeliani o per chiede-
re una nuova intifada.
Ma è la repressione inter-
na, ovviamente, quella più dif-
icile da sidare. u as

24 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

Europa
I rifugiati Lisbona, 6 ottobre 2016

al primo posto

The Hindu, India

ampio consenso mostrato dal

L’ Consiglio di sicurezza delle

Nazioni Unite sulla scelta di
António Guterres come segre-
tario generale fa ben sperare: il 5 ottobre
tredici su quindici paesi del consiglio, in-
ANdRe KOSteRS (ePA/ANSA)

clusi i cinque membri permanenti con di-

ritto di veto, hanno approvato la sua nomi-
na. Il nono segretario generale dell’Onu
dovrà afrontare una lunga serie di proble-
mi, tra cui la crisi dei rifugiati e la minaccia
del terrorismo, entrambi legati alla guerra
in Siria. L’esperienza di Guterres come alto
commissario delle Nazioni Unite per i rifu-
giati (Unhcr) gli sarà utile nel negoziare
soluzioni per accogliere i profughi siriani,
che sono ormai più di quattro milioni.
All’Unhcr Guterres si era concentrato sulla
riforma dell’organizzazione e aveva ridot-
to le spese interne per destinare più fondi
alle attività di assistenza. La questione dei
profughi gli sta chiaramente molto a cuore:
ha più volte fatto appello alla comunità in-
ternazionale e vuole continuare a essere il
loro portavoce.
Un’altra questione urgente sarà trovare
modi creativi per superare la frattura tra i
paesi occidentali da un lato e la Russia e la
Cina dall’altro. Proprio a causa del suo im-
pegno per i profughi Guterres è considerato
un “attivista”, e questo potrebbe rivelarsi
controproducente nella ricerca di una solu-
zione al conlitto siriano. Guterres non po-
trà permettersi ostruzionismi. Le Nazioni
Unite sono ritenute un’organizzazione im-
mobile e burocratica, e sono finite sotto
accusa per le violenze sessuali compiute
dai caschi blu nella Repubblica Centrafri-
cana. Guterres è considerato un’ottimo
stratega, ma dovrà scegliere uno staf all’al-
tezza. Ha già un accordo con Cina e Russia
su chi nominerà ai posti chiave? Manterrà
la promessa di creare una squadra compo-
sta al cinquanta per cento da donne?
Quest’obiettivo è stato issato vent’anni fa,
ma è ancora molto distante. Sotto questo
aspetto la stessa nomina di Guterres è stata
una delusione, dato che tra i candidati
c’erano sette donne e nessuna di loro è an-
data vicina alla vittoria. u gac
Le side di António Guterres
alla guida delle Nazioni Unite
João Marques de Almeida, O Observador, Portogallo
a prima prova che attende Antó-
L nio Guterres alla guida delle Na-
zioni Unite sarà difendere l’auto-
revolezza conquistata durante il
processo di selezione. L’ex primo ministro
portoghese ha dimostrato di essere il candi-
dato migliore e più preparato, ma all’ultimo
momento è stata lanciata un’altra candida-
tura, quella della commissaria europea Kri-
stalina Georgieva, nel tentativo di ostaco-
larlo. Questa manovra ha rivelato interes-
santi divisioni tra gli europei. Francia e Re-
gno Unito si sono alleati per impedire la
vittoria di Georgieva, che era sostenuta dal-
la Germania. La Commissione europea ha
voluto giocare una partita che non era la
sua, presentando informalmente Georgie-
va come la “candidata di Bruxelles”. Forse
ha sopravvalutato l’inluenza della Germa-
nia, ma è diicile capire perché non abbia
appoggiato l’europeo che si trovava nella
posizione migliore per essere eletto.
Per Guterres sarà cruciale il rapporto
con la Russia, che lo ha appoggiato solo nel-
la fase inale dell’elezione per boicottare la
candidata di Berlino. Le ambizioni espan-
sionistiche di Vladimir Putin si scontreran-
no inevitabilmente con il ruolo dell’Onu.
Inoltre l’alleanza tra il Cremlino e il governo
di Bashar al Assad impedirà qualsiasi solu-
zione a breve termine della guerra in Siria.
La storia c’insegna che quando un conlitto
coinvolge su fronti opposti i membri per-
manenti del Consiglio di sicurezza, il segre-
tario generale può fare poco o nulla.
Ma ci sono altri contesti in cui Guterres
potrà ottenere dei risultati. Il primo è il Mo-
zambico, dove potrebbe svolgere un ruolo
chiave nella ricerca di una soluzione pacii-
ca alle tensioni tra il governo e la Resistenza
nazionale mozambicana (Renamo). Un al-
tro è la Colombia. Nonostante la vittoria del
no al referendum sull’accordo tra il governo
e le Forze armate rivoluzionarie colombia-
ne (Farc), il processo di pace è ancora vivo.
L’ex presidente colombiano Álvaro Uribe,
che guida l’opposizione all’accordo, ha già
dichiarato di volere la pace, e le Farc hanno
confermato il loro impegno per trovare una
soluzione. È una situazione in cui l’inter-
vento pragmatico di un’autorità esterna
potrebbe essere decisivo.
Guterres dovrà afrontare anche altre
side. I rapporti tra India e Pakistan si sono
deteriorati, e nel sudest asiatico le tensioni
geopolitiche aumentano. Ma per il nuovo
segretario generale la prima emergenza
potrebbe nascere in Venezuela, dove la cri-
si politica potrebbe precipitare in un con-
litto violento. u as

26 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

 Tbilisi, 8 ottobre 2016 ungheria unionE EuroPEa
DAVID MDzINARISHVILI (REUTERS/CONTRASTO)

GEorGia
Filoccidentali
sconitti
Alle elezioni dell’8 ottobre il
partito centrista al governo, So-
gno georgiano, ha ottenuto il
48,8 per cento dei voti. Il Movi-
mento nazionale unito dell’ex
presidente Mikhail Saakashvili
si è fermato al 27,1 per cento.
Secondo il sito georgiano No-
vost “il dato più rilevante è che
in parlamento non sono entrati
altri partiti iloccidentali oltre al
Movimento nazionale, mentre
è riuscito a superare la soglia di
sbarramento l’Alleanza dei pa-
trioti della Georgia, che è forte-
mente antioccidentale e proba-
bilmente appoggerà il partito di
governo, inluenzandone gli
la guardia
una chiusura sospetta di Bruxelles
Il 6 ottobre è entrato in servizio
Magyar Nemzet, Ungheria il primo corpo europeo di guar-
L’8 ottobre il principale quotidiano di die di frontiera. La nuova agen-
zia prende il posto di Frontex,
opposizione, il giornale di
“che dipendeva troppo dalla
centrosinistra Népszabadság, ha buona volontà dei paesi euro-
sospeso le pubblicazioni. Sul suo sito è pei” ed “era istituzionalmente
comparso un comunicato dell’editore, inadatta alla sida rappresentata
la iliale ungherese del gruppo sul lungo periodo dalla pressio-
austriaco Mediaworks, secondo cui ne migratoria verso l’Europa”,
“negli ultimi dieci anni il giornale ha scrive Le Monde. L’agenzia
avrà sede a Varsavia e disporrà
perso il 74 per cento delle copie
di 1.500 agenti che potranno es-
vendute e nonostante i tagli non è riuscito a raggiungere sere schierati rapidamente su ri-
la sostenibilità economica”. Per il sito Budapest chiesta degli stati, ma potrà in-
Beacon, però, il vero motivo della chiusura è “la tervenire su decisione del Con-
pubblicazione di una serie di articoli che rivelavano come siglio europeo nel caso in cui un
paese non riesca a garantire la
il governatore della banca centrale György Matolcsy,
sorveglianza delle frontiere
uomo vicino al premier Viktor Orbán, avesse usufruito di
esterne dell’Unione. Se dovesse
un appartamento di proprietà di Mihaly Patai,
opporsi all’intervento dell’agen-
amministratore delegato di Unicredit Ungheria”. Il sito zia, lo stato in questione sareb-
nega che Népszabadság avesse problemi inanziari, be escluso dallo spazio Schen-
precisando che nel 2015 il quotidiano aveva generato gen di libera circolazione.
430mila euro di proitti. Anche il quotidiano Magyar
Nemzet sostiene che la chiusura non sia dovuta a ragioni
Lipsia, 10 ottobre 2016
economiche: “Nel retroscena s’intravede la politica e la
suscettibilità del governo, sempre meno tollerante nei
confronti delle voci critiche”. ◆
CARSTEN KOALL (GETTy IMAGES)

orientamenti”.

Turchia-russia regionale, scrive Hürriyet

Polonia-Francia
lite sugli
elicotteri
Il presidente francese François
Hollande ha annullato una visi-
ta a Varsavia dopo che il gover-
no polacco ha disdetto un ac-
cordo irmato dall’esecutivo
precedente per l’acquisto di 50
elicotteri militari Airbus. Se-
condo Dziennik Gazeta
Prawna è l’ennesimo passo fal-
so del governo conservatore di
Beata Szydło, che dalla sua ele-
zione nell’ottobre del 2015 ha
già avuto diversi scontri con i
partner europei: “Il governo
avrebbe potuto fare l’annuncio
dopo la visita di Hollande, inve-
ce così l’ha fatto sembrare un
insulto alla Francia”.
Erdoğan e Putin
più vicini
Il 10 ottobre il presidente russo
Vladimir Putin ha partecipato
al World energy congress a
Istanbul, la sua prima visita in
Turchia dopo la crisi diplomati-
ca seguita all’abbattimento di
un aereo militare russo in Siria
nel 2015. Confermando il riav-
vicinamento in corso negli ulti-
mi mesi, Putin e il presidente
turco Recep Tayyip Erdoğan
hanno annunciato di voler ri-
prendere i lavori per la costru-
zione del gasdotto Turkish
stream, che permetterebbe alla
Russia di diversiicare le sue vie
di accesso al mercato europeo e
alla Turchia di consolidare il
suo ruolo di snodo energetico
Daily News. Erdoğan e Putin
hanno anche annunciato di vo-
ler approfondire la cooperazio-
ne nel campo militare e in quel-
lo dell’energia nucleare, e di vo- in BrEvE
ler lavorare insieme a una solu- Germania Il 10 ottobre a Lipsia
zione della guerra in Siria e a un la polizia ha arrestato Jaber al
piano per la consegna di aiuti Bakr, un rifugiato siriano che
umanitari ad Aleppo. Nel con- stava preparando un grande at-
litto siriano Russia e Turchia tentato a Berlino. L’uomo è stato
sostengono fronti opposti, scri- catturato grazie alla collabora-
ve M.K. Bhadrakumar su Asia zione di alcuni siriani.
Times, ma potrebbero essere Lituania Il 9 ottobre i socialde-
vicine a un accordo che garanti- mocratici al potere sono stati
sca gli interessi di entrambe, sconitti al primo turno delle
come sembra suggerire il silen- elezioni legislative. Il nuovo go-
zio di Erdoğan sui bombarda- verno potrebbe essere formato
menti russi ad Aleppo. L’11 ot- da conservatori e centristi.
tobre Putin ha cancellato una Polonia Il parlamento ha boc-
visita in Francia in programma ciato il 6 ottobre, con 352 voti
per il 19 ottobre dopo che il go- contrari e 58 a favore, una legge
verno francese ha accusato la che prevedeva il divieto quasi
Russia di crimini di guerra. assoluto di ricorrere all’aborto.

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 27

 Americhe
Bogotá, 7 ottobre 2016. Il presidente Juan Manuel Santos con la moglie
FELIPE CAICEdO (VIzzORIMAgE/LATINCONTENT/gETTy IMAgES)
Un premio per rilanciare
la pace in Colombia
Semana, Colombia
Il presidente colombiano ha
vinto il Nobel per la pace per il
suo impegno nel mettere ine a
più di cinquant’anni di guerra
civile. Un riconoscimento
impensabile ino a pochi anni fa
el suo testamento Alfred Bern­
N hard Nobel, creatore dei premi
che portano il suo nome, dedi­
cò un paragrafo alla pace. Il
premio doveva essere assegnato a chi si fos­
se prodigato di più per la fraternità tra le
nazioni, l’abolizione o la riduzione degli
eserciti permanenti, e la formazione e l’in­
cremento dei processi di pace. Si capisce
quindi perché il comitato per il Nobel della
Norvegia ha assegnato, il 7 ottobre, il pre­
mio di quest’anno al presidente colombiano
Juan Manuel Santos. La cosa sorprendente
è che il riconoscimento sia arrivato dopo la
sconitta, il 2 ottobre, al referendum sugli
accordi di pace e che non l’abbia ricevuto
anche il leader delle Forze armate rivolu­
zionarie della Colombia (Farc), Rodrigo
Londoño Echeverri, noto come Timochen­
ko. Tuttavia il Nobel per la pace viene asse­
28 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
gnato più per gli sforzi fatti che per i risulta­
ti ottenuti, e la sconitta del sì non toglie
nulla all’enorme lavoro svolto per cinque
anni dal presidente colombiano. Timo­
chenko avrebbe vinto il Nobel se il risultato
del referendum fosse stato diverso. Ma da­
vanti alla crisi politica seguita alla vittoria
del no, il comitato del Nobel ha deciso che
la priorità fosse non solo premiare gli sforzi
compiuti, ma anche lanciare un salvagente
al processo di pace.
È comunque paradossale che Santos,
identiicato ino a poco tempo fa con la de­
stra e la politica del pugno di ferro, nel 2016
sia diventato il simbolo della pace nel mon­
do. Nel 2010 fu eletto presidente della Co­
lombia grazie ai successi militari ottenuti al
ministero della difesa, durante il secondo
governo di Álvaro Uribe. In quegli anni le
forze armate uccisero i guerriglieri Raúl
Reyes, Mono Jojoy e Alfonso Cano. Prima
di allora i leader delle Farc sembravano in­
vulnerabili. Tutti si aspettavano che Santos
proseguisse l’opera di Uribe e privilegiasse
la via militare per mettere ine al conlitto.
Ecco perché è stato accusato di tradimento
e ha rotto con il suo ex capo. Ma da buon
falco, il presidente colombiano è prima di
tutto un politico pragmatico e realistico.
Sapeva che la pace sarebbe stata possibile
solo dopo aver indebolito militarmente le
Farc, e che il presidente che fosse riuscito a
ottenerla avrebbe conquistato un posto pri­
vilegiato nella storia. Non rientrava tra i
suoi piani essere un presidente qualsiasi.
Quindi dietro questo Nobel per la pace c’è
una combinazione di talento, egocentri­
smo, perseveranza e fortuna.
Più energia e ottimismo
Il processo di pace colombiano è stato con­
siderato esemplare a livello internaziona­
le, nonostante le controversie interne al
paese. Il comitato ha sottolineato il rag­
giungimento dell’accordo con le Farc, un
obiettivo diicile, che ha richiesto costan­
za, pazienza e senso della politica. Questo
risultato è stato elogiato da molte persona­
lità che conoscono da vicino le esperienze
di guerra e risoluzione dei conlitti. Il se­
gretario generale dell’Onu Ban Ki­moon
ha lodato i contenuti dell’accordo di pace,
soprattutto l’aver messo le famiglie delle
vittime al centro dei negoziati.
Il presidente Santos donerà i soldi del
premio (circa 820mila euro) per contribui­
re al risarcimento delle famiglie delle vitti­
me del conlitto. Un altro fattore di cui ha
tenuto conto il comitato del Nobel è stato il
rischio di tornare allo scontro militare sul
terreno. “La guerra civile potrebbe rico­
minciare. Per questo è ancora più impor­
tante che le parti, guidate dal presidente
Santos e dal leader dell’organizzazione
guerrigliera Timochenko, continuino a ri­
spettare il cessate il fuoco”, hanno detto i
responsabili del Nobel.
Con il premio si realizza il sogno di San­
tos di passare alla storia come il presidente
che ha lottato per la pace in Colombia. Il
riconoscimento non aiuta a creare il con­
senso interno sugli accordi, ma consente di
dare più rilevanza al processo di pace. Inol­
tre, dimostra che il resto del mondo ha idu­
cia in quest’accordo e crede che possa esse­
re d’ispirazione per altri, dato il suo conte­
nuto innovativo sui temi della giustizia e
delle vittime. Resta da vedere quale sarà
l’efetto politico del Nobel assegnato a San­
tos. L’impatto psicologico si può già vedere:
mentre ringraziava per il premio, il presi­
dente aveva un’espressione molto diversa
da quella del giorno successivo alla sconit­
ta al referendum. Ma soprattutto era cam­
biato il suo stato emotivo: sembrava ener­
gico e ottimista. Forse questo lo aiuterà a
riprendere l’iniziativa politica. u fr
 Americhe
L’uragano Matthew
ha distrutto il sud di Haiti
Azam Ahmed, The New York Times, Stati Uniti
Il 4 ottobre il passaggio
dell’uragano sull’isola ha
provocato almeno mille vittime
e ha lasciato senza casa migliaia
di persone. C’è il rischio di una
nuova epidemia di colera
Port-Salut, sulla costa sudocci-
A dentale di Haiti, la devastazio-
ne è totale: animali morti gal-
leggiano nelle pozze create
dalla marea e, al posto delle case, si vedono
solo cumuli di cenere. Gli alberi sembrano
pali morti coniccati nella terra. Dal 4 otto-
bre, quando l’uragano Matthew si è abbat-
tuto su Port-Salut con venti che soiavano a
più di duecento chilometri all’ora e un muro
d’acqua, l’ospedale locale ha registrato 13
vittime. Sono morte molte più persone di
quanto dicono i dati uiciali.
Émilien Clerveaux è morto provando a
salvare la iglia: un detrito volante l’aveva
colpita alla testa. La zia di Elouse Maître è
stata trascinata in mare con quattro cugini
quando le onde si sono portate via la sua ca-
panna. I due igli di Destine Rosevald, di 4 e
6 anni, sono morti tra le sue braccia mentre
Haiti, Jérémie, il 9 ottobre 2016
DIEU NALIo CHERy (AP/ANSA)
30 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
cercava di portarli in salvo. In tutto il paese
le vittime dell’uragano Matthew sono più di
mille. Secondo fonti sanitarie locali, un’epi-
demia di colera scoppiata in tre centri abita-
ti del sud ha già ucciso più di dieci persone e
ne ha contagiate almeno sessanta. È troppo
presto per fare un bilancio preciso delle
conseguenze dell’uragano. Solo nel sud
dell’isola ci sono migliaia di persone bloc-
cate a causa dei gravi danni alle infrastrut-
ture, già di per sé carenti. Più di 170 persone
sarebbero morte a Les Anglais, che è rag-
giungibile solo in elicottero. Haiti, il paese
più povero dell’America Latina, con una po-
polazione di circa dieci milioni di abitanti,
non è riuscita a prepararsi in modo adegua-
to all’uragano. Anche se le agenzie conti-
nuano a parlare di almeno mille vittime, il
governo ad interim di Jocelerme Privert ri-
badisce che i morti sono 473. Le autorità
mettono nel conto solo le vittime veriicate,
e le veriiche non possono essere completa-
te ino a quando non sarà ripristinato l’ac-
cesso alle aree rimaste isolate.
Montagna di pietre
Sul fatto che Port-Salut sia distrutta non ci
sono dubbi. Quasi nessuna casa è stata ri-
sparmiata dall’uragano e molte sono state
ridotte a un cumulo di detriti. L’area occi-
dentale è stata la più colpita, con intere se-
zioni del lungomare spazzate via. In piedi
sul ciglio della strada, Destine Rosevald
quasi non si accorge dell’attività intorno a
lui. Quando è arrivato l’uragano Matthew,
Rosevald ha cercato di restare con i igli e la
madre. Poi, dopo che il vento e la pioggia
hanno sradicato il tetto della casa, è scappa-
to. È corso verso la porta d’uscita ma ha
sentito uno schianto in salotto. Quando è
tornato indietro ha trovato il iglio di 4 anni
e la madre sotto le macerie. Li ha tirati fuori
e ha aferrato il bambino privo di sensi. Ha
preso in spalla la iglia Naomie ed è corso
fuori, con la madre che lo seguiva. Un palo
che volteggiava in aria ha colpito la bambi-
na alle costole. Rosevald ha continuato a
camminare ino a quando ha raggiunto la
casa di un vicino. La mattina dopo entrambi
i bambini erano morti.
L’8 ottobre i residenti hanno portato via
i detriti di legno che avevano sommerso la
cittadina, lavorando con i machete e le asce,
spostando alberi e rami caduti sulle case.
All’ospedale locale sono arrivati decine di
feriti. Una ragazza gridava mentre le infer-
miere le medicavano i tagli sulla gamba. “È
come se stessimo morendo lentamente”,
spiega Micheline Clerveaux, la figlia di
Émilien. “Non abbiamo più niente per cui
vivere”. La famiglia Clerveaux si è raccolta
dove un tempo c’era la loro casa, in un’area
ridotta a una montagna di pietre. Émilien è
stato sepolto nella tomba di famiglia dietro
la casa, con una lastra di cemento posta so-
pra la terra e dipinta di blu.
Émilien Clerveaux era un agricoltore,
coltivava patate, mais e fagioli per sfamare
la famiglia. I vicini hanno dato una mano a
seppellirlo e stanno ospitando e sfamando
la moglie e i igli. Continueranno a farlo ino
a quando servirà. u as
 Stati Uniti STATI UNITI

Leggi
Il crollo di Donald Trump punitive
“Ogni giorno in media nelle pri-
eFRaIN PaTINO (aP/aNSa)

JIm YOUNg (ReUTeRS/CONTRaSTO) gioni statunitensi ci sono 137mi-

la persone accusate di reati lega-
ti al possesso di droga”, scrive il
Washington Post citando uno
studio dell’american civil liber-
ties union. “La maggior parte di
COLOMBIA loro non è stata condannata ma
Al via il dialogo aspetta di comparire in tribuna-
le, e l’attesa potrebbe durare
con l’Eln mesi, visto che non hanno i soldi
per pagare la cauzione”. Secon-
Nel clima di incertezza sul futu- do il rapporto ogni anno la poli-
ro dei negoziati di pace tra il go- zia arresta più persone per pos-
verno di Bogotá e le Forze arma- sesso di marijuana che per tutti i
te rivoluzionarie della Colombia reati violenti messi insieme.
(Farc), l’11 ottobre il presidente Il dibattito tra Clinton e Trump. St. Louis, 9 ottobre 2016 “L’8 novembre California, ari-
Juan manuel Santos e l’esercito “Non era mai successo che un candidato alla presidenza zona, massachusetts, maine e
di liberazione nazionale (eln, Nevada voteranno per legalizza-
degli Stati Uniti entrasse in guerra con i dirigenti del suo
nella foto) hanno annunciato che re la produzione e il consumo di
apriranno un dialogo a Quito, in stesso partito un mese prima delle elezioni”, scrive
marijuana”, scrive The Atlan-
ecuador, il 27 ottobre. Il presi- Politico commentando l’ultima settimana di campagna tic. “Secondo i sondaggi il sì è in
dente Santos ha detto che “il elettorale. Tutto è cominciato il 7 ottobre, quando il vantaggio in tutti gli stati”.
tempo è il nemico più grande”. Washington Post ha pubblicato un video in cui Donald
alla vigilia dell’annuncio, scrive Trump pronuncia frasi volgari e sessiste, tra cui: “Sono
Semana, la guerriglia ha libera- automaticamente attratto dalle belle donne, inizio subito a
to Nelson alejandro alarcón.
baciarle. Quando sei famoso te lo lasciano fare. Puoi fare
L’uomo era stato sequestrato nel
dipartimento di arauca, al con- tutto”. Durante il secondo dibattito presidenziale, che si è
ine con il Venezuela. Il 6 otto- tenuto il 9 ottobre, Trump si è scusato per le sue frasi, che
bre l’eln aveva liberato un altro ha deinito “conversazioni da spogliatoio”, ma ha anche
ostaggio. accusato Bill Clinton, ex presidente degli Stati Uniti e
marito della candidata democratica Hillary Clinton, di
aver abusato di almeno quattro donne. Trump ha anche
ROSaRIO3.COm

HONDURAS
detto che se lui fosse presidente Hillary Clinton “sarebbe
Un attacco in galera” per aver usato un account di posta privato ai
sventato tempi in cui era segretaria di stato. Tutto questo ha spinto IN BREVE
molti dirigenti repubblicani a prendere le distanze dalla Argentina L’11 ottobre migliaia
Sette mesi dopo l’omicidio della sua candidatura. L’11 ottobre Paul Ryan, presidente della di persone hanno partecipato al-
militante ambientalista hondu- camera dei rappresentanti, ha detto che non difenderà più le manifestazioni a Rosario (nel-
regna Berta Cáceres, l’11 ottobre Trump. “Ora molti repubblicani danno per scontata la la foto) e a Buenos aires per
due esponenti del Consiglio del- chiedere misure contro l’au-
sconitta di Trump l’8 novembre, e pensano che il partito
le organizzazioni popolari e in- mento della criminalità.
digene dell’Honduras (Copinh)
dovrebbe concentrarsi sulle elezioni per il senato e per la Brasile L’11 ottobre il segretario
hanno subito delle aggressioni camera, in modo da non perdere la maggioranza al alla sicurezza dello stato di Rio
che avrebbero potuto costargli congresso”, scrive il Wall Street Journal. I sondaggi de Janeiro, José mariano Beltra-
la vita. “Il leader del Copinh sembrano confermare questi timori. Quelli condotti dopo me, si è dimesso a causa dell’au-
Tomás gómez membreño”, la difusione del video mostrano che Trump sta perdendo mento delle violenze.
scrive il Guardian, “ha subìto molti consensi, soprattutto tra le donne. Secondo il Stati Uniti La corte suprema ha
un attacco a fuoco contro il suo deciso l’11 ottobre di occuparsi
modello elaborato dal New York Times, che si basa sui
veicolo. Poche ore prima ale- della questione della possibile
xander garcía, del Copinh, era a
sondaggi realizzati a livello nazionale e statale, Clinton ha incriminazione di alcuni ex alti
casa con la famiglia quando so- l’88 per cento di possibilità di vincere le elezioni, e i funzionari del governo per le de-
no stati sparati dei colpi contro democratici hanno il 50 per cento di possibilità di prendere tenzioni illegittime messe in at-
la porta della sua abitazione”. il controllo del senato. u to dopo l’11 settembre 2001.

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 31

Asia e Paciico
Un accordo pericoloso
per i profughi afgani
Jovana Gec, Associated Press, Stati Uniti
Migliaia di afgani diretti in
Europa sono bloccati nei
Balcani. E in base al nuovo
accordo tra Bruxelles e Kabul
rischiano di essere rispediti
in Afghanistan
anno fatto tanta strada, con-
H
segnato gran parte dei loro
soldi ai trafficanti e sono ri-
masti accampati all’aperto
per settimane: i migranti afgani bloccati nei
Balcani non hanno alcuna intenzione di
tornare indietro, anche se in base al nuovo
accordo tra l’Unione europea e Kabul la
prospettiva più probabile per loro è il rimpa-
trio. Migliaia di giovani afgani in Serbia e in
altri paesi della regione sono decisi a rag-
giungere l’Unione, nonostante i confini
chiusi e l’accordo irmato il 2 ottobre a Bru-
xelles che renderà più facile rispedire a casa
i cittadini afgani a cui è stato riiutato l’asilo.
L’accordo, concordato alla vigilia della con-
ferenza in cui i paesi donatori hanno annun-
ciato quanto denaro investiranno per la ri-
costruzione dell’Afghanistan nei prossimi
quattro anni (15,2 miliardi di euro in totale),
32 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
è stato molto criticato dalle organizzazioni
umanitarie. Secondo Imogen Sudbery, ca-
po della sede di Bruxelles dell’International
rescue committee, il piano preoccupa per
diversi motivi: “Questi accordi sono stati
conclusi a porte chiuse e discussi senza
coinvolgere la società civile, senza tener
conto della sicurezza delle persone e della
realtà sul campo. È un precedente preoccu-
pante per l’Europa. L’idea di rispedire don-
ne e bambini in un paese in guerra è insen-
sata”. Il documento stabilisce alcune misu-
re per rimpatriare i cittadini afgani, tra cui
l’istituzione di voli charter, l’emissione di
documenti di viaggio e la costruzione di un
apposito terminal all’aeroporto di Kabul.
Minori non accompagnati
Per l’Unione europea il piano ha lo scopo
“di istituire un processo rapido, eicace e
gestibile per un rientro tranquillo, dignito-
so e ordinato dei cittadini afgani” che non
ricevono asilo. L’Afghanistan è in guerra da
decenni. Di recente vicino a Kunduz si sono
riacutizzati gli scontri tra esercito e taliban,
e aumentano i civili in fuga. Nel 2015 ne so-
no stati uccisi undicimila, mentre gli sfolla-
ti sono oggi 1,2 milioni. Il fatto che la Serbia
non faccia parte dell’Unione rende ancora
più complicata la situazione degli afgani
bloccati lì. Il paese ha chiesto di essere in-
cluso nell’accordo per i rimpatri. I migranti
a Belgrado dicono che non sarebbero al si-
curo in Afghanistan, dove non potrebbero
inire gli studi né trovare un lavoro.
La Germania e gli altri paesi dell’Unione
cercano di limitare l’alusso di profughi do-
po averne accolti più di un milione nel 2015.
Per il governo tedesco l’accordo con l’Af-
ghanistan ofrirà una “base aidabile” sia
per i rimpatri volontari sia per quelli forzati.
Sudbery giudica “molto negativa” la clau-
sola in base alla quale i minori non accom-
pagnati possono essere rimpatriati se sono
garantiti “un’accoglienza e degli accordi di
presa in carico adeguati”. Non è chiaro, in-
fatti, come farà Bruxelles a veriicare questi
aspetti. Rados Djurovic dell’ong Asylum
protection center sottolinea che le richieste
d’asilo vanno esaminate singolarmente,
tenendo conto del fatto che alcune zone del
paese sono ancora molto pericolose.
Gli afgani sono circa la metà dei seimila
migranti ammassati in Serbia da quando
l’Ungheria ha inasprito le regole per i richie-
denti asilo e ha raforzato il conine con re-
cinzioni di ilo spinato e pattugliamenti. Il 4
ottobre centinaia di afgani in Serbia hanno
manifestato percorrendo 40 chilometri a
piedi verso il conine ungherese. u gim
Da sapere
Un paese sempre meno sicuro
Attentati terroristici in Afghanistan
Fonte: The Economist
Attacchi Civili morti
terroristici Civili feriti
2,4
8
1,8 6
1,2 4
0,6 2
0 0
2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016
u Il 3 ottobre 2016 i taliban hanno attaccato il
centro di Kunduz, la città di cui un anno fa ave-
vano preso temporaneamente il controllo. Le
forze afgane hanno respinto l’attacco, ma gli
scontri con i taliban continuano in altre zone
del paese. L’11 ottobre in un attentato rivendica-
to dal gruppo Stato islamico in un santuario scii-
ta di Kabul sono morte 14 persone. Altrettante
le vittime di un attacco a Balkh. Oltre alla vio-
lenza in aumento, gli afgani sono alle prese con
un tasso di disoccupazione del 35 per cento.
 Pechino, 11 ottobre 2016
THoMAS PETER (REuTERS/CoNTRASTo)
CINA
La protesta
dei militari
L’11 ottobre più di un migliaio di
uomini in divisa hanno manife-
stato in centro a Pechino, da-
vanti al ministero della difesa. I
giornalisti stranieri, scrive la
Commercial Radio di Hong
Kong, sono stati tenuti a distan-
za e non hanno potuto parlare
con i manifestanti ma la prote-
sta pare fosse legata ai tagli al
personale nelle forze armate e
alla richiesta di un ricolloca-
mento in ambito civile. La rior-
ganizzazione dell’esercito volu-
ta dal presidente Xi Jinping, in-
fatti, prevede 300mila esuberi
su 2,3 milioni di efettivi. Le ma-
nifestazioni dei militari non so-
no una novità, e in genere sono
organizzate da veterani che
chiedono pensioni più alte. Ma è
la prima volta che ce n’è una così
grande nel centro della capitale.
AUSTRALIA
Battaglia
sulle nozze gay
L’11 ottobre Bill Shorten, leader
del Partito laburista, all’opposi-
zione, ha annunciato che osta-
colerà il referendum sul matri-
monio tra persone dello stesso
sesso. Il primo ministro Mal-
colm Turnbull, infatti, vuole
sottoporre la questione diretta-
mente agli elettori. “un enorme
spreco di denaro”, dice Shorten,
“che non piace ai difensori dei
diritti dei gay”. L’opposizione
preme perché sia il parlamento
a votare la legge, scrive News.
DR
Filippine
Cento giorni di Duterte
Esquire, Filippine
“Per quanto tempo dobbiamo
continuare a indignarci prima di
agire?”, si chiede su Esquire Clinton
Palanca in un articolo dedicato ai
primi cento giorni di mandato del
presidente ilippino Rodrigo Duterte.
“Viviamo a Dutertopia e le cose
peggiorano di giorno in giorno. In
cima alla lista ci sono gli omicidi
extragiudiziali, che sono sempre di più. E c’è l’ossessione
di Duterte per la droga: l’idea che i tossicodipendenti
siano ‘contagiosi’ e che per risolvere il problema del
sovrafollamento delle carceri la soluzione sia ucciderli.
Quando i nostri amici, con cui abbiamo condiviso cene in
allegria e che riteniamo persone intelligenti, gentili e
generose dicono non solo che sono d’accordo con questa
politica violenta ma anche che è un bene per il paese, ci
sentiamo traditi. Meno persone di quante pensiamo sono
turbate da tutto ciò. La graduale accettazione della
situazione è un lento precipitare verso il fondo e verso la
dittatura. Il rifugio più sicuro è aspettare e protestare
senza convinzione, come faremmo con chi si ofre di
pagare il conto. Ma non è detto che la via più prudente sia
la migliore. Noi saremo più in pericolo, il governo sarà
meno democratico e il paese meno civile”. ◆
PAKISTAN to inserito nella lista delle perso-
ne che non possono lasciare il
Scontro paese perché il 6 ottobre aveva
al vertice riferito in un articolo di uno
scontro senza precedenti tra il
Il 10 ottobre Cyril Almeida (nel- primo ministro Nawaz Sharif e il
la foto), editorialista del quoti- capo dell’intelligence militare
diano Dawn, è stato avvisato (Isi) Rizwan Akhtar. Secondo un
che il giorno dopo non sarebbe alto funzionario anonimo, si leg-
potuto partire per Dubai come ge in quell’articolo, Sharif ha av-
previsto. Almeida, infatti, è sta- vertito Akhtar che per contra-
stare il crescente isolamento del
Pakistan a livello internazionale
è necessario agire contro Jaish-
e-Mohammad, Lashkar-e-Taiba
e la rete Haqqani. Sharif si è la-
mentato del fatto che quando le
autorità civili hanno preso misu-
re contro esponenti di quei
gruppi armati, responsabili di
attentati in Afghanistan e in In-
dia, l’Isi ha lavorato dietro le
scene per liberare gli arrestati.
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
GIAPPONE
Troppi suicidi
sul lavoro
“Il suicidio della dipendente
dell’agenzia pubblicitaria Dent-
su ci ricorda che il karōshi (mor-
te per troppo lavoro) è un pro-
blema che l’intera società giap-
ponese deve afrontare”, scrive
l’Asahi Shimbun dopo che la
morte della donna, avvenuta
nel 2015, è stata legata uicial-
mente all’eccessivo lavoro. Il 7
ottobre il governo ha presentato
il primo libro bianco sul karōshi,
come stabilito da una legge del
2014 sulla prevenzione del fe-
nomeno. Secondo il documen-
to, in un’azienda su cinque i la-
voratori accumulano circa 80
ore di straordinari mensili. Per il
ministero della salute nel 2015 i
suicidi o i tentati suicidi legati al
lavoro sono stati 93, ma la poli-
zia parla di 2.159 suicidi dovuti a
problemi lavorativi.
IN BREVE
Birmania Nella notte tra l’8 e il
9 ottobre nove poliziotti sono
morti in una serie di attacchi
compiuti da un gruppo armato
nello stato Rakhine, al conine
con il Bangladesh. Nei giorni se-
guenti altre dodici persone sono
morte negli scontri tra soldati e
presunti militanti dell’organiz-
zazione. Per le autorità si tratta
di un gruppo ribelle legato alla
minoranza musulmana dei ro-
hingya, che da tempo subisce
discriminazioni nello stato.
Pakistan Il 6 ottobre il parla-
mento ha approvato una legge
che aggrava le pene per le vio-
lenze contro le donne.
33
 Visti dagli altri
Matteo Renzi il 2 luglio 2016 a Roma
ChRIStIAn MAntUAnO (OneShOt)
La riforma costituzionale
è un ponte verso il nulla
Tony Barber, Financial Times, Regno Unito
Le modiiche alla costituzione
proposte dal governo di Matteo
Renzi non risolveranno
i problemi del sistema politico
italiano, scrive il Financial times
lla ine di settembre il presiden-
A te del consiglio italiano Matteo
Renzi ha lasciato perplesse
molte persone quando ha pro-
posto di rilanciare il progetto di costruire un
ponte tra l’Italia continentale e la Sicilia. Se
fosse realizzato, sarebbe il ponte sospeso
più lungo del mondo. Questo progetto, che
costerebbe miliardi di euro, è associato a
Silvio Berlusconi, che lo ha sostenuto quan-
34 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
do era presidente del consiglio. È stato ab-
bandonato nel 2013 a causa dei costi, dei ri-
schi in caso di terremoti e per il timore che i
clan maiosi potessero arricchirsi con gli
appalti sui lavori.
Perché Renzi, che nel 2012 aveva critica-
to il ponte deinendolo uno spreco di dena-
ro, oggi dice di vederne i vantaggi? Una
delle risposte riguarda la complicata posi-
zione in cui si trova in vista del referendum
sulle riforme costituzionali, previsto per il 4
dicembre. Riproponendo un’opera cara a
Berlusconi, Renzi spera di ridurre le possi-
bilità che i parlamentari leali all’ex premier
e altri politici di centrodestra facciano ca-
dere il suo governo se dovesse perdere il
referendum. Si può discutere dell’opportu-
nità di costruire un ponte sopra le acque
dove, tremila anni fa, Omero immaginò che
i mostri di Scilla e Cariddi attaccassero
Ulisse. Ma la questione principale è che,
contrariamente a quello che sostiene Ren-
zi, le riforme costituzionali proposte fareb-
bero ben poco per migliorare la qualità del
governo, del processo legislativo e della po-
litica in Italia. I poteri del senato, la camera
alta del parlamento, verrebbero drastica-
mente ridotti a favore della camera. Il sena-
to non sarebbe più eletto con un voto popo-
lare diretto, ma sarebbe formato per lo più
da sindaci e consiglieri regionali, e i senato-
ri scenderebbero da 315 a cento.
Renzi sostiene che il sistema di governo
previsto dalla costituzione del 1948 è la cau-
sa della perenne instabilità della politica
italiana. Attualmente le due camere del
parlamento hanno identici poteri. Nessuna
proposta diventa legge ino a quando la ca-
mera e il senato non approvano un testo
comune. Secondo Renzi questo meccani-
smo genera inutili ritardi che legano le mani
a governi benintenzionati, come il suo, che
vogliono approvare riforme per moderniz-
zare il paese.
Non è colpa del senato
In realtà la storia dei governi italiani dopo
la seconda guerra mondiale, compreso
quello di Renzi, contraddice il suo ragiona-
mento. Ogni anno il parlamento italiano
approva più leggi dei parlamenti di Fran-
cia, Germania, Regno Unito e Stati Uniti.
Anche se non ha la maggioranza in senato,
la coalizione guidata da Renzi è riuscita a
far approvare i tagli alle tasse e la riforma
del mercato del lavoro che erano al centro
del suo programma.
E non è colpa del senato se in Italia ci so-
no stati più di sessanta governi negli ultimi
settant’anni. La ragione principale è la
frammentazione dei partiti politici, che ri-
lette la frammentazione della società ita-
liana. Ogni partito, e ogni fazione di ciascun
partito, difende una precisa serie d’interes-
si economici, geograici, ideologici, religio-
si o sociali, o perino gli interessi privati del
suo capo, come succedeva quando Forza
Italia, il partito di Berlusconi, era il partito
di maggioranza al governo.
L’Italia non ha bisogno di più leggi né di
approvarle più rapidamente. Ha bisogno di
meno leggi e che siano migliori. Devono
essere scritte con attenzione e attuate dav-
vero, senza essere bloccate o aggirate dalla
pubblica amministrazione, dagli interessi
particolari o dai cittadini. Inoltre, la riforma
costituzionale approvata dal parlamento è
legata a una legge elettorale che prevede un
premio di maggioranza alla camera per il
partito vincitore, garantendogli una solida
maggioranza per un mandato di cinque an-
ni. Anche la legge elettorale, concepita nel
2014 da Renzi e Berlusconi, è una riforma
pessima.
Nelle capitali dell’Unione europea c’è la
sensazione che Renzi meriti di essere soste-
nuto. Un’Italia senza guida, vulnerabile alla
crisi inanziaria e ai messaggi del Movimen-
to 5 stelle contro l’establishment, creerebbe
dei problemi. Ma una vittoria del sì il 4 di-
cembre potrebbe rendere evidente la follia
di mettere l’obiettivo tattico della sopravvi-
venza di Renzi davanti alla necessità di cre-
are una democrazia sana in Italia. u f
L’opinione
Un passo indispensabile
The Economist, Regno Unito
Votando per il no l’Italia
perderebbe un’occasione per
ripartire e scatenerebbe una crisi
economica in Europa
esito del referendum del 4 dicem-
L’ bre sarà cruciale per il premier
Matteo Renzi, che mesi fa ha pro-
messo di dimettersi se gli italiani voteran-
no contro le riforme costituzionali. Quella
di Renzi è stata una scelta avventata. Per-
sonalizzando il voto, infatti, il presidente
del consiglio ha dato agli elettori l’oppor-
tunità di esprimere un voto di protesta
contro la sua coalizione, formata da partiti
di destra e di sinistra, e di punire il gover-
no per non essere riuscito a far ripartire
l’economia. La vittoria del governo, che
inizialmente sembrava certa, oggi appare
molto meno scontata. Secondo un son-
daggio dell’istituto Eumetra, gli oppositori
della riforma sono in vantaggio di dieci
punti percentuali. Come è possibile?
L’obiettivo della riforma è rendere
l’Italia – che dopo la nascita della repubbli-
ca ha avuto 63 governi – un paese più go-
vernabile. Ma se in Italia i governi non rie-
scono a portare a termine i loro program-
mi non è solo perché durano poco. La ca-
mera dei deputati e il senato hanno gli
stessi poteri, e una proposta di legge deve
fare avanti e indietro da una camera all’al-
tra inché non viene approvata da entram-
be nella stessa forma. La riforma costitu-
zionale ridurrebbe drasticamente i poteri
del senato. Un altro motivo per cui in Italia
è diicile cambiare le cose è che le ammi-
nistrazioni regionali hanno competenze
che si sovrappongono a quelle del governo
centrale. La riforma afronterebbe anche
questo problema.
I sostenitori del no dicono anche che la
riforma, abbinata alla nuova legge eletto-
rale approvata dal parlamento (ma che po-
trebbe essere ridiscussa), concederebbe
troppo potere al premier. Se fosse attuata,
il capo del governo resterebbe in carica
per cinque anni con una maggioranza par-
lamentare garantita, senza doversi preoc-
cupare di una ribellione all’interno dei
suoi ranghi, perché la prospettiva di riele-
zione dei deputati non dipenderebbe più
dalla loro popolarità nei collegi ma dalla
fedeltà al leader.
Utile populismo
Gli investitori sono spaventati non tanto
perché l’Italia potrebbe perdere un’occa-
sione unica per rimettersi in sesto, ma per-
ché l’uscita di scena di Renzi potrebbe
gettare nuovamente il paese nel caos poli-
tico e scatenare una grave crisi nell’econo-
mia dell’Unione europea. L’Italia è un
anello debole nel continente: ha un debito
del 132,7 percento del pil e un settore ban-
cario appesantito da debiti tossici dopo
anni di crescita stentata. Inoltre, il princi-
pale partito di opposizione, che beneice-
rebbe di un’eventuale crisi di governo, è il
Movimento 5 stelle, il partito fondato da
Beppe Grillo e composto in gran parte da
politici esordienti. Non è afatto detto che
un partito simile saprebbe gestire l’econo-
mia nazionale. Le possibilità di vittoria di
Renzi aumenterebbero se arrivassero
buone notizie dall’economia. Ma la situa-
zione economica resta preoccupante. No-
nostante l’apprezzata riforma della legge
sul lavoro, il numero di contratti a tempo
indeterminato si è ridotto di un terzo nei
primi sette mesi del 2016. Sulla lessibilità
iscale, l’Italia resta vincolata all’eurozo-
na, e né la Commissione europea né la
cancelliera tedesca Angela Merkel sem-
brano disposte a fare concessioni a Renzi.
Questo spiega perché il premier ha punta-
to i piedi durante il vertice europeo di Bra-
tislava, riiutandosi di partecipare a una
conferenza stampa congiunta con Merkel
e il presidente francese François Hollan-
de. Mostrando esasperazione per le politi-
che d’austerità volute da Bruxelles, Renzi
ottiene un doppio risultato: può incolpare
qualcun altro per le diicoltà economiche
dell’Italia ed esprimere posizioni euro-
scettiche, che sono sempre più popolari.
Con l’avvicinarsi del referendum è proba-
bile che assisteremo ad altre prese di posi-
zione simili. u as
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 35
Le opinioni

Perché bisogna reagire

all’orrore di Aleppo
Paul Mason
na singola giornata di combattimen- presidente degli Stati Uniti, il riiuto della sua ammini-

U ti della seconda guerra di indipen- strazione di trattare i detenuti di Al Qaeda in Afghani-

denza italiana, nel giugno 1859, pro- stan come normali combattenti, e la tolleranza delle
vocò la morte o il ferimento di qua- autorità nei confronti della tortura, della violenza ses-
rantamila soldati italiani, francesi e suale e delle uccisioni extragiudiziali hanno creato i
austriaci. La battaglia di Solferino presupposti per i crimini commessi oggi da Arabia
avrebbe potuto essere ricordata semplicemente per Saudita, Turchia, Russia e dal regime siriano.
questo massacro, se non fosse stato per la presenza Dopo l’Iraq la barbarie di stato è stata naturalmen-
dello svizzero Henry Dunant. Dunant passò vari giorni te ripresa e aggravata dai criminali di guerra del grup-
a occuparsi dei feriti, scrivendo delle memorie che po Stato islamico, per i quali i divieti della convenzione
portarono alla creazione della Croce rossa e alla prima di Ginevra appaiono quasi come una lista di cose da
convenzione di Ginevra del 1864. La battaglia di Sol- fare.
ferino ha ispirato il principio secondo il quale gli ospe- Ma sta succedendo qualcosa di più profondo, che
dali e il personale medico militare non sono obiettivi indebolisce la nostra disposizione verso la pietà uma-
di guerra legittimi. Oggi, con i bombar- na. Il modo in cui giornali e tv racconta-
damenti russi degli ospedali in Siria, Fin dai genocidi in no i conlitti anestetizza la guerra. Le
quelli sauditi in Yemen e quelli statuni- Bosnia e in Ruanda, regole televisive del Regno Unito, per
tensi in Afghanistan, quanti ofrono aiu- la principale esempio, pongono severe limitazioni
to medico in guerra ritengono ormai che ilosoia dei conlitti alla possibilità di mostrare la guerra, i
questo principio non valga più. recenti è stata corpi mutilati e l’agonia dei feriti, tutti
Dall’inizio dell’anno, secondo Medi- quella del “noi, elementi che avevano spinto Dunant a
ci senza frontiere (Msf ), 21 strutture me- persone normali, cambiare il mondo.
diche in Yemen e in Siria sono state at- Oggi, i Caschi bianchi siriani – un’or-
contro un nemico
taccate. Il 3 ottobre 2015 un ospedale di ganizzazione che fornisce assistenza
inumano, straniero
Msf a Kunduz, in Afghanistan, è stato medica inanziata da Stati Uniti e Unio-
distrutto da un attacco statunitense, in
e irrazionale”. ne europea – sono accusati di non essere
cui sono morte 42 persone tra pazienti e neutrali. Con questo pretesto si intensi-
personale medico. Una risoluzione dell’Onu di mag- icano gli attacchi aerei russi contro gli ospedali delle
gio invitava a non colpire le strutture mediche. Msf aree controllate dai ribelli. Al di là della questione del
aferma che la risoluzione non ha determinato “alcuna inanziamento dei Caschi bianchi da parte delle po-
diferenza sul terreno” e che quattro dei cinque mem- tenze occidentali, la neutralità è secondaria rispetto al
bri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu fatto che si tratta di un’organizzazione sanitaria e che
sono attivamente coinvolti in coalizioni che, con le lo- gestisce dei servizi d’ambulanza e soccorso. Entrambe
ro truppe, hanno attaccato gli ospedali. le attività hanno diritto a essere protette in base alla
Fin dai genocidi in Bosnia e in Ruanda, e con la convenzione di Ginevra.
frammentazione di numerosi stati per motivazioni et- Il pericolo dovrebbe essere ovvio per tutti. Se non
niche o religiose, la principale ilosoia dei conlitti la smettiamo, se non ci decidiamo a punire gli attacchi
recenti è stata quella del “noi, persone normali, contro contro gli ospedali nelle guerre asimmetriche, con la
un nemico inumano, straniero e irrazionale”. Una si- prossima guerra di grandi dimensioni – se mai dovesse
mile caratterizzazione esisteva già nelle guerre arrivare – la convenzione di Ginevra sarà completa-
dell’epoca di Solferino, ma fu temperata dal desiderio mente cancellata. Guernica mostrò a un’intera gene-
di creare un diritto internazionale, e dall’esistenza di razione che aspetto avrebbe avuto la seconda guerra
movimenti operai capaci di lanciare appelli transna- mondiale. Aleppo ci mostra in dove si spingerà il pros-
zionali alla “pace tra fratelli”, come fecero sia i france- simo conlitto, se non decidiamo di fare qualcosa. PAUL MASON
si sia i tedeschi durante la guerra franco-prussiana. Le parole dell’Onu non possono più bastarci. Ab- è un giornalista
britannico esperto di
Una volta compreso che il soldato nemico disteso biamo bisogno di un movimento dal basso, come quel-
economia. Collabora
sul tavolo operatorio è un essere umano, e che tuo i- lo che ha portato alla creazione della Croce rossa, e
con il Guardian e con
glio potrebbe trovarsi su un tavolo simile oltre le linee che negli anni settanta ha fatto nascere Msf. Dobbia- Channel 4. In Italia
nemiche, si comprende la logica dei princìpi contenu- mo capire, come avevano capito i soccorritori militari ha appena pubblicato
ti nella convenzione di Ginevra. Una logica che però dell’ottocento, che se tolleriamo la brutalità nelle Postcapitalismo. Una
oggi è calpestata. Se si vuole trovare un responsabile, guerre lontane, questa potrà facilmente arrivare ino a guida al nostro futuro
si può cominciare da George W. Bush. Quando era casa nostra. u f (Il Saggiatore 2016).

36 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

Le opinioni

Le fratture generazionali
di un’Europa scontenta
Natalie Nougayrède
olte delle discussioni attuali velocità che molti auspicavano e, a quanto pare, i cechi

M sull’Europa riguardano il ritorno pensano ancora di essere partner di grado inferiore

dello stato nazione, l’ascesa della dell’Unione.
politica identitaria e le varie spac- Anche in altri paesi d’Europa lo scontento non nasce
cature geograiche, tutte tenden- dai problemi in sé (disoccupazione, corruzione e cre-
ze ulteriormente riafermate dal scenti diseguaglianze). Il punto è che i problemi vengo-
referendum ungherese contro l’immigrazione del 2 ot- no esacerbati dal modo in cui molte persone paragona-
tobre. Meno esplorato è il divario generazionale all’in- no la loro vita attuale con quella che si sentono in diritto
terno dell’Europa: non solo le diferenze tra giovani e di avere.
anziani, ma anche il modo in cui le aspettative delle Ci ho pensato mentre leggevo degli articoli su uno
persone sono cambiate nel corso del tempo, con il ri- studio completamente diverso, condotto tra i musul-
schio di creare una profonda frustrazione mani francesi, che evidenziava un tipo di
quando le attese iniziali non vengono Disoccupazione, frustrazione probabilmente simile. I mo-
soddisfatte. corruzione e tivi per i quali alcuni musulmani francesi
In circa un quarto di secolo gli europei diseguaglianze sono si sentono privati dei loro diritti sono
hanno vissuto delle enormi trasforma- problemi esacerbati troppi per essere elencati qui, ma anche
zioni: la caduta del muro di Berlino, la dal modo in cui la recente indagine dell’Istituto Mon-
globalizzazione, e ora le conseguenze di molte persone taigne di Parigi ha evidenziato un divario
migrazioni, terrorismo e di forze illibera- paragonano la loro generazionale. Quello che i migranti di
li. Le ambizioni europee di appena due prima generazione si aspettavano dalla
vita attuale con
decenni fa sembrano essersi raggrinzite, loro vita in Francia, quando ci si sono tra-
quella che si sentono
scoperchiando un vaso di Pandora di la- sferiti per lavoro negli anni sessanta e
mentele. Naturalmente la crisi inanzia- in diritto di avere settanta, è qualcosa che le seconde e ter-
ria del 2008 non ha aiutato, ma le statisti- ze generazioni non considerano più ne-
che economiche spesso non riescono a misurare il diva- anche lontanamente soddisfacente. Metà del 28 per
rio tra come i cittadini si aspettavano di vivere e quello cento dei musulmani francesi che aferma di non ama-
che gli sembra di aver efettivamente ottenuto. re il modello repubblicano d’integrazione ha un’età
La Repubblica Ceca, una nazione che ha trascorso compresa tra i 15 e i 24 anni. Questo è il gruppo di perso-
decenni dietro la cortina di ferro, oggi fa parte a pieno ne che, secondo l’istituto, sceglie un islam “rigorista”
titolo dell’Unione europea, può godersi il consumismo, come un modo di esprimere una rivolta generazionale.
migliori alloggi e una situazione generale più favorevo- Paragonano la loro vita non coi paesi da cui vengono i
le. Eppure, nonostante questi cambiamenti esiste una loro genitori, ma con le opportunità che hanno altri
profonda frustrazione, di cui i politici reazionari appro- francesi della loro età, e che a loro sono negate.
ittano rapidamente. Il presidente ceco Miloš Zeman è Forse niente di tutto questo appare davvero sor-
noto per come ampliica le teorie del complotto sulla prendente, ma visto che l’Europa sembra in grave dii-
conquista dell’Europa da parte degli estremisti islami- coltà su tutto ciò che riguarda la diversità, la mancanza
ci. Niente di tutto ciò ha alcun rapporto con la realtà. d’inclusione e le fratture tra regioni, nazioni e comuni-
Ma in Ungheria l’idea stessa dei rifugiati è diventata un tà, vale la pena di fare un piccolo passo indietro.
tutt’uno con le immagini dei miliziani del gruppo Stato I giovani tendono a vedere ciò che non hanno (sti-
islamico che tagliano teste. pendi tedeschi, pari opportunità), mentre le preceden-
Il bisogno di trovare dei capri espiatori in paesi che ti generazioni sentivano, in un certo senso, di “avercela
praticamente non hanno accolto nessun rifugiato nasce fatta”, entrando nell’Unione europea, o stabilendosi NATALIE
da un particolare tipo di frustrazione, cresciuta nel cor- nel mondo avanzato. È come se, nell’Europa oggi, at- NOUGAYRÈDE
so del tempo: quella di chi paragona la propria vita con traversare i conini sociali ed economici fosse diventato è una giornalista
quella dei vicini occidentali e non con quello che succe- molto più diicile di quanto fosse, in passato, uscire francese. È stata
corrispondente di
deva una generazione fa. dalla cortina di ferro oppure ottenere un permesso di
Libération e della Bbc
Nella Repubblica Ceca, anche se la qualità della lavoro in un altro paese. Di sicuro questi paragoni non
dalla Cecoslovacchia
vita è migliorata, gli stipendi e il pil pro capite riman- spiegano tutto quello che sta accadendo nel continente e dal Caucaso e ha
gono molto al di sotto di quelli della vicina Germania. ma la frustrazione e il divario generazionale a più livelli diretto Le Monde dal
Quando i cechi sono entrati nell’Unione nel 2004, il sono fenomeni reali. Contribuiscono a mettere a dura 2013 al 2014. Scrive
sentimento difuso era che inalmente il paese “ce prova la coesione dell’Europa come insieme unico, e questa column per il
l’avesse fatta”. Ma la prosperità non è arrivata con la parti del suo tessuto sociale. u f Guardian.

38 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

In copertina

Chi ha ucciso G
Alexander Stille,
The Guardian,
Regno Unito

Le autorità egiziane
prima hanno detto che
era morto in un incidente
stradale, poi durante una
rapina. Ma con il passare
dei mesi i depistaggi del
regime stanno venendo
alla luce. L’inchiesta
del Guardian

A
ll’inizio di febbraio sei
inquirenti italiani sono
arrivati al Cairo dopo la
scoperta del corpo mar-
toriato di Giulio Regeni,
un dottorando italiano
di 28 anni. Non sembravano avere molte
possibilità di risolvere il mistero della sua
scomparsa e della sua morte. Le autorità
egiziane avevano dichiarato alla stampa
che probabilmente Regeni era stato inve-
LUCA BRUNo (Ap/ANSA)

stito da un’auto, nonostante i chiari segni

di tortura.
Le autorità avevano anche garantito la
loro “piena collaborazione”, ma si sarebbe
rivelata una promessa vuota. Gli inquirenti
italiani sono stati autorizzati a interrogare i
testimoni, ma solo per qualche minuto e
solo dopo la polizia egiziana. E in ogni caso
gli agenti egiziani sarebbero stati presenti
anche durante l’interrogatorio degli italia-
ni. I tre poliziotti e i tre carabinieri hanno
chiesto di vedere le riprese delle telecamere
della stazione della metropolitana dove Re-
geni aveva usato il cellulare per l’ultima vol-
ta, ma gli egiziani hanno lasciato passare
diversi giorni e quando alla ine hanno detto
di sì ormai la registrazione era stata cancel-
lata. Le autorità egiziane si sono anche ri-
iutate di consegnare i tabulati telefonici
della zona intorno all’abitazione di Regeni
(da dove il ricercatore era scomparso il 25
gennaio) e quelli del luogo dove era stato
trovato il suo corpo nove giorni dopo.
Uno degli investigatori egiziani, il ge-
nerale Khaled Shalaby, che ai giornalisti ha
dichiarato che sul corpo di Regeni non
c’erano segni di tortura, era stato condan-
nato per sequestro e tortura più di dieci
anni fa e se l’era cavata con una sospensio-
ne condizionale della pena. Forse gli egi-
ziani speravano che il resto del mondo, non
potendo indagare direttamente sul caso,
non avrebbe avuto altra scelta che accetta-
re le spiegazioni del Cairo. Ma nell’era di-
gitale è diventato più diicile farla franca
dopo un omicidio. Dieci giorni dopo il ri-
trovamento del corpo di Regeni, il sostitu-
to procuratore Sergio Colaiocco e due ui-
ciali di polizia italiani sono andati a Fiumi-
cello, in Friuli-Venezia Giulia, dov’è nato
Regeni, per partecipare al suo funerale. E
interrogare molti testimoni riuniti nello
stesso posto.
La famiglia aveva chiesto che non ci
fossero né telecamere né cartelli di prote-
sta perché voleva una cerimonia sobria.
Alla funzione, però, si sono presentate tre-
mila persone, la maggior parte delle quali
non è riuscita a entrare nella palestra dove
venivano celebrate le esequie. Il funerale
ha trasformato una cittadina di meno di

40 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

Giulio Regeni?
Milano, 24 aprile 2016. Un lash mob per chiedere la verità sulla morte di Giulio Regeni
cinquemila abitanti in una specie di as-
semblea generale delle Nazioni Unite. Un
omaggio alla vita breve, ma da cittadino
del mondo, del ricercatore italiano.
C’erano amici venuti dagli Stati Uniti,
dove Regeni aveva studiato durante gli an-
ni delle superiori; dall’America Latina, una
regione che conosceva bene; dal Regno
Unito, dove si era laureato e specializzato;
dalla Germania e dall’Austria, dove aveva
lavorato; dall’Egitto, dove dal novembre
del 2015 stava facendo una ricerca sui mo-
vimenti sindacali per il suo dottorato a
Cambridge. “Abbiamo sistemato le perso-
ne a casa di amici in base alla lingua che
avevano in comune”, ha raccontato la ma-
dre di Giulio, Paola Regeni, che è un’inse-
gnante.
Confutare una serie di bugie
La polizia italiana non solo ha avuto la pos-
sibilità d’interrogare i testimoni ma ha rice-
vuto anche un regalo inaspettato. Con un
gesto di sorprendente generosità, gli amici
e i parenti di Regeni hanno consegnato agli
investigatori i loro cellulari e i loro compu-
ter. Quei ragazzi della generazione di Face-
book, abituati alla trasparenza e a rinuncia-
re a parte della loro privacy per vivere in un
mondo connesso, erano pronti a condivide-
re i loro dati personali per fare un po’ di lu-
ce sulle circostanze della morte di Giulio. I
genitori di Regeni hanno consegnato an-
che il computer del iglio, che avevano por-
tato via dall’appartamento del Cairo. Que-
sto, in aggiunta alle centinaia di email e di
messaggi raccolti dai suoi amici, ha per-
messo alle autorità italiane di colmare al-
cune lacune rimaste dopo aver esaminato
le prove fornite dal governo egiziano e di
ricostruire il mondo di Giulio. Le autorità
italiane sono riuscite a ottenere anche
un’altra prova fondamentale: il corpo del
ragazzo. L’autopsia fatta in Italia ha fornito
molte informazioni sugli ultimi nove gior-
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 41
In copertina
ni della sua vita, dal momento della scom-
parsa a quando il suo corpo è stato trovato
in un fosso accanto alla superstrada che va
dal Cairo ad Alessandria.
Queste prove quasi sicuramente non
basteranno per scoprire il nome degli assas-
sini di Regeni, ma hanno permesso di sma-
scherare una serie di depistaggi e scenari
fantasiosi sull’omicidio difusi da varie au-
torità egiziane. Inoltre hanno dato la possi-
bilità di fare pressione sul Cairo per ottene-
re maggiori informazioni.
Di recente gli inquirenti italiani hanno
fatto un grande passo avanti: hanno ottenu-
to dal governo egiziano i tabulati telefonici
della zona dove Regeni è stato visto per l’ul-
tima volta e di quella dove è stato trovato il
suo corpo. E durante una visita a Roma,
all’inizio di settembre, gli investigatori egi-
ziani hanno ammesso che Regeni era sor-
vegliato dalla polizia. Il governo del Cairo,
però, continua a negare di essere coinvolto
nella sua morte. Negli ultimi otto mesi gli
inquirenti italiani hanno escluso una serie
di piste e prove false.
“Sto uscendo”, aveva scritto Regeni alla
sua ragazza alle 7.41 del 25 gennaio 2015.
Usciva dal suo appartamento per andare
alla fermata della metropolitana che si tro-
va nelle vicinanze. Era diretto al centro del
Cairo. Questo messaggio è l’ultima traccia
che ha lasciato da vivo.
Una data simbolica
Il fatto che Regeni sia scomparso proprio il
25 gennaio non è un caso. Anzi è un indizio
cruciale per capire le ragioni del suo omici-
dio. Era il quinto anniversario della rivolu-
zione egiziana del 2011 e delle manifesta-
zioni di piazza Tahrir, che avevano portato
la primavera araba in Egitto e determinato
la caduta del presidente Hosni Mubarak.
Quella data ha un signiicato simbolico per
il regime di Abdel Fattah al Sisi: rappresenta
il momento traumatico in cui l’esercito, che
ha un potere apparentemente inattaccabi-
le, era sembrato sul punto di perdere il con-
trollo. I militari erano stati costretti ad ac-
cettare il processo a Mubarak e l’elezione
del leader islamista Mohamed Morsi, due
fatti che mettevano a rischio il ruolo
dell’esercito nella vita egiziana. I militari
non potevano permettere che una cosa si-
mile succedesse di nuovo.
Quando a luglio del 2013 Al Sisi e i mili-
tari avevano preso il controllo del paese e
arrestato Morsi, i sostenitori del leader
islamista avevano occupato due piazze e
organizzato dei sit-in, nella speranza di ri-
petere la rivoluzione pacifica di piazza
Tahrir. Ma questa volta Al Sisi aveva man-
42 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
dato i carri armati e massacrato almeno
mille persone.
Anche se Al Sisi stesso è andato al potere
grazie a delle manifestazioni (quelle contro
Morsi), sembra vivere nel terrore della folla.
Uno dei suoi primi atti uiciali è stato vieta-
re qualsiasi assembramento non autorizza-
to di più di dieci persone. E a ogni anniver-
sario della rivolta di piazza Tahrir c’è stato
uno spargimento di sangue. Nel 2014 le for-
ze governative hanno ucciso più di sessanta
manifestanti in tutto il paese, l’anno dopo i
morti sono stati venticinque, tra cui una po-
eta che cercava di portare una corona di
iori nella piazza.
Si diceva che al Cairo
erano stati perquisiti
più di cinquemila
appartamenti
Dall’esame del computer di Regeni è
emerso che nei giorni prima della scompar-
sa aveva cercato di non dare nell’occhio ed
era rimasto nel suo appartamento, sapendo
che le autorità egiziane erano nervose per
l’anniversario. Si diceva che al Cairo erano
stati perquisiti più di cinquemila apparta-
menti con l’obiettivo di intimidire chiunque
avesse in mente di organizzare una manife-
stazione. I controlli erano concentrati so-
prattutto in centro e quindi non avevano
raggiunto l’appartamento di Regeni, che
era nel quartiere di Dokki, a Giza, nella cin-
tura metropolitana dalla capitale egiziana.
Anche se la madre gli aveva
chiesto di restare a casa, la sera
del 25 gennaio Giulio aveva deci-
so di andare alla festa di comple-
anno di un amico. Al tramonto il
centro del Cairo sembrava essere
tornato alla normalità e Regeni aveva deci-
so con un altro amico di incontrarsi al loro
solito posto, non lontano da piazza Tahrir.
Ma quella era la zona dove la polizia era in
massima allerta.
Il 21 aprile la Reuters ha riferito che la
notte della sua scomparsa Regeni era stato
fermato dalla polizia egiziana al centro del
Cairo, vicino alla fermata della metropoli-
tana Nasser. Secondo l’agenzia di stampa
era stato portato in un commissariato di po-
lizia e trattenuto per mezz’ora, per poi esse-
re trasferito in un uicio di zona dei servizi
della sicurezza nazionale. Il governo egizia-
no ha categoricamente smentito la notizia,
insistendo nel dire che Regeni non era mai
stato arrestato. Ma la Reuters ha citato sei
fonti indipendenti e anonime, tre della po-
lizia e tre dei servizi segreti. Dopo la pubbli-
cazione dell’articolo il direttore della sede
del Cairo della Reuters è stato denunciato
per aver difuso notizie false ed è stato co-
stretto a lasciare il paese. Inoltre di recente
la polizia ha fermato, senza un motivo, un
reporter egiziano della Reuters.
Argomento delicato
A maggio di quest’anno il ministro dell’in-
terno egiziano ha lasciato involontaria-
mente trapelare un comunicato interno in
cui proponeva di vietare alla stampa di par-
lare del caso Regeni.
Non è chiaro se l’arresto di Regeni fosse
stato programmato o se sia stato il risultato
di una retata casuale, ma una volta arresta-
to, le autorità egiziane devono aver fatto
presto ad accorgersi che avevano già un
fascicolo su di lui. “Non c’è dubbio che lo
stavano tenendo sotto controllo”, ha di-
chiarato Marie Duboc, una studiosa fran-
cese che insegna all’università tedesca di
Tubinga. Come Regeni, anche lei si era oc-
cupata dei sindacati egiziani. “Perino le
ricerche storiche che sembrano innocue,
in Egitto sono considerate argomenti deli-
cati”, aferma Duboc.
Quando era al Cairo per il suo dottorato,
Duboc ha vissuto sotto sorveglianza dal
2008 al 2010. “Ricevevo strane telefonate
dal ministero dell’università, in cui mi chie-
devano delle mie ricerche”, ha raccontato.
Quando è tornata in Egitto per proseguire il
suo lavoro è stata fermata all’aeroporto e le
è stato vietato di entrare nel paese. Chiara-
mente il suo nome era inito in una lista ne-
ra. In seguito le è stato permesso
di tornare.
I sindacati indipendenti sono
un argomento particolarmente
delicato per il governo di Al Sisi,
perché sono considerati la forza
scatenante della rivoluzione del 2011. Tra-
dizionalmente i sindacati dei lavoratori so-
no sempre stati gestiti dal governo: serviva-
no più a controllare i lavoratori che a difen-
dere i loro diritti. Il primo sindacato indi-
pendente è nato nel 2009, ma il movimento
è cresciuto dopo le manifestazioni di piazza
Tahrir. Con la caduta di Mubarak sono nati
un migliaio di sindacati indipendenti e po-
chi giorni dopo la rivoluzione del 2011 è nata
la prima federazione di sindacati indipen-
denti. Molti difensori della democrazia,
non solo in Egitto, compresi Regeni e la sua
relatrice, la politologa egiziana Maha Abde-
lrahman, consideravano il movimento uno
sviluppo positivo che avrebbe potuto rafor-
zare la partecipazione democratica e i dirit-
ti dei lavoratori, tutte cose che un regime
KhALED ELfIqI (EPA/ANSA)
Il Cairo, 24 gennaio 2016. Piazza Tahrir alla vigilia del quinto anniversario delle rivolte del 2011
militare, ostile a ogni fonte di potere auto-
noma, considera una minaccia.
L’11 dicembre, sei settimane prima di
scomparire, Regeni aveva partecipato a
un’assemblea pubblica dei sindacati indi-
pendenti. Era rimasto colpito dalla loro
energia e combattività e aveva scritto con
un amico un articolo, che aveva pubblicato
(in italiano) usando uno pseudonimo. Du-
rante l’assemblea era successa una cosa
sconcertante: anche se Regeni era in di-
sparte e non era previsto che intervenisse,
una donna con il capo coperto si era avvici-
nata e lo aveva fotografato. Regeni era ri-
masto turbato e ne aveva parlato con diver-
si amici. Era il primo segnale che forse lo
stavano tenendo d’occhio.
L’oggetto speciico della sua ricerca era
il nuovo sindacato indipendente dei vendi-
tori ambulanti, una categoria molto nume-
rosa, diicile da controllare e che preoccu-
pava il governo. In Egitto ci sono circa cin-
que milioni di venditori ambulanti, che
vendono di tutto, dagli snack alle bibite,
dall’abbigliamento economico agli utensili
da cucina. In un paese che ha più di 80 mi-
lioni di abitanti, un quarto delle famiglie
dipende in qualche modo dal loro lavoro.
E il governo di Al Sisi guarda con sospet-
to questa categoria. Nel 2011 i venditori am-
bulanti arrivarono subito in piazza Tahrir.
Per lo più si erano limitati a guadagnare
qualche soldo vendendo da bere e da man-
giare ai manifestanti, ma la loro presenza
era considerata dalle autorità come un aiu-
to e un sostegno alla rivoluzione. Da allora
si è cercato senza successo di eliminarli dal
centro del Cairo con multe, arresti e violen-
ze. “Dopo i vari tentativi falliti di liberare il
centro dagli ambulanti, il governatorato del
Cairo ha emesso un’ordinanza molto astu-
ta”, scriveva l’anno scorso Abdelrahman in
un articolo. Se non volevano che gli fosse
revocata la licenza, i commercianti doveva-
no denunciare tutti gli ambulanti che si tro-
vavano vicino ai loro negozi. In questo mo-
do le autorità raggiungevano due scopi:
obbligavano i negozianti a tenere d’occhio
gli ambulanti al posto della polizia e ne faci-
litavano l’arresto.
Per poter rimanere in strada, a loro vol-
ta gli ambulanti dovevano informare la
polizia di qualsiasi situazione o persona so-
spetta. “Una delle cose che sono successe
in Egitto negli ultimi anni, e della quale non
ci siamo ancora resi conto, è che gli ambu-
lanti sono usati dalla polizia come informa-
tori”, ha detto uno studioso di Cambridge
che preferisce rimanere anonimo. Sparsi in
tutta la città, gli ambulanti formano una
rete di sorveglianza naturale.
Per il suo dottorato, Regeni era impe-
gnato in quella che viene chiamata una
“ricerca partecipativa”, per la quale è pre-
visto che si passi molto tempo sul posto. E
probabilmente un giovane straniero che
parla arabo e si aggira per ore tra le banca-
relle, facendo domande ai venditori sulla
loro sindacalizzazione, su come intendono
organizzarsi in futuro e su quello che pen-
sano del governo deve sembrare sospetto
alla maggior parte degli egiziani, ai quali è
stato sempre raccomandato di prestare at-
tenzione alla presenza di eventuali agenti
stranieri.
Diecimila sterline
Date le sue buone intenzioni, forse Regeni
non si rendeva conto di come poteva essere
interpretato il suo comportamento. Nell’au-
tunno del 2015 aveva saputo di un bando di
una fondazione britannica per un inanzia-
mento di diecimila sterline a un progetto di
sviluppo. Voleva presentare la domanda
perché con quei soldi avrebbe potuto man-
tenersi durante la sua ricerca e aiutare le
persone di cui si stava occupando. Ne aveva
parlato con uno dei leader del sindacato in-
dipendente degli ambulanti, Mohammed
continua a pagina 45 »
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 43
 In copertina
FRANCESCo ALESI
Domande senza risposta
Lina Attalah, Mada Masr, Egitto
I genitori di Giulio Regeni,
la loro avvocata e il senatore
Luigi Manconi hanno
ricostruito la vicenda durante
il festival di Internazionale
a Ferrara
quasi l’alba di uno dei primi giorni
è di primavera a Fiumicello. Il paese
del nordest italiano è tappezzato
di striscioni gialli con la scritta:
“Verità per Giulio Regeni”. Gli striscioni
sono appesi all’ingresso delle case o tra i
lampioni. Dimostrano la determinazione
di un paese che chiede la verità sull’omici-
dio di uno dei suoi ragazzi.
Regeni era arrivato al Cairo nel 2015
come studente e ha lasciato la città nel
febbraio 2016 in un sacco per cadaveri.
Era scomparso il 25 gennaio e il suo corpo
è stato ritrovato il 3 febbraio alla periferia
della città con evidenti segni di tortura.
Qualche mese dopo la sua tomba è
piena di iori e lettere d’amore. In mezzo
alle tante rose e alle fotograie c’è una co-
pia delle Poesie d’amore di Nazim Hikmet.
Regeni era un appassionato di letteratura
straniera.
“Amava viaggiare fuori dei conini
dell’Italia”, ha spiegato il padre, Claudio,
44 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
il 30 settembre al festival di Internazio-
nale a Ferrara. “Aveva cominciato a viag-
giare a 17 anni autonomamente. Gli pia-
ceva conoscere tradizioni e culture diver-
se”. Durante l’incontro Hossam Bahgat,
giornalista egiziano di Mada Masr, ha ri-
cevuto il premio Anna Politkovskaja.
Vicino al paese natale del ricercatore,
in un altro paese chiamato Duino, c’è la
sede del Collegio del mondo unito
dell’Adriatico, che fa parte di una rete di
scuole che promuovono la pace a la coo-
perazione internazionale e che accoglie
studenti di tutto il mondo. Ci ho studiato
anch’io: in un’altra vita, in un altro mon-
do, avrei potuto conoscere Regeni. Anche
a Duino gli striscioni gialli campeggiano
sull’ediicio scolastico e sulle case.
Da bambino il ricercatore frequentava
questo posto, circondato dal mare Adria-
tico, dalle montagne e da studenti di tutto
il mondo, e ascoltava conversazioni sulla
pace. Anche alcuni studenti del collegio
hanno pianto la sua morte. Quando è ar-
rivato il momento di andare al liceo, Re-
geni ha scelto la sede dei Collegi del
mondo unito nel New Mexico. “Entrava
in relazione con queste culture con pro-
fonda empatia e con profondo rispetto.
Voleva dialogare con le persone più umili
anche per conoscere i vari punti di vista”,
spiega Claudio. “Si era preparato benissi-
Ferrara, 30 settembre 2016. Da
sinistra: Francesca Sibani, Claudio
Regeni, Lina Attalah, Paola Defendi
e Alessandra Ballerini
mo su come fare le interviste in arabo”,
aferma Paola, la madre: “Era un ragazzo
contemporaneo e del futuro. Nostro iglio
aveva sviluppato delle competenze em-
patico-relazionali molto forti”. Mettendo
da parte il loro bisogno di vivere privata-
mente il lutto, sia Paola sia Claudio han-
no deciso di esporsi pubblicamente per
denunciare la vicenda del iglio, su cui
stanno indagando sia l’Italia sia l’Egitto.
Un caso che ha implicazioni politiche e
che è circondato dal segreto sui mandanti
dell’omicidio.
“Abbiamo capito come è stato ucciso,
ma adesso dobbiamo sapere il perché”,
dice Paola, ricordando le menzogne dif-
fuse dai mezzi d’informazione dopo la
morte del iglio. “Avevamo bisogno di di-
fenderci”. Sul palco, a Ferrara, c’era an-
che l’avvocata dei Regeni, Alessandra
Ballerini, che ha ricordato alcuni dettagli
sul ricercatore e sul suo omicidio: abba-
stanza da far credere che qualcuno abbia
interesse a occultare le circostanze della
sua morte. “Il posto in cui è stato trovato
il corpo di Giulio, accanto a un cavalcavia
di una superstrada, è un punto in cui di
solito le macchine non si fermano”, ha
spiegato. E ha aggiunto: “Chiunque abbia
gettato lì il corpo voleva che rimanesse
nascosto”.
Per cercare di spiegare l’omicidio, di
Giulio è stato detto di tutto, racconta Bal-
lerini: che era una spia, un drogato, una
persona con uno stile di vita sfrenato o for-
se che era omosessuale. È stato detto che
era un collaboratore dei Fratelli musulma-
ni perché ha parlato con alcuni compo-
nenti del gruppo dopo che nel giugno 2013
l’esercito aveva deposto il presidente Mo-
hamed Morsi. In quel periodo ogni contat-
to con i Fratelli musulmani era guardato
con diidenza. Il lavoro di ricerca di Giulio
In mezzo alle rose e
alle fotograie c’è una
copia delle Poesie
d’amore di Nazim
Hikmet. Regeni era un
appassionato di
letteratura straniera
sui sindacati ha alimentato il sospetto che
fosse una spia. Le analisi hanno dimostra-
to che non prendeva droghe e questo ha
messo a tacere anche la tesi che fosse uno
spacciatore. Qualcuno lo ha deinito una
“persona rissosa”, ha spiegato Ballerini,
perché a marzo un testimone ha dichiara-
to di aver visto Regeni, il 25 gennaio, poco
prima della sua scomparsa, litigare con un
uomo di fronte all’ambasciata italiana.
Un’afermazione che però è stata ignorata
dagli inquirenti egiziani.
A marzo le autorità egiziane hanno an-
nunciato di aver scoperto la verità sulla
morte di Regeni, dopo che in un raid le
forze di sicurezza avevano ucciso cinque
uomini accusati di essere i responsabili
dell’omicidio. “Le autorità hanno mostra-
to i documenti di Giulio su un vassoio
d’argento. Sono teatrali nei loro depistag-
gi, come a dire: vi serviamo il depistaggio
su un vassoio d’argento”, ha spiegato sar-
casticamente Ballerini. Dopo che gli in-
quirenti italiani hanno respinto questa
versione, anche le autorità egiziane hanno
smesso di sostenerla. Gli inquirenti italia-
ni e quelli egiziani si sono incontrati a Ro-
ma ad aprile e in settembre, e la famiglia è
in attesa delle analisi di alcuni video che
mostrerebbero Regeni il giorno in cui è
scomparso e che possono essere decriptati
solo da un’azienda tedesca, spiega Balleri-
ni. Da otto mesi la famiglia Regeni si batte
contro la disinformazione e per la verità. E
non è semplice: la documentazione richie-
sta agli inquirenti egiziani (come una par-
te dei tabulati telefonici degli utenti che
vivevano nel quartiere dove abitava il ri-
cercatore) tarda ad arrivare e le autorità
italiane danno risposte diverse.
Anche Luigi Manconi, presidente del-
la commissione diritti umani del senato,
sul palco a Ferrara, ha chiesto che l’Italia
faccia pressione sull’Egitto – per esempio
usando l’arma del turismo – perché le in-
dagini siano approfondite e trasparenti.
“Il tredici per cento del pil egiziano è le-
gato al turismo. Incidere sul lusso turisti-
co sarebbe una misura democratica, paci-
ica e non violenta”, ha detto. “E allora
perché si ostenta una sorta di tranquillità
nelle relazioni internazionali?”. Manconi
ha criticato lo scarso perso riservato ai di-
ritti umani nell’ambito della cooperazio-
ne internazionale. E ha difeso la battaglia
per mettere al bando la tortura, rievocan-
do le parole di Paola e Claudio quando
hanno visto il corpo senza vita di loro i-
glio in Egitto: “Il volto di Giulio era di-
ventato piccolo, piccolo, piccolo. L’abbia-
mo riconosciuto dalla punta del naso. Nel
suo viso abbiamo visto tutto il male del
mondo”.
“Ci sono pressioni non solo da parte
del settore energetico, ma anche da parte
di quello turistico, da parte di ex diploma-
tici, uomini d’afari e partiti di destra”,
spiega la giornalista Paola Caridi, esperta
di mondo arabo. A giugno il senato italia-
no ha votato a favore della sospensione
della vendita di pezzi di ricambio dei cac-
cia F-16 all’Egitto, con una risoluzione
che prende il nome da Regeni e che vuole
lanciare un messaggio chiaro alle autorità
egiziane. Ma c’è anche un forte interesse
a mantenere le relazioni bilaterali, so-
prattutto per alcuni accordi economici.
La compagnia petrolifera Eni, per esem-
pio, ha da poco scoperto un enorme giaci-
mento di gas al largo delle coste egiziane.
Reazioni in tutto il mondo
Maurizio Massari, ambasciatore italiano
in Egitto, è stato richiamato in Italia ad
aprile. Il nuovo ambasciatore, Gianpaolo
Cantini, non è ancora andato in Egitto.
Cantini è stato direttore dell’agenzia ita-
liana per la cooperazione e Caridi lo dei-
nisce “un grande esperto della regione”.
Secondo la giornalista, il presidente del
consiglio Matteo Renzi sta cercando con-
sensi in vista del referendum costituzio-
nale, e il giudizio dell’opinione pubblica
sull’omicidio di Regeni è importante.
La morte di Regeni ha scatenato rea-
zioni in tutto il mondo. Lucia Sorbera, do-
cente di studi arabi all’università di Syd-
ney, è tra i molti italiani che si sono mobi-
litati, in Italia e all’estero, perché si arrivi
alla verità sulla morte di Giulio. “Quello
di Giulio è un caso globale, un simbolo
della violenza del regime egiziano e della
connivenza dei regimi occidentali”, spie-
ga. “Le nostre aziende più importanti e i
nostri governi possono contribuire a cam-
biare le cose. Dobbiamo fare pressione su
di loro”.
Sorbera sottolinea che in Italia c’è una
lunga tradizione di attivismo per la giusti-
zia sociale, segnata in particolare dai Fo-
rum sociali mondiali a partire dagli anni
duemila. Forse è per questo che la morte
di Giulio ha colpito l’attenzione di così
tante persone. u f
Lina Attalah è la direttrice del quotidiano
online egiziano Mada Masr. Il 30 settembre
era a Ferrara per ritirare il premio giornali-
stico Anna Politkovskaja assegnato da In-
ternazionale, comune di Ferrara e Arci na-
zionale a Hossam Bahgat, un giornalista
investigativo di Mada Masr.
« segue da pagina 43
Abdallah, ma lui sembrava interessato ai
soldi più che al progetto, e questo non era
piaciuto a Regeni, che aveva rinunciato
all’idea. Probabilmente la notizia di un gio-
vane straniero pronto a inanziare un movi-
mento interno egiziano aveva portato la
polizia a sospettare un complotto che anda-
va stroncato.
Le persone che erano al corrente del la-
voro di Regeni in Egitto escludono che po-
tesse aver scoperto qualcosa in grado di
minacciare il governo egiziano. “Giulio era
andato a parlare con gli ambulanti sei o set-
te volte”, dice uno dei suoi amici del Cairo.
“Probabilmente sapeva una minima parte
di quello che qualsiasi informatore avrebbe
potuto dire al governo”. Perino l’assemblea
del sindacato indipendente a cui aveva par-
tecipato e su cui aveva scritto era stata auto-
rizzata e sorvegliata dalle autorità. Anche
se i sindacati indipendenti sono guardati
con sospetto dal regime, il governo ha già
fatto di tutto per renderli innocui. Uno dei
primi provvedimenti di Al Sisi è stato nomi-
nare a capo della loro federazione il mini-
stro del lavoro, con l’obiettivo di portare il
movimento sotto il controllo del governo.
Proprio questa estate, per ridurre ulterior-
mente la loro indipendenza, è stata intro-
dotta una nuova norma che impone agli
iscritti di registrarsi di nuovo se vogliono
essere rappresentati.
Sidare lo stato d’emergenza
Tuttavia un governo sempre sensibile alle
questioni di sicurezza potrebbe aver trova-
to allarmanti diverse cose in quella riunio-
ne e in un articolo uscito sul Manifesto in
cui Regeni scriveva: “L’idea è quella di or-
ganizzare una serie di conferenze regiona-
li che portino nel giro di pochi mesi ad una
grande assemblea nazionale e possibil-
mente ad una manifestazione unitaria di
protesta (‘a Tahrir!’ diceva anche qualcuno
tra i presenti)”. L’articolo si chiudeva con
alcune frasi che sembravano invitare alla
lotta: “In un contesto autoritario e repres-
sivo come quello dell’Egitto dell’ex gene-
rale Al Sisi, il semplice fatto che vi siano
iniziative popolari e spontanee che rompo-
no il muro della paura rappresenta di per sé
una spinta importante per il cambiamento.
Sidare lo stato di emergenza e gli appelli
alla stabilità e alla pace sociale giustiicati
dalla ‘guerra al terrorismo’, signiica oggi,
pur se indirettamente, mettere in discus-
sione alla base la retorica su cui il regime
giustiica la sua stessa esistenza e la repres-
sione della società civile”.
Il 7 gennaio, un mese dopo l’assemblea,
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 45
In copertina
Abdallah, il leader del sindacato degli am-
bulanti, ha denunciato Regeni, e dopo la
sua morte ha dichiarato al sito Aswat Masri-
ya che Regeni lo aveva insospettito perché
“non faceva domande sugli ambulanti, ave-
va altre intenzioni”. E ha aggiunto: “Non
sono un informatore, ma ho pensato di pro-
teggere il mio paese”.
Il governo egiziano sostiene che in se-
guito alla soiata di Abdallah aveva comin-
ciato a indagare su Regeni, ma dopo pochi
giorni si era reso conto che il lavoro del ri-
cercatore italiano “non interessava la sicu-
rezza nazionale”.
Durante i nove giorni in cui Regeni risul-
tava scomparso, il suo caso aveva attirato
l’attenzione della comunità internazionale.
Su Twitter era stato lanciato l’hashtag
#whereisgiulio? La vicenda preoccupava
anche l’ambasciata italiana al Cairo, che si
stava preparando alla visita di una delega-
zione commerciale guidata da Federica
Guidi, all’epoca ministra dello sviluppo
economico. Il 3 febbraio, mentre Guidi in-
contrava Al Sisi e le altre autorità egiziane,
l’autista di un furgoncino si è fermato per
cambiare una gomma bucata sulla super-
strada che va dal Cairo ad Alessandria e ha
scoperto il corpo di Regeni.
I primi medici legali egiziani che hanno
esaminato il cadavere hanno dichiarato che
i numerosi segni di tortura facevano pensa-
re a una “morte lenta”. Ma questa aferma-
zione è stata subito ritrattata. Il vicecapo
della polizia giudiziaria di Giza, la cittadina
dove è stato trovato il corpo, ha dichiarato
all’Associated Press che dalle prime indagi-
ni sembrava che Regeni fosse rimasto ucci-
so in un incidente stradale.
Teorie smontate
Nel frattempo in Italia il caso Regeni aveva
attirato una grande attenzione. Nei giorni
successivi, con l’aumentare della pressione,
le autorità egiziane hanno cominciato a far
circolare varie teorie: che Regeni era gay ed
era stato vittima di un delitto passionale,
che era coinvolto in un afare di droga inito
male e che era una spia. Le indagini sono
proseguite e queste teorie sono state smon-
tate. Le informazioni in possesso degli in-
vestigatori italiani – email, sms e conversa-
zioni su Skype – dimostravano che Regeni
aveva una fidanzata in Ucraina. Dal suo
computer e dal suo estratto conto bancario
non risultavano tracce di contatti con i ser-
vizi segreti. “Sul suo conto in banca non
c’era quasi nulla”, ha dichiarato Alessandra
Ballerini, l’avvocata dei Regeni. “Era un ra-
gazzo che usava il vecchio costume da ba-
gno del padre e lo zaino della madre perché
46 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
non voleva essere di peso alla famiglia”.
Ma la cosa più importante è stata la se-
conda e più rigorosa autopsia efettuata in
Italia con la tac e l’analisi dei tessuti. Dal
rapporto dell’anatomopatologo egiziano
risultava che Regeni era stato ucciso con un
colpo alla testa. Dall’analisi condotta dai
medici italiani è emerso che era stato pic-
chiato ripetutamente sulla testa, ma quei
colpi non erano stati fatali. Intorno ai punti
in cui era stato percosso, il sangue si era co-
agulato. E altri tagli, lividi e abrasioni sul
Dall’autopsia
sono emerse
le responsabilità
della polizia egiziana
corpo mostravano diversi livelli di guarigio-
ne. Questo indicava che Regeni era stato
torturato ripetutamente. E che erano passa-
ti diversi giorni tra la prima tortura, le suc-
cessive e il momento della morte. Era pieno
di tagli e bruciature. Le ossa delle mani e
dei piedi erano rotte. I denti spaccati. Sem-
bra che i torturatori avessero inciso delle
lettere sul suo corpo, come fa di solito la po-
lizia egiziana.
I medici legali dell’università
di Roma hanno usato una tecnica
molto precisa per stabilire il mo-
mento della morte, che si basa
sulla misurazione del livello di
potassio nel liquido vitreale degli occhi, e
hanno stabilito che Regeni è morto tra le
dieci di sera del primo febbraio e le dieci di
sera del giorno successivo. “Questo è im-
portante perché signiica che è rimasto vivo
per almeno sei o sette giorni e in quel perio-
do è stato torturato più volte”, ha dichiarato
uno degli inquirenti italiani. La causa della
morte è stata la frattura del collo. La madre
di Regeni è convinta che siano stati dei pro-
fessionisti della tortura.
L’indiscutibilità delle prove emerse
dall’autopsia italiana ha costretto le autori-
tà egiziane ad abbandonare tutte le teorie
improbabili su una morte accidentale e a
cominciare una nuova ofensiva sul piano
della comunicazione. Improvvisamente Al
Sisi ha concesso un’intervista al direttore di
Repubblica, pubblicata il 16 marzo, in cui
l’argomento principale era il caso Regeni.
Dato che dall’autopsia erano emerse le re-
sponsabilità della polizia egiziana, Al Sisi
ha insinuato che la morte del ricercatore ri-
entrava in un complotto contro l’Egitto.
“Perché”, ha chiesto Al Sisi, “il corpo è stato
trovato proprio quando il ministro dello svi-
luppo economico e la delegazione italiana
stavano per stringere un accordo che avreb-
be raforzato la collaborazione tra i nostri
due paesi?”. Secondo Al Sisi nella cospira-
zione rientrerebbe anche l’abbattimento
dell’aereo russo che nell’ottobre del 2015
sorvolava la penisola del Sinai. “In Egitto il
turismo italiano e quello russo sono quasi
ridotti a zero. Se colleghiamo questi due
episodi, appare chiaro che è in atto un ten-
tativo di danneggiare la nostra economia e
di isolare l’Egitto”.
Solo qualche giorno dopo, si è fatto
avanti un testimone con una nuova teoria.
Un ingegnere egiziano ha detto di aver visto
Regeni nel pomeriggio prima della sua
scomparsa mentre litigava con un altro
straniero vicino al consolato italiano. L’uo-
mo, Mohammed Fawzy, è poi apparso in un
programma televisivo per dire che il gover-
no italiano sapeva chi aveva ucciso Regeni
ma stava occultando le prove. Facendo eco
ad Al Sisi, ha ipotizzato che gli assassini di
Regeni cercavano di sabotare i rapporti
commerciali tra l’Egitto e l’Italia.
La sua versione della storia è crollata
quando l’archivio digitale della procura ita-
liana ha dimostrato che il 24 febbraio Rege-
ni era rimasto a casa tutto il pomeriggio.
Aveva parlato su Skype con la i-
danzata. Avevano visto insieme
un ilm in streaming e lo avevano
commentato a 3.500 chilometri
di distanza. E anche i tabulati dei
cellulari hanno dimostrato che al
momento della presunta lite l’ingegnere
non era nei pressi del consolato italiano al
Cairo.
Poi il 24 marzo il ministero dell’interno
egiziano ha annunciato di aver risolto dei-
nitivamente il caso: sulla sua pagina Face-
book ha scritto che i responsabili dell’omi-
cidio erano quattro uomini “specializzati
nel ingersi poliziotti per rapire gli stranieri
e derubarli”. Come prova, il governo pre-
sentava una serie di oggetti, tra cui il passa-
porto di Regeni, la sua carta d’identità ita-
liana e il suo tesserino dell’università di
Cambridge. La polizia egiziana non solo
aveva trovato i colpevoli, ma li aveva già uc-
cisi. “In una sparatoria tra la banda e gli
agenti”, spiegava il ministero, “i criminali
erano stati colpiti a morte”.
Dai tabulati telefonici risultava però che
al momento della scomparsa di Regeni il
capo della banda era a più di cento chilome-
tri dal Cairo. I parenti dei presunti rapitori
continuavano a sostenere che erano stati
uccisi a sangue freddo, a distanza ravvici-
nata, in uno scontro a fuoco. Inoltre la tesi
del governo non sembrava avere senso:
 Il Cairo, 26 marzo 2016. I documenti di Giulio Regeni mostrati dalle autorità egiziane
ANSA
perché una banda di ladri avrebbe conser-
vato i documenti di Regeni, che potevano
essere usati per collegarla all’omicidio? E
perché avrebbe torturato la vittima di una
rapina per una settimana senza chiedere un
riscatto o usare la sua carta di credito? Le
autorità egiziane hanno ormai ammesso
che è improbabile che quei morti avessero a
che fare con l’omicidio di Regeni. Anzi, ti-
rando fuori il passaporto e la carta di identi-
tà del ricercatore italiano, la polizia egiziana
si è di fatto accusata da sola.
La serie di improbabili coperture stava
diventando imbarazzante perfino per
l’Egitto. In un raro sfogo pubblico, Moham-
med Abdel-Hadi Allam, il direttore del quo-
tidiano governativo Al Ahram, ha scritto:
“Le ingenue bugie sulla morte di Regeni
hanno danneggiato l’Egitto, nel paese e
all’estero. Inoltre hanno oferto buoni mo-
tivi per pensare che quello che sta succe-
dendo oggi non è diverso da quello che suc-
cedeva prima della rivoluzione del 25 gen-
naio”. Allam ha paragonato il caso Regeni a
quello di Khaled Said, un giovane egiziano
arrestato nel 2010 in un internet café e pic-
chiato a morte. Le fotograie del corpo scat-
tate dal fratello di Said erano state pubblica-
re su Facebook ed erano diventate un im-
portante elemento di mobilitazione per i
manifestanti che avevano contribuito alla
caduta di Hosni Mubarak.
Nonostante le evidenti prove del coin-
volgimento delle forze di sicurezza, al go-
verno egiziano è rimasta solo quella che
potremmo chiamare la difesa della stupidi-
tà. Per usare le parole dell’ambasciatore
egiziano a Roma: “Non siamo così ingenui
da uccidere un ragazzo italiano e liberarci
del suo corpo nel giorno della visita al Cairo
della ministra Guidi”.
Un clima di paranoia
“Le ipotesi più plausibili sono due”, dice
Karim Abdelrady, un avvocato egiziano
specializzato nella difesa dei diritti umani.
“Una è che ci sia una faida all’interno dei
servizi segreti, e che una parte abbia lascia-
to il corpo in strada per mettere in diicoltà
l’altra”. Una lunga e dettagliata lettera ano-
nima inviata all’ambasciata italiana a Berna
e pubblicata dal quotidiano la Repubblica
accenna a complicate manovre all’interno
dei vari rami dei servizi segreti egiziani.
Nella lettera si aferma che il corpo di Rege-
ni è stato trovato avvolto in una coperta
dell’esercito egiziano per indirizzare i so-
spetti verso la polizia militare. Ma gli inve-
stigatori italiani hanno detto che non hanno
modo di confermare né smentire le infor-
mazioni contenute in quel documento.
“L’altra ipotesi”, spiega Abdelrady, “è che la
polizia egiziana abbia sperato di farla franca
accusando una banda di criminali, contan-
do sul fatto che nessuno avrebbe pensato
che fosse così stupida da lasciare il corpo
dove poteva essere facilmente ritrovato”.
“Non è possibile capire questo caso sen-
za conoscere il clima di paranoia del paese”,
dice uno studioso straniero che ha vissuto
al Cairo per molti anni. “Negli ultimi tre an-
ni, molti alti funzionari governativi, com-
presi alcuni militari, hanno parlato pubbli-
camente di un complotto contro l’Egitto.
Questa convinzione ormai dev’essere dif-
fusa a tutti i livelli della polizia e dell’eserci-
to”. Poco dopo aver preso il potere nell’esta-
te del 2013, il regime di Al Sisi è apparso an-
sioso di sottolineare che la rivoluzione del
2011 non era nata dall’insoddisfazione po-
polare, ma da un complotto tra potenze
straniere ed estremisti egiziani. Da allora la
situazione dei diritti umani, che già non era
buona sotto Mubarak, è peggiorata. Oggi si
calcola che ci siano quarantamila prigionie-
ri politici. Tra la ine di gennaio e il novem-
bre del 2015, il centro El Nadeem per la ria-
bilitazione delle vittime della violenza ha
documentato 281 esecuzioni sommarie, 119
omicidi di detenuti, 440 casi di tortura nei
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 47
In copertina
commissariati di polizia e 335 sparizioni for-
zate. Dopo aver denunciato questi casi, il
centro è stato costretto a chiudere per pre-
sunta violazione del suo statuto di organiz-
zazione con inalità terapeutiche.
Se in passato l’Egitto aveva tentato di
evitare problemi agli stranieri, ora sembra
volerli usare come esempi. “Giulio è morto
come un egiziano”, dice l’avvocata Balleri-
ni. Il clima di xenofobia e di brutalità poli-
ziesca che regna in Egitto ha spinto la pro-
cura italiana a chiedersi se sia stato oppor-
tuno che l’università di Cambridge abbia
permesso a un giovane straniero di andare
al Cairo a condurre una ricerca sul campo
su un argomento così delicato. La relatrice
di Regeni, Maha Abdelrahman, conosce
bene la situazione: ha criticato spesso i go-
verni militari egiziani e ha scritto molto sui
sindacati e sui movimenti di protesta del
paese. All’inizio del 2015 aveva scritto un
articolo sulla tendenza a trasformare i citta-
dini comuni in informatori della polizia e
sulla crescente criminalizzazione di attività
prima considerate innocue.
La difesa di Cambridge
I rapporti tra gli inquirenti italiani e l’uni-
versità di Cambridge sono partiti con il pie-
de sbagliato, perché al funerale di Regeni
Abdelrahman si è riiutata di consegnare le
sue email e i suoi sms. Ha anche fatto aspet-
tare la polizia per tre ore, presentandosi al
commissariato alle dieci di sera. La rilut-
tanza della studiosa a consegnare i suoi da-
ti personali è comprensibile, se si considera
che è cresciuta in Egitto sotto un regime mi-
litare in cui nessuno consegnava nulla
spontaneamente alla polizia. Dopo la mor-
te di Regeni, Abdelrahman ha deciso di non
parlare con i giornalisti, ma ha detto ai suoi
colleghi di Cambridge che il giorno del fu-
nerale ha collaborato con la polizia.
La procura italiana voleva sapere di chi
fosse stata l’idea di assegnare a Regeni una
tesi di dottorato sui sindacati indipendenti,
e in particolare su quello degli ambulanti.
Quando gli inquirenti le hanno chiesto se
era stata lei a spingere Regeni a fare una ri-
cerca su quel particolare argomento, e se
era consapevole che il ragazzo avrebbe po-
tuto correre dei rischi, Abdelrahman ha
avuto la sensazione di essere trattata con
sospetto.
Lo scorso giugno il sostituto procuratore
Colaiocco è andato nel Regno Unito per in-
contrare due professori di Cambridge, do-
po aver mandato una richiesta di colloquio.
L’università sostiene di non aver ricevuto
una comunicazione dal governo italiano,
ma di aver saputo della richiesta in modo
48 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
informale dalla polizia di Cambridge.
All’inizio i due professori hanno accettato
di incontrare il sostituto procuratore, ma
poi si sono riiutati di vederlo. Questo ha
scatenato una piccola tempesta e su Twitter
il viceministro degli esteri italiano, Mario
Giro, ha accusato l’università di non voler
collaborare. Anche un professore italiano
che insegna a Oxford, Federico Varese, ha
criticato Cambridge in un’intervista rila-
sciata a Repubblica: “Una parte di respon-
sabilità morale la porta anche l’università
che non è riuscita a sottrarre quel ragazzo al
suo destino non intuendo che una ‘ricerca
“Giulio è morto come
un egiziano”, dice
l’avvocata della
famiglia Regeni
partecipata’ aumenta il rischio. Sembra che
la sua priorità sia difendersi da qualsiasi re-
sponsabilità legale e richiesta di danni”.
A giugno il vicerettore di Cambridge e
un certo numero di docenti hanno irmato
una lettera in cui dichiarano che l’universi-
tà non ha ricevuto nessuna richiesta di aiu-
to da parte della magistratura
italiana e che Regeni non aveva
alcun motivo particolare per te-
mere per la propria sicurezza,
perché “nessuno studente, ricer-
catore o accademico” era mai
stato ucciso in Egitto. In seguito l’ateneo
ha assunto un avvocato italiano per facili-
tare i rapporti con Roma e ha ricevuto e
adempiuto alla richiesta di alcuni docu-
menti sul caso Regeni.
“Penso che questa polemica con Cam-
bridge sia stata goniata”, ha dichiarato un
amico di Regeni in Egitto, facendo notare
che Abdelrahman ha continuato a fare ri-
cerca sul campo, proprio come Giulio. “Non
è una professoressa che rimane in bibliote-
ca e manda i suoi studenti a lavorare sul
campo. La verità sulla morte di Giulio va
cercata in Egitto, nella crescente paranoia
del regime, non a Cambridge”.
A dicembre del 2015 la polizia egiziana
ha arrestato un giovane studioso francese
che stava conducendo una ricerca sul movi-
mento dei lavoratori e lo ha tenuto in cella
per una notte, ha raccontato l’amico di Re-
geni: “Sono cose che succedono spesso, ma
gli studiosi non le denunciano, per poter
tornare in Egitto”.
Ma l’approccio più morbido e collabora-
tivo degli ultimi mesi fa pensare che ormai
il governo egiziano tenti di rifarsi un’imma-
gine. Ha accettato di incontrare la famiglia
del ricercatore, e i genitori sperano che que-
sto possa servire a fare qualche passo avan-
ti verso la verità.
La morte di Regeni è un mistero sotto gli
occhi di tutti. Le torture apparentemente
inspiegabili che ha subìto e la sua uccisione
rilettono la situazione dell’Egitto: la crisi
della democrazia, la perdita di spazi di li-
bertà e di garanzia già limitate, la brutale
repressione di ogni tipo di dissenso, l’au-
mento delle torture e delle persone scom-
parse, e la tendenza ad attribuire i problemi
del paese a complotti stranieri. In questo
mondo chiuso, Giulio Regeni, che parlava
cinque lingue e aveva il cellulare pieno di
contatti egiziani e stranieri, poteva sembra-
re una spia e la polizia, in un sistema nel
quale non deve rendere conto a nessuno,
può commettere errori.
Sembra che i procuratori egiziani non
riuscissero a capire perché i loro colleghi
italiani non accettavano le prove che gli era-
no state fornite. “Le autorità egiziane sem-
bravano sconvolte dal fatto che la nostra
polizia continuasse a fare domande dopo
che avevano trovato la ‘banda’ di assassini e
i documenti di Regeni”, ha dichiarato uno
degli inquirenti italiani. “Con il loro atteg-
giamento sembravano voler dire:
‘Abbiamo trovato gli assassini, li
abbiamo anche uccisi. Questo
dovrebbe mettere fine alla fac-
cenda’”. Pensavano che le que-
stioni di stato – gli stretti rapporti
tra i due paesi, i miliardi di dollari di scambi
commerciali – fossero più importanti della
vita di una persona uccisa per sbaglio. Sem-
brava che non riuscissero a capire che il go-
verno italiano deve rendere conto alla sua
opinione pubblica e non può accettare una
spiegazione incoerente e poco plausibile
della morte di Regeni.
“Questo omicidio non è avvenuto per
caso”, dice Heba Morayef, direttrice as-
sociata dell’Egyptian initiative for per-
sonal rights. “È arrivato dopo tre anni di
propaganda xenofoba da parte dei servizi
segreti, che incoraggiano i cittadini a de-
nunciare gli stranieri. Gli agenti dei servizi
di sicurezza egiziani che parlano di com-
plotto straniero sono talmente numerosi
che la gente sta cominciando a crederci.
È così che si comporta uno stato di polizia
paranoico”. u bt
L’AUTORE
Alexander Stille è un giornalista
statunitense. Insegna alla Columbia
university. Il suo ultimo libro pubblicato in
Italia è La forza delle cose (Garzanti 2013).
Economia
L’accordo
fallito
H. Buchter, L. Nienhaus e P. Pinzler,
Die Zeit, Germania. Foto di Jefrey Milstein
Il Ttip, il trattato di libero scambio tra gli Stati
Uniti e l’Unione europea, sta per essere
abbandonato. Merito della tenacia dei suoi
oppositori e dell’incompetenza dei leader politici
uattro uomini salirono
Q ognuno su un podio. Sullo
sfondo c’era un lago. Era il
giugno del 2013. Sulle riva
del Lough Erne, in Irlanda
del Nord, quella élite di po-
litici si presentò di fronte ai cittadini con
una buona notizia. “È un’opportunità per
creare crescita e posti di lavoro sulle due
sponde dell’oceano Atlantico”, disse il pre-
sidente degli Stati Uniti Barack Obama. Gli
altri tre, tutti politici europei all’epoca con
incarichi importanti, annuivano compia-
ciuti: il presidente della commissione euro-
pea Manuel Barroso, il presidente del Con-
siglio europeo Herman Van Rompuy e il
premier britannico David Cameron. Anche
loro pronunciarono discorsi simili. Il punto
centrale era sempre la “crescita” e il fatto
che qualcosa di nuovo, di grande e di buono
si stava creando sull’Atlantico.
Quel giorno i quattro leader annuncia-
rono un accordo commerciale di libero
scambio in corso di negoziazione tra l’Unio-
ne europea e gli Stati Uniti: il Partenariato
transatlantico per il commercio e gli inve-
stimenti (Ttip). La notizia inì sulle prime
pagine di tutti i giornali, con titoli quasi
esclusivamente positivi. L’opinione pubbli-
ca però rimase indiferente: la sigla Ttip non
diceva niente a nessuno. Non ancora.
Oggi, tre anni dopo, si può tranquilla-
mente cominciare una conversazione ac-
cennando al Ttip, ma parlarne in termini
50 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
positivi può facilmente servire a guastare
l’atmosfera. Almeno in Germania, che è di-
ventata un paese di nemici del Ttip. Basta
un dato: dei 3,5 milioni di persone che in tut-
ta Europa hanno irmato la petizione “Con-
tro Ttip e Ceta!”, 1,6 milioni sono tedeschi.
Fino a poco tempo fa il paese era tappezzato
di manifesti che invitavano a partecipare ai
cortei che si sono tenuti il 17 settembre in
sette città (Berlino, Francoforte, Amburgo,
Colonia, Lipsia, Monaco e Stoccarda). Il
Ceta (Accordo economico e commerciale
globale) è un trattato simile al Ttip concluso
tra l’Unione europea e il Canada.
Anche tra i politici è svanito l’entusia-
smo. La Commissione europea prosegue le
trattative con gli statunitensi, ma a maggio
il presidente francese François Hollande ha
dichiarato che “a questo stadio” delle trat-
tative riiutava il Ttip. Alla ine di agosto il
ministro dell’economia tedesco, il socialde-
mocratico Sigmar Gabriel, ha deinito i ne-
goziati per il Ttip “di fatto falliti”. Gabriel
poi ha aggiunto di voler portare a termine tici durante le commemorazioni, ma anche
l’accordo con i canadesi, ma su questo la come mercato comune. Il commercio è sta-
Spd, il partito di Gabriel, è spaccata. Al Ttip, to sempre un tema centrale per l’Unione. In
comunque, il ministro ha rinunciato. teoria nessuno avrebbe niente da ridire. In
La cosa è sorprendente. Per decenni la fondo da duecento anni è assodato che i
linea tedesca sul commercio è stata sempre paesi diventano più ricchi con il commer-
una sola: più commercio è meglio. Molti cio. L’economista David Ricardo lo spiega-
trattati sono entrati in vigore senza passare va con l’esempio della stofa e del vino: se il
per i grandi dibattiti pubblici. La stessa Regno Unito si specializza nella produzione
Unione europea è nata non solo come pro- di stofe e il Portogallo in quella del vino e i
getto di pace, come amano ricordare i poli- due paesi scambiano i loro prodotti, saran-

no entrambi più ricchi. Perché allora non
trasportare da una parte all’altra dell’Atlan-
tico le noccioline californiane e le compo-
nenti per auto tedesche? Eppure oggi il Ttip
è in in di vita. Per scoprire come sia potuto
succedere, abbiamo fatto un viaggio nel
tempo, parlando con molte persone coin-
volte in questo disastro. Gli oppositori ci
hanno raccontato dell’idea del “pollo al clo-
ro”, l’ex commissario europeo al commer-
cio ci ha parlato degli inizi euforici. Intanto
Il porto di Long Beach, vicino a Los Angeles, Stati Uniti
negli Stati Uniti Donald Trump, il candida-
to repubblicano alle presidenziali, ha ripor-
tato il libero scambio al centro del dibattito
pubblico. Mettendo insieme queste storie
emergono i passaggi che hanno portato il
progetto al fallimento. È la cronaca di una
morte annunciata.
Tutto è cominciato nel febbraio del 2013.
Nel suo discorso sullo stato dell’unione
(cioè sulla situazione degli Stati Uniti) Oba-
ma accennò per la prima volta all’intenzio-
ne di concludere un accordo di libero scam-
bio con l’Unione europea. Il giorno dopo i
giornali statunitensi ed europei dedicarono
poche righe all’argomento, ma alcuni atti-
visti si misero subito in allarme. Tra di loro
c’era Pia Eberhardt, che fa parte di un’orga-
nizzazione dalla sigla un po’ fuorviante: la
Ceo. L’acronimo sta per Corporate europe
observatory, non per chief executive oicer
(amministratore delegato). L’organizzazio-
ne, infatti, non lavora per i grandi manager,
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 51
Economia
ma contro di loro: tiene d’occhio i gruppi
industriali e soprattutto il modo in cui in-
luenzano le politiche europee. Eberhardt
è l’esperta di commercio globale della Ceo
e nel febbraio del 2013 era già sicura: il Ttip
era pericoloso. Nell’aprile del 2013, prima
ancora del summit di Lough Erne,
Eberhardt andò ad Hannover a un incontro
tra alcune organizzazioni. Nel suo inter-
vento spiegò perché pensava che il Ttip
potesse produrre molti cambiamenti ne-
gativi. Lo fece molto bene. Il video dell’in-
tervento, intitolato “Introduzione al Ttip”,
ebbe subito migliaia di visualizzazioni on-
line. Nella stessa sala c’era un’altra donna,
apparentemente molto diversa dalla quasi
timida Eberhardt. Era Maritta Strasser,
una persona dall’energia incontenibile.
Quel giorno ascoltò rapita l’esperta di
commercio globale. “Ero sconvolta men-
tre ascoltavo quanti aspetti della nostra
vita potevano essere inluenzati da un ac-
cordo simile”, ricorda Strasser. “Capii su-
bito che il Ttip avrebbe interessato molti
dei nostri attivisti”.
Strasser si mise al lavoro facendo quello
che le riusciva meglio: realizzò una campa-
gna di mobilitazione. D’altronde era que-
sto il suo ruolo alla Campact, un’organiz-
zazione tedesca molto piccola ma molto
battagliera famosa per le sue azioni politi-
che, spesso spregiudicate, che partono tut-
te dalla cittadina di Verden an der Aller, in
Bassa Sassonia. Una delle sue iniziative più
note è stata “Asilo per Edward Snowden”, i
cui adesivi sono initi sui portoni di tutte le
case tedesche.
Secondo Strasser, il Ttip toccava molti
temi su cui Campact aveva da tempo mo-
bilitato i suoi attivisti. Per esempio, la pro-
duzione del mais geneticamente modiica-
to o l’estrazione di gas e petrolio con la
tecnica del fracking (fratturazione idrauli-
ca). Inoltre i negoziati sul Ttip erano anco-
ra in corso, quindi il testo del trattato non
era deinitivo. Insomma gli attivisti aveva-
no molti spunti per dare battaglia.
Strasser cominciò subito a mobilitare i
sostenitori della Campact. La prima azio-
ne era prevista per il 18 giugno 2013, il gior-
no in cui Obama era atteso a Berlino dopo
la riunione del G8 in Irlanda del Nord. Quel
giorno, ricorda Strasser, arrivò in tv l’im-
magine più potente di tutta la campagna
contro il Ttip: il pollo al cloro.
Quel simbolo nacque per caso. Prima
della visita di Obama, Strasser si riunì con
i due presidenti di Campact, Christoph
Bautz e Felix Kolb. Cercavano immagini
che potessero attirare l’attenzione sul Ttip.
In quel momento la maggior parte dei te-
52 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
deschi non conosceva l’accordo di libero
scambio. I suoi contenuti erano complicati
e i suoi efetti sui cittadini erano poco chia-
ri. Come spiegare alla gente che il Ttip era
una minaccia per la vita di tutti i giorni?
Uno dei due leader della Campact la
buttò lì: “Abbiamo ancora quel pollo”. Era
un pollo goniabile di dimensioni masto-
dontiche, usato per un’altra iniziativa.
Strasser capì subito come lo si poteva usa-
re: come simbolo della minaccia che in-
combeva sugli europei se avessero lasciato
entrare in Europa la carne di pollo statuni-
tense. Negli Stati Uniti la carne viene spes-
so lavata con il cloro. Una cosa inaccettabi-
le in Germania, anche se qui l’insalata in
busta è tranquillamente immersa in acqua
di cloro. Il pollo al cloro provoca disgusto.
“Durante la campagna abbiamo usato tre
immagini chiave”, dice Strasser. “Il pollo
al cloro è stato il più ripreso dai mezzi d’in-
formazione. Quell’immagine ha assunto
vita propria”.
Il 2013, quindi, è stato l’anno in cui i poli-
tici avviavano i negoziati e chi li contestava
lanciava il pollo al cloro. Non è stato quello,
comunque, l’anno del Ttip. Gli ingredienti
per far esplodere la protesta c’erano tutti,
ma erano ancora pochi i tedeschi che cono-
scevano quelle quattro lettere. L’allora com-
missario europeo al commercio Karel De
Gucht poteva dirsi contento già solo perché
i negoziati erano cominciati. In un’intervi-
Da sapere
L’accordo tra Europa e Canada
u La Commissione europea vuole irmare
l’Accordo economico e commerciale globale
(Ceta), il trattato di libero scambio tra l’Unione
europea e il Canada, il 27 ottobre 2016, in
occasione del vertice tra Bruxelles e i vertici del
paese nordamericano. Per l’approvazione serve
la ratiica dei governi e del parlamento europeo.
u Il 17 settembre duecentomila persone hanno
protestato contro il Ceta e il Ttip (l’accordo di
libero scambio tra l’Unione europea e gli Stati
Uniti) in Germania. Quattro giorni dopo c’è
stata un’altra manifestazione a Bruxelles.
u Il 23 settembre i ministri del commercio
dell’Unione europea, riuniti a Bratislava, in
Slovacchia, hanno confermato di voler
approvare il Ceta il 27 ottobre anche senza la
ratiica dei parlamenti nazionali. I ministri,
però, hanno chiesto alla Commissione europea
di pubblicare una dichiarazione che faccia
chiarezza su alcuni punti contestati del Ceta.
Per quanto riguarda il Ttip, hanno detto di
voler continuare i negoziati, riconoscendo
però che un’eventuale conclusione è
impossibile prima della ine del mandato del
presidente degli Stati Uniti Barack Obama.
Die Zeit, Süddeutsche Zeitung
sta del dicembre del 2013 si vantò del ritmo
delle trattative, che lui stesso stava guidan-
do: “Un record mondiale”. All’epoca solo
pochi avrebbero detto che quel record mon-
diale non avrebbe portato a nulla.
L’area del Paciico
È stato il 2014 a portare alla ribalta il Ttip.
Almeno in Germania. Negli Stati Uniti con-
tinuava a esserci poco interesse per l’accor-
do con l’Unione europea. Barack Obama,
che aveva annunciato i negoziati con tanto
entusiasmo, aveva avviato diverse trattati-
ve per guadagnare l’appoggio dei repubbli-
cani al congresso, ma ora i conservatori
statunitensi non erano più così ossessionati
dal libero scambio. Obama, inoltre, voleva
soprattutto chiudere un’altra intesa com-
merciale, il Partenariato transpacifico
(Tpp), un accordo di libero scambio tra gli
Stati Uniti e undici paesi dell’area del Paci-
ico, da usare come baluardo contro la Cina.
Il Ttip per il momento non era tra le priorità
del presidente.
Le cose andavano diversamente in Ger-
mania, e non solo per merito delle iniziati-
ve di Strasser. Nel paese cresceva il nume-
ro di organizzazioni mobilitate contro il
Ttip. Si erano schierati i sindacati, le asso-
ciazioni ambientaliste, i gruppi umanitari
e perino le chiese. Si raccoglievano sem-
pre più irme, si pubblicavano studi, si or-
ganizzavano conferenze. Il malessere di
molti dipendeva certo anche dal fatto che
la diidenza nei confronti degli statuniten-
si era sensibilmente aumentata: lo scanda-
lo delle intercettazioni della Nsa era anco-
ra fresco. Ma era aumentata anche la dii-
denza verso la globalizzazione: avrebbe
portato davvero qualcosa di buono in futu-
ro?
Il dibattito si iniammò inoltre a causa
di un paio di errori decisivi dei politici. Il
primo aveva a che fare con i numeri. Alla
ine di gennaio del 2014 il commissario De
Gucht rilasciò un’intervista a Monitor, una
trasmissione della tv pubblica tedesca Ard.
Il giornalista gli chiese quale fosse il senso
del Ttip e De Gucht spiegò che l’accordo
avrebbe portato 120 miliardi di euro e cen-
tinaia di migliaia di posti di lavoro. Un gior-
nalista, però, osservò che i risultati dello
studio a cui De Gucht si riferiva, e che lo
stesso De Gucht aveva commissionato,
non parlavano di una crescita economica
rilevante: si trattava appena dello 0,05 per
cento all’anno. De Gucht cercava le parole
per rispondere e si guardava intorno diso-
rientato. Poi rimase in silenzio. La teleca-
mera tuttavia continuava a riprenderlo
mentre il giornalista gli mostrava la parte

dello studio citato che parlava di crescita:
era evidente che De Gucht non conosceva
il testo. “Questo è lo studio che abbiamo
commissionato noi?”, chiese esitante. Poi
aggiunse: “Non dovremmo argomentare
con le percentuali”. Il video fu pubblicato
in rete ed ebbe una difusione vertiginosa.
La Commissione europea fece una pessi-
ma igura. L’impressione era che De Gucht
non sapesse di cosa parlava e che neanche
Bruxelles credesse che il Ttip fosse un ac-
cordo vantaggioso per gli europei.
A questo punto De Gucht avrebbe do-
vuto rilettere su come cambiare la strate-
gia di promozione dell’accordo. Avrebbe
dovuto prendere sul serio il dibattito eco-
nomico e alimentarlo in modo intelligente.
Alcuni economisti sostengono che l’au-
mento degli scambi, se si punta su innova-
zione e investimenti, produce una crescita
molto più alta di quello che si crede: prima
s’introducono nuovi prodotti e processi di
produzione, che poi attirano investimenti
diretti da altre parti del pianeta. De Gucht
avrebbe potuto aprire a chi criticava il trat-
tato, prendere sul serio le sue argomenta-
Il porto di Long Beach, vicino a Los Angeles, Stati Uniti
zioni e rilettere su come collaborare per
promuovere la difesa dell’ambiente e le
conquiste sociali su entrambe le sponde
dell’Atlantico. Il commissario europeo, in-
vece, non cambiò la sua linea, e ancora og-
gi non riconosce i suoi errori. “Non abbia-
mo fatto alcun passo falso”, dice al telefo-
no. Dal novembre del 2014 non è più com-
missario, al suo posto ora c’è Cecilia
Malmström. La rabbia nei confronti dei
suoi avversari di allora però è la stessa. “Si
sono serviti di bugie”, dice. “La loro arma
più forte sono stati i social network, perché
sono rapidi e lì si può mentire”. Sembra
amareggiato. Senza dubbio, però, neanche
De Gucht e i suoi uomini hanno brillato per
l’uso di argomenti ben documentati. Ecco
il secondo errore commesso dalla politica:
l’arroganza.
Tutto fu evidente nel maggio del 2014,
quando De Gucht incontrò Strasser. Man-
cavano tre settimane alle elezioni europee,
e Strasser e compagni avevano deciso di
far pesare la loro battaglia nella campagna
elettorale. Avevano raccolto più di 400mi-
la firme. Strasser avrebbe voluto conse-
gnarle personalmente a De Gucht, ma il
commissario non si era mai fatto trovare.
Alla ine Strasser si presentò a un incontro
organizzato dal ministero tedesco dell’eco-
nomia, in cui s’intendeva dare al dibattito
sul Ttip maggiore obiettività. C’era De
Gucht insieme al capo negoziatore statuni-
tense Michael Froman. Anche il pubblico
poteva intervenire. Strasser chiese la paro-
la: “Parlo a nome di 470mila persone. So-
no preoccupate”. De Gucht rispose brusco:
“Congratulazioni. Io invece parlo a nome
di 500 milioni di europei”.
In sala c’erano i giornalisti e l’incidente
fu ripreso dai mezzi d’informazione. Da
quel momento la reazione di De Gucht sa-
rebbe stata la prova dell’arroganza dell’éli-
te politica europea. Al ministero dell’eco-
nomia tedesco rimasero atterriti dall’inco-
scienza del commissario. La questione
montò per mesi e l’opinione pubblica di-
ventò sempre più critica.
Nel frattempo stava crescendo l’atten-
zione sui tribunali arbitrali, quelli che per-
mettono alle aziende straniere di contrap-
porsi agli stati se ritengono che una legge
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 53
Economia
danneggi i loro afari. Sono tribunali priva-
ti, quindi aggirano il sistema giudiziario
ordinario. Era già successo alla Germania
di subire un arbitrato. Il gruppo energetico
svedese Vattenfall aveva citato per danni
Berlino chiedendo 4,7 miliardi di euro. La
questione non riguardava il Ttip, ma l’ab-
bandono dell’energia nucleare. Il Ttip, pe-
rò, dovrebbe ammettere la possibilità di
ricorrere ai tribunali privati anche ai gruppi
industriali statunitensi.
Infine, proprio in coincidenza con la
campagna elettorale per le europee del
2014, il tema del Ttip cominciò a essere af-
frontato anche dalla destra. Gli esponenti
dell’Alternative für Deutschland (Afd),
partito populista ed euroscettico, scopriro-
no il potenziale del no all’accordo. In prima
linea c’era Beatrix von Storch, giurista con-
servatrice ai vertici dell’Afd. Il suo cavallo
di battaglia erano i tribunali arbitrali. Von
Storch li trovava antidemocratici e avviò
una campagna per la raccolta di irme. Lo
slogan era “Niente giustizia segreta in Eu-
ropa”. Von Storch inora ha raccolto appe-
na 12.600 adesioni, ma è riuscita a legare il
tema alla destra. Alle elezioni europee ot-
tenne un seggio. Oggi nel programma del
partito si legge: “L’Afd è contraria agli ac-
cordi di libero scambio come il Ttip”.
Concessioni e proposte
Il 2014 ha visto una combinazione di fatto-
ri diversi: errori dei politici, campagne in-
telligenti, una diidenza difusa nell’opi-
nione pubblica. Molti non credevano più
che il libero scambio e la globalizzazione
portassero dei beneici. Temevano il pote-
re dei grandi gruppi industriali e non ave-
vano iducia nelle élite, che difendevano
gli interessi delle aziende.
Alla ine del 2014 i politici di Bruxelles
hanno capito che non si poteva andare
avanti così. È stata nominata commissaria
europea per il commercio Cecilia Malm-
ström, una donna afabile, cordiale e comu-
nicativa. La commissaria ha promesso di
dialogare con gli oppositori e di prendere
sul serio le loro preoccupazioni. Ha fatto
delle concessioni e ha proposto una riforma
sulla tutela degli investimenti. In questo
modo è riuscita a placare almeno un po’ la
discussione. A questo risultato, in realtà,
hanno contribuito, più di Malmström, l’ina-
sprirsi della crisi greca, nella primavera del
2015, e poi la crisi dei profughi. Oggi le que-
stioni più rilevanti in Germania sono altre,
sia per l’Afd sia per i partiti della sinistra.
A questo bisogna aggiungere che gli
Stati Uniti sono dei partner diicili. Nella
primavera del 2015 il capo dei consiglieri
54 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
Il porto di Long Beach, vicino a Los Angeles, Stati Uniti
economici di Barack Obama, Jason Fur-
man, ha rilasciato alla Zeit un’intervista
nell’ambasciata statunitense a Berlino. La
grande sala riunioni era oscurata e Fur-
man, giovane economista di 44 anni, ha
dribblato elegantemente le critiche della
Germania al Ttip. Anche gli statunitensi si
preoccupano della sicurezza dei prodotti
alimentari, ha detto. E i tribunali arbitrali?
Li ha inventati proprio la Germania, cin-
quant’anni fa. Furman ha chiarito: senza i
tribunali arbitrali non ci sarebbe stato al-
cun Ttip. “Per noi sono importanti, do-
vrebbero esserlo anche per l’Europa”, ha
aggiunto. Ci si può immaginare quanto
debba essere diicile per i negoziatori eu-
ropei destreggiarsi tra questo duro e stoico
negoziatore e le proteste dei cittadini.
Poi però sono cambiati gli umori anche
negli Stati Uniti. Il Ttip aveva attirato l’at-
tenzione di pochi ino a quando Donald
Trump non ha cominciato la sua corsa co-
me candidato repubblicano alla presiden-
za. All’inizio, nell’estate del 2015, Trump
parlava soprattutto del muro che voleva
innalzare contro l’immigrazione illegale
dei messicani. Poi ha scelto un nuovo argo-
mento: il malvagio libero scambio.
Nel giugno del 2016 Trump ha fatto un
comizio a Monessen, in Pennsylvania, do-
ve in passato gli operai realizzavano lamie-
re per le carrozzerie della Chrysler e cavi
d’acciaio per il Golden gate bridge. L’ulti-
mo pezzo d’acciaio, però, è stato forgiato
trent’anni fa: da allora le ciminiere sono
chiuse. Monessen oggi ha settemila abi-
tanti, mentre all’epoca d’oro ne contava
più di ventimila. Quel giorno Trump ha
detto: “I nostri lavoratori – e voi lo sapete
benissimo – sono stati traditi dai politici,
che hanno accelerato la globalizzazione in
modo aggressivo”. Il lavoro degli statuni-
tensi, la ricchezza e le fabbriche sono stati
spostati in Messico e oltreoceano a vantag-
gio delle élite che inanziano i politici. “Pri-
ma è arrivata l’area di libero scambio nor-
damericana, meglio conosciuta come il
disastro Nafta, il peggiore accordo com-
merciale della storia. È inaccettabile”, ha
detto Trump. Quando ha promesso di far
tornare tutto com’era un tempo, la folla è
esplosa di gioia.
Anche la democratica Hillary Clinton,
l’avversaria di Trump, ha mostrato una
buona dose di scetticismo sul libero scam-
bio. Il governo statunitense continua i ne-
goziati con fermezza solo per non apparire
incoerente. Intanto in Europa nessun part-
ner crede che dopo le elezioni del 9 novem-
bre il nuovo presidente statunitense ri-
prenderà le trattative con entusiasmo.
Il Ttip è praticamente morto. Vittima di
un’abile campagna d’opposizione, vittima
dei politici, della loro cecità prima e dei lo-
ro passi falsi dopo. Ma alla ine vittima so-
prattutto di una diidenza verso la globa-
lizzazione, del sospetto che saranno in po-
chi a trarne vantaggio. Solo una persona
continua a essere convinta che il Ttip possa
ancora diventare realtà: l’ex commissario
De Gucht. “Certo che sarà un successo”,
dice. Magari avrà ragione, forse tra venti o
trent’anni. Oggi, però, la cosa è molto im-
probabile. u ct
L’opinione
Le lobby
non mollano mai
George Monbiot, The Guardian, Regno Unito
Il fallimento del Ttip non deve
far esultare troppo. All’orizzonte
ci sono altri trattati simili: il Ceta
e il Tisa
avvero è inita? Se è così, è
D una grande vittoria per una
campagna d’opposizione che
sembrava non avere alcuna
speranza contro il palazzo inespugnabile
del potere politico, economico e burocra-
tico. Il Partenariato transatlantico per il
commercio e gli investimenti (Ttip) appa-
rentemente è morto. Il ministro tedesco
dell’economia, Sigmar Gabriel, ha detto
che “i colloqui con gli Stati Uniti sono so-
stanzialmente falliti”. Il primo ministro
francese Manuel Valls ha parlato di un
“chiaro stop”. I ministri belgi e austriaci
hanno detto la stessa cosa. Il potere del
popolo vince. Per ora.
Ma le lobby non si arrendono mai. Il
Ttip è uscito di scena tra i ischi, ma un
trattato simile è pronto dietro le quinte. Ed
è a uno stadio molto più avanzato: basta
solo l’approvazione inale. L’Accordo eco-
nomico e commerciale globale (Ceta) è a
prima vista un trattato tra l’Unione euro-
pea e il Canada. Il problema è che permet-
te a qualsiasi multinazionale attiva in Ca-
nada di fare causa a uno stato davanti a un
tribunale arbitrale. Il rischio è quello di
smantellare le leggi che ci tutelano contro
lo sfruttamento e di impedire ai parlamen-
ti su entrambe le sponde dell’oceano
Atlantico di legiferare.
Dire che non esiste un mandato per ac-
cordi simile è un eufemismo: c’è stato un
inequivocabile mandato contrario. La
consultazione avviata a denti stretti
dall’Unione europea sulla proposta del
Ttip di concedere nuovi diritti giuridici al-
le multinazionali ha ricevuto 150mila ri-
sposte, il 97 per cento delle quali ostili.
Purtroppo, però, siamo chiamati a sceglie-
re solo sulle minuzie. Non è chiaro se i
parlamenti nazionali potranno opporre il
loro veto al trattato. La commissaria euro-
pea per il commercio ha detto che non ser-
ve: basterà sottoporre il testo al parlamen-
to di Strasburgo. In ogni caso i parlamenti
nazionali potranno solo decidere se ratii-
carlo o no: i contenuti saranno stati già de-
initi. La Commissione europea ha pubbli-
cato il testo dell’accordo solo dopo la chiu-
sura dei negoziati con il Canada. È lungo
1.600 pagine. Non ha né un indice né una
nota esplicativa. Quanto a trasparenza,
equità e comprensibilità, somiglia ai trat-
tati territoriali che i capi africani analfabe-
ti erano spinti a irmare nell’ottocento. È
diicile immaginare che i parlamenti pos-
sano prendere una decisione informata su
queste basi. Se voglio comprare una mac-
china usata, il venditore mi blandisce e mi
rigira la frittata, ma grazie alle leggi euro-
pee a tutela dei consumatori è obbligato
anche a spiegarmi tutti i rischi e le con-
troindicazioni del caso. Nel caso del Ceta,
questa tutela non c’è: il sito dell’Unione
mi racconta che è una macchina fantasti-
ca, ma non parla dei rischi.
Questa è la risposta che il sito della
Commissione europea dà alla domanda
se i negoziati sul Ceta sono stati condotti
in segreto. “Niente afatto. Durante i cin-
que anni di colloqui, la commissione ha
organizzato varie riunioni di dialogo con
la società civile riservate alle parti inte-
ressate”. Ho cliccato sul link e ho scoper-
to che ci sono stati quattro incontri, tutti a
Bruxelles, monopolizzati dalle associa-
zioni delle multinazionali del commer-
cio, che probabilmente erano già su una
corsia preferenziale. È stata data la giusta
visibilità a questi incontri? Si è provato a
coinvolgere qualcuno che non facesse
parte della cerchia dorata delle lobby? Se
questa è trasparenza, tremo all’idea di
cosa sia la segretezza.
C’è il rischio di smantellare
le leggi che ci tutelano
contro lo sfruttamento
e di impedire ai parlamenti
di legiferare
Dopo ore a combattere con il trattato
ho capito che non avevo la minima spe-
ranza di coglierne le implicazioni. Ho do-
vuto aidarmi agli esperti di gruppi come
Attac, in Germania, e il Canadian centre
for policy alternatives. Come il Ttip, il Ce-
ta minaccia di blindare le privatizzazioni,
rendendo impossibili le nazionalizzazioni
o i tentativi delle città di prendere in mano
la gestione dei servizi pubblici in crisi. Co-
me il Ttip, il Ceta usa una deinizione mol-
to ampia sia di investimenti sia di espro-
priazione, per permettere alle multinazio-
nali di fare causa a uno stato quando riten-
gono che i loro “proitti futuri attesi” siano
minacciati da nuove leggi. Come il Ttip, li-
mita la capacità dei governi di tutelare i
cittadini. A quanto pare, vieta di stabilire
alcune regole che impedirebbero alle ban-
che di diventare troppo grandi per fallire.
E sembra mettere in discussione le leggi
urbanistiche e altre tutele dettate dal buon
senso. Tutto quello che non è esplicita-
mente escluso dall’accordo è considerato
incluso. In altre parole, se i governi non
ravvisano un potenziale pericolo prima
che il pericolo si manifesti, dovranno te-
nerselo. L’Unione europea, per esempio,
sembra aver perso la possibilità di imporre
la separazione dell’attività bancaria d’in-
vestimento da quella commerciale.
Aggirare la democrazia
Il Ceta si spaccia per un trattato commer-
ciale, ma molte delle sue disposizioni han-
no poco a che fare con il commercio. Sono
tentativi di aggirare la democrazia per
conto delle multinazionali. Milioni di per-
sone in Europa e in Canada vorrebbero la-
sciarsi alle spalle l’era neoliberista. Tratta-
ti come questo la perpetuerebbero all’ini-
nito. E comunque, se i parlamenti bocce-
ranno il trattato, è già pronto un nuovo
tentativo: l’Accordo sugli scambi di servizi
(Tisa), che l’Unione europea sta negozian-
do con gli Stati Uniti e altri 21 paesi.
La lobby delle multinazionali e i gover-
ni al suo servizio cercano di imporre que-
sti trattati da più di vent’anni. Lavorando
in segreto, senza alcun consenso demo-
cratico, torneranno alla carica nella spe-
ranza di vincere la nostra resistenza.
Quando si dice che il prezzo della libertà è
una vigilanza eterna è questo che s’inten-
de. La battaglia continuerà per tutta la no-
stra vita. Siamo costretti a vincere tutte le
volte, a loro invece basta vincere una volta
sola. Non abbassiamo la guardia. Non la-
sciamoli vincere. u fas
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 55
 Scienza
C.J. Burton (GEtty ImaGEs)

Quando i medici
ci ripensano
Kayt Sukel, New Scientist, Regno Unito
Dalle allergie ino al cancro, i dietrofront dei medici sulle terapie consigliate sono
molto frequenti. Perché avvengono questi cambiamenti di rotta? E come evitarli?

56 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

 ifany MacLeod ha seguito
T le indicazioni alla lettera.
Sofriva di allergie alimen-
tari e temeva che potessero
averle anche i suoi igli. Il
suo medico le aveva consi-
gliato di evitare le arachidi durante la gravi-
danza e l’allattamento, e di non farle man-
giare ai igli prima dei tre anni. “Volevo fare
la cosa migliore per loro”, dice, “e pensavo
che il mio medico sapesse quale fosse”.
Il suo medico aveva seguito le linee gui-
da dell’American academy of pediatrics
(Aap), pubblicate nel 2000. Nel 2008, però,
l’Aap ha fatto marcia indietro. Poi, nel 2015,
ci ha ripensato di nuovo. Inine uno studio
ad ampio raggio pubblicato a settembre ha
dimostrato che l’assunzione regolare di ara-
chidi a partire dai quattro mesi di età riduce
il rischio di allergia di circa l’80 per cento.
McLeod, che vive in Texas, ha avuto en-
trambi i igli nel periodo in cui le linee guida
venivano modiicate. Ha scoperto nel mo-
do peggiore che la iglia più piccola sofriva
di un’allergia potenzialmente letale. “Ab-
biamo dovuto portarla di corsa al pronto
soccorso. È stato spaventoso”, racconta.
Sarebbe confortante pensare che questo
drastico cambiamento delle linee guida
sull’allergia alle arachidi sia un caso isolato.
In realtà, questi dietrofront in campo medi-
co non sono rari. Un’analisi delle ricerche
pubblicate negli ultimi dieci anni su una ri-
vista medica ha riscontrato 146 di questi
“ripensamenti”. Per essere chiari, non si
tratta di pareri medici rivisti sulla base di
nuove evidenze: parliamo di pratiche che
sono diventate di routine prima che si sco-
prisse che in realtà non funzionavano. Anzi,
prima che si scoprisse che facevano male.
Oggi si dà per scontato che i pareri dei
medici si basino su prove raccolte attraver-
so una sperimentazione rigorosa. A quanto
pare, però, spesso non è così. Fortunata-
mente, si sta facendo luce sul problema per
cercare di risolverlo.
Non è un compito facile. Negli ultimi
anni i pareri uiciali sono cambiati su tutto,
da questioni generali come la dieta e l’ali-
mentazione a tecniche specifiche come
l’uso degli stent per mantenere aperte le
arterie ostruite dei cardiopatici. Ci sono
stati clamorosi ribaltamenti anche sugli
screening oncologici e su altre questioni
sanitarie di grande rilevanza pubblica.
Per molti di noi non è un problema
astratto. Negli anni novanta a mia madre fu
prescritta la terapia ormonale sostitutiva
(Tos) per accompagnare la menopausa.
Questo prima che si scoprisse che la Tos au-
mentava il rischio d’infarto, ictus e tumore
al seno. Nove anni dopo, quando le è stato
diagnosticato un tumore bilaterale al seno
e ha passato un anno tremendo tra opera-
zioni e terapie, ci siamo chiesti quanto la
Tos avesse contribuito alla sua malattia.
“Le riviste mediche sono piene di idee inte-
ressanti che vengono sottoposte a speri-
mentazione e non la superano. È la scien-
za”, dice Adam Cifu dell’università di Chi-
cago, autore di Ending medical reversal (ba-
sta con i ripensamenti nella medicina) in-
sieme a Vinay Prasad. “Il problema nasce
quando tecnologie, terapie o procedure chi-
rurgiche diventano note e vengono pre-
scritte a milioni di persone e poi si scopre
che non funzionano”.
Perché succede? Alla ine degli anni no-
vanta i casi di allergia alle arachidi erano in
aumento sia negli Stati Uniti sia nel Regno
Unito. All’epoca la teoria più difusa era che
la somministrazione di proteine allergeni-
Su molte questioni è
da poco che possiamo
contare su dati di
buona qualità
che ai neonati prima della formazione
dell’intestino facilitasse il passaggio di que-
ste proteine nel sangue: il bambino svilup-
pava i relativi anticorpi e crescendo diven-
tava allergico ai cibi che contenevano quel-
le sostanze. L’intuizione era coerente con le
ipotesi sugli efetti degli allergeni sul siste-
ma immunitario e con diversi studi che mo-
stravano che nei paesi dove il consumo di
arachidi era basso i casi di allergia erano più
rari. Quindi evitare che i bambini
assumessero i potenziali allerge-
ni aveva una logica. In teoria.
“Gran parte di quello che fac-
ciamo in campo medico si basa
sulla teoria. Per molte cose è rela-
tivamente da poco che possiamo contare su
dati di buona qualità”, dice Virginia Moyer,
che si occupa delle linee guida dell’Ameri-
can board of pediatrics (Abp) e appoggia le
pratiche basate sulle evidenze. “L’allergia
alle arachidi può essere mortale: abbiamo
fatto del nostro meglio con le conoscenze
che avevamo a quel tempo”.
Però allora non c’erano dati a sostegno
della teoria. E ora sembra che sia vero il
contrario: la somministrazione delle pro-
teine contenute nelle arachidi quando il
sistema immunitario non si è completa-
mente sviluppato in realtà fa diminuire le
probabilità di diventare allergici. “Passia-
mo un sacco di tempo a formare le persone
su come funziona l’organismo e su cosa
può andare storto Capiamo perché certe
pratiche dovrebbero funzionare e per que-
sto le adottiamo prima ancora di sapere se
funzionano davvero”, dice Cifu. Non è una
questione da poco. Secondo un’analisi del
database Bmj clinical evidence, su tremila
pratiche mediche comuni la metà avrebbe
un’“eicacia ignota”, mentre il 3 per cento
sarebbe potenzialmente ineicace o dan-
noso. Solo un terzo di queste pratiche è
stato descritto come “beneico” o “proba-
bilmente beneico”.
Risultati incoraggianti
Il problema principale è che spesso si fanno
gli studi solo dopo che le pratiche si sono
difuse. Lo sviluppo di nuovi trattamenti
segue un percorso preciso e consolidato,
spiega David Jones, storico della medicina
dell’università di Harvard. Qualcuno ottie-
ne dei primi risultati incoraggianti, molti
altri si entusiasmano per la novità e l’appog-
giano. “A quel punto il trattamento viene
venduto a pazienti ben disposti e quasi
sempre insoddisfatti delle terapie esisten-
ti”, dice Jones.
Alla ine emergono i dubbi e si fanno i
test clinici. A quel punto, però, i buoi sono
già scappati dalla stalla. Le persone chiedo-
no innovazione e un accesso rapido a cure
nuove e migliori. Ma, come dice Jones, “in
questo modo è facile entusiasmarsi per stu-
di limitati e poco rigorosi che incentivano
l’uso ingiustiicato di una nuova procedura
prima che sia stata veriicata”.
È diicile rimettere i buoi nella stalla.
Per esempio c’è una terapia, chiamata ver-
tebroplastica, che prevede l’iniezione di un
“cemento” biocompatibile nel
corpo delle vertebre ed è usata
soprattutto per le fratture spinali
legate all’osteoporosi. Anche se
una serie di test randomizzati
hanno dimostrato che non è più
eicace di un placebo, la procedura è anco-
ra usata, perino al Massachusetts general
hospital, uno dei migliori ospedali statuni-
tensi. “Una volta che una terapia diventa
‘standard’ tende a rimanere in uso”, dice
Ted Kaptchuk della Harvard medical
school, che studia l’efetto placebo. Non è
che i medici ignorino di proposito le prove
cliniche, anzi, probabilmente sono convin-
ti di fare il meglio. “Gli specialisti che fanno
la vertebroplastica vogliono solo aiutare i
pazienti e probabilmente sono convinti di
farlo”, dice Kaptchuk.
Impedire che procedure non ancora
sperimentate diventino terapie standard
sembra semplice: basta testarle prima. Ma
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 57
Scienza
anche quando gli studi vengono fatti prima,
il problema può essere cosa misurano.
Spesso i ricercatori guardano gli indicatori
“surrogati” invece che quelli reali. Per
esempio, il livello di colesterolo nel sangue
è usato come surrogato per valutare il ri-
schio d’infarto o di morte.
Misurare ciò che conta
Per anni ai malati di diabete di tipo 2 è stato
consigliato di mettersi a dieta e prendere
farmaci per tenere un certo indicatore dei
livelli di glucosio nel sangue, l’emoglobina
glicata, sotto il 7 per cento. Un importante
studio, infatti, aveva dimostrato che i mala-
ti di diabete con un livello di emoglobina
glicata vicino a quello delle persone non
afette dalla malattia avevano un’aspettati-
va di vita più alta. Poi, nel 2008, un gruppo
di studiosi coordinato da Hertzel Gerstein
della McMaster university in Ontario, in
Canada, ha scoperto che i pazienti che cer-
cavano di tenere l’indicatore sotto quella
soglia in realtà avevano un rischio di morte
più alto. “Quando arrivano i dati deinitivi,
molto più attendibili di quelli esistenti, sia-
mo costretti a fare dietrofront rispetto a
procedure che fino a poco tempo prima
sembravano le migliori”, dice Prasad, on-
cologo della Oregon health and sciences
university negli Stati Uniti.
La qualità dei dati a volte dipende da chi
paga. Due problemi aliggono da anni la
ricerca medica: la pressione a cui sono sot-
toposti i ricercatori, che vengono incentiva-
ti a pubblicare scoperte nuove e clamorose,
e la tendenza delle riviste mediche a evi-
denziare i risultati positivi più di quelli ne-
gativi. Sempre di più, però, i test clinici ven-
gono inanziati dal settore farmaceutico e
da quello delle apparecchiature mediche,
invece che dagli enti pubblici. Non solo
questi soggetti hanno un interesse econo-
mico al buon esito dei risultati iniziali, che
servono a far approvare un nuovo farmaco
o una nuova apparecchiatura: una volta ot-
tenuta l’approvazione, hanno scarsi incen-
tivi a portare avanti le costosissime ricerche
su vasta scala che potrebbero smentire i ri-
sultati iniziali e compromettere i proitti.
Pensate al Vioxx, un farmaco molto po-
polare negli Stati Uniti. La Food and drug
administration (Fda) lo aveva approvato nel
1999, ma poi la casa produttrice, la Merck,
fu accusata di aver nascosto i rischi emersi
già dai primi studi. Quando uno studio indi-
pendente dimostrò che il Vioxx faceva au-
mentare il rischio d’infarto, il farmaco era
stato già prescritto a venti milioni di perso-
ne. Fu ritirato nel 2004, non prima però di
aver provocato 140mila infarti che sarebbe
58 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
stato possibile evitare. Nel 2011 la Merck si
è dichiarata colpevole e ha pagato 950 mi-
lioni di dollari di multa.
Non c’è un rimedio semplice. Ci sono
tanti fattori in gioco, e per molti il sistema
non può essere perfetto: è così che funziona
il progresso. “In alcuni casi le ricerche che
bisognerebbe fare prima di adottare una
procedura non vengono fatte”, dice Moyer.
“Ma ci sono anche tanti altri motivi per cui
le prove cliniche relative a determinate pra-
tiche mediche possono cambiare e conti-
nuano a cambiare ”.
Tra questi c’è il fatto che spesso si lavora
su un bersaglio mobile. “Le malattie non
sono statiche: possono cambiare e spesso
cambiano”, spiega Gerstein. “Oggi il diabe-
Oggi l’apprendimento
del pensiero critico è
fondamentale per chi
studia medicina
te non è lo stesso di cinquant’anni fa”. Negli
ultimi vent’anni il numero dei pazienti a cui
è stato diagnosticato il diabete di tipo 2 è più
che raddoppiato, mentre l’età della prima
insorgenza si è abbassata. Rispetto a cin-
quant’anni fa oggi il diabete di tipo 2 si ac-
compagna più spesso ad altre malattie co-
me il tumore, problemi ai reni e cardiopatie.
“Lo chiamiamo con lo stesso nome ma si
comporta in modo diverso”, dice
Gerstein. “Il messaggio più im-
portante è che noi dobbiamo con-
tinuare a chiedere ricerche rigo-
rose e ad ampio raggio e a mette-
re continuamente in discussione
i risultati”, dice. “Se oggi curiamo i pazienti
come trent’anni fa probabilmente non li
stiamo curando bene”.
Quali sono i prossimi passi? È compren-
sibile che i pazienti e chi ne rappresenta gli
interessi vogliano avere nuove opzioni il
prima possibile, specialmente in caso di
malattie gravi. Allo stesso tempo, è logico
voler avere prove cliniche aidabili per le
terapie.
Conciliare queste esigenze dovrebbe
essere scontato. Signiica dare un accesso
rapido alle terapie ma allo stesso tempo
raccogliere dati certi. Qualcuno ci sta pro-
vando. Alcune organizzazioni di medici
specialisti come l’American college of phy-
sicians issano una data di scadenza per le
loro linee guida e le rivedono ogni volta che
vengono pubblicati nuovi studi. Inoltre, co-
me spiega Jones, oggi molti convegni medi-
ci impongono una sorta di valutazione inter
pares prima che vengano presentate nuove
procedure. E anche la Fda prevede un siste-
ma di monitoraggio degli eventi avversi per
i farmaci e le apparecchiature mediche.
Inoltre, i ricercatori stanno cercando di
cambiare la cultura intorno ai test clinici
per favorire più trasparenza e utilità pratica.
John Ioannidis dell’università di Stanford
negli Stati Uniti guida una campagna per
l’introduzione di standard più rigorosi per
la pubblicazione dei risultati sulle riviste
mediche, e chiede che a vigilare su questi
standard siano gruppi esterni. L’obiettivo è
individuare possibili inanziamenti pilotati
e impedire che procedure discutibili entri-
no a far parte della pratica medica.
Le domande giuste
Qualcuno sta provando ad afrontare il pro-
blema ancora più a monte. Un tempo lo stu-
dio della medicina era soprattutto un eser-
cizio mnemonico. Oggi, invece, l’apprendi-
mento del pensiero critico è diventato fon-
damentale per chi studia medicina e c’è
molta più attenzione alla pratica basata sul-
le prove di eicacia. “Ogni anno dico agli
studenti di medicina che un giorno scopri-
ranno che tutte le cose che hanno imparato
alla facoltà di medicina sono sbagliate. Al-
cune saranno addirittura considerate catti-
va sanità”, dice Gerstein. “Quello che pen-
siamo di sapere oggi in base alle prove clini-
che cambierà. E quindi ogni medico deve
tenersi aggiornato”.
Sarebbe troppo chiedere ai
medici di seguire ogni piccolo
progresso. Devono però essere
disposti a valutare i pro e i contro
delle terapie che consigliano, di-
ce Cifu. “Per i medici dovrebbe
essere normale discutere le varie opzioni
con il paziente e dire: ‘Guardi, non sono del
tutto convinto di questa terapia perché i da-
ti non sono molto attendibili, ma il rischio è
basso e secondo me potrebbe funzionare
per lei e le spiego perché’. In questo modo il
paziente capisce che sta tentando la fortuna
ma che ci sono dei potenziali beneici”.
Lo stesso paziente può stimolare il me-
dico. Quando gli consiglia una terapia o
un’operazione, anziché chiedere subito
quali sono gli efetti collaterali o i costi il
paziente potrebbe andare più a fondo. Co-
me mi aiuterà in concreto? Diminuirà dav-
vero il rischio di infarto? I pazienti devono
avere il coraggio di fare domande sulle
prove cliniche e sulle possibili alternative.
Non sarà facile, e il medico a volte si sente
in diicoltà. Ma, come dice Cifu, “il lavoro
di un buon medico è rispondere a queste
domande”. u fas
Cuba
Nascosti
all’Avana
Jon Lee Anderson, The New Yorker, Stati Uniti
Dopo la ripresa dei rapporti diplomatici tra Cuba
e gli Stati Uniti nessuno sa cosa succederà alle
spie e agli attivisti che hanno trovato rifugio nei
due paesi. Il loro destino non è chiaro
uando una guerra fredda si
Q esaurisce, che ine fanno le
sue spie e i suoi traditori? I
britannici Kim Philby, Guy
Burgess e Donald Maclean,
agenti che facevano il dop-
pio gioco, cioè appartenevano ai servizi se-
greti del Regno Unito ma di nascosto lavo-
ravano per l’Unione Sovietica, finirono i
loro giorni a Mosca mentre i comunisti era-
no ancora al potere, senza temere di essere
traditi e riconsegnati all’implacabile giudi-
zio di Londra.
Altri casi, come quello di Cuba e degli
Stati Uniti, sono più complessi. Il 17 dicem-
bre 2014, oltre ad annunciare il ripristino
delle relazioni diplomatiche, i due governi
hanno fatto uno scambio di detenuti e agen-
ti incarcerati da tempo nei due paesi. Tre
agenti cubani hanno lasciato le prigioni fe-
derali statunitensi dov’erano detenuti dal
1998 e sono tornati a casa. Contemporane-
amente Rolando Sarraf Trujillo, un agente
della Cia in carcere a Cuba dal 1995, è stato
rispedito negli Stati Uniti insieme ad Alan
Gross, un collaboratore del dipartimento di
stato arrestato nel 2009 per aver contrab-
bandato computer e attrezzature per le co-
municazioni satellitari destinati ai gruppi
dissidenti dell’isola. Ma il futuro di molte
persone che si sono rifugiate a Cuba o negli
Stati Uniti rimane incerto. Tra loro ci sono
cittadini ricercati in patria per crimini come
omicidi, rapimenti, rapine in banca e terro-
60 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
rismo. Incuriosito dalle loro storie, di recen-
te ho chiesto a un funzionario statunitense
cosa impedisce al governo di Washington
di far arrestare per terrorismo, e magari
estradare, Luis Posada Carriles, un esule
cubano di 88 anni che vive in Florida.
Posada è un ex agente della Cia da de-
cenni in cima alla lista delle persone più ri-
cercate a Cuba. Per gran parte della secon-
da metà del novecento partecipò a violente
operazioni di destabilizzazione del governo
di Fidel Castro. Ho esaminato la lunga lista
di crimini che gli sono imputati, in partico-
lare l’attentato del 1976 al volo Cubana de
aviación 455, in cui morirono tutti e 73 i pas-
CARL DE KEYzER (MAGNUM/CONTRASTO)
seggeri, e una serie di altri attentati e tenta-
tivi di omicidio in vari paesi occidentali. Nel
1997 Posada ammise di aver organizzato
l’attentato contro un albergo dell’Avana in
cui perse la vita un turista italiano.
Vita da fuggiasco
Il funzionario mi ha ascoltato con calma,
annuendo mentre parlavo. Alla ine mi ha
spiegato che la situazione è complicata, latitanza. Era riuscita a evadere da un car-
perché “Cuba ha accolto delle persone che cere del New Jersey dove stava scontando
gli Stati Uniti vorrebbero poter processare una condanna all’ergastolo per l’omicidio
nei loro tribunali”. Ha fatto l’esempio di Jo- di un poliziotto nel 1973. È anche stata pro-
anne Chesimard, nota come Assata Shakur, cessata, ma non condannata, per una serie
zia del rapper Tupac Shakur e un tempo at- di altri crimini tra cui una rapina in banca,
tiva nel Black liberation army, che fu per un un rapimento e vari omicidi. Shakur ha ot-
breve periodo il braccio armato delle Pante- tenuto asilo politico a Cuba, dove lo stato le
re nere. Dal 1984 Shakur, originaria di New ha dato una casa e un lavoro. Ora ha 69 an-
York, vive a Cuba, dove arrivò dopo anni di ni, è ancora nella lista delle persone più ri-

cercate dall’Fbi ed è l’indiscussa decana dei
circa settanta fuggitivi statunitensi che vi-
vono a Cuba. La sua autobiograia del 1987,
Assata. An autobiography, con in copertina
una foto di lei che guarda verso l’obiettivo,
si trova in molte delle librerie di stato
dell’Avana, accanto ai libri su Ernesto Che
Guevara e Fidel Castro.
Molti di questi fuggitivi sono rivoluzio-
nari dell’epoca di Shakur. Charlie Hill, 67
anni, faceva parte di un gruppo militante
chiamato Republic of New Afrika, che si
batteva per la creazione di una nazione nera
indipendente nel sud degli Stati Uniti. Hill
fu accusato, insieme a due compagni,
dell’omicidio di un poliziotto nel 1971 nello
stato del New Mexico. Qualche settimana
dopo i tre uomini dirottarono un aereo ino
a Cuba, dove ottennero l’asilo. Entrambi i
compagni di Hill sono morti, mentre lui vi-
L’Avana, 2015
ve ancora all’Avana. Poi c’è Cheri Dalton,
conosciuta anche come Nehanda Abiodun.
Laureata alla Columbia university, è un’al-
tra ex militante della Republic of New Afri-
ka, ricercata per aver preso parte nel 1983
all’assalto a mano armata a un furgone blin-
dato della ditta Brink, in cui morirono una
guardia e due agenti di polizia. Si pensa
inoltre che abbia aiutato Shakur a evadere
dal carcere. Abiodun, fuggita a Cuba insie-
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 61
Cuba
me a Shakur o poco dopo di lei, si è rifatta
una vita come mentore di artisti rap. Negli
anni ho incontrato vari di questi fuggitivi.
Uno era William Lee Brent, un uomo di­
screto, senza pretese, ex guardia del corpo
del leader delle Pantere nere Eldridge Clea­
ver. Dopo una sparatoria con la polizia a San
Francisco, nel 1968, Brent dirottò un aereo
ino all’Avana, dove si mise a insegnare in­
glese nelle scuole elementari e secondarie.
Quando lo incontrai, negli anni novanta,
aveva una nostalgia dolceamara della vita
negli Stati Uniti. Poco dopo scrisse un libro
di memorie, Long time gone, sulla sua vita di
fuggiasco. È morto di polmonite nel 2006.
Ho incontrato anche Robert Vesco, un
inanziere statunitense che ostentava la sua
ricchezza ed era diventato un fuorilegge nel
1973, quando la Securities and exchange
commission lo aveva accusato di aver sot­
tratto più di duecento milioni di dollari a un
fondo comune d’investimento. Vesco si
spostò tra le Bahamas, il Nicaragua e la Co­
sta Rica prima di approdare a Cuba, nel
1983. Ben presto si disse che aiutava il go­
verno Castro nei suoi afari inanziari inter­
nazionali. L’ho incrociato una volta sola,
nel 1994. Eravamo le uniche due persone in
attesa davanti al nastro bagagli in una stan­
zetta nel terminal dell’aeroporto dell’Avana
riservato ai voli dai Caraibi. Alcuni funzio­
nari cubani mi avevano consigliato di non
lasciar trapelare il mio interesse nei suoi
confronti, così feci del mio meglio per non
incrociare il suo sguardo. Vesco sembrava
condividere la mia preoccupazione e si spo­
stò dietro una colonna.
In un’altra occasione conobbi la moglie
e i due igli di Vesco. Dopo una conferenza
che feci in una scuola internazionale
dell’Avana, si avvicinarono per ringraziarmi
e chiacchierammo un po’. Portavano il co­
gnome Quinn e avevano un passaporto del­
la Costa Rica, ma gli insegnanti della scuola
conoscevano la loro vera identità. Poco do­
po quell’incontro Robert Vesco perse il fa­
vore delle autorità cubane. Sospettato di
spionaggio, fu arrestato nel 1995 e dichiara­
to colpevole di “frode e attività economica
illecita”. Fu condannato a tredici anni di
carcere. Per uno strano scherzo della storia
fu arrestato anche il nipote di Richard Ni­
xon, Donald Nixon Jr, che era andato a tro­
vare Vesco proprio in quel periodo, a quanto
pare per afari. Le autorità cubane lo inter­
rogarono ma non lo trattennero, e Donald
Nixon Jr lasciò l’isola. Vesco è morto per
una malattia nel 2007, due anni prima che
la sua pena finisse. Anche un paio di ex
agenti della Cia hanno inito i loro giorni
all’Avana. Dopo aver lavorato per l’agenzia
62 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
di spionaggio statunitense dal 1957 al 1968,
Philip Agee fu apparentemente preso dal
rimorso per quello che aveva visto e fatto e
pubblicò un libro di denuncia intitolato In-
side the company: Cia diary. Su pressione di
Washington, Agee fu espulso da una serie
di paesi dell’Europa occidentale e approdò
a Cuba. Negli ultimi anni prima della mor­
te, nel 2008, gestiva il sito Cubalinda, dove
dava consigli agli statunitensi che volevano
aggirare il divieto di viaggiare nell’isola.
L’inizio di un’amicizia
Frank Terpil, l’altro ex agente della Cia
all’Avana, è morto nel marzo del 2016.
Estraneo a qualsiasi forma di rimorso, Ter­
pil era un personaggio molto più pittoresco
di Agee ed era sempre pronto a farsi intervi­
stare per dei documentari televisivi. Nel
1971 fu licenziato dalla Cia, a quanto pare
per aver svolto delle non meglio speciicate
attività improprie. Potrebbe aver arroton­
dato il suo stipendio quando lavorava in
India. In seguito Terpil propose i suoi servi­
Da sapere
Il disgelo
17 dicembre 2014 Il presidente degli Stati
Uniti Barack Obama e il presidente cubano
Raúl Castro annunciano la ripresa dei rapporti
diplomatici tra i due paesi, interrotti nel 1961.
13 gennaio 2015 Il governo cubano libera 53
prigionieri politici.
11 aprile Obama e Castro hanno un colloquio
privato al settimo vertice delle Americhe a
Panamá.
29 maggio Gli Stati Uniti cancellano Cuba
dalla lista dei paesi che sostengono il
terrorismo.
14 agosto Riapre l’ambasciata statunitense
a Cuba.
28 settembre Raúl Castro partecipa
all’assemblea generale delle Nazioni Unite e
chiede di eliminare l’embargo commerciale in
vigore dal 1960.
21-23 marzo 2016 Visita uiciale di Obama a
Cuba.
31 agosto La compagnia statunitense JetBlue
inaugura il primo volo commerciale tra i due
paesi da più di cinquant’anni.
zi a Muammar Gheddai e al dittatore ugan­
dese Idi Amin. Nel 1981 un giudice statuni­
tense lo condannò in contumacia a 53 anni
di carcere per vari reati, tra cui il tentativo di
contrabbandare armi in America Latina. Si
racconta che Terpil raggiunse Cuba passan­
do per l’ambasciata cubana a Beirut, dove
chiese asilo nel 1982, mentre gli israeliani
invadevano il Libano. A Cuba visse sotto lo
pseudonimo di Robert Hunter e, a chi glielo
chiedeva, diceva di essere australiano.
William Morales, ex leader di un gruppo
guerrigliero portoricano chiamato Forze
armate di liberazione nazionale (Faln), è un
altro fuggitivo che vive da tempo all’Avana.
L’ho incontrato un paio di volte. All’inizio
degli anni settanta le Faln lanciarono una
violenta campagna per l’indipendenza di
Puerto Rico. Organizzarono degli attentati
a New York e nei dintorni, tra cui quello del
1975 alla Fraunces Tavern, che causò quat­
tro morti e più di quaranta feriti. Morales
fabbricava gli ordigni esplosivi per le Faln.
Fu arrestato nel 1978: l’esplosione di una
bomba che stava fabbricando gli strappò
quasi tutte le dita e lo sigurò, rendendolo
facilmente riconoscibile. Morales trovò co­
munque il modo di evadere dall’ospedale
Bellevue, dov’era ricoverato, e di raggiun­
gere il Messico.
Lo incontrai per la prima volta nel 1983
nel carcere Reformatorio del norte di Città
del Messico. Era stato arrestato dalla polizia
federale messicana dopo una sparatoria in
cui erano morti un agente e i due compagni
di Morales. Lui non aveva sparato, ma fu
accusato di complicità nell’omicidio
dell’agente perché durante la sparatoria
aveva urlato ai suoi compagni “mata el hi­
jueputa”, ammazza il iglio di puttana. Par­
lai con Morales quasi per un giorno intero,
nella speranza di pubblicare una sua inter­
vista, e ricordo che aveva uno stravagante
senso dell’umorismo. Accettò di parlare li­
beramente a condizione che non pubblicas­
si nulla inché non avesse consultato i suoi
compagni. In seguito, attraverso un inter­
mediario, mi fecero sapere che il politburo
delle Faln non approvava l’idea dell’intervi­
sta, che rimase nel cassetto. Nel 1988 il go­
verno messicano ordinò la liberazione di
Morales, sembra per indispettire gli Stati
Uniti che ne avevano chiesto l’estradizione,
e gli permise di partire per Cuba.
Lo rividi nel 1999 all’università dell’Ava­
na, dove una folla di giornalisti si era riunita
per ascoltare il discorso del presidente ve­
nezuelano Hugo Chávez di fronte a un pub­
blico che comprendeva Fidel Castro, suo
fratello Raúl e gran parte del politburo di
Cuba. Chávez parlò per novanta minuti e
 A sinistra: l’agente della Cia Philip
Agee con la famiglia a Londra, nel
1977. In basso a sinistra: l’attivista
delle Pantere nere Assata Shakur, che
vive a Cuba dal 1984. In basso a de-
stra: l’attivista delle Pantere nere Wil-
liam Lee Brent negli anni sessanta.

altri potessero essere estradati, ma Hill e

Abiodun hanno entrambi detto ai giornali-
sti di essere stati tranquillizzati dai loro in-
terlocutori cubani: erano “al sicuro”. Sha-
kur non ha fatto commenti. Finché il gover-
no dell’Avana si dichiarerà “rivoluzionario”,
è improbabile che i suoi funzionari conse-
gnino alla giustizia statunitense degli ex ri-
KeYStONe PICtUreS USA/ALAMY

voluzionari ormai in là con gli anni. Vorreb-

be dire tradire la promessa di protezione
fatta all’epoca della guerra fredda, quando
le loro azioni violente erano legate a un con-
testo politico preciso.

Una situazione complicata

Intanto negli Stati Uniti anche Posada sem-
bra non correre rischi. Il suo ultimo arresto
per fatti di violenza risale al 2000, a Pa-
namá. Posada e i suoi tre complici furono
trovati in possesso di novanta chili di esplo-
sivo, con cui progettavano di uccidere Ca-
stro, arrivato a Panamá per un vertice regio-
nale di capi di stato. I quattro furono proces-
sati, condannati e incarcerati, ma nel 2004
la presidente di Panamá, la conservatrice
JeFFreY BLANKFOrt (CAMerAPreSS/CONtrAStO)

Mireya Moscoso, gli concesse la grazia per-

mettendogli di dileguarsi. Poco dopo Posa-
da riapparve negli Stati Uniti, dove fu arre-
stato per frode con la strana accusa di aver
mentito alle autorità statunitensi dell’im-
BettMANN/GettY IMAGeS

migrazione sul suo coinvolgimento negli

attentati di Cuba. È stato rapidamente rila-
sciato su cauzione. Durante il processo il
suo avvocato ha detto che, per difendersi,
Posada era pronto a fare delle rivelazioni
sul suo passato nella Cia. Nel 2011 l’ex agen-
Fidel rimase seduto ad ascoltarlo attenta- causa di un tumore nel 2013. Quel giorno te è stato assolto da tutti i capi d’accusa. Og-
mente, sorridendo come a un igliol prodi- del 1999 i due irmarono il loro primo ac- gi è un uomo libero. Vive a Miami dove, a
go. A un certo punto notai, in piedi accanto cordo “petrolio in cambio di medici”: Cuba quanto si racconta, conduce una vita pacii-
a me, Morales. Quando mi presentai e gli avrebbe ricevuto dei carichi di petrolio ve- ca. Alcuni esuli cubani lo considerano un
ricordai il nostro incontro, s’illuminò e mi nezuelano di cui aveva gran bisogno, ricam- eroe per il suo ruolo nella causa anticastri-
strinse calorosamente la mano. Ci mettem- biando con l’invio di decine di migliaia di sta. Potrebbe essere la mente dietro il primo
mo a chiacchierare sottovoce mentre il di- medici cubani nelle favelas e nelle campa- attentato compiuto in occidente contro un
scorso di Chávez andava per le lunghe. gne venezuelane. Secondo l’Fbi, che ofre volo commerciale. Ma come mi ha detto il
A un certo punto Morales si chinò verso centomila dollari per qualunque informa- funzionario statunitense, “è una situazione
di me e osservò con sarcasmo che non ave- zione possa portare al suo arresto, Morales complicata”. u fs
va mai visto “el viejo”, come chiamava Fi- oggi ha 69 e anni e “dev’essere considerato
del, ascoltare qualcuno così a lungo, a parte armato, pericoloso e a rischio di fuga”. L’AUTORE
il papa Giovanni Paolo II, che era andato a La posizione di Morales, Shakur e degli Jon Lee Anderson è un giornalista
Cuba l’anno prima. Stavamo assistendo altri fuggitivi è stata più volte evocata dai statunitense. Dal 1999 scrive per il New Yorker.
all’inizio di una grande amicizia tra il leader diplomatici statunitensi dall’inizio dei ne- I suoi ultimi libri pubblicati in Italia sono Che
cubano e il giovane venezuelano, un lega- goziati con Cuba, nel dicembre del 2014. A Guevara (Fandango 2009) e Guerriglieri. Viaggio
me che è durato ino alla morte di Chávez a giugno del 2016 sembrava che Shakur e gli nel mondo in rivolta (Fandango 2011).

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 63

Portfolio

Piazza L’
8 dicembre 2015, nel cin-
quantesimo anniversa-
rio della ine del concilio
Vaticano II, papa Fran-
cesco ha inaugurato il
giubileo straordinario

San Pietro
Carlo Gianferro e Tommaso Ausili hanno ritratto
nel loro studio a Roma religiosi, fedeli, turisti e curiosi
arrivati in città per il giubileo della misericordia
della misericordia aprendo la porta santa
della basilica di San Pietro. I fotograi Car-
lo Gianferro e Tommaso Ausili hanno ri-
tratto nel loro studio a pochi passi dal Vati-
cano alcune persone che erano in piazza
San Pietro per il giubileo: religiosi, fedeli,
militari, membri di confraternite, scout,
turisti e curiosi. Gianferro e Ausili gli han-
no chiesto di mettersi in posa davanti a uno
sfondo realizzato partendo dalla scansio-
ne di una cartolina che raigurava piazza
San Pietro in un giorno di sole. “L’idea di
fotografare una piazza virtuale ci sembra-
va il modo migliore per estrapolare le per-
sone dal lusso che quotidianamente si ri-
versa intorno al Vaticano, e per porre l’at-
tenzione sul soggetto, che diventa prota-
gonista. Il risultato è un celeidoscopio di
personaggi che insieme restituiscono
un’immagine fedele di questo evento”.
Come scrive Alessandra Mauro, curatrice
del progetto Jubilee people: “Poco prima di
entrare nella vera piazza, alcuni rappre-
sentanti del popolo del giubileo si sono
sottoposti al rito del ritratto. Come i pittori
della Roma del settecento e ottocento im-
mortalavano i protagonisti del grand tour,
oggi Ausili e Gianferro compongono, im-
magine dopo immagine, una storia visiva
del grande viaggio e dei suoi protagonisti,
la particolare fauna umana che costituisce
l’ossatura di un turismo religioso che la
città attira come poche altre al mondo”.
Il giubileo della misericordia si conclu-
derà il 20 novembre 2016. Il giubileo ordi-
nario si celebra invece ogni venticinque
anni. Il primo fu indetto da papa Bonifacio
VIII nel 1300. u

Carlo Gianferro e Tommaso Ausili sono

entrambi nati a Roma nel 1970.

A sinistra: suor Laura (Liduina

Jarim) dell’ordine delle suore di san
Francesco di Sales. È stata
missionaria in Brasile. A destra:
Patrizia Pargger e Lorenz Bodner
della Musikkapelle di Assling, in
Austria. Il 26 e il 27 maggio hanno
partecipato alla settima edizione
della Benedikt parade in onore del
papa emerito Benedetto XVI . La
silata si è conclusa in Vaticano, dove
le bande hanno suonato al termine
dell’Angelus di papa Francesco.

64 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 65
Portfolio

66 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

Nella pagina accanto: le sorelle Pardeep e Simran Samra, da
Manchester, nel Regno Unito. I loro genitori si trasferirono in
Inghilterra dal Punjab, in India. Il viaggio a Roma è stato una
sorpresa organizzata da Simran e dal fratello Amrik per
festeggiare Pardeep, che si sposerà presto. Hanno scelto Roma
come destinazione perché amano il ilm Il gladiatore e volevano
vedere il Colosseo. In Vaticano hanno visitato il memoriale di
Guru Nanak, fondatore della religione sikh, che visitò Roma nel
1520, durante il pontiicato di Leone X.
In questa pagina, in alto a sinistra: Massimo Maggi, 48 anni, ex
imprenditore edile. A causa della crisi ha dovuto chiudere la sua
attività e attualmente lavora come operaio. Dal 2009 fa parte del
gruppo di rievocazione romana Legio prima alatrensis, di Alatri. I
costumi sono realizzati dal gruppo dopo accurate ricerche
storiche. In alto a destra: Włodzimierz Kaszuba, 62 anni, da
Zieleniec, in Polonia. Dal 1985 vive a Kolno con la moglie. Il iglio
maggiore è un prete.
Qui accanto, in alto a sinistra: Greissy Gomez, da Lima, in Perù. Si
è trasferita a Roma dieci anni fa e lavora come badante. È molto
religiosa e va spesso a San Pietro ad ascoltare il papa. A destra:
Patricio, da Città del Messico. È in viaggio in Italia con la scuola.
In basso a sinistra: Pau Maldonado, 32 anni, da Valencia, in
Spagna. Lavora per una biglietteria online. È venuto in Italia per
vedere il fratello, che sta facendo l’Erasmus a Perugia. A destra:
frate David Joseph Beaumont, da New York, negli Stati Uniti. Da
27 anni è missionario in Messico e lavora con le comunità
indigene. È stato responsabile di un progetto di traduzione della
Bibbia in quattro lingue a rischio di estinzione (pima, mayo, yaqui
e huichol). È venuto a Roma per un convegno di frati dell’ordine
dei cappuccini francescani.

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 67

Portfolio

68 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

Nella pagina accanto: l’arcivescovo Francisco-Javier Lozano,
della diocesi di Segovia, in Spagna. Dopo la laurea in diritto
canonico ha intrapreso la carriera diplomatica. È stato nunzio
apostolico in Tanzania, Repubblica Democratica del Congo,
Croazia, Romania e Moldova.
Sopra, a sinistra: Mildred Tetuira, Patricia Porlier e Marielle
Vernaudon, da Tahiti. Sono venute in pellegrinaggio a Roma con
un gruppo di 39 persone per attraversare la porta santa. Poi sono
andate a San Giovanni Rotondo per assistere alle celebrazioni in
onore di padre Pio. A Tahiti la popolazione è per metà cattolica e
per metà protestante.
Sopra, a destra: Laura e Tessa, da Rotterdam, nei Paesi Bassi.
Laura lavora al porto, Tessa per un’azienda di leasing di
automobili. Si sono conosciute otto anni fa a un concerto punk e
sono venute a Roma per un ine settimana. Il giorno della foto
erano arrabbiate perché, dopo una lunga ila, non le avevano fatte
entrare nella basilica di San Pietro a causa del loro abbigliamento.
Qui accanto: Shawn e Stephanie Haseltine dall’Alaska, negli Stati
Uniti, con i loro due igli. Sono entrambi pescatori ed escono di
notte con la barca, portando i igli con loro. Shawn proviene da
una famiglia cattolica, mentre Stephanie si è convertita nel 2002
durante la luna di miele a Roma. Dopo aver visto il papa Giovanni
Paolo II dice di aver sentito qualcosa muoversi dentro di lei.

LA MOSTRA E IL FESTIVAL
Jubilee people di Carlo Gianferro e Tommaso Ausili sarà in mostra
dal 21 ottobre all’8 gennaio 2017 al museo Macro, a Roma, nell’ambito
della quindicesima edizione di Fotograia – Festival internazionale
di Roma. L’edizione di quest’anno ha come tema centrale “Roma,
il mondo”.

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 69

Ritratti
Ada Colau
L’intrusa
François Musseau, Libération, Francia
Foto di Héctor Mediavilla
Per la sindaca di Barcellona,
eletta nel 2015 dopo anni di
lotte contro gli sfratti, la vera
sida comincia ora: guidare la
capitale economica della
Spagna mantenendo il contatto
con i movimenti popolari
S
embra quasi un’intrusa. Cer-
to, per l’intervista ha indossa-
to un vestito elegante, un
completo nero con una sciar-
pa color crema e scarpe con i
tacchi, e si è sistemata i capel-
li. Insomma, si è sforzata di apparire quel
che è in realtà: la sindaca di Barcellona. E
non è cosa da poco gestire un bilancio da 2,7
miliardi di euro all’anno e dirigere novemila
funzionari. Ma non chiedetele di portare
gioielli, collane, anelli o un qualsiasi acces-
sorio. Ada Colau è una donna senza fronzo-
li, senza fard e senza artiici. E nella Casa de
la ciudad di Barcellona, altero municipio
dalla facciata neoclassica, tra maestose sca-
le e balaustre d’altri tempi, efettivamente
la sua presenza stona un po’. Con il suo
sguardo franco e un po’ sbarazzino sembra
quasi volersi scusare del fatto di occupare
un luogo così prestigioso.
È già passato più di un anno da quando
l’“intrusa” Colau è diventata l’inquilina
principale del municipio di questa città a
vocazione mercantile e borghese. Lei che
non aveva potuto portare a termine i suoi
studi di ilosoia e che non ha mai davvero
sopportato lo “spirito fenicio” (la passione
per gli afari e il commercio) di Barcellona.
A 42 anni, madre del piccolo Luca, di cinque
anni, e compagna di Adria Alemany, un
economista di sinistra, riconosce che a vol-
te la sua nuova carica “le dà un po’ le verti-
70 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
gini”. Rispetto ai suoi predecessori, tutti
provenienti dall’alta borghesia, il contrasto
è netto.
Per comprendere l’irruzione di questa
guastafeste bisogna ricordare l’irresistibile
ascesa degli indignados, che dal 2011, in
particolare sotto la bandiera del partito di
sinistra Podemos, hanno stravolto il qua-
dro politico spagnolo. Colau, che simpatiz-
za con Podemos ma non ne fa parte, è uno
dei frutti di questo singolare fenomeno nel
quale, eccezione notevole in Europa, l’osti-
lità per la politica tradizionale ha favorito
la sinistra radicale invece dell’estrema de-
stra. Un piede fuori e uno dentro: è la sen-
sazione che dà questa ex militante che ha
partecipato alle proteste di Seattle e di Ge-
nova. “Certo, ho sulle spalle l’enorme re-
sponsabilità di essere sindaca. Ma non vo-
glio perdere il contatto con la piazza: è
questo che mi dà forza ed energia”.
La piazza: con il suo passo da capo scout
e la sua familiarità con i quartieri popolari,
Colau ci sguazza come un pesce nell’ac-
qua. Basta vedere la sua soddisfazione
quando viene fermata per una foto, un au-
tografo o un complimento, cioè ogni volta
che si afaccia in strada. Appena ci riceve
nell’elegante corridoio che porta al suo uf-
icio, viene informata che un gruppo di stu-
denti del quartiere periferico di Nou Barris
è in visita al municipio. Senza perdere un
secondo, Colau sale le scale, raggiunge i
Biograia
◆ 1974 Nasce a Barcellona, in Spagna.
◆ 2006 Entra nel movimento per il diritto alla
casa.
◆ 2009 Fonda la Plataforma de afectados por
la hipoteca per aiutare le vittime degli sfratti.
◆ Maggio 2015 Viene eletta sindaca di
Barcellona.
ragazzi, si siede senza cerimonie su un ta-
volo e con un sorriso smagliante dice: “Ec-
comi qua, sono la sindaca. Mi chiamo Ada
Colau, potete chiedermi tutto quel che vo-
lete”. I ragazzi non si fanno pregare e lei non
si tira indietro. La piazza è il suo ossigeno e
il suo punto di riferimento. Prima di arriva-
re al municipio, di presiedere saloni della
tecnologia e d’inaugurare convegni sul turi-
smo, era quello il suo ambiente naturale.
Cresciuta nel quartiere popolare del
Guinardó, nata da genitori oggi separati
(padre pubblicitario, madre agente di com-
mercio) e con quattro fratelli e sorelle, Co-
lau si è fatta strada senza agi o corsie prefe-
renziali, scontrandosi con le diicoltà del
percorso. Ha svolto mille lavoretti: hostess,
operatrice di call center, insegnante alle
elementari o animatrice nei centri per l’in-
fanzia, dove non esitava a travestirsi da
Babbo Natale o da zio Paperone per diver-
tire il suo pubblico, una traila comune nel-
la Spagna del precariato e dei lavori sotto-
pagati.
Il cuore del problema
Come tutti quelli della sua generazione ha
convissuto con altre persone, rendendosi
conto che la casa è il grande dramma di
una popolazione iperindebitata. È negli
anni novanta e duemila che la piazza è di-
ventata la sua seconda casa. Ha partecipa-
to alle rivolte contro “il diktat del capitali-
smo inanziario selvaggio”, contro le due
guerre in Iraq e soprattuto a favore di un
“alloggio dignitoso”.
“Ho subito sentito che era quello il cuo-
re del problema”, ricorda. “Ho seguito
questa strada ino in fondo ed è per questo
che oggi sono qui”. Migliaia di spagnoli so-
no initi sul marciapiede perché non erano
in grado di pagare i loro mutui.
Nel 2009, a Barcellona, Colau e un pic-
colo gruppo di militanti hanno fondato la
Plataforma de afectados por la hipoteca
(Pah). Dall’alba a tarda notte si opponeva-
no agli uiciali incaricati degli sfratti: per
alcuni Colau era una pazza esaltata, per gli
altri un’eroina. I risultati non si sono fatti
attendere. E questa “attivista sociale” (co-
sì si deinisce lei, che all’epoca sbarcava il
lunario come dipendente dell’Osservato-
rio sull’alloggio), ha guadagnato un’incre-
dibile popolarità, che nel giugno del 2015 le
ha permesso di vincere le elezioni munici-
pali nella capitale economica del paese.
Oggi Colau guadagna 8.166 euro netti
al mese ma, come tutti i sindaci di Pode-
mos, trattiene per sé solo 2.400 euro e ver-
sa la diferenza alle ong. Ha fatto rimuove-
re il busto dell’ex re Juan Carlos e lo ha so-
stituito con i ritratti di dieci donne, tra cui
quello dell’anarchica Federica Montseny.
Colau rivendica con orgoglio il suo bi-
lancio: 150 milioni di euro spesi per quindi-
ci quartieri “diicili”, mense scolastiche
per le famiglie bisognose, “drastica ridu-
zione degli sfratti”, moratoria di due anni
sui nuovi alberghi per evitare che Barcello-
na “afoghi nello tsunami del turismo” (il
che ha provocato la furia del mondo degli
afari) e tagli ai costi di funzionamento di
un comune storicamente spendaccione.
Il compito non è certo facile per questa
donna che ino a poco fa deiniva “crimina-
li” i banchieri e denunciava “una polizia
municipale tristemente celebre per il suo
ricorso alla tortura”. Ma a un certo punto la
rappresentante degli indignados si tira su
sulla sua poltrona, mette da parte per un
attimo il sorriso e aferma: “Sono un’attivi-
sta per vocazione, ma sono stata eletta per
un incarico ben preciso. Non voglio essere
ricordata come una militante, ma come
una buona sindaca”. u f
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 71
Viaggi

Il mondo visto
da lassù
Mark Vanhoenacker, Vox, Stati Uniti
Un pilota racconta l’emozione
che si prova nella cabina
di un Boeing 747, tra iumi
d’aria, viaggi nel tempo e paesi
immaginari
o sempre amato gli
di è diicile dimenticarlo. Era una di quelle
nozioni che io mettevo nella categoria dei
fenomeni conosciuti, e che forse sapevo
anche dimostrare, ma di cui non avevo
esperienza diretta o su cui non avevo moti-
vo di rilettere quando ero al supermercato
o andavo a correre nei boschi.
Da quando sono diventato pilota, la for-
ma della Terra è una cosa con cui interagi-

H aerei, ma ho comin-
ciato il corso per di-
ventare pilota di voli
commerciali quando
avevo quasi trent’an-
ni. Fino ad allora la mia formazione consi-
steva in un master e un terzo di Phd, il dot-
torato (dico sempre che mi sono fermato
alla “P”), seguiti da una breve parentesi
come consulente per imprese. Tutte cose
che mi hanno permesso di volare regolar-
mente come passeggero. Di solito ero trop-
po emozionato all’idea di stare vicino al i-
sco, e che vedo, in modo molto più diretto.
Il percorso più breve tra due punti su
una sfera si chiama rotta ortodromica. Im-
maginate di congiungere con una cordicel-
la due città su un mappamondo. Nell’emi-
sfero nord queste rotte, modificate dal
vento e da altri elementi, spesso ci portano
molto più vicino al polo nord di quanto la
maggior parte di noi potrebbe pensare. Un
esempio: nei voli tra Londra e Los Angeles
di solito sorvoliamo la Groenlandia e la ba-
ia di Hudson. Due posti che, dal punto di
vista climatico, ci sembrano in totale con-
PETEr BArrITT (ALAMy)

nestrino per dormire. Spesso rimpiango di
essere diventato pilota così tardi. Molti
miei colleghi hanno cominciato a volare
dieci anni prima di me e a fine carriera
avranno fatto molto più a lungo di me il la-
voro che amano. Ma c’è un risvolto positivo
nel fatto di aver cominciato tardi: rimango
ancora a bocca aperta davanti a tanti aspet-
ti della mia professione, e con questo in-
tendo sia il mondo dell’aviazione sia il pia-
neta che sono pagato per sorvolare a bordo
di un Boeing 747.
Ho deciso di scrivere il libro Skyfaring,
per issare alcuni degli aspetti più singolari
del mestiere che sognavo di fare fin da
bambino. E anche perché spero che questi
aspetti possano essere di qualche interesse
per tutti quei lettori ormai così abituati a
viaggiare da considerare il volo un’espe-
rienza come un’altra. Ecco sei delle cose
più incredibili che ho imparato, o rimpara-
to, durante i miei quindici anni da pilota.
Il mondo è rotondo Ce lo dicono e ce lo
spiegano da quando siamo bambini, quin-
trasto rispetto alle città di partenza e desti-
nazione.
Quando ho cominciato a volare rego-
larmente su queste rotte, la mia percezione
del pianeta è cambiata completamente.
Nell’ufficio del mio capo, tra schiere di
computer accesi, c’è un relitto di un’epoca
passata della pianiicazione dei voli: un gi-
gantesco globo terrestre con – ebbene sì –
una cordicella attaccata sopra. Oggi la mia
mappa mentale del mondo somiglia fon-
damentalmente a questo.
Fatti curiosi legati alla luce e al buio nei
voli a lungo raggio ci ofrono altri, magnii-
ci indizi sulla forma del nostro pianeta.
D’estate, durante i voli “notturni” tra Lon-
dra e Tokyo, il cielo rimane sempre illumi-
nato. C’è sempre il sole, che si sposta dietro
l’aereo e poi ci gira intorno, attraversa il
cielo a nord e poi fa tutto il giro inché non
rispunta a est, puntuale per il nostro ap-
puntamento mattutino in Giappone.
Quando ci ritroviamo davanti il sole dritto
a nord, e ci chiediamo se è ancora ieri o è
già domani, l’unico modo di dare un senso
a tutto questo è immaginarsi un oggetto
rotondo – per esempio un’arancia – che gira
lentamente illuminato da una torcia. In
ogni modo, al tramonto o all’alba (su un
aereo di linea entrambi possono durare
delle ore) a volte si vede in cielo un’ombra
chiaramente delineata, appena curva so-
pra l’orizzonte. È l’ombra della Terra con-
tro il cielo, ed è una delle poche opportuni-
tà, per chi non è un astronauta, di osservare
più o meno direttamente la forma del no-
stro pianeta.
Gran parte del nostro pianeta, così so-
vrafollato ed esasperato, è disabitato
Secondo lo scrittore Barry Lopez, l’estremo
nord del mondo rivela “in modo sorpren-
dente la pigrizia dei nostri pensieri sul terri-
torio in generale”. Direi che i voli a lungo

72 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016


raggio producono un efetto simile.
Sono cresciuto in una piccola città del
New England non lontana da città di medie
dimensioni come Albany e Hartford e a po-
che ore da grandi metropoli come Boston e
New York. Ho imparato un po’ di cose sui
biomi e la geograia durante le ore di scien-
ze alle scuole superiori. Naturalmente, pe-
rò, la mia percezione di fondo del mondo si
basava su quello che vedevo: un susseguirsi
di fattorie, boschi, città e quartieri residen-
ziali, ogni tanto un tratto di deserto o una
grande città e qualche spiaggia. Questo è il
mondo per la maggior parte delle persone.
Di sicuro questo era il mondo per me,
inché non sono diventato un pilota. Im-
provvisamente ho cominciato a sorvolare
per ore la Siberia, il Sahara, il Canada set-
tentrionale e l’Australia centrale, attraver-
sando tundra e taiga, deserti, imponenti
cime innevate e vaste terre quasi disabita-
te; e poi, naturalmente, ho passato notti e
giorni a volare sulle acque che coprono cir-
ca il 70 per cento del pianeta. Qualche an-
no fa ho letto una statistica afascinante
che poi ho inserito nel mio libro: la superi-
cie della Terra su cui un essere umano nu-
do sarebbe in grado di sopravvivere per 24
ore è circa il 15 per cento del totale. Non so
se è un dato esatto, ma dalla cabina di un
747 sembra abbastanza vicino alla realtà.
È una cosa particolarmente strana da
constatare in quest’epoca di grande preoc-
cupazione per l’ambiente. Di notte, in cabi-
na, una delle mie viste preferite è quella
delle città illuminate. Ma per gran parte del
viaggio, veleggiando sotto una cupola di
stelle, è raro vedere una luce in basso.
In volo sul Mediterraneo
Il peso di un aereo è la variabile che in-
luisce di più sulla sensazione del volo
Ogni tanto mi chiedono se i vari 747 mi
sembrano uguali tra loro. La risposta è sì.
Ma la sensazione che si ha pilotando un ae-
reo cambia in funzione del suo peso. E il
peso di un aereo varia moltissimo, sia tra
un volo e l’altro sia durante lo stesso volo.
Prendiamo un 747 che parte dalla costa
est degli Stati Uniti ed è diretto a Londra
senza troppi passeggeri a bordo, senza
troppe scatole di aragoste o apparecchiatu-
re mediche all’avanguardia nella stiva e
con i serbatoi pieni solo per un terzo (visto
che il volo è relativamente breve): al decol-
lo sembra quasi che salti sulla pista, e una
volta in volo risponde in modo molto sensi-
bile ai comandi. Al contrario un aereo pie-
no che parte da Singapore e atterra a Lon-
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 73
Viaggi
dra, con una quantità di carburante sui-
ciente ad affrontare i venti contrari per
tutto il viaggio, richiede molta più potenza
e molta più pista per staccarsi da terra e in
volo è molto stabile, dando a chi lo guida
una piacevole sensazione di maestosità.
Prima di diventare un pilota non avevo
mai considerato che un aereo può perdere
più di un terzo del suo peso tra il decollo e
l’atterraggio. In altre parole, l’aereo del no-
stro volo da Singapore a Londra parte di
notte con un peso di 390 tonnellate e atter-
ra la mattina con un peso di 250 tonnellate.
La diferenza sta nel carburante bruciato in
viaggio. Quindi la sensazione che si ha gui-
dando l’aereo cambia mentre si è in volo.
Non a caso, inserire il peso nei computer di
volo è una delle procedure più critiche e ri-
gidamente programmate tra quelle che si
fanno prima del decollo.
Ci sono iumi nel cielo È facile dimenti-
carlo standosene in giardino in una giorna-
ta senza vento e sotto il cielo azzurro, ma
sopra di noi il mondo è quasi sempre in mo-
to. È molto raro che su un aereo ad alta quo-
ta la lancetta digitale sullo schermo di navi-
gazione principale, che di solito oscilla co-
me una banderuola, indichi l’assenza totale
di vento. Quest’aria già in movimento è at-
traversata dalle correnti a getto, vasti iumi
impetuosi che ululano, se solo potessimo
sentirli, a duecento o trecento chilometri
orari. Queste correnti accelerano e rallen-
tano, migrano e si attorcigliano per tutto il
pianeta.
Sono un appassionato del mondo nava-
le e dei suoi afascinanti echi nell’aeronau-
tica, quindi provo un piacere infinito
all’idea che oggi i piloti che sorvolano l’At-
lantico facciano regolarmente deviazioni
di centinaia di chilometri per evitare un
vento contrario o per prendere un vento di
poppa, proprio come facevano i coman-
danti delle navi tanto tempo fa.
Nel libro riletto su come la cultura e i
miti avrebbero descritto le correnti a getto
se fossero state visibili a occhio nudo. Pur
essendo uno dei fenomeni isici più scon-
volgenti sulla Terra, le correnti a getto sono
rimaste praticamente sconosciute all’uo-
mo ino all’età dell’aviazione. Forse veden-
dole ogni giorno attraversare il cielo le
avremmo adorate. Oppure avremmo suo-
nato i tamburi per invocarle o disperderle?
Chissà poi cosa avremmo fatto se i conini
nitidi e le masse scintillanti e velocissime
di questi iumi di aria fossero stati visibili
anche di notte. Sono convinto che gli
avremmo trovato un nome. Forse un gior-
no lo faremo.
74 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
Geograficamente parlando, il cielo è
come un altro pianeta che racchiude il
nostro Dovunque vi troviate in questo mo-
mento, l’aria sopra le vostre teste è stata
mappata e ha un nome. È un mondo a sé,
chiuso e circolare, con tanto di punti di rife-
rimento, conini e strade. Scoprire questo
mondo, e lavorarci, è una delle grandi gioie
che prova un pilota.
Ci sono due cose particolarmente inte-
ressanti: i waypoint, punti di riferimento
nello spazio contrassegnati con un nome
speciico, che a volte sono collegati tra loro
e formano le aerovie, quelli che io chiamo i
“paesi del cielo”, le gigantesche divisioni
dello spazio aereo che spesso hanno nomi
bellissimi e solo saltuariamente corrispon-
dono ai conini terrestri.
I waypoint di solito hanno nomi di cin-
que lettere facilmente pronunciabili, in
modo da poter essere scanditi e compresi
senza diicoltà alla radio. Alcuni nomi so-
Un aereo può perdere
più di un terzo del suo
peso tra il decollo e
l’atterraggio
no casuali, ma altri no, soprattutto quelli
statunitensi, e questo è uno degli aspetti
più divertenti di volare negli Stati Uniti.
Qualche esempio: vicino a Boston c’è un
punto chiamato Nimoy (Leonard Nimoy,
l’attore che interpreta Spock in Star Trek,
era di Boston). Vicino a Detroit c’è Motwn.
I “paesi del cielo” (un termine vago che
uso nel libro per indicare varie tipologie di
divisioni amministrative dello spazio ae-
reo) sono un’idea ancora più sublime. I loro
conini deiniscono la geograia del cielo, e
attraversarli scandisce il ritmo dei voli a
lungo raggio. Ogni pilota conosce il paese
del cielo chiamato Maastricht. Anche se
prende il nome da una piccola città olande-
se, copre uno degli spazi aerei più traicati
del pianeta, quello sopra l’Europa nordoc-
cidentale.
Il paese del cielo chiamato Boston copre
il New England, ovviamente, ma anche
gran parte dello stato di New York. Tra Eu-
ropa e Asia ci sono Dušanbe e Arkhangelsk,
Magadan e Petropavlovsk-Kamčatskij. No-
mi che, almeno all’orecchio di una persona
che viene da una piccola cittadina degli
Stati Uniti, suonano incredibilmente esoti-
ci. È una scelta diicile, ma i miei due paesi
del cielo preferiti sono in Africa: Dakar Ter-
restre e il fratello Dakar Oceanique, al largo
della costa dell’Africa occidentale.
Tutto succede nello stesso momento
Ho inventato l’espressione place lag per
spiegare come un aereo riesca sostanzial-
mente a teletrasportarci in un attimo in
una città lontanissima; molto più veloce-
mente, forse, di quanto riesca a spostarsi il
nostro senso dello spazio. Un pomeriggio
sono in un parco a Londra e vado a correre,
oppure prendo un cafè e chiacchiero con
le persone che portano a spasso il cane. Poi
vado in aeroporto, incontro i miei colleghi,
entro in cabina e parto per Città del Capo.
Sorvolo i Pirenei e Palma di Maiorca e vedo
le luci di Algeri al tramonto, poi attraverso
il Sahara e il Sahel, supero l’equatore e mi
viene incontro l’alba mentre costeggio in
volo la Skeleton coast della Namibia. Alla
ine mi trovo davanti la Table mountain
mentre comincio la discesa verso Città del
Capo.
Poi, meno di un’ora dopo che le ruote
del 747 hanno ripreso vita sulla supericie
arsa dal sole di una pista africana, mi ritro-
vo su un autobus diretto verso la città, in
mezzo al traico nell’ora di punta una mat-
tina qualsiasi, e attraverso il parabrezza di
un’auto vedo una mano che solleva una
tazza di cafè o sintonizza la radio. E penso:
tutto questo succederebbe comunque an-
che se non avessi volato ino a qui. E lo stes-
so vale per Londra e per tutte le altre città
che ho sorvolato durante la notte e di cui
ho visto solo le luci. Per tutti, e per ogni
luogo, è il presente.
Lo so, sembra una cosa ovvia. Ma da
quando faccio il pilota è diventata una di
quelle cose che ho imparato a sperimenta-
re, un po’ come il fatto che la terra è roton-
da. Nel libro paragono questa sensazione a
quella che si ha guardando una vecchia fo-
to: quando improvvisamente ci rendiamo
conto che nel momento in cui la foto veni-
va scattata per chi c’era quello era il pre-
sente, mentre per noi che la osserviamo il
presente è ora. C’è un passaggio in Raccon-
to di due città, di Charles Dickens, che co-
glie alla perfezione questo senso universa-
le della vita e del momento: “Una solenne
considerazione, quando entro in una gran-
de città di notte, quella che ciascuna di
quelle case, oscuramente raggruppate,
chiude un suo particolare segreto”. È una
sensazione che mi torna in mente quando
sbarco a New Delhi all’una di notte e mi
addentro in auto nella grande metropoli
immersa nel silenzio, mentre tutti dormo-
no profondamente. Ed è una cosa su cui
riletto quando volo di notte e improvvisa-
mente vedo in basso le luci di una città e
poi guardo la terra buia che lentamente si
allontana. u fas
Graphic journalism

76 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

Mattia Donati è un graico e illustratore italiano, cofondatore dello studio Lander Project. Vive a Firenze.

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 77

 Cultura
Musica
DR
Fare techno
a Teheran
Mollie Zhang, The Quietus, Regno Unito
Nella capitale iraniana
l’elettronica sperimentale
è molto vivace e ricorda
quella londinese
I
l gesto del nutrire potrebbe non es-
sere la prima cosa che viene in
mente ascoltando Hardcore sounds
from Tehran di Sote (alias Ata Ebte-
kar, musicista elettronico persiano
nato in Germania ma attivo in Iran). È un
concetto associato al calore e alle cure ma-
terne più che all’assordante e rumorosa
musica techno. Eppure Sote parla del nutri-
re e dell’accudire come di aspetti importan-
ti del suo lavoro. L’album comprende regi-
strazioni tratte da sei performance fatte
negli ultimi due anni a Teheran, una città le
cui rigide norme culturali rappresentano da
78 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
quarant’anni un grande ostacolo per gli ar-
tisti. Oggi in Iran sta iorendo una produzio-
ne di elettronica sperimentale e Sote è uno
dei tanti artisti che lavora per “nutrire e por-
tare la musica elettronica a un pubblico
sempre più ampio”.
“Insieme a otto colleghi ho organizzato
eventi che si concentrano sull’elettronica
sperimentale e sulle arti visive, per ofrire
una piattaforma di lancio a noi e ad altri ar-
tisti iraniani”, spiega il musicista. È diicile
immaginare cosa signiichi assistere a que-
sto tipo di esibizioni in una città come Tehe-
ran. Siavash Amini, un altro musicista che
ha scritto l’introduzione a Hardcore sounds,
aferma che la maggior parte del pubblico
era “estraneo a questa musica” e che la pri-
ma esibizione ha lasciato moltissime perso-
ne “sbigottite e in alcuni casi confuse”. “È
importante ricordare che questi raduni non
erano dei rave. Nulla di ciò che facevamo
Una performance di Ash Koosha
somigliava a una festa. Tutti stavano seduti
al buio, muovendosi con discrezione al suo-
no della musica e la maggior parte della
gente ascoltava con molta serietà. Alla ine
era una specie di rave cerebrale”.
La cosa può sembrare strana per chi vive
in altre grandi città, dove la possibilità di
ascoltare musica è un fatto scontato. A sot-
tolinearlo è anche Ash Koosha. Ash, che fa
una musica elettronica geniale e ricca di so-
norità sovrapposte, non è più tornato a Te-
heran dopo aver chiesto asilo nel Regno
Unito. Si deinisce un outsider della musica
contemporanea persiana, e quando gli chie-
diamo delle diferenze tra Londra e Tehran
risponde: “La principale diferenza è che
qui a Londra un live è un evento informale,
in cui puoi rilassarti. Ascolti la musica, ti
godi la parte visiva e ti diverti. In Iran non è
mai così. Viene tutto preparato con molta
attenzione (se la musica è legale, ma la
maggior parte della musica occidentale è
illegale in Iran). Perciò lo stress gioca un
ruolo enorme. C’è molta adrenalina, che tu
sia un artista o uno del pubblico. In qualsia-
si momento potresti essere arrestato. Vivi
uno stato mentale molto intenso, sei sem-
pre in tensione. L’idea di divertirsi e farsi un
paio di birre non appartiene per niente
all’Iran. È esattamente il contrario, è un af-
fare molto serio”. Qualcosa è cambiato da
quando Ash ha lasciato Teheran. Sote mi
dice: “Per essere pubblicata in modo legale
tutta la musica deve essere approvata dal

DR
ministero della cultura e ricevere un per-
messo, ma con questo governo la situazione
si sta facendo un po’ più sfumata. Dieci anni
fa era pressoché impossibile per i giovani
musicisti ottenere i permessi, ora è relativa-
mente più semplice, quasi una formalità”.
Metal e cassette pirata
Amini conferma: “Non abbiamo avuto al-
cun problema a ottenere i permessi. In una
certa misura perché quasi tutta la musica
che facciamo è strumentale, cioè senza par-
ti cantate. I permessi ti servono tassativa-
mente solo se vuoi esibirti in luoghi pubbli-
ci e negli ultimi due anni non abbiamo avu-
to alcun problema a ottenerli. Questo però
non signiica che la normativa non sia ridi-
cola o che tutti abbiano gli stessi vantaggi.
Per gli artisti di alcuni generi musicali è
molto più complicato ottenere i permessi.
La cosa più diicile per noi è trovare posti in
cui esibirci. Anche se abbiamo tutti i docu-
menti in regola, pochi locali hanno il corag-
gio di promuovere la nostra musica”.
Amini ha cominciato a scoprire la musi-
ca come molti dei suoi coetanei attraverso
le cassette pirata, molto difuse a Teheran.
A causa dei pesanti regolamenti imposti ai
consumi, erano il modo principale per sco-
prire e ascoltare nuova musica. Racconta:
“Due miei cugini ascoltavano gruppi prog
rock e heavy metal degli anni settanta.
Quelle band mi attraevano sia musicalmen-
te che visivamente. Mi piaceva il modo in
cui tizi con i capelli lunghi suonavano chi-
tarre dalle forme strane e muovevano la
testa furiosamente al ritmo della batteria. E
mi afascinavano anche gli spettacoli di luci
dei Pink Floyd. Poi, con l’arrivo di internet,
io e i miei amici abbiamo approfondito for-
me più estreme di metal, che i nastri pirata
di quell’epoca avevano del tutto ignorato,
generi come il doom o il black metal. Alla
musica elettronica mi sono avvicinato
ascoltando i Massive Attack. Volevo fare
musica che suonasse come la loro, ma non
avevo le competenze per capire cosa faces-
sero. Sono andato all’università per studia-
re chitarra classica e lì ho conosciuto Nima
Pourkarimi (Umchunga), con cui condivi-
devo gli stessi interessi. Insieme ci siamo
messi a traicare con dischi di idm (intelli-
gent dance music) e ad ascoltare musica
glitch. Abbiamo cominciato a esibirci in al-
cuni locali con computer portatili presi in
prestito”.
La cultura delle cassette pirata di Tehe-
ran secondo Amini “è morta con l’arrivo in
massa degli mp3 e dei dischi rigidi esterni
che, pieni zeppi di musica, passavano di
mano in mano. Le persone hanno comin-
ciato a scambiarsi intere collezioni di musi-
ca e non più solo cassette. In Iran non pos-
siamo comprare nulla direttamente, perciò
dobbiamo aidarci ai download gratuiti o a
chi esce dal paese e torna portando della
musica”.
Amini trova che la scena musicale di Te-
Siavash Amini
heran sia ancora “in una fase embrionale,
anche se i musicisti ci hanno messo molti
anni ad arrivare al punto in cui sono. Siamo
coinvolti in comunità diverse, con gusti di-
versi. Quando queste comunità si mette-
ranno insieme, secondo me assisteremo
alla formazione di qualcosa che potremo
deinire una vera scena musicale”.
L’impatto della idm è stato notevole. Le
sonorità dell’elettronica iraniana sono in-
dubbiamente inluenzate da artisti come
Autechre o Apex Twin.
Hadi Bastani, ricercatore con un dotto-
rato in arte e antropologia del suono, ha
prodotto programmi radiofonici e lanciato
diversi musicisti iraniani. “Mi sono reso
conto che non ero l’unico a interessarmi di
musica elettronica”, dice Bastani, “e che
c’erano altre persone in altri posti dell’Iran
con interessi simili ai miei. Per questo pen-
so che in tutto il paese questo sia un feno-
meno in crescita”.
Come Londra, anche Teheran è una cit-
tà da cui emerge musica degna di nota.
Quando gli chiedo come percepisce le due
città, Ash Koosha risponde che secondo lui
non sono poi così diverse: “Il caos e il suono
di Teheran sono leggermente diversi, ma
sono gli stessi di Londra. Se chiudo gli occhi
a Teheran, mi sento come se fossi a Londra.
Ecco perché penso che la mia musica non
sia di Teheran o di Londra, ma piuttosto sia
semplicemente il suono della vita in una
grande città”. u gim
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 79
 Cultura

Cinema
Italieni
I ilm italiani visti da
un corrispondente straniero.
Questa settimana il britanni-
co Paul Bompard.
Bozzetto non troppo
Di Marco Bonfanti
Con Bruno Bozzetto. Italia,
2016, 74’
●●●●●
Per chi non lo sapesse, Bruno
Bozzetto, nato nel 1938, è il re
del cinema di animazione
italiano. È riconosciuto come
uno dei maestri mondiali di
questa forma di cinema. Il
creatore di West and soda, Vip
mio fratello superuomo, Allegro
non troppo, di tre ilm della
serie del signor Rossi e di
decine e decine (forse
centinaia) di corti.
In una serie di interviste –
ambientate soprattutto tra le
colline del Bergamasco dove
abita– inframezzate con
sequenze dai suoi ilm, Bruno
Bozzetto racconta la sua
storia, i suoi pensieri, il suo
Dalla Polonia
Con Wajda se ne va un testimone politico
Il regista, morto il 9 ottobre
a novant’anni, era un pila-
stro della memoria nazio-
nale polacca
In un’intervista rilasciata nel
2000, Andrzej Wajda diceva:
“Il cinema che ho fatto è sem-
pre stato un cinema di resi-
stenza, contro le autorità.
Rappresentava le nostre ferite
e i nostri conlitti, con il mon-
do e con noi stessi. Oggi, ed è
un processo normale in un pa-
ese democratico, questo con-
tropotere ha meno ragione di
esistere”. Certe opere giovani-
li del regista, I dannati di Var-
savia (1957) e soprattutto il suo
capolavoro Cenere e diamanti
Massa critica
Dieci ilm nelle sale italiane giudicati dai critici di tutto il mondo
Andrzej Wajda
(1959), sembrano animate da
una febbre e dalla volontà di
abbracciare tutto: la politica,
l’illusione e la disillusione,
l’urgenza e il romanzesco. Wa-
jda era allora un giovane regi-
sta con una vocazione roman-
tica e patriottica. Nel 1981 vin-
se la Palma d’oro con L’uomo
di ferro, un ilm girato secondo
le regole del cinema diretto,
nel pieno dei tumulti politici
causati dallo sciopero dei can-
tieri navali di Gdansk. L’am-
mirazione di Wajda per il sin-
dacalista Lech Walesa non si
indebolì mai, ino al punto che
nel 2013 diresse un ilm bio-
graico su di lui, Walesa. L’uo-
mo della speranza. A forza di
essere sulla breccia dei suoi
tempi, Wajda inì per perdersi.
La sua ilmograia dopo Dan-
ton (1983) mostra una deriva
verso un cinema più accade-
mico. Eppure è rimasta intatta
la sua urgenza di mandare un
messaggio.
Libération

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modo di essere, di vedere il

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mondo e di lavorare.
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Allo stesso tempo Bozzetto N

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passione e intelligenza nel

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Media
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cuore e nella storia del cinema

d’animazione. Tra molte altre DeePWAter 11111 - 11111 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111
cose, Bozzetto spiega e mostra
com’è cambiato il modo di Ben-hur 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
creare e di lavorare nel
passaggio dal disegno fatto cAfé socIety 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
a mano a quello prodotto con
eLvIs & nIxon 11111 11111 - 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111
RENATA DABROWskA (AGENCjA GAzETA/REuTERs/CONTRAsTO)

l’aiuto del computer.

Bozzetto non troppo è un
documentario pieno di calore,
ghostBusters 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
curiosità e sensibilità. Il suo InDePenDence DAy 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 - 11111 11111 11111
unico difetto, forse, è che si
dilunga un po’ troppo in It foLLoWs 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
riprese senza voce del
protagonista tra le colline JAson Bourne 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
e sulle rive del lago.
Ma rimane comunque tutto
suIcIDe squAD 11111 11111 11111 11111 11111 - 11111 11111 11111 11111 11111
più che tollerabile data
l’altissima qualità
the WItch 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111 11111
dell’insieme. Legenda: ●●●●● Pessimo ●●●●● Mediocre ●●●●● Discreto ●●●●● Buono ●●●●● Ottimo

80 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

 I consigli
della
redazione
Neruda
DR
In uscita
Rara
Di Pepa San Martín
Con Julia Lübbert, Sigrid
Alegría, Emilia Ossandon,
Mariana Loyola. Cile/
Argentina, 2015, 90’
●●●●●
Rara afronta il tema delle co-
siddette nuove famiglie, in
questo caso due donne che
convivono con le due iglie di
una di loro. La storia è vista
soprattutto dal punto di vista
della iglia maggiore, una pre-
adolescente che alle diicoltà
tipiche della sua età deve
sommare le pressioni di chi
non è disposto ad accettare la
naturalezza della sua situazio-
ne familiare. Il tema è stato
ispirato alla regista e sceneg-
giatrice da un fatto di cronaca.
Il ilm non la tratta come se
fosse una materia da tribunale
dei minori ma si concentra
sulla vita quotidiana di questa
famiglia e la regista è molto
brava nel far percepire, quasi
in sordina, il giudizio omofo-
bico della società. Lo sguardo
intelligente e sensibile di Pepa
San Martín è in grado di rive-
lare i più piccoli dettagli e le
tensioni che agitano l’appa-
rente concordia della fami-
glia. Sono ottime anche le gio-
vani attrici protagoniste: Julia
Lübbert ed Emilia Ossandon.
Fernando López, La Nación
Quando hai 17 anni
André Téchiné
(Francia, 116’)
Inferno
Di Ron Howard
Con Tom Hanks, Felicity Jones,
Ben Foster, Omar Sy.
Stati Uniti, 2016, 121’
●●●●●
Purgatorio sarebbe un titolo
più adatto. Soprattutto se pen-
siamo al purgatorio come a
una preparazione al paradiso,
cioè alla ine di questo ilm fa-
volosamente noioso. Eccoci
alla terza pellicola tratta da
Dan Brown e sembrano passati
secoli da quando i suoi thriller
semiologico-turistici andava-
no di moda. Passata l’ubriaca-
tura per l’arte del rinascimento
e la cristianità, rimangono solo
una storia e un personaggio. E
sono entrambi freddi e piatti
come una frittella avanzata.
Quindi torna Tom Hanks e la
sua intelligenza ironica è spre-
cata nel ruolo del dottor Ro-
bert Langdon che, alla ine, è
un Indiana Jones più cervello-
ne ma anche molto più noioso.
Dopo un lungo e noiosissimo
sogno apocalittico, Langdon si
sveglia in un ospedale di Firen-
ze e non ricorda più niente.
Quindi si trova a dover rico-
struire due enigmi, uno è il so-
lito e l’altro è il suo stesso ruolo
nell’intera vicenda. C’era un
tempo in cui queste stramberie
sembravano una novità. Ora è
solo tutto noioso.
Peter Bradshaw,
The Guardian
DR
Liberami
Federica Di Giacomo
(Italia, 129’)
Neruda
Di Pablo Larraín
Con Gael García Bernal,
Alfredo Castro, Pablo Derqui.
Argentina/Cile/Spagna/
Francia, 2016, 107’
●●●●●
Un ilm politico che parla di
un poeta. Ma anche un ilm
poetico che parla di un politi-
co. Pablo Larraín è riuscito ad
abbracciare i due aspetti, a
volte in contrasto tra loro, di
una personalità mitica e a cre-
are un’opera molto lontana
dai soliti ilm biograici. Neru-
da è un melodramma solenne,
un thriller lirico, un dramma
esistenziale che parla di
un’epoca di fervore idealista
contagioso e a volte, per forza,
bugiardo. Si parla degli ultimi
giorni del poeta cileno Pablo
Neruda come senatore del suo
paese e della lotta con il gover-
no di Gabriel González Videla.
Il ilm è un’opera potente,
sempre a un passo dal preten-
zioso con la sua enfasi sulla
sperimentazione visiva e sono-
ra più che sulla cronaca politi-
ca. Come in No (2012) ed El
club (2015), Larraín ha realiz-
zato un ilm più concettuale
che narrativo, su un tempo più
sognato che vissuto. Notevole
la colonna sonora che va dai
barocchismi di Penderecki al
romanticismo di Grieg.
Javier Ocaña, El País
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
Indivisibili
Edoardo De Angelis
(Italia, 100’)
Lettere da Berlino
Di Vincent Perez
Con Emma Thompson, Daniel
Brühl, Brendan Gleeson. Regno
Unito/Francia/Germania,
2016, 103’
●●●●●
La storia di Otto ed Elise
Hampel, una coppia della
classe operaia berlinese che
cominciò a fare attività di pro-
paganda antinazista dopo la
morte del iglio, ispirò un ro-
manzo del 1947 di Hans Falla-
da. L’intreccio non mancava
certo di potenziale, visto che i
due protagonisti si trasforma-
no virtualmente in spie. An-
che la scelta di Emma Thomp-
son e Brendan Gleeson sem-
brava la mossa giusta per que-
sto primo ilm in lingua ingle-
se tratto dal romanzo di Falla-
da. La scelta del regista sviz-
zero Vincent Perez è stata in-
vece molto meno felice. Il ilm
ha una sceneggiatura sciocca
e una regia tirata via. Perez fa
aidamento solo sugli attori,
che fanno quello che possono
con battute mal scritte e con la
terribile idea di recitare con
accento tedesco. Emma
Thompson in particolare sem-
bra una straordinaria solista
che fa del suo meglio mentre il
resto dell’orchestra sta accor-
dando gli strumenti.
Tim Robey,
The Daily Telegraph
Rara
81
Cultura
Libri
Italieni
I libri italiani letti da un
corrispondente straniero.
Questa settimana
Frederika Randall,
del settimanale statuintense
The Nation.
Marco Rossari
Le cento vite di Nemesio
Edizioni e/o, 500 pagine,
18 euro
● ● ●●●
Il novecento era il secolo breve
(Eric Hobsbawm) o quello lun-
go (Giovanni Arrighi)? Per Ne-
mo il novecento era soprattut-
to suo padre Nemesio, nato
nel 1899 e in procinto di spira-
re a cent’anni quando questo
romanzo ha inizio. Nemo,
“nato da uno sperma vecchio”
(il padre aveva settant’anni), si
sente una nullità (nemo vuol
dire “nessuno” in latino). Vive
all’ombra della igura paterna,
uno stravagante pittore mo-
dernista e comunista, un Pi-
casso milanese. Nemesio ha
vissuto la prima guerra mon-
diale, il fascismo, il nazismo,
ha combattuto da partigiano,
ha servito gli ideali sovietici
nella guerra fredda. Negli anni
cinquanta comincia ad avere
grande successo. “Stava di-
ventando un intellettuale or-
ganico. E anche paraculo”,
pensa il iglio. Nemesio è di-
ventato la sua nemesi, il suo
incubo. Ogni notte Nemo so-
gna la vita del padre come se
fosse sua. È una vita spericola-
ta e bohémienne, con tante
donne e poco talento. “L’oni-
ronauta” Nemo viaggia dalla
Germania di Weimar a Parigi,
incontra Picasso e Brecht.
All’alba, quando riprende la
sua vita scialba, si sente anco-
ra più verme. Un romanzo di-
vertente che afronta il com-
plesso di Edipo e il peso del
passato con spirito e inventiva,
e un bel colpo di scena inale.
82 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
Dal Giappone
Un grande romanzo su Tokyo
ISSEI KATO (REUTERS/CONTRASTO)
Tokio whip di Arturo Silva Il monte Fuji visto da Tokyo
descrive Tokyo attraverso
gli occhi di un occidentale
che l’ha capita davvero
Gli stranieri hanno scritto dei
bellissimi libri sul Giappone,
ma la maggior parte di questi
capolavori sono saggi, mono-
graie, memorie, compendi
storici, diari di viaggio. Trova-
re un grande romanzo sul
Giappone scritto da un non
giapponese è molto più diici-
le. Ancora più diicile è trovar-
ne uno che parli di Tokyo. Ar-
turo Silva, l’autore di Tokio ovunque. Sognavo la città”. re un’ idea di cos’è Tokyo. La
whip (Stone Bridge Press), in- Quindi in Tokio whip, il suo pri- forma sembra essere la preoc-
segna storia del cinema a mo romanzo, che ha impiega- cupazione principale del libro
Vienna ma ha passato buona to diciott’anni a scrivere, non ma c’è anche una storia
parte degli anni ottanta e no- fa il solito racconto da espa- d’amore e perino un lieto ine.
vanta a Tokyo. “Facevo le mie triato. Gioca con la struttura Nel lettore resta la sensazione
ricerche”, dice, “camminavo, delle frasi e forse ci regala la non solo di aver letto di Tokyo
parlavo, leggevo, esploravo, prima opera letteraria scritta ma di averla anche vissuta.
conoscevo gente, andavo da un occidentale che può da- David Cozy, Japan Times
Il libro Gofredo Foi
Un intreccio di carne e sangue
Roberto Alajmo piccolo mercato dove ci si può come suo e il iglio che questi
Carne mia rifornire ogni giorno ha avuto sposando
Sellerio, 290 pagine, euro 16,00 dell’anno. Il padrone di una un’ungherese. Ancora la storia
Roberto Alajmo, l’autore di bancarella scompare, storie di di Caino e Abele? Lo dirà il
Cuore di madre ed È stato il piccola maia, ma restano la inale, che sarà comunque
iglio, torna al suo ambiente e moglie e due igli, uno dei sconsolante. In tempi di noiosi
al suo tema prediletti: la quali si dà alla droga e con scrittori che si mettono in
Palermo del proletariato l’odiosa compagna fa un iglio. mostra senza niente da dire,
marginale – che conosciamo Vivono alle spalle di madre e Roberto Alajmo sa raccontare
anche attraverso Maresco, fratello, angariandoli. Delitto. e trova una sua maniera rapida
Ciprì, Roberta Torre e il Fuga e nuova vita del fratello e ironica, da antropologo di
cinema e il teatro di Emma “buono” e assassino e della una cultura marginale che osa
Dante – e la famiglia, madre in Spagna, a Murcia. guardare all’essenza animale
l’intreccio carnale, afettivo e Ma il passato ritorna, e il dei nostri comportamenti. E
culturale. Siamo al Borgo conlitto riguarda ora due questa storia è più terribile e
Vecchio di Palermo, la capitale bambini, il iglio dei morti ha più suspense di qualsiasi
siciliana, nella piazza col ammazzati trattato dallo zio ricamo giallo. u
 I consigli Petina Gappah Neil Gaiman Ivan Carozzi
della La confessione Trigger warning Teneri violenti
redazione di Memory (Mondadori) (Einaudi)
(Guanda)

Il romanzo Adam Johnson

La fortuna ti sorride
Laird Hunt
Neverhome
Vite ibernate Marsilio, 270 pagine, 18,50 euro
●●●●●
La Nave di Teseo, 262 pagine,
18 euro
I sei racconti di Adam Johnson ●●●●●
vi si insinueranno nella testa e Questa è la storia di Ash
scompiglieranno per giorni il Thompson e della sua espe-
AnnA SCHORI (CAMERAPRESS/COnTRASTO)

Don DeLillo
Zero K vostro equilibrio emotivo. Cit- rienza nell’esercito nordista
Einaudi, 248 pagine, 19 euro tà americane diroccate, came- durante la guerra di secessio-
● ●● ●● re di tortura abbandonate: le ne americana. Ma la storia di
Il narratore del nuovo storie del libro si svolgono in Ash non somiglia per niente a
romanzo di Don DeLillo, Zero un mondo inquietante, allo quelle che si trovano nei libri
K, è un uomo di nome Jefrey stesso tempo riconoscibile e di storia. Innanzitutto, Ash è
Lockhart, il cui tratto più sconosciuto. Su tutte si proiet- una donna. Prima della guerra
interessante è l’essere iglio di ta il tormento del dilemma era Constance, moglie di un
uno schivo miliardario di morale. Lo stile di Johnson ha fattore dello stato dell’India-
nome Ross. Ross ha creato una un’eleganza senza pretese, ri- na. Ma lui era fatto di lana, lei
misteriosa organizzazione lesso dei caratteri taciturni invece di ferro: così, mentre il
chiamata Convergence, dei suoi personaggi. Ma que- dolce Bartholomew resta a ca-
dedicata alla sospensione sto riserbo ampliica l’intensi- sa a badare alla fattoria, Con-
criogenica dei super ricchi, tà delle storie e rende ancora stance, testarda, impaziente e
con l’idea che in futuro i Don DeLillo più sorprendenti le loro impli- assetata di avventura, si fascia
medici saranno in grado di cazioni tragiche. I personaggi il seno e si taglia i capelli. E
resuscitarli in qualche nuova senza una ragione particolare. sono attanagliati da circostan- parte per il nord, per combat-
forma di vita. Fino ad allora Ha una idanzata, Emma, ze incomprensibili che li co- tere. Ash è una creatura iam-
vivono una semivita madre single, ma la loro stringono a cercare afannosa- meggiante e piena di slanci. È
congelata, sognando relazione è bizzarramente mente un senso. Il tema della un ottimo soldato, ha la forza e
debolmente in una capsula. La scialba. È senz’altro una scelta tecnologia ricorre in tutte le il coraggio necessari; e nono-
seconda moglie di Ross è di DeLillo – sappiamo molto storie e ci costringe a rilettere stante qualcuno indovini il suo
gravemente malata e si bene che è capace di romanzi su quanto il mondo ne sia stato segreto, nessuno la guarda
prepara a essere criogenizzata. vividi ed emozionanti – ma è trasformato negli ultimi anni, mai tanto da vicino da accor-
Jef è stato convocato nel una scelta diicile da e quanto si annunci inquietan- gersene. Man mano che la lot-
complesso di Convergence – interpretare. Cosa può dirci te il futuro. Un piccolo capola- ta infuria, le sue osservazioni
un bunker ultratecnologico da sulla morte un libro così privo voro, tra questi racconti, è Ge- precise e senza fronzoli cattu-
cattivo di un ilm di James di vita? Zero K evoca la fredda orge Orwell era mio amico: sto- rano con sconvolgente chia-
Bond – per dirle addio. alienazione dell’epoca ria di un irriducibile uiciale rezza il terrore e la confusione
Vagando per le sale fa incontri digitale, il senso di della Germania Est che ha la- cruenta del conlitto. Molti di-
criptici e scambia dialoghi dislocazione che deriva vorato nella prigione di Ho- sertano: Ash no. Ma dopo mesi
botta e risposta comici e un po’ dall’essere immersi in torrenti henschönhausen. Ora il carce- di battaglie, l’orrore comincia
assurdi con il padre, nello stile di dati sul mondo re è diventato un museo ma lui ad avere il sopravvento su di
di Aspettando Godot. Il rimanendone allo stesso vive sempre lì accanto, e tra- lei. Neverhome è il sesto ro-
supposto argomento del libro, tempo distanti, vedendo ogni scorre le giornate a passeggia- manzo di Hunt e probabil-
la morte, è più reale che mai, cosa attraverso degli schermi. re con il suo cagnolino e a mente non sarà l’ultimo. È una
ma le persone coinvolte in Siamo onniscienti ma prendersi gioco delle guide tu- storia dalla forza devastante.
questa danza macabra sono impotenti, guardiamo tutto e ristiche, ex prigionieri che Secondo gli storici, circa quat-
stranamente incolori. DeLillo non tocchiamo niente. L’ironia scortano turisti e scolaresche trocento donne presero parte,
si tiene per sé, perversamente, di Zero K è che Convergence, attraverso i cancelli. È una sto- in abiti maschili, alla guerra di
qualunque dettaglio che possa più che una fuga dalla vita ria di furibonda intensità e, secessione negli Stati Uniti.
rendere vivi i suoi personaggi. contemporanea, sembra con la sua conclusione scon- Partendo da questo dato,
Jef, alla metà dei trent’anni, è esserne l’apoteosi, il punto di volgente ofre un ritratto da Laird Hunt ha costruito un ro-
uno di quegli uomini ragazzini fuga verso cui tutto tende, il sé brividi del modo in cui, a furia manzo brillante, che tiene il
alla deriva, spaventosamente completamente separato dal di negare a noi stessi l’eviden- lettore con il iato sospeso a
difusi nella narrativa corpo, dal mondo e dal tempo, za, costringiamo la nostra seguire le parole di una voce
contemporanea, che sono solo e sigillato nella sua mente a deragliare. narrante ferocemente libera,
praticamente privi di volontà o capsula. Ron Charles, indimenticabile.
di personalità. Accetta lavori Lev Grossman, Time The Washington Post Clare Clark, The Guardian

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 83

Cultura
Libri
Canek Sánchez Guevara
Il disco rotto. 33 rivoluzioni
Edizioni e/o, 106 pagine,
10 euro
● ● ● ●●
Siamo onesti: un romanzo ir-
mato dal nipote del Che attira
per forza l’attenzione! Ma
quest’attenzione venata di vo-
yeurismo per la biograia
dell’autore – morto a qua-
rant’anni a Città del Messico
per le complicazioni di un’ope-
razione al cuore – si stempera
immediatamente nel piacere
della lettura. In 33 rivoluzioni (i
giri del vinile graiato che co-
stituisce il ilo conduttore del
racconto), Canek Sánchez
Guevara ci porta a Cuba, in un
universo che non smette mai
di crollare su se stesso con
gran fracasso. “Il paese intero
è un disco graiato”, annuncia
il narratore nel prologo. Lui
stesso vive in un appartamen-
to in cui piove dal soitto. Ama
la musica, la ilosoia e la sto-
ria, ma ha studiato ingegneria.
Lavora al ministero, un lavoro
noioso ma propizio alla lettu-
Non iction Giuliano Milani
La globalizzazione del maiale
Stefano Liberti
I signori del cibo
Minimum fax, 327 pagine,
19 euro
La tesi di questo libro è
semplice da riassumere: la
produzione di cibo è sempre
più lontana dai luoghi del suo
consumo perché dipende
soprattutto dalle logiche della
inanza. Stefano Liberti,
giornalista d’inchiesta, la
espone con ricchezza di
esempi e ritmo di racconto,
seguendo le iliere di quattro
prodotti globali: carne suina,
soia, tonno in scatola e
84 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
ra. Mangia sempre alla mensa,
dove il vassoio regolamentare
ha l’aria di un quadro astratto.
Il suo matrimonio è stato un
disastro. Qualche volta, per
sentirsi meno solo, sale a tro-
vare la russa del nono piano. E
tutto questo inirà, e inirà cer-
to male.
Mireille Descombes,
L’Hebdo
Édouard Louis
Storia della violenza
Bompiani, 192 pagine, 17 euro
●●●●●
A gennaio scorso, subito dopo
l’uscita di Storia della violenza
in Francia, è successo un fatto
curioso. Il libro, accolto con
entusiasmo dalla critica, rac-
conta lo stupro che Édouard
Louis aferma di aver subito
alla vigilia di Natale del 2012.
In un’intervista a Livres Heb-
do lo scrittore ha dichiarato
che il libro racconta solo fatti
reali. Il violentatore viene
chiamato con il diminutivo
Reda; è un trentenne che ab-
borda Édouard Louis in place
pomodoro concentrato. Va a
vedere cosa succede nei
luoghi da cui partono e in cui
transitano questi cibi-merce:
dalla Cina, dove il consumo di
carne di maiale nel giro di una
generazione è passato da 8 a
39 chilogrammi a testa ogni
anno, al North Carolina dove i
maiali si allevano come polli;
dal Mato Grosso, dove si
coltiva la soia quasi senza
contadini, alla Manciuria,
dove i coltivatori di soia non
lavorano più; dal Senegal
predato dai pescatori europei
allo Xinjiang dove si piantano
de la République, a Parigi.
Louis lo invita a casa sua. I due
Germania
uomini fanno l’amore, poi la
KAt KAUFMANN (AUFBAUVERLAG.DE)
situazione degenera. Reda ru-
ba il cellulare di Édouard e lo
violenta minacciandolo con
una pistola. Una storia molto
simile a questa fu raccontata
da Eddy Bellegueule – il vero
nome di Édouard Louis – nella
sua deposizione alla polizia. Philipp Winkler
Una denuncia che non aveva Hool
portato a niente. Per uno Aubau Verlag
scherzo del caso, il Reda in Heiko non ha inito la scuola.
questione è stato convocato Suo padre è alcolizzato, la ma-
dalla polizia l’11 gennaio scor- dre se n’andata. Lavora nella
so, quattro giorni dopo l’uscita palestra di boxe dello zio, ma
del libro, nell’ambito di un’in- la sua vera famiglia è il club di
chiesta della squadra narcoti- calcio Hannover 96, e i suoi
ci. Non aveva documenti, ma amici sono gli hooligan con cui
le impronte digitali hanno per- è cresciuto. Winkler è nato vi-
messo di identiicarlo: il suo cino ad Hannover nel 1986.
dna era stato rilevato dalla po-
lizia nell’appartamento di Bel- Isabelle Lehn
legueule. In Storia della violen- Binde zwei Vögel
za, Louis presenta Reda come zusammen
il suo stupratore. Per ora si Eichborn
tratta di una verità letteraria. Albert Jacobi, un giornalista,
Si accorderà con quella giudi- apre un cafè in un villaggio af-
ziaria? David Le Bailly, gano con una falsa identità per
Le Nouvel Observateur raccogliere testimonianze.
Quando torna a casa ha dii-
coltà a reinserirsi. Lehn è nata
nel 1979 e vive a Lipsia.
Katja Lange-Müller
Drehtür
Kiepenheuer & Witsch
Dopo aver passato anni come
pomodori per tutto il mondo. infermiera in posti lontani,
Le storie che raccoglie Asta Arnold torna a casa, ma si
mostrano le conseguenze di sente fuori posto. Lange-Mül-
questo processo: esclusione di ler è nata a Berlino nel 1951.
lavoratori, urbanizzazione di
contadini, cambiamenti Mechtild Borrmann
geopolitici e aumento della Trümmerkind
disuguaglianza economica. Droemer Verlage
Diicilmente un libro Girando per Amburgo bom-
chiarisce in modo altrettanto bardata, Hanno Dietz, un
evidente, con immagini bambino, scopre il corpo di
eicaci, quanto i processi che una donna e lì vicino uno stra-
chiamiamo globalizzazione no bimbo vestito in modo ele-
passino attraverso ciò che gante. Borrmann è nata a Co-
facciamo ogni giorno, più lonia nel 1960.
volte al giorno, semplicemente Maria Sepa
mettendoci a tavola. u usalibri.blogspot.com
  
Ragazzi
Prima
di nascere
Luisa Mattia e Mook
Prima di me
Topipittori, 32 pagine, 16 euro
Cos’ero prima di me? Questa
la domanda ilosoica che si fa
un essere in formazione, una
bambina (o forse un bambi­
no) che sta per nascere. Prima
di me cerca, attraverso un lin­
guaggio poetico e lineare, di
mettere in scena le domande
che spesso si fanno i bambini
sulla propria esistenza. Su
cos’erano prima, su cosa di­
venteranno dopo, su chi c’era
o non c’era prima di loro. Le
domande luttuano nel vento,
come anche le risposte. “Pri­
ma di me”, dice la nostra pro­
tagonista, “c’erano tutti. Tutti
quelli che conosco. E c’era il
mare, c’erano gli alberi e il ge­
lato”. E poi la futura bambina
ci spiega il suo diventare per­
sona, nel ventre della madre,
sente il vento, il mare, la sab­
bia. È un libro intenso quello
di Luisa Mattia. Un libro dolce
fatto di interrogativi enormi
ma non di fredda ilosoia. C’è
calore, partecipazione, vita in
questo volumetto dedicato al­
la prima infanzia. Le parole
non a caso si fondono (e spes­
so confondono) con le illu­
strazioni di Mook, non il no­
me di un artista ma di un pro­
getto nato da Carlo Nannetti e
Francesca Crisafulli nel
2000. I loro disegni sembrano
nuvole: colori tenui, tenerez­
za, morbidezza. Sembra di
stare dentro la pancia della
mamma insieme alla bambi­
na in formazione. Sembra di
galleggiare nel più bello dei
paradisi. E tutto piano piano
trova il suo senso.
Igiaba Scego


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Pascal Manoukian
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66thand2nd, 241 pagine,


 16 euro
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
Tre migranti – un moldavo,
un somalo e un bangladese –
hanno storie molto diverse
alle spalle e una cosa in co­
mune, la loro destinazione: la
banlieue parigina di Ville­
neuve­le­Roi. Dal reporter e
scrittore francese un roman­
zo sui “pionieri della migra­
zione”.
Serena Luciani
Il paese delle nuvole
Robin edizioni, 344 pagine,
17,50 euro
Due donne e un uomo fuggo­
no in Nuova Zelanda in cerca
Fumetti di fortuna. Le loro avventure
si concluderanno in Scozia in
Storie di dèi e supereoi un progetto di vita utopistico.
Carlo Bordoni
Stato di paura
Jack Kirby dal disegnatore Gil Kane, Castelvecchi, 189 pagine,
Gli Eterni ebreo come Kirby, insieme 17,50euro
Panini Comics/Marvel, allo scrittore Ron Goulart, La dissoluzione dell’ottimi­
400 pagine, 39 euro anch’essa iglia della smo che aveva caratterizzato
La ristampa integrale di una mitologia dell’antico il novecento ha lasciato spa­
delle opere più interessanti del astronauta. Will Eisner, il zio a tante forme di paura e a
fumetto popolare disegnatore noto per i suoi nostalgie per società più “so­
statunitense, visivamente graphic novel sulla grande lide” se non autoritarie.
rainata e profonda, merita di depressione del 1929, debuttò
essere segnalata per la sua con Kirby e fu suo ottimo Christoph Ribbat
modernità visiva. Jack Kirby, amico. Nelle sue Al ristorante
l’inventore graico di quasi conversazioni con Frank Marsilio, 201 pagine,
tutti i “supereroi con Miller, alla domanda sul 16,50 euro
superproblemi” creati con perché tutti i supereroi siano Le esperienze di chef, came­
Stan Lee negli anni sessanta stati creati da ebrei, rispose rieri e critici ripercorrono più
–“The King” come lo che non avevano fatto altro di duecento anni di storia del­
soprannominarono i fan – creò che rielaborare il mito del la ristorazione.
a metà degli anni settanta una Golem, per proteggersi da
saga su testi propri, Gli Eterni, i secoli di persecuzioni. Gli Alessandro Vanoli
cui venti albi sono qui ebrei, a lungo legati Storie di parole arabe
riproposti in una bella all’ancestralità delle Ponte alle grazie, 145 pagine,
edizione con sovraccoperta. mitologie, le hanno reinserite 13,50 euro
Jack Kirby aveva già trattato il nella modernità. E il potente Le civiltà e culture millenarie
tema di un’origine lavoro graico di Jack Kirby ne del Mediterraneo raccontate
extraterrestre della civiltà in è il paradigma. Metaisico attraverso l’etimologia e il
The new gods (1971) e nel 1979 e artistico. senso di importanti termini
uscì Star Hawks, saga creata Francesco Boille arabi.
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 85
Cultura

Musica
Dal vivo Dal Regno Unito
Julie’s Haircut
Milano, 16 ottobre
Paul Weller suona per Corbyn
santeriasocial.club

del cambiamento sociale.

PHIL BOURNe (GeTTY IMAGeS)

Little Louie Vega L’ex leader dei Jam e degli
Milano, 16 ottobre Style Council fa rivivere i Oggi più che mai dobbiamo
dude-club.net fasti di Red Wedge, l’inizia- prendere posizioni decise in
tiva rock più politicizzata favore della democrazia, del­
Yann Tiersen degli anni ottanta la giustizia sociale e dei diritti
Roma, 17 ottobre umani. Crediamo che Jeremy
auditoriumconciliazione.it Un nuovo gruppo capitanato Corbyn stia facendo un otti­
dal musicista britannico Paul mo lavoro riallineando il par­
Ray Wilson Weller parteciperà a un con­ Paul Weller, 2015 tito laburista su principi di
Milano, 17 ottobre certo a favore del leader del giustizia sociale e ridistribu­
fabriquemilano.it partito laburista Jeremy politici: negli anni ottanta è zione della ricchezza. La no­
Corbyn. Lo show, che si terrà stato uno dei promotori del stra idea di invitare a suonare
Mission a Brighton, sarà il primo di collettivo musicale Red artisti anche molto diversi
Mezzago (Mb), 18 ottobre una serie di Concerts for Wedge, che sosteneva il La­ ma impegnati politicamente
bloomnet.com Corbyn, con in cartellone ve­ bour di Neil Kinnock. sotto lo striscione People
terani della scena indipen­ I biglietti dello spettacolo powered (Potere del popolo)
Uri Caine trio dente come i Farm, i Temples del 16 dicembre saranno in è un modo per dire: alzatevi e
Firenze, 18 ottobre e Kathryn Williams. Paul vendita al prezzo di 25 sterli­ battetevi per ciò in cui crede­
055 287347 Weller, già frontman dei Jam ne. Gli organizzatori hanno te. Ciascuno di noi può fare la
e degli Style Council, ha una detto: “La musica può essere diferenza!”.
Bify Clyro lunga esperienza di concerti una grande forza al servizio The Guardian
Firenze, 20 ottobre
obihall.it

JMSN
Playlist Pier Andrea Canei
Roma, 20 ottobre
quirinetta.com
Modalità fuga
Giardini di Mirò
Roma, 15 ottobre Bruce Springsteen Michele Gazich Bol & Snah
monkroma.club
Bologna, 21 ottobre
covoclub.it
1 Henry boy
La ballata sgangherata
sul ragazzo di provincia che
2 Un tempo la fuga era
un’arte
Una ballata di tenebre e di ver­
3 Sidewalks
Ci sono marciapiedi per
le emicranie e marciapiedi per
Padova, 22 ottobre s’illude di assaporare la gran­ tigine, che si afaccia sugli bande militari: ogni cosa ha il
circolomame.it de città: dei cinque inediti di abissi dei pogrom e lascia die­ suo marciapiede. Così sembra
Segrate (Mi), 27 ottobre Chapter and verse, album che tro di sé una scia opalescente pensarla questa formazione,
circolomagnolia.it fa da colonna sonora a Born to di chiaro di luna, ansia ed da consigliare a chi è di umore
run, l’autobiograia del Boss emozione. Come tutto l’album nordico. Nasce con il norvege­
(Mondadori), è quello che più Le vie del sale, che merita di far se Hans Magnus Ryan detto
ci restituisce il suo 1972, anno scoprire questo ebreo errante Snah, chitarrista dei Motor­
in cui scalpita per sfondare, e di Brescia che da anni suona il psycho, che trova un trio di
sembra un Raymond Carver violino per Michelle Shocked e connazionali ibernato in un
con la chitarra che scrive be­ vagabonda in territori che con­ triplo album prog anni settanta
nissimo e suona come viene. inano con Vinicio Capossela, e instaura un dialogo con la
La demo, scarna come poi sarà Moni Ovadia e Tom Waits. Ri­ formidabile voce di Tone Åse.
l’album Nebraska (capolavoro spolverando in più certi cimeli Insieme (nell’album So? Now?)
di short stories in musica, die­ raccattati qua e là sulle vie del s’incamminano verso un Val­
ci anni dopo) qui era un pez­ folk italico, piferi sanniti e halla sonoro, in folate di poesia
zullo da elaborare poi in stu­ zampogne apenniniche. Aver­ tra caotica e poetica. Per ascol­
Bify Clyro dio. Va benissimo così. cene, cantastorie così. tatori in fuga dal solito.

86 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

 Dance Years & Years Calvin Harris Kanye West feat.
Scelti da Claudio Meteorite My way Post Malone & Ty Dolla $ign
Rossi Marcelli
Fade

Album piuttosto banale. Però il resto Julius Katchen

dell’album risulta troppo linea- Complete Decca recordings
David Bowie re e prevedibile per suscitare Julius Katchen, piano,

RIChARD E. AARON (GETTY IMAGES)

Who can I be now grandi entusiasmi. con artisti vari
(Parlophone) Paul Mardles, (Decca)
●●●●● The Observer ●●●●●
Ecco l’album perduto di David Il pianista statunitense Julius
Bowie: si chiama The gouster e Solange Katchen morì a 42 anni nel
ora è nel cofanetto Who can A seat at the table 1969. Ora la Decca ne ricorda
I be now, 12 cd o 13 lp che rac- (Saint/Columbia) i 90 anni dalla nascita con 36
colgono materiale registrato David Bowie ●●●●● cd che raccolgono tutte le sue
tra il 1974 e il 1976. “Gouster” Solange Knowles, sorella mi- registrazioni in studio. Oggi
è un vecchio termine slang che body down, l’altra era Brand nore di Beyoncé, ha compiuto Katchen è ricordato soprattut-
indica un tipo di nero urbano, new ancients, un testo poetico. trent’anni a giugno. A seat at to per il suo Brahms. Chi lo
disinvolto e alla moda a cui Disco e libro sono stati una the table, il suo terzo album, è il scoprirà in un colpo solo con
Bowie s’ispirava in quegli anni. ventata d’aria fresca, e hanno lavoro di una donna che è ma- questo box rimarrà colpito
L’album nasce nelle session chiarito perché alcuni chiama- turata e ha scoperto dentro di non solo dall’ampiezza del
con Tony Visconti ai Sigma vano Tempest una Dylan Tho- sé un forte senso di apparte- suo repertorio, ma anche dalla
Sound studios, patria del mas postclubbing. Ora l’artista nenza a una comunità. È un la- sua traiettoria di artista. In
Philadelphia soul. Rispetto a torna con un nuovo album e un voro che, oltre a essere musi- Beethoven, per esempio, le
Young americans è più grezzo, nuovo poema. Anche in Let calmente molto soddisfacente, sue Variazioni Diabelli del
spontaneo, con canzoni pensa- them eat chaos c’è una storia, incarna elementi di storia e 1960 prendono una posizione
te come delle lunghe jam. La divisa in sette tracce che rac- d’identità afroamericane con irresistibile, anche se un po’
voce di Bowie, più roca del so- contano di sette vicini che si ricchezza e generosità. Il musi- facile, proponendo il monu-
lito, si impone con forza e in- svegliano tutti alle 4.18 di mat- cista r&b Raphael Saadiq fa da mentale lavoro beethovenia-
tensità. Alla luce di questa ri- tina, quando fuori infuria il produttore e crea un ponte tra no come un trascinante pezzo
velazione, forse ci sentiamo di temporale. In brani come la strumentazione più classica per virtuosi, mentre la regi-
empatizzare con Visconti e il Europe is lost, l’umanità e l’iro- e il funk futurista. Gli arrangia- strazione del 1953 ha tempi
suo sconcerto quando Bowie nia spuntano tra le nuvole scu- menti sono sciolti ma stringati meno scatenati e transizioni
decise di sostituire la maggior re. Se volesse Tempest potreb- e la voce di Solange è sempre più spontanee tra le sezioni.
parte dei brani o remixarli a be facilmente fare un album protagonista. Le eccellenti Katchen aveva un’ainità na-
New York, addolcendo gli ar- pieno di hit da club o d’intro- Don’t touch my hair e Mad par- turale per il repertorio roman-
rangiamenti e aggiungendo spezione hip hop. Invece sida lano espressamente dei modi tico, e basta sentire la sbalor-
Fame, scritta con John Lennon. chi ascolta, e anche se stessa. con cui le donne nere vengono ditiva audacia del Carnaval di
Come al solito, Bowie aveva Nick Roseblade, sminuite: la voce di Solange Schumann per capirlo. L’inte-
ragione: The gouster dichiarava Drowned in Sound sembra un balsamo che leni- grale del piano solo di
in maniera ovvia i suoi punti di sce il dolore che descrive. Brahms, solida e costante-
riferimento, Young americans Bastille A seat at the table è un’ode spi- mente profonda, resta un
invece sacriicava il soul per il Wild world rituale alla forza delle donne punto di riferimento assoluto,
pop, ma così facendo attirò (Virgin) afroamericane. e la sua musica da camera con
una valanga d’imitatori nella ●●●●● Julianne Escobedo Josef Suk e János Starker è sta-
disco bianca. The gouster rima- Con i loro ritmi elettronici pa- Shepherd, Pitchfork ta superata da pochissimi al-
ne una gemma tardiva che cati e i ritornelli da stadio, i Ba- tri. Tra i concerti spicca la me-
mostra a suo modo l’essenza stille sono la tipica pop band morabile collaborazione con
del genio di David Bowie. contemporanea. Wild world, il István Kertész: due Ravel ad
Neil McCormick, ritorno della band britannica, alta tensione, una Rhapsody in
The Telegraph è piuttosto simile al preceden- blue scatenata, un bruciante
te Bad blood, anche se questa terzo di Bartók e il mio terzo
Kate Tempest volta il leader Dan Smith af- di Prokofev preferito in asso-
Let them eat chaos fronta i grandi temi della poli- luto. Una simile sinergia stili-
(Fiction) tica globale invece di quelli le- stica è quella con Georg Solti
●●●●● gati al diventare adulti. Il pez- nel secondo di Rachmaninov,
Quando Kate Tempest è esplo- zo migliore, The currents, invei- una delle poche edizioni dei-
sa, in un mondo che non se sce contro Nigel Farage e nitive. Katchen era un pianista
l’aspettava, lo ha fatto con due Donald Trump, con un rif ve- davvero speciale.
DR

uscite. Una era l’album Every- lenoso che compensa un testo Solange Jed Distler, ClassicsToday

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 87

Cultura

Arte
Nel cuore della cultura Una parte dell’installazione di Helen Marten per il Turner prize 2016
di massa
Total proof, Red Bull New York
studios, New York,
ino al 20 novembre
Nel 1995 l’artista concettuale
Mel Chin chiamò la casa di
produzione di Melrose Place, la
popolare soap opera, per lan-
ciare una provocazione. Cosa
succederebbe se un collettivo
di artisti fornisse opere d’arte
gratuite e oggetti di scena per
il set con messaggi su temi co-
me i diritti delle donne, l’alco-
lismo, la politica estera statu-
nitense o le politiche sessuali?
La scenografa della serie ac-
cettò la sida coronando il so-
gno di ogni artista concettuale
di intervenire nel cuore della
cultura di massa. L’esperi-
mento durò due anni. A di-
stanza di vent’anni, cento og-
getti di scena di Melrose Place
CArL CoUrT (GeTTY IMAGes)

ripercorrono due stagioni del-

la popolare serie televisiva.
The New York Times

Ingres
The Guerrilla Girls, Galerie
Michéle Didier, Parigi,
ino al 12 novembre
Le Guerrilla Girls, il collettivo
Regno Unito
statunitense che si batte con-
tro il mondo dell’arte domina-
Le tante anime del Turner prize
to da uomini bianchi, festeg-
gia trent’anni di attività. Due
delle fondatrici, nascoste die- Turner prize 2016 corpo. La concatenazione ac- art nouveau: tutto sembra ca-
tro gli pseudonimi di Käthe Tate Britain, Londra, cattivante ed esasperante di rico di un immaginario per-
Kollwitz e Frida Kahlo, sono ino al 2 gennaio 2017 oggetti e immagini mette in verso e minaccioso. Il treno
state avvistate per le strade di L’ultima edizione del Turner moto la mente in un gioco di fermo su un binario morto di
Parigi travestite da gorilla. prize, quasi tutta al femmini- associazioni libere, lasciando Josephine Pryde è una meta-
Uno dei loro interventi più fa- le, è la più peculiare e scon- aperta ogni interpretazione. fora dell’arte contemporanea.
mosi ha trasformato La grande certante di tutti i tempi. Mi- Anthea Hamilton ha costruito La camera bianca di Michael
odalisca di Ingres in una igura chael Dean, Anthea Hamil- il modello di un progetto di Dean, afollata di spazzatura e
con la testa di scimmia ac- ton, Helen Marten e Josephi- Gaetano Pesce per l’ingresso di sculture grumose, è un inno
compagnata da uno slogan: ne Pryde raccontano storie at- di un condominio di New alla vita primordiale, un de-
“Le donne devono spogliarsi traverso opere impure, poro- York. Un enorme paio di nati- serto scultoreo popolato da i-
per entrare al Metropolitan se, piene di curiosità e fanta- che allargate da due mani è gure bufe e grottesche. Per
museum? Meno del 5 per cen- sia. Nell’apertura ricavata in inserito in una parete rivestita tutti questi artisti c’è un solo
to degli artisti nelle collezioni una delle pareti angolate che di carta da parati a mattonci- premio: non può che andare
del museo sono donne, ma dividono lo spazio di Helen ni. Completano l’installazione all’imperscrutabile inventiva
l’85 per cento dei nudi sono Marten, è inserito un piano un vestito di mattoni, stivali di Marten, che rende la vita
femminili”. stracolmo di oggetti sul quale infestati di mufe, catene sa- meno spoglia e più ricca di sti-
Libération giace la metà inferiore di un domaso decorate con motivi moli. The Guardian

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 89

Pop
La terribile noia della scuola

Nicholson Baker
na fredda e piovosa mattina d’inver- Oppure di atomi e molecole, e pregiudizi e sensazioni

U no, quando frequentavo il corso di che baluginano qua e là con traiettorie impreviste e im-
formazione per diventare supplente, possibili. Tutto è interessante perché tutto non è quello
vidi un manuale d’inglese usato al che è, ma è qualcosa che sta per diventare qualcos’altro.
penultimo anno del liceo. C’era un Tutto ha una storia e una riserva segreta di fascino.
capitolo sul trascendentalismo, e gli Questa era l’idea di fondo dietro il liceo pubblico
alunni dovevano leggere alcuni passi di un saggio inti- alternativo che frequentai a Rochester, nello stato di
tolato Natura, di Ralph Waldo Emerson. Emerson era New York. Si chiamava la Scuola senza mura: niente
uno scrittore disordinato con un paio di basette lunghe mura perché là fuori c’è un grande mondo, e la vita è la
e folte a cui piaceva scrivere paragrai di estasi deliran- grande maestra. Era stata fondata da un uomo meravi-
te. Quando arrivava il momento di stendere un saggio glioso, intelligente e nervoso che fumava una sigaretta
o tenere un discorso – sulla natura, po- dopo l’altra, Lew Marks. Noi lo chiama-
niamo, o sulla iducia in se stessi – setac- Un ragazzo vamo solo Lew. Era il preside. Tutti si
ciava i suoi voluminosi diari, tirava fuori sembrava molto chiamavano per nome. Lew era stato un
una scelta di brani più o meno in tema e li intelligente, ma bravissimo professore d’inglese, ma vo-
incollava insieme con qualche frase con- prostrato. Gli ho leva fare parte di una rivoluzione educa-
nettiva. In Natura, per esempio, Emer- chiesto come tiva, così assunse nove coordinatori-in-
son scrive: “In piedi sulla nuda terra – il sopravviveva alle segnanti e mise in piedi la scuola, e il di-
capo circonfuso dall’aura soave e teso sue giornate. Si è stretto scolastico disse ok. Non c’erano
verso lo spazio ininito – ogni meschino esami d’ammissione. Molta gente vole-
silato le cuiette e
egotismo svanisce. Divento un occhio va andare alla Scuola senza mura dopo
ha detto una sola
trasparente”. aver letto quello che ne diceva un gior-
Nel manuale, accanto a questo pas-
parola: “Musica” nale, così la scuola organizzò una lotte-
saggio c’era un breve compito: “Rivedi ria e io fui tra i fortunati. Ero lì nel mio
gli elementi del trascendentalismo elencati a pagi- primo giorno di liceo, il primissimo giorno di vita della
na 369. Quali aspetti del pensiero trascendentalista si scuola, nel settembre 1971. Ogni mercoledì, Lew tene-
rilettono nelle righe 12-19? Motiva la tua risposta”. va una cosa che si chiamava riunione cittadina, dove
Non è la domanda più paralizzante che abbiate mai tutta la scuola, tutti e 125 noi nobili selvaggi, s’incon-
incontrato? “Motiva la tua risposta”. No, grazie! Non trava con lui e con gli altri insegnanti e discuteva la
intendo motivare la mia risposta. La mia risposta è la ilosoia dell’istruzione, il senso della vita e il problema
mia risposta. Io sono un occhio trasparente. Sono un di presentare domanda per il college senza calcolare la
enorme e recettivo strumento visivo con una lente les- media dei voti.
sibile, e sto assorbendo l’ininità di spazio e tempo, e Alla Scuola senza mura potevamo fare qualunque
libellule, gui, vita, animali investiti per strada e idroge- cosa ci passasse per la testa, accademicamente parlan-
NICHOLSON
BAKER no. Sono niente e tutto. Sono circonfuso dall’aura. Sono do: non c’erano voti e non era richiesta la frequenza.
è uno scrittore uno spensierato, felice, enorme, scintillante, viscido Lessi Erewhon di Samuel Butler in un corso sulla lettera-
statunitense. Il suo occhio di bizzarra meraviglia. Posso roteare in ogni di- tura utopica tenuto da un timido volontario con gli oc-
ultimo libro rezione. In qualunque direzione io guardi, troverò qual- chiali senza montatura (Erewhon è “nowhere”, nessun
pubblicato in Italia è cosa d’interessante. luogo, scritto al contrario), ma poi smisi di andarci: c’è
La casa dei buchi Questa è la cosa veramente interessante: tutto è in- un limite alla letteratura utopica che uno può sopporta-
(Bompiani 2011). teressante. Potenzialmente. A volte può sembrare che re. Il mio amico Steve e io seguimmo una lezione di isi-
Questo articolo è non sia così. Potreste pensare che una certa cosa sia ca tenuta da un genio cieco nella sua stanza al dormito-
uscito sul New York
completamente priva d’interesse. Potreste pensare: ma rio dell’università di Rochester, tra biancheria da lava-
Times con il titolo
che noia, che vada al diavolo, passiamo ad altro. Ma c’è re, calzini e mutande dappertutto. Dettava lunghe
Fortress of tedium:
what I learned as a
qualcuno su questo pianeta che in quella stessa cosa equazioni, con i tristi occhi ciechi che zigzagavano
substitute teacher. può trovare qualcosa d’interessante. E spesso vale la mentre noi ci afannavamo per stargli dietro (Steve poi
© 2016 Nicholson pena di provare. A volte bisogna metterci le mani. Ogni sarebbe diventato un neurologo). Passai ore, giornate
Baker/Agenzia cosa apparentemente barbosa è fatta di cose comple- intere al piano strimpellando a più non posso e frequen-
Santachiara. mentari. È un insieme di eventi o decisioni più piccole. tai un corso di biologia che si teneva in un laboratorio

90 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

 FRANCESCA GHERMANDI

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 91

Pop
nel college alla periferia della città. Certe volte per arri-
varci in autobus ci mettevo un’ora e mezza. La scuola ci
dava dei biglietti per l’autobus, e certi ragazzi ne pren-
devano il triplo del necessario per poi rivenderli. Quan-
do il bilancio assegnato ai biglietti diventò fuori con-
trollo, Lew prese provvedimenti: “Conto su di voi per-
ché chiediate solo i biglietti di cui avete davvero biso-
gno”. Smisi di frequentare il corso di biologia quando ci
chiesero di dissezionare feti di maiale.
A volte, mentre mangiavo un panino con formaggio
grigliato in un bar del centro alle due del pomeriggio di
un martedì, quando la maggior parte dei sedicenni del-
la città stavano in grandi scuole di mattoni, volevo qual-
cosa di più. Volevo essere costretto a sostenere l’esame
inale. Volevo che mi facessero lezione, nel senso tradi-
zionale del termine. Successe solo una volta. Un pome-
riggio Bob, il professore di storia, a un tratto si alzò, si
avvicinò alla lavagna e ci ofrì mezz’ora di virtuosistica
spiegazione sugli spostamenti delle tribù barbare, i sas-
soni e i visigoti e gli unni, con frecce che indicavano le
loro migrazioni. Quell’unica lezione di storia fu una ri-
velazione. Dopo essere andato al college, essermi spo-
sato e aver avuto dei igli, guardavo malinconicamente
i ilm di John Hughes o serie tv come Freaks and geeks e
rimpiangevo di non essere andato a un liceo normale,
con gli sport e le feste, con i discorsi tenuti dagli studen-
ti più bravi alla consegna dei diplomi, con le sale di riu-
nione e le cricche, gli annunci all’altoparlante, le urla
nei corridoi, le vendite di dolci, gli armadietti. Non
c’erano armadietti alla Scuola senza mura. Avrei voluto
avere un armadietto.
Tutto questo può spiegare perché, diversi anni
fa, quando mi venne in mente di scrivere una rilessio-
ne sull’educazione negli Stati Uniti, pensai: devo diven-
tare un supplente. Come tanti teorici della formazione,
non avevo passato un solo giorno da insegnante davan-
ti a una classe. Quando esposi per la prima volta questo
progetto a mio iglio – che all’epoca faceva il liceo – lui
mi disse: “Papà, lascia perdere. Non farlo. Ti distrugge-
ranno. Ti faranno a pezzi”.
o insegnato a studenti di tutte le età,
H
Storie vere dall’asilo al liceo. Ho insegnato in
A Washington, negli corsi di recupero e in corsi per stu-
Stati Uniti, un
denti avanzati. Un giorno dovevamo
poliziotto stava
fattorizzare polinomi, un altro rici-
pranzando in un
ristorante quando
clavamo le stecche dei ghiaccioli per
una donna gli si è fabbricare casette per gli uccellini da regalare alla festa
seduta davanti e gli della mamma, un altro giorno ancora toccava all’Olo-
ha preso una patatina causto. A volte sostituivo un docente di sostegno, un
fritta dal piatto. collaboratore dell’insegnante che seguiva i ragazzini
L’agente ha con disturbo da deicit di attenzione o dislessia, oppure
protestato, ma lei ne ragazzini che semplicemente si riiutavano di fare qua-
ha presa un’altra. lunque cosa. Ero quasi sempre un supplente pasticcio-
L’uomo le ha detto di
ne: riuscivo a fare iguracce in cento modi diversi, veni-
smettere e le ha fatto
vo ferito nei miei sentimenti e mi lamentavo, e strillavo,
notare che stava
commettendo un
e mangiavo biscotti al caffè per restare sveglio. Era
reato. La donna si è massacrante, ma lo adoravo. Dopo un po’ smisi di esse-
presa una terza re così interessato al mio grande trattato sulla teoria
patatina. È stata dell’educazione, e scoprii che mi piaceva cercare di far
arrestata per furto. funzionare una lezione e vederla andare a rotoli. Mi pia-
92 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
ceva ascoltare le chiacchiere degli studenti, perino
quando si davano – e mi davano – il tormento. Il risultato
delle mie 28 infernali, gioiose giornate di lavoro retribu-
ito (guadagnavo 70 dollari al giorno) è stato un libro,
più cronaca che meditazione, intitolato Substitute: going
to school with a thousand kids (supplente: andare a scuo-
la con mille ragazzi).
Gli insegnanti mi lasciavano degli incarichi, i co-
siddetti “piani secondari”, che stringevo convulsa-
mente per tutto il giorno ino a quando si sgualcivano
come vecchie banconote da un dollaro: quasi tutto
quello che volevano era farmi distribuire delle schede.
Ne ho distribuite a migliaia. Di tutte le schede che ho
distribuito, quelle del liceo erano le peggiori. Nella
mia esperienza, ogni materia di liceo – per quanto me-
ritevole, frizzante e stimolante possa sembrare – viene
iccata nel tritatutto e quello che ne esce è un odioso
pacchetto con una griglia di valutazione sul retro. Sul-
la prima pagina di solito c’è una silza di “obiettivi di
apprendimento” e all’interno, inevitabilmente, un
elenco di termini specialistici da assimilare. Per ingle-
se possono essere narratore inaidabile, o ethos, o
metonimia. È tutta fufa, metaconoscenza. In mate-
matica i ragazzi devono memorizzare termini come
apotema e coordinata cartesiana. In scienze digeri-
scono cose come la meiosi, la cellula iglia e la leva di
terza classe, e l’intero ediicio-giocattolo di termini
che serve ad allontanarli dalla freschezza, dalla sor-
presa e dalla fantastica complessità del mondo per
ofuscarne il cervello con vaghe astrazioni tassonomi-
che. Questo nugolo di parole da dimenticare imme-
diatamente è utile nei megalicei perché mettere alla
prova gli alunni sulla capacità di deinire temporanea-
mente una serie di termini è più facile che parlare con
loro e scoprire se hanno imparato qualcosa di concreto
ed entusiasmante su quello che c’è là fuori.
Ogni insegnamento impone un pedaggio a ciò che
viene insegnato, ma la scuola superiore è straordinaria-
mente eicace nel rendere noiose le cose interessanti.
E allora perché i ragazzi continuano ad andarci? Be’,
una ragione ha a che fare con le leggi sul lavoro minori-
le. A metà dell’ottocento, negli Stati Uniti quasi tutti i
ragazzi smettevano di andare a scuola dopo le medie,
quando avevano imparato a leggere e a fare un po’ di
aritmetica, e si trovavano un lavoro. Lavoravano nelle
fattorie o in tetre fabbriche sataniche. Uno alla volta gli
stati fecero leggi (o cominciarono a far applicare le leggi
esistenti) in base alle quali i giovani dovevano restare a
scuola perché la loro morale non venisse corrotta, per
non languire nell’ignoranza e per non restare incatena-
ti a una vita di dura fatica dall’alba al tramonto e poi
morire di consunzione prima di raggiungere i trent’an-
ni. Così il governo costruì scuole superiori, tantissime,
e il numero di ragazzi che andavano a scuola crebbe, si
moltiplicò, lievitò. Nel 1940 i diplomati erano già cin-
que volte di più rispetto a prima che venissero adottate
le riforme del lavoro. Fu un gigantesco cambiamento
per tutto il paese e richiese disciplina. Squadre di fun-
zionari scansafatiche se ne andavano in giro alla ricerca
di ragazzini che marinavano la scuola e minacciavano i
genitori di multarli o addirittura di spedirli in prigione.
 Che succede se improvvisamente vi ritrovate a

fRAnCESCA GHERMAnDI
scuola milioni di ragazzini che con le vecchie leggi sa-
rebbero andati a lavorare? Dovete assumere più inse-
gnanti e dovete stabilire cosa insegneranno. Ci furono
dibattiti ininiti sulla “alfabetizzazione culturale”, cioè
su quali discipline fossero indispensabili. Tutti quelli
che vanno alle superiori dovrebbero imparare il greco?
E il latino? Magari il cucito? Oppure il ricamo? Il corsi-
vo? Intanto gli istituti diventavano più grandi. La scuola
locale scomparve e al suo posto arrivarono giganteschi
ediici di mattoni alla periferia delle città. James Co-
nant, un presidente di Harvard, negli anni sessanta de-
cise che il liceo ideale doveva avere almeno 750 studen-
ti. Sono un sacco di studenti – un battaglione di studen-
ti, in efetti – ed è qui forse che tutto cominciò ad andare
storto. Le scuole regionali diventarono impianti per la
lavorazione della carne, oppure fabbriche di diverti-
mento che sfornavano esseri umani teoricamente istru-
iti facendoli marciare da una classe all’altra: campanel-
le che suonavano, punizioni che si inasprivano, compi-
ti in classe che si accumulavano. Eppure gli esseri uma-
ni che marciavano da una classe all’altra non venivano
pagati. “Rivedi gli elementi del trascendentalismo
elencati a pagina 369”. Oh, e fallo gratis.
Ogni giorno qualcosa come 16 milioni di liceali si
alzano all’alba, ingurgitano qualche manciata di avena
ancora mezzi addormentati, saltano su un autobus, lano. S’interrompono l’un l’altro in continuazione alla
sobbalzano in giro per la contea, si presentano in classe ricerca di qualche minuscola, succosa caramellina di
e prendono posto su una sedia, deconcentrati, aspet- sorpresa. Sovvertono il sistema. Imparano a mentire in
tando la prima campanella. Anche se non fanno molto modo straordinariamente credibile per evitare i compi-
lavoro accademico, sono isicamente presenti. La loro ti. L’assistente dell’insegnante (a volte ero io) dice: “Sei
frequenza è un bene prezioso, perché se gli studenti preparato?”. Ragazzino: “Certo!”. Assistente: “Hai fat-
non frequentano, insegnanti, consulenti, presidi e le to quel diagramma di lusso sul salto incrociato dei le-
persone che realizzano i libri di testo o i software per le pidotteri?”. Ragazzino: “Certo, l’ho consegnato ieri”.
scuole non hanno più lavoro. Un’industria enorme e Un ragazzo con cui ho parlato sembrava molto intelli-
redditizia è costruita intorno a loro e gli studenti non ci gente, ma prostrato. Gli ho chiesto come sopravviveva
ricavano niente a parte un voto. Si meritano che il loro alle sue giornate. Si è silato le cuiette e ha detto una
tempo non vada sprecato. sola parola: “Musica”.
E invece, come tutti sappiamo, è sprecato. Gli inse- Per trovare la loro strada, i liceali degli Stati Uniti
gnanti passano metà del loro tempo a strillare ino a devono essere in grado di parlare inglese, leggere,
diventare rauchi, e giovani adulti vengono infantilizza- ascoltare e rispettare le opinioni degli altri, padroneg-
ti. La loro esistenza è assurdamente irreggimentata. giare gli elementi basilari della buona educazione e, in
Devono rendere conto di ogni singolo minuto. Passano misura minore, scrivere. È anche utile sapere fare le ad-
da una stanza arroventata all’altra e aspettano che la dizioni e le sottrazioni e calcolare le percentuali, misu-
lezione inisca. Il tempo si ispessisce. Diventa come rare le dimensioni e leggere i graici. Al di là di questi
una caramella gommosa, vischiosa e appiccicosa, e si rudimenti c’è un vasto, splendido, scintillante mucchio
allunga e riarrotola su se stesso con una ripetizione in- di varie conoscenze applicate – scienze naturali, storia,
inita. Martedì è proprio come mercoledì, eccetto che scienza dei materiali, design, musica, manualità arti-
l’orario è rimescolato. Giornate di compiti dopo giorna- stica e l’arte degli afari – e poiché tutto è potenzialmen-
te di compiti. Quando gli studenti si diplomano hanno te interessante, tutto potenzialmente merita di essere
fatto tredici anni di compiti. Quando hanno bisogno di studiato, e discutere sui sottili dettagli del programma
andare in bagno, devono scrivere il loro nome su un standard è una perdita di tempo.
pezzo di carta accanto alla porta. Se si nascondono in Diciamo basta per sempre ai compiti a casa – faccia-
bagno, iniscono nei guai. Spuntano intere gerarchie di molo subito – e diamo più spazio all’inesauribile succes-
punizioni per i trasgressori: gli iPad forniti dalla scuola sione di microlezioni della vita. Saper pagaiare una ca-
vengono ritirati, i genitori sono contattati telefonica- noa, o aggiustare un rubinetto, o gestire un registratore
mente e si comminano giorni di sospensione con obbli- di cassa, o fare un dolce al cafè, o consolare qualcuno
go di frequenza. che è infelice è molto più importante che conoscere il
Quello che rende tutto questo quasi tollerabile sono nome dei sei regni degli organismi viventi o degli strati
proprio i ragazzi. Trovano il modo di renderlo diverten- dell’atmosfera, perino se diventerete un naturalista o
te. Scoprono amici e compagni di cospirazione. Si ribel- un isico. S’impara meglio a pagaiare, aggiustare rubi-

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 93

Pop
netti, gestire registratori di cassa, fare torte e ofrire
solidarietà, come succede per quasi tutte le esperienze
più importanti e memorabili, quando si fanno queste
cose volontariamente, una volta usciti da scuola.
A Emerson la Scuola senza mura sarebbe piaciuta.
Il suo motto, anche se non aveva un motto, avrebbe po-
tuto essere: “Fiducia in se stessi”. Ora che ho passato
un po’ di tempo insegnando in un liceo normale, sono
infinitamente grato a Lew Marks – che è morto nel
2010 – e all’istituzione che creò (e che esiste ancora, tra
parentesi). La scuola ci rispettava e si idava di noi. Era
una sorta di utopia di nessun luogo, un grande, morbi-
do, elastico pacchetto di libertà temporale nel quale
potevamo annoiarci, essere pigri, dormire ino a tardi,
vedere le repliche di Io e i miei tre igli e i talk show del
mattino, guardare fuori dalla inestra e annusare le ten-
de, che avevano un acre odore di polvere, e imparare
una delle più profonde lezioni della vita, e cioè che ogni
educazione è autoeducazione. Nessuno vuole che fac-
ciate niente, perciò qualunque cosa facciate deve venire
da voi stessi. u gc
Israele e il tempo
privatizzato
Suad Amiry
“C
ara Suad, prendi la vip comple-
ta, paghi 150 $ e da Amman
a Gerico NON scendi più
dall’auto… yalla, vieni presto.
Love, Islah”.
Ecco l’sms che ho ricevuto
da una cara amica, che m’incoraggiava ad attraversare
il terribile ponte di Allenby in una canicolare giornata
di luglio. Ero arrivata ad Amman da New York e stavo
tornando a casa a Ramallah. Devo ammettere che la
scoperta di una nuova iniziativa privata tra Israele e
Giordania (non ancora tra Israele e Palestina) era riu-
scita a ridurre la mia ansia per il viaggio.
L’attraversamento del ponte di Allenby, l’unico pun-
to d’ingresso e di uscita per i palestinesi della Cisgior-
dania, è una delle esperienze più esasperanti che ci
siano. Se non altro, Israele meriterebbe un premio per
aver messo a punto, e in pratica, uno dei sistemi di con-
SUAD AMIRY trollo più bizantini di tutti i tempi. Nei posti normali (di
è una scrittrice e certo non in Terra Santa) attraversare un ponte lungo
architetta poco meno di 14 metri – per di più sul corso deviato,
palestinese. Il suo dunque prosciugato, di un inesistente iume Giordano
ultimo libro
– dovrebbe richiedere al massimo due minuti in mac-
pubblicato in Italia è
china e cinque a piedi. Tuttavia la mania securitaria di
Damasco (Feltrinelli
2016). Il titolo
Israele ha ingegnosamente trasformato un transito di
originale di questo due minuti in un viaggio di quattro ore in inverno e di
articolo è The otto durante i torridi mesi estivi. Il viaggio non può che
privatization of the ricordare, tanto ai musulmani quanto agli ebrei, le quat-
israeli occupation. tordici stazioni della via crucis di Gerusalemme.
94 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
I palestinesi della Cisgiordania non possono acce-
dere al vecchio aeroporto di Gerusalemme, a pochi
chilometri da Ramallah, né gli è consentito l’accesso
all’aeroporto di Tel Aviv (questo dal 2000, quando l’al-
lora primo ministro Ariel Sharon dette ordine che nes-
suno dei quattro milioni e mezzo di palestinesi resi-
denti in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza potesse
più servirsi dell’aeroporto di Tel Aviv). Quindi i pale-
stinesi della Cisgiordania come me sono costretti ad
attraversare il ponte di Allenby per raggiungere l’aero-
porto di Amman. Una deviazione così lunga non signi-
ica solo quattro giorni di viaggio in più (e due pernot-
tamenti ad Amman), ma anche un aumento dei costi:
l’attraversamento di questa frontiera fa lievitare la
spesa da 100 a 300 dollari a persona. Adesso, con il
nuovo servizio vip, per chi vuole ridurre a una sola ora
le otto ore di viaggio il costo è di quasi 600 dollari,
l’equivalente di una settimana di vacanza a Cipro. Il
che fa del transito sul ponte di Allenby il passaggio di
frontiera di gran lunga più esoso del pianeta per una
delle popolazioni più povere della Terra.
Rendendosi conto dei profitti che poteva trarre
da questa iniziativa privata, di recente Israele ha can-
cellato tutti i privilegi di viaggio che in passato erano
concessi agli uomini d’afari palestinesi. Ha anche so-
speso il coordinamento Israele-Palestina per la velo-
cizzazione del passaggio dei funzionari palestinesi.
Le nuove disposizioni richiedono che tutti i possessori
di tessere d’identità magnetiche, i funzionari di alto
rango e i disperati palestinesi come me paghino 150
dollari per attraversare il ponte con un minimo di agio
e di dignità. Considerando che, delle 14mila persone
transitate quotidianamente sul ponte durante il mese
di luglio, novecento hanno utilizzato il servizio vip, si
può afermare che i palestinesi come me hanno contri-
buito alla privatizzazione del loro tempo per un valore
di quasi 15 milioni di dollari in un anno. Invece di ren-
dere meno bizantina la logistica e meno disumano il
trattamento riservato a tutte le persone che passano
su quel ponte, Israele ha trasformato questo doloroso,
umiliante e crudele attraversamento in un affare
redditizio.
Avendo sperimentato di persona il servizio vip, non
posso non ammettere che è stato l’attraversamento di
gran lunga più veloce della mia vita. Ma soprattutto si
è trattato del mio incontro più amichevole, superami-
chevole, imbarazzantemente amichevole mai avuto
con gli israeliani, ovunque, nei lunghi decenni che ho
vissuto sotto occupazione. È diicile spiegare il disa-
gio e il malessere che io e mio marito abbiamo provato
a essere trattati da loro con rispetto e umanità. I 150
miracolosi dollari cambiavano le dinamiche tra Israe-
le e Palestina.
Dovrei però aggiungere che, vip o non vip, l’adre-
nalina ha un’impennata e il mio cuore salta più di un
battito quando mi aspetto di afrontare un viaggio nor-
male: passare lunghe ore su un pullman non climatiz-
zato; aspettare nella calura bruciante di luglio un se-
gno divino per procedere alla seconda stazione della
via crucis, salire e scendere dai mezzi, cercare la pro-
pria valigia gettata sprezzantemente sulla strada asfal-

tata che si scioglie al sole, sentire le urla e i gemiti di
esasperazione dei bambini e dei vecchi palestinesi, il
bailamme dei facchini arabi che cercano di farsi allun-
gare una mancia dietro le spalle dei loro boss israelia-
ni. Da ultimo, anche se non per volume, sentire le gri-
da dei soldati israeliani che, nel loro arabo distorto,
danno ordini a ogni palestinese in vista: “La wagha la
wagha” (torna indietro torna indietro), “wakhad wa-
khad bi saf ” (in fila uno alla volta), “hajjeh hajjeh
uskut ta’al houn” (vecchia/vecchio, chiudi il becco e
vieni qui). Ordini in uso non solo sul ponte, ma nei 670
checkpoint che punteggiano la Cisgiordania. Come
dappertutto in Israele, sul ponte di Allenby l’arabo par-
lato e scritto viene massacrato.
Avendo superato le quattordici stazioni in meno di
un’ora a bordo di un’auto da vip con aria condizionata,
ANgELO MONNE
non ho potuto fare a meno di pensare alle 14mila per-
sone che devono aver trascorso l’intera giornata tra-
scinando se stesse, i propri bambini e i propri vecchi da
una tappa all’altra della via crucis. Quanto mi sarebbe
piaciuto poter pagare 150 dollari per ognuno di loro.
Non soltanto per mettere ine all’umiliazione e alla
saga ininita del ponte, ma soprattutto per modiicare,
almeno per la mezz’ora passata sulla parte israeliana
del ponte, la dinamica occupato-occupante che inter-
corre da secoli tra israeliani e palestinesi.
E mi è venuta in mente un’ultima cosa: se Israele si
vanta di gestire 16 milioni di passeggeri che passano
dall’aeroporto di Tel Aviv ogni anno, come mai non è
in grado di gestire un millesimo di quel numero sul
ponte di Allenby? Mi sa che la conclusione possibile è
una sola. u mn

Scuole Tullio De Mauro

Classi fuori di classe

Sorpresa per molti. Theresa May,
dal 13 luglio capo del governo del
Regno Unito, ha dedicato il primo
intervento pubblico non alle più
note questioni politiche, immigra-
zione, brexit, terrorismo. Invece
ha parlato di scuola. Molte volte in
queste note è stato rilevato che le
politiche scolastiche investono
profondamente la vita dei paesi. E
la loro deinizione è compito non
di ministri di settore, ma di capi di
stato e governo. Il caso May non
dovrebbe stupire. E giustamente
se ne è occupato un acuto saggista
e studioso angloindiano di etica
pubblica e politica economica,
Kenan Malik, con un editoriale
ospitato dal New York Times (30
settembre). May ha annunziato un
progetto di potenziamento ed
estensione della grammar school,
la scuola media superiore di taglio
liceale.
Nel complicato arcipelago sco-
lastico britannico le grammar so-
no il canale culturalmente e so-
cialmente privilegiato, grosso mo-
do paragonabili al nostro liceo
classico, mentre le scuole tecni-
che e le modern schools sono canali
di serie B. L’idea di May è che fa-
vorire la licealizzazione riduca la
distanza tra classi sociali. È
un’idea di molta parte delle sini-
stre. Con non banali dati alla ma-
no, Malik obietta: chi appartiene
alle classi svantaggiate, resta di
serie B e non guadagna mobilità e
ascesa sociale attraverso la scuo-
la, salvo rari casi individuali. Non
basta una scuola decente: l’intera
società dovrebbe muoversi nella
direzione dell’uguaglianza socia-
le, se la vuole davvero ottenere. u

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 95

 Scienza
ChIARA DATToLA
Nobel senza donne
Zhai Yun Tan, The Christian Science Monitor, Stati Uniti
Tra il 1901 e il 2015 solo 49
premi Nobel su 870 sono stati
conferiti a donne. La maggior
parte per la pace, la medicina
o la letteratura. Pochissimi per
la isica o la chimica
uando sono stati annunciati i vin-
Q citori del Nobel 2016 per la isica,
su Twitter ha cominciato a circo-
lare l’hashtag #NobelforVeraRu-
bin. L’iniziativa partiva da alcuni scienziati
che si chiedevano perché Vera Rubin,
l’astronoma statunitense che ha avuto un
ruolo cruciale nella scoperta della materia
oscura, non avesse ricevuto il premio nono-
stante l’importanza della sua ricerca e il
fatto che l’ultimo Nobel per la isica a una
donna risale a 53 anni fa.
Tra il 2005 e il 2015 abbiamo fatto qual-
che progresso: le donne che hanno ricevuto
il Nobel sono state quindici, mentre nei de-
cenni precedenti non avevano mai supera-
to la decina. Però, quasi tutte sono state
premiate per la pace, la medicina o la lette-
ratura. Tra il 1901 e il 2015 le donne hanno
ricevuto solo 49 premi Nobel su 870. Come
96 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
dimostrano i dati dell’uicio del censimen-
to statunitense, uno dei motivi è la loro
scarsa presenza nelle cosiddette discipline
stem: scienza, tecnologia, ingegneria e ma-
tematica. Ma perché in questi campi le don-
ne sono così poche?
Secondo alcuni esperti, dipende in parte
dall’ambiente lavorativo e dai pregiudizi di
genere, che scoraggiano le donne a far car-
riera nei settori scientiici e a volte perino a
entrarci. “L’avanzamento è ancora molto
lento e gli attriti sono tanti”, dice Beth
Mitchneck, docente di geograia all’univer-
sità dell’Arizona. “Le donne abbandonano
gli studi o il lavoro a un livello più alto rispet-
to agli uomini e non ottengono cariche ac-
cademiche né ruoli di responsabilità”.
Da uno studio del 2012 emerge che spes-
so isici, chimici e biologi tendono a preferi-
re i giovani scienziati alle colleghe con le
stesse qualiiche, il che può tradursi anche
in più oferte di lavoro e stipendi più alti. Un
altro studio del 2014 rileva che i responsabi-
li degli istituti e dei laboratori più importan-
ti sono meno disposti a formare o assumere
laureate, riferisce Science.
Le molestie sessuali sono un altro pro-
blema per le donne che vogliono fare car-
riera nelle stem, perché per laurearsi o tro-
vare lavoro serve il sostegno dei superiori
(per lo più uomini).
Uno studio pubblicato all’inizio dell’an-
no rivela che, perino quando ce la fanno, le
donne sono relegate a mansioni di routine,
tipo pipettaggio e sequenziamento, mentre
gli uomini si prendono il merito di aver ana-
lizzato i dati e scritto gli articoli.
“L’attività che spesso le ricercatrici fan-
no con gli studenti sono poco apprezzate:
vengono considerate accessorie”, aggiunge
Mitchneck. “Il mio lavoro minuzioso con i
laureandi frutterà incarichi importanti ai
colleghi uomini. La formazione, che è mol-
to onerosa, spesso ricade sulle donne”. Sarà
per via di tutte queste diicoltà che in poche
resistono: negli Stati Uniti la presenza delle
donne nelle discipline stem si riduce pro-
gressivamente nel passaggio dagli studi al
lavoro. In base all’ultimo rapporto dell’ui-
cio del censimento del 2013, gli uomini as-
sunti in ambito stem sono il doppio delle
donne, e quasi una laureata in scienze e in-
gegneria su cinque abbandona, rispetto
all’uno su dieci dei laureati.
Cambiare i luoghi di lavoro
La ricerca più recente però segnala qualche
passo avanti. Da uno studio del 2015 pub-
blicato su Pnas emerge che, malgrado gli
scienziati siano ancora pagati di più e ab-
biano lavori più prestigiosi, il corpo docente
comincia a preferire le donne per le posi-
zioni che avviano alla carriera universitaria
(tenure-track). Come scrive Nature, forse la
scienza “si avvia lentamente verso la parità
dei sessi”. Il problema non è che le donne
non hanno abbastanza talento per afer-
marsi nel settore. Al test nazionale del 2015
sui rudimenti di tecnologia e ingegneria
destinato agli studenti del primo anno delle
superiori, le ragazze hanno surclassato i ra-
gazzi.
Inoltre, la mancanza di una varietà di
punti di vista può essere controproducente,
in quanto incide sull’accuratezza degli
esperimenti. Le ingegnere civili, per esem-
pio, concepiscono in modo diverso il design
dei trasporti perché spesso sono le donne a
occuparsi dell’attività di cura e sono più
consapevoli dei problemi di mobilità di gio-
vani, anziani e disabili. “Le disparità co-
minciano a ridursi”, dice Mitchneck. “Ma i
problemi di fondo, che hanno una matrice
culturale, persistono. Non si tratta di forma-
re donne che somiglino di più agli uomini,
ma di cambiare i luoghi di lavoro perché an-
che le donne possano realizzarsi”. u sdf
SALUTE
Biologia
Dopo

Y. HerMan (reUterS/contraSto)
l’allattamento Il massimo della longevità
Dopo l’allattamento il seno tor-
na alla sua struttura originaria Nature, Regno Unito
grazie a un eicace sistema di
pulizia. nel giro di poco tempo Le persone possono aspirare a vivere
le cellule produttrici di latte al massimo 115 anni. Sarebbe questo IN BREVE
muoiono e vengono mangiate il limite della longevità umana, un Biologia L’analisi degli sbadigli
dalle loro vicine, che si trasfor- valore non modiicabile, legato a di mammiferi diversi ha per-
mano in abili spazzine. alla gui- fattori biologici. In uno studio di tipo messo di legare la lunghezza de-
da ci sarebbe la proteina rac1, gli sbadigli alle dimensioni del
demograico i ricercatori hanno
cruciale anche nella produzio- cervello. Maggiore è il numero
esaminato l’andamento della di neuroni nella corteccia cere-
ne del latte, scrive Develop-
mental Cell. Un gruppo di ri- sopravvivenza dei supercentenari brale, la parte più esterna del
cercatori delle università bri- – persone di 110 anni di età o più – cervello, più lunghi sarebbero
tanniche di Sheield e di Man- usando i dati uiciali raccolti tra il 1968 e il 2006 in gli sbadigli, scrive Biology Let-
chester ha veriicato che le to- Francia, Giappone, regno Unito e Stati Uniti. Hanno ters. Secondo i ricercatori, i pri-
poline senza il gene di rac1 pro- scoperto che negli ultimi decenni la durata massima della mati hanno alcuni degli sbadi-
ducono un latte povero di grassi gli più lunghi tra i mammiferi.
vita è aumentata, ma negli anni novanta ha toccato un
e proteine e alla ine del primo Salute Un meccanismo nervo-
picco. analizzando i dati, hanno visto che l’età più so potrebbe impedire di bere
allattamento sviluppano un’in-
iammazione cronica della avanzata che si può raggiungere è pari in media a 115 anni, troppa acqua. Uno studio che
ghiandola mammaria causata con un massimo per alcuni individui di 125 anni. Questo ha coinvolto venti partecipanti,
dall’accumulo di cellule morte valore dovrebbe rappresentare il massimo raggiungibile scrive Pnas, ha rivelato che
e avanzi di latte. alla gravidan- da un essere umano. Il risultato ottenuto è inatteso, quando non si è più assetati in-
za successiva non sono più in perché grazie all’aumento della vita media sempre più terviene un meccanismo di ini-
grado di allattare. Inducendo la bizione che rende più diicile
persone arrivano ai cent’anni e, con una popolazione più
fagocitosi delle cellule in ecces- ingoiare, proteggendo l’organi-
ampia di centenari, i ricercatori si aspettavano un smo dall’assunzione di volumi
so o morte, rac1 protegge il se-
no da iniammazioni e ne ga- aumento anche della durata massima della vita. Il record eccessivi di luidi.
rantisce il funzionamento a di Jeanne calment, morta nel 1997 a 122 anni, non è stato
lungo termine. Per questo po- ancora superato ed è poco probabile che qualcuno riesca a
trebbe avere un ruolo, ancora farlo, a meno di straordinari progressi medici che AGRARIA
da esplorare, anche nel tumore
del seno.
permettano di aggirare i vincoli biologici. u Un riparo per
i semi di Aleppo
GENETICA Etologia La banca dei semi agricoli Icar-
L’amore innato da di aleppo si sta attrezzando
FInBarr o’reILLY (reUterS/contraSto)

per preservare la sua collezione

per i grassi di 141mila semi, tra cui varietà
antiche di piante delle aree ari-
Una variante genetica porta al- de siriane resistenti al caldo.
cuni individui a preferire gli ali- Metà del patrimonio è già stato
menti grassi più della media messo in sicurezza in un deposi-
delle persone. La stessa varian- to sotterraneo alle Svalbard, in
te riduce la preferenza per i cibi norvegia, che conserva esem-
dolci. La variante, che è abba- plari di semi da tutto il mondo.
stanza rara (si stima sia presen-
te in una persona su mille), agi-
Intuizioni da grandi scimmie Per renderli accessibili agli
scienziati, Icarda sta allestendo
sce su un recettore del cervello, Le scimmie come gli scimpanzé, gli oranghi o i bonobo (nella foto) due succursali in Marocco e in
chiamato Mc4r. La scoperta po- hanno la capacità di intuire i pensieri altrui. Grazie a questa capacità Libano che potranno ospitare i-
trebbe aiutare a capire come il riescono ad anticipare le azioni degli altri, anche quando sono basa- no a un massimo di 60mila se-
cervello orienta il comporta- te su supposizioni sbagliate. Lo mostra un esperimento in cui le mi. nel 2015 un gruppo di scien-
mento delle persone rispetto al scimmie prevedevano dove un altro individuo avrebbe cercato un ziati di Icarda ha ricevuto il pre-
contenuto di grassi di un ali- oggetto, anche se sapevano che il luogo era sbagliato. Finora si pen- mio Mendel per avere difeso la
mento, scrive Nature Com- sava che questa capacità, chiamata teoria della mente, fosse una ca- banca dei semi minacciata dalla
munications. ratteristica esclusivamente umana, scrive Science. guerra in Siria.

Internazionale 1052 | 23 maggio 2014 97

 Il diario della Terra
Ethical living
43,9 °C
Un buon
La Mecca,
Arabia Birmania
Chaba
antropocene
Saudita Giappone
Nicole
India u Bisogna costruire un buon
Matthew Pakistan Taiwan
5,3M Thailandia 5,7M antropocene partendo dal bas-
so, scrive il giornalista Andrew
Revkin sul New York Times.
“Antropocene” è un termine
usato per indicare l’era attuale,
dominata dall’impatto umano
-69,4°C sulla natura. Il punto, secondo
Vostok,
Antartide Nuova
Revkin, è rendere l’influenza
Zelanda umana sull’ambiente positiva.
4,4M Per farlo è necessario modifi-
care il dibattito pubblico sulle
sata dalla scossa e decine di ca- nell’ex capitale birmana. questioni ambientali. Oggi gli
Cj RAwLINS (REUTERS/CONTRASTO)

se sono state danneggiate. Al- interventi per modificare il

tri terremoti sono stati regi- Ippocampi Il governo rapporto tra umanità e am-
strati al largo di Taiwan e in tailandese ha sospeso biente sono introdotti dall’alto,
Nuova Zelanda. temporaneamente le con risultati scarsi. Ma alcuni
esportazioni di ippocampi, ricercatori vogliono cambiare
Cani Le autorità di Rango- noti anche come cavallucci strategia.
Jeremie, Haiti on, in Birmania, hanno lancia- marini, a causa del declino Per esempio, la geografa e
to una campagna di sterilizza- della loro popolazione. La studiosa di ecologia Elena
Cicloni Il bilancio dell’ura- zione dei cani randagi in un Thailandia è il principale Bennett ha pubblicato insieme
gano Matthew è salito ad al- quartiere della parte sud della esportatore degli animali, ai suoi colleghi, su Frontiers
meno mille vittime ad Haiti città. Secondo le stime, più di usati negli acquari e nella in Ecology and the Environ-
(anche se il dato uiciale prov- centomila cani randagi vivono medicina tradizionale cinese. ment, uno studio che racco-
visorio, che considera solo i glie cento iniziative, o “semi”
morti accertati e non tiene di un buon antropocene. Si
conto di altre informazioni tratta di pratiche virtuose, in-
provenienti dalle zone più col- novazioni, esperimenti, già re-
pite, è fermo a 473), altre sei ai alizzati che, se condivisi tra più
Caraibi e 38 nel sudest degli comunità, potrebbero portare
Stati Uniti. u Sette persone so- a un diverso rapporto tra
PATRICk T FALLON (REUTERS/CONTRASTO)

no morte nel passaggio del ti- l’umanità e l’ambiente e a un

fone Chaba sulla Corea del futuro migliore. Le iniziative
Sud. u L’uragano Nicole si è partono sempre dal basso, da
formato nell’oceano Atlantico un luogo reale. Health in har-
occidentale. mony, un’iniziativa indonesia-
na, fornisce cure sanitarie a
Vulcani Il vulcano Aso, nel basso costo o gratuite in cam-
sudovest del Giappone, si è ri- bio dell’impegno nella prote-
svegliato spingendo le autorità zione di un pezzo di foresta lo-
ad alzare il livello d’allerta. Incendi Il cambiamento climatico ha fatto aumentare l’area cale. Il progetto The young far-
L’eruzione è stata deinita vulnerabile agli incendi nell’ovest degli Stati Uniti. Secondo mers, negli Stati Uniti, punta
“esplosiva” per la prima volta uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy invece a mettere in rete i gio-
dal 1980. of Sciences (Pnas), tra il 1984 e il 2015 è aumentato il rischio vani agricoltori, che con l’aiuto
di incendi delle foreste e sono raddoppiati gli ettari bruciati. È di esperti possono superare
Terremoti Un sisma di ma- possibile che il cambiamento climatico contribuisca agli incendi ostacoli comuni in agricoltura.
gnitudo 5,3 sulla scala Richter facendo aumentare le temperature e diminuendo l’umidità del- Finora è stato creato un archi-
è stato registrato al conine tra la vegetazione. I roghi che hanno colpito la California (nella foto vio con 500 di questi progetti,
l’India e il Pakistan. Una per- l’incendio detto Blue cut al Cajon pass) a giugno e a luglio hanno disponibile online all’indirizzo
sona è morta in una frana cau- costretto quasi 90mila persone ad abbandonare le loro case. goodanthropocenes.net.

98 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

 Il pianeta visto dallo spazio 04.10.2016
Il passaggio sui Caraibi dell’uragano Matthew
Nord
200 km
eARTHobSeRvAToRy/NASA
u Il 4 ottobre 2016 l’uragano di
categoria 4 Matthew si è abbat-
tuto sul sudovest di Haiti con
una violenza che il paese carai-
bico non conosceva da più di
cinquant’anni. Poche ore dopo,
quando lo spettroradiometro
modis a bordo del satellite Terra
ha scattato la foto qui sopra, i
venti soiavano a circa 230 chi-
lometri orari. Sempre il 4 otto-
bre, i dati delle temperature rac-
colti da Modis a bordo del satel-
lite Aqua rivelavano che alla
sommità delle nubi intorno
all’uragano c’erano 57 gradi sot-
tozero. Le nubi molto fredde
causano intensa piovosità. Il Na-
tional hurricane center statuni-
tense ha registrato tra i 380 e i
Tempeste e intensità degli uragani sulla scala Sair-Simpson
Tempesta tropicale 1 2
500 millimetri di pioggia sul sud
di Haiti e sul sudovest della Re-
pubblica Dominicana. Da quan-
do è stato classiicato come ura-
gano, il 29 settembre, Matthew
ha attraversato i Caraibi da sud
a nord, colpendo la Colombia, la
Haiti Repubblica Dominicana
3 4 5 ca che i suoi venti hanno soiato
Giamaica, la Repubblica Domi-
nicana (almeno quattro morti),
Cuba, le bahamas e soprattutto
Haiti dove sono morte almeno
mille persone e decine di mi-
gliaia hanno perso la casa. Si è
poi spostato sulla costa atlantica
Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
della Florida per proseguire a
nord al largo della Georgia, do-
ve ha provocato diverse alluvio-
ni. Negli Stati Uniti il bilancio
delle vittime è di 38 morti.
Da quando sono cominciate
le misurazioni una cinquantina
d’anni fa, Matthew è l’uragano
atlantico del mese di ottobre che
ha mantenuto più a lungo un’in-
tensità di categoria 4 o 5. Signii-
ad almeno duecento chilometri
orari per più di quattro giorni
consecutivi. Un’intensità insoli-
ta per ottobre, perché normal-
mente le temperature dell’acqua
del mare sono più basse e non
favoriscono la formazione di
forti cicloni.–Nasa/Cnn
99
 Economia e lavoro
PHIL NObLE (REUTERS/CONTRASTO)
Il crollo improvviso
della sterlina
Björn Finke, Süddeutsche Zeitung, Germania
Il 7 ottobre la moneta britannica
ha perso il 6 per cento sui
mercati asiatici in due minuti.
Forse per l’errore di un
operatore. Ma la valuta è in calo
da tempo a causa della brexit
li orologi della borsa di Singa-
G pore, il più importante merca-
to monetario dell’Asia, segna-
vano le 7.07 del mattino quan-
do è cominciato il crollo. Il 7 ottobre,
all’apertura delle borse asiatiche, il valore
della sterlina ha cominciato a cadere in
picchiata. Nel giro di due minuti il tasso di
cambio con il dollaro è passato da 1,26 a
1,18, un calo superiore al 6 per cento. Più
tardi la quotazione è risalita, ma non abba-
stanza per recuperare la perdita del matti-
no. Gli operatori di borsa parlano di lash
crash, caduta lampo, quando il valore di
una moneta precipita all’improvviso. Il più
famoso lash crash è quello del 6 maggio
2010, quando il dollaro perse in pochi mi-
nuti quasi il 10 per cento del suo valore a
causa di un software manipolato da uno
speculatore di Londra.
100 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016
Ora diverse teorie provano a spiegare il
crollo del 7 ottobre. Forse è stato un agente
di borsa o forse la colpa è dei programmi di
trading automatici. In ogni caso l’incidente
mostra il nervosismo dei mercati inanziari
per la sterlina. La moneta britannica aveva
cominciato a perdere valore già lunedì 3 ot-
tobre dopo il discorso tenuto nel ine setti-
mana da Theresa May: la prima ministra
britannica ha annunciato che le trattative
per la brexit, l’uscita del Regno Unito
dall’Unione europea, cominceranno nel
marzo del 2017. Se in futuro Londra non
dovesse più far parte del mercato comune
europeo, per le aziende e le banche britan-
niche diventerebbe più diicile fare afari
oltremanica. È questo che ha spaventato gli
investitori, innescando il crollo della mo-
neta. La ministra degli interni Amber Rudd
ha poi rincarato la dose dichiarando che per
le aziende britanniche diventerà più diici-
le ottenere i visti per i lavoratori stranieri,
contribuendo ad aggravare l’incertezza dei
mercati. Il 4 ottobre la moneta ha toccato il
minimo degli ultimi 31 anni. Secondo Ste-
phanie Flanders, della Jp Morgan Assett
Management, il crollo è il risultato del di-
sincanto degli investitori: “Alcuni di loro
erano convinti che la brexit sarebbe arriva-
ta solo in un secondo momento o che non ci
sarebbe stata afatto, e in ogni caso che non
avrebbe avuto effetti significativi sulle
aziende britanniche”. May e Rudd hanno
spazzato via queste speranze.
Il lash crash del 7 ottobre potrebbe esse-
re opera di un fat inger, cioè di un operatore
che ha fatto un errore di digitazione nei ter-
minali. Inserendo un numero sbagliato,
qualcuno potrebbe aver emesso un ordine
di vendita di sterline più grande del dovuto.
Sono cose che succedono: due anni fa un
agente di borsa ordinò per sbaglio l’acqui-
sto di azioni giapponesi per un valore di 617
miliardi di dollari. L’operazione fu bloccata
in tempo. C’è anche chi sostiene che il crol-
lo sia stato provocato dai programmi di tra-
ding automatico, che reagiscono subito alle
notizie appena pubblicate emettendo ordi-
ni di vendita o di acquisto. Il crash, per
esempio, è arrivato dopo che il sito del Fi-
nancial Times aveva pubblicato un articolo
in cui si diceva che il presidente francese
François Hollande era per la linea dura nel-
le trattative sulla brexit.
Al momento del crollo i mercati inan-
ziari mondiali erano tranquilli. A New York
era già cominciato il ine settimana, in Eu-
ropa era notte fonda e in Asia era mattina
presto. Con pochi compratori disponibili le
transazioni sulla sterlina erano limitate. In
una situazione del genere un ordine di ven-
dita più grande del solito può esercitare una
forte inluenza. Se la quotazione comincia
a scendere, scatena altre vendite. Molti in-
vestitori hanno emesso ordini per limitare
le perdite prima che la moneta scendesse
ancora. In questo caso, però, potrebbero
aver contribuito all’ulteriore crollo. u nv
Da sapere
Caduta lampo
Il valore di una sterlina in dollari statunitensi.
Fonte: Süddeutsche Zeitung
1,28
1,26
1,24
1,2387
1,22
1,20
1,18
1,1821
0
5 ottobre 6 ottobre 7 ottobre
BANCHE
Nobel COREA DEL SUD
Deutsche Bank Samsung
ancora in bilico nei guai
Il 10 ottobre il valore delle azio- L’11 ottobre la Samsung ha deci-
ni della Deutsche Bank, la prin- so di interrompere la produzio-
cipale banca tedesca, è sceso di ne del suo ultimo smartphone, il
nuovo, raggiungendo i 12,09 Galaxy Note 7. La decisione è
MARy SChwALM (ReUTeRS/CoNTRASTo)

euro. Il calo segue la ripresa re- dovuta ai problemi di surriscal-

gistrata la settimana preceden- damento della batteria, che in
te e il crollo della ine di settem- alcuni casi hanno provocato l’in-
bre, quando il titolo aveva toc- cendio del dispositivo. A set-
cato il minimo storico dei dieci tembre l’azienda sudcoreana
euro. Come spiega Le Monde, aveva già ritirato dal mercato 2,5
il nuovo deprezzamento è do- milioni di Galaxy Note 7. “Il
vuto al fatto che sono tramonta- blocco della produzione”, spie-
te le speranze in un rapido ac- ga la Süddeutsche Zeitung,
cordo tra l’istituto e le autorità “potrebbe costare alla Samsung
statunitensi, che chiedono 14 L’importanza dei contratti ino a un miliardo di euro. Un
miliardi di dollari per le irrego- peso sostenibile per un’azienda
Il 10 ottobre il britannico oliver hart (nella foto), docente dell’uni-
larità commesse dalla che ha liquidità per 21 miliardi di
versità di harvard, e il inlandese Bengt holmström, del Massachu-
Deutsche Bank sul mercato sta- euro e che ha appena annuncia-
setts institute of technology (Mit), hanno ricevuto il premio Nobel
tunitense dei mutui ipotecari, to un utile trimestrale di 6,2 mi-
per l’economia. I due studiosi, spiega il Financial Times, sono sta-
all’origine della crisi inanziaria liardi. Tuttavia, se l’incidente
ti premiati per le loro ricerche sui contratti in campo economico, da
del 2008. All’inizio di ottobre del Galaxy Note 7 facesse crolla-
quelli assicurativi a quelli che regolano gli stipendi dei manager.
era circolata con insistenza la re le vendite di tutti gli smart-
voce di un accordo imminente phone della Samsung, l’even-
su una cifra di poco superiore ai tuale crisi del gruppo potrebbe
cinque miliardi, che avrebbe Grecia provocare seri danni all’intera
permesso alla banca di evitare economia sudcoreana, visto che
l’insolvenza. A questo punto, Sbloccati nuovi aiuti l’azienda contribuisce a un quin-
scrive il quotidiano francese, to del pil nazionale”.
escludendo un possibile inter-
vento dello stato, “si aprono Naftemporikì, Grecia
nuovi scenari. Il salvataggio
della Deutsche Bank potrebbe Il 10 ottobre i ministri delle inanze
essere realizzato attraverso dell’eurozona hanno sbloccato una
l’iniziativa di alcuni grandi tranche di aiuti per la Grecia da 1,1,
eD JoNeS (AFP/GeTTy IMAGeS)

gruppi industriali tedeschi. miliardi di euro dopo che Atene ha

Un’altra soluzione potrebbe es-
realizzato delle riforme – tra cui
sere la vendita del ramo azien-
dale dedicato agli investimenti.
quelle del settore energetico e delle
Inine si parla di un possibile in- pensioni – poste come condizione
teressamento da parte del fon- per l’erogazione dei soldi. Altri 1,7
do sovrano del Qatar”. Ma con- miliardi di euro arriveranno entro
tro l’insolvenza la Deutsche novembre. Non è ancora chiaro però, scrive il quotidiano
Bank “non è sola”, aggiunge economico Naftemporikì, se il Fondo monetario IN BREVE
l’Economist. “Soprattutto Tecnologia I governi del G7, i
internazionale (Fmi) parteciperà al pacchetto di aiuti da
nell’eurozona, dove sofrono sette paesi più industrializzati
sia le grandi banche sia quelle 86 miliardi stanziato per la Grecia nel 2015. La direttrice del mondo (Stati Uniti, Giappo-
piccole. Il rallentamento dell’istituto, Christine Lagarde, ha detto che l’Fmi non ne, Francia, Germania, Regno
dell’economia e i tassi bassi darà la sua tranche se prima non sarà tagliato il debito Unito, Italia e Canada), hanno
hanno ridotto i margini di gua- pubblico greco. Le ha risposto il ministro delle inanze raggiunto un accordo per rafor-
dagno per gli istituti di credito”. tedesco wolfgang Schäuble, sottolineando che il taglio è zare la sicurezza informatica del
A questo, però, va aggiunto che stato già applicato con il prolungamento della scadenza settore inanziario. L’intesa, che
le banche europee “hanno fatto non è obbligatoria per le azien-
poco per raforzare il capitale in
dei prestiti e la riduzione del tasso d’interesse. Lagarde, de, è una risposta all’aumento
passato, quando registravano però, sostiene che quando il debito pubblico di un paese è degli attacchi informatici contro
grandi proitti, distribuiti quasi pari al 176 per cento del suo pil e rischia di arrivare al 310 istituzioni inanziarie pubbliche
tutti agli azionisti”. per cento, o si taglia il debito o il paese crolla. ◆ e private.

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 101

Strisce

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 103

Annunci

104 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016

 L’oroscopo

Rob Brezsny
COMPITI PER TUTTI
La felicità è una creatura sfuggente che prima
di essere catturata deve essere inseguita
attraverso i boschi. Qual è il tuo piano per
darle la caccia?

BILANCIA a un frammento di roccia che CAPRICORNO

La maggior parte di noi non può farsi il solletico da sola. all’inizio sembra caduto dal cielo È il momento ideale per
Visto che abbiamo il controllo cosciente delle nostre (vero meteorite), ma alla ine si ri- avviare o perfezionare un
vela di origine terrestre. Ho il so- progetto che genererà verità, bel-
dita, sappiamo che possiamo fermarci in qualsiasi
spetto che in questo momento lezza e giustizia. La cosa sorpren-
momento. Senza l’elemento dell’incertezza, il rilesso non scatta. nella tua vita ci sia l’equivalente dente è che questo è un ottimo
Ma forse nelle prossime settimane potresti essere metaforico di un into meteorite. momento anche per avviare e
temporaneamente esente da questa regola. Te lo dico perché i La fonte di un nuovo arrivo o di perfezionare un piano a lungo
presagi astrali fanno pensare che avrai una straordinaria capacità un’inluenza recente non è quella termine che ti renderà sano, ricco
di sorprendere te stessa. Proverai regolarmente nuovi impulsi. La che sembrava all’inizio. Ma que- e saggio. È solo una coincidenza?
tua specialità sarà essere imprevedibile e spontanea. Divertiti a sto non è necessariamente un pro- Io direi di no. I presagi astrali fan-
fare quello che di solito non fai. blema. Anzi, quando avrai indivi- no pensare che il tuo desiderio di
duato la sua vera natura, probabil- metterti nobilmente al servizio
mente sarà utile e interessante. degli altri si combini bene con
ARIETE giorno per i prossimi sette giorni e quello di conseguire un successo
Da uno studio pubblicato ogni volta immagina che l’aiutante SCORPIONE personale. Per il prossimo futuro,
sulla rivista Communica- migliori la tua vita in un modo spe- Durante le ultime dieci set- i tuoi obiettivi altruistici saranno
tions Research è emerso che solo il ciico. Prevedo che con questo timane del 2016 la tua salu- perfettamente allineati con quelli
28 per cento di noi si rende conto esperimento attirerai un aiuto con- te isica e mentale iorirà in modo egoistici.
che qualcuno ci sta facendo delle creto nella vita reale. direttamente proporzionale al nu-
avance. Spero che questo non val- mero di cose inutili e consunte ACQUARIO
ga per te nelle prossime settimane, CANCRO che eliminerai dalla tua vita da ora Dal 25 settembre il tuo
Ariete. Secondo la mia analisi della Nuove regole. 1) È inimma- al 25 ottobre. Ecco cosa potresti mondo è cresciuto almeno
situazione astrale, riceverai più ri- ginabile e impossibile che tu fare. 1) Celebrare un rito casalingo del 20 per cento? La tua generosi-
chieste e lusinghe del solito. Anche sia ossessionato da qualcuno o da che ti permetterà di liberarti ma- tà è aumentata ino a raggiungere
la percentuale di quelle che varrà qualcosa che non va bene per te. 2) gicamente di almeno metà dei dimensioni eroiche? Sei pervaso
la pena di prendere in considera- È inimmaginabile e impossibile tuoi sensi di colpa, rimorsi e rim- dal desiderio di concedere perdo-
zione sarà più alta del solito. Ma che tu metta in pericolo la tua sta- pianti. 2) Metterti un cappellino ni e amnistie? Se non hai risposto
non tutte saranno esplicite. Perciò bilità cedendo a una paura immo- da festa, raccogliere tutte le cian- sì almeno a due di queste doman-
presta particolare attenzione. tivata. 3) È immaginabile e possibi- frusaglie inutili che hai in casa e de, Acquario, signiica che non
le che ti torni in mente la cosa più portarle a un negozio dell’usato o sei in perfetta armonia con il tuo
TORO importante che hai dimenticato. 4) a una discarica. 3) Impegnarti a miglior destino possibile. Perciò
Socrate fu uno dei fondatori È immaginabile e possibile che tu fare tutto quello che è in tuo pote- datti da fare. Entra in sintonia
della ilosoia occidentale e sostituisca la tua debilitante auto- re per liberarti di un’inluenza ne- con le tendenze cosmiche! Se in-
del pensiero critico in generale. compassione con un amore e una gativa. vece stai già vedendo i risultati
Ma anche lui si aidava ai sogni sana cura per te stesso che ti rida- positivi a cui ho accennato, con-
per ottenere informazioni impor- ranno vigore. 5) È immaginabile e SAGITTARIO gratulazioni. Preparati a ulteriori
tanti. Era stato iniziato ai misteri possibile che tu scopra una nuova Il monaco buddista Mat- espansioni e liberazioni.
esoterici dalla sacerdotessa Dioti- miniera di forza emotiva. thieu Ricard ha accettato
ma e aveva un rapporto molto inti- di sottoporsi a una scansione ce- PESCI
mo con un daimon, o spirito divi- LEONE rebrale mentre meditava. L’espe- Alcuni astrologi tendono a
no. Ti propongo di fare di Socrate il È tempo di luttuazioni, rimento ha rivelato che nel suo sottolineare le fobie della
tuo santo patrono per le prossime vortici e spirali. È tempo di cervello c’era un turbinio di emo- tua tribù. Danno per scontato che
tre settimane. Senza rinunciare al- ondeggiamenti e oscillazioni, di zioni positive. In seguito, varie ri- voi Pesci siate perversamente at-
la logica, sforzati giocosamente di lussi, iotti, volteggi e giochi di viste e giornali hanno deinito Ri- tratti dalla paura e che siate di-
ricavare indizi utili anche da fonti destrezza. Quindi spero che tu card “la persona più felice del pendenti dalle forti sensazioni
non razionali. non ceda al vano desiderio di pro- mondo”. Ma visto che non è un che vi provoca. Nel tentativo di
cedere in linea retta sulla base di egocentrico, lui non è molto con- correggere questa visione distor-
GEMELLI prove concrete. Se la tua strada tento di quel titolo. Spero che non ta di voi, e in conformità con i
Esperimento dell’aiutante, non è tortuosa e diicile, probabil- avrai una reazione simile se ti dico presagi astrali, dichiaro che le
parte prima: chiudi gli occhi mente non è quella giusta. Se il che nelle prossime due settimane prossime settimane saranno l’età
ILLUSTRAZIONI DI FRANCESCA GHERMANDI

e immagina di avere vicino un aiu- tuo cuore non è tentato di rinun- voi Sagittari sarete la tribù più feli- dell’oro della vostra iducia nella
internazionale.it/oroscopo

tante gentile e attento, una perso-
na, un animale, uno spirito ance-
strale o un angelo che già conosci
bene o che ancora non hai incon-
trato. Dedica almeno cinque mi-
nuti a visualizzare una scena in cui
questo alleato ti aiuta a raggiunge-
re un particolare obiettivo. Esperi-
mento dell’aiutante, parte secon-
da: ripeti questo esercizio ogni
ciare alle soluzioni sicure, forse si
è indurito troppo. Abbandonati
all’improvvisazione e alla curiosi-
tà. Diventa un probo giocatore di
giochi imprevedibili.
VERGINE
Alcuni astronomi usano
scherzosamente l’espres-
sione “into meteorite” per riferirsi
ce dello zodiaco. Se vuoi esserlo
ancora di più, ti consiglio di rilet-
tere su quello che secondo Ricard
serve per essere felici: “Altruismo
e compassione, libertà interiore
(per non essere schiavi dei propri
pensieri), un senso di serenità e di
soddisfazione, resilienza, una
mente chiara ed equilibrata che
non distorce troppo la realtà”.
vita. Saranno il periodo ideale per
esultare di tutto quello che vi pro-
voca entusiasmo e gioia. Ti consi-
glio di fare una lista di queste me-
raviglie e di continuare ad ag-
giungerne di nuove ogni giorno.
Un altro modo per celebrare que-
sto momento è cercare e scoprire
fonti nuove e sconosciute di en-
tusiasmo e di gioia.

Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016 105

 L’ultima
CHAPPATTE, THE INTERNATIONAL NEW YORK TIMES

ANDEEL, MADA MASR, EGITTO

“Un’altra cosa signore: ci sarebbe qui fuori una grande nazione,
con una storia di settemila anni e più, che chiede di incontrarla”.
CLEMENT, NATIONAL POST, CANADA

Il presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi: “Non ora. Ditele

che sto combattendo il terrorismo o qualcosa del genere”.

Vladimir Putin a Bashar al Assad: “Un giorno

tutto questo sarà tuo”.
MÉNÉGOL, FRANCIA

CHENEY

Inaugurata in un ospedale francese la prima stanza in cui “È mezzo vuoto”. “È mezzo pieno”. “Perché diamine
iniettarsi droghe pesanti sotto controllo medico. non c’è un sottobicchiere?”.

Le regole Flirtare via sms

1 Se mandi una foto nudo, pixela la faccia o pixela i genitali. Ma non pixelare la ciccia. 2 L’espressione
“mmh” può voler dire molte cose: contestualizzala. 3 I messaggi vocali ammazzano l’atmosfera. 4 Se il
numero di emoji supera quello delle parole, sei troppo emotivo. 5 Qualunque cosa scrivi, fai in modo di
non dovertene vergognare al prossimo incontro di persona. regole@internazionale.it

106 Internazionale 1175 | 14 ottobre 2016