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Boccaccio pare sia nato a Firenze o a Certaldo, in un vicino borgo nel 1313.
Figlio naturale di un certo Boccaccino di Chelino, famosissimo mercante e personaggio
illustre, dal quale prende cognome.
Riconobbe e fece studiare figlio. Lo portò a Napoli quando egli fu chiamato alla banca
dei Bardi a Napoli.
Inizia un periodo napoletano per Boccaccio. Un periodo felice, indirizzzato agli studi
economici ma come al solito prevalse sua vocazione per la letteratura. I sui primi testi
sono fortemente influenzati da questo periodo napoletano.
A Napoli vi era un'aristocrazia molto attenta e Boccaccio grazie all'importante ruolo
del padre potè frequentare la corte napoletana, frequentò la borghesia avendo a che
fare con molte persone soprattutto della borghesia
bancaria e Boccaccio si porterà dietro questo indirizzo
borghese con cui egli è cresciuto e ha studiato.
Entrò in contatto con autori classici, amava molto latino e
amava i classici del suo tempo tra cui Dante e Petrarca e
tra i due ci fu un grande scambio di lettere fino alla fine
della vita.
Scrisse un commento alle opere di Dante, soprattutto la
divina commedia.Fu gande ammiratore delle sue opere.
Dopo la crisi del '300 le banche fallirono tra cui la banca
dei Bardi dove lavorava il padre e fu costretto insieme al padre a tornare a Firenze.
Rispetto alla sua bella vita di Napoli. Firenze gli parve cupa, noiosa, piena di mercanti.
Tuttavia si adattò ai nuovi ambienti, pur rimpiangendo gli anni napoletani si integrò
abbastanza a Firenze.
Fu accusato di aver partecipato a una congiura, dopo un accusa nel 1362 si ritirò a
Certaldo dove poi alla fine morì nel 1365 dove fu riabilitato nel potere politico.
Nel 1360 ricevette voti di chierico, dovuto anche alle lettere con Petrarca.
Boccaccio per guadagnare qualcosa al ritorno a Firenze andava in giro anche per le
corti.
Oltre a un certo travaglio interiore poteva usufruire dei privilegi di cui usufruivano i
chierici, quindi gli faceva anche comodo. Muore il 21 dicembre 1375 a Certaldo.
Il Decamerone
Giovanni Boccaccio visse intorno al XIV secolo nel pieno della civiltà comunale, in cui la
nuova classe dirigente è quella borghese che prende in mano il controllo dell'economia
e della cultura. La vita del Boccaccia fu difficile perché nonostante avesse affermato
a Napoli il suo valore letterario, fu costretto a ritornare a Firenze per la grave
situazione economica del padre causata dal fallimento della Banca dei Bardi. Dopo il
suo rientro a Firenze egli non riuscì più ad essere felice come quando era a Napoli
anche perché qualche anno dopo ci fu la peste nera. Fu proprio in questo periodo che il
Boccaccio scrisse uno dei suoi più grandi capolavori, il Decameron. Boccaccio non è il
protagonista delle sue opere o se lo è lo è indirettamente. Egli è osservatore attento
e interprete acuto della civiltà in cui vive. Dimostra chiaramente nelle sue opere che i
suoi interessi si indirizzano verso i valori materiali e mondani, il suo interesse
specifico è quello di tracciare le caratteristiche dell'uomo in tutti i suoi aspetti giusti
e negativi, infatti, rappresentano la vita nel suo divenire e nella sua evoluzione. Le
virtù che il poeta esalta sono l'intelligenza, l'astuzia, l'arguzia, il buon senso, la
prudenza, la gentilezza d'animo e la cortesia, tutte virtù strettamente pratiche che
non fanno certo di un uomo un santo né gli garantiscono la vita eterna, ma almeno gli
permettono di vivere da uomo, di conseguire nella vita quotidiana i suoi scopi materiali
e personali e di essere felice quanto un uomo possa esserlo. Con la composizione del
Decameron diventa il rappresentante dell'alta cultura fiorentina.
Il Decameron è un racconto di 100 novelle raccontate da dieci giovani: il titolo, dal
greco, significa "dieci giornate". Boccaccio immagina che, durante la peste scoppiata a
Firenze nel 1348, sette giovani donne e tre giovani uomini si allontanino dalla città per
sottrarsi al pericolo del contagio e al triste spettacolo di morte, e decidano di
rifugiarsi in campagna. I dieci giovani lasciano Firenze e trascorrono insieme quindici
giorni in una villa in campagna. Essi si riuniscono ogni giorno, tranne il venerdì e il
sabato, per raccontarsi delle novelle, una per ciascuno, su un tema fissato dal re o
dalla reginetta eletti giornalmente. Il libro inizia con un Proemio, nel quale lo scrittore
delinea il pubblico cui l'opera è rivolta: le donne che amano sulla linea cortese. Inoltre
presenta due temi principali del libro: il peccato di Fortuna e il motivo Amoroso.
Il libro poi inizia con una descrizione molto realistica della peste che rappresenta una
vasta cornice con il compito di isolare il mondo delle novelle con quello esterno
devastato dalla peste e dalla degradazione sociale. Infatti le cento novelle hanno vita
autonoma, e in questo sta la grandezza dell'opera. La realtà che le varie novelle
riflettono è quella dei traffici e dei commerci mercantili della società borghese. I
protagonisti delle novelle sono vari ma soprattutto sono presentati uomini e donne veri
e reali che affrontano la vita con determinazione e con la precisa volontà di
realizzarsi. Per emergere, per conquistare il proprio posto nel mondo e per
raggiungere quel tanto o poco di felicità che può toccare agli uomini, bisogna essere
abili e astuti. La vera virtù per il Boccaccio è l'intelligenza cioè la capacità di saper
sfruttare a proprio favore le situazioni e il prossimo (Fortuna). Infatti, coloro che
nella maggior parte delle novelle trionfano e vincono sono personaggi intelligenti e
furbi, in particolare, quelli che sanno approfittare delle debolezze o delle ingenuità
degli altri; ingannandoli e burlandoli ora per il puro piacere del divertimento, ora per
procurarsi interessi o piaceri personali. Nel mondo del Boccaccio non c'è posto per gli
sciocchi e creduloni come non c'è posto per gli spiriti troppo indoli e idealisti. Per gli
sciocchi non c'è pietà; essi sono le vittime predestinate dei furbi e di loro si può solo
ridere.
Un caso esemplare di attaccamento alla "ragion di mercatura" è la novella Lisabetta da
Messina; i fratelli uccidono il giovane amato dalla sorella e causano a Lisabetta atroci
sofferenze, che la portano alla morte. Nella novella troviamo uno scontro tra due
forze potenti: l'amore (Lisabetta) e la "ragion di mercatura" (fratelli). Opporsi alla
forza dell'amore è però impossibile. Lisabetta, per quanto vittima, è alla fine
vincitrice. L'amore appare più forte della logica mercantile. Il messaggio che il
Boccaccio vuole darci è la necessita di un'apertura laica della morale familiare e
sociale, rivolta alla classe dirigente cittadina, aristocrazia e gran borghesia.
2° giornata
Schema narrativo:
Personaggi:
Spazio e tempo:
3° giornata
Schema narrativo:
1) Il cocchiere della regina Teodolinda si innamora
di lei, ma cerca di nascondere la sua passione.
2) Col passare del tempo nascondere il suo amore
diventa sempre più difficile, così il cocchiere decide
di cercare di possederla o di uccidersi.
3) Una notte spia Re Agilulfo e vede come fa a farsi
riconoscere dalla Regina che lo fa entrare.
4) La notte seguente lo imita e, sfruttando la sua
somiglianza col Re e l'oscurità, giace con Teodolinda.
5) Quando Agilulfo va e "cercare" la Regina lei ne
resta stupita e glielo dice. Il Re capisce l'inganno,
ma tace per non turbarla.
6) Agilulfo si reca nelle abitazioni della servitù e
scopre il colpevole, ma non lo uccide, gli taglia i
capelli per poterlo riconoscere il giorno seguente.
7) Il cocchiere capisce l'intento del Re e taglia i capelli a tutti gli altri servitori, così
Agilulfo, la mattina seguente, non lo riconosce e riesce a salvarsi, perché il Re per non
rovinare né la sua reputazione né quella della Regina decide di tacere.
4° giornata
Schema narrativo:
La figura della donna che emerge da questa novella è molto forte, infatti Ghismunda
dimostra delle capacità quali la capacità di ascoltare e di dominare le parole, quella di
architettare intelligentemente le sue mosse e quella di sopportare coraggiosamente e
dignitosamente la sventura (ne è un tipico esempio il colloquio col padre) che la
rendono molto simile ad un eroe e rivelano il suo ruolo fondamentale nel rapporto
amoroso, in effetti, è lei che sceglie Guiscardo, lei che prende l'iniziativa e sempre lei
che architetta mille sotterfugi per soddisfare il proprio desiderio. Per effetto di
questa supremazia l'uomo svolge un ruolo subordinato alla donna amata, infatti a lui
spetta solo il compito di recarsi agli appuntamenti (in questa particolare situazione
non era un compito facile) e di soddisfare i desideri di lei. Questo schema ricalca
fedelmente il modello dell'amor cortese e ne riprende tutte le sue caratteristiche.
Tornando alla figura femminile trattata dal Boccaccio in questa novella, essa si
presenta come dominatrice e rivela virtù quali la fermezza, la coerenza, la sincerità, la
dignità che superano quelle del padre infatti dal confronto con la figlia Tancredi esce
decisamente perdente sia per la sua fragilità che per la sua codardia, e anche per la
sua grande incoerenza (prima provoca la morte della figlia amata e poi la piange
disperato).
5° giornata
Schema narrativo:
1) Coppo di Borghese Domenichi era uno degli uomini più autorevoli di Firenze ed era
solito raccontare la storia di Federigo degli Alberighi.
2) Federigo degli alberighi era un giovane nobile fiorentino innamorato di monna
Giovanna. Per conquistarla aveva fatto di tutto, ma lei non ricambiava minimamente.
3) Continuando a spendere denaro per far colpo su monna Giovanna, Federigo sperpera
tutto il patrimonio di famiglia ed è costretto a trasferirsi nell'unico podere che gli
rimane col suo amato falcone dove conduce una vita misera.
4) Dopo qualche anno il marito di monna Giovanna muore nomina suo erede il figlio o, se
questi dovesse morire senza figli, la moglie.
5) Quell'estate monna Giovanna si trasferisce in campagna col figlio, vicino al podere
di Federigo.
6) Il figlio di monna Giovanna si "innamora" del falcone di Federigo e, quando si
ammala, chiede alla madre di portaglielo.
7) Giovanna, dopo una prima esitazione, cede alla richiesta del figlio e si reca da
Federigo accompagnata da una sua amica.
8) Federigo, vedendola arrivare la invita a pranzo e, per offrirgli un pasto degno del
suo nome, uccide e cucina il suo amato falcone.
9) Dopo pranzo Giovanna chiede il falcone a Federigo, ma lui gli confessa in lacrime di
averglielo cucinato, lasciando di stucco la sua amata.
10) Dopo pochi giorni il figlio di Giovanna muore e la lascia ricchissima; quando i suoi
fratelli la obbligano a risposarsi, lei si ricorda del gesto di Federigo e lo sposa
facendolo l'uomo più felice del mondo e restituendogli la sua ricchezza.
Anche in questa novella la donna non ricambia l'amore dell'uomo mandandolo in rovina,
ma emerge anche un altro aspetto tipico dell'amor cortese e cioè l'amore fuori dal
matrimonio. Federigo, infatti si innamora di monna Giovanna che è già sposata quindi,
questo suo innamoramento, è puramente "intellettuale", caratteristica fondamentale
dell'amor cortese.
L'uomo subisce il volere della donna, ma non si rassegna al suo rifiuto arrivando a
rovinarsi economicamente e quindi ad essere costretto ad abbandonare tutte le sue
speranze di colpo. Anche dopo molti anni, e nonostante le conseguenze del
comportamento della donna, però Federigo conserva intatta la sua devozione alla sua
amata tanto da sacrificare per lei il suo ultimo bene: il falcone che lo aiutava a
procacciarsi il cibo. Proprio questo gesto di lui riscalda il cuore di monna Giovanna che
rivela finalmente un po' di pietà e forse un po' di rimpianto per essersi rifiutata di
trascorrere più tempo con quell'uomo così sensibile.
8° giornata
Schema narrativo:
1) A Firenze vivevano tre amici pittori: Calandrino, Bruno e Buffalmacco. Il primo era
un sempliciotto e gli altri due amavano prenderlo in giro.
2) Maso del Saggio sente parlare dell'ingenuità di Calandrino e decide di fargli uno
scherzo: lo incontra nella chiesa di S. Giovanni e gli parla delle proprietà magiche di
alcune pietre che si trovano nel paese di Bengodi.
3) Calandrino, attirato da un gioco di parole di Maso che gli fa credere che esista una
pietra che doni l'invisibilità, chiede dove poter trovare questa pietra dell'elitropia.
4) Maso gli rivela che questa pietra si trova nel Mucrone (un torrente vicino Firenze),
così Calandrino va da Bruno e Buffalmacco e li convince a seguirlo nella ricerca
dell'elitropia la Domenica mattina.
5) La domenica Calandrino raccoglie tantissime pietre che corrispondono alla
descrizione dell'elitropia ma non è sicuro di averla trovata. A questo punto Bruno e
Buffalmacco fingono di non vedere più Calandrino che si convince di avere trovato la
pietra e si incammina verso casa.
6) I due amici approfittano della trovata per prenderlo a sassata lungo tutto il
tragitto, durante il quale, fortunatamente, non incontrano nessuno.
7)Quando Calandrino entra in casa la moglie lo saluta normalmente: lui si arrabbia
perché crede che lo possa vedere solo perché è una creatura diabolica, così gliele dà
di santa ragione.
8)Bruno e Buffalmacco fingono di non sapere nulla e chiedono spiegazioni a Calandrino
sulla situazione della moglie.
9)Calandrino racconta loro tutta la storia e vorrebbe picchiare ancora la moglie, ma i
due amici hanno pietà di lei così lo raggirano di nuovo convincendolo che la colpa era
soltanto sua, quindi doveva rappacificarsi con la moglie.
La vicenda si svolge nella città di Firenze, ma all'interno della novella possiamo trovare
anche la descrizione del "paese di Bengodi" dove succedono le cose più piacevoli e più
strane del mondo (es.: maccheroni che rotolano lungo i fianchi di montagne di
parmigiano, ecc.) e dove tutti sono ricchi e contenti perché non hanno nessun
problema.
L'ambiente sociale descritto è quello degli "artisti" dell'epoca: burloni, amanti dei vizi
(donne, vino e buon cibo), ma piuttosto poveri. Essi vivevano come dei normalissimo
artigiani, cioè non avevano grandi problemi finanziari, ma non navigavano certamente
nell'oro. In questo quadro spicca particolarmente la figura di Calandrino che potrebbe
essere definito come "il giullare del villaggio" per la sua ingenuità. Nella famiglia di
Calandrino chi comanda è la moglie che si preoccupa di far quadrare i conti e di
"mettere in guardia" il marito dalle burle degli amici che, in un modo o nell'altro,
riescono sempre a causargli dei danni economici; quindi lei incarna perfettamente la
figura della donna cantata dall'amor cortese.
* Eroe: Calandrino
* Aiutanti dell'eroe: la moglie
* Antagonista: Maso del Saggio
* Aiutanti dell'antagonista: Bruno, Buffalmacco e le guardie
* Strumenti: l'elitropia
9° giornata
Schema narrativo:
1) In Lombardia c'era un convento famoso per l'austerità della vita delle sue monache.
2) Un giorno una delle monache, Isabetta, si innamora dell'amico di un suo parente che
è venuto a trovarla e comincia a trascorrere le notti con lui nella sua cella.
3) Le monache del convento scoprono il segreto di Isabetta e decidono di
"denunciarla" alla superiora.
4) Una sera, mentre Isabetta si trovava con il suo amante, le monache chiamano la
superiora che, però, in quel momento, si trovava a sua volte in "compagnia" del prete:
nella fretta di vestirsi la suora fa un errore e mette in testa i pantaloni del prete, ma,
nella concitazione del momento, nessuno se ne accorge.
5) La superiora va nella cella di Isabetta, la coglie sul fatto e la porta nel suo ufficio
dove comincia a riprenderla duramente. Isabetta però si accorge dello strano
copricapo della badessa e glielo fa notare.
6) Vistasi scoperta la superiora modera i toni e perdona Isabetta, la quale può
continuare ad intrattenersi con il suo amico come farà la superiora col prete e le altre
consorelle con chi possono.
10° giornata
Schema narrativo
In questa novella viene messa in evidenza l'importanza della fedeltà ad una promessa
fatta o ad un impegno preso, anche se questi possono essere gravosi o possono portare
a delle conseguenze dolorose da sopportare. Griselda è un perfetto esempio di fedeltà
ad una promessa, infatti non si ribella mai alle decisioni del marito al quale aveva
promesso eterna ubbidienza, anche quando queste comportano l'allontanamento dei
suoi figli o il suo ripudio dopo tredici anni di matrimonio.
Di conseguenza è possibile individuare nella fedeltà e anche nella forza d'animo due
valori che Boccaccio riteneva fondamentali in una società ideale.