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Il diavolo in Paradiso
viella
168 Il diavolo in Paradiso
89. Giustino, Dialogo con Trifone, 43.3; per i passi di Giustino e per la relativa esegesi
cfr. Peretto, Maria nell’area culturale greca, p. 264.
90. Giustino, Dialogo con Trifone, 100. 4-6 (PG 6, coll.709-712); Laurentin, Court
traité de theologie, pp. 38-40.
91. Ireneo di Lione, Contra Hereses I, l.3§22, pp. 958-960; app. 2, p. 426.
92. Ireneo di Lione, Contra Hereses V, l.5 § 19.1, p. 248. Russo, Les représentations
mariales, p. 181.
93. «Crediderat Eva serpenti, credidit Maria Gabrieli: quod illa credendo deliquit
haec credendo delevit»: così Tertulliano (ca160-220/240), De carne Christi 17,5, p. 60.
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In questa “fede” sta insieme la forza e la intrinseca fragilità che, nel modello
patristico, finisce con l’accomunare le due figure antitetiche di Eva e Maria
sotto l’unico denominatore rappresentato dalla loro funzione strumentale.
Due donne-madri, anzi archetipiche nel concetto di madre, e che pro-
prio intorno al parto costruiscono insieme la condanna e il perdono, la
sofferenza e la speranza: Eva madre di Caino, Maria di Cristo, entrambe,
tuttavia, definite paradossalmente madri dell’umanità.
Ancora sul motivo del parto e della verginità, Giovanni Crisostomo
(† 407), rielabora il binomio Maria-Eva. L’elemento della verginità, as-
sunto in Giustino come fattore unificante fra gli estremi del processo di
salvezza, diventa adesso fattore identificativo di Maria e salvifico, e viene
contrapposto alla carnalità di Eva, simbolo e artefice della dannazione, e
quindi “contaminata” e obbligata, come tutte le altre donne, a pagare il
prezzo della sua scelleratezza con il dolore del parto.94
Per quanto riguarda la patristica occidentale, il modello antitetico del-
la dannazione-salvezza e quello ad esso collegato della verginità trovano il
primo fondamento in Agostino († 430).
«Poiché l’uomo è caduto per colpa del sesso femminile, per mezzo
del sesso femminile è stato perdonato […]: per mezzo di una femmina la
morte, per mezzo di una femmina la vita».95 Il concetto della dannazione
e quello della salvezza, allora, risultano simbolicamente imperniati su una
dialettica tutta interna al genere femminile, e che trova ampio spazio nella
riflessione agostiniana sulla verginità della Madonna: «Vergine nel conce-
pirlo, vergine nel generarlo, vergine nel portarlo in grembo, vergine dopo
averlo partorito, vergine per sempre».96
Il concetto della “triplice verginità” entra nella liturgia mariana dei
secoli centrali e conclusivi della patristica, e viene esplicitamente ribadito
Su questo cfr. Maître, Du culte marial à la célébration des vierges, p. 48; Maritano, Maria
nell’area culturale latina, p. 308.
94. Giovanni Crisostomo, Il cambiamento dei nomi, 2,3 (PG 51,129), cit. in Testi
mariani del Primo millennio: Padri ed altri autori greci, p. 412.
95. «Quia per sexum femineum cecidit homo, per sexum femineum reparatus
est homo; quia Virgo Christum pepererat, femina resurrexisse nuntiabat. Per feminam
mors, per feminam vita». Agostino, Sermones de tempore, Sermo 232.2 (PL 38, col.
1108).
96. «Concipiens virgo, pariens virgo, virgo gravida, virgo feta, virgo perpetua». Ago-
stino, Sermones de tempore, Sermo 186.1 (PL 38, col.999); ma anche Sermo 190.2 (PL 38,
col. 1008).
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101. «Omnes nascimur eiulantes ut nature miseriam exprimamus. Masculus enim re-
center natus dicit ‘A’, femina ‘E’. Dicentes ‘E’ vel ‘A’ quotquot nascuntur ab Eva. Quid est
igitur ‘Eva’? Utrum dolentis est interiectio, doloris exprimens magnitudinem» Innocenzo
III, De contemptu mundi, I.7, pp. 22-23.
102. «Eva per corruptionem concipiens et in dolore pariens, sub viri potestate fuit.
Maria per mysterium Spritus sancti fide concipiens, gaudio pariens: inde reges et principes
ovantes eius cupiunt subiici potestati». Sermo de Sancta Maria (PL 96, col. 280), cit. in
Iogna-Prat, Le culte de la Vierge, p. 93 e ivi nt. 92; su questo sermone cfr. Grégoire, Les
Homéliaires liturgiques médiévaux, p. 260.
103. Appendice 1 [1].
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La Madonna “togata”
Nel nostro processo la Vergine è la protagonista principale. Conosce il
diritto e la teologia, li usa entrambi in maniera efficacissima e dà concre-
tezza ad un ruolo – quello di avvocata, nel senso di intercessora fra l’uomo
e Dio – che le era stato attribuito sin dalle origini del cristianesimo.106
104. «Cum dicitur “Per mulierem intravit mors, per eandem vita” vel “mulierem quae
damnavit, ipsa salvavit” indifferenter pronomina referimus, non personaliter, ac si dicatur:
“mulier damnavit et eadem” – id est res eius sexus – “salvavit”, scilicet similiter, ut vide-
licet eadem secundum indifferentiam sexus non secundum identitatem personae dicatur»
Abelardo, Logica ‘Ingredientibus’, p. 397, cit. in Mews, Reason and belief, p. 32. Su questi
testi - sempre analizzati in una prospettiva grammaticale, linguistica e filosofica – cfr. C.H.
Kneepkens, “Mulier Quae Damnavit, Salvavit”.
105. «Cum vero dicimus hoc “mulier que dampnavit salvavit” non circa eandem per-
sonam sed circa naturam sexus muliebris […]: Eva quippe damnavit, Maria salvavit» Abe-
lardo, Sententie, p. 118, cit. in Mews, Thèmes philosophiques, pp. 30-31.
106. Il culto mariano è, evidentemente, oggetto di una mole di studi pressocché ster-
minata e in questa sede si tenterà esclusivamente di tratteggiare le linee principali della
“giuridicizzazione” del ruolo della Vergine come avvocata del genere umano. Per un qua-
dro complessivo si rinvia dunque alle opere fondamentali e alla bibliografia ivi citata, su
tutte Storia della mariologia, e più in generale Storia della teologia, vol. 1. e vol. 2; Gam-
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bero, Maria nel pensiero dei teologi latini medievali; Iogna-Prat, Palazzo, Russo, Marie;
Testi mariani del Secondo Millennio, 3; Figure poetiche e figure teologiche; per un inqua-
dramento della figura di Maria nella cultura medievale Rubin, Mother of God; Ead., Emo-
tion and Devotion; Remensnyder, Meeting the Challenges of Mary; per una prospettiva
antropologica della figura di Maria, come esempio di madre di un dio – in una cronologia
che inizia intorno al VI sec. a.C. – cfr. il discusso lavoro di Borgeaud, La Mére des dieux.
107. Maître, Du culte marial à la célébration des vierges, pp. 46-47; Le Liber Ponti-
ficalis, 1, p. 376.
108. Gregorio di Tours, Miraculorum libri, pp. 482-820, e in particolare l. I.4 § 8 (p.
43 ss.).
109. Su questo cfr. Simón, La presenza della Beata Vergine, pp. 593-617.
110. «Statutum est ut antiphona de sacra Matre Domini facta, cujus principium est,
Salve, Regina, mater misericordiae, in festo Assumptionis ipsius, dum processio fit, a con-
ventu cantetur: et insuper in processionibus, quae a principali ecclesia Apostolorum, ad
ejusdem matris Virginis ecclesiam ex more fiunt, exceptis illis sanctorum festivitatibus, in
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quibus mos antiquus exigit, ad eosdem sanctos pertinentia decantari». Pietro il Venerabile,
Statuta, cap. 76 (PL 189, col. 1048).
111. Palazzo, Johansson, Jalon liturgiques, p. 18. Sul punto cfr. inoltre Canal, Salve
regina, e Mundó, El origen del “Salve”.
112. «Vehementer quidem nobis, dilectissimi, vir unus et mulier una nocuere: sed,
gratias Deo, per unum nihilominus virum, et mulierem unam omnia restaurantur». Bernar-
do di Chiaravalle, Sermo De duodecim praerogativis, PL 183, col. 429.
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quello di mediare fra il reo e il suo giudice, ossia tra l’umanità peccatrice-
colpevole e il Figlio giudice.115 In questa specificità comincia a prendere
forma la declinazione giuridica del tradizionale epiteto di Maria “avvo-
cata”, formulato per la prima volta da Ireneo di Lione in riferimento alla
difesa di Eva da parte della Vergine.116
La concretizzazione “giuridica” del ruolo di Maria avvocata del genere
umano riceve un ulteriore impulso dalla teologia degli ordini mendicanti,
e in particolare dall’ambiente francescano. La categoria giuridica in base
alla quale la donna può postulare in difesa dei miserabili viene infatti uti-
lizzata già da Francesco d’Assisi (1181/82-1226) per affermare che Maria,
in quanto avvocata dei poveri, è l’avvocata dell’ordine francescano.117
Il tema della mediazione, dunque, si coniuga strettamente con il più
grande problema della salvezza. In Bonaventura da Bagnoregio († 1274)
– siamo nell’ambito dell’insegnamento teologico negli studia generalia,
ma sempre di stampo francescano – la Vergine è «madre di Dio, per unio-
ne matrimoniale; regina del cielo, per il trono regale; avvocata del genere
umano, per i paramenti sacerdotali».118 Nel pensiero del Doctor Seraphicus,
Maria è artefice unica della salvezza: in sintonia con le dottrine dei Padri
della Chiesa, Bonaventura riprende la centralità del ruolo della Madonna
nel processo salvifico accostandola, come di consueto, in antitesi e simbiosi,
ad Eva, figura centrale del processo di dannazione.119 Anche nella visione di
Bonaventura, tuttavia, il ruolo di avvocata svolto dalla Madonna sembra in-
centrarsi quasi totalmente sull’aspetto della mediazione come intercessione.
115. «Quid igitur reo timendum est, cui in causa sua idem est frater qui et judex, et talis
judex, cui proprium est misereri semper et parcere, et qui misericordiam superexaltet judicio?
Timere ne debeat ut pereat, cui misericordissima mater clementissimi fratris, et judicis se piis-
simam matrem exhibet, et potentissimam advocatam? Tu misericordiae mater, non rogabis
pro filio Filium, pro adoptato Unigenitum, pro servo Dominum, pro reo Judicem, pro creatura
Creatorem, pro redempto Redemptorem? Rogabis plane, quia qui Filium tuum inter Deum et
homines posuit Mediatorem, te quoque inter reum et judicem posuit mediatricem» Adamo di
Perseigne, Sermo I In Annuntiatione B. Virginis, §§ 20-21 (PL 211, col. 703).
116. Cfr. supra, p. 170.
117. «Sed quod laetificat plurimum, Ordinis advocatam ipsam constituit, suisque alis
quos relicturus erat filios usque in finem fovendos et protegendos submisit. Eia, pauperum
advocata! imple in nobis tutricis officium usque ad praefinitum tempus a Patre» Tommaso
Celano, Vita secunda Francisci, c. 172.1, pp. 314-315.
118. «Propter nuptiale connubium […] est mater Dei; propter regale solium, regina
caeli; propter sacerdotale ornamentum, advocata generis humani» Bonaventura, De annun-
ciatione, t. IX, p. 672 col.a.
119. Bonaventura, In III sententiarum, d. 12, art. 3, q. 1, pp. 270-272.
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120. L’opera fu attribuita ad Alberto Magno e a suo nome edita con il titolo di Summa de
laudibus christiferae Virginis (cfr. ad es. Summa de laudibus christifere virginis Marie diui Al-
berti doctoris magni, Coloniae 1509) e successivamente, come Summa de Laudibus Virginis,
nel vol. 36 dell’edizione ottocentesca dell’Opera Omnia di Alberto Magno. Sul testo e sul suo
vero autore cfr. Testi mariani del secondo millennio, 4, p. 198 e la bibliografia ivi citata.
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121. Per comodità del Lettore, riportiamo il passo completo: «Queritur quinto de re-
thorica. Augustinus dicit de doctrina christiana quod in sacra scriptura sunt diversi colores
rethorici sed sacram scripturam perfecte scivit Beata Virgo ergo et rethorica. Item quod iura
civilia leges et decreta scivit in summo patet hoc modo. Sapientia advocati manifestatur
in tribus. Unum, quod obtineat omnia contra iudicem iustum et sapientem; Secundo, quod
contra adversarium astutum et sagacem; Tertio, quod in causa desperata. Sed Beatissima
Virgo contra iudicem sapientissimum, Dominum, contra adversarium callidissimum, dya-
bolum, in causa nostra desperata sententiam optatam obtinuit ergo sapientissima advocata
fuit». Summa de laudibus christifere virginis, fol. 63v. Non c’è alcuna prova – almeno a
mia conoscenza – che questa argomentazione sia frutto della conoscenza diretta del no-
stro Processus Satanae, che in questo caso dovrebbe evidentemente essere retrodatato. E
tuttavia il linguaggio adoperato da Riccardo di San Lorenzo e il riferimento immediato ad
un processo che dovrebbe essere a tutti noto, mi inducono ad ipotizzare la possibilità che
già nella prima metà del XIII secolo fosse diffuso, almeno negli ambienti delle scuole di
teologia e di diritto un canovaccio sul quale un secolo dopo si sarebbe costruito il testo così
come noi lo conosciamo.
122. «Item aliqui advocati possunt iniustum iustum probare sophistice et non facere
sed Beata Virgo hoc de nostra iniusticia fecit ergo improportionabiliter omnibus optime
allegare scivit». Summa de laudibus christifere virginis, fol. 63v.
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interpretarle e, come ogni imperatore, nello scrigno del suo cuore ella cu-
stodisce ogni diritto.123
La conoscenza giuridica dunque per la Vergine non è solo sapienza
ma anche esperienza, non solo abilità nell’uso ma anche creazione delle
norme. Ovviamente questo della sapienza giuridica è soltanto uno degli
aspetti, e certamente non il preponderante, nella teologia mariana medieva-
le; e tuttavia dimostra come le categorie giuridiche fossero ormai divenute
elemento imprescindibile nella strutturazione teologica, specie per quegli
ambiti – ad esempio quello del ruolo della Madonna “avvocata” – in cui
tradizionalmente i vocabolari della religione e del diritto avevano mostrato
particolari coincidenze.
Riprendendo Arnaldo di Bonneval – e scambiandolo erroneamente per
S. Bonaventura di cui era amico personale –124 Riccardo afferma che Maria
è «la terza avvocata», dopo lo Spirito Santo e Cristo, e si spinge fino ad
ipotizzare una sorta di dicotomia fra la giustizia punitiva di Dio e del Figlio
e la giustizia misericorde, invocata dalla Madonna-madre:
È avvocata poiché libera con la misericordia coloro che la giustizia del Figlio
ha condannato. E certamente sembra quasi che la giustizia del Figlio e la mi-
sericordia della madre litighino fra loro e che la giustizia del Figlio dica: “ Io
ucciderò e colpirò” e la misericordia della madre risponda. “E io farò vivere e
guarirò” (Dt. 32-39). E dice anche così, la misericordia della madre: “Non c’è
nessuno che possa essere sottratto dalla mia protezione”. Fuggi dunque sotto
la protezione delle sue mani, così come fece Teofilo e non dovrai temere nul-
la. Ella infatti dice: “Come una nuvola dall’ardore del sole, così ho protetto
tutta la terra dall’ira di Dio”.125
123. «Item ipsa imperatrix fuit igitur legem condere et legis interpretativa penes ip-
sam fuit et omnia iura in archa sui cordis clausa habuit. Igitur Beatissima Virgo iura omnia
et rethorica in summo habuit», ibidem. Il passo riprende alla lettera il notissimo adagio
giustinianeo del princeps qui habet omnia iura in scrinio pectoris sui (C. 6.23.19) sul quale
già Cino da Pistoia aveva argomentato che occorresse interpretare l’espressione in senso
metaforico, intendendo per scrineum pectoris la curia regia nella quale devono sedere molti
dottori di legge che soli possono dar voce alla voluntas del sovrano (Cino, In Codicem, f.
367r). Su questo passo cfr. Kantorowicz, I due corpi del re, p. 132, n. 194.
124. Koehler, Tradition and Dramatization, p. 49.
125. «(Advocata) quia saepe quos filii iustitia damnat, matris misericordia liberat.
Quae scilicet iustitia filii et misericordia matris videntur sic altercari quasi dicat iustitia filii:
“Ego occidam et percutiam. Misericordia matris respondeat: Et ego vivere faciat et sanabo
(Dt. 32-39)”. Dicit etiam misericordia matris illud quod sequitur: “Et non est qui de manu
mea possit eruere”. Fugias igitur sub protectione manus eius sicut fecit Theophilus et nihil
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timendum est: ipsa enim dicit. Sicut nebula texi omnem terram ab ira scilicet Dei, quasi
ab ardore solis». Summa de laudibus Virginis, p. 70; sul punto cfr. Koehler, Tradition and
Dramatization, pp. 60-64.