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Il terzo paradigma.
Nelle scienze sociali ci sono 2 paradigmi fondamentali:
1. Utilitarista o individualismo metodologico: concepisce l’uomo come homo oeconomicus,
volto a perseguire il proprio interesse individuale. Il rapporto sociale è la risultante derivata
da ogni singolo individuo.
2. Collettivista: l’individuo è assoggettato alle regole della sua società. In questa prospettiva, i
cui maggiori fautori e sostenitori sono Durkheim, Levi-Strauss e Dumont, sono i legami
sociali che spingono a donare.
Questi paradigmi creano delle dicotomie ma non spiegano la genesi del legame sociale (Caillè).
Fondatori del MAUSS si chiedono se non sono proprio gli individui stessi a produrre la società. Essi
rileggono i testi di M. Mauss in chiave moderna. Caillè propone un terzo paradigma, o PARADIGMA
DEL DONO, secondo cui è proprio il dono l’elemento attraverso il quale gli uomini creano la società.
Questo paradigma introduce anche il valore di legame oltre che il valore d’uso e di scambio.
Godbout definisce il dono come una prestazione di beni o servizi che non ha garanzia di
restituzione e crea, alimenta o ricrea legami sociali. Il dono implica una forte dose di libertà. Perché
ci si sente allora obbligati a restituire? Mauss introduce la nozione di hau, ovvero un’anima, una
forza che fa sì che ogni oggetto tenda a tornare dal suo padrone originario nella stessa forma o in
forma di doni equivalenti. In questo senso gli oggetti sono una sorta di prolungamento degli
individui. Tale concezione ha esposto Mauss a critiche, in particolare quella di Levi-Strauss (focus
sul simbolismo) e Godelier (non crede al primato del simbolo, i meccanismi non sono mentali ma
sociologici). La logica del donare-ricevere non annulla il debito tra i due partner, allora perché
restituire? Annette Weiner introduce il paradosso del donare conservando (beni inalienabili -
alienabili). Ad essere donato in questo senso è l’uso e non la proprietà. In questo senso Guidieri
nota come sarebbe meglio parlare dunque di prestito. Queste ipotesi però non sembrano poter
costituire un modello, una teroia generale. La forza del modello di Mauss sta proprio nella
genericità. È questo che lo rende un modello e non una regola.
Debito e equilibrio.
Nello scambio mercantile alla fine della transazione i partner si ritrovano ancora proprietari di
quello che hanno acquistato o guadagnato. La transazione finisce senza obblighi. Nel caso del dono
è diverso: il contro-dono avviene dopo un certo lasso di tempo, ed è proprio questa situazione di
debito che si protrae nel tempo a mantenere attivo il legame. Non dobbiamo collegare il debito
solo alla sfera economica in accezione negativa, ma anche al dono e dunque alle relazioni. È un
debito che provoca allo stesso tempo equilibrio e conflitto. È importante inoltre ricordare che il
valore di mercato di un oggetto spesso non corrisponde al valore personale e affettivo che le
persone gli danno. Il valore può essere determinato dalla percezione e non solo dal mercato.
permettono di costruire un noi che potrà agire negli spazi lasciati vuoti dalla socialità secondaria.
Proprio qui sta l’attualità del saggio di Mauss, nel riproporre il dono come alternativa per
contrastare l’anonimato che ci spaventa costruendo e recuperando reti di relazione.
Programma.
Ci sono civiltà dove gli scambi e i contratti vengono effettuati sotto forma di donativi, in teoria
volontari, in realtà fatti e ricambiati obbligatoriamente. Parliamo di fenomeni sociali totali poiché
coinvolgono ogni specie di istituzione: religiose, giuridiche, morali ed economiche. Il tema su cui ci
si concentrerà è il carattere in apparenza volontario, ma in realtà obbligatorio, di queste
prestazioni. Quale è la norma di diritto e di interesse che fa sì che il donativo ricevuto venga
obbligatoriamente ricambiato? Quale forza contenuta nella cosa donata fa sì che il donatario la
ricambi? Questa ricerca ci porterà a studiare e descrivere società il cui regime di scambio è diverso
dal nostro, ma ci permetterà di sviluppare anche riflessioni circa l’economia e la morale della
nostra stessa società.
Metodo seguito.
È stato seguito un metodo comparativo preciso. Prima sono state considerate alcune aree
determinate e distinte, poi sono stati analizzati i sistemi giuridici attraverso i quali è stato possibile
penetrare nella coscienza delle stesse società. Ogni studio si è basato su sistemi che sono stati
analizzati nella loro interezza, senza fare quindi un raffronto costante che fa perdere di specificità.
più moderato. L’elemento più importante da analizzare è la ragione che spinga a ricambiare il dono
ricevuto, pena la perdita del mana (forza magica, religiosa e spirituale) evidente più che mai in
Polinesia.
Abbiamo quindi visto che pur mancando alcuni elementi del potlàc in Polinesia, se ne ritrovano
altri, primo fra tutti l’obbligo a ricambiare. Vediamo ora altri territori in cui si manifesta questo
obbligo.
Capitolo secondo: estensione del sistema del dono: liberalità, onore, moneta.
Norme della generosità. Andamanesi.
Le usanze descritte fino ad ora si ritrovano anche presso il popolo del Pigmei studiadi da Schmidt, e
gli Andamanesi (isole Andamane nel golfo del Bengala) studiati da Radcliffe-Brown. L’autore vede
qui uno scopo morale nei doni. Nessuno può rifiutare un regalo che gli viene offerto e tutti, con
una sorta di rivalità, cercano di superarsi in generosità. I doni suggellano il matrimonio e
impongono alle due parti un divieto, che agirà come un tabù, impedendo ai due gruppi di parenti
di incontrarsi ma imponendo lo scambio continuo di doni. Questo divieto esprime intimità e timore
fra questi debitori e creditori reciproci. Esistono fatti analoghi anche in Australia. In questi scambi si
mescolano sentimenti e persone, anime e cose si confondono e si mescolano.
economici, giuridici e morali. Questa istituzione ha anche un aspetto mitico, religioso e magico.
Ciascuno di questi oggetti ha un nome e una storia. Hanno natura elevata e sacra, trasmettono
virtù. Tutti i beni sono animati e prendono parte a questo contratto. Una formula simbolica vede
mwali e soulava come uniti in matrimonio e per questo tendono l’uno verso l’altro. Purtroppo, non
conosciamo bene le norme alla base di queste transazioni. Sappiamo approssimativamente come
inizia questa transazione, con il primo dono detto vaga che deve essere ricambiato con lo yotile,
ma non conosciamo la sanzione che colpisce chi non restituisce il dono ricevuto. Tuttavia, la patica
ci appare al tempo stesso chiara e completa, il kula sembra essere il momento culminante nella
vita dei trobriandesi, segnata però sempre da un sistema di prestazioni e controprestazioni.
Accettare il primo dono impegna ad entrare nell’ingranaggio. Alla base di tutto il meccanismo
stanno sentimenti di concorrenza, rivalità, ostentazione. Il kula intertribale è il caso estremo di un
sistema più generale. In opposizione al kula marittimo, c’è il kula dell’interno. Esso può
propriamente essere definito come potlàc. La vita dei trobriandesi è quindi impregnata dallo
scambio di doni. Accanto al kula c’è la pratica di scambio wasi, nella quale tribù agricole e tribù
marittime scambiano regolarmente i rispettivi prodotti. Un’altra forma ancora è quella del sagali,
grandi distribuzioni di provviste alimentari per chi ha reso servizi al capo o al suo clan. In queste
distribuzioni appare il tema del combattimento e della rivalità. Tutti i compensi per prestazioni di
ogni genere rientrano nel quadro dello scambio di doni, anche il matrimonio fa parte di questo
quadro (i servizi resi alla moglie dal marito sono il contro-dono per quello che offre la donna,
ovvero ciò che viene chiamato campo).
ALTRE SOCIETÀ MELANESIANE.
Nelle isole Figi è presente la stagione del kere-kere dove non si può negare niente a nessuno.
Hanno inoltre una moneta simile a quella dei trobriandesi e degli abitanti della Nuova Guinea.
Tutto il mondo delle isole della Melanesia conosce uno stesso sistema giuridico ed economico. La
loro vita economica è molto estesa e complessa, nonostante essi non distinguano concetti
economici da giuridici. Queste popolazioni dimostrano di saper scambiare cose considerevoli sotto
forme e per ragioni diverse dalle nostre.
NORD-OVEST AMERICANO
L’ONORE E IL CREDITO.
Abbiamo ottenuto un’immagine precisa del sistema del dono: vita materiale e morale, lo scambio,
vi operano in forma disinteressata e obbligatoria al tempo stesso. Le società del nord-ovest
americano presentano istituzioni ancora più radicali. Sembrerebbe che qui il baratto non esista,
ogni scambio avviene nella forma e nella logica del potlàc. Questi scambi avvengono durante
l’inverno, periodo in cui le tribù tornano in città e si susseguono continue occasioni di scambio,
incontro e convivenza. Vita economica, privata e morale sono uniformi e permeate dallo spirito del
potlàc. I potlàc vengono ricambiati all’infinito sviluppandosi in ogni direzione. Il potlàc è uno
scambio di doni non difforme dalle tipologie già descritte in precedenza, ma in esso l’elemento
della rivalità, della violenza e della distruzione è forte. Inoltre, si caratterizza per una certa povertà
di concetti giuridici. La nozione di credito (insita nel dono in quanto la restituzione richiede tempo)
e di onore si manifestano qui più forti che in Melanesia e Polinesia. La nozione di onore è più forte
nel potlàc che in goni altro luogo. Consumazione e distruzione avvengono senza limiti, arrivando
addirittura a dare tutto ciò che si possiede senza conservare niente. Tutto è concepito come se si
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trattasse di una lotta per la ricchezza. Si giunge non solo a dare e ricambiare, ma anche a
distruggere. La nozione di onore qui esercita vere e proprie devastazioni. Il potlàc è più di un
fenomeno giuridico, esso è un fenomeno totale e dunque anche religioso, economico, sociale, ed
estetico. Esistono 4 forme di potlàc ma qui esamineremo i tratti comuni.
DARE, RICEVERE, RICAMBIARE.
L’obbligo di dare è l’essenza del potlàc. Non rispettare quest’obbligo significa umiliarsi e perdere
ogni autorità, sulla tribù e sulla famiglia. Perdere il prestigio è come perdere l’anima, la persona.
Non c’è momento in cui ci si distacchi dal meccanismo del potlàc, anche al di fuori delle solennità
invernali. Bisogna dividere tutto e con tutti, senza dimenticare nessuno (mito di piccola lontra
evidenzia l’importanza di invitare tutti a partecipare e a riconoscere il capo o suo figlio e di essere a
lui riconoscenti). L’obbligo di ricevere non è meno forte. Non farlo equivale a avere paura di non
poter ricambiare e ciò significa essere annientati (solo in casi particolari rifiutando si diviene
vincitori e invincibili). Di massima tutti i beni vengono accettati e lodati. Accettando il dono però si
rimane impegnati, si ha la certezza di poter ricambiare e ciò pone i capi in situazioni a volte
comiche. Non donare o non ricevere equivalgono a derogare un impegno. L’obbligo di ricambiare è
tutto il potlàc nella misura in cui non consiste in una mera distruzione. Le distruzioni non devono
infatti essere tutte ricambiate. Normalmente però il potlàc deve essere ricambiato ad usura e ad
usura devono essere ricambiati tutti i doni (tasso da 30% a 100% annuo). Si perde la faccia per
sempre se non si ricambia ad usura ciò che è stato ricevuto o se non si distrugge almeno un
equivalente del dono ricevuto. La sanzione è la schiavitù per debiti, almeno presso alcune tribù (ad
esempio i Kwakiutl). Allo stesso modo del kula anche il potlàc è un prodotto mostruoso del sistema
dei regali. Tutto viene scambiato all’interno di questa logica.
LA FORZA DELLE COSE.
Nelle cose scambiate nel potlàc c’è una virtù che costringe i doni a circolare. Ci sono oggetti di
spartizione ordinaria e oggetti preziosi della famiglia, questi ultimi vengono distribuiti con
solennità. Sono oggetti che vengono dati in prestito, più che venduti e realmente ceduti. Presso i
Kwakiutl ci sono addirittura oggetti di questo tipo che non possono essere ceduti, contengono
proprietà che sono dei “sacra”. Gli haida hanno addirittura divinizzato la nozione di proprietà.
Questi oggetti preziosi hanno un’individualità, un nome, un potere. Sono oggetti che contengono
una virtù creatrice. Gli oggetti si confondono con gli spiriti e gli utensili per mangiare con gli
alimenti. Presso queste tribù, Kwakiutl e haida, hanno particolare importanza, rispettivamente,
piatti e cucchiai.
LA MONETA DI RINOMANZA.
Oggetti di rame con blasone sono fondamentali nel potlàc. Sono oggetto di credenze importanti e
persino di un culto. Culto del rame come essere vivente. Haida e Kwakiutl identificano il rame con il
salmone, anch’esso sacro. Tutte le cose di rame sono oggetto di credenze speciali. Ogni oggetto ha
un nome e un valore proprio. Hanno inoltre la capacità di attrarre gli altri oggetti di rame,
trasmette ricchezza e fortuna. In questa logica uso ed effetto si confondono. Le cose hanno una
personalità e le personalità sono in un certo senso cose permanenti nei clan. La circolazione dei
beni riflette quella degli uomini: dando degli oggetti ci si dà e se ci si dà è perché ci si deve agli altri.
PRIMA CONCLUSIONE.
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Lo studio fatto fino ad ora, in particolare quello sul potlàc, ci consente di dire che il principio dello
scambio-dono deve essere stato caratteristico delle società che hanno oltrepassato la fase della
prestazione totale da clan a clan o da famiglia a famiglia, ma che non sono ancora pervenute al
contratto individuale puro, al mercato in cui circola il denaro, alla vendita propriamente detta, alla
nozione di prezzo calcolato in moneta di cui è determinato peso e titolo.
atmosfera: i doni sono obbligatori e le cose posseggono virtù speciali, fanno parte delle persone
umane.
Nel diritto indiano da noi analizzato la cosa donata frutta una ricompensa in questa vita e nell’altra.
In questo mondo si riproduce, nell’altra la stessa cosa accresciuta viene ritrovata. In questo modo
si arricchisce sia il donatore che il destinatario. Tutto ciò che viene donato è inoltre personificato. il
cibo deve essere diviso necessariamente per non divenire distruttivo. La ricchezza è fatta per
essere elargita e il compito del brahmano è proprio quello di riceverla, dando così senso alla
ricchezza stessa. Proprietà e persona in questo diritto si confondono. Questo legame tra cosa data
e donatore è particolarmente evidente nelle norme riguardanti il dono della vacca. Il modo di
ricevere, fingendo di rifiutare, è molto simile a quello delle società arcaiche studiate in precedenza.
Il dono è ciò che bisogna dare, che bisogna ricevere, ma che al tempo stesso è pericoloso da
prendere.
Diritto celtico.
Anche le popolazioni celtiche hanno conosciuto questo tipo di istituzioni, i cui studi sono solo agli
inizi.
Diritto cinese.
La grande civiltà cinese ha esattamente il principio giuridico che ci interessa. Riconosce il vincolo
indissolubile di ogni cosa con il proprietario d’origine. Per questo chi dà un oggetto ha un certo
diritto perpetuo a piangere la cosa venduta. I contraenti rimangono così in una sorta di dipendenza
perpetua ed è questo a rendere pericoloso l’accettazione di un dono.
dire che una parte del diritto delle nostre società è in contrasto con la morale. Alcuni moderni
espedienti, come la legislazione di sicurezza sociale, si rifanno a questi meccanismi e rispondono al
bisogno di legare a sé gli individui. La società sente l’esigenza di ritrovare la cellula sociale e così i
temi riscontrati nelle società arcaiche ritornino a noi, anche in forma differente, dando vita ad una
nuova morale che consista in un’equa combinazione di realismo e idealismo. Si deve quindi tronare
a qualcosa di arcaico, che è sempre stato a fondamento delle nostre società e da cui ci siamo
allontanati ma verso cui si sente l’esigenza di tornare.
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