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PASCAL (CLERMONT FERRAND 1623 – PARIGI 1662)

Chateaubriand riassunse così la sua biografia : "Ci fu un uomo che a 12 anni, con aste
e cerchi, creò la matematica; che a 16 compose il più dotto trattato sulle coniche
dall’antichità in poi; che a 19 condensò in una macchina una scienza che è dell’intelletto;
che a 23 anni dimostrò i fenomeni del peso dell’aria ed eliminò uno dei grandi errori della
fisica antica; che nell’età in cui gli altri cominciano appena a vivere, avendo già percorso
tutto l’itinerario delle scienze umane, si accorge della loro vanità e volse la mente alla
religione;[…] che infine, nei brevi intervalli concessigli dal male, risolse quasi
distrattamente uno dei maggiori problemi della geometria e scrisse dei pensieri che
hanno sia del divino che dell’umano. Il nome di questo genio portentoso è B. Pascal".

BIOGRAFIA - SCIENZA
 1639: (16 anni Trattato sulle sezioni coniche): teoremi-base
della teoria delle coniche, definito uno dei più brillanti lavori
di geometria dal tempo dei greci;
 1641: (18 anni) progettò e costruì circa cinquanta esemplari
di un calcolatore meccanico, detto Pascalina, capace di
eseguire addizioni e sottrazioni;
 1650: Triangolo o teorema di Pascal, di cui fece uso negli
studi sul calcolo delle probabilità. Qui un video che mostra la
pascalina e i suo funzionamento
 dimostrò l’esistenza del vuoto e chiarì il concetto di
pressione (la cui unità di misura porta il suo nome) confutando
sia la fisica di Aristotele che quella di Cartesio che ne
negavano l'esistenza;
 Invenzioni: Pressa idraulica e siringa;
 Principio di Pascal: basandosi sugli esperimenti intorno al vuoto formula il principio che prende
il suo nome e secondo cui la pressione esercitata in un punto qualunque di un liquido
incomprimibile, si trasmette inalterata in tutti gli altri punti di tale liquido.

Machine aritmetique o pascalina

 1654: prendendo spunto dai giochi d'azzardo si interessa di probabilità compone un saggio sulla
teoria della probabilità ponendo le basi del moderno concetto matematico di probabilità.
 1658: nel corso di una notte scopre alcune proprietà della cicloide
Teorema di Pascal Triangolo di Pascal

BIOGRAFIA - VOCAZIONE RELIGIOSA


 1646: "prima conversione" , continua la sua via mondana e le ricerche scientifiche.
 23 novembre 1654: ha una esperienza religiosa che lo porterà a maturare la sua "seconda
conversione":
 descrive in un Memoriale l'esperienza da lui vissuta e cucirà il documento nella sua veste
portandolo addosso fino alla morte
 abbandona definitivamente vita mondana e ricerca scientifica e si ritira nell’Abbazia di
 Port Royal, diventerà uno dei solitari di Port Royal;
 si dedica alla religione e alla ricerca teologica cercando di realizzare il suo ultimo
progetto: l'Apologia del cristianesimo che non terminerà per il sopraggiungere della morte
nel 1662

CONTROVERSIA SULLA GRAZIA TRA GESUITI E GIANSENISTI


1656 - 1657: pubblicazione delle lettere provinciali con cui partecipa alla disputa in difesa dei
giansenisti dalle accuse di eresia loro mosse
 Port Royal – Giansenismo: dottrina religiosa sulla grazia e la salvezza
1. Giansenio: Augustinus (1641): dottrina
 peccato originale priva l’uomo della libertà
 lo rende incapace di compiere il bene e lo inclina necessariamente al male
 solo possibilità di salvezza è la grazia divina
 che dio concede solo a pochi eletti salvandoli dalla dannazione
2. Chiesa cattolica – gesuiti:
 l’uomo può sempre salvarsi
 se vive secondo i precetti della chiesa cattolica possiede una “grazia sufficiente”
 questa gli garantisce la salvezza se egli mostra buona volontà
3. Innocenzo X condanna come eretiche 5 proposizioni in cui viene riassunta la dottrina di
Giansenio
 i giansenisti accettano la condanna ma negano che quelle proposizioni si trovino nel
giansenismo
 nel 1656, presso la Sorbona riprende il processo al giansenismo;
 Pascal scrive le 17 lettere provinciali in cui difende il giansenismo e polemizza col teologo
gesuita Molina:
“Ma infine, padre, questa grazia data a tutti gli uomini è sufficiente? – si. Egli disse. – E
tuttavia essa non ha effetto senza la grazia efficace? – Questo è vero, egli disse. – E tutti gli
uomini hanno la sufficiente, continuai io, e non tutti hanno l’efficace? – È vero, egli disse. -
Vale a dire, gli dissi io, che tutti hanno abbastanza grazia e che tutti non ne hanno abbastanza;
vale a dire che questa grazia basta, sebbene essa non basta affatto; vale a dire che essa è
sufficiente di nome e insufficiente di fatto”
4. Pascal cercherà di risolvere il problema trovando una soluzione di compromesso tra:
 Lutero e Calvino: negazione libero arbitrio e elezione divina (predestinazione)
 Molina: teoria grazia sufficiente
 Difendendo il libero arbitrio ma asserendo che il libero arbitrio nasce dalla grazia divina:

noi facciamo ciò che vogliamo ma è dio che ci fa volere ciò che facciamo”
IL PROBLEMA DEL SENSO DELLA VITA
1. Problema decisivo: interrogativo esistenziale sul senso della vita: che cos’è l’uomo?
“Non so chi mi abbia messo al mondo, né che cosa sia il mondo, né che cosa io stesso.
Sono in un’ignoranza spaventosa di tutto. Non so che cosa siano il mio corpo, i miei
sensi, la mia anima e questa stessa parte di me che pensa quel che dico, che medita
sopra di tutto e sopra se stessa, e non conosce sé meglio del resto. Vedo quegli
spaventosi spazi dell’universo, che mi rinchiudono; e mi trovo confinato in un angolo di
questa immensa distesa, senza sapere perchè sono collocato qui piuttosto che altrove,
nè perchè questo po’ di tempo che mi è dato da vivere mi sia assegnato in questo
momento piuttosto che in un altro di tutta l’eternità che mi ha preceduto e di tutta
quella che mi seguirà. Da ogni parte vedo soltanto infiniti, che mi assorbono come un
atomo e come un’ombra che dura un’istante, e scompare poi per sempre. Tutto quel che
so è che debbo presto morire; ma quel che ignoro di più è, appunto, questa stessa
morte, che non posso evitare”
1.1. Indifferenza della maggior parte degli uomini di fronte a tale problema
1.2. polemica contro il rifiuto di tale problema
1.2.1. Studio dell’uomo, di dio e dell’anima sono i soli che contano
1.2.2. tutto il resto è libido sciendi, inutile curiosità
1.3. curvatore religiosa: enigma dell’uomo e del senso della vita può essere risolto solo dalla
fede
2. Strategia filosofica:
2.1. mostrare il fallimento della mentalità comune di fronte al problema del senso dell’esistenza;
2.2. anche scienza e filosofia non riescono a dare una risposta
2.3. solo il cristianesimo ne è capace
2.4. Obiettivo: apologia del cristianesimo rivolta al filosofo miscredente e al libero pensatore
razionalista tesa a mostrare la “ragionevolezza del cristianesimo”

B. LIMITI MENTALITÀ COMUNE: DIVERTISSEMENT


1. atteggiamento esistenziale della mentalità comune: divertissement
1.1. distrazione, divertimento: non pensare ricercando una distrazione nelle occupazioni
quotidiane, nel lavoro, nel piacere, nell’attività sociale, ecc.
1.2. dal latino devertere: "cambiare strada", "rivolgersi altrove"
1.3. fuga da sé "oblio e stordimento di sé"
1.4. dalla ricerca dello scopo della propria esistenza
1.5. da cosa fugge l’uomo?
1.5.1. dall’angoscia provocata dalla propria condizione di infelicità e dagli interrogativi
sulla vita e la morte
“Per sfuggire l'angoscia di questa situazione lacerata gli uomini hanno due possibilità.
La prima è non pensarci, distrarsi, lasciarsi afferrare e trascinare dalle circostanze. È
però una strada senza uscita: al fondo si trova soltanto, inevitabilmente, la noia, che è
la conseguenza e il segno della rinuncia a ciò che è profondamente umano.
Nonostante queste miserie, vuole essere felice, non vuole che essere felice, non può non
voler esserlo; ma che cosa può fare? Bisognerebbe, per raggiungere questo fine, che si
rendesse immortale; ma, non potendolo, si è risolto a impedirsi di pensarci. (169)
Gli uomini, non avendo potuto guarire la morte, la miseria, l'ignoranza, si sono risolti,
per procurarsi di essere felici, a non pensarci.” (168)
1.5.2. noia: nella totale assenza di attività l’uomo avverte la sua insufficienza, impotenza e
nullità, miseria e è colto dall’angoscia
1.5.3. così l’uomo si disperde in mille attività cercando non le cose ma “la ricerca delle
cose”
“Distrazione. A volte mi sono messo a considerare le diverse forme di distrazione degli
uomini, e i pericoli e le fatiche a cui si espongono, a corte come in guerra, e donde
nascano tante contese, passioni, imprese audaci e spesso dissennate: ho scoperto che
l'infelicità degli uomini deriva da una sola cosa, che è quella di non riuscire a starsene
tranquilli in una stanza. Un uomo che ha mezzi sufficienti per vivere, se sapesse stare a
casa sua traendone piacere, non uscirebbe per mettersi in mare o all'assedio di una
postazione.
Ma quando ci ho maggiormente riflettuto e, dopo aver trovato la causa di tutti i nostri
mali, ne ho voluto scoprire la ragione, mi sono reso conto che ce n'è una molto
concreta, che consiste nell'infelicità intrinseca della nostra condizione debole e
mortale, e così miserabile che niente ce ne può consolare, quando ci soffermiamo a
pensarci. [...]
Da ciò si desume perché il gioco e la ricerca della compagnia femminile, la guerra, le
alte cariche siano mete tanto ambite. Non che vi si trovi effettivamente della felicità, né
che ci si immagini che la vera beatitudine consista nel denaro che si può vincere al
gioco, o in una lepre che corre: non si accetterebbero come doni, se ci fossero offerti.
Non è questo possesso, molle e placido, e che ci lascia pensare alla infelicità della
nostra condizione, che si ricerca, né i pericoli della guerra, né gli affanni delle cariche,
ma è il frastuono che ci toglie dai pensieri e ci distrae. Ragion per cui si ama di più la
caccia che la preda.”
1.6. divertimento: il suo fallimento consiste nell’impossibilità di pervenire a un completo
appagamento del desiderio
1.6.1. quindi non produce felicità, ma infelicità
1.6.2. rende l’uomo schiavo delle cose e anziché consolarlo
1.6.3. cerchiamo di sfuggire alla noia ed alla sua angoscia, col divertimento, ma questo non
porta a nulla, se non ad arrivare alla morte senza avere mai vissuto
"Ciascuno esamini i propri pensieri: li troverà sempre occupati del passato e
dell'avvenire. Non pensiamo quasi mai al presente, o se ci pensiamo, è solo per
prenderne lume al fine di predisporre l'avvenire.
Il presente non è mai il nostro fine: il passato o il presente sono i nostri mezzi; solo
l'avvenire è il nostro fine. Così, non viviamo mai, ma speriamo di vivere, e,
preparandoci sempre ad esser felici, è inevitabile che non siamo mai tali"
1.7. Soluzione: accettare la propria condizione senza cercare di sfuggirvi: "L’uomo è
manifestamente nato per pensare; qui sta tutta la sua dignità e tutto il suo pregio; e tutto il suo
dovere sta nel pensare rettamente" (cfr. 146 B)

C. LIMITI DEL PENSIERO SCIENTIFICO – “ESPRIT DE GEOMETRIE” ED ESPRIT DE FINESSE”


1. La scienza e i suoi limiti: La scienza non è capace di risolvere i problemi esistenziali e di dare
una risposta alla domanda sul senso della vita
2. Scienza si basa sulla ragione (raison) ed è limitata in se stessa perché:
2.1. ha come limite l’esperienza: la scienza non può procedere senza l’esperienza e oltre
l’esperienza a differenza di quanto pensava Cartesio
2.2. la scienza si fonda su principi che non può dimostrare ma che assume come postulati di per
se evidenti
2.3. Entro questi limiti la scienza e la ragione scientifica, sono sovrani:
2.3.1. rifiuto dogmatismo e principio di autorità;
2.3.2. rifiuto sottomissione della scienza alla fede
2.4. Esprit de geometrie: costituisce il modo di procedere proprio della ragione, ed ha:
2.4.1. per oggetto la realtà fisica e sensibile (mondo naturale) e gli enti matematici astratti;
2.4.2. per metodo il procedimento dimostrativo
3. il Cuore e l’Esprit de Finesse
3.1. cuore - coeur: facoltà intuitiva su cui si fonda l’esprit de Finesse che ha:
3.1.1. oggetto l’uomo e la sua realtà esistenziale, il mondo umano (morale, religione,
sentimento)
3.1.2. si fonda sull’intuito (cuore), sul “sentire”
“Il cuore ha le sue ragioni che la ragione non conosce” (177)
"Il cuore, e non la ragione, sente Dio. E questa è la fede: Dio sensibile al cuore e non alla ragione" (278)

D. I LIMITI DELLA FILOSOFIA – IL PROBLEMA DI DIO


1. Filosofia: è superiore alla scienza in quanto si pone i problemi fondamentali sull’esistenza e il
suo senso, ma non è in grado di risolverli
2. Dimostrazione dell’esistenza di dio: fallisce nel suo tentativo di dimostrare con la ragione
l’esistenza di dio
2.1. nessuna delle prove elaborate per dimostrare l’esistenza di dio riesce nel suo intento
2.2. la ragione umana non può dimostrare ne che dio esiste, ne che non esiste
“Esaminiamo dunque questo punto, e diciamo: Dio è, Dio non è. Ma da quale parte propenderemo? La
ragione in ciò non può determinare nulla: c’è di mezzo un caos infinito”
2.3. oppure la ragione riesce a dimostrare un dio astratto, una entità razionale e geometrica, del
tutto inutile all’uomo
“Non posso perdonare Cartesio, il quale in tutta la sua filosofia avrebbe voluto poter
fare a meno di Dio, ma non ha potuto evitare di fargli dare un colpetto al mondo per
metterlo in moto; dopodichè non sa più che farne di Dio.”

“Il Dio dei Cristiani non è un Dio semplicemente autore delle verità geometriche e
dell'ordine degli elementi, come la pensavano i pagani e gli Epicurei. [...] il Dio dei
Cristiani è un Dio di amore e di consolazione, è un Dio che riempie l'anima e il cuore
di cui Egli s'è impossessato, è un Dio che fa internamente sentire a ognuno la propria
miseria e la Sua misericordia infinita, che si unisce con l'intimo della loro anima, che la
inonda di umiltà, di gioia, di confidenza, di amore, che li rende incapaci d'avere altro
fine che Lui stesso. [...]”

E. I LIMITI DELLA FILOSOFIA – LA CONDIZIONE UMANA


1. Condizione Umana: anche in questo caso la filosofia non è capace di spiegare la condizione
dell’uomo nel mondo misto di grandezza e miseria caratterizzata dalla medietà:
1.1. l’uomo è una via di mezzo tra l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo
1.2. un tutto rispetto al nulla e un nulla rispetto al tutto
2. Ambito Ontologico (essere): l’uomo è compreso tra l’infinitamente grande e l’infinitamente
piccolo
3. Ambito Conoscitivo (sapere): la sua conoscenza è una via di mezzo tra ignoranza e sapienza
3.1. ha un desiderio illimitato di sapere ma non è in grado di conoscere ne il principio ne il fine
delle cose
3.2. i suoi sensi sono incapaci di cogliere l’infinitamente grande e l’infinitamente piccolo
4. Ambito dell’agire (volere): tende alla ricerca del bene e della felicità assolute ma non è mai in
grado di raggiungere ne l’uno ne l’altra,
“Tutti gli uomini, nessuno eccettuato cercano di essere felici: per quanto impieghino
mezzi diversi, tutti tendono a questo fine. Quel che spinge alcuni ad andare alla guerra
ed altri a non andarci è sempre questo desiderio. La volontà non fà mai il minimo passo
se non verso quest'oggetto è il movente di tutte le azioni di tutti gli uomini anche di
quelli che s'impiccano” (425)
4.1. è la felicità, non il piacere, ciò che tutti gli uomini ricercano
Non occorre avere un'anima molto elevata per comprendere che quaggiù non esiste
alcuna soddisfazione veritiera e solida, che tutti i nostri piaceri non sono che vanità,
che i nostri mali sono infiniti, e che infine la morte, che ci minaccia ad ogni istante,
deve infallibilmente entro pochi anni metterci nell'orribile necessità di essere per
l'eternità o annientati o infelici. (194)
“Tutti si lamentano: principi, sudditi; nobili, plebei; vecchi, giovani; forti, deboli; dotti,
ignoranti; sani, malati; di ogni paese, di tutti i tempi, di tutte le età e di tutte le
condizioni” (425)
5. Miseria della condizione umana:
5.1. scarto incolmabile tra ciò che l’uomo vuole e la sua realtà, tra il volere e il non potere;
5.2. l’uomo è un desiderio frustrato condannato all’infelicità in quanto non si accontenta di
quel che è e non può divenire ciò che vuole

“Desideriamo la verità, e non troviamo in noi se non incertezza. Cerchiamo la felicità,


e non troviamo se non miseria e morte. Siamo capaci di non aspirare ala verità e ala
felicità, e siamo incapaci di certezza e di felicità.” (437)

"Noi vaghiamo in un vasto mare, sospinti da un estremo all'altro, sempre incerti e


fluttuanti. Ogni termine al quale pensiamo di ormeggiarci e di fissarci vacilla e ci
lascia; e , se lo seguiamo, ci si sottrae, scorre via e fugge in un'eterna fuga. Nulla si
ferma per noi. E' questo lo stato che ci è naturale e che, tuttavia, è più contrario alle
nostre inclinazioni. Noi bruciamo dal desiderio di trovare un assetto stabile e un'ultima
base sicura per edificarci una torre che s'innalzi all'infinito; ma ogni nostro
fondamento scricchiola e la terra si apre sino agli abissi." (72)

6. Grandezza della condizione umana


6.1. il fatto che aspiriamo al bene, alla felicità, alla verità assoluti
6.2. che abbiamo il pensiero che ci rende consapevoli e unici rispetto a tutte le creature
6.3. significa che nell’uomo vi è anche grandezza

7. L’uomo è un mostro incomprensibile in cui convivono miseria e grandezza,


«La grandezza dell'uomo è grande in questo: che si riconosce miserabile. Un albero
non sa di essere miserabile. Dunque essere miserabile equivale a conoscersi
miserabile; ma essere grande equivale a conoscere di essere miserabile.» (fr. 397).

«se si esalta, l'abbasso; se s'abbassa, lo esalto; lo contraddico sempre fino a che


comprende che è un mostro incomprensibile».(fr. 420)
«L'uomo non è che una canna, la più debole della natura; ma è una canna pensante.
Non c'è bisogno che tutto l'universo s'armi per schiacciarlo: un vapore, una goccia
d'acqua basta a ucciderlo. Ma, anche se l'universo lo schiacciasse, l'uomo sarebbe
ancor più nobile di chi lo uccide, perché sa di morire e conosce la superiorità
dell'universo su di lui; l'universo invece non ne sa niente. Tutta la nostra dignità
consiste dunque nel pensiero. E' con questo che dobbiamo nobilitarci e non già con lo
spazio e il tempo che potremmo riempire. Studiamoci dunque di pensare bene: questo è
il principio della morale» (fr. 347).

7.1. la filosofia è incapace di spiegare la costitutiva contraddittorietà dell’uomo


7.2. oscilla tra l’esaltarne la grandezza (ottimisti) o sottolinearne la miseria (pessimisti), ma
l’una non esiste senza l’altra

F. I LIMITI DELLA FILOSOFIA – LA MORALE

1. Tesi Pascal: anche in campo morale gli uomini non sono stati in grado di determinare dei valori
assoluti (il bene, il giusto, ecc.) capace di fondare un’etica universale e immutabile
1.1. la Ragione non è in grado di fissare regole di comportamento universali e immutabili
1.2. nel campo del comportamento domina il relativismo
1.3. anche i filosofi non sono riusciti a dare una definizione univoca del bene e degli altri valori

“non si vede nulla di giusto o di ingiusto che non muti qualità con il mutare del clima ;
tre gradi di latitudine sovvertono tutta la giurisprudenza, un meridiano decide della
verità; nel giro di pochi anni le leggi fondamentali cambiano; il diritto ha le sue epoche
[…]. Singolare giustizia, che ha per confine un fiume! Verità al di qua dei Pirenei,
errore al di là […]. Il furto, l’incesto, l’uccisione dei figli o dei padri, tutto ha trovato
posto tra le azioni virtuose. Si può dar cosa più spassevole di questa: che uomo abbia il
diritto di ammazzarmi solo perché abita sull’altra riva del fiume e il suo sovrano è in
lite con il mio, sebbene io non lo sia con lui?” (294)
2. Relativismo: Pascal utilizza il relativismo non per giustificare la libertà dei costumi e degli usi
rispetto alla tradizione, ma per dimostrare i limiti della ragione umana nel definire regole
enorme assolute e quindi la necessitò di ricorrere alla fede.

G. LA META - FILOSOFIA DI PASCAL E LA "RAGIONEVOLEZZA" DEL CRISTIANESIMO


1. Filosofia - Ragione
1.1. chiarisce la miseria della condizione umana e si contrappone al divertissemant
1.2. valuta la capacità del cristianesimo di render conto della miseria e grandezza della
condizione umana
1.3. consapevolezza dei propri limiti, della propria incapacità di rispondere all'enigma uomo
"beffarsi della filosofia è filosofare davvero" (Pensieri, 4)
"il supremo passo della ragione sta nel riconoscere che c'è un'infinità di cose che la
sorpassano" (pensieri, 267)

Il
realismo tragico
cui la filosofia conduce porta a
cercare gemendo
quel
deus absconditus
che si rivela con la
fede

2. cristianesimo come meta-filosofia


2.1. consapevolezza dei limiti della filosofia
2.2. mediazione tra ragione e religione
2.3. funzione dialettica:
 mostra dialetticamente i limiti della ragione
 conduce a cercare nella religione la soluzione al senso dell'esistenza
 assumendola come messaggio sovra razionale che risolve l'enigma uomo
 l'uomo è un problema la cui soluzione è Dio
3. Religione cristiana unica vera, esistenzialmente vera
3.1. perchè unica a dare una risposta al problema uomo
3.2. problema uomo > contraddittorietà natura umana
 percepisce se: come miserabile, ignorante, malvagio e infelice
 vuole la grandezza, sapienza, bontà e felicità)
 è finito e vuole l'infinito
"perchè una religione sia vera, è necessario che abbia conosciuto la grandezza e la
miseria, e le cause dell'una e dell'altra. Chi, tranne la religione cristiana, l'ha
conosciuta? (433) "
3.3. dottrina peccato originale
 caduta da una condizione di felicità (corruzione e infelicità dell'uomo)
 desiderio di tornarvi (ricerca dell'infinito nell'uomo)
"Se l'uomo non fosse mai stato corrotto, godrebbe sicuro, nella propria innocenza, della
verità e felicità. E se fosse sempre stato corrotto, non avrebbe nessuna idea della verità
e della felicità. Ma, sventurati che siamo ( molto più che se nel nostro essere non ci
fosse nessun vestigio di grandezza), noi abbiamo un'idea della felicità, e non possiamo
conseguirla; c'è in noi un'immagine della verità, e possediamo soltanto la menzogna:
egualmente incapaci di ignorare in modo assoluto e di conoscere con assoluta certezza,
tanto è manifesto che siamo vissuti in un grado di perfezione, dal quale siamo
sventuratamente caduti! (434)"
4. ragionevolezza del cristianesimo:
4.1. spiega la duplice e contraddittoria natura dell'uomo
 spiega perchè è un desiderio frustrato
 eterna inquietudine, eterna insoddisfazione
4.2. Cristianesimo:
 non è razionale > dimostrabile tramite procedure razionali e/o deduttive
 ma è ragionevole > compatibile con la ragione > non irrazionale
 chiarisce ciò che la ragione non è in grado di comprendere
 autonoma sottomissione della ragione alla fede
4.3. fede: non fuga nell'irrazionale
4.4. ma spiegazione meta - razionale di ciò che va oltre la ragione

H. LA "SCOMMESSA" SU DIO
1. La scommessa: scommettere sulla esistenza o non esistenza di Dio
1.1. vivere come se dio ci fosse o come se dio non ci fosse
1.2. rivolto ai "liberi pensatori"
 coloro che trovano altrettanto incomprensibile l'esistenza come l'inesistenza di Dio
1.3. necessità di compiere una scelta
 non scegliere è già una scelta, quella negativa
 perché "non è questione di volontà, siete tutti nella barca"
2. scommettere su dio
2.1. se dio c'è guadagniamo l'infinito
2.2. se non c'è perdiamo il finito
3. scommettere contro dio
3.1. se c'è perdiamo l'infinito
3.2. se non c'è guadagniamo il finito
4. gioco d'azzardo
4.1. si rischia il finito
4.2. per guadagnare una posta finita più grande
 nel caso di dio si rischia il finito
 per guadagnare una posta infinita
4.3. quindi la scelta più razionale è
scommettere su Dio
 se vinciamo, vinciamo tutto, se perdiamo non perdiamo nulla
"Dovunque ci sia l'infinito e non ci sia un'infinita probabilità di perdere contro quella di vincere,
non c'è da esitare"
5. argomento pragmatico basato sull'utilitas credendi
5.1. calcolo utilitario basato sulla scelta per noi più conveniente
5.2. probabilmente dedicato a un amico, il cavaliere di Méré, giocatore d'azzardo
5.3. finalità
 non dimostrare esistenza dio ma
 risvegliare in chi è privo di fede la nostalgia dell'infinito
 disponendolo all'attesa del dono della fede
 all'apertura alla dimensione del divino

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