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M. Mauss saggio sul dono

Antropologia sociale (Università degli Studi di Milano)

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M. Mauss – SAGGIO SUL DONO


Forma e motivo dello scambio nelle società arcaiche.
Da Mauss al MAUSS di Marco Aime
Un immaginario colonizzato.
Nella nostra cultura siamo abituati a scambiarci regali in occasioni speciali che esulano dal contesto
della normalità. In altre aree del mondo il dono è a fondamento delle società stesse. Lo studio
delle culture è spesso caratterizzato dai marchi d’area: se quello dell’africa è la parentela, l’Oceania
ha invece il marchio del dono, e proprio qui si sono concentrati la maggior parte degli studi su di
esso (fa eccezione la costa nord-occidentale del Canada dove viene praticato il potlac). In queste
culture il prestigio sta nel donare e donare è importante perché instaura relazioni. Leenhardt i
Kanak (abitanti autoctoni della Nuova Caledonia) si riconoscono solo grazie alle relazioni che
intrattengono con gli altri, nella loro lingua ciò evidente dal fatto che emerga un “io” timido,
debole. Bisogna stare attenti a creare delle dicotomie contrapponendo noi (utilitaristi e
individualisti) a loro (solidali) perché questo potrebbe arrivare a impedire la ri-contestualizzazione
del dono nel mondo occidentale. Spesso siamo inoltre indotti a pensare che queste differenze
siano di tipo evoluzionista e che anche da noi anni fa le persone fossero più solidali e improntate al
dono, ma non ci sono prove che sia così, anzi in alcune delle aree più economicamente sviluppate
si sta attuando una riscoperta del dono. Importante capire che anche noi doniamo. Il dono è
mosso da logiche non utilitaristiche, ma ciò non significa gratuite: Mauss sottolineerà proprio che il
dono non è mai gratuito, ma nemmeno ha scopo di lucro: è in una sorta di posizione intermedia.
Ciò che caratterizza propriamente il dono è la libertà, non c’è contratto né coercizione.

Il terzo paradigma.
Nelle scienze sociali ci sono 2 paradigmi fondamentali:
1. Utilitarista o individualismo metodologico: concepisce l’uomo come homo oeconomicus,
volto a perseguire il proprio interesse individuale. Il rapporto sociale è la risultante derivata
da ogni singolo individuo.
2. Collettivista: l’individuo è assoggettato alle regole della sua società. In questa prospettiva, i
cui maggiori fautori e sostenitori sono Durkheim, Levi-Strauss e Dumont, sono i legami
sociali che spingono a donare.
Questi paradigmi creano delle dicotomie ma non spiegano la genesi del legame sociale (Caillè).
Fondatori del MAUSS si chiedono se non sono proprio gli individui stessi a produrre la società. Essi
rileggono i testi di M. Mauss in chiave moderna. Caillè propone un terzo paradigma, o PARADIGMA
DEL DONO, secondo cui è proprio il dono l’elemento attraverso il quale gli uomini creano la società.
Questo paradigma introduce anche il valore di legame oltre che il valore d’uso e di scambio.
Godbout definisce il dono come una prestazione di beni o servizi che non ha garanzia di
restituzione e crea, alimenta o ricrea legami sociali. Il dono implica una forte dose di libertà. Perché
ci si sente allora obbligati a restituire? Mauss introduce la nozione di hau, ovvero un’anima, una
forza che fa sì che ogni oggetto tenda a tornare dal suo padrone originario nella stessa forma o in

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forma di doni equivalenti. In questo senso gli oggetti sono una sorta di prolungamento degli
individui. Tale concezione ha esposto Mauss a critiche, in particolare quella di Levi-Strauss (focus
sul simbolismo) e Godelier (non crede al primato del simbolo, i meccanismi non sono mentali ma
sociologici). La logica del donare-ricevere non annulla il debito tra i due partner, allora perché
restituire? Annette Weiner introduce il paradosso del donare conservando (beni inalienabili -
alienabili). Ad essere donato in questo senso è l’uso e non la proprietà. In questo senso Guidieri
nota come sarebbe meglio parlare dunque di prestito. Queste ipotesi però non sembrano poter
costituire un modello, una teroia generale. La forza del modello di Mauss sta proprio nella
genericità. È questo che lo rende un modello e non una regola.

Ambiguità del dono.


Il rifiuto di donazioni di denaro da parte di Padre Zanotelli ha aperto importanti riflessioni. Donare
dovrebbe implicare un atto personalizzato, ma nelle nostre società non è sempre così (es. carità).
Quest’ultimo tipo di dono lega soggetti astratti. Non c’è nemmeno contro-dono. La carità è,
secondo Mauss, umiliante proprio perché manca, dopo il donare e il ricevere, il ricambiare. Questo
dà vita a gerarchie. Ci sono tuttavia esempi di carità disinteressata (il problema sta nella
colonizzazione del nostro immaginario). Importante comunque notare l’ambiguità che caratterizza
il dono. Il dono ha la potenzialità per trasformarsi da collante sociale ad arma di distruzione. È il
caso del dono esasperato nel potlac, dove c’è distruzione, perché il potere è il potere di perdere.

Debito e equilibrio.
Nello scambio mercantile alla fine della transazione i partner si ritrovano ancora proprietari di
quello che hanno acquistato o guadagnato. La transazione finisce senza obblighi. Nel caso del dono
è diverso: il contro-dono avviene dopo un certo lasso di tempo, ed è proprio questa situazione di
debito che si protrae nel tempo a mantenere attivo il legame. Non dobbiamo collegare il debito
solo alla sfera economica in accezione negativa, ma anche al dono e dunque alle relazioni. È un
debito che provoca allo stesso tempo equilibrio e conflitto. È importante inoltre ricordare che il
valore di mercato di un oggetto spesso non corrisponde al valore personale e affettivo che le
persone gli danno. Il valore può essere determinato dalla percezione e non solo dal mercato.

Modernità del dono.


Hertz l’uomo rimane spesso impigliata nella rete di simboli da lui stesso creata. Questa è la
spiegazione del fatto che tendiamo a vedere il dono come qualcosa di assolutamente gratuito (idea
portata avanti dal cristianesimo) anche se abbiamo visto che non sempre è così. Stato, mercato e
scienza non possono rappresentare la società nella sua interezza, ma costituiscono la socialità
secondaria (Caillè). La società primaria invece necessita di una personalizzazione dei rapporti. Nel
periodo che viviamo, la surmodernità, non è facile creare questa personalizzazione, il tempo
prevale sullo spazio, ma si sono create e si stanno sviluppando delle alternative, ovvero i circuiti di
scambio locale che spostano l’accento dallo scambio commerciale ad uno scambio non meccanico
ma con una forte matrice morale. Il bene viene rimpiazzato dal legame. All’interno di questi sistemi
il lavoro viene scambiato con altro lavoro e non con del capitale. Questo dà vita ad una nuova
forma di socialità. Inoltre, questi sistemi, essendo locali, consentono di raggiungere soluzioni più
concrete e attuabili. Certamente non si pensa di sostituire interamente il sistema economico
vigente, ma di sottrarsi, almeno in parte, all’imperativo economico dominante. Questi sistemi
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permettono di costruire un noi che potrà agire negli spazi lasciati vuoti dalla socialità secondaria.
Proprio qui sta l’attualità del saggio di Mauss, nel riproporre il dono come alternativa per
contrastare l’anonimato che ci spaventa costruendo e recuperando reti di relazione.

SAGGIO SUL DONO


Introduzione del dono e in particolare dell’obbligo di ricambiare i regali
Epigrafe.
L’havamal, uno dei poemi dell’Edda scandinava, mette in luce l’importanza di ricambiare il dono
ricevuto

Programma.
Ci sono civiltà dove gli scambi e i contratti vengono effettuati sotto forma di donativi, in teoria
volontari, in realtà fatti e ricambiati obbligatoriamente. Parliamo di fenomeni sociali totali poiché
coinvolgono ogni specie di istituzione: religiose, giuridiche, morali ed economiche. Il tema su cui ci
si concentrerà è il carattere in apparenza volontario, ma in realtà obbligatorio, di queste
prestazioni. Quale è la norma di diritto e di interesse che fa sì che il donativo ricevuto venga
obbligatoriamente ricambiato? Quale forza contenuta nella cosa donata fa sì che il donatario la
ricambi? Questa ricerca ci porterà a studiare e descrivere società il cui regime di scambio è diverso
dal nostro, ma ci permetterà di sviluppare anche riflessioni circa l’economia e la morale della
nostra stessa società.

Metodo seguito.
È stato seguito un metodo comparativo preciso. Prima sono state considerate alcune aree
determinate e distinte, poi sono stati analizzati i sistemi giuridici attraverso i quali è stato possibile
penetrare nella coscienza delle stesse società. Ogni studio si è basato su sistemi che sono stati
analizzati nella loro interezza, senza fare quindi un raffronto costante che fa perdere di specificità.

Prestazione. Dono e potlàc.


Non sembra essere mai esistito nulla che somigli alla cosiddetta economia naturale. Le società che
si pensavano avere questo tipo di economia si sono ritrovate ad essere ben lontane dall’economia
naturale. In esse abbiamo riscontrato un complesso sistema di scambi che possiamo definire come
sistema delle prestazioni totali. Il tipo più puro di istituzioni di questo tipo è rappresentato
dall’alleanza di due fratrie presso le tribù australiane o nord-americane. Qui tutto è
complementare e prevede collaborazione delle due metà della tribù. Nelle tribù del nord-ovest
americano appare l’istituzione del potlàc. Sono tribù molto ricche che trascorrono l’inverno in una
festa continua che costituisce al tempo stesso l’assemblea solenne della tribù. Tutto si mescola in
un groviglio di riti, prestazioni giuridiche ed economiche, determinazione dei ranghi di ranghi
politici… La caratteristica di queste tribù è la rivalità e l’antagonismo che domina tutte queste
usanze. Si giunge alla battaglia, alla morte, alla distruzione delle ricchezze accumulate per oscurare
il capo rivale e al tempo stesso associato. Parliamo in questo caso di prestazione totale di tipo
agonistico. Il potlàc si ritrova nel nord-ovest americano, una parte di Nord America, Melanesia e
Papuasia. Esistono in altri luoghi forma intermedie tra questa rivalità esasperata e scambi di tipo

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più moderato. L’elemento più importante da analizzare è la ragione che spinga a ricambiare il dono
ricevuto, pena la perdita del mana (forza magica, religiosa e spirituale) evidente più che mai in
Polinesia.

Capitolo primo. I doni scambiati e l’obbligo di ricambiarli (Polinesia)


Prestazione totale, beni uterini contro beni maschili (Samoa).
In Polinesia sembrava mancare l’elemento antagonistico che caratterizza il potlàc. Ci si è
concentrati in particolare sullo studio delle Samoa. Qui i doni accompagnano diversi avvenimenti:
nascita, circoncisione, malattia, pubertà della ragazza, riti funebri e commercio. Appaiono due
elementi del potlàc propriamente detto: quello dell’onore e il prestigio e quello dell’obbligo di
ricambiare. Turner: dopo la festa di nascita i genitori non si ritrovano più ricchi di prima per i doni
ricevuti e ricambiati (oloa e tonga, o beni maschili e beni femminili) ma hanno avuto l’onore di
vedere masse di beni raccolte in occasione della nascita del figlio. Il bambino, dato alla sorella e al
cognato, è considerato bene uterino (tonga) attraverso cui i beni della famiglia uterina vengono
scambiati con quelli della famiglia maschile. Sistema simile a quello della Melanesia ma manca la
rivalità, la distruzione, il combattimento. I tonga designano beni parafernali permanenti, gli oloa
oggetti, per la maggior parte strumenti.

Lo spirito della cosa donata.


I tonga sono fortemente legati alla persona, al clan, al suolo, sono il veicolo del mana, della forza
magica, religiosa e spirituale. Questi oggetti contengono dunque tale forza e possono distruggere
chi li riceve se il dono non viene ricambiato. I tonga sono dotati di uno hau, di un potere spirituale.
Ciò che obbliga, nel regalo ricevuto e scambiato, è che la cosa ricevuta non è inerte. Grazie a
questa nozione si coglie la natura del vincolo giuridico creato dalla trasmissione di una cosa e ci si
rende conto anche della natura dello scambio: accettando la cosa si accetta una parte dell’altro e
tenere per sé questa cosa potrebbe essere mortale. Bisogna ricambiare con und ono di pari o
superiore valore.

Altri argomenti: l’obbligo di donare, l’obbligo di ricevere.


Bisogna comprendere anche l’obbligo di fare e di ricevere regali, non solo quello di renderli.
Rifiutarsi di donare è come una dichiarazione di guerra. Facile constatare una serie di fatti sul
perché non si possa non ricevere (non ricevere pone in una posizione di inferiorità). Tutto questo
meccanismo può apparire contraddittorio ma non lo è se pensiamo che nell’oggetto, come
abbiamo visto, risiede una parte dell’altro, della sua anima. Lo scambio è uno scambio costante di
sostanze spirituali.

Nota: il dono fatto agli uomini e il dono fatto agli dei


Il dono ha un effetto anche sugli dei spingendoli ad essere generosi nei confronti degli uomini. Lo
scambio tra uomini e dei si inquadra nella teoria del sacrificio. Si tratta di stipulare una sorta di
contratto con gli dei, che precede quello tra gli uomini. Altra considerazione va fata riguardo
all’elemosina, che deriva da una nozione di dono e fortuna e da una nozione di sacrificio.

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Abbiamo quindi visto che pur mancando alcuni elementi del potlàc in Polinesia, se ne ritrovano
altri, primo fra tutti l’obbligo a ricambiare. Vediamo ora altri territori in cui si manifesta questo
obbligo.

Capitolo secondo: estensione del sistema del dono: liberalità, onore, moneta.
Norme della generosità. Andamanesi.
Le usanze descritte fino ad ora si ritrovano anche presso il popolo del Pigmei studiadi da Schmidt, e
gli Andamanesi (isole Andamane nel golfo del Bengala) studiati da Radcliffe-Brown. L’autore vede
qui uno scopo morale nei doni. Nessuno può rifiutare un regalo che gli viene offerto e tutti, con
una sorta di rivalità, cercano di superarsi in generosità. I doni suggellano il matrimonio e
impongono alle due parti un divieto, che agirà come un tabù, impedendo ai due gruppi di parenti
di incontrarsi ma imponendo lo scambio continuo di doni. Questo divieto esprime intimità e timore
fra questi debitori e creditori reciproci. Esistono fatti analoghi anche in Australia. In questi scambi si
mescolano sentimenti e persone, anime e cose si confondono e si mescolano.

Principi, motivi e intensità degli scambi di doni (Melanesia).


Presso le popolazioni della Melanesia riscontriamo il potlàc vero e proprio. Qui esiste anche una
nozione di moneta più precisa rispetto a quella della Polinesia. Questo complica e precisa meglio il
sistema.
NUOVA CALEDONIA. Leenhardt ha descritto il pilu-pilu e il sistema di feste, regali, prestazioni
(compresa la moneta) presso gli abitanti della Nuova Caledonia. Nelle feste sono le stesse cose che
ritornano, lo stesso filo che passa.
TROBRIAND. Presso queste isole della Melanesia si trova un popolo molto civilizzato di buoni
commercianti e navigatori. Malinowski li definisce argonauti del Pacifico e ne descrive lo scambio
kula. È un meccanismo intra e intertribale, una specie di grande potlàc. Kula significa circolo,
questo indica il movimento di tutte le cose che è regolare e le riporta al punto di origine nel tempo
e nello spazio. Il commercio kula è di ordine nobile, riservato ai capi, si esercita in modo
apparentemente disinteressato e modesto (diverso dal gimwali, che è lo scambio economico di
mercanzie utili). Il kula prevede del dare da parte degli uni e nel ricevere da parte di altri, che
saranno poi i donatori della volta successiva. Un tipo particolare di kula, il più solenne, detto
uvalaku, prevede di partire senza avere niente da scambiare. Si finge di non fare altro che ricevere,
i regali saranno ricambiati quando la tribù ricevente ospiterà l’ospitante l’anno successivo. Nei kula
di minore importanza si approfitta del viaggio marittimo per scambiarsi carichi. Il kula resta sempre
lo scopo maggiore, il momento decisivo, nonostante si inneschino anche altri tipi di rapporti. La
donazione avviene in modo molto solenne per dimostrare. Si cerca di dimostrare grandezza. Gli
oggetti essenziali di questi scambi sono detti vaygu’a e ce ne sono di due tipi: mwali (braccialetti di
conchiglia) e soulava (collane di madreperla). Di norma questi oggetti vengono tesorizzati.
Malinowski ne riscontra il movimento circolare: braccialetti da ovest a est e collane viceversa.
Questa circolazione in tutte le isole Trobriand è incessante e infallibile. Questi oggetti devono
essere passati per forza durante il kula e conservati tra un kula e quello successivo. In circostanze
particolari come la preparazione dei riti funebri si riceve senza ricambiare ma quando verrà data la
festa tutto dovrà essere ricambiato. In questo tipo particolare di proprietà si intersecano aspetti

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economici, giuridici e morali. Questa istituzione ha anche un aspetto mitico, religioso e magico.
Ciascuno di questi oggetti ha un nome e una storia. Hanno natura elevata e sacra, trasmettono
virtù. Tutti i beni sono animati e prendono parte a questo contratto. Una formula simbolica vede
mwali e soulava come uniti in matrimonio e per questo tendono l’uno verso l’altro. Purtroppo, non
conosciamo bene le norme alla base di queste transazioni. Sappiamo approssimativamente come
inizia questa transazione, con il primo dono detto vaga che deve essere ricambiato con lo yotile,
ma non conosciamo la sanzione che colpisce chi non restituisce il dono ricevuto. Tuttavia, la patica
ci appare al tempo stesso chiara e completa, il kula sembra essere il momento culminante nella
vita dei trobriandesi, segnata però sempre da un sistema di prestazioni e controprestazioni.
Accettare il primo dono impegna ad entrare nell’ingranaggio. Alla base di tutto il meccanismo
stanno sentimenti di concorrenza, rivalità, ostentazione. Il kula intertribale è il caso estremo di un
sistema più generale. In opposizione al kula marittimo, c’è il kula dell’interno. Esso può
propriamente essere definito come potlàc. La vita dei trobriandesi è quindi impregnata dallo
scambio di doni. Accanto al kula c’è la pratica di scambio wasi, nella quale tribù agricole e tribù
marittime scambiano regolarmente i rispettivi prodotti. Un’altra forma ancora è quella del sagali,
grandi distribuzioni di provviste alimentari per chi ha reso servizi al capo o al suo clan. In queste
distribuzioni appare il tema del combattimento e della rivalità. Tutti i compensi per prestazioni di
ogni genere rientrano nel quadro dello scambio di doni, anche il matrimonio fa parte di questo
quadro (i servizi resi alla moglie dal marito sono il contro-dono per quello che offre la donna,
ovvero ciò che viene chiamato campo).
ALTRE SOCIETÀ MELANESIANE.
Nelle isole Figi è presente la stagione del kere-kere dove non si può negare niente a nessuno.
Hanno inoltre una moneta simile a quella dei trobriandesi e degli abitanti della Nuova Guinea.
Tutto il mondo delle isole della Melanesia conosce uno stesso sistema giuridico ed economico. La
loro vita economica è molto estesa e complessa, nonostante essi non distinguano concetti
economici da giuridici. Queste popolazioni dimostrano di saper scambiare cose considerevoli sotto
forme e per ragioni diverse dalle nostre.
NORD-OVEST AMERICANO
L’ONORE E IL CREDITO.
Abbiamo ottenuto un’immagine precisa del sistema del dono: vita materiale e morale, lo scambio,
vi operano in forma disinteressata e obbligatoria al tempo stesso. Le società del nord-ovest
americano presentano istituzioni ancora più radicali. Sembrerebbe che qui il baratto non esista,
ogni scambio avviene nella forma e nella logica del potlàc. Questi scambi avvengono durante
l’inverno, periodo in cui le tribù tornano in città e si susseguono continue occasioni di scambio,
incontro e convivenza. Vita economica, privata e morale sono uniformi e permeate dallo spirito del
potlàc. I potlàc vengono ricambiati all’infinito sviluppandosi in ogni direzione. Il potlàc è uno
scambio di doni non difforme dalle tipologie già descritte in precedenza, ma in esso l’elemento
della rivalità, della violenza e della distruzione è forte. Inoltre, si caratterizza per una certa povertà
di concetti giuridici. La nozione di credito (insita nel dono in quanto la restituzione richiede tempo)
e di onore si manifestano qui più forti che in Melanesia e Polinesia. La nozione di onore è più forte
nel potlàc che in goni altro luogo. Consumazione e distruzione avvengono senza limiti, arrivando
addirittura a dare tutto ciò che si possiede senza conservare niente. Tutto è concepito come se si
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trattasse di una lotta per la ricchezza. Si giunge non solo a dare e ricambiare, ma anche a
distruggere. La nozione di onore qui esercita vere e proprie devastazioni. Il potlàc è più di un
fenomeno giuridico, esso è un fenomeno totale e dunque anche religioso, economico, sociale, ed
estetico. Esistono 4 forme di potlàc ma qui esamineremo i tratti comuni.
DARE, RICEVERE, RICAMBIARE.
L’obbligo di dare è l’essenza del potlàc. Non rispettare quest’obbligo significa umiliarsi e perdere
ogni autorità, sulla tribù e sulla famiglia. Perdere il prestigio è come perdere l’anima, la persona.
Non c’è momento in cui ci si distacchi dal meccanismo del potlàc, anche al di fuori delle solennità
invernali. Bisogna dividere tutto e con tutti, senza dimenticare nessuno (mito di piccola lontra
evidenzia l’importanza di invitare tutti a partecipare e a riconoscere il capo o suo figlio e di essere a
lui riconoscenti). L’obbligo di ricevere non è meno forte. Non farlo equivale a avere paura di non
poter ricambiare e ciò significa essere annientati (solo in casi particolari rifiutando si diviene
vincitori e invincibili). Di massima tutti i beni vengono accettati e lodati. Accettando il dono però si
rimane impegnati, si ha la certezza di poter ricambiare e ciò pone i capi in situazioni a volte
comiche. Non donare o non ricevere equivalgono a derogare un impegno. L’obbligo di ricambiare è
tutto il potlàc nella misura in cui non consiste in una mera distruzione. Le distruzioni non devono
infatti essere tutte ricambiate. Normalmente però il potlàc deve essere ricambiato ad usura e ad
usura devono essere ricambiati tutti i doni (tasso da 30% a 100% annuo). Si perde la faccia per
sempre se non si ricambia ad usura ciò che è stato ricevuto o se non si distrugge almeno un
equivalente del dono ricevuto. La sanzione è la schiavitù per debiti, almeno presso alcune tribù (ad
esempio i Kwakiutl). Allo stesso modo del kula anche il potlàc è un prodotto mostruoso del sistema
dei regali. Tutto viene scambiato all’interno di questa logica.
LA FORZA DELLE COSE.
Nelle cose scambiate nel potlàc c’è una virtù che costringe i doni a circolare. Ci sono oggetti di
spartizione ordinaria e oggetti preziosi della famiglia, questi ultimi vengono distribuiti con
solennità. Sono oggetti che vengono dati in prestito, più che venduti e realmente ceduti. Presso i
Kwakiutl ci sono addirittura oggetti di questo tipo che non possono essere ceduti, contengono
proprietà che sono dei “sacra”. Gli haida hanno addirittura divinizzato la nozione di proprietà.
Questi oggetti preziosi hanno un’individualità, un nome, un potere. Sono oggetti che contengono
una virtù creatrice. Gli oggetti si confondono con gli spiriti e gli utensili per mangiare con gli
alimenti. Presso queste tribù, Kwakiutl e haida, hanno particolare importanza, rispettivamente,
piatti e cucchiai.
LA MONETA DI RINOMANZA.
Oggetti di rame con blasone sono fondamentali nel potlàc. Sono oggetto di credenze importanti e
persino di un culto. Culto del rame come essere vivente. Haida e Kwakiutl identificano il rame con il
salmone, anch’esso sacro. Tutte le cose di rame sono oggetto di credenze speciali. Ogni oggetto ha
un nome e un valore proprio. Hanno inoltre la capacità di attrarre gli altri oggetti di rame,
trasmette ricchezza e fortuna. In questa logica uso ed effetto si confondono. Le cose hanno una
personalità e le personalità sono in un certo senso cose permanenti nei clan. La circolazione dei
beni riflette quella degli uomini: dando degli oggetti ci si dà e se ci si dà è perché ci si deve agli altri.
PRIMA CONCLUSIONE.
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Lo studio fatto fino ad ora, in particolare quello sul potlàc, ci consente di dire che il principio dello
scambio-dono deve essere stato caratteristico delle società che hanno oltrepassato la fase della
prestazione totale da clan a clan o da famiglia a famiglia, ma che non sono ancora pervenute al
contratto individuale puro, al mercato in cui circola il denaro, alla vendita propriamente detta, alla
nozione di prezzo calcolato in moneta di cui è determinato peso e titolo.

Capitolo terzo. Sopravvivenza di questi principi nel diritto antico e nell’economia


antica.
I fatti etnografici descritti fino ad ora ci permettono di comprendere un momento dell’evoluzione
sociale. Rappresentano un punto di transizione verso le nostre contemporanee istituzioni
giuridiche ed economiche. Nelle nostre società diritti-persone-cose sono elementi ben distinti fra
loro. Inoltre, c’è una distinzione netta fra obbligazione e prestazione, o obbligazione non gratuita, e
dono. Vedremo che anche altre società, ben diverse da quelle descritte fino ad ora, hanno
attraversato una vicenda simile a quelle delle società del pacifico. Attraverso l’analisi dei sistemi
giuridici prenderemo in considerazione Roma, dove si trovano solo tracce, Germania e India, dove
questi sistemi sono stati vigorosi fino ad un’epoca relativamente recente.

Diritto personale e diritto reale (diritto romano molto antico).


Nel diritto romano importante in questo senso la nozione di nexum, accostato al wadium
germanico o in generale ai pegni supplementari dati in occasione di un contratto (studi di Huvelin).
Questi sono stati poi ricollegati alla magia simpatica. La sanzione magica è resa possibile dal
carattere spirituale della cosa data. La cosa data in pegno è generalmente senza valore, ma le cose
sono animate esse stesse, ed è questo l’importante. Nel diritto romano la consegna è sempre
solenne e reciproca. C’è un vincolo nelle cose che può essere riscontrato dall’analisi di alcuni
termini: la familia romana comprende anche la cosa, la res. Più si risale all’antichità, più il
significato della parola familia denota le res che ne fanno parte. I termini importanti da prendere in
considerazione sono familia e pecunia che sembrano corrispondere a res mancipi (cose preziose) e
res nec mancipi.
La nozione della forza inerente alla cosa non ha mai, d’altra parte, abbandonato il diritto romano
su due punti: il furto e i contratti re.

Altri diritti indo-europei.


Le ipotesi riguardanti il diritto romano antichissimo sono di ordine piuttosto preistorico. Inoltre,
sono ipotesi che non vanno aldilà del verosimile. I sistemi giuridici germanico e indiano conservano
meglio le tracce del sistema giuridico del tipo descritto nelle società oceaniche e americane

Diritto indiano classico. Teoria del dono.


La difficoltà che incontriamo nell’analisi dei testi indù è che sono stati redatti dalla classe dai
brahmani, quindi mostrano solo un diritto teorico e scritto a loro vantaggio. La legge del dono, il
danadharma, si applica appunto solo ai brahmani. Essi ricambiano i doni solo con servizi religiosi.
Nell’india antica e ancora presso due tribù, esisteva l’istituzione del potlàc. Il mahabharata è in
realtà proprio la storia di un gigantesco potlàc. La legge brahmanica segue ancora la stessa

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atmosfera: i doni sono obbligatori e le cose posseggono virtù speciali, fanno parte delle persone
umane.
Nel diritto indiano da noi analizzato la cosa donata frutta una ricompensa in questa vita e nell’altra.
In questo mondo si riproduce, nell’altra la stessa cosa accresciuta viene ritrovata. In questo modo
si arricchisce sia il donatore che il destinatario. Tutto ciò che viene donato è inoltre personificato. il
cibo deve essere diviso necessariamente per non divenire distruttivo. La ricchezza è fatta per
essere elargita e il compito del brahmano è proprio quello di riceverla, dando così senso alla
ricchezza stessa. Proprietà e persona in questo diritto si confondono. Questo legame tra cosa data
e donatore è particolarmente evidente nelle norme riguardanti il dono della vacca. Il modo di
ricevere, fingendo di rifiutare, è molto simile a quello delle società arcaiche studiate in precedenza.
Il dono è ciò che bisogna dare, che bisogna ricevere, ma che al tempo stesso è pericoloso da
prendere.

Diritto germanico (il pegno e il dono).


Anticamente la società germanica aveva sviluppato l’istituzione del potlàc e più in generale l’intero
sistema dei doni. Il vocabolario tedesco derivante da geben e gaben è vastissimo. Un’istituzione
che persisteva fino a poco tempo fa e in alcuni luoghi ancora oggi è quella del gaben in senso
stretto, che prevede che in alcune occasioni come matrimonio e battesimo, gli invitati offrano
regali che superano di molto le spese per la festa. Una seconda istituzione da considerare è quella
del wadium germanico che può essere accostata a quella del nexum romano. Non interviene solo
la sanzione magica ma la cosa stessa è impregnata di virtù e questo costituisce un vincolo. La cosa
data come pegno è generalmente senza valore ma ciò che conta è che è piena di individualità del
donatore. Il pegno impegna in questo modo l’onore, il mana. Il pegno, finché non restituito,
costituisce un pericolo per entrambi i contraenti. È per questo che gift, ovvero dono, significa al
tempo stesso anche veleno.

Diritto celtico.
Anche le popolazioni celtiche hanno conosciuto questo tipo di istituzioni, i cui studi sono solo agli
inizi.

Diritto cinese.
La grande civiltà cinese ha esattamente il principio giuridico che ci interessa. Riconosce il vincolo
indissolubile di ogni cosa con il proprietario d’origine. Per questo chi dà un oggetto ha un certo
diritto perpetuo a piangere la cosa venduta. I contraenti rimangono così in una sorta di dipendenza
perpetua ed è questo a rendere pericoloso l’accettazione di un dono.

Capitolo quarto. Conclusione.


Conclusioni di ordine morale.
Una parte considerevole della nostra vita è ancora oggi inserita nel meccanismo del dono,
dell’obbligo e della libertà. Le cose continuano ad avere valori sentimentali, ancora è inferiore chi
non ricambia il dono e ferito chi riceve la carità. Elementi del potlàc affiorano. Bisogna fare inviti,
ricambiare doni ricevuti con altri sempre maggiori, e le cose hanno ancora un’anima. In alcuni
luoghi c’è ancora l’idea di dover staccare la cosa venduta dal venditore. In questo senso possiamo
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dire che una parte del diritto delle nostre società è in contrasto con la morale. Alcuni moderni
espedienti, come la legislazione di sicurezza sociale, si rifanno a questi meccanismi e rispondono al
bisogno di legare a sé gli individui. La società sente l’esigenza di ritrovare la cellula sociale e così i
temi riscontrati nelle società arcaiche ritornino a noi, anche in forma differente, dando vita ad una
nuova morale che consista in un’equa combinazione di realismo e idealismo. Si deve quindi tronare
a qualcosa di arcaico, che è sempre stato a fondamento delle nostre società e da cui ci siamo
allontanati ma verso cui si sente l’esigenza di tornare.

Conclusioni di sociologia economica e di economia politica.


i sistemi economici che abbiamo descritto fino ad ora hanno un’economia intrecciata a elementi
religiosi. Ci sono elementi delle società descritte che le rendono peculiari, come la forte generosità,
per altri aspetti queste società non sono così lontane dalle nostre. C’è un conflitto tra interesse e
disinteresse in questa logica. Il dono può anche essere disinteressato, ma il motivo che spinge a
fare il dono non lo è (ad esempio l’interesse di determinare le gerarchie). Quando pariamo di
interesse in questi casi facciamo riferimento a un riferimento di tipo politico, più che economico.
Sono le società occidentali ad aver reso l’uomo, uomo economico. Ancora però non siamo tutti
così. Non c’è ancora questo costante e freddo calcolo utilitario. Diversi aspetti della vita in
occidente si stanno innalzando a un livello sociale per rispondere a dei bisogni che vanno aldilà del
singolo individuo inteso come freddo e calcolatore homo oeconomicus.

Conclusioni di sociologia generale e di morale.


Il lavoro fatto non si propone come un modello, ma come una serie di studi e indicazioni orientati
verso quei fenomeni che abbiamo chiamato fatti sociali totali, che coinvolgono cioè diversi aspetti:
economico, politico, religioso, morale, estetico. Sono più di semplici istituzioni. Il modo in cui è
stato approcciato il discorso ci ha dato due vantaggi: quello della generalità e quello della realtà. È
importante non limitarsi all’astrazione dei fenomeni studiati, il tutto va ricomposto per generare
dati fecondi. Va sottolineato che le società che abbiamo analizzato sono tutte società segmentate,
e proprio questo genera uno strano stato d’animo fra timore, ostilità e generosità. Devono
scegliere se fidarsi o se diffidare interamente. Attraverso questi sentimenti e queste azioni si
sostituisce la guerra all’alleanza. Prima è stato necessario deporre le lance, poi scambiare beni e
persone e poi sono venuti a crearsi degli interessi. Il bene e la felicità vengono trovati nella pace,
nella distribuzione della ricchezza, nel rispetto, nella generosità reciproca. Attraverso il lavoro fatto
giungiamo così anche a conclusioni di ordine morale, di civiltà o civismo, avvicinandoci alla nozione
di politica nel senso socratico del termine.

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