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Introduzione
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all'epigrafia ·
semitica
Paideia Editrice
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d1 Femc1, Aramei, Ebrei, NQrdarabL, ·---··-··----, - -- -,. .
svo 04 € 49,70
ISBN 88.394.0716.2
Dello stesso autore nelle edizioni Paideia:
Cantico dei cantici
Introduzione alle lingue semitiche (con O. Durand)
Introduzione
ali' epigrafia semitica
Paideia
Tutti i diritti sono riservati
© Paideia Editrice, Brescia 2006 ISBN 88.3 94.07 1 6 . 2
a Paolo
mio caro sostegno
Figure, tavole e carte geografiche nel testo sono opera di Maria Teresa Francisi,
alla quale autore ed editore manifestano la più viva gratitudine per l'impegno e
la perizia profusi in un lavoro spesso non semplice.
Indice del volume
9
Indice del volume
38 5 Indice analitico
406 Indice degli autori moderni
41 1 Indice delle figure nel testo
416 Indice delle tavole
417 Indice delle carte geografiche
Elenco delle sigle
II
Elenco delle sigle
12
Elenco delle sigle
TA Tel Aviv
UF Ugarit-Forschungen
VT Vetus Testamentum
WZKM Wiener Zeitschrift fiir die Kunde des Morgenlandes
ZAh Zeitschrift fiir Althebraistik
ZAL Zeitschrift fiir arabische Linguistik
Z ÀS Zeitschrift fiir agyptische Sprache und Altertumskunde
ZDPV Zeitschrift des Deutschen Palastina-Vereins
1. L'epigrafia semitica
degli Aramei, dei Punici, ecc.» (p. 1 44). La chiara definizione dello Szny
cer è il risultato di più di un secolo di studi praticati nell'ambito del
l'epigrafia semitica e precisa il campo già delineato dal Lidzbarski per il
versante settentrionale della disciplina (è significativa la ripresa del ter
mine «nordsemitico» ); al materiale epigrafico ricordato espressamente,
che si colloca in gran parte nel I millennio a.C., viene poi affiancato quel
lo del II millennio a.C. (iscrizioni «protocananaiche», protosinaitiche,
ecc.), indispensabile specialmente per lo studio delle origini della scrittu
ra consonantica, che ha sempre rappresentato uno degli argomenti più
cari all'epigrafia semitica. L'esclusione del materiale ugaritico data per
scontata e la mancanza di qualsiasi accenno ad una «epigrafia sudsemi
tica» fanno supporre che il criterio che ha guidato l'epigrafista di Parigi
nella sua riflessione metodologica sia stato quello paleografico: l'epigra
fia nordsemitica è quella che si occupa delle iscrizioni redatte nella scrit
tura fenicia e in quelle da essa direttamente derivate; le iscrizioni che
presentano scritture come la nordarabica, la sudarabica e quella etiopica
antica (consonantica) saranno perciò l'oggetto dell'epigrafia sudsemitica.
In questo dibattito metodologico è intervenuto nel 1 977 lo scrivente
che, sottolineando il carattere di scienza storica dell'epigrafia semitica,
questa trova in tale sua natura il senso del suo progressivo definirsi. 1 «Ad
onta del suo nome, l'epigrafia semitica è una scienza che non ha nulla (o
ha ben poco) a che vedere con le vere discipline epigrafiche, come l'epi
grafia greca, l'epigrafia latina o l'epigrafia islamica. Di fatto, lo studioso
di epigrafia semitica è sempre uno specialista che si occupa del Vicino
Oriente antico, di volta in volta nella veste di linguista, di storico, di
storico delle religioni. È solo la natura della documentazione ... che co
stringe lo studioso della civiltà dei Fenici, degli Aramei, degli antichi
Arabi e delle popolazioni sudarabiche a occuparsi prevalentemente o
esclusivamente di iscrizioni . È questa sua intima natura di scienza sto
..
s0t1l'l'llPl' dc tcxtcs sémitiqucs et alphabétiques, mais gravés sur l ' argile en signes cunéi
lorllll'S• (p. 612).
L'epigrafia semitica
20
L 'epigrafia semitica
gia romanza», potremmo chiamare «filologia semitica occidentale»; in tal caso la disci
plina dovrebbe però estendersi a comprendere anche il materiale ugaritico.
2. Le scoperte e gli studi
LE ORIGINI
PP· 3o-46.
Le scoperte e gli studi
23
Le scoperte e gli studi
1 M.V. David, En marge du Mémoire de l'Abbé Barthélemy sur !es inscriptions phénicien
nes (1758), in CRAI 1961, pp. 30-40 (cf. anche Studia Semitica... ]oanni Bakos dicata,
Bratislava 1965, pp. 8 1 -94); A. Dupont- Sommer ]ean-]acques Barthélemy et l'ancienne
,
una bilingue latino-punica da Leptis Magna pubblicato negli Atti dell'Accademia delle
Scienze di Torino 1 0 1 ( 1 966- 1 967), pp. 396-397.
Le scoperte e gli studi
degna; il Lanci pubblicò anche, nel l 8 27, i primi papiri aramaici d'Egit
to noti in Europa. Fra tutti emerge di gran lunga il grande semitista te
desco Wilhelm Gesenius ( l 786- l 842 ), col suo fondamentale lavoro Scrip
turae linguaeque Phoeniciae monumenta quotquot supersunt (Lipsia
1 8 37). In quattro libri, l'opera del Gesenius tratta la paleografia, le iscri
zioni, le monete e la lingua dei Fenici, adducendo per quest'ultima un'ot
tima raccolta di testimonianze antiche. 1 Allo stesso studioso si deve an -
che il primo e quasi completamente riuscito tentativo di decifrazione del
le iscrizioni sudarabiche (Vber die himjaritische Sprache und Schrift und
Entzifferung der letzteren, Halle 1 84 1 ). Con questo lavoro possiamo
considerare terminato il periodo delle origini per l'epigrafia semitica.
r Cf. O. Eissfeldt, Van den Anfdngen der phonizischen Epigraphik nach einem bisher un
vcriifji:ntlichtcn Brief van Wilhelm Gesenius, Halle (Saale) 1 9 5 8 (lettera a E.G. Schultz;
il Lesto inglese di questo scritto, nato come conferenza, è pubblicato in PEQ 79 [ 1 947],
pp. 68-86).
, CL S.H. Horn, The Discovery of the Moabite Stone, in The Word of the Lord Shall Go
forth. Fssays in Honor of D. N. Freedman, Winona Lakc 1 98 3, pp. 497- 505.
\
Le scoperte e gli studi
alla realtà, redatto parte in ebraico e parte (la maggiore) nell'arabo di Sana con scrittura
ebraica da f::labshush, l'ebreo yemenita che fece da guida e da aiutante allo studioso fran
cese. Il racconto fu scritto molti anni dopo il viaggio dello Halévy, su consiglio di E. Gla
ser, come dichiara apertamente f::labshush. Di tale opera esistono una versione in ebrai
co moderno, con ampio commento e dettagliato riassunto in inglese, ad opera di S.D.
Goitein che la pubblicò a Gerusalemme nel 1941, e una versione italiana (f::l. f::labshush,
Immagine dello Yemen, a cura di G. Moscati Steindler, Napoli 1 976).
2 Sulle spedizioni yemenite di questo studioso si veda W.W. Miiller, Der bohmische
Siidarabienreisende Eduard Glaser (1855-1908) und seine Bedeutung fiir die Erfor
schung des antiken ]emen, in Schriften der Sudetendeutschen Akademie der Wissenschaf
ten und Kiinste (Geisteswiss. Kl.) 23, Miinchen 2002, pp. 1 9 5 -220.
Le scoperte e gli studi
piche, dopo quella di Ezana, furono copiate sullo scorcio del secolo da
C. Conti Rossini.
I primi quindici anni del xx secolo videro l'intensificarsi delle ricer
che avviate nei decenni precedenti, con spedizioni scientifiche special
mente nella penisola araba. Nel 190 5 W.M. Flinders Petrie scopriva a
Serabit el-Khadim (Sinai) alcune iscrizioni, risalenti a circa la metà del II
millennio a.C.; queste, chiamate «protosinaitiche» per distinguerle da quel
le sinaitiche di tipo nabateo, già ricordate, furono pubblicate nel 1906; al
tre ne furono trovate negli anni 1927 e seguenti. Una spedizione america
na in Siria nel 1904, 1905 e 1909 raccolse ricco materiale epigrafico naba
teo, siriaco e nordarabico, che fu alcuni anni dopo pubblicato da E. Litt
mann. Nel 1906 fu intrapresa la prima di tre campagne di scavo nell'isola
di Elefantina sul Nilo allo scopo di arricchire la raccolta di papiri ara
maici che negli anni precedenti erano apparsi nel commercio antiquario
(E. Mayer, Der Papyrusfund van Elephantine, Lipsia 1 9 1 2). Nello stesso
anno una grande spedizione tedesca, diretta da E. Littmann e D. Krenk
ker, si recava sulla costa africana orientale, dove scopriva importanti re
sti architettonici e documenti epigrafici relativi alla colonizzazione sud
arabica e al regno paleoetiopico di Aksum (Deutsche Aksum-Expedition
1-1v, Berlino 19 1 3 ). L'ultima delle grandi ricognizioni anteriori alla
prima guerra mondiale fu quella condotta dai domenicani J .A. J aussen e
R. Savignac nel 1907 e 1 909- 1 9 1 o nell'Arabia centrale e settentrionale; la
serie di viaggi fruttò quasi 1 800 iscrizioni nabatee, minee, lihyanitiche e
specialmente tamudene (Jaussen-Savignac, Mission archéologique en
Arabie, Parigi, 1 1909; II 1 9 1 4 con un supplemento nel 1920; III 1922).
Oltre a queste spedizioni epigrafiche, che riportarono ingente nuovo
materiale, non mancarono ritrovamenti di singole iscrizioni di notevole
importanza. Nel 1907 H. Pognon pubblicava il suo volume lnscriptions
sémitiques de la Syrie, de la Mésopotamie et de la région de Mossoul (Pa
rigi 1907), che conteneva tra l'altro l'iscrizione aramaica di Zakur che,
datata tra la fine del rx e l'inizio dell'vm sec. a.C., costituiva per allora
la più antica testimonianza dell'aramaico. Nel 1908 veniva trovata a Ge
i'.er, in Palestina, un'iscrizione, datata al x secolo a.C. e redatta in un dia
letto cananaico arcaico (si tratta del cosiddetto «calendario di Gezer» ).
Nello stesso anno veniva pubblicata una bilingue (brevissima) greco
minea rinvenuta a Delo. Due anni più tardi un'altra località palestinese,
identificata con l'antica Samaria, restituiva una serie di ostraka con bre
vi iscrizioni di carattere amministrativo (bollette di accompagnamento).
Il grande aumento di materiale che si verificò nella seconda metà del
l'Ottocento fu insieme causa ed effetto di un fervore di studi e di ricer-
Le scoperte e gli studi
che che trovavano un clima assai propizio in quell'età che vide il trionfo
della filologia e della scienza positiva. L'esempio dei grandi filologi ed
epigrafisti germanici che operavano nell'ambito della cultura classica fu
seguito dalla Francia, la nazione che le vicende politiche del tempo por
tarono a più diretto contatto con alcune delle zone di provenienza delle
epigrafi semitiche. Non fu certo un caso che in Francia venne concepito
il Corpus inscriptionum Semiticarum (promosso nel 1 867 da Ernest Re
nan nell'ambito dell'Académie des Inscriptions et Belles-Lettres che ne af
fidò a lui la direzione) ' e che francese fu il gruppo più cospicuo di epi
grafisti semitisti: accanto al Renan ( 1 8 2 3 - 1 892), il più famoso, anche se
non il più assiduo, vanno ricordati A.C. Judas, M. de Vogiié, Ph. Ber
ger e specialmente Ch. Clermont-Ganneau ( 1 846- 1 923) per l'epigrafia
semitica settentrionale, F. Fresnel e H. Derenbourg per quella meridio
nale, F. Lenormant, J. Derenbourg e J. Halévy per entrambe. Meno mas
siccio fu l'apporto tedesco, con H. Ewald, O. Blau, J. Euting, F. Hom
mel e J.H. Mordtmann (quasi tutti parimenti esperti di epigrafi setten
trionali e meridionali), mentre in Austria erano particolarmente coltiva
ti gli studi di epigrafia semitica meridionale (E. Glaser, D.H. Miiller);
qualche interesse fu destato in Inghilterra dal settore sudarabico (W.F.
Prideaux, C.M. Doughty), mentre gli italiani si limitarono quasi esclusi
vamente al settore fenicio-punico: C. Cavedoni, R. Garrucci (i quali si
occuparono di epigrafia solo incidentalmente), A. Pellegrini, autore di
una pregevole monografia (Studii d'epigrafia fenicia, Palermo 1 89 1 ) e
principalmente G. Spano ( 1 803 - 1 878), che insieme al gen. Alberto La
Marmora iniziò lo studio sistematico delle antichità sarde.
Il progresso nell'opera di interpretazione delle epigrafi non poteva es
sere che assai lento (e tale è rimasto tuttora) per le ovvie difficoltà di va
rio genere insite in ogni iscrizione in lingua semitica, quando quest'ulti
ma non sia nota che epigraficamente. A parte le iscrizioni ebraiche, tut
te le altre sono scritte in lingue che non erano conosciute prima della
scoperta delle iscrizioni stesse, sì che la definizione di una grammatica è
piuttosto il punto di arrivo, anziché la premessa, dell'opera esegetica;
non fa dunque meraviglia che ancora oggi siamo ben lontani dal cono
scere compiutamente la grammatica e il lessico delle lingue epigrafiche.
L'Ottocento vide poste le basi, piuttosto solide, soltanto di una lingua,
quella fenicia: dopo la già ricordata fondamentale opera del Gesenius
( 1 83 7), va menzionata la grammatica fenicia di P. Schroder (Die phoni
zische Sprache, Halle 1 869), che per quasi settanta anni è rimasta l'indi-
r Cf. A. Dupont-Sommer, Ernest Renan et le Corpus des inscriptions sémitiques, Paris
1 968.
Le scoperte e gli studi
IL NOVECENTO
30
Le scoperte e gli studi
tinga nel l 9 l 7 significò il totale venir meno della voce più autorevole. '
I n realtà, era finita l'epoca della sicurezza positivistica, e l a scomparsa
della generazione di studiosi che la rappresentava nell'epigrafia semitica
ne suggellò il termine. Era terminato altresì il periodo d'oro della filolo
gia e stava per incominciare quello dell'archeologia, che con i suoi aspetti
positivi e negativi avrebbe dominato e profondamente condizionato la ri
cerca scientifica sul Vicino Oriente antico (e non solo questo) per tutto il
Novecento. Le clamorose scoperte archeologiche del xx secolo (Biblo,
Ugarit, Mari, Qumran, Ebla, Emar, per limitarci al mondo di lingua se
mitica), insieme con il consolidarsi e l'ampliarsi degli studi assiriologici,
hanno di fatto relegato in secondo piano l'indagine delle culture ogget
to dell'epigrafia semitica. Un'apparente eccezione a tale situazione è co
stituita dall'epigrafia ebraica, e palestinese in genere, che ha invece go
duto di una fortuna straordinaria e sostanzialmente immeritata; questo
fcnomeno va tuttavia inquadrato nel clima culturale e ideologico che ha
preceduto e poi accompagnato la rinascita di uno stato ebraico in Pale
stina nonché nella progressiva affermazione di tendenze religiose sem
pre più radicali che pongono la Bibbia ebraica al centro della visione sto
rica del Vicino Oriente antico. Questo insieme di fattori giustifica am
piamente la relativa marginalità dell'epigrafia semitica nell'ambito degli
studi orientalistici; marginalità emblematicamente denunciata dall'inter
ruzione della pubblicazione del Corpus inscriptionum Semiticarum (l'ul
timo fascicolo è apparso nel 1 962) e del Répertoire d'épigraphie sémiti
r1ue (ultimo fascicolo nel 1950) nonché dal sostanziale fallimento delle
iniziative tendenti ad aggiornarlo o a sostituirlo. Ma proseguiamo il rac
conto delle ricerche.
Gli studi epigrafici ripresero vigore verso la fine del terzo decennio
dcl secolo con tre avvenimenti: gli scavi di Biblo, la scoperta di Ugarit e
la ripresa dell'esplorazione dello Yemen. Dei primi due furono prota
gonisti i francesi (che dopo la prima guerra mondiale si trovarono in
una situazione politica che confermava ed allargava il loro controllo sul
, Si veda il suo profilo tracciato da E. Littmann nel 1928 e ripubblicato in Ein Jahrhun
tlcrt Orientalistik, Wiesbaden 195 5, pp. 46- 5 1 . Tra i semitisti è poco noto il fatto che il
I .idzbarski pubblicò, un anno prima di morire, un'opera autobiografica anonima, Auf
1·11uhcm Wege (Giessen 1927), assai critica verso l'ebraismo tradizionale di una piccola
rittà polacca; il titolo richiama, forse polemicamente, quello di un'opera assai conosciuta
n q ;li ambienti sionisti dell'inizio del secolo, Am Scheidewege di A�ad ha-Am. Al libro
1kl Lidzbarski rivolse la sua attenzione Giorgio Pasquali (Autobiografia anonima di un
}!.iu dco polacco, in Stravaganze quarte e supreme, Venezia 1 9 5 1 , pp. 1 6 5 - 1 79). Con il
1 itolo Ricordi di giovinezza di un professore tedesco il libro è apparso in traduzione ita
liana nel 1 98 8 (Firenze, Passigli Editori) con una postfazione di M. Raicich e il citato
sa��io di Pasquali come prefazione.
3I
Le scoperte e gli studi
( 1 960), pp. 459-48 1 ; H. von Wissmann, 'Abdallah H.St.j. B. Philby (1885-1960), sein
Leben und Wirken, in Welt des Islams, 1961, pp. 1 00- 1 4 1 .
2 G . Ryckmans, Jean-Baptiste Chabot (1860-1948), in Muséon 6 1 ( 1 948), pp. 1 41 - 1 5 2;
Le scoperte e gli studi
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Le scoperte e gli studi
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Le scoperte e gli studi
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Le scoperte e gli studi
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Le scoperte e gli studi
copia della grande iscrizione «trilingue» (in realtà greco, etiopico ed etio
pico in caratteri sudarabici) di Aksum. Di grande importanza per la pro
tostoria etiopica sono alcune brevissime iscrizioni rupestri scoperte in
Eritrea nei primi anni Cinquanta e pubblicate in Italia parte nel 1 9 5 9 e
l 960, parte negli anni l 999 e seguenti.
In questa rassegna del nuovo materiale acquisito nell'ultimo mezzo
secolo dobbiamo ricordare anche la pubblicazione di iscrizioni trovate
in precedenza ma rimaste inedite più o meno a lungo. I testi aramaici
rinvenuti a Persepoli tra il 1936 e il 1938 furono pubblicati (ma non in
tegralmente) da R.A. Bowman solo nel 1970, quelli fenici di Umm el
Amed, scoperti tra il 1 942 e il 1 94 5 , lo furono da M. Dunand nel 1 962;
tre gruppi di papiri aramaici furono pubblica�i rispettivamente nel 1 9 5 3
da E.G. Kraeling (museo di Brooklyn), nel 1 9 5 4 da G.R. Driver (Brit
ish Museum), nel 1 966 da Edda Bresciani (papiri di Hermopoli). Tra il
196 1 e il 1 9 8 1 Maria Hofner ( 1 900- 1992),1 con altri studiosi, ha portato
a termine la pubblicazione, che era rimasta interrotta per alcuni decen
ni, delle iscrizioni raccolte dal Glaser alla fine dell'Ottocento.
Il continuo anche se generalmente lento accrescersi del materiale non
ha trovato un'adeguata risposta da parte degli studiosi di epigrafia
semitica; la quale proprio in questo settore rivela il suo stato di profon
da crisi. Il Corpus inscriptionum Semiticarum è sempre proceduto len
tamente, ma è fermo dal 1 962, quando J. Février2 fece uscire l'ultimo fa
scicolo del terzo volume della Pars prima dedicata alle iscrizioni fenicie.
Il Répertoire d'épigraphie sémitique non ha più pubblicato iscrizioni
nordoccidentali dal 1 9 1 9; tra il 1929 e il 1 9 5 0 G. Ryckmans vi ha pub
blicato tre volumi di iscrizioni sudarabiche; nel l 968 è apparso l'ultimo
volume, a cura di Jacqueline Pirenne, che però contiene solo indici. Di
fronte alla paralisi che ha colpito le due più prestigiose raccolte di iscri
zioni non è mancata qualche iniziativa che ha cercato di porre rimedio,
almeno parzialmente, a questa situazione. La stessa J. Pirenne progettò
un Corpus des inscriptions et antiquités sud-arabes che prese l'avvio nel
1 977 con un volume preliminare di bibliografia e un primo tomo che da
va larga parte al materiale inedito; l'opera si è però interrotta dopo il se
condo tomo, apparso nel 1986, per la scomparsa della studiosa ( 1 9 1 8-
1 990 ). Il progetto è stato parzialmente ripreso dal suo allievo C. Robin,
che per pubblicare materiale recente ha ideato un lnventaire des inscrip
tions sudarabiques, a collaborazione italo-francese, con volumi redatti
1 Cf. W.W. Miiller, Maria Hofner, in AfO 40-41 ( 1 993-1994), pp. 3 3 1 -3 34.
2 Cf. M. Sznycer, ]ames Germain Février (1 895-1976), in AEPHE, 1976- 1977, pp. 49-66.
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Le scoperte e gli studi
The Old Testament and Modern Study, Oxford 1 9 5 r, pp. 264 - 282.
Le scoperte e gli studi
che caratterizzano gli studi epigrafici semitici dei nostri giorni: la posi
zione privilegiata goduta dalle iscrizioni ebraiche in ogni tipo di tratta
zione; il veto messo alla pubblicazione di testi importanti come i papiri
aramaici del wadi Daliyeh (presso Samaria) e i testi epigrafici ebraici e
fenici di Kuntillet Ajrud, nel Negev; la pratica, sempre esistita ma oggi
portata a livelli inaccettabili, della creazione di falsi epigrafici più o me
no clamorosi elaborati specialmente per dare un fondamento «storico»
all'Antico Testamento; ' l'impostazione fortemente nazionalistica con
cui sono state condotte le ricerche epigrafiche in Etiopia; e infine, per
unificare quasi i due settori dell'epigrafia semitica, il condizionamento
esercitato, esplicitamente o meno, dalla leggendaria regina di Saba sulla
ricostruzione della più antica storia sudarabica.
Nota bibliografica
Una storia generale dell'epigrafia semitica non è stata ancora scritta. Come
saggio introduttivo si rimanda a G. Garbini, Storia e problemi dell'epigrafia se
mitica, Napoli 1979.
Per il settore settentrionale, dalle origini alla fine dell'Ottocento, è essenzia
le, anche per la bibliografia, M. Lidzbarski, Handbuch der nordsemitischen
l:'pigraphik, Weimar 1 898, pp. 89- 1 1 0.
Per il settore meridionale si può ricordare D. Nielsen, Handbuch der altara
/Jischen Altertumskunde, Kopenhagen 1927, pp. 1 - 5 1 .
Dopo l a fine della seconda guerra mondiale si registrò qualche tentativo di
p� rso nel 1 990), pp. 49-68); la foto del papiro ebbe l'onore della copertina. Il lettore giu
d irhi d;1 sé.
41
Le scoperte e gli studi
43
Origine dell'alfabeto
1 W.F. Albright, The Early Alphabetic Inscriptions from Sinai and Their Decipherment,
in BASOR I 10 ( I 948), pp. 6-22.
i Ibidem, p. I 2; la fallacità del!'«osservatore esperto» è stata dimostrata dallo stesso Al
bright, il quale nel suo lavoro The Proto-Sinaitic Inscriptions and Their Decipherment,
Cambridge, Mass. 1 966, pp. IO-I I datò il frammento di Sichem tra il I 4 5 0 e il 1 400 a.C.,
cioè 75 anni dopo le iscrizioni protosinaitiche.
3 F.M. Cross, The Evolution of the Proto-Canaanite Alphabet, in BASOR I }4 ( I 9 5 4),
pp. I 5 -24; The Origin and Early Evolution of the Alphabet, in El 8 ( 1 967), pp. 8"-24";
nuovo e importante materiale è stato esaminato dallo studioso in Newly Found lnscrip
tions in Old Canaanite and Early Phoenician Scripts, in BASOR 238 ( 1 980), pp. I -20.
44
Origine dell'alfabeto
45
Origine dell'alfabeto
alfabetario del xiv sec. a.C.,' il primo di una serie abbastanza ricca; tale
documento mostrava infatti che l'ordine di successione dei segni alfabe
tici ugaritici era lo stesso di quelli fenici.2 Poiché si era già osservato che
due dei segni ugaritici, il cuneo (Winkelhaken) che esprimeva la conso
nante 'ayn e il segno traslitterato s posto alla fine dell'alfabetario, ripro
ducevano nella scrittura cuneiforme la forma di 'ayn e samek fenici, si
può affermare con sicurezza che nonostante la mancanza di iscrizioni
fenicie databili al xiv sec. a.C. l'alfabeto fenicio preesisteva alla scrittura
ugaritica. È lecito chiedersi, a questo punto, se l'alfabeto fenicio usato
come modello a Ugarit fosse costituito da 22 segni, come quello noto
nel I millennio a.C., o da 28, tenuto conto che nell'abecedario ugaritico
due segni sono secondari e indicano la laringale alef con la vocale i e la
vocale u. La risposta a questa domanda viene 'implicitamente fornita dal
modo in cui si diffuse la scrittura ugaritica verso sud, in Siria, Libano e
Palestina. Qui sono state trovate in diverse località (Teli Nebi Mend,
Kamid el-Loz, Sarepta, Tabor) epigrafi redatte nel cuneiforme alfabeti
co di Ugarit le quali usavano un alfabeto foneticamente ridotto, privo
cioè di alcune consonanti (interdentali, ghayn ): in altri termini, esprime
vano una lingua foneticamente corrispondente al fenicio e non all'uga
ritico. Poiché è indubbio che Ugarit abbia conosciuto un alfabeto feni
cio che veniva da sud, appare molto probabile che questo rispecchiasse
la situazione fonetica rivelata dalle iscrizioni in scrittura ugaritica ridotta.
Un secondo importante elemento di giudizio viene fornito dalla scrit
tura protosinaitica, anche se questa si presenta con una fisionomia me
no precisa di quella ugaritica. La prima incertezza riguarda la cronolo
gia, perché la datazione corrente delle iscrizioni protosinaitiche al xv
sec. a.C. non è affatto sicura, pur essendo possibile; l'altro punto debole
di questo materiale è costituito dalla ancora non completa decifrazione
della scrittura, di cui solo alcuni segni possono essere letti con sicurez
za, mentre altri hanno valori fonetici tuttora sconosciuti. Nonostante la
decifrazione parziale possiamo essere tuttavia sicuri che ci troviamo di
fronte a una scrittura consonantica, analoga a quella ugaritica e a quella
fenicia.3 La posizione privilegiata assegnata dalla «teoria americana» al-
' Ch. Virolleaud, L'abécédaire de Ras Shamra, in GLECS 5 ( 1 9 50) pp. 5 7-60.
2 I segni delle consonanti ugaritiche non possedute dal fenicio sono inseriti nell'alfabeta
rio ugaritico con un certo criterio: poiché i primi hanno in genere il Winkelhaken come
componente, essi sono stati messi vicino a un segno formalmente affine privo di Winkel
haken; cf. G. Garbini, Alfabeto ugaritico e alfabeto cananaico, in RSF 1 7 ( 1 989), pp. 1 27-
1 3 1 . La presenza del segno «!» (pronunciato probabilmente s) al posto di «s» riflette pro
babilmente una situazione fonetica ugaritica diversa da quella fenicia.
3 Cf. M. Sznycer, Protosinaitiques (inscriptions), in DBS vm, fase. 47, Paris 1 972, coli.
Origine dell 'alfabeto
1 1 H4- 1 3 9 5 . Oggi devo ammettere che il mio scetticismo sulla natura consonantica della
snittura protosinaitica (Storia e problemi . , cit., pp. 8 5-89) non era giustificato.
. .
11l'l l c tre iscrizioni da Lachish, Gezer e Sichem ricordate all'inizio di questo capitolo.
l .'uso di questo materiale per ricostruire la storia dell'alfabeto è da evitare per le molte
inrcrtczzc, non esclusa quella relativa all'autenticità, che presentano tali epigrafi, peraltro
hn·vissi mc.
47
Origine dell'alfabeto
nantica gia esistente che usava segni di tipo fenicio; b) tale scrittura
esprimeva una lingua con un sistema consonantico ridotto, come quello
fenicio; 1 e) i segni di questa avevano un nome uguale a quelli dell'alfa
beto fenicio, e poiché il nome del segno è legato al valore fonetico di
questo secondo il principio acrofonico ma anche alla forma del segno
stesso inteso più o meno ideograficamente, possiamo affermare che l'al
fabeto originario fu ideato con una concezione unitaria che collegava tra
loro forma e nome del segno.
Questi dati, scarni ma importanti, forniscono indicazioni molto utili
per la ricerca sulle origini della scrittura consonantica. Anzitutto un ele
mento che abbiamo desunto dalla scrittura protosinaitica: poiché questa
ha confermato che anche il suo modello, come quello ugaritico, era costi
tuito da segni fenici, la considerazione svolta sotto il punto e) mostra che
il criterio metodologico generalmente seguito finora, quello di distingue
re il principio consonantico dalla forma dei segni, è valido per lo svolgi
mento della scrittura, a partire appunto da quelle protosinaitica e ugari
tica, ma non può essere applicato al momento iniziale della scrittura con
sonantica fenicia. Il principio consonantico come struttura essenziale
della scrittura è nato contemporaneamente ai ventidue segni dell'alfabe
to fenicio. È tale elemento strutturale dell'alfabeto fenicio che segna una
separazione netta tra questo e il cosiddetto alfabeto egiziano.'
Un secondo punto che si può considerare acquisito riguarda la cro
nologia. Anche se resta incerta la datazione delle iscrizioni protosinaiti
che, l'invenzione della scrittura consonantica va collocata comunque in
una data anteriore al r 5 00 a.C. Di quanto tale scrittura abbia preceduto
la metà del II millennio a.C. è per il momento impossibile precisare: con
siderazioni di ordine storico rendono possibile qualsiasi momento com
preso tra il xvm e il XVI secolo a.C. Se l'adozione della scrittura conso
nantica a Ugarit nel XIV sec. a.C. suggerisce una data non troppo remota
dal r 500 a.C., dobbiamo considerare la possibilità che il silenzio della
città siriana prima del XIV secolo sia dipeso dalla condizioni di questa.
L'ultimo dato che abbiamo accertato è che l'alfabeto originario aveva
un consonantismo ridotto: questo significa che i suoi inventori non par
lavano né l'amorreo (cioè una lingua come l'ugaritico) né una lingua se
mitica meridionale (nordarabico e sudarabico); per quanto conosciamo
1 Su questo punto concorda, ancora una volta contro l'opinione generale, M. Sznycer:
d. p. 1 1 6 dell'articolo citato sopra, p. 43 n . 2.
1 Nell'invenzione dci segni dell'alfabeto fenicio non si può escludere una qualche influ-
1·111.a della scrittura ieratica egiziana; cf. W. Helck, Zur Herkunft der sog. «phonizischen»
.\' !'hrifi, in UF 4 ( 1 971), pp . 41 - 4 5 .
49
Origine dell'alfabeto
tà e la sua cultura. Atti del Colloquio Internazionale (Roma, 5-7 dicembre 1990), Roma
1 994, PP· 1 67-1 78.
Origine dell'alfabeto
ro. l testi epigrafici assegnati a questo lungo,P eriodo sono molto diffici-
spondenti alla fase finale del Tardo Bronzo e ,all'inizio dell'Età del Fer
40.1 -4 1 1 .
• /\ , liausani, L 'alfabeto come calendario arcaico, in OA 17 ( 1 978), pp. 1 3 1 - 1 46.
p
Origine dell'alfabeto
va perciò usato con cautela; nella letteratura corrente, tuttavia, i dati del
l'archeologia sono tenuti in scarso conto e si preferisce invece procede
re con il criterio cosiddetto paleografico, esclusivamente soggettivo in
mancanza di sicuri punti di riferimento (si ricordi quello che abbiamo
detto poco fa a proposito di W.F. Albright, l'inventore di tale metodo).
La paleografia delle iscrizioni del periodo in questione è solo un prete
sto per mascherare il vero scopo di molte pubblicazioni, che è quello di
ribadire la validità della «teoria americana». Va inoltre tenuto presente
un altro aspetto del problema: la relativa abbondanza di documenti pro
venienti dalla Palestina (tra i quali non mancano i falsi) rispetto a quelli
trovati nell'area fenicia deve essere valutata non come indice di un più
ampio uso della scrittura nella parte meridionale di Canaan, ma soltan
to come l'ovvia conseguenza dell'enorme sproporzione tra gli scavi ef
fettuati in Palestina e quelli condotti nel Libano. La sola città fenicia
oggetto di ricerche sistematiche è stata Biblo, scavata nella prima metà
del Novecento; se non ci fossero stati questi scavi noi ignoreremmo non
solo le più antiche iscrizioni fenicie ma la stessa esistenza della scrittura
«pseudo-geroglifica».
Inventato prima della metà del II millennio a.C., forse intorno al 1 600
a.C. se si accettano le argomentazioni di Bausani, l'alfabeto fenicio in
cominciò in una data imprecisata a diffondersi in tutto il Levante. È pre
sumibile che la più antica forma di adozione della nuova scrittura sia
stata quella dell'imitazione pura e semplice, come avvenne mezzo mil
lennio più tardi nelle città aramaiche; di questa iniziale diffusione diret
ta la stato attuale delle conoscenze non offre tuttavia alcuna testimo
nianza. Come abbiamo già visto, le testimonianze più antiche sono quel
le indirette, che mostrano l'adozione del principio alfabetico ma non dei
segni grafici da parte della scrittura protosinaitica e di quella ugaritica;
in questa prospettiva storica, la datazione al xv sec. a.C. delle iscrizioni
protosinaitiche appare leggermente alta. La prima attestazione diretta
dell'alfabeto fenicio è offerta dall'iscrizione incisa sul sarcofago di Ahi
ram, re di Biblo; un paio di iscrizioni su oggetti fittili, trovate nella stes
sa località, sono all'incirca contemporanee. Questo sarcofago, di grande
importanza anche per la storia artistica, da molti decenni è al centro di
una discussione cronologica: datato inizialmente al xm sec. a.C., la sua
datazione è stata improvvisamente abbassata da Albright all'inizio del x
secolo,' senza alcuna giustificazione scientifica ma con l'evidente scopo
di eliminare un testimonio epigrafico troppo scomodo per la teoria che
53
Origine dell'alfabeto
54
Origine dell'alfabeto
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55
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di Ugarit
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Tavola 1. Alfabeti.
lingua con il futuro arabo classico) sia sul piano storico, almeno per chi
considera gli Amorrei (classe dirigente di Ugarit) i primi rappresentanti
delle popolazioni semitiche che vivevano ai margini delle culture urba
ne; popolazioni che aspettavano solo l'occasione propizia per inurbarsi
a loro volta. 1 La distribuzione delle iscrizioni in cuneiforme ridotto ri
vela una consistente presenza di genti che possiamo definire generica
mente «nordarabiche» nei centri urbani siro-palestinesi, bene inserite
nel tessuto sociale di questi; d'altra parte, il fatto che diversi segni grafi
ci presenti nelle già ricordate iscrizioni trovate a est dell'Orante e del
Giordano si ritroveranno, non sappiamo se con gli stessi valori fonetici,
nelle scritture nordarabiche e sudarabiche, costituisce un altro non tra
scurabile indizio a favore di un certo rapporto storico tra coloro che
usavano la scrittura documentata a Kamid el-Loz, Deir Alla e Balua e le
genti nordarabiche che vedremo documentate epigraficamente verso
l'inizio del I millennio a.C. Se questo discorso è valido, trova una possi
bile spiegazione anche l'origine della nuova scrittura documentata per
la prima volta dal cuneiforme ridotto; il rifiuto dei segni fenici e della
loro successione, che abbiamo visto intimamente connessi con il loro
valore religioso, era motivato dal rifiuto dell'ideologia religiosa che sta
va alla base dell'alfabeto fenicio. Questa era l'espressione di una cultura
urbana a base essenzialmente agricola, mentre i creatori della scrittura
«meridionale» pur vivendo nelle stesse città e alla periferia di queste, era
no portatori di una cultura, anche religiosa, diversa, a base prevalente
mente pastorale.
La fine del XIII sec. a.C. appare in definitiva contrassegnata, per quan
to concerne la storia dell'alfabeto, dalla progressiva affermazione della
scrittura fenicia in Fenicia e in Palestina, dove comunque non mancava
no forme di scrittura locali, e dalla comparsa e diffusione, a partire da
U garit, di una nuova scrittura cuneiforme preferita, a quanto sembra,
da genti semitiche «nordarabiche» che vivevano stabilmente nella regio
ne. La grande crisi che nei decenni a cavallo del 1 200 a.C. sconvolse tut
ta l'Asia Anteriore ebbe conseguenze anche per la storia della scrittura.
I >opo quella data, in Siria e in Palestina la scrittura fenicia dominò incon
t rastata, mentre scomparvero tutte le altre forme di scrittura; solo nel Si
nai si hanno labili tracce, avvolte d'incertezza, su qualche forma di scrit
tura non fenicia che potrebbe, in via molto ipotetica, costituire un pon
tl' di passaggio per le scritture meridionali che saranno documentate più
tardi (e delle quali si parlerà a suo tempo).
I ( :f. e ; . Garbini - o. Durand, Introduzione alle lingue semitiche, Brescia 1 994, PP· 1 36-
1 4 0.
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Nota bibliografica
Storia degli studi: G. Garbini, Storia e problemi, cit., pp. 27-48 (vari punti di
vista dell'autore sono da considerare superati). - M.G. Amadasi Guzzo, Origi
ne e sviluppo della scrittura fenicia: stato degli studi, in Atti del II Congresso in
1 C :f. G. Garbini, Genesi dell'alfabeto greco, in G. Pugliese Carratelli (a cura di), I Greci
in Occidente, s.I. 1996, pp. 43 -46.
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