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SULLE ALI DEL DOLORE

A Te, Madre Addolorata, questo


umile e devoto omaggio: aiutaci ad
imitarti! Che quelle ali ci portino
sempre più vicino a Dio.

Preghiera
per la glorificazione della Serva di
Dio Alexandrina Maria da Costa.
O Trinità Santissima, Ti
adoro e Ti ringrazio
perché ci hai donato l’esempio di Alexandrina, scintilla
purissima del tuo amore. Ti prego di aiutarmi ad imitarla:
che io mi consumi in un anelito sempre più ardente a
dedicarmi a Te e ai fratelli. Ti chiedo umilmente di
glorificarla con la Beatificazione e di concerdermi, per
la sua intercessione, la grazia che ardentemente ti
chiedo.

Breve biografia.

Alexandrina Maria da Costa, cooperatrice salesiana, nasce a Balasar, Portogallo, il


30 marzo 1904. Mistica del nostro secolo, della quale è n corso la causa di
beatificazione, è anche la portavoce della volontà di Dio nella richiesta di
consacrazione del mondo al Cuore Immacolato di Maria che Pio XII proclama nel
1942. A 20 anni rimane paralizzata nel letto a causa di una mielite alla spina dorsale,
conseguente ad un salto fatto a 14 anni dalla finestra di casa, per salvare la sua purezza
da tre uomini male intenzionati. Nella solitudine della sua cameretta, Alexandrina
diventa l'angelo consolatore di Gesù Presso tutti i Tabernacoli del mondo e, con-
temporaneamente ostia nell'ostia Divina, con Gesù la vittima immolato per la salvezza
delle anime. Alexandrina infatti vive misticamente, nel corpo e nell'anima, la Passione
di nostro Signore, dall'agonia del Getsemani alla crocifissione sul Calvario in
riparazione degli oltraggi, sacrilegi e profanazioni eucaristiche. Durante ali ultimi
13 anni di vita, Alexandrina vive di sola Eucaristia, senza alimentarsi più. Durante le
estasi, varie volte Gesù le ripeteva: "...Faccio in modo che tu viva solo di me per
mostrare al mondo il valore dell’Eucaristia, e ciò che è la mia vita per le anime…”
“Parla alle anime, figlia mia, parla loro del rosario e dell'Eucarestia! Il rosario, il
rosario, io il rosario! L'Eucaristia, il mio Corpo e il mio sangue! Tra le mura della
sua cameretta, Alexandrina riceve folle di persone che accoglie sempre sorridendo,
nonostante le grandi sofferenze che ininterrottamente vive nel corpo e nello spirito. Il
suo sorriso che diviene trasparenza del Cielo, irradiazione della vita divina, tocca i
cuori delle folle che escono da quella cameretta, portando il segno del silenzioso
cambiamento interiore. Il 13 ottobre 1955 avviene il passaggio di Alexandrina dalla
vita terrena a quella del Cielo. il 12 gennaio 1996 la Chiesa la proclama venerabile per
la gloria di Dio e la gioia di tutti i suoi figli.
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I
DOLORE TRASFIGURATO

Come è mai possibile gioire nella tribolazione?! È inconcepibile, è assurdo, un


paradosso! Infatti, se ci si limita ad un piano strettamente terreno, la natura umana
rifugge da ogni tipo di sofferenza, sia essa fisica, morale o spirituale. La stessa nostra
Alexandrina dice: "La natura vuol scuotersi di dosso il peso della croce... La natura
pare rivoltarsi contro di essa: tenta di fuggir via da ogni parte". s (24-7-53) Su questo
siamo tutti perfettamente d'accordo. Ma non c'è forse nell'essere umano anche una
componente ultraterrena, che può essere in contrasto con la natura terrena, in vista di
un Bene, di un Bello supenore? Una madre si getta nel fuoco per strapparne un figlio, e
gioisce nel salvarlo. Quindi si può trovare gioia dove la natura trova orrore. E
unicamente con questa prospettiva di un bene superiore che possiamo comprendere
non solo l'eroismo di certi santi, dei martiri, ma anche la gioia sublime, la letizia (San
Francesco) con cui affrontarono ogni tribolazione, ogni tortura. Ma quale è mai la
forza che ci fa fare questo "salto di qualità", che ci fa vincere l'opposizione della
natura terrena? È l’amore, soltanto l'amore! Quella mamma non vincerebbe l'orrore di
buttarsi nel fuoco, se non amasse il figlio. "Omnia vicit amor".

AMORE-DOLORE.

Su questa terra, chi ama soffre. Ogni anima sensibile che ama non può fare a meno di
soffrire partecipando alle tribolazioni dei suoi cari e contemplando lo stato in cui si
trova la povera umanità. Dice Alexandrina nel diario del 16-2-51: "Amavo e, poiché
amavo, soffrivo". E molti anni prima, nell'estasi del 2-12-44, Gesù le aveva detto,
riferendosi al suo dolore morale: "Il dolore è figlio dell'amore. È con il dolore e con
l'amore che tu dai la vita ai figli miei". È connaturato con la natura umana questo
binomio inscindibile: amore-dolore. Chiunque lo vive, indipendentemente dal suo
credo religioso, o dal suo stato di non-credente. Ma nel cristiano c'è una forza in più:
vedremo. Il cristiano crede nella Redenzione operata da Cristo mediante la Croce. Non
possiamo certo noi, piccole creature seminate su una "particella" dell'immenso
universo e dotate di una intelligenza tanto limitata, pretendere di capire perché il
Sacrjficio di Cristo, così atroce, sia stato scelto per la Redenzione umana, per
rimediare ai danni di un "pasticciaccio" avvenuto alle origini, a causa di quella
zizzania seminata dal nemico. Non possiamo capire. Ma il cristiano crede in una
Rivelazione che presenta il Verbo incarnato, Gesù, Vittima offerta alla giustizia
dell'Eterno Padre per riparare i mali dell'umanità. Un Gesù che è morto, ma è anche
risorto, che è tuttora vivo, costantemente presente ed operante lungo il cammino della
storia, attraverso i membri del suo Corpo Mistico. Poiché nell'umanità il male continua
a sussistere, anche la Redenzione deve continuare, quindi la sofferenza. È giustamente
famosa la frase di Paolo: "Completo nella mia carne quello che manca alla Passione di
Cristo". (Col
1,24) Non che la Passione di Cristo fosse incompleta: essa continua nei secoli in
Cristo stesso operante nei Suoi membri, come abbiamo detto. Merita attenzione anche
un'altra frase, più forte: "Sono stato crocifisso con Cristo; dunque non sono più io che
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vivo, ma è Cristo che vive in me". (Gal 2,19-20) Alexandrina sente Gesù che le dice:
"Tu soffri, ma sono io che soffro in te. Tu soffri, ma io mi sono rivestito del tuo corpo,
perché tu potessi camminare con la tua croce e salire il tuo calvario. Tu vinci con la
forza divina. L (27-8-40) Nel libro Le montagne delle spezie, di Hanna Nurnard
(grande teologa secondo padre Gasparino), troviamo questa affermazione di Gesù:
"Nessuno è solo a soffrire il suo male: Io ho creato, Io mi carico, Io espio". È questo
Cristo la forza del cristiano. È Cristo che, operando la Redenzione proprio mediante la
Croce, ha dato un senso nuovo alla sofferenza umana. Il nostro Papa dice: "La
sofferanza umana ha raggiunto il suo culmine nella Passione di Cristo. E
contemporaneamente essa è entrata in una dimensione completamente nuova e in un
nuovo ordine: è stata legata all'amore, a quell'amore che crea il bene ricavandolo
anche dal male, ricavandolo per mezzo della sofferenza, così come il bene supremo
della Redenzione del mondo è stato tratto dalla Croce di Cristo e costantemente prende
da essa il suo avvio. La Croce di Cristo è diventata una sorgente, dalla quale sgorgano
fiumi di acqua viva. In essa dobbiamo anche riproporre l'interrogativo sul senso della
sofferenza, e leggervi sino alla fine la risposta a questo interrogativo". Padre
Gasparino scrive: "Se nei momenti tremendi della croce siamo capaci di essere tanto
padroni della situazione da proiettare la croce nella luce della bontà di Dio, allora
sperimentiamo nel profondo che la croce è la salvezza, perché Gesù l'ha santificata". E
Paolo VI, quando era ancora cardinale a Milano, aveva invocato: "Fa', o Cristo, che
nella certezza del Tuo amore io trovi la risposta a quelle domande che superano questo
mistero umano. Fa' che io senta sulla mia strada dolorosa il Tuo passo sicuro che non
mi abbandona!". Gesù dice ad Alexandrina: "Avanti, figlia mia, l'amore vince, l'amore
trionfa nel dolore. Il Calvario e la Croce hanno redento il mondo, furono la chiave che
aprì le porte del Paradiso. La tua crocifissione continua ad essere la salvezza e la pace
dell'umanità". L (8-11-40) Ancora in Le montagne delle spezie leggiamo: "Stima ogni
pena una gioia, stima ogni spina una rosa. Poiché tutto fa parte della meravigliosa op-
portunità che ti viene offerta di vincere il male con il bene e di partecipare alla vittoria
dell'Amore". (p. 48) Passando poi a considerare le varie opere caritative nate in
soccorso dei sofferenti, il nostro Papa scrive, nella stessa enciclica: "Nel programma
messianico di Cristo, che è insieme il programma del Regno di Dio, la sofferenza è
presente nel mondo per sprigionare amore, per far nascere opere di amore verso il
prossimo, per trasformare tutta la civiltà umana nella «civiltà dell'amore»".

LE ANIME-VITTIME

"Dio è amore", e il vero cristiano deve vivere esclusivamente di amore. Questo


progetto si concretizza in diversi modi e sotto diverse forme, a seconda della
personalità, dell'ambiente, della missione che l'individuo sente di essere chiamato a
realizzare. In Alexandrina, crocifissa in un letto per oltre 30 anni, questo amore si
esplica nell'unica forma possibile: quella di anima-vittima che, ardente nella fiamma
del duplice amore a Gesù e ai fratelli - che in sostanza è l'unico amore a Dio - si vota
al dolore immolandosi, offrendo tutta se stessa, corpo, cuore, anima, alla giustizia
divina per la salvezza dei "compagni d'esilio". Ma, chi è mai "un'anima vittima"?
Risponde Gesù ad Alexandrina in estasi: "Io, per salvare i peccatori, scelgo delle
anime, metto sulle loro spalle la croce e mi assoggetto ad aiutarle. Felice quell'anima
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che comprende il valore della sofferenza! La mia croce è soave, se portata per amore a
me". L (10-1-35) E ancora Gesù, ad un'altra mistica che ha voluto restare anonima,
rivolge la famosa Supplica:
"La supplica d’amore urgente e viva”
Per salvare il mondo, ho bisogno di anime consacrate che mi siano vere spose
corredentrici. Non ne ho abbastanza, me ne mancano. Datemi queste anime. Siate nel
numero di queste anime. Il mio Cuore vi attende. Il mio Cuore vi supplica. Ma
sappiate bene questo: Sposo crocifisso, io sposo crocifiggendo. Un vero cuore di sposa
è la preda dello Sposo, amando tutto ciò che Egli ama. Perciò le anime a me
consacrate devono perdersi in me, lasciarsi prendere e consumare da me e per me.
Devono, come me, avere una sete ardente della salvezza delle anime e della gloria del
Padre mio; amare come me la croce e le sofferenze redentrici. Non volete essere tutte
di questo numero? Posso dimostrarvi maggior amore che chiedendovelo? Per voi mi
sono fatto vittima: siatemi anche voi ostie interamente consacrate!"
Amare la croce e le sofferenze redentrici": come le sofferenze possono essere
rendentrici? Non comprendiamo: Pio XII afferma questa realtà come un mistero: «...
mistero tremendo, certo, e che non si potrà mai meditare abbastanza: la salvezza di un
grande numero [di anime] dipende dalle preghiere e dalle mortificazioni volontarie,
compiute a questo fine dai membri del Corpo Mistico di Gesù Cristo". Meditiamo
anche sul fatto che la Madonna a Fatima ha esortato i pastorelli a soffrire per i
peccatori. E quei piccoli santi, con quanto slancio hanno accolto l’invito! Sentiamo ora
che cosa dice il nostro Papa: «Man mano che l'uomo prende la sua croce, unendosi
spiritualmente alla Croce di Cristo, si rivela davanti a lui il senso salvifico della soffe-
renza. L’uomo non scopre questo senso al suo livello umano, ma al livello della
sofferenza di Cristo. Al tempo stesso però, da questo livello di Cristo, quel senso
salvifico della sofferenza scende a livello dell’uomo e diventa, in qualche modo, la sua
risposta personale. E allora l'uomo trova nella sua sofferenza la pace interiore e
persino la gioia spirituale". Teniamo presente che queste parole non sono state scritte
da chi parla in astratto del senso cristiano della sofferenza, senza mai averla
sperimentata. Questa enciclica è stata scritta nel 1984 dal nostro Papa, dopo che aveva
vissuto le sofferenze conseguenti all'attentato del 1981, aggravate dalle molte altre do-
vute al suo ruolo di Capo della Chiesa cattolica. Dunque, per comprendere almeno un
poco, dobbiamo superare la sfera strettamente umana. Nella stessa enciclica leggiamo:
"Coloro che partecipano alle sofferenze di Cristo conservano nelle proprie sofferenze
una specialissima particella dell'infinito tesoro della redenzione del mondo, e possono
condividere questo tesoro con gli altri... La Chiesa sente il bisogno di ricorrere al
valore delle sofferenze umane per la salvezza del mondo". E prima, Pio XI,
nell'enciclica Miserentissimus Redemptor, aveva scritto: "Quanto poi sia urgente,
specialmente nel nostro secolo, la necessità di espiazione o riparazione, non può
ignorare chi, sia con gli occhi che con la mente, considera questo mondo tutto
sottomesso al maligno (I Gv 5,19)". A proposito di anime-vittime, San Pio X, nel
1910, rifletteva: "È ardua la vocazione di vittima, poiché il luogo della vittima è sul
Calvario con Gesù e non nelle dolcezze dell'amore". (AAS) Sarà ben difficile trovare
anime tanto generose ed eroiche da offrirsi vittime! Ma la stessa enciclica di Pio XI
prosegue dicendo: "Mentre cresce senza sosta la malizia degli uomini il soffio dello
Spirito Santo moltiplica meravigliosamente il numero dei fedeli, dell'uno e dell'altro
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sesso, che generosamente cercano di riparare per tante ingiurie fatte al Cuore divino e
che persino non esitano ad offrire se stessi a Cristo come vittime E, credete, di queste
anime lo Spirito Santo ne suscita veramente. Se ci limitiamo alla nostra epoca e
all'Italia, tutti abbiamo nella mente e nel cuore il fulgido esempio di San padre Pio. Ma
meritano di esser ricordate qui, oltre a Luisa Piccareta (1865-1947) e Teresa Musco
(1943-1976), altre due anime-vittime meno note: il cappuccino padre Daniele da
Samarate e il carmelitano padre Maurizio di Gesù Bambino. E chissà quante altre ve
ne sono, nascoste, che nessuno conosce... Padre Daniele, missionario e apostolo dei
lebbrosi, morto di lebbra nel 1924, a soli 48 anni, 26 dei quali passati in missione nel
Brasile. Ecco alcune "perle" tratte dal suo diario: "È caduta l'unghia del dito mignolo
della mano destra. Dio sia lodato". (4-6-18) "È caduta l'unghia [la seconda] del dito
indice della mano destra. Deo gratias". (12-6-18) "Ho sparso lacrime abbondanti, che
ho offerto al mio Buon Gesù. Sono sempre più prostrato e abbattuto dalla malattia,
colpito soprattutto negli occhi, che ormai vedono ben poco. Dio sia lodato per tutto
quello che fa. Amen". (15-7-19) "Sto provando anche profonda afflizione di spirito, e
grande è la mia prostrazione. Ma «Io ho sperato in Te, Signore, non sarò confuso in
eterno...»" (4-9-19) "Mi sento molto prostrato. La malattia mi maltratta in tutte le
forme, con piaghe, infiammazioni, dolori di ogni specie. Mio Cuore di Gesù, tutto
soffro per Vostro amore. Datemi sempre pazienza e gioia. «Servite il Signore nella
gioia»": (31-1-21) "Il mio stato di salute è a pezzi! Oltre alla vista, sembra che stia
perdendo anche la voce: ci sono giorni in cui sono rauco e penso che sia un effetto
della malattia. Se così fosse, non c'è rimedio che tenga. «Il Signore ha dato, il Signore
ha tolto: sia benedetto il nome del Signore». Ho parlato molto durante la mia vita, ho
parlato anche troppo; non è male che adesso sia ridotto al silenzio, benché forzato.
Sopporterò contento questa prova per riparare le molte parole inutili, offensive e
peccammose che ho detto durante la mia vita. O mio Dio, accendetemi con il fuoco del
Vostro amore divino!". (15-10-21) Seguono un piccolo brano di una sua lettera e
alcune testimonianze: "Vivo separato ed isolato dal consorzio dei miei confratelli, in
conseguenza della malattia che Dio volle darmi [mancano ancora 8 anni alla morte!].
Tutti i giorni però ringrazio Iddio della grazia che mi ha fatto, perché riconosco che mi
ha fatto un favore speciale, né mi sono mancate finora consolazioni spirituali, quali
non avrei mai creduto di avere". (2-2-16) "Il morale di padre Daniele è sostenuto da
una ammirabile serenità di spirito. Non un lamento dal suo labbro... e dico di più: è a
Dio grato di questa infermità che riconosce pure come una grazia speciale. Non una
sola volta abbiamo raccolto dalle sue labbra queste parole: «Sia mille volte benedetto
il Signore che mi ha premiato con questa malattia»". (padre Eliodoro da Inzago, 5-2-
24) "Padre Eliodoro mi ripeteva a non finire: «Padre Daniele ha portato la sua croce
pesantissima con amore. Io l'ho sentito pronunciare parole di gioia e di
ringraziamento. Parlava a stento, con grande fatica, ma gioiva sotto quel peso. Sai?
Faceva venire addosso una santa invidia: potessimo fare altrettanto!»". (padre Paolino
Pegurri, 1924) "Chi vedeva padre Daniele rimaneva edificato per la sua letizia
francescana e perfetta conformità al volere di Dio. Mai nessuno ha lasciato la sua
compagnia senza portar via una parola, un pensiero dell'Ammalato come ricordo per
elevarsi a Dio e alle cose superiori". (madre Josefa de Aquiraz) "Più di una volta sono
andata a visitarlo e mi meravigliava vederlo pieno di piaghe, con le dita cadute... non
aveva più forma umana e mi faceva pietà; e lui possedeva nel suo animo pace e
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tranquillità, fra i dolori; ancora diceva che la lebbra che Dio gli ha data la considerava
una grazia, simile a quella della ordinazione sacerdotale". (suor Anna Felicita Rivolta,
15-6-24) "E là, nascosto al mondo... sotto lo sguardo di Dio e vicino al cuore di questi
poveri lebbrosi, che il santo Religioso chiama così teneramente «suoi figli», padre
Daniele sta morendo... muore sorridendo, consolando gli altri". (padre Giulio Maria da
Lombaerde, 1924) Padre Maurizio, colpito da una forma di tumore (mesotelioma),
morì tra i dolori più lancinanti rifiutando l'uso della morfina, per un'accettazione
cosciente del suo patire da unire a quello redentore di Cristo, "per la Chiesa, per le
vocazioni, per la Pace". Aveva accolto la diagnosi del suo male come un dono per il
25° di ordinazione sacerdotale! Proponiamo brevi stralci dal suo diario, intitolato
L’ostrica perlacea (prossimamente su questo sito…). La spiegazione del titolo, da lui
scelto, rivela a quale alta vetta di amore, espressa con accenti poetici sublimi, lo abbia
portato la sofferenza: non una sofferenza supinamente subita come una violenza, ma
accolta "come dono di Dio" "Io oso dire che Tu sei per me come «l'ostrica perlacea»,
perché, se rimango in Te almeno nel pentimento, sai impreziosire tutto di me. Appunto
come l'ostrica, tua creatura, la quale, raggiunta entro i suoi gusci da un sassolino, un
insetto, un granello di sabbia, o comunque da un corpo estraneo, si affretta ad
avvolgerlo con la sua bava fino a farne il nucleo di una perla preziosissima. Come è
vero che Tu sei la mia preziosità! Gioisco immensamente, Signore, di esser l'anima
nera della Tua svelata grandezza. O Dio, mia ostrica perlacea, mio avvolgente amore,
mio unico valore, mia opalescente bellezza... Tu che hai dato all'ostrica un riflesso del
Tuo delicato amore, finisci la Tua opera in me! Rendi smaltata di Te la mia vita...
nascondimi nel cuore della Tua bellezza... e da' un prezzo al mio nulla, Tu che sei
stato svenduto per me (pp. 40-41) "Ed eccolo [il mesotelioma], preciso segno del-
l'Amore che mi vuole partecipe, in qualche modo, della sofferenza di Gesù.
Assomigliare a Te, Gesù, è sempre stato il mio desiderio, e non solo per quello che mi
hai dato, ma anche per quello che continui a prendere da me e che volontieri Ti dono".
(p. 79) "Quando sento insistente il grido dell'umanità [di notte],le sue lacrime, il
tormento delle sue pene, il suo pianto in una struggente nostalgia di bene, io mi alzo e
con affetto mi piego sulla umanità sofferente, cullandola nella preghiera e attendendo
che in Dio ritrovi la sua pace (p. 341) "Uno degli aspetti che più mi ha meravigliato è
come il dolore sia un fuoco divorante e trasformante. Quando ti aggredisce, se ne
vanno le solite passioni dell'uomo... si annullano i progetti, tutto viene ridotto
all'essenziale". (pp. 189-190) "Prego Gesù che, quando avrò finito di stendere le
braccia sulla croce, possa gettargliele al collo, una volta per sempre, per i secoli
eterni". "Soffriamo insieme, Gesù mio, ancora questi attimi di attesa! [è l'ultimo diario,
a meno di un mese dalla morte, avvenuta il 14-12-97]". (16-11-97, p. 547) "Il comune
penare non è già il primo atto di comunione piena? Come mi piacerebbe contemplarti
direttamente al di là del velo della vita terrena, per misurare con cura i battiti del Tuo
Cuore, i fremiti di tutto il Tuo essere, la tensione composta e appena trattenuta del Tuo
amore, la fibrillazione dei Tuoi sentimenti! Li vorrei conoscere per annunziare ai miei
fratelli Chi sei realmente e quale potente eco hanno in Te le nostre condizioni terrene".
(p. 547)

II
IL MAGNIFICAT DI ALEXANDRINA
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In mezzo ai miei grandi dolori e tribolazioni, la pregbiera cbe più mi sorride è il
«Magnificat» Alexandrina L (16-3-36)

Padre Mariano Pinho, primo direttore spirituale di Alexandrina, nella sua biografia
intitolata Nel Calvario di Balasar, dopo aver detto che in quest'epoca è urgente la
necessità che qualcuno, con una buona dottrina ma soprattutto con l'esempio, insegni
come è il vivere di un'anima-vittima, afferma: "Abbiamo qui, a nostro avviso, un
modello di prima grandezza: Alexandrina!". Allora sentiamo lei, scegliendo dai suoi
scritti alcune tra le innumerevoli frasi tanto significative in questo senso: amare ogni
croce e ringraziare.
"Tutti i giorni, dopo la S. Comunione, prego il Magnifrcat per ringraziare dei dolori e
delle gioie di ogni giorno, ancora prima che arrivino". S (25-1-46) "Ebbi gioie che
subito morirono e spine che sempre rimasero a ferirmi. Tutto ricevetti come doni di
Gesù. Tutto Gli offersi ringraziandolo di cuore: «Molte grazie, mio Gesù: le
umiliazioni mi fanno bene all'anima»". S (1-8-47) "Vennero ancora spine molto acute
a ferirmi. Benedissi per tutto il Signore e, come coronamento, pregai il Magnificat!". S
(30-3-45) "Siate benedetto, mio Gesù, il mio eterno «grazie!» sempre, notte e giorno.
Grazie, grazie, Gesù, nella consolazione e nel dolore, nella vita e nella morte". S (3-4-
53) "Grazie, grazie, mio Gesù, per tutto il dolore e per tutto l'amore che mi date". S
(13-11-53) Ma come può nascere tanto ringraziamento nel dolore?! Certo che è
difficile! Padre Gasparino ammette: "Chi riesce a ringraziare sotto la croce arriva al
punto di sperimentare la vetta più alta della sapienza umana". Forse due sono le fonti a
cui bisogna attingere per cercare di arrivare in cima:

L'AMORE A GESÙ. L'anima che ama profondamente, totalmente, anela a fondersi


col suo amato, a identificarsi con lui, quindi a rendersi sempre più simile a lui, in
perfetta consonanza di pensieri, di affetti, di azione. Questo possiamo sperimentare nel
campo dell'amore umano, nell'amore coniugale, qualunque sia il credo religioso degli
sposi. L'anima cristiana sente Dio-Trinità come sommo Bene, quindi come primo
oggetto del suo amore. Allora si prostra in adorazione (ricordiamo la famosa
"Elevazione" della Beata Elisabetta della Trinità). E, mentre compie il suo cammino
sulla Terra, finché vive nella carne, ha come guida il divino Modello, il Verbo
incarnato, Gesù. Ecco che si sforza di uniformarsi a tutte le Sue aspirazioni, di agire in
ogni circostanza come agirebbe Lui, di rendersi sempre più simile a Lui. Vuole
diventare come un piccolo prolungamento della Sua umanità", un "membro vivo" del
Suo Corpo mistico. Chi ambisce ad un fine deve sottostare ai mezzi necessari per
arrivarci. Il Padre ha scelto per Gesù il Sacrificio. L’anima che ama totalmente il suo
Amato Lo deve amare come Salvatore, ma anche come Crocifisso, quindi offrirsi -
liberamente come fece Gesù - per la croce che le viene consegnata. L’anima che arriva
a fare questa offerta - non solo accettazione - dimostra di amare Gesù in sommo
grado, perché in sommo grado ha raggiunto l'unione con Lui. Perciò ringrazia.

SALVARE ANIME. Se uno contempla la realtà con gli occhi di Dio, e misura il
breve passaggio sulla terra con l'eternità, e confronta le sue brevissime pene - per
quanto grandi - con le pene eterne, e ama non solo se stesso ma anche i fratelli, è
spinto a sopportare qualunque tribolazione, pur di salvare delle anime. Come quella
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mamma che si butta nel fuoco per salvare il figlio. E gioisce nel compiere questa sua
opera, ringrazia per la possibilità di compierla. Certo: il cristiano deve essere convinto
del valore salvifico della sua tribolazione offerta con questo scopo. Le anime-vittime
hanno in sé questa convinzione, profondamente, fortemente radicata. E Gesù le aiuta.
Sentiamo questo breve colloquio: "«Vengo a te per confortarti per le sofferenze che ti
aspettano [verrà privata anche del 20 direttore] e per ringraziarti della riparazione che
mi hai data, per le anime che mi hai salvato e per l'eroicità in tutto il tuo soffrire.
Figlia mia, figlia mia, grande eroina, il tuo dolore nascosto, il tuo aprirti più con me
che con nessun altro, sono stati inni ed incensi, onori, lodi e amore che mi hai dato.
Grazie, grazie, figlia mia!». «Come potete Voi, in quanto Dio, ringraziare la più
piccola e la più indegna delle vostre figlie? Attribuite tutto alla Vostra grandezza e
nulla alla mia piccolezza». «Nulla potrei fare, figlia, mia amata, senza la tua fedeltà e
generosità. Voglio ringraziarti»". S (3-1-48) "Grazie, mio Gesù! Ho il Vostro sorriso
impresso nel cuore. Fate che esso sia sempre il sorriso delle mie labbra, la gioia nel
mio dolore, la luce nelle mie tenebre, la forza nel mio calvario. Grazie, grazie, mio
Gesù: siate sempre la mia forza!". S (25-10-46) Solo meditando su queste
considerazioni possiamo capire, oltre che ammirare, molte frasi di Alexandrina. "O
mio Gesù, che grande prova d'amore mi date, nel farmi soffrire così! Quanto devo rin-
graziarvi, perché mi avete resa tanto simile a Voi!". L (10-9-39) "Quanto devo a Gesù,
per avermi associata alle Sue sofferenze e a quelle della Mamma, e per avermi fatta
agonizzare con Lui!". S (22-8-47) E Gesù le dice: "Ti scelsi per il dolore, figlia mia, ti
scelsi per il dolore. E fu attraverso il dolore che ti elevai al più alto grado dell'amore".
S (30-3-51) "Voglio benedire Gesù nel tempo e nell'eternità, per avermi scelta per il
dolore". S (29-3-46) "Soffrire, e soffrire sempre! Amore con amor si paga: fu per
amore a me che Gesù soffrì e morì; e solo per amore voglio soffrire e morire". L (21-
11-36) "Voglio forza per soffrire e amore per amare L (7-3-39) "Inventate, Gesù,
inventate tutte le sofferenze per questo nulla che con Voi è tutto, affinché io Vi possa
salvare anime, Vi faccia conosciuto ed amato da tutti. Vedete, mio Gesù, le mie
aspirazioni: non voglio che regni sulla Terra se non il Vostro amore in tutti i cuori. E
per questo che voglio soffrire tutto e non avere altro vivere se non il dolore". L (3-7-
39) "Il soffrire non costa, perché l'amore vince tutto. Ma ha molto da vincere!". L (18-
12-39) "Per sopportare il dolore, bisogna spremersi in amore. S (26-8-55) Lo slancio
d'amore di Alexandrina arriva proprio fino alla follia della croce, come dimostrano le
frasi che seguono: "Vedo nella croce amore e dolore, amore e dolore senza fine. E
questo amore, è questo dolore che io voglio: è questa croce che ho abbracciata per il
mio Gesù e per le anime". L (28-8-47) "Il dolore purifica, il dolore eleva l'anima a
Dio. Benedetto il dolore che dà amore!". L (3-1-40) "Voglio gridare forte al mondo: è
con tutta la gioia che io abbraccio tutto questo martirio di dolore, perché sento che non
vi è nulla di meglio del dolore per unirci a Gesù". L (10-4-40) "Ho il mio corpo pieno
di legacci [è legata a dure assi, perché le ossa si sconnettono], sento tutte le ossa
sconnettersi. Ma è questa e soltanto questa la mia gioia: soffrire per Gesù. Non mi
importa che, ancora in vita, tutto il mio corpo si dissolva in putredine, se alla Sua
divina volontà piacerà così. Ciò che io voglio è amarlo, Lui solo, solo Lui. Non voglio
perdere un solo momento di sofferenza: voglio che essa sia usata in favore delle
anime, delle mie anime, che costarono il preziosissimo sangue del mio amato Gesù". L
(13-9-48) "O dolore, dolore mio amato, io non posso separarmi da te! Ti voglio
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indicibilmente bene, perché solo tu mi elevi al mio Signore". S (17-7-53) "Amo la
sofferenza: è la mia maggior ricchezza sulla Terra. Il dolore mi dà Gesù: Gesù mi dà
amore". L (30-7-40) "O soffrire, o il Cielo. Che valore può avere la vita, se non soffro,
se non amo?". S (31-5-45) "O mia croce, mia amata croce, quanto ti voglio! Cosa vedo
io mai nella mia croce? Vedo amore, ma un amore senza limiti, un amore senza
l'uguale; e vedo dolore, ma un dolore che racchiude tutti i dolori: è un insieme di
dolori. Io ho abbracciata la mia croce amata: e questo è un abbraccio eterno... Amore,
dolore, croce è una cosa mia: la voglio per Gesù e per le anime". S (15-8-47) "In Cielo
canterò le tue lodi eternamente, o Mamma celeste; sulla Terra voglio solo soffrire e
amare. Tutto passa, tutto muore. Solo la grazia di Gesù ci fa vivere eternamente". (sul
retro di un'immaginetta) Sta bene inserita qui una bella "perla" di San padre Pio:
"Niente desidero se non amare e soffrire. Padre mio, anche in mezzo a tante
sofferenze, sono felice perché sembrami di sentire il cuore palpitare con quello di
Gesù". "Il Cuore divino di Gesù non cessava, in me, di amare: era nel mio cuore che
Egli amava l'umanità intera. Non potevo cessare di amare la croce: vedevo e sentivo
che solo essa era la vita". S (11-1-52) O soffrire, o morire, mio Gesù... Povera me,
povera me, mio Gesù, se mi toglieste il dolore! Io non saprei vivere senza soffrire: la
vita senza dolore sarebbe per me insopportabile. Non vi è nulla che si possa
paragonare alla dolcezza della croce, quando la accettiamo e la portiamo per amore. E
per Voi, Gesù, è per le anime che io soffro e che voglio e che accetto quanto Voi
volete e mi date". S (9-1-53) "Amo il mio calvario con tutte le sofferenze. Mi pare che,
se cessassi di soffrire, cesserei di amare: più sono spremuta, più divento folle d'amore
per Voi, mio Gesù". S (21-2-47) Gesù le dice: "Tu hai aumentato in te l'amore al mio
Cuore divino, a misura che in te è aumentato il dolore". S (3-10-47) "... vivrai nel
dolore e nell'amore; e nel dolore e nell'amore morirai. Avrai l'amore in proporzione del
dolore". S (7-3-47) "Nulla vi è che mi consoli e mi dia sollievo come il dolore
rassegnato, il dolore sofferto con gioia perché è accompagnato dall'amore. Il dolore,
con l'amore, continua ad essere la salvezza delle anime". S (23-7-48) "Va', tortorella
dei tabernacoli, tortorella delle prigioni divine: canta con gioia il tuo inno di dolore
che sale al Cielo come inno del più grande amore". S (10-5-46) Concludiamo con
Alexandrina: "Vieni, o dolore benedetto! Vieni, o peso annichilatore, a ridurmi al nulla
e a strapparmi la vita! La mia morte farà risuscitare le anime per Gesù". L (2-4-40)

III
IMPAREREMO ANCHE NOI A CANTARE SEMPRE IL MAGNIFICAT?
Gesù, aumenta il nostro amore e, con la Tua grazia, riusciremo!

Ogni anima cristiana deve tendere alla perfezione: "Siate perfetti come è perfetto il
Padre vostro che è nei Cieli" (Mt 5,48), esorta Gesù. Ma non ogni anima cristiana deve
diventare anima-vittima! Abbiamo visto che Gesù "sceglie" solo alcune anime cui
affidare tale missione, poiché il bene spirituale di ogni singolo membro è anche il bene
di tutti - e così il male -, a causa della "Comunione dei santi" (ossia la comunicazione
dei beni), delle anime non scelte per questo ha una sua diversa missione, che le viene
comunque affidata, e diventa santa sforzandosi di compiere in ogni momento il suo
dovere con la massima cura, con il massimo amore, non sprecando neppure un minuto
del tempo che le è concesso di trascorrere sulla Terra. Essa dovrà "tirare avanti",
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sempre avanti, con la massima fiducia nel Suo Creatore. Infatti un cristiano crede - e
deve tenere salda questa fede nei momenti difficili, più dolorosi - che tutto quanto
accade è o voluto o permesso da Dio, un Dio che è amore e quindi non può volere che
un bene, anche se qualche evento è umanamente inconcepibile come bene. Meditiamo
sulla fede della Madre Corredentrice presso la Croce! Nei momenti delle contrarietà,
delle prove, l'anima cristiana deve assumere un atteggiamento che non è ribellione né
prostrazione, ma umile supplica, richiesta di aiuto, talora insistente; deve affidarsi al
Padre con la certezza di essere da Lui amata, quindi con la fiducia di essere esaudita,
nella forma che sarà per il miglior bene, e magari diversa dalla sua aspettativa. Ma è
sempre per un fine più alto, che l'orante neppure immagina: lo comprenderà dopo,
forse dopo lunghi anni, o forse neppure in questa vita. Alexandrina invocava di guarire
per diventare missionaria; è stata esaudita nel diventare missionaria in modo cento
volte più potente, ma non con la guarigione. Gesù, nostro divino Modello, durante le
angosce dell'agonia nell'Orto degli ulivi, ha pregato, ha invocato, "offrì preghiere e
suppliche accompagnate da forti grida e lacrime a Dio Padre... ed è stato esaudito per
la Sua pietà" (Eb 5,7). Esaudito! Con la morte in croce. Ma ha ottenuto quello che
voleva: la Redenzione. La grazia richiesta può non esser concessa, se il concederla
porta ad un danno per l'anima. Gesù dice a Santa Gemma Galgani: "Quanti mi
avrebbero abbandonato, se non li avessi crocifissi!" Abbiamo detto che Cristo risorto
continua lungo i secoli ad operare e a soffrire nei suoi membri. Un cristiano che soffre
non deve quindi sentirsi isolato e inutile nella sua sofferenza. Infatti, sempre nella
Salvifici doloris si legge: "Operando la Redenzione mediante la sofferenza, Cristo ha
elevato insieme la sofferenza umana a livello di Redenzione. Quindi anche ogni uomo,
ogni donna, nella sua sofferenza, può diventare partecipe della sofferenza redentiva di
Cristo". (p. 28) "L'uomo, scoprendo mediante la fede la sofferenza redentrice di Cristo,
insieme scopre in essa le proprie sofferenze, le ritrova, mediante la fede, arricchite di
un nuovo contenuto e di un nuovo significato". (p. 29) Quindi, ogni cristiano -
credente - può cooperare con la sua sofferenza al proseguimento della Redenzione,
come fece Maria, la più grande cooperatrice per la salvezza dell'umanità. Può, nel suo
piccolo, essere coinvolto in questa grande opera, "con la convmzione di essere oggetto
di un piano amoroso del Signore, che tutto dispone per il nostro bene". Può, ma
bisogna che riesca ad accettare e ad offrire con amore le sue tribolazioni, unendole,
per questo scopo, ai patimenti di Gesù. L’amore redime e trasforma la sofferenza. E da
qui nasce la vera gioia, anche in ogni anima, senza che sia proprio un'anima-vittima.
"La gioia è dolore superato e trasformato". Cerchiamo anche noi di imparare a reagire
sempre al dolore, in modo da riuscire a trasformarlo in gioia. Ma ci vuole del tempo
perché un'anima tribolata arrivi a questo livello spirituale... Innanzitutto quest'anima
deve trovare aiuto nella preghiera, in una vera preghiera, ben fatta, profonda, vibrante
di amore filiale: "A Dio tutto è possibile, anche compiere il superamento dell'uomo"
(…). Alexandrina stessa, già scelta per diventare anima-vittima, ha impiegato tanti
anni per arrivare a capire il valore della sua sofferenza, e a trasformarla: quante
preghiere, novene, offerte da parte sua e dei suoi cari, per ottenere la guarigione! Ed è
riuscita a sublimare tutto il suo patire con l’amore a Gesù e alle anime da salvare.
Quale sublime vetta ha raggiunto! Ma, convinta che tutto il suo amore-dolore da solo
non bastava, così si è rivolta a Gesù: "Gesù, rivestite le mie povere sofferenze e tutto
quanto possa servirvi di riparazione, con le Vostre infinite sofferenze". S (1-11-46) "Io
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Vi offro il mio dolore, il mio povero dolore che per se stesso non vale nulla; è sempre
ai dolori della Mamma che lo unisco e tramite le Sue mani santissime che Ve lo offro.
Unite tutto ai meriti della Vostra santa Passione e consegnate questo valore infinito al
Vostro Eterno Padre. Chiedetegli Voi che perdoni il mondo, che non lo castighi ora:
che aspetti la sua conversione. S (16-12-49) Gesù allora le dice: "Tu senti che le tue
sofferenze e tutto il tuo vivere non valgono nulla. Ma in Me, unite ai meriti della mia
santa Passione, valgono proprio tutto. Confida: nulla della tua vita va perduto, anche
delle cose più piccole". S (1-7-49) E il salmista canta: "Le mie lacrime nell'otre Tuo
raccogli". (SI 55,9)

CONCLUSIONE

Dopo questa breve meditazione sul dolore umano, una fredda logica potrebbe arrivare
a concludere: allora non devo invocare di essere liberato da questa tribolazione che mi
attanaglia, non devo chiedere la grazia che cessi questo dolore, ma solo la grazia di
aiutarmi a cambiare il mio modo di viverlo, per offrirlo come mezzo di redenzione...
Eh, no! Questo ragionamento può essere fatto solo da chi non conosce il dolore e non
conosce la nostra natura umana. Dobbiamo iniziare a chiedere secondo il nostro desi-
derio, rivolti a Dio come ad un padre che ci ama, che ci ascolta; e chiedere anche con
insistenza, soprattutto se sappiamo che la nostra richesta non è contraria al bene delle
anime. Pensiamo ai tanti esempi che troviamo nel Vangelo: tutte le richieste cli
guarigione fisica accolte col miracolo operato da Gesù! Solo se, dopo l'insistenza
nell'invocare, comprendiamo che la volontà di Dio non è secondo quel nostro
desiderio, solo allora: "Padre, non sia fatta la mia, ma la Tua volontà" (Lc 22,42).
Questo disse il nostro divino Modello durante l'agonia nell'Orto degli ulivi. Allora,
caro amico lettore che ti dibatti nell'angoscia del tuo dolore, fa' uno sforzo, con l'aiuto
della preghiera: esci da te stesso, dal tuo ristretto mondo e contempla il dolore
universale dell'intera umanità; associati a tutti coloro che sono riusciti ad unire i loro
patimenti a quelli di Cristo, entra anche tu nel fiume che continua la Redenzione!
Armati di pazienza, perché è difficile quel "tuffo" e ci vuole del tempo per prepararlo;
ma insisti e ci riuscirai. Tieni presente che Gesù aiuta. (…)
Maria, nostro aiuto, preghi per te!

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