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Il punto di vista dei pagani sui cristiani fra I secolo e inizio del IV.
Tre testimonianze (Plinio, Tacito e Svetonio) nelle prime decadi del II secolo
definiscono il cristianesimo una superstitio, una contraffazione della religio.
• La religio implica una dimensione civica e pubblica del culto, come una garanzi
dell’ordinamento della comunità ed assicura la stabilità della res pubblica
• La superstitio mina le basi della convivenza umana ed è una modalità fanatica, falsa
di onorare la divinità.
Le accuse di Celso
Fu il primo a dedicare un’opera monografica alla confutazione della dottrina cristiana:
Alethes Logos (= discorso vero). Già il titolo indica due cose:
• Richiamo al Logos.
• Definendo il suo discorso in quanto “vero”, Celso implica che la posizione opposta
alla sua sia una menzogna.
LA DIDACHÈ
E un testo di area Siro antiochena, forse posteriore di una ventina di anni alle lettere
di Paolo. Questo testo ci propone una tensione fra carisma e ruoli istituzionali
all'interno della comunità: l'autore sorta a eleggere episcopi e diaconi degni del
Signore, essi svolgono per voi lo stesso ministero dei profeti e dei maestri. Dove
scarseggia il carisma della parola che entusiasma ci si deve accontentare delle virtù
etiche per amministrare il quotidiano.
PRESBITERO E EPISCOPO
In Paolo non c'è traccia dei presbiteri, mentre nel giudaismo indicavano i dirigenti
delle sinagoghe ho individui dotati dell'autorevolezza dell'anzianità.
La questione dell'origine dei presbiteri è una delle più incerte dell'attuale storiografia.
Si discute se si identifichino inizialmente con un'organizzazione di matrice giudaica in
quanto gli anziani nelle sinagoghe assolvono a funzioni civili e religiose. Si discute
anche se le comunità paoline prevedesse inizialmente i presbiteri visto che Paolo nelle
lettere autentiche non li menziona mai forse per sua avversione un sistema giudaico
dunque la amalgama fra presbiteri ed episcopi è un fatto successivo come sembra
documentare l'antico testamento.
La dottrina dell'episcopato è un passo degli atti degli apostoli scritto da Luca, il passo
è significativo perché identifica i presbiteri con gli episcopi e perché qualifica tale
ruolo con la metafora dei pastori di greggi.
tutto ciò e in consonanza con un testo di origine romana: la prima lettera di Clemente
ai corinzi.
qui si parla dei presbiteri come istituzione apostolica e come investiti dall'episcopè ,
indicando con ciò la sovraintendenza della comunità. Ai nostri fini interessa
sottolineare che sia negli atti degli apostoli sia nella prima lettera di Clemente ai
corinzi i presbiteri sono episcopi o esercitano l'episcopè il che è la stessa cosa.
Ignazio di Antiochia costituisce la prima evidenza del mondo episcopato per quanto
riguarda le chiese d'asia e nel contempo presenta per la prima volta l'elaborazione di
una dottrina episcopale. quando egli scrive a Roma durante il secondo secolo, il mono
episcopato non è stato ancora introdotto giacché egli si rivolge ai romani senza mai
fare cenno al vescovo della comunità a differenza delle altre sei lettere autentiche.
Bisogna però tenere a mente di evitare una netta contrapposizione fra episcopato
monarchico e collegio dei presbiteri, argomentando che difficilmente in un collegio
può evitarsi una Presidenza, Possiamo constatare che è i tre testi, Clemente le
pastorali e le lettere di Ignazio, sono ampiamente impegnate a risolvere dissidi interni
alla comunità e negli ultimi due emerge la figura del vescovo; Ignazio presenta una
precisa e argomentata concezione del vescovo: Il vescovo sia garante dell'unità in
quanto l'unione al vescovo e condizione dell'unione di Dio con i fedeli.
l'unità della Chiesa è ordinata per gradi: Gesù Cristo è unito al padre, il vescovo a
Cristo, il collegio presbiteriale al vescovo e giù sino ai fedeli, il vertice è rappresentato
dal padre, supremo garante.
Il vescovo è typos del padre, Il diacono rappresenta Cristo e il collegio dei presbiteri
rappresenta il collegio degli apostoli; il vescovo si esempla sul padre, i presbiteri sugli
apostoli, e i diaconi che hanno un rapporto diretto con il vescovo, su Cristo, in quanto
messo il servitore di Dio. Il ministero episcopale per Ignazio si fonda su Dio padre di
cui è l'immagine.
la figura del vescovo quale garante dell'unità implica compiti di maestro di dottrina.
Non essendo ancora compiuta, nella prima metà del secondo secolo, la completa
istituzionalizzazione del ruolo del vescovo, il dono della profezia, fortemente onorato
nelle comunità, viene a rafforzare l'autorità.
Successivamente a processo compiuto, la funzione didattica rimarrà stabile
prerogativa vescovile, mentre quella profetica sarà guardata con sempre maggior
diffidenza.
Egesippo e Ireneo approfondiscono la concezione del vescovo come successore degli
apostoli, però in Ireneo la terminologia resta incerta perchè egli usa i termini
presbiterio e episcopo per indicare la stessa funzione.
CANONE MURATORIANO
Simbolo della cattedra episcopale quale espressione dell'ufficio del vescovo.
la cattedra trono fa convergere sul vescovo l'autorità regale di Cristo e degli apostoli,
secondo il procedimento dell'imitazione del Regno dei cieli, e in esse l'idea di
sovranità si sovrappone a quella di autorità magisteriale, cioè il ruolo sovrano e
unificante del vescovo espressione dell'unità della sua chiesa.
180-260 periodo di mutazione del cristianesimo.
ciascuna chiesa locale ormai diretta da un vescovo e ha una sua identità di fede, etica
e di culto è una sua organizzazione.
e nel terzo secolo che si introduce l'idea del sacerdozio cristiano come punto focale
della triade di ministeri (vescovo, presbiteri e diaconi) ormai fissata a formare il clero,
separato dai laici. Tertulliano testimonia l'applicazione della categoria sacerdotale al
vescovo in quanto egli presiede la celebrazione eucaristica, si passa dall'eucarestia
celebrata da Cristo a quella celebrata dal vescovo, sacerdote sommo.
con Cipriano la dottrina episcopale giunge a una elevata e argomentata definizione.
egli riformula la dottrina ignaziana dell'identificazione della Chiesa con il suo vescovo,
combinandola con una limpida definizione della successione apostolica, che manca in
Ignazio.
inoltre, la competenza giuridica di Cipriano lo porta a precisare la natura indivisa del
potere episcopale, l'origine di tale potere e da Dio, trasmesso da Cristo a Pietro.
(passaggio e l'interpretazione di Matteo 16 la consegna delle chiavi a Pietro)
Tertulliano identifica la pietra con la persona Di Pietro, in senso metaforico, essendo
segno della forza della sua fede; dunque, la consegna delle chiavi a Pietro è un'app
riferito esclusivamente a lui. Egli sostiene la posizione opposta a quella di ogni
trasmissibilità del potere di Pietro.
Cipriano di Cartagine apre la strada alla trasmissione per successione: il fatto che su
Pietro significhi la chiesa significa per Cipriano che, attraverso la successione, essa si
fonda sui vescovi e il legame dei vescovi fra loro costituisce l'unità della Chiesa
universale. dunque, il fondamento e che la chiesa rimanga unita e universale, Gli
sposto a riconoscere a Roma una certa preminenza, in generale intende tale
espressione i riferimenti a ogni vescovo e afferma che alla sede romana detta anche
chiesa principale romana l'unità dei vescovi.
La patristica orientale, Origene e la prima metà del terzo secolo
identifica la pietra con Cristo, ogni cristiano diventa Pietro in quanto riconosce Cristo
e lo imita. Origene conosce un'interpretazione episcopale simile a quella di Cipriano
in quanto la pretesa di coloro che rivendicano l'episcopato vale solo se essi si trovano
nella stessa condizione spirituale di Pietro.
A metà del terzo secolo ormai l'episcopato monarchico è stabilito e nella chiesa si
struttura la distinzione tra clero e laici.
per Origene la gerarchia ecclesiastica esiste e va rispettata anche quando sbaglia, ecco
perché ogni cristiano deve cercare di ottenere la condizione spirituale Di Pietro e il
vescovo esercita davvero, conforme al giudizio di Dio, il potere di legare e sciogliere
solo se si trova in questa condizione.