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Introduzione
Maria Goretti nasce in una famiglia
poverissima di contadini, nell'Italia
povera degli immigrati che cercano
fortuna, fuggendo da una terra di fame,
dove il pane, sudato con le lacrime, non
riesce a sfamare le bocche dei figli. Sua
madre, Assunta, è ancora più povera: non
ha mai conosciuto i genitori. Suo padre,
Luigi, è un gran lavoratore e non manca
di coraggio. In questa famiglia si vive una
fede semplice e profonda. Dio è il primo e
solo punto di riferimento nel compor-
tamento e nella speranza quotidiana.
Sono i valori e le regole di vita del Vangelo, l’ambiente vitale dove prendono forza e
divenire le scelte spesso decisive di ogni giorno. Il quadro della Madonna, che la
famiglia ha portato con sé in tutti i trasferimenti, è il filo rosso che fa affrontare con
coraggio e speranza le tappe dell’emigrazione: è il volto familiare che evita lo
smarrimento e lo sradicamento nelle terre dei poveri. I braccianti, sia a Paliano e sia
nelle « paludi dei disperati », alle Ferriere di Conca, dove la miseria si sommava alla
malaria. Marietta, come familiarmente viene chiamata, cresce assorbendo la fede
nelle vicende quotidiane dei suoi, in ogni gesto concreto illuminato dal Vangelo dei
semplici: obbedisce ai genitori, aiuta gli altri, serve con semplicità, impara a
sacrificarsi, a lavorare, a mettere gli altri avanti a se... Prega Gesù e Maria, e cresce
nella Pienezza del cuore che vede solo ciò che è bello. Si fida di Dio che a tutti
provvede; è serena nel cuore per rasserenare tutti. Dopo tante prove, giunge il
dramma: muore il padre. Assorbendo il dolore con la speranza, Marietta risponde
alla chiamata con un sì, sempre più consapevole, mettendo tutta se stessa al servizio
della sua famiglia, e dell' altra povera famiglia che abita con loro, i Serenelli: un
padre senza sposa e un figlio senza madre, entrambi senza fede. Al cuore di tutto, un
amore profondo e quotidiano per Gesù, fatto di poche parole e di molti fatti. Una
fedeltà vissuta nelle vicende quotidiane e nella preghiera. Una fede che orientava ogni
minimo gesto di vita, e una vita che faceva crescere la fede. I momenti di incontro con
il Signore erano quelli « quotidiani »: preghiera del mattino e della sera, la Messa
nelle varie chiesette della palude, il rosario,il catechismo, la prima Comunione fatta
con intensità, anzitempo, nella consapevolezza di un incontro di vita e di amore con
Gesù... La fede di Marietta ha conosciuto la maturità del dono e della passione nel
momento della prova. Per questo, il 5 luglio 1902 ha dato il suo sangue e il suo
perdono a chi l'aveva uccisa.
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Prefazione
La comunità cristiana
propone ai giovani la se-
quela di Gesù, in un
cammino di fede
integrato nella vita e
aperto al dono di sé. Ma
talvolta si ha difficoltà a
immaginare come può
essere un' esistenza «
cristificata », e sorge il
dubbio se una vita così
immersa nello Spirito di
Dio sia realmente possibile. E a questo punto che con i gruppi di giovani della nostra
diocesi (Albano Laziale – Roma) ci siamo imbattuti in alcune figure di testimoni: Pier
Giorgio Frassati, Carla Ronci, Gino Pistoni, Maria Goretti... A mano a mano che
procedevamo, le nostre esitazioni si sono azzerate, e abbiamo avvertito dentro la
nostalgia della santità. In particolare, ci siamo affezionati alla nostra piccola santa, a
Maria Goretti, perché fa parte dei nostri luoghi, e perché la sua santità è tanto semplice
da risultare accessibile nell' ordinarietà delle vicende quotidiane. Di anno in anno, in
questo ultimo decennio, ci siamo recati in pellegrinaggio a piedi dalle Ferriere a
Nettuno, al Santuario della Madonna delle Grazie e di santa Maria Goretti. Nei dieci
chilometri di percorso, la preghiera e i canti si sono alternati alla meditazione del
messaggio che Marietta ha disseminato in queste contrade. Abbiamo approfondito vari
aspetti della sua biografia interiore: 1' amore alla famiglia, la preghiera, la sua vita
nello Spirito, la somiglianza a Gesù nelle beatitudini, l'obbedienza filiale al Padre... Ci
siamo accorti che, riunendo tutte queste riflessioni, esse formavano un quadro
semplice ma abbastanza completo di una spiritualità gorettiana: una santità solida e
profonda, consapevole e semplice, innestata sulle tradizioni cristiane ma anche
originale. E la santità del quotidiano, vissuta incarnando integralmente e serenamente
le virtù teologali dentro una storia seminata di gioie e speranze, dolori e angosce. Da
queste riflessioni usciva un ritratto spirituale di Marietta che andava ben oltre lo
stereotipo di « santa Maria Goretti, martire della purezza », che confinava la sua
santità nel momento del dramma del 5 luglio. Insieme con i giovani è venuto, perciò,
quasi naturale pensare di condividere questa nostra « scoperta » ad altri giovani e a
tutti coloro che desiderano incontrare testimoni di una santità vicina alla mentalità
attuale: una santità laica e quotidiana che sappia coniugare la carità estrema nei gesti
più ordinari della vita. Questo testo, come si può ben comprendere, non ha pretese di
approfondimenti biografici. Tuttavia, ogni riflessione è basata su una conoscenza
meticolosa delle fonti. L'autore si è documentato con precisione sia sulle principali
biografie, sia sui documenti originali dei « processi ». Ogni citazione, anche se sprov-
vista di indicazione dei riferimenti (non è lo scopo di questo testo), è una trascrizione
esatta dei fatti. Nulla è stato esposto, se non dopo essere stato scrupolosamente
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vagliato. Il testo, dunque, non è stato concepito secondo il piano di una biografia
organica, ma come una esplorazione interiore del mondo spirituale di Marietta. Sono
pensieri ad alta voce, che spiegano così le ripetizioni che vi si possono incontrare: agli
occhi di chi ha vissuto questa «esplorazione» i singoli fatti sono sempre visti con
sguardo diverso e nuovo. Nella breve esistenza della « nostra » santa ogni piccolo
gesto, ogni semplice parola, ogni minimo pensiero, è rivelatore di una santità a prima
vista banale e inconsapevole, ma che in realtà si rivela di una statura profetica
considerevole e attualissima. Possano queste pagine contribuire a focalizzare meglio
l'immagine di una testimone che lo Spirito ha donato al nostro tempo quale punto di
riferimento in particolare per la gioventù.
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LA FAMIGLIA GORETTI
Papà Luigi
Nato a Corinaldo il 26 dicembre 1859, in una famiglia assai povera, Luigi rimase
orfano della madre a quindici anni. Di carattere molto semplice e paziente, prendeva
dalla fede la forza per affrontare le molteplici difficoltà della vita: malattie e morte di
persone care, povertà e fatica quotidiana, immigrazioni continue, situazioni di
ingiustizia e di sfruttamento. Reagiva con la sua bontà verso tutti, con una capacità
enorme di lavorare e di faticare. Di carattere sereno, ma pronto a lottare per le cose
giuste e per il rispetto di ogni persona. Egli passò da un padrone alI' altro, ottenendo il
necessario per il sostentamento della sua numerosa famiglia; riuscì ad associarsi alla
famiglia Serenelli, che con lui si comportava in modo rispettoso e leale. Luigi era il
punto di riferimento semplice e autorevole per tutti, proponendosi con un' autorità fatta
di esempio, di cose giuste, di mentalità di fede, di grande bontà d'animo. Di lui si
ricordano pochissime parole: tutte sagge e di grande discernimento umano e spirituale.
Nella prima emigrazione, per rassicurare la moglie Assunta, le diceva: « La
Provvidenza divina ci aiuterà ». Non era facile questo salto nel buio, ma Luigi sapeva
d'essere guidato e protetto da Dio, che è Padre, e sempre provvede ai suoi figli con
amore. E quando tutta la famiglia si preparava a emigrare di nuovo nel terribile
«pianeta delle zanzare» delle paludi Pontine, ecco ancora l'eco della fede incrollabile e
fiduciosa di papà Luigi: « Dio sempre provvede!» Così affrontò la nuova situazione,
cercando di sostenere la famiglia che cresceva - ormai i figli erano sei - con il lavoro e
la preghiera: le sue costanti quotidiane. Lavorava sodo: fecero un primo raccolto di
settanta quintali di grano e l'anno successivo, l’ultimo della sua vita, arrivarono a
trecento quintali di grano e novantasei di favino. Nel lavoro trovò la sua morte, in una
tragedia che coinvolgeva migliaia di lavoratori e che era come il destino segnato per
chi sfidava le paludi della malaria. Luigi lo sapeva e lo aveva anche presentito. Un
giorno, mentre aiutava a scaricare delle bare, disse: « Una di queste toccherà presto
anche a me ». Ma la paura di perdere la vita non scoraggiava la sua scelta di lavorare
in quelle terribili terre perché tutta la sua esistenza era orientata al dono di sé, nel
sacrificio, espressione dell'amore verso i figli e verso il Padre. Perciò ogni sera Luigi,
riunita la sua famigliola, dirigeva la recita del rosario attingendo da questa preghiera
semplice, ma centrata sul mistero di Gesù e di Maria, la forza e la luce per compiere la
volontà del Padre buono su di lui e la sua famiglia. Luigi solo questo cercava e questo
era al di sopra di tutte le sue decisioni, anche dell'ultima, sul letto di morte: « Assunta,
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quando sarò morto, torna a Corinaldo ». Egli intuiva che nella palude, oltre ai pericoli
delle malattie, ce n'erano altri ben più insidiosi, che poi si sarebbero rivelati nella loro
squallida realtà. Ma la ricchezza più grande di Luigi era stata l'educazione umana e
cristiana e la radicata mentalità di fede, una vera forza per affrontare le insidie più
pericolose, fino a dare la vita per vivere la limpidezza dei valori cristiani. Scomodare
le figure di grandi patriarchi della fede per indicare il profilo spirituale di Luigi,
sembra eccessivo, e sicuramente lontanissimo dalla sua mentalità semplice e genuina.
Eppure come Abramo - il patriarca delle avventure della fede - Luigi non conobbe una
stabile dimora; ogni volta si mise in viaggio senza sapere dove andava, fiducioso in un
« Dio che provvede sempre », nella certezza che li vi sarebbe stata la terra della
Promessa. E come Giuseppe di Nazaret - l'uomo del silenzio che accoglie un mistero
che lo sovrasta infinitamente - anche Luigi, uomo di poche parole, ascolta il Padre che
gli affida delle persone, figlie di Dio. E per loro dà tutto, fino a consumare la sua vita
nel lavoro e nell' amore, a soli quarantun anni. La santità di Marietta si è nutrita
abbondantemente della santità di papà Luigi, che l'ha guidata nella vita e, sicuramente,
l'ha sostenuta dal Paradiso.
Mamma Assunta
La mamma di Marietta è l'altra radice della sua santità, quotidiana ed eroica insieme.
Nata il 15 agosto 1866, giorno dell'Assunzione di Maria in cielo, iniziò la sua
esistenza con una tragedia: la sua mamma, per chissà quali oscure e tormentate
decisioni, l'abbandonò e la lasciò davanti alla « Casa degli Esposti », cioè dei bambini
abbandonati. Iniziò così il suo cammino cosparso di infinite croci, ma anche di una
fede cristallina e di un'umanità che le prove della vita renderanno sempre più forte e
delicata. Passò la sua infanzia errando da una famiglia a un' altra, finché venne affidata
a due coniugi senza figli, già avanzati in età, ai quali Assunta doveva fare da « bastone
della vecchiaia ». A sette anni già pascolava le pecore, faceva i lavori di casa,
raccoglieva la legna e lavorava nei campi: la mamma adottiva era anziana e malata.
Lavorare, sacrificarsi, provvedere a tutto, era naturale per Assunta: segno di una vita
provata dal dolore, dalle difficoltà, ma anche da una reazione positiva e forte. Nella
famiglia adottiva, anche se in apparenza rude, c'erano affetto e dialogo e soprattutto
molta fede. Certo, non era sempre facile per una ragazza della sua età, vivere dentro un
quadro così impegnativo e privo di qualsiasi divertimento, anche il più normale.
Assunta, con qualche lacrima, ci passava sopra e tirava avanti, guardando
all'essenziale e alle cose importanti della vita. Conobbe Luigi: nacque un amore
profondo e radicato in un progetto di fedeltà e di dono a tutta prova. Il fidanzamento in
casa fu molto rapido; bastava poco a due giovani, già decisi sulla via di una maturità
umana e cristiana, per intendersi, verificare l'amore reciproco e affidare questa
alleanza dei cuori alla forza di Dio e alla sua benedizione. Iniziò così, nella povertà e
nella semplicità più assoluta, una famiglia ove il sale dell' amore, sorretto dalla fede,
dava sapore a tutte le piccole e grandi vicende quotidiane. E vennero i figli: sette, nello
spazio breve di quattordici anni. Tutti accolti con amore profondo; tutti segno di un
amore che lasciò tracce nelle tre case dove abitarono successivamente; segno anche di
una fiducia nella Provvidenza che sfidava le difficoltà e la disperazione delle
circostanze. Assunta fu mamma sette volte; Luigi a ogni nuova bocca lodava il
Signore e aggiungeva al suo carico nuova fatica; i fratelli più grandi facevano spazio ai
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più piccoli: ognuno accoglieva la nuova vita come un grande dono del Padre, una
speranza nuova nel loro piccolo mondo. Dopo quattordici anni di vita condivisa con
amore tra Luigi e Assunta, ecco la terribile tragedia nel maledetto pianeta delle
zanzare. Luigi si ammala nella primavera del 1900, un anno dopo la sua venuta alle
Ferriere. Vuole andare avanti per portare a termine il lavoro del grano fino al raccolto.
Ma la malattia è troppo forte. Il 6 maggio lo stronca a quarantun anni, lasciando sei
figli (il primo, Antonio, era morto a otto mesi) e Assunta, vedova a trentaquattro anni.
La piccola Teresa, ultimogenita, ha appena due mesi; poi c'è Ersilia di due anni;
Alessandro di cinque; Mariano di sette; Marietta ha nove anni e mezzo, e infine,
Angelo, il più grande che non ha ancora dodici anni. Assunta è prostrata dal dolore, ha
perso tutta la ricchezza umana che aveva: amore, sostegno, confidenza, protezione.
Solo la fede adesso è il suo punto di forza per lottare e andare avanti, dare speranza e
guardare oltre, sempre nell' orizzonte della vita, della speranza. Riprende la strada,
divenendo ancora più forte e limpida nella fede e nell' amore che si concretizza nella
fedeltà alla volontà di Dio e nella dedizione totale alla sua famiglia. Dopo una breve
esitazione, se ritornare a Corinal o continuare la permanenza alle Ferriere, sceglie di
proseguire la storia iniziata con Luigi, perché era la prospettiva che dava maggiori
speranze per il futuro. Poi c'erano i figli che crescevano: Angelo e Mariano che
iniziavano a lavorare, e dentro casa c'era Marietta, che era diventata una ragazza
attenta e responsabile e poteva sostituirla per le faccende e per accudire ai bambini. E
c'erano i vicini Cimarelli, specialmente Teresa, che le davano una mano e la sostene-
vano moralmente. Così Assunta prese il posto di Luigi nei campi, in società con i
Serenelli, al servizio dell'esigente padrone, il conte Mazzoleni. Le cose sembravano
procedere, riportando un po di serenità, dopo la grande perdita di Luigi. Assunta
lavorava: era abituata ai lavori della campagna, anche ai più faticosi; anzi, era proprio
lei che il più delle volte prendeva l'iniziativa, poiché il vecchio Serenelli era sempre
più distrutto dalla malaria e dal1'alcolismo. Intanto i figli maschi più grandi
cominciavano a dare un contributo importante nei lavori dei campi. E a casa, Marietta
faceva sempre meglio: affiancava validamente la mamma nei lavori, ma anche nel
crescere i fratellini insegnando loro l'amore a Gesù, il rispetto per gli altri, il senso
della famiglia. Passarono due lunghi anni. Assunta assorbiva a mano a mano
l'immenso dolore, affidandolo alla Provvidenza del Padre. Era impegnata a far
crescere i figli nel rispetto dei comandamenti, educandoli a una vita che attingeva
criteri morali da una fede cristallina e senza compromessi. Seguiva da vicino l'educa-
zione dei suoi figli: insegnava loro il catechismo che lei aveva imparato a memoria; li
accompagnava alla Messa a Campomorto, oppure a Conca, o anche a Nettuno al
vecchio santuario della Madonna delle Grazie. Un giorno accompagnò Angelo e
Marietta dal parroco di Nettuno perché esaminasse, in modo autorevole, il grado della
loro preparazione e, a un anno dalla morte del suo Luigi, ebbe la grande consolazione
di vederli ricevere la loro prima Comunione: Gesù stava con loro, era diventato il loro
nutrimento. Assunta si preoccupava di far crescere bene i figli e chiese ad Alessandro
Serenelli di insegnare loro a leggere. Lei, poi, istruiva Marietta nei lavori di casa. Tutte
le sere, mamma e figlia, parlavano di quello che era successo durante la giornata e
programmavano per l'indomani. « Io che tante volte non riuscivo ad addormentarmi »,
riferisce mamma Assunta, « la contemplavo un momento, pregavo per lei e, prima di
spegnere la luce, la benedicevo. Come avrei potuto immaginare un angelo migliore? »
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Eppure si stava preparando un'altra tragedia. Questa volta non solo per eventi naturali,
ma per motivi umani trainati da situazioni di ingiustizia e di egoismi. Questa volta la
famiglia Goretti sarebbe stata colpita a causa della fede limpida, coerente in ogni atto
quotidiano e in ogni movimento del cuore e delI' esistenza. Nell'altra famiglia - quella
dei Serenelli -, anch' essa molto provata e dimezzata da malattie e lutti, si stava
accumulando male su male: chiusura e isolamento, tristezza e disperazione, alcolismo
del padre, mancanza di regole morali, prepotenza e avi... In questo contesto, le voglie
infami di sensualità e di violenza non avevano argini e diventavano ossessione. Così il
5 luglio 1902, diventò il giorno di passione di Marietta, e anche di tutta la sua
famiglia. Fattaccio brutale della violenza, ma anche martirio luminoso e limpido di un
cuore aperto solo all'amore e alla vita, nella fedeltà a Gesù testimoniata con il sangue e
con il dono di sé. E Assunta, madre della martire, partecipò come Maria, madre del
Crocifisso, alla passione e alla morte dolorosa di Marietta: trascorse la notte insonne
nell'ambulanza; assistette all'agonia della figlia che le chiedeva una goccia d'acqua,
senza potergliela dare; vide la figlia che nel delirio respingeva Alessandro mentre
pronunciava parole di perdono nei riguardi dell'assassino; venne allontanata in modo
quasi brutale quando la figlia era ormai senza vita. Se il cuore non le si spezzò fu di
certo per la sua sconfinata fede che non chiedeva il « perché » a Dio, ma che si fidava
di lui, come Maria davanti al cadavere di Gesù. Misteriosamente, anche nella sua Ma-
netta, il Padre realizzava un disegno di vita e di risurrezione. Con questa luce e questa
speranza, dentro un mare di dolore, continuò a percorrere, diritta e forte, la sua Via
crucis. Ritornò dai figli rimasti, affrontò il processo penale, ripartì per il suo paese,
Corinaldo. Non poteva più tornare alla « Cascina Antica », vi sarebbe morta di dolore.
Le Ferriere le avevano preso il marito e la figlia Marietta, le avevano distrutto quanto
aveva di più caro sulla terra. Eppure la famiglia Goretti stava scrivendo una pagina
luminosa di santità e di fede che avrebbe misteriosamente portato frutti di vita e di
gioia, non solo per la famiglia, ma per la Chiesa tutta, in cammino verso la santità,
grazie alla testimonianza di fedeltà ai valori, che rendono l'esistenza degna di creature
umane e di figli di Dio, primizie di speranza e di pace.
I fratelli
Accanto alle grandi figure di papà Luigi, di mamma Assunta, e della piccola-grande
Marietta, gli altri figli sembrano fare la parte di comparse secondarie. Si è sempre
parlato con discrezione di loro; forse erano loro stessi a volere questo silenzio. Ma
anch' essi fanno parte di questa storia di santità che lo Spirito santo ha regalato quale
segno per i nostri giorni. Una famiglia tutta santa? E perché no?, se santità vuol dire
vivere giorno dopo giorno della volontà del Padre e amare tutti fino a dare la vita come
Gesù. I fratelli di Marietta non hanno fatto nulla di eccezionale, e questa loro
ordinarietà li ha tenuti lontani dai riflettori. Hanno vissuto la storia comune degli
uomini del loro tempo cercando di metterci dentro la luce del Vangelo, la forza della
speranza nella croce e nella risurrezione di Gesù, il dono della carità vissuta nelle
pieghe quotidiane. Seguiamo brevemente, a uno a uno, questi « santi » quotidiani e
inosservati: - Tonino: santo innocente. Morto a nove mesi, in paradiso a condividere il
mistero pasquale di Gesù e a proteggere invisibilmente i suoi. - Angelo: compagno di
Cresima e di Comunione di Marietta. Nella vita di questa famiglia lo si vede sempre
silenzioso, pronto al lavoro e a imparare da tutto, dedicato con tutte le forze alla
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sopravvivenza della sua famiglia. Di lui non si registra nulla: segno di una crescita
tranquilla e seria. Come se avesse dovuto prendere le redini della famiglia lasciate dal
papà, ancora giovane parti per l'America e fece da battistrada ai fratelli Alessandro e
Mariano. - Mariano: è forse il fratello che ricevette maggiori confidenze e che fu più
vicino a Marietta (alla sua morte aveva sette anni); essendo il più grande dei piccoli,
egli restava quasi sempre in casa con lei. Quest'influsso si manifestò nel suo modo di
vivere sereno e pieno di fiducia nella Provvidenza. Aveva una fede profonda e
un’ingenuità disarmante. Sotto un bombardamento, mentre era soldato nelle trincee del
Carso durante la prima guerra mondiale, si senti chiamare per nome da qualcuno. Si
mosse di là e nel luogo dove si trovava in precedenza cadde una bomba che esplose
distruggendo tutto. Mariano attribuì sempre questo richiamo alla sorella santa. Emigrò
per due volte in America, ma poi rientrò in Italia e vi si stabili; si sposò, tirando su una
famiglia molto semplice e cristiana. Sulle sue labbra « un sorriso che disarma e fa
un'impressione singolare », attesta chi lo ha conosciuto. - Alessandro: il più piccolo
dei maschi. Di lui sappiamo poco; era troppo piccolo per ricordare qualcosa ed è
vissuto troppo poco per farsi ricordare. Segui il fratello Angelo in America, insieme
con un fiume di emigranti in quegli anni di fame. E come molti di loro anch' egli, non
solo non trovò fortuna, ma venne stroncato dalla polmonite a soli ventun anni. Lo si
può considerare parte di quella schiera di martiri del-l'ingiustizia e del sacrificio che
con Gesù portano la propria croce nei solchi della storia. - Ersilia: dopo gli anni
dell’infanzia e dell' adolescenza trascorsi in un Istituto delle suore Francescane, tornò
al paese, formò una famiglia e prese con sé mamma Assunta divenendo il punto di
riferimento costante dell' intera famiglia, sia nei momenti difficili sia nella grande
gioia della beatificazione di Marietta. - Teresa: anche lei visse in un Istituto di suore,
passando dalle cure di Marietta a quelle di persone che la circondavano d'affetto e di
calore. Scelse di consacrare la sua vita a Diò e ai fratelli divenendo suora nell'Istituto
che l'aveva accolta: le Suore Francescane Missionarie di Maria; anch'essa maturò nel
tempo, sia pure in modo diverso, quel dono totale di sé che aveva caratterizzato
Marietta nella sua breve esistenza. Ora sono tutti riuniti in Paradiso. Gli ultimi -
Mariano nel 1975, suor Teresa ed Ersilia nel 1981 -hanno raggiunto la famiglia nella
casa del Padre per vivere la santità più felice: quella dell' amore. Quella santità che nel
silenzio e nel sacrificio, ma anche nella gioia e nella speranza, hanno seminato
nell’oscurità delle nostre strade e della nostra storia.
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LO «STILE» DI MARIETTA
Non sapete leggere i segni dei tempi?
Chi ha insegnato a Marietta il Vangelo? I suoi maestri spirituali non avevano niente di
trascendentale: furono i suoi genitori a trasmetterle la loro fede vera, con i fatti e con
qualche parola semplice; i preti delle varie chiese della palude e di Nettuno, preti più o
meno come i nostri, che ci trasmettono, con i loro limiti, la grande parola di Dio. La
sora Elvira, catechista e guardarobiera, che riuniva i suoi ragazzi per far loro imparare
a memoria le risposte del catechismo. Attraverso queste povere parole umane,
Marietta ha assorbito, come la terra buona, il seme della Parola. E’ stata una di quei
piccoli ai quali il Padre rivela i misteri del Regno; allieva attenta dello Spirito santo.
Una fede che diventava legge di vita, quasi istintivamente. Sempre pronta nella
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speranza. « Mamma, perché ti disperi? Dio non ci abbandonerà ». Attentissima nel
servire e nell' amare tutti. « Faceva la spesa e la faceva bene... Cucinava, e alla fine
cucinava bene », testimonia la mamma. Con un criterio di giudizio senza tante
tortuosità. « Fuggiva la compagnia di alcune ragazze perché di condotta alquanto
licenziosa. "Se dovessi parlare come lei preferirei morire ». Vigilante e in preghiera
quando il pericolo si faceva sentire. « Da quel momento cercava di non stare più sola
in casa. La corona del rosario, le era diventata indispensabile ». Risoluta fino alla
morte nella lotta. Con l'invocazione che motivava la sua consegna totale. « Gesù, Ge-
sù: muoio. Mamma, mamma... Mi voleva far fare un brutto peccato e io non ho
voluto». Un senso anche alla sua morte, come lo aveva dato alla sua piccola vita. Non
ha calcolato se le conveniva oppure no: se il fatto di essere stata violentata poteva
attenuare la sua responsabilità. Piccola goccia d'acqua. I colori di Dio si
rispecchiavano in lei, in tutta la loro purezza. Conformazione dei suoi sentimenti, dei
suoi pensieri, dei suoi atteggiamenti a quelli di Gesù: cammino percorso giorno dopo
giorno, perché ogni parola di Vangelo illuminasse la sua giornata, e ogni più piccolo
gesto fosse un Vangelo fatto carne tra le mura della « Cascina Antica», tra le zanzare
della palude, tra la polvere delle strade assolate. Marietta, piccola Maria, ascoltava le
parole e le conservava nel suo cuore.
La famiglia
La « santità» di Maria Goretti cresce e si misura nell' ambito della famiglia. « Marietta
non vedeva l'ora di tornare a casa», dice la mamma. « Quando usciva, andava sempre
di corsa, e tornava prestissimo ». La famiglia era per Manetta il luogo dove realizzava
concretamente il progetto di Dio. Si trovava bene perché metteva tutte le sue capacità
di amore e di sacrificio. Cercava di costruirsi una « piccola chiesa »,luogo dove vivere
sotto lo sguardo di Dio e amare di cuore. La preghiera veniva fatta insieme, sia al
mattino e sia - il rosario - alla sera; forse i Serenelli lo facevano solo formalmente;ma i
Goretti ci credevano e da li attingevano speranza e forza per la dura lotta quotidiana.
Segno visibile di questa fede era il quadro della Madonna che Marietta aveva portato
attraverso le tre abitazioni successive: lo ornava con i fiori e faceva pregare i fratellini.
Era il punto di riferimento nelle gioie e nei dolori, nelle speranze e nelle angosce
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quotidiane. La legge di Dio era la legge della famiglia; la volontà di Dio guidava le
scelte di famiglia, in particolare quelle di Marietta. Dopo la morte del papà: « Mamma,
tu vai a lavorare nei campi, e in casa ci penso io». E così Marietta, dalla mattina alla
sera, trotta dentro casa, a fare mille cose, instancabilmente e attentamente, non come
chi deve eseguire una condanna, ma con il cuore desideroso di fare felici quelle due
famiglie alle quali il Padre l'aveva legata. Aveva legami personali e affettuosi con tutti
i suoi. La morte di papà Luigi l'aveva straziata, ma non schiacciata. Sapeva che
vegliava su di loro dal Paradiso. « Tutte le sere recitava una corona di rosario in più, in
suffragio del padre », testimonia la mamma. « Ogni volta che andava a Conca, si
fermava presso il cancello del cimitero dove era sepolto, e recitava qualche preghiera».
Con la mamma si confidava tantissimo. Le parlava delle sue difficoltà, delle cose da
fare per l'indomani, dei fratelli, la incoraggiava ad avere fiducia in Dio, la proteggeva
dai serpenti. Fiducia senza incrinature: anche nel momento delle tentazioni, quando
Marietta si vide costretta a non dire nulla alla madre per non scatenare una tragedia, la
cui via d'uscita avrebbe comportato l'allontanamento dalle Ferriere, unica risorsa di
vita per i Goretti. Relazione con la mamma di una delicatezza incredibile: quando sul
letto di morte Marietta invocò il papà, chiese subito perdono alla mamma per averle
rinnovato il pensiero doloroso della morte di lui. Non sempre mamma Assunta capiva
Marietta, presa com'era dai pensieri e dagli affanni, anche lei infastidita dalle proposte
« infami » di Giovanni Serenelli. Ogni tanto rimproverava e malmenava Marietta che
« si prendeva il rimprovero non portando affatto il broncio ». Con i fratelli, Marietta
era diventata una seconda mamma. Li portava sempre con sé: alla fontana, al fiume
per il bucato, a Messa... E come li sapeva educare: li riprendeva se necessario; li
faceva giocare (a cavalluccio, con le canne del fiume Astura); li accompagnava a
Messa tenendoli per mano e li educava al raccoglimento nella preghiera; raccontava
loro quanto sapeva del catechismo. E’ impossibile immaginare Marietta senza questo
piccolo stuolo di fratelli: Mariano e Alessandro, fanciulli, le sorelline Ersilia e Teresa,
piccolissime, che lei tirò su come mamma e maestra. « Marietta, mamma mi mena », e
ricorrevano a lei, più mamma... della mamma. La sorellina Te-resa, traumatizzata per
la scomparsa della sorella, ebbe uno sfogo al viso. Mentre la medicavano invocava:
«Marietta, aiutami!». Così anche dopo la morte, la loro grande sorella era di conforto e
d'aiuto. Con i Serenelli, diventati anch' essi parte della famiglia, Marietta era attenta a
servirli e voleva loro bene, nonostante che si dimostrassero spesso prepotenti e
volgari. Questo grande amore che Marietta portava alla famiglia, nasceva dalla stessa
fede e si nutriva delle preghiere e dell' amore che circolavano al suo interno. Per
questo ella non esitò a chiedere di fare la prima Comunione, anche se ciò avrebbe
comportato uscire più frequentemente di casa e sottrarre del tempo alla famiglia. Ma si
era saputa organizzare e il risultato della Comunione: « Mamma, sarò sempre piu
buona». « Da quel momento io (Alessandro) notai un miglioramento anche più grande
in Marietta ». Ma il gesto più bello Marietta lo fece donando la vita, anche se privava
la sua famiglia del suo apporto. In realtà lei donava quanto di più prezioso le era pos-
sibile: una testimonianza di fede, che avrebbe dato ai suoi la forza di credere e amare,
al di là di tutto, sapendo che il Padre non avrebbe fatto mancare nulla, a nessuno di
loro, proprio perché Padre che veglia sopra i suoi figli. « Se mia figlia avesse ceduto
alla tentazione e fosse ancora viva » - è mamma Assunta ad ammetterlo - «avrei avuto
un dolore molto più grande, che averla vista morta per rimanere fedele al Signore ».
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La crescita
Marietta cresceva come se « fosse tirata su dal Signore », ebbe a dire la mamma. E
veramente diveniva, a mano a mano che cresceva, sempre più « buona »: responsabile,
capace di far tutto bene (in cucina si era resa autonoma e sapeva fare bene; anche la
spesa la faceva da sola). Era in piena preadolescenza, maturata da una situazione di
grande responsabilità e da un impegno personale, forte e sereno. Questa crescita però
non era automatica o frutto di chissà quali predisposizioni naturali, ma maturava
grazie a un rapporto costante con Gesù, che provocava in lei una risposta:
responsabilità puntuale e precisa, gioiosa e difficile insieme, fatta di molte decisioni
concrete. Marietta dava così prova di grande capacita di discernimento. Alla morte del
padre, si mette a disposizione totale delle famiglie Goretti e Serenelli, trovando così
l'unica via di uscita da una situazione che sembrava senza sbocchi. « Io penserò alla
casa ». E la mamma indica tutto quello che deve fare giorno dopo giorno: andare
all'orto, preparare i pasti, portarli nei campi, spicciare la casa, prendere l'acqua alla
fontana, fare il bucato al fiume, accudire i fratellini, fare la spesa e altre mille cose,
«perché lei non diceva mai di no ». Innaffiare l'orticello, fare il pane, rattoppare i
vestiti... Sapeva scegliere le amicizie: « fuggiva la compagnia di alcune ragazze che
abitavano vicino, perché di condotta licenziosa », testimonierà Alessandro. « Mamma,
avessi sentito come parlava quella ragazza..., disse un giorno alla madre. "E tu perché
sei stata a sentire?" ». Per tutta risposta: « Mamma, se io avessi a parlare come essa,
preferirei morire ». Questa era la capacità di Marietta: avere un suo progetto di vita, un
suo complesso di valori, ma soprattutto un riferimento costante a Gesù, superiore al
valore stesso della vita, sapendo che solo in questo legame ci può essere vita, crescita,
libertà, amore vero. Quando Alessandro la tentò per due volte, minacciandola anche di
morte, Marietta fece la scelta del silenzio. Avrebbe potuto liberarsi di questa oscura
minaccia rivelando tutto alla mamma, ma le conseguenze sarebbero state gravi per la
sopravvivenza della famiglia. Così Marietta si preparò a sostenere da sola il peso di
questa tremenda lotta. Aveva già fatto, in anticipo sui dodici anni, la prima
Comunione, forse proprio per questo motivo. Diventò ancor più assidua nelle
preghiere e cercava tutti i mezzi per salvaguardarsi (non voleva restare mai sola e
cercava di essere sempre vista, tanto che la mamma prese questo comportamento per
un capriccio e le diede uno zoccolo in testa). Marietta si preparava al dono di sé: dono
supremo, che fu come il fiorire di tutte le sue scelte.
3
L’EUCARESTIA E MARIETTA
Un pane « spezzato », pane per la vita
A Corinaldo, paese di origine della famiglia Goretti, la piccola Maria aveva mangiato
il pane, alimento base dei poveri, insieme con la famiglia; un pane spesso
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insufficiente, anche perché la famiglia cresceva. A Paliano, prima tappa
dell'emigrazione, « ci nutrimmo quasi sempre di polenta e di pane di granturco », rac-
conta mamma Assunta, « un pane ancora più scarso di valore alimentare. Giunti alle
Ferriere, il conte Mazzoleni ci disse: "Qui mangerete pane di grano", e fu veramente
così..., ma assieme a quanti dolori! » Assunta il pane lo faceva una volta a settimana.
Alla preparazione vi partecipava tutta la famiglia. Dapprima gli uomini per macinare il
grano. Poi Assunta e Marietta facevano il resto: « Quando c'era da fare il pane,
dovevamo alzarci prima dell' aurora, perché quando gli uomini scendevano, era
necessario che la pasta fosse già pronta per gramolarla, prima che se ne andassero al
campo; loro ci davano una mano, ma il resto dovevamo farlo noi », racconta Assunta.
La quantità del grano era insufficiente per tutte le bocche della famiglia, eppure quanto
lavoro per farlo crescere e maturare! Marietta conosceva bene il valore del pane. Un
pane che occorreva guadagnarsi con il sudore e la fatica. Non per niente il papà era
morto a quarantun anni, per essere venuto a guadagnarselo nella terra micidiale delle
paludi. Pane intriso di drammi, di sudore e di lacrime, come quello di tanti poveri della
terra che il pane lo producono, ma che subito viene loro sottratto dai « ricchi » di
turno. Pane simbolo di sfruttamento e di ingiustizia. Per questo Marietta, con la
famiglia, pregava ogni giorno: Dacci oggi il nostro pane quotidiano, poiché l'unica via
da cui sperare il pane era la Provvidenza. Ma il pane conosciuto da Marietta, era anche
un pane intriso d'amore. Era amore vero quello di papà Luigi « gran lavoratore ». Alla
prospettiva della seconda emigrazione nelle paludi egli elenca le cose necessarie: « La
salute, la pace in famiglia, la volontà di lavorare e la grazia di Dio ». Il lavoro del papà
rifletteva un amore così vero che gli faceva donare tutto se stesso, al punto che,
subentrata la malattia, continuò fino in fondo, ossia fino alla morte. « Il 26 aprile, Lui-
gi si mise a letto con la malaria perniciosa e il 6 maggio spirò ». Aveva tentato di
arrivare fino alla mietitura del grano per offrire l'ultimo dono di una vita dedicata
totalmente alla famiglia. Era amore vero anche quello della mamma, lei che non aveva
mai conosciuto il pane « spezzato » dai genitori, il calore di una famiglia propria,
essendo stata abbandonata alla nascita. Assunta si dedicava completamente alla
famiglia, con una dedizione senza cedimenti. Aveva accolto il dono delle sette nascite,
anche in condizioni precarie, e aveva sempre condiviso con Luigi la preoccupazione di
sfamare queste creature. Vedova a trentaquattro anni, continuò l'opera del marito
lavorando nei campi al suo posto, nelle incognite e nei pericoli delle paludi e delle per-
sone, sempre con il pensiero fisso alla sua famigliola. Il pane di Marietta era anche
espressione del suo amore. Non ci sono nella sua vita episodi di dedizione ai poveri, di
volontariato particolare, rivolto a qualche categoria di persone. I poveri li aveva in
casa: poveri emigrati, orfani, bambini senza guida, la mamma vedova, altre due
persone smarrite e sole: Giovanni e Alessandro Serenelli. Tutto il suo volontariato d'a-
more si svolgeva dentro le mura di casa, e nei piccoli spazi dell'aia, della stalla, della
fontana, del fiume. Lei condivideva tutto. La sua vita fu letteralmente mangiata, come
un pane. « E aveva cuore generoso verso di me - scrive la mamma -, e verso i
fratellini, e nel mangiare contentava prima gli altri, e poi se stessa: non mangiava nulla
se prima non avesse fatto la parte a me e ai fratellini. E se le sembrava che io avessi
preso poco, insisteva perché prendessi dell' altro: "Prendete, mamma. Io sono più
piccola di voi" ». Marietta si fa pane per i suoi. Questo pane così prezioso, così intenso
di significati e di vita, Marietta, lo ritrovò tutto intero in Gesù-pane: pane dei poveri di
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Dio, nutriti dalla Provvidenza del Padre; pane frutto dell' amore di Gesù, un amore che
arriva a dare la vita. Pane come esigenza di condivisione di tutto se stesso. Per questo
tra Marietta e l'Eucaristia, dovette sorgere un amore strettissimo: era il « segno » più
vero di Gesù che parlava alla sua vita di bambina e di ragazza delle povere paludi.
L’«Avvento» di Marietta
« La Marietta desiderava tanto fare la Comunione e me lo diceva: "Mamma, quando
faccio io la Comu nione?" ». La domanda era piuttosto insolita perché Marietta « non
aveva ancora l'età » (fino alla riforma di Pio X (1910) non si veniva ammessi alla
Comunione prima dei dodici anni). Marietta ne aveva appena dieci, ma per lei questo
non costituiva un problema, tanto che cominciava a esprimere quell' impazienza che si
prova davanti a una cosa che si deve fare « in fretta», senza indugi, perché « il tempo è
compiuto ». C'erano poi tante difficoltà pratiche, « avevamo sempre tanto da fare, e si
stava lontani dalla Chiesa ». Marietta non aveva molto tempo libero. Trovava appena
qualche momento per giocare con i fratellini, per farli divertire un po', ma altrimenti
era tutta una corsa: dall'aurora all'ultima preghiera, quando cadeva sfinita dalla
stanchezza. Ma di fronte alle difficoltà, la soluzione era pronta, sempre con
l’immancabile ricorso alla Provvidenza: « Ebbene mamma, Dio provvederà. Io vi
prometto di sbrigare prima tutte le faccende di casa e il tempo libero voi me lo lasciate
per andare a Conca per imparare la dottrina presso la sora Elvira. C'è pure don
Alfredo, che viene qui ogni domenica da Cisterna: lui pure me la insegnerà quando
vanno gli altri ». Il fatto della lontananza delle Chiese (Conca distava 2 chilometri,
Campomorto 5 chilometri) non spaventava Marietta, abituata alla fatica e sempre in
cammino nella sua risposta al Padre. Tra l'altro, andando a Conca, aveva l’opportunità
di passare accanto alla tomba del papà che, con la vita e la morte, le offriva una
catechesi efficace della vita di fede e di carità. Assunta le ricordava anche altre
difficoltà: « Vedi che non sai leggere? E poi non ci sono soldi per fare il vestito, le
scarpe, il velo... ». Marietta, irriducibile, reagiva a ogni ostacolo: la dottrina la imparò
a memoria; tutto quello che sapeva di dottrina cristiana, lo aveva imparato « a forza di
memoria», dirà la madre. Non solo, ma era talmente presa dall' entusiasmo di
«conoscere la dottrina » che, giunta a casa, si faceva a sua volta « maestra dei
fratellini». Verifica dell'impegno di Marietta nell' apprendere bene il catechismo, fu il
piccolo esame al quale la mamma la volle sottoporre presso il parroco di Nettuno, don
Temistocle Signori, il quale rassicurò Assunta: «Voi affidatela alla Madonna,
mettetela sotto il suo manto e poi non abbiate paura». Infatti aveva trovato la bambina
« veramente preparata ». Per quanto riguardava i vestiti, Marietta non si faceva molti
problemi, abituata com'era ad « accontentarsi sempre dei vestiti che io le preparavo ».
E la Provvidenza avrebbe fatto il resto. « Smontati » tutti questi ostacoli posti avanti
dalla mamma, possiamo domandarci il perché di tanta fretta in questa bambina di non
ancora dieci anni, e il perché di tanta tenacia. Le testimonianze narrano che Marietta si
recava al catechismo « quasi ogni giorno... che frequentò il catechismo tutte le dome-
niche per undici mesi e che andava dalla sora Elvira, la guardarobiera del conte
Mazzoleni, tutte le volte che questa le diceva di essere libera, fosse anche per una
mezz' oretta ». Nel rispetto delle vie misteriose di Dio, e nella difficoltà di capire i
movimenti più profondi del cuore di Marietta, date le scarse testimonianze in merito,
possiamo azzardare alcune ipotesi. Davanti all'elenco di difficoltà presentato dalla
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mamma, Marietta rispose: « Mamma cara, ma così la Comunione non la faccio mai! ».
Nella sua vita quotidiana, ella rispecchiava una fede intensa, una speranza a tutta
prova, soprattutto dopo la morte del papà, una carità ardente che si traduceva nei mille
gesti del servizio in casa. Da poco aveva cominciato ad assumersi la responsabilità
quasi totale della casa. Papà Luigi era morto il 6 maggio del 1900, Marietta iniziò il
catechismo nel luglio del 1900. In questo breve intervallo di tempo, nella bambina era
cresciuta la consapevolezza della sua responsabilità, quasi del suo entrare nell' età
«adulta», e voleva imprimere a questa svolta della sua esistenza un sigillo di fede.
Nella Comunione sacramentale, Marietta avrebbe trovato la forza per motivare quel
suo progetto di servizio alla famiglia, l'amore verso la mamma e i fratellini, verso
Alessandro e il padre. Gesù-Eucaristia sarebbe stato per lei il riferimento a cui
guardare nella lotta quotidiana, nelle scelte, nelle prove di ogni giorno, che ora si
trovava ad affrontare senza la « protezione del papà ». Accanto a questa motivazione
principale, forse se ne può cogliere un' altra, più semplice e personale. Ora che il papà
era in cielo, occorreva trovare una forza nuova, Qualcuno, che l'avrebbe guidata e
avviata nelle difficoltà della vita. E questa persona Marietta la identificò
immediatamente in Gesù, già punto di riferimento della fede di papà Luigi, stella
«polare » delle scelte e dei valori: l'eredità più preziosa trasmessale dal padre. Era
anche il modo più realistico e, nello stesso tempo puntuale, per rispondere al suo
«testamento »: « tornate a Corinaldo ». Davanti alle terribili minacce della palude,
dalle micidiali malattie alle miserie morali, alla condizione di sfruttamento, alla
mancanza di « umanità » e anche di religione, Luigi aveva indicato il ritorno a Co-
rinaldo come luogo in cui fede e umanità erano assestati da secoli. Li la famigliola,
senza la sua guida, avrebbe avuto sicurezza e veri riferimenti di educazione e di
sopravvivenza dignitosa. Le circostanze imposero di rimanere alle Ferriere perché
sembrava che si potesse sopravvivere meglio, intanto che i bambini si facevano grandi.
Rimaneva però l'incubo della palude, materiale e morale. Marietta, in modo quasi
«profetico», rispose a questi eventi con la scelta determinata e forte di fare la
Comunione. In Gesù-Eucaristia avrebbe trovato forza e luce per vivere un' esistenza di
dignità e di umanità, illuminata e fondata dalla fede in Gesù e dalla volontà del Padre.
La sua vita sarebbe stata « centrata » su quel pezzettino di pane, simbolo dell'amore
assoluto di un Dio verso i suoi figli, soprattutto i poveri. Lì avrebbe impostato le sue
scelte di vita, che l'avrebbero portata alla maturazione della persona: negli affetti, nei
pensieri, nell' elaborazione di un progetto di vita adulto. Il desiderio intenso di ricevere
Gesù nell'Eucaristia, da parte di Marietta, era il suo modo di vivere l'« Avvento ». Il
vieni, Signore Gesù, Marietta, lo ha tradotto così: « Mamma, ma quando faccio io la
Comunione? ». Nella vita di questa bambina c'era quest' attesa, desiderio tipico dei
poveri e dei piccoli del Signore. Era la chiamata radicale di qualcuno che doveva
«venire » nella sua vita per darle un cibo che sfama radicalmente, un pane per la vita:
« Chi mangia di questo pane, non avrà più fame ». Marietta desiderava quel « Pane »
per mettere totalmente la sua vita in un « Patto » nuovo ed eterno, con Gesù. Nel
colloquio con lui le sue parole avrebbero avuto un confronto vitale. Sulla strada delle
beatitudini evangeliche avrebbe costruito i suoi progetti e le sue scelte quotidiane. La
Comunione non sarebbe stata per Marietta una « bella festa » - di fatto fu poverissima
-, né un momento di evasione dalle terribili condizioni della sua esistenza, ma una
risposta di impegno radicale per conformarsi a Gesù. Non per nulla la sua parola con-
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clusiva del giorno della prima Comunione fu proprio questa: « Mamma, da oggi in poi
diventerò sempre più buona».
Il «Natale» di Marietta
Era il 16 giugno 1901, in un paesino delle paludi, per un attimo vestito a festa dai
mille fiori di campo, prima della terribile estate infestata dalle zanzare della malaria.
Un giorno come tanti altri, ma per Marietta quel giorno segnò l'evento della nascita di
Gesù dentro di lei. Fu in effetti un « Natale », molto simile al primo Natale, in
dimensione piccola, quotidiana. Fu un « Natale » povero nelle commoventi « fasce »
che mamma Assunta era riuscita a preparare: « Il velo bianco lo aveva prestato la
signora Albertini; il resto del vestito lo avevo preparato io e la ornai con i miei coralli
e con gli orecchini. Anzi dovetti forarle le orecchie. Un' altra signora le regalò le
scarpe bianche e un' altra il cero. La corona del capo, fu composta con fiori di campo».
Marietta, d'altronde, si accontentava di tutto e la povertà non la spaventava certo.
Aveva altri ornamenti interiori, e questi semplici segni di festa erano armonizzati con
la sua vita semplice e priva di ogni artificio inutile. Fu un « Natale » di gioia.
Finalmente l'ora era arrivata. Ne era tutta presa. « Quel giorno non partecipò ai giochi
dei fratellini », annota la mamma. Voleva gustare questa gioia interiore; in quel giorno
avrebbe fatto il pieno di felicità, per disseminarla poi nelle mille vicende quotidiane,
presso i fratellini, primi destinatari delle sue premure. « Tornata a casa, si vedeva dal
suo volto e da tutto il suo modo di fare, il contento della Comunione fatta e già
manifestava il desiderio di ripeterla. "Teresa, quando ci riandiamo?" ». Gioia pulita e
semplice, che esplode nell'esistenza di creature abituate a durezze e sacrifici. L’in-
contro con Gesù era la meta dei suoi desideri. Aveva raggiunto la sua dimensione di
figlia di Dio, conforme al figlio Gesù, la sua identità di creatura amata da Dio fino alla
morte, la sua dignità di persona dal valore infinito: Dio si era fatto pane e cibo in lei!
Fu un « Natale » di bontà: « Prima di partire di casa», ricorda ancora la mamma, « mi
chiese perdono, e lo domandò anche ai Serenelli ». Voleva essere in pace con tutti. Fu
lei a chiedere il perdono a persone che pure la facevano soffrire, come sarà lei a dare il
perdono, sempre, senza esitare. Al fratello Angelo che, nell' attesa, stava facendo un
piccolo capriccio disse: « Pensa a chi vai a ricevere, devi essere sempre più buono ».
Una logica coerente, e le idee chiare sui significati e gli effetti della Comunione. La
parola « comunione » era legata all' altra: « buona». Ecco le traduzioni, in termini
familiari e quotidiani, delle solenni parole della liturgia: Questo è il mio corpo che è
dato per voi, questo è il sangue dell' alleanza versato per voi e per tutti. Comunione,
per Marietta, non era « festa », evasione, consolazione, in una sfera che la strappava
dalle sue dure condizioni di bambina senza infanzia, gettata in un mondo di
incombenze adulte, dai ritmi superiori alle sue forze. Anzi, la Comunione diventava il
punto di forza per affrontare meglio, con amore e fedeltà, quei doveri che sembravano
schiacciarla. Mangiando di questo pane, avrebbe « camminato per quaranta giorni e
quaranta notti », fino al monte di Dio, seminando solo amore e bontà. Fu un « Natale
di famiglia ». Nel giorno della prima Comunione Marietta è circondata da tutti i suoi,
dal suo piccolo mondo. Alla mamma Assunta chiede perdono e promette di essere
sempre più buona, regalandole un giorno di serenità in mezzo a tanta desolazione. C'è
Teresa Cimarelli, alla quale domanda: « Teresa, quando ci riandiamo? ». Amicizia,
fondata su questa complicità di fede e di amore. Ci sono i fratelli: Angelo che richiama
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dolcemente; gli altri che quel giorno non possono stare accanto alla loro « grande
sorella», ma che sono presenti tutti nel suo cuore, come lo è papà Luigi: « la sua prima
Comunione l'applicò in suffragio del babbo ». Pregò per il papà, ma di nuovo ascoltò
le sue parole e si impegnò a seguire la strada indicata da lui. Ci sono, infine, i due
Serenelli: presenza inquietante e minacciosa. Eppure Marietta dà loro una dignità
impensabile, chiedendo loro perdono e promettendo di « essere sempre più buona »,
ossia di servire anche loro e di amarli, rispondendo con la bontà alla prepotenza. Fu
infine un « Natale » di amore profondo verso Gesù, ma qui non è possibile entrare.
Siamo di fronte al mistero di un cuore e di una coscienza che si sono aperti allo Spirito
d'amore e di vita nuova. Di certo questo Spirito ha abitato in Marietta e la sua santità si
è fatta vita quotidiana.
La « Quaresima » di Marietta
Alessandro Serenelli attesta: « In quella circostanza, si fece ancora più devota, si
mostrò più obbediente. E anche in seguito continuò questo miglioramento di vita,
frutto della prima Comùnione ». E se ci fu un miglioramento così visibile, rispetto a
una vita già « santa », ci doveva essere stato un vero salto di qualità nella sua vita,
come se l'anno che le restava da vivere fosse il tempo del dono supremo, della santità
vissuta con intensità, fino alle estreme conseguenze. La conformazione a Gesù, nella
Comunione, le faceva vivere sempre meglio lo spirito delle beatitudini. Viveva nella
fiducia del Padre che è provvido con i suoi figli; senza paure di fronte alle serpi che
strisciavano nell' erba o dentro casa. Semplice e mite: incapace di voler male,
vulnerabile fino a essere ferita a morte, ma pronta sempre a dare tutto di sé, fino al do-
no della vita e al perdono del suo uccisore. Il cuore misericordioso » lo prendeva da
Gesù, venuto « per servire e non per essere servito ». Racconta la mamma: « Negli
ultimi tempi trovavo tutto pronto, preparava il pranzo, riprendeva a fare la lavandaia
senza che nessuno la stimolasse, e faceva gli altri mille servizi necessari in una casa
con tanti bambini. Stirava la biancheria, rattoppava, passava lo strofinaccio,
sparecchiava, sciacquava, rifaceva i letti, ordinava le stanze, accudiva i bambini».
Mille piccole occasioni di servizio. Beatitudini quotidiane che si sorreggevano sulle
Messe della domenica, che frequentava sempre anche a costo di due ore di cammino. «
Essa andava sempre alla Messa, per lo meno a Conca, perché non sempre le era
possibile andare a Campomorto (5 chilometri) o a Nettuno (10 chilometri) dove poteva
confessarsi... In Chiesa conservava un contegno esemplare, senza guardare di qua o di
là », dice la mamma. Questa fedeltà alle Messe nelle varie chiese della palude, è il filo
rosso che unisce l'Eucaristia e la santità vissuta nel quotidiano a « Cascina Antica ».
Lo stesso amore collegava i due momenti, fondamentali e irrinunciabili, come nei due
movimenti del cuore: sistole nell' incontro eucaristico della liturgia, diastole nell'
incontro eucaristico della vita.
La «Pasqua » di Marietta
« Teresa, domani andiamo a Campomorto? Non vedo l'ora di fare la Comunione ».
L'ultima Comunione di Marietta inizia con la dichiarazione del suo desiderio.
L'indomani avrebbe ricevuto la Comunione, ma sul letto di morte, come viatico per
l'ultimo viaggio. Quel giorno Marietta avrebbe rinnovato l'Eucaristia nel suo corpo, e
nel suo sangue: Annunciamo la tua morte, Signore, proclamiamo la tua risurrezione.
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Nel corpo di Marietta, vivificato dallo Spirito santo, Gesù avrebbe celebrato ancora
una volta la vittoria sul male e sulla morte, annuncio di un amore e di una fedeltà più
forte di ogni odio e brutalità, proclamazione di una vita che germoglia solo dall'Amo-
re creatore e che è seme e speranza di vita nuova. Il martirio di Marietta, si apre con la
parola « inferno », e si chiude con la parola « paradiso ». « Non lo fare, è peccato, vai
all' inferno », grida ad Alessandro. E’ quello l'unico vero terrore di Marietta: trovarsi
fuori dal Dio-Amore, nel cerchio dell'odio, della mancanza di ogni amore e di ogni
verità; confusa con la brutalità senza volto e senza nome, dove nessuno e chiamato, ma
tutti sono solo oggetti e maschere beffarde; dove i sentimenti sono spariti e l'umanità
non ha significato. E’ contro questo « inferno» che Manetta ha lottato con tutte le
forze: « Sembrava una leonessa», dirà Alessandro; còn in mano la corona del rosario,
preghiera dei poveri di Dio, somigliante a Maria, la donna Immacolata che schiacciò il
capo al serpente antico, padre della menzogna. E sulle labbra la dolce invocazione: «
Gesù, Gesù... Dio, Dio, io muoio», racconta Alessandro. Nel nome di Gesù, fattosi
obbediente fino alla morte, ogni ginocchio si piega e ogni male è distrutto. « Non lo
fare, vai all'inferno ». Marietta ha distrutto l'inferno nel cuore suo e in quello di
Alessandro e di chissà quanti altri di noi. « Scrivo a voi, giovani, perché siete forti, e
avete vinto il mondo. Ho scritto a voi, giovani, perché la parola di Dio dimora in voi e
avete vinto il maligno» (lGv 2,13-14). All'altro lato della sua passione, troviamo la
parola « paradiso ». « Lo perdono, e lo voglio con me in paradiso ». E’ questo il
mondo di Marietta, non nel senso di qualcosa di grandioso per le sofferenze patite, ma
il suo piccolo mondo quotidiano. Il paradiso, infatti, lo portava con sé e dove andava
lo seminava... Dalle sue mani sgorgavano bellezza, armonia, gioia; agli altri portava
sempre speranza, o aiuto, o ascolto, o correzione, o perdono: tutto per rimettere la vita
in movimento, in una risurrezione che fa « nuove » tutte le cose. E tutto questo perché
il Padre abitava in lei, perché apparteneva alla schiera dei piccoli ai quali è rivelato il
Regno; quel Regno che lei aveva accolto con cuore pieno di gioia e le mani ricolme di
dono, sempre pronta a dire « si » alla parola creatrice del Padre. In quel «sabato santo»
Marietta non fece la Comunione che tanto desiderava. Furono il suo corpo stesso e il
suo sangue a diventare materia eucaristica, consacrati dallo Spirito di santità per «
diventare il corpo e il sangue di Gesù Cristo, nostro Signore, il quale nella notte in cui
fu tradito, prese il pane... »
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LA «SANTITA’» DI MARIETTA
Una santità possibile anche a noi
La santità ci spaventa. Pensiamo che sia difficile, irraggiungibile, riservata a persone
straordinarie. E non ci sembra neanche molto desiderabile: se diventiamo santi ci
priviamo delle soddisfazioni della vita; siamo costretti a fare una vita ritirata;
perdiamo la libertà e gli interessi, le piccole e grandi emozioni quotidiane. E infine ci
domandiamo: che c'entra la santità con il lavoro, lo studio, l'amicizia, i tanti progetti,
l’innamoramento? «Santità uguale vita rovinata, ridotta all'osso ». E questo il nostro
pre-giudizio. Nulla di più falso! Ce lo dimostra Marietta: piccola e grande donna,
pienamente umana e pienamente divina; totalmente realizzata come ragazza e
totalmente unita all' infinito Spirito del Padre; radicalmente felice, nell' estensione e
nella profondità delle sue esperienze umane, proprio perché radicalmente abbandonata
nel seguire l'esperienza esigente e crocifiggente di Gesù nel suo Vangelo. Marietta
diviene pertanto la « stella luminosa » di una santità alla portata di ognuno di noi: una
santità non solo possibile, ma bella, simpatica, umana. Una santità che realizza
pienamente tutte le potenzialità della nostra personalità e del nostro progetto, facen-
doci diventare sale e lievito per tutti, acqua fresca per chi ha sete, luce per chi non
vede, seme di vita per chi è spento dentro, fiducia contro ogni paura, vita e speranza
contro ogni desiderio di morte. La santità si esprime animando e trasformando le
dimensioni profonde della persona: l’affettività nell'amore, la capacità di lavoro e di
relazione con i beni, il senso della libertà e della socialità. Nella tradizione cristiana
questi atteggiamenti fondamentali della persona, a contatto con la novità evangelica,
configurano una personalità « nuova », a immagine di Gesù. La castità assume le
potenze del cuore e le incanala verso un amore limpido e appassionato per la san-
tissima Trinità, per i fratelli, amando anche se stessi nell'Amore del Padre, di cui ci
sentiamo figli teneramente amati. In tal modo la castità diventa forza potente che
trasforma le relazioni umane, nella società e nel quotidiano. La povertà trasforma la
nostra relazione con il lavoro e i beni in un atteggiamento di ringraziamento al Padre
che, con la sua Provvidenza, non ci fa mancare nulla. E allora ci mettiamo al servizio
dei fratelli e della società con il lavoro, svolto con responsabilità e competenza,
contribuendo a realizzare il Regno già qui, nella storia degli uomini. L' obbedienza
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incanala la nostra libertà e l'affermazione della nostra originalità dentro il solco del
progetto trinitario. Scopriamo la verità di noi stessi nella chiamata fatta dal Padre,
realizziamo così il nostro « nome », impegnandoci nel discernimento e nella
realizzazione di un progetto che si scopre nuovo e originale, proprio grazie a questa
libertà che ci fa prendere strade mai tracciate. Strade che si inseriscono dentro la storia
e la società, portando in esse l'armonia e il lievito del Regno di Dio. Esploriamo, ora,
come Marietta, nella sua breve esistenza, ha vissuto questi atteggiamenti cristiani
fondamentali.
Castità
« Mamma, quando faccio la Comunione io? ». La richiesta della piccola Maria, ad
appena dieci anni, suona strana sulle labbra di una bambina che sicuramente non aveva
motivi di aspettare una festa solo esteriore. Cosa le interessava, al punto di forzare le
resistenze della mamma, le consuetudini del tempo, le difficoltà di ogni tipo? Forse
troviamo una risposta in questa frase detta al fratello Angelino, che faceva un po' di
capricci: « Pensa a chi vai a ricevere! ». Questo chi era Gesù. Nella storia breve di
Marietta, il nome di Gesù ricorre pochissime volte sulle sue labbra. Sembra piuttosto
strano, per la storia di una santa, per quanto piccola di età. Forse è il pudore di un
amore così grande e profondo, il punto di riferimento assoluto, il cuore della vita, e
nello stesso tempo l'evidenza solare di colui che è il tutto, che se non ci fosse, la vita
crollerebbe dalle fondamenta. Lo ritroveremo sulle sue labbra, in modo esplicito, nei
momenti cruciali: quelli in cui Manetta rivela chi c'era al centro del suo cuore. Nella
lotta, « agonia» e testimonianza del martirio, Alessandro riporta le sue parole: « Dio,
Dio... muoio. Mamma, mamma ». Ossia, l'invocazione alle due persone più care, con
la precedenza a Dio, cioè a Gesù, che lei avrebbe voluto ricevere quel giorno come
aveva richiesto a Teresa: .... mi accompagni domani a Campomorto, non vedo l'ora di
fare la Comunione! » Marietta è stata esaudita: ha potuto incontrare Gesù secondo le
belle parole di un grande martire antico, Ignazio d'Antiochia: «Sono frumento di Dio,
e sarò macinato dai denti delle fiere, per divenire pane puro di Cristo». La seconda
invocazione a Gesù, la ascoltiamo da Marietta nel suo perdono ad Alessandro: « Sì,
per amore di Gesù, lo perdono e lo voglio con me in paradiso ». Gesù era il suo punto
di riferimento, la sua forza nei momenti di lotta, la speranza che ricrea ogni situazione
di morte e di odio; in definitiva, era lo sposo con cui condividere le fibre più profonde
dell'esistenza. Della sua vita, aveva fatto un « andare incontro » allo sposo, con la
lampada accesa, come le vergini sagge del Vangelo. Era la presenza viva di Gesù che
dava luce e speranza a ogni più piccolo gesto, e mai nulla avrebbe deviato quel suo
sguardo fisso verso Gesù, neanche la morte. Ma questa radicalità dell’amore con Gesù,
Marietta la viveva in modo molto semplice e sereno. Dalla sua piccola biografia,
emana un' atmosfera di leggerezza, di pace, di serenità, che tutto riusciva a contagiare,
anche l'ambiente « splendido, ma malato » delle paludi. E perfino le creature più dure
e tenebrose che la circondavano. Era rivestita di gioia e di « ottimismo » (in termini
cristiani, di speranza), fino a rasentare l'ingenuità. Singolare il riferimento di mamma
Assunta a un gesto apparentemente secondario, ma quanto simbolico! Alla mamma
preoccupata per le scarse entrate, nonostante un lavoro da schiavi, Marietta dava un
sostegno quasi materno: « Essa mi faceva coraggio, dicendomi: "Mamma, fatti
coraggio, Dio ci aiuterà", e lo diceva con animo veramente confidente in Dio ». E, a
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conferma, narra questo fioretto: « Ricordo che quando io avevo paura delle serpi nella
campagna, essa mi diceva: "Vado avanti io, mamma, tu hai paura, io no", ed essa
andava davanti e le serpi scappavano ». In questo contesto, si capisce la sua
naturalezza nelle preghiere e la necessità che ne aveva: « Mamma, quando faccio la
Comunione io? Non vedo l'ora...». Alessandro conferma questa richiesta pressante. «
Tante volte io l'ho intesa chiedere alla mamma, che le permettesse di andare ai
Sacramenti... Alla Messa andava sempre volentieri, a volte anche con sacrificio di due
ore di cammino ». Questo amore verso il Dio invisibile, lo traduceva concretamente
nel corso delle giornate che scorrevano tra ore serene e ore drammatiche lungo la sua
breve esistenza, segnata da spostamenti traumatizzanti, da vicende dolorose - basti
pensare alla morte del papà -, dai morsi della povertà e della fame, da relazioni con gli
altri non sempre facili. Eppure, Marietta riusciva a trovare speranza e serenità, spesso
anche allegria, nel corso delle sue giornate. E il segreto stava nel vivere l'amore.
Amore ricevuto e vissuto dentro la famiglia: donato a piene mani e con fede robusta
dai genitori. Marietta si sentiva amata, ma anche chiamata a dare amore, e si
preoccupava che in famiglia ci fosse più amore possibile: che i fratellini non facessero
capricci, che la presenza del padre fosse sempre viva... « Fai così perché non c'è più il
babbo », disse al fratello Angelino in tono di rimprovero. Stava accanto alla mamma,
cercando di esserle unita il più possibile. Marietta dimostra una maturità umana
straordinaria nelle sue relazioni. Figlia rispettosa e confidente: la sera, rammendando i
poveri panni con la mamma « mi raccontava i fatti del giorno... Sempre, sempre,
Maria mi ha fatto l'obbedienza », attesta la mamma. « Era di carattere aperto, si apriva
con me... Era molto affettuosa, con il babbo e con me. Era coraggiosa e cercava anche
di sostenere il mio animo nelle angustie ». Con i fratelli e le sorelle era particolarmente
affettuosa e materna. C'è un ritornello nella sua giornata: «portandosi appresso i
fratellini», la mattina a casa, quando andava al bucato o alla fontana o a fare la spesa, e
la domenica quando andava a Messa... chissà quante volte con qualche fratellino in
braccio? Da ricordare che lei cominciò a prendersi cura della piccola Teresa, quando la
sorellina aveva pochi mesi. Sapeva difendere i fratelli, anche dalla mamma, quando
questa perdeva la pazienza; li sapeva però anche correggere ed educare. Quando
poteva, giocava con loro e con i bambini del vicinato. Con le persone al di fuori della
famiglia, era molto aperta, ma anche attenta. Il parroco delle Ferriere, padre Mariano
Pagliaro, a distanza di quasi un secolo, ha potuto raccogliere testimonianze di affetto e
di simpatia della popolazione di quel borgo, rilevando quale eco straordinaria questa
bambina ha lasciato con la sua santità sorridente e semplice. Rivelatrice della sua
capacità di relazione matura è l'amicizia con la signora trentenne Teresa Cimarelli,
amica di famiglia, sua grande confidente e maestra nelle cose della vita e della fede.
Le scelte di Marietta erano sempre coerenti: solo le beatitudini del Vangelo potevano
entrare dentro la sua esistenza. Questo spiega come abbia saputo vivere il mistero della
sua affettività e il significato sacro della sessualità, con una coerenza che l'ha portata
alla testimonianza suprema del martirio. Ma ancor prima del momento supremo della
sua « passione », Manetta, aveva fatto la scelta netta e radicale. Prova ne è questo
episodio: « Una volta dalla finestra, una fanciulla parlava con un giovane che era di
sotto, mentre Marietta attingeva l'acqua alla fonte vicina. Il colloquio dei due non era
corretto, in quanto a moralità, e la Maria ne rimase scandalizzata ». Lo riferì alla
madre e questa la mise in guardia. Marietta rispose: « Se io avessi a parlare come essa,
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è meglio morire ». Ed ella morì davvero. Mentre Alessandro cercava di usarle
violenza, e lei si ribellava con tutte le forze, gli disse parole che sono rimaste come
stampate con il fuoco nella mente di Alessandro: « Dio non lo vuole, tu vai all' inferno
». Marietta viveva nell'orizzonte del paradiso: questa era la sua sfera di vita, e fuori era
l'inferno. La sua grande certezza è questo amore di paradiso, ossia della vita, della
fede, dell'amore di Dio fonte di vita; della Trinità, grembo di ogni bellezza, di ogni
bene e di ogni luce. In questo grembo Marietta viveva, e soltanto lì, attratta dalle
beatitudini, dalla vita nuova nello Spirito, dalle cose di « lassù », dove lassù significa
amore per la vita in Dio Padre, intessuta dalla carità splendente di Gesù. Questa era la
purezza profonda di Marietta che aveva sbarrato la strada, con la spada
fiammeggiante, a ogni tentazione di separazione diabolica. Nulla di diverso era
riuscito a entrare: nessun amore per il niente, per la morte, per la divisione, per
l'egoismo, per l'opacità, per le tenebre, per la ribellione, per la superbia, per la
violenza, per la bruttezza, per il gusto morboso di farsi il centro del mondo, per la
seduzione del vuoto. Questo era l'« inferno » che né Dio, né lei « volevano ». In questo
Marietta non ha fatto un atto di « eroismo a morire trafitta dalle pugnalate di
punteruolo », ma ha difeso il suo Paradiso, la sua felicità, la sua vita profonda
nell'orizzonte di luce del Padre, e ha voluto trasportare con sé anche Alessandro.
Infatti, il suo uccisore sarà un giorno sconfitto dall' inerme fanciulla. « Sognai la
Maria, tutta vestita di bianco, che raccoglieva in un giardino, dove io mi trovavo, dei
gigli candidissimi e li porgeva a me, a uno a uno. Nel consegnarmeli, si trasformavano
in tanti lumicini accesi come candele ». Tutti i simboli della vita nuova, del battesimo,
del Paradiso: la veste bianca, la candela accesa, il nome, il dono, la bellezza. Questa è
la castità di Marietta: vivere di amore vero, semplice, quotidiano, totale, e vivere di
solo amore, fino a dare la vita, per testimoniare che quel che conta è l'amore e che solo
l'amore dà vita ed è vita.
Obbedienza
«No, no... Dio non lo vuole». Marietta sapeva bene che c'erano cose che Dio voleva e
altre che non voleva. « Il Padre vuole che tutti abbiano la vita e l'abbiano in
abbondanza » (Gv 10,10). Per Marietta, la volontà del Padre era il filo rosso da seguire
in modo incondizionato, proprio perché la portasse sempre sui sentieri della vita. Era
stata educata a mettere Dio al primo posto, non già perché fosse da temere o da
considerare lontano e superiore, ma perché era la fonte di ogni bene e solo seguendo le
sue parole, si poteva crescere e maturare fino alla statura perfetta in Gesù: figlio
obbediente, figlio del « sì », in cui si realizza la pienezza dei valori umani. « Il legame
a Dio è il valore fondamentale, la ragione che dà un senso pieno alla vita e alla morte
della nostra Marietta. Dio rivelò il suo amore e il suo disegno precocemente nel cuore
e nelle azioni di Manetta. Sorprende come una bambina possa inserirsi in questo
disegno di "adulta", calcando decisa la matita per tracciare linee che il buon Dio
guarda compiaciuto » (Giovanni Alberti, storico). Questa obbedienza nella fede, alla
volontà del Padre, Marietta l'ha ereditata dalla famiglia. « Non fa meraviglia », dirà
Alessandro, « che la piccola Maria, crescesse così buona, perché i suoi genitori ne
davano l'esempio ». Marietta faceva tesoro dell' insegnamento dei suoi e desiderava
con forza ascoltare e imparare le « cose della fede ». Racconta mamma Assunta: « Più
volte mi ha chiesto di parlarle in proposito. Non ricordo sia mancata alla Messa e, pur
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non sapendo leggere, si era imparata a memoria l'Ave Maria, il Padre nostro e le altre
preghiere, e soprattutto il santo rosario, che le era indispensabile come l'aria che
respirava ». Era molto attiva nell' imparare la « dottrina », la parola di Dio, attraverso
la mediazione della Chiesa nel catechismo o nella liturgia. Per prepararsi alla prima
Comunione chiese alla mamma: « E il tempo libero, voi me lo lasciate per andare a
Conca, a imparare la dottrina. C'è pure don Alfredo Paliani, che viene la domenica da
Cisterna; lui pure me la insegnerà, quando vanno gli altri che si preparano». E
ascoltava con grande attenzione e sensibilità. Era così immedesimata di quello che
imparava dalla sora Elvira che, la sera in casa, insegnava ai fratellini ciò che aveva
appreso a Conca. « Era istruita nella religione, e tante volte l'ho vista farsi maestra ai
fratellini », dirà Alessandro. La mamma ricorda l'attenzione di Marietta alle prediche,
o alle varie funzioni religiose, unici momenti liturgici in cui si parlava italiano e non
latino; in particolare riporta la commozione della figlia, dopo la predica sulle sette
parole di Gesù in croce, ascoltata al Santuario di Nettuno. Singolare anche la presenza
dei Padri Passionisti, sia a Paliano sia alle Ferriere: anch' essi strumenti della
Provvidenza per educare Marietta alla sapienza della Croce e all'Amore verso tutti i
crocifissi di questo mondo. Marietta rivelava anche di avere una grande capacità di
discernimento. Sapeva leggere i segni di Dio nella sua storia, in quella della famiglia,
e si disponeva immediatamente a reagire, cercando d'istinto la volontà di Dio. Ha
saputo reagire alla morte del papà con queste parole, le prime registrate sulla bocca
della bambina: « Mamma, non ti preoccupare... Io prendo il tuo posto in casa ». Ed
effettivamente Maria « era quella che reggeva la casa » e « guardava i fratellini ». In
questa condizione, responsabile della casa, senza un riferimento sicuro come il papà,
davanti alle prime minacce di Alessandro, chiede con forza di essere ammessa alla
Comunione: « Mamma, quando faccio la prima Comunione io? Non vedo l'ora! »
Padre Mariano Pagliaro ha raccolto le testimonianze dell' inserimento di Marietta nel
borgo delle Ferriere, attraverso i racconti della tradizione popolare: « Partecipava, per
quanto i suoi impegni le permettevano, alla vita della piccola borgata, distinguendo
bene le amicizie positive da quelle negative e divenendo, essa stessa, punto di
riferimento e di esempio. Marietta non viveva nel suo villaggio con senso di estraneità,
ma corresponsabilmente, rispondendo in prima persona, quando i ragazzi sono
chiamati a esprimere la loro vivacità e creatività nelle feste religiose, come nella
piccola infiorata del Corpus Domini... Le esperienze di gruppo, consistevano in
incontri spontanei, al centro del villaggio, o nei boschi in comitiva per la ricerca di
erba, funghi. Le ragazze organizzavano anche preghiere, nelle varie case, per il mese
di maggio e di ottobre. Anche i giochi avevano la loro importanza ». A conclusione di
questo percorso nella memoria popolare, anche a cento anni di distanza dai fatti,
l'autore della ricerca conclude: « Le tracce che Marietta si è lasciata dietro, parlano di
una tenera umanità e del fascino proprio dei santi, che costruiscono l'ambiente con una
carica tale, da rimanere nei secoli, come una forza benefica ». Un discernimento tutto
particolare, Marietta lo ebbe nella lotta suprema della sua vita, quando le tentazioni di
Alessandro si rivelarono in tutta la loro brutalità. Da allora, fu vista in tutti i momenti
liberi, con la corona in mano, mentre la volontà di ricevere l'Eucaristia si faceva
sempre più pressante. Divenne sempre più vigilante, pronta a combattere contro ogni
tentazione di tradire Gesù, a costo anche della vita. Questa vigilanza si concretizzava
in atteggiamenti pratici, e Alessandro se ne accorgeva: « La Maria nei giorni seguenti,
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cercava di non stare sola con me e io lo rilevai bene ». Perfino il giorno del martirio,
Marietta non stava sola: c'era la piccola Teresa, testimone non cosciente dell' eroicità
della sorella. E fu un combattimento difficile, nel quale ebbe modo di sperimentare
l'incomprensione, la solitudine, l'« abbandono » della croce che l’unì ancor più forte-
mente a Gesù. Tenne nel cuore questo segreto e da sola ne portò il peso. Perché
Marietta, così confidente con la mamma, non le disse nulla? Forse perché era un fatto
vergognoso che lei non riusciva a far entrare nel suo mondo cosciente? O perché il
dire tutto, avrebbe fatto scoppiare tensioni insanabili tra le famiglie Goretti e
Serenelli? O perché sperava che si trattasse di una prova temporanea, dato che
Alessandro doveva partire per il servizio militare? La risposta è chiusa nel segreto del
cuore di Marietta. Cuore pronto a offrire se stesso in sacrificio. Offerta portata avanti
con radicalità e semplicità, quasi con naturalezza, come fa intuire l'ultima spiegazione
del suo silenzio: « Mi aveva detto che mi avrebbe ammazzata, se ve lo dicevo. E tanto
poi, mi ha ammazzata lo stesso ». L’obbedienza di Marietta si traduceva e si concre-
tizzava nella piccola obbedienza quotidiana. Obbedienza alla mamma, anzitutto:
«Sempre, sempre, Manetta mi ha fatto l'obbedienza ». « Alla prima chiamata della
mamma », conferma Alessandro, « lasciava ogni cosa e rispondeva obbediente ». « So
che faceva tutte le faccende di casa, con attività e diligenza e che era obbedientissima
alla mamma » (Filippo Vari, fattore della Tenuta Mazzoleni). La sottomissione di
Marietta non era un atto servile o infantile, era il « sì » detto al Signore, che si
manifestava nelle circostanze e nelle presenze quotidiane. Piccoli gesti, umili servizi,
atti di bontà e di delicatezza, sempre rinnovati con la freschezza e l’entusiasmo del
primo giorno. Era il Signore da servire. Li, in quelle quattro mura di « Cascina Antica
», esercitava il suo sacerdozio regale, nell'offerta di se stessa. La santità di Marietta sta
nel porre la sua volontà al servizio del disegno del Padre, tradotto nell'obbedienza ai
suoi doveri di figlia, di sorella, di responsabile della casa. Tutto questo con la
leggerezza e la vivacità di chi « dona con gioia», di chi sa rendere festoso ogni
momento feriale, perché lo trasforma nel tempo di Dio. L'obbedienza di Marietta si
estendeva a tutte le persone che, in un modo o nell'altro, le rappresentavano la volontà
di Dio. Non sempre le è stato facile ubbidire alla mamma che spesso la riprendeva
senza motivo, solo perché era preoccupata e molto nervosa; a volte erano perfino
schiaffi o calci. Eppure Marietta .... prendeva la sgridata immeritata con calma e
seguitava le sue faccende non portandomi affatto il broncio ». La mamma conclude
così: « Se a volte l'ho sgridata, è stato perché io, sentendomi nervosa, eccedevo senza
che essa ne avesse colpa, e ancora oggi me ne faccio rimprovero ». L'atteggiamento di
Marietta denota grande maturità: capire lo stato d'animo della mamma, non giudicarla,
aiutarla a ritrovare serenità, farle sentire il suo affetto anche in quel momento di
offesa, e... perdonare, perdonare sempre. Stesso atteggiamento anche con i Serenelli;
Giovanni la trattava con disprezzo, specialmente i primi tempi, poiché cucinava in
modo inesperto. E lei: « Non vi inquietate, un' altra volta farò meglio ». Per
Alessandro faceva quello che doveva fare, e anche qualcosa di più: lo trattava come un
fratello. l'ultimo servizio della sua vita è stato quello di rammendargli la camicia:
risposta singolare agli atteggiamenti di prepotenza! Marietta aveva escluso ogni
cattiveria dal suo cuore per voler bene, per vincere il male con il bene, ben sapendo
che « l'amore vince ».
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Povertà
Marietta faceva parte della schiera dei poveri di spirito, ai quali appartiene il Regno
dei cieli. Lei poteva mettere in pratica alla lettera, le parole di Gesù: « Non
preoccupatevi di ciò che mangerete odi ciò che vestirete..., il Padre vostro sa di che
avete bisogno »(Mt 6,31-32). Le sue poche e semplicissime parole sembrano un' eco
immediata al Vangelo. Alla mamma, preoccupata e quasi disperata dopo la morte del
marito, propone con forza: « Mamma, non ti preoccupare. Dio non ci abbandonerà. Tu
prendi il posto di papà in campagna, e io proverò a mandare avanti la casa.
Camperemo, vedrai ». Questo carattere di piena fiducia nel Padre, che non abbandona
mai i suoi figli, faceva sì che Marietta avesse nel cuore un orizzonte di serenità e di
«contentezza». Non è un tratto comune ai santi, questo sentimento di allegria e di
gioia? Domenico Savio, altro adolescente santo, affermava: « Noi facciamo consistere
la santità nello stare sempre allegri». E Marietta era « contenta » in tutto; « nel-
l'obbedire era sempre ilare e pronta ». Testimonia Alessandro: « Si contentava di
qualunque abito le facesse la mamma », la quale conferma: « Non era vanitosa... non
ambiva vestitini nuovi o altro, si rimetteva serenamente a quanto io disponevo ». Al
fratello Angelo che, la mattina della prima Comunione, faceva storie perché le scarpe
non erano di suo gradimento, rivelò il suo pensiero: « Angelo, non fare così. Gesù non
guarda le scarpe se sono nuove o no. Lui guarda il cuore ». E da qui si vede come
Marietta guardasse ai valori dalla parte del cuore, cioè dell' interiorità, e che tutto è
bello se viene da Dio; la bellezza sta dentro; è il Padre che riveste i gigli dei campi nel
loro splendore. Commovente la descrizione dei vestiti della prima Comunione fatta
dalla mamma: « Il velo bianco lo aveva prestato la signora Albertini. Il resto del
vestito lo avevo preparato io, e la ornai con i miei coralli che poi sono stati rubati, e
con gli orecchini che ho ancora la fortuna di portare io... Un'altra signora le regalò le
scarpe, e un' altra ancora il cero. La corona del capo fu composta con fiori di campo ».
Bellissima mescolanza di povertà, di bellezza e di semplicità. La povertà allegra e
serena di Marietta non era certo basata su un ingenuo infantilismo o dall' ignoranza dei
drammi della vita. Ne aveva conosciute di durezze e di tragedie... Condivideva in
pieno la terribile situazione dei contadini poveri dell'Italia fine '800: sfruttati e
spremuti come schiavi da padroni esigenti, spesso spietati; spostati da una regione
all'altra, con continui sradicamenti negli affetti e nelle tradizioni, in balia delle
malattie, di una fame cronica, di una rassegnazione senza speranza umana in cui la
morte era calcolata come una componente normale. A tutto questo, la famiglia Goretti
reagiva con dignità e con forza: con la fede nella Provvidenza che sta al di sopra degli
uomini e con i valori dell' onestà e del lavoro. Papà Luigi ne aveva dato l'esempio cer-
cando di lavorare fino all'ultimo, noncurante della malattia mortale: sapeva che il suo
dovere di padre e di lavoratore era il dono di sé, fino alla morte. Assunta aveva
condiviso in tutto l'atteggiamento del marito, con ancora maggiore consapevolezza dei
pericoli. Ora che ne aveva preso il posto, portava avanti il suo lavoro con grande
tenacia. Marietta aveva assunto questo stesso atteggiamento di sacrificio e di dono di
sé, con tutta naturalezza. E si impegnava nel suo «lavoro » di adulta, cresciuta dentro
una realtà dura, affrontata seriamente. La mamma lo conferma: « Per la sua età, nel
contegno e nel modo di comportarsi, aveva più della donna che della fanciulla, in
quanto era essa che mi suppliva in tutte le faccende domestiche, soprattutto dopo la
morte del babbo ». E ogni lavoro era fatto nel miglior modo possibile: « So che faceva
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tutte le faccende di casa con attività e diligenza, e che era obbedientissima alla mam-
ma. Mi ha fatto sempre meraviglia la sua serietà nel parlare e il suo fare di donna
matura » (Filippo Vari). « Era sveltina, intelligente, capace del fatto suo nel saper
spendere » (Pasquale Felici, padrone della drogheria di Conca). Naturalmente anche
Marietta ha dovuto imparare, ma dimostrava voglia di migliorare e di perfezionarsi in
tutto, come fanno capire queste parole, pronunciate dopo le prime esperienze nella
cucina: « Non vi inquietate, mamma, un' altra volta farò meglio. Imparerò a fare tutto
bene ». Racconta la mamma: « Prima che arrivassero gli uomini, arrivavo io per
terminare, ma specialmente negli ultimi tempi, era tutto pronto. Se c'era da fare la
spesa, Maria andava, e la sapeva fare bene ». Un altro tratto della sua povertà, lo si
può cogliere nell' attenzione agli altri, specialmente ai più « poveri». A cominciare
dalla sua famiglia: « Aveva un cuore generoso verso di me e verso i fratellini; nel
mangiare contentava prima gli altri, e poi se stessa. E non assaggiava nulla, se prima
non avesse fatto la parte a me e ai fratellini... Se le sembrava che io avessi preso poco,
insisteva perché prendessi dell' altro, dicendo: "Prendete, mamma, io sono più piccola
di voi ». Esempio significativo della sua capacità di condividere e di donare. Ma la sua
attenzione era rivolta anche ai « poveri Serenelli », che Marietta serviva con amore e
pazienza. Padre Mariano Pagliaro è riuscito a ritrovare nella memoria popolare anche
la squisita bontà di Manetta verso i « bisognosi » del borgo delle Ferriere. « Mio padre
era solo, e per questo tante volte era ospite della famiglia Goretti », testimoniò
Bartolomeo Bernacchi. « Lo ricevevano a pranzo o a cena, più di qualche volta, con
squisita ospitalità... Egli soleva ricordare l’amabilità della Marietta nel riceverlo in ca-
sa. E’ lui che ci ha tramandato l'ardente desiderio della ragazza di aiutare i poveri
monelli, e le bande di ragazzini scapigliati; e per quanto poteva, lo faceva». Continua
padre Pagliaro: « Condivideva il pane con dei ragazzi, alcuni dei quali anche
piccolissimi, che vagavano in bande, nelle foreste e per i campi allagati». Marietta è la
povera del Padre, piena di fiducia nella Provvidenza, pronta a dare le sue mani e il suo
cuore, per rendere tutto bello e pieno di dono. La creatura povera che si fa attenta
verso chi non ha nulla, per poter essere lei stessa « sacramento » dell'Amore di Dio
verso i piccoli e i poveri. La nostra piccola santa è stata veramente una creatura casta,
povera e obbediente. Casta come una goccia di rugiada, che risplende della luce del
Dio-Amore e della trasparenza della sua carità verso tutti. Povera come i passeri del
Vangelo, ricca solo della Provvidenza del Padre, semplice e piccola nel donare tutto di
sé. Obbediente come Maria, la serva del Signore e dei fratelli, nell'operosa e vigilante
attesa dello Sposo, nella ricerca costante della volontà del Padre: impegnata a lottare e
servire affinché l'Amore, che fa nuove tutte le cose, potesse vincere.
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MARIETTA CASA DELLA TRINITA’
La vita di Marietta risplende di luce trinitaria. Anche se breve, come la vita di un fiore
di campo, è tutta illuminata dall' amicizia di Gesù, suo compagno di traversata. In così
poco tempo, in una vita così semplice, in una palude di avversità, il piccolo fiore ha
percorso facilmente la strada verso la santità dando la mano fino a stringerla forte a
quel Gesù che sentiva vicino, che vedeva presente. Le preoccupazioni, l'ansia di
certezze materiali, la paura del futuro, le sofferenze, sono state per Marietta
l'occasione per abbracciare più forte la speranza. La sua « forza » è evidente: ella è
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certa che la gioia è possibile; che condividere dà felicità; che la fede in Dio Padre e la
vita in Gesù e nello Spirito, illuminano anche le notti più dure della vita.
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MARIETTA, UNA SANTITA’ «FATTA IN CASA»
Vita è fede, fede è vita
È così intrisa di fede la vita di Marietta che è impossibile distinguere i due momenti,
come se fossero diversi. Era preghiera l'orazione della mattina non appena si alzava,
ed era preghiera il preparare ogni cosa perché la giornata cominciasse ordinata e labo-
riosa per tutti. Insegnava le preghiere ai fratellini, e li educava, li faceva giocare, li
organizzava con la stessa naturalezza, così che la preghiera era un gesto quotidiano.
Andava assiduamente al catechismo ed era attentissima, conservando tutto a « furia di
memoria»; era responsabile nella conduzione della casa, nella scelta dei valori, nel
progettare per sé una vita piena di sacrificio, di purezza e di gioia semplice. La sera
spesso si addormentava recitando le preghiere, mescolando fatica giornaliera, in un
corpo già reso adulto dal senso di responsabilità e di autonomia, con la familiarità
rispettosa e filiale verso il Padre. La sua giornata era tracciata nel solco fecondo e
semplice della volontà di Dio, riconosciuto nella concretezza del lavoro, del servizio
alla famiglia, dell'educazione ai fratellini. Una « stella » la sua fede, per guidare e dare
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dei criteri ai tanti gesti ripetitivi e apparentemente banali: andare al pollaio, innaffiare,
spazzare, cucinare, lavare, rammendare, prendere l'acqua, far giocare, educare. Sempre
e solo la volontà di Dio in atteggiamento di obbedienza filiale; un sì semplice, duro e
gioioso insieme; un' attenzione a scorgere i segni della volontà di Dio nella lettura
delle vicende della famiglia, e nell'attenzione alle proprie capacità in evoluzione;
volontà di donare, di mettersi a disposizione senza complicazioni di calcoli, montature
di ostacoli o vittimismi; semplicità e naturalezza nello svolgere il proprio dovere,
senza fabbricarsi aureole o sentirsi protagonisti di qualcosa di eccezionale; capacità di
mettersi all'ultimo posto. Non per nulla a tavola si serviva sempre per ultima e le parti
migliori le riservava agli altri... E’ come cemento che tutto unificava: l'amore. Faceva
tutto per amore e con amore: « Imparerò a fare tutto bene », disse riguardo alla cucina
dopo i primi scarsi risultati. « Mai avrei pensato che mia figlia poteva essere
proclamata santa... Mai mi ha fatto una disobbedienza ». Due affermazioni per
indicare una santità di tutti i giorni. La santità di Marietta camminava, infatti, lungo le
scale fatte e rifatte centinaia di volte, spesso carica d'acqua e di pesi e con le sorelline
per mano o in braccio. Camminava per le vie del piccolo centro, la via della fontana,
del fiume dove lavava i panni, la strada di campagna verso Conca dove faceva la spe-
sa... E lungo quelle strade non perdeva tempo con nessuno, preoccupata di tornare
presto a casa per sbrigare le molteplici faccende che l'attendevano, e per le sorelline.
Nella giornata, mille spostamenti giù per il pollaio, per l'orto che curava lei
direttamente, per i campi nei quali spesso andava a portare da mangiare e da bere ai
lavoratori. Era una santità laica quella di Marietta, una santità che si esprime attraverso
il servizio, nei gesti semplici e fondamentali della vita di ogni giorno. Le sue mani, il
suo cuore, la sua mente, il suo corpo, erano il « luogo » per realizzare il progetto di
Dio. Perciò Manetta considerava se stessa come non appartenente a sé, cosa di cui
poter disporre a propria fantasia, ma luogo e strumento della volontà del Padre. In que-
st' ottica il martirio della piccola, ma già autonoma fanciulla, rappresenta un gesto
normale nella logica di questo dono. Ella sapeva che solo l'amore crea, che solo Dio dà
vita. E lei lottava contro ogni forma di morte, di scoraggiamento, di abbattimento, di
impoverimento degli orizzonti della vita. « Mamma, camperemo, camperemo... la
Provvidenza ci aiuterà ». Per questo dalle sue mani e dal suo cuore scaturivano solo
proposte positive di creatività, di crescita, di aiuto, di amore, di collaborazione, di fi-
ducia. Sapeva che la vita e la realizzazione stavano lì, il resto non la interessava. Ed
era quindi normale per lei non cedere a seduzioni distruttive, alternative, trasgressive.
Testimonia Alessandro: «A una mia proposta reagì immediatamente, senza neppur
comprendere il male al quale la invitavo » Nell'orizzonte di Marietta c'era posto solo
per il bene: .... mi voleva far fare del male ed io non ho voluto ». Lei intuiva che il
male non è libertà ma distruzione, e si sentiva libera nel proporre e costruire ogni
giorno nuove occasioni di vita. Si, la vita era la risposta esistenziale, concreta della
fede di Marietta; la fede illuminava e dava forza alla sua vita, in uno scambio di
completamento reciproco. Nella storia di questa ragazza, c'è un quadro che fa da « filo
rosso » nelle tre tappe del suo piccolo esodo di figlia di poveri contadini emigranti. E
il quadro della Madonna, che la mamma aveva affidato proprio a lei. Marietta lo portò
da Corinaldo a Paliano e da Paliano lo «trasferì» alle Ferriere di Conca. Maria, di cui
ella portava il nome, era un po' il suo progetto. Una donna, una creatura umana inserita
nella storia e nelle vicende del suo tempo e del suo paese, pienamente orientata dalla
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parola di Dio, in un cammino duro e misterioso, ma fecondo di vita per lei e per tutti.
Come Maria, anche Marietta si faceva « serva » per amore; il suo sì era semplice,
immediato, quasi naturale. Come Maria ai piedi della croce, alla morte del papà ella
trovò il coraggio di proporre speranze e disponibilità: « Camperemo, mamma... Dio ci
aiuterà ». Anche lei, come Maria, aveva attenzione a tutto, si metteva a disposizione di
tutti, tanto da essere per i fratellini « più mamma della mamma ». Ersilia, la sorellina
più grande, mentre subiva l'operazione in seguito al trauma causatole dall' uccisione
della sorella, gridava: « Marietta, aiutami » Come la grande Maria, anche lei aveva
scelto Dio e il suo Regno, non concedendo nulla di se stessa al male, all'egoismo, al
ripiegamento su di sé, a un suo progetto diverso da quello voluto dal Padre. Marietta
sapeva di essere fragile, perciò pregava tanto: « La corona le era diventata
indispensabile, specialmente nel momento delle tentazioni di Alessandro », testimonia
la mamma. « Portava la corona quasi sempre tra mano... e l'ultimo giorno mi pare che
fu trovata a pezzi, là per terra sul pavimento ». La sua fede, così legata alla vita e alle
vicende quotidiane, era sempre una risposta adeguata, anzi, per lei l'unica risposta ai
problemi e ai misteri della vita. La sua non era una fede astratta o rituale, ma seguiva
da vicino il tessuto quotidiano dell' esistenza e la impegnava a vivere scelte e
orientamenti alla luce di Gesù e del suo Vangelo. C'era un continuo passaggio dalla
chiesa di Conca, di Campomorto o di Nettuno, ai viali di Ferriere, alle stanze della «
Cascina Antica », ai sentieri di campagna, ai luoghi quotidiani. In chiesa, Marietta
riceveva Gesù ma lo viveva nella sua casa; in chiesa ascoltava la parola di Dio, la «
dottrina », ma la testimonianza la dava dentro la cucina, in un giorno qualsiasi, durante
le sue normali faccende di casa. Li viveva lo spirito di Gesù, l'amore, fino a
dimenticare se stessa, il senso del sacrificio che non calcola, la serenità e la fiducia, la
fedeltà e il dono di sé fino all' estremo. In Marietta si nota questo continuo passaggio
dalla fede alla vita e dalla vita alla fede, portando nella fede tutta la sua umanità e, nell'
esistenza quotidiana, tutte le luci e la forza della sua fede. Esempio di vera laicità che
sa portare la fede nelle realtà secolari e sa vivere la fede all'interno dell' impegno
quotidiano. Esempio di peffetta integrazione tra « fede e vita », in un rapporto che non
è mai di estraneità né di strumentalizzazione, ma di reciproco scambio, anzi d'identità
vissuta nella dimensione più profonda.
I Giubilei di Marietta
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Nella sua breve esistenza, Maria Goretti ha vissuto il grande Giubileo del 1900. Era
papa Leone XIII, il papa della prima grande enciclica sociale Rerum novarum. Erano
anni di grandi fermenti sociali, di povertà e di emigrazioni, di lotte operaie e di
formazione di strumenti per l'emancipazione delle classi più povere. All' interno della
Chiesa si era sviluppato un movimento di attenzione verso le nuove povertà sociali
con le leghe operaie e contadine, le banche rurali, le cooperative. L'azione sociale e
politica dei cattolici si faceva sempre più incisiva, attraverso l'opera dei Congressi e
l'impegno a tutto campo dei vari rami dell'Azione Cattolica. Marietta sembrava
estranea a questo mondo in evoluzione rapida e di dimensioni senza confronti con i
piccoli eventi del suo mondo quotidiano. Eppure anche lei vi era immersa; anche lei
con la famiglia partecipò al dramma della povertà, dell' emigrazione, delle condizioni
sociali e umane drammatiche; anche lei diede un contributo per elevare la dignità di
quelle popolazioni. Si ribellò al degrado di ogni genere, alla situazione dei coloni delle
paludi, collaborando - anche se inconsapevolmente a trovare vie di salvezza
nell'elevazione di ogni tipo di valori. In questo spirito reagi al suo « personale » e
drammatico giubileo: il 6 maggio 1900, alla morte del suo affezionatissimo papà
Luigi, per la prima volta « esce fuori » Marietta che percorre la strada della fede e
della santità. Forse proprio qui - di fronte al papà che lottava per resistere alle terribili
malattie che lo stavano devastando - Marietta avverti la sua «vocazione ». Il Signore la
chiamava ad assumere un ruolo di responsabilità dentro casa. Ma più ancora la
chiamava a imboccare una via di dedizione assoluta sulla via della fede, a dire un sì
irreversibile e totale alla sua volontà che cominciava a interpellarla personalmente. In
questa « annunciazione » così drammatica, Marietta reagì con una fede e una
generosità che rimasero scolpite nella memoria di don Alfredo Paliani, recatosi a
portare i conforti religiosi al papà morente: « In quell'occasione la vidi premurosa
verso il babbo e notai che invocava la Madonna perché lo aiutasse ». Il « si » di
Marietta alla chiamata a questa maturità nella fede si manifestò in due gesti precisi. Il
primo fu la proposta che si sentì di dover fare alla mamma schiacciata dal dolore e
disorientata nelle decisioni che doveva prendere dopo la morte del marito: rimanere o
fare ritorno a Corinaldo secondo il desiderio di Luigi? E la piccola Teresa, di tre mesi
appena, a chi affidarla? E gli altri figli? E poi tutti i lavori di casa: le faccende, il
bucato, la cucina per nove persone, di cui due uomini esigenti? A dissipare questi
dubbi e a sollevare con un po di serenità la povera donna, offana dei genitori fin dalla
nascita e ora privata dell' unico sostegno e delI' affetto che aveva trovato, ecco la
risposta limpidissima di Marietta: « Coraggio, mamma», mi diceva, « perché piangete
così? Ormai ci facciamo grandi... Camperemo, camperemo. Voi prendete il posto di
papà in campagna e in casa ci rimango io. La Provvidenza ci aiuterà ». La mamma
racconta a padre Mauro, il postulatore della causa di beatificazione, che « la Marietta,
intelligente e buona, comprese più di ogni altro la sciagura piombata sulla nostra
famiglia, e sebbene di soli nove anni e mezzo, cominciò a sostituirmi in tutte le
faccende di casa anche le più faticose, cercando con ogni mezzo di aiutarmi, essèndo
io costretta a lavorare nei campi come un uomo dalla mattina alla sera». « Per il suo
modo di comportarsi aveva più della donna che della fanciulla». Questo giudizio della
mamma è la conferma del nuovo cammino di Marietta: un sì pieno e maturo alla
mamma, alla famiglia, a Dio Padre. Il secondo gesto, che rivela la pienezza della ri-
sposta di Marietta alla volontà del Signore che la chiamava alla responsabilità della
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famiglia in un dono totale, fu la sua nuova sistemazione. L'ordine delle camere da
letto, dopo la morte di papà Luigi, fu radicalmente cambiato. « Nella prima camera da
letto a sinistra (della cucina) prese posto Giovanni Serenelli, nella seconda si erano
sistemate mamma Assunta, Marietta e le altre bambine; nell' ultima i maschietti». Ora
se ne stava nella camera della mamma, così la sera potevano parlare di quello che era
successo in giornata e programmare l'attività del giorno seguente: « Lì, testa a testa, mi
raccontava tutte le piccole cose della giornata, dei fratelli e d'ogni cosa; si prendevano
gli accordi per la mattina dopo. Si metteva vicino a me attorno alla lucerna a olio a
rammendare giubbe, calzoni, camicie o altro. Quando avevamo finito andavamo in
camera dei fratellini per vedere se dormivano, rimboccavamo le coperte... » Questa la
sua scelta, il suo « si » alla chiamata del Signore. Come Maria di Nazaret anche
Marietta accettò di diventare madre e di mettere tutta la sua vita a completa
disposizione dei fratellini: con tutto il cuore, tutte le forze e tutta la mente. Il giubileo
del 1900 Marietta lo celebrò dentro le mura di « Cascina Antica » dicendo si al
Signore che, con la morte del papà, le aveva fatto conoscere la croce e le aveva
richiesto il pellegrinaggio nella fede, chiamandola al dono totale di una « maternità»
per la sua famiglia: un pellegrinaggio alle porte di casa. Il secondo giubileo - quello
del 1950 - Marietta lo visse in cielo. Ma anche li fu protagonista. Nel cuore dell'Anno
Santo indetto da papa Pio XII, e precisamente il 24 giugno, il sommo Pontefice la pro-
clamava santa. Era il primo giubileo dopo la terribile seconda guerra mondiale.
Occorreva ricostruire la civiltà dalla base. La figura di Maria Goretti, già proclamata
beata tre anni prima, offriva una testimonianza di santità basata su scelte e valori sui
quali si poteva fondare un futuro degno dell' umanità: dignità, servizio, amore della
famiglia, dedizione alle persone, accoglienza e perdono, lavoro quotidiano, senso della
persona, fede integrata nella vita, rispetto della vita, interiorità profonda, preghiera del
cuore, senso della comunità... Forse non tutta la spiritualità di Marietta venne colta in
quegli anni; molti si bloccano sul fatto di sangue e davanti all'eroismo della piccola nel
respingere il suo assalitore. Ma piano piano sta emergendo la vera «statura» di santa
Maria Goretti. Una santità fatta in casa, nel senso di genuina. Marietta ci ha di-
mostrato che la santità non richiede cose straordinarie, capacità eccezionali, gesti
eroici. Il martirio stesso per Marietta era una cosa da evitare per non danneggiare la
famiglia. Lei non parlò quando Alessandro la minacciò di morte se avesse svelato i
suoi intenti. Sperava che la bufera passasse con la partenza di Alessandro per il
servizio militare... La santità di Marietta era la santità del quotidiano, ma dentro ogni
gesto c'era un fuoco: il fuoco dello Spirito santo. E’ una specie di crescendo: « Faceva
tutto con amore »; « Imparerò a fare bene ogni cosa »; « Farò prima quello che voi mi
direte »; « Era Marietta che reggeva la casa... ed era così buona e "serviziosa" che
riusciva già quasi in tutto»; « Non vi inquietate, mamma, la prossima volta farò meglio
»; « Faceva anche troppo per la sua età e aveva imparato bene; anche i Serenelli
furono poi contenti ». In questo tipo di santità Marietta delle paludi raggiungeva la
grande santa Teresa di Lisieux: è la santità dei nuovi tempi, la santità dentro la storia
quotidiana, fatta di gesti semplici ma di amore infinito ed eroico. E’ una santità che
prende radici da una comunione profonda con Gesù-Eucaristia. Marietta alla morte del
padre non aveva ancora fatto la prima Comunione. Ma già sapeva che la sua vita era
abitata dalla persona di Gesù, amore Crocifisso. Un Dio povero che le vuole bene; un
Dio bontà che la conosce e l'ama personalmente. Forse nella chiamata, alla morte del
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papà, prende forma questo colloquio semplice ma personale tra Marietta e Gesù, tanto
che da quel momento si fa necessaria la Comunione: « Mamma, ma quando la faccio
la Comunione io? ». Fino a quel momento si era accontenta di pregare il rosario, di
recitare la preghiera del mattino e della sera (che spesso neanche finisce per la stan-
chezza), di farsi chilometri di strada per assistere alla Messa o a qualche predica dai
Passionisti di Nettuno presso il santuario della Madonna delle Grazie. In lei si è
radicato molto presto l'incontro con Gesù che ora lei segue con tutte le forze dentro la
sua storia quotidiana. La giornata di Marietta prende sapore di eternità, la sua semplice
casa diventa l'abitazione di Dio; i suoi piccoli gesti diventano comunione con il
Mistero del Dio Amore; i suoi familiari e i suoi prossimi sono il volto di Gesù « che è
venuto ad abitare in mezzo a noi» La santità di Marietta è una santità fatta in casa, nel
senso di « dentro » la casa. E’ una santità laica. E anche qui Marietta ci smonta l'idea
che il santo si copra di « cose religiose » per ricordarci che è cristiano chi segue Gesù
con tutto il cuore, fino all'estremo, dentro la sua vita quotidiana, « luogo » dove
risuona la chiamata di Dio. Marietta ha santificato la casa, ogni angolo è stato riempito
di santità, di amore, di servizio, di perdono, di obbedienza; ha santificato la sua storia,
la sua età, il suo lavoro. Non è fuggita in evasioni « religiose ». E’ stata fedele alla sua
famiglia, al suo tempo, alla sua storia; ha trasformato gli attrezzi delle pulizie, della
cucina, del lavoro dei campi in strumenti di una « liturgia della vita», che completa e
riempie di sostanza la grande « liturgia sacramentale ». La « nostra » piccola santa ha
realizzato alla lettera quella « Chiesa del grembiule » di cui parla don Tonino Bello, un
altro profeta della fede proiettata nella vita quotidiana. E questa che trasforma il
mondo. Basandosi su di essa, si può costruire una civiltà veramente rispettosa e degna
dell' uomo. «Chi segue Cristo diventa anche lui - e tutti coloro che lo circondano - più
uomo» (Gaudium et spes). Il Giubileo del 1950 ci ha regalato santa Maria Goretti. E
Marietta regala ai nostri giorni un nuovo stile di santità, inventato dallo Spirito santo
per gli uomini d'oggi, per venire incontro alle necessità profonde del nostro tempo.
NOTA BIOGRAFICA
16 ottobre 1890 Maria Goretti nasce a Corinaldo (AN) da Luigi Goretti e Assunta
Canini
17 ottobre 1890 Viene battezzata nella chiesa di San Francesco con i nomi di Maria e
Teresa
04 ottobre 1896 Riceve la Cresima da mons. Giulio Boschi, vescovo di Senigallia
28 ottobre 1896 La famiglia Goretti lascia le Marche ed emigra verso il Lazio. Prima
tappa: Colle Gianturco, vicino a Paliano
febbraio 1899 Nuovo trasferimento della famiglia Goretti a Ferriere di Conca (LT)
06 maggio 1900 Luigi Goretti muore colpito dalla malaria. Ha quarantun anni: lascia
moglie e sei figli
16 giugno 1901 Maria Goretti riceve la prima Comunione nella chiesa di Conca, oggi
Borgo Montello
05 luglio 1902 Maria Goretti, alle ore 15.30, viene ferita mortalmente da Alessandro
Serenelli
06 luglio 1902 Assistita dalla mamma, muore all'Ospedale Orsenigo di Nettuno dopo
aver perdonato il suo uccisore. Ha il anni, 9 mesi e 21 giorni
08 luglio 1902 Giorno del funerale di Maria Goretti. Viene sepolta nel cimitero di
Nettuno
10 luglio 1904 Nel Santuario di Nostra Signora delle Grazie in Nettuno viene
inaugurato il primo monumento in suo onore. Il suo corpo viene qui traslato nel luglio
1929
31 maggio 1935 Nella diocesi di Albano viene avviato il « processo informativo».
Postulatore della causa di canonizzazione è il padre Mauro Liberati, passionista
25 marzo 1945 Pio XII riconosce l'autenticità del martirio di Maria Goretti
27 aprile 1947 Il Pontefice la proclama beata
24 giugno 1950 Maria Goretti viene solennemente dichiarata santa dal papa Pio XII.
L'imponente cerimonia, per la prima volta, si svolge in piazza San Pietro