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Le ragioni che rendono tale metodo utile nel gestire l’eterogeneità di una classe è perché viene assunto
come inevitabile, perché si fonda proprio sul riconoscimento del fatto che ciascun soggetto sia unico. Il
metodo promuove il processo di riflessione sulla costruzione della propria identità. Basa la propria didattica
su di un partire da sé che considera come valido e necessario ciò che il soggetto porta nella relazione. Il
processo di apprendimento è pensato proprio a partire da ciò che l’altro già sa, al fine di rendere le singole
peculiarità di ogni alunno una risorsa per il gruppo classe in toto, la cui storia si basa appunto sull’intreccio
delle singole storie dei suoi componenti.
Le metodologie dell’approccio autobiografico non richiamano tecniche quanto posture, capacità del
docente di pensarsi ricercatore attento a ciò che trova sul campo, perché è proprio quello il materiale con il
quale dovrà lavorare. Alla base delle metodologie autobiografiche vi sono:
- La NARRAZIONE;
- La MEMORIA.
La Narrazione si configura come un processo di costruzione e condivisione della storia che si va
narrando. La narrazione è sempre azione transitiva, si narra qualcosa a qualcuno ed è proprio la natura
relazionale della narrazione che la rende terreno di una educazione possibile. Non è sempre una
condivisione basata sulle parole dette, accoglie i molteplici linguaggi del narrare e narrarsi. Vi sono storie
che necessitano di parole per essere ascoltate, altre che necessitano di pagine per essere lette, altre ancora
che preferiscono tele per essere osservate. Le metodologie autobiografiche investono, proprio
sull’eterogeneità dei linguaggi, affinché tutte le storie possano trovare la propria voce e tutti i narratori
possano trovare il proprio canale espressivo.
Il lavoro autobiografico si attiva da processi di rievocazione e ritessitura del proprio passato, per ridefinire il
proprio presente e immaginare il proprio futuro. I processi della memoria sono più vicini al lavoro
d’immaginazione che non a quello di ricostruzione. Le metodologie si nutrono degli aventi passati, secondo
una prospettiva che non ricerca la verità, quanto l’autenticità del racconto. Si tratta di un processo che
attraversa le fasi ben delineate:
- Rievocare
- Ricordare
- Rimembrare
Le metodologie autobiografiche si vanno costruendo a partire dalla situazione data e in prospettiva degli
obiettivi che si vogliono raggiungere, attraversando i territori riflessivi della memoria.
Il lavoro autobiografico è sempre e comunque un lavoro laboratoriale, perché:
In 1° luogo si tratta di un lavoro in costante evoluzione.
In 2° luogo necessita di un setting adeguato, che sia in grado di accogliere e incentivare le storie nel loro
formarsi e costruirsi. La capacità di mettersi in attesa, di stare in ascolto degli altri, in modo accogliente e
non giudicante.
In 3° luogo il lavoro autobiografico è un lavoro laboratoriale, perché si impara facendo.
RUOLO DEGLI ALUNNI E DEGLI INSEGNANTI
Il ruolo dell’alunno è centrale, attivo e propositivo, poiché gli viene chiesto di mettersi in gioco in prima
persona, nel raccontarsi e nell’ascoltare gli altri che si vanno raccontando.
Il ruolo dell’insegnante è certamente qualcuno che va proponendo, nel senso che le ha sperimentate su di
sé. Più che un conduttore è un compositore di situazioni capaci di dare spazio alla possibilità del soggetto.
L’insegnante è un esperto, non tanto nei contenuti, quanto nell’implementazione di processi in grado di
dare voce ai soggetti. Il ruolo dell’insegnante è quello di restare un passo indietro, saper ascoltare per
essere esempio di ascolto. L’ascolto e il silenzio sono i modi tramite i quali l’insegnante rispetta e tutela i
racconti altrui, insegnando il rispetto delle storie.
CHE FORMA ASSUMONO SPAZI E TEMPI?
Tempi e spazi non devono soltanto contenere e incentivare l’esperienza autobiografica, ma anche essere
memoria e documento di quell’esperienza stessa. Il ruolo del contesto è quello di essere spazio di memoria
del lavoro attraverso, oltre che lo spazio di lavoro sulla memoria altrui. La documentazione diviene una
dimensione fondamentale del metodo autobiografico che può trovare negli spazi e nei tempi la propria
incarnazione. Una nota a parte merita il caso in cui l’insegnante scelga di realizzare un laboratorio
autobiografico specifico, inerente ad un tema delicato (il proprio percorso scolastico, la famiglia... ecc), in
tal caso lo spazio, e il tempo del lavoro, richiedono la predisposizione di un setting specifico. È importante
l’alternanza di diversi linguaggi, affinché ciascuno possa trovare il proprio, inoltre vi sarà alternanza di lavori
da fare in piena autonomia e riservatezza.
CHE FORMA ASSUMONO I MATERIALI DIDATTICI?
I materiali, all’intervento del metodo autobiografico, si vanno costruendo con oggetti di uso comune e
materiali multiformi. Vi sono supporti di scrittura, oggetti da comporre, immagini, fotografie, opere d’arte e
così via. Qualsiasi cosa può essere punto di partenza per un lavoro autobiografico, esempi:
- Gli odori, le sensazioni tattili, le fotografie, ripensare i luoghi della propria storia.
Vi sono alcuni punti fermi che caratterizzano la programmazione di un lavoro autobiografico in termini
laboratoriali:
- Pluralità dei linguaggi, affinché ciascuno possa trovare il proprio;
- Processualità delle consegne;
- Ricorsività dei processi;
- Clima di ascolto e attenzione reciproca;
- Ritualità di apertura e chiusura degli incontri.
LA VALUTAZIONE DEL METODO AUTOBIOGRAFICO
Per l’insegnante si tratta di valutare nel senso di attribuire valore a ciò che viene prodotto per il solo fatto
che è stato narrato, scritto, condiviso. Richiede una particolare attenzione, ogni qualvolta in sede di
valutazione venga chiesto all’altro di raccontarsi. La valutazione assume nel metodo autobiografico un
taglio assai differente. La valutazione, diviene, cioè autovalutazione: rilettura del proprio pensare e del
proprio sapere, tramite il quale si è andati costruendo il proprio conoscere. Il metodo autobiografico invita
il docente a costruire spazi di riflessione e di autovalutazione per gli alunni.
COME COMINCIARE
Il metodo ha principalmente a che fare con la postura, di ascolto, accoglienza, riconoscimento dell’unicità
dei soggetti che si hanno di fronte e della classe che va raccontando e costruendo la propria storia. L’inizio è
giocato nella capacità del docente di pensare per storie. Il punto di partenza di ogni lavoro autobiografico è
la condivisione del senso e del metodo, la costruzione di un patto formativo che precisi le regole del gioco,
da costruirsi insieme, bambini e insegnanti.
ESEMPI:
L’area del racconto la predisposizione di momenti dedicati al racconto, diventa un’occasione per
dimostrare agli alunni che in quella classe le storie sono ben accette e ben volute.
- Il gruppo deve darsi un proprio ritmo.
- Condividere non è obbligatorio e commentare non è necessario.
L’area della testimonianza si tratta di lavorare con gli alunni non solo sul contenuto, ma anche
sulla forma: invitandoli a tenere memoria e a cercare la memoria necessaria.
L’area della documentazione qualsiasi condivisione con gli alunni delle strategie di
documentazione dell’apprendimento diventano occasioni di lavoro interessanti e preziose per
ragionare sul senso della memoria, sul significato del <<tenere traccia>>.
CONCLUSIONI
Il metodo autobiografico a scuola invita al rispetto, a una postura di umiltà e di ascolto da parte del docente
che è propedeutica a qualsiasi lavoro, a qualsiasi pratica.