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DIDATTICA DELLE DIFFERENZE

PROPOSTE METODOLOGICHE PER UNA CLASSE INCLUSIVA

CAPITOLO 1: IL METODO AUTOBIOGRAFICO


Alle spalle di tale approccio vi sono gli assunti di un pensiero che si costruisce quale narrativo di una
conoscenza come comprensione ermeneutica del mondo e di sé come testo, di una ricerca idiografica
fondata sulle narrazioni e sulle storie di vita. Varca le soglie del campo pedagogico e rimanda a un metodo
formativo, consulenziale di cura, un metodo didattico. L’accezione autobiografica rimanda sia ad un
approccio, sia ad un metodo.
- Autobiografico come approccio:
è connessa a una prospettiva che vede l’educazione come narrazione, i soggetti coinvolti come protagonisti.
Nell’intervento si articolano storie di vita e originano una nuova storia: quella della storia educativa stessa.
L’approccio autobiografico si fonda sulla consapevolezza che non si sa come continuerà, perché il lavoro
educativo è portatore di un paradosso, agisce nel presente, sulla base del passato, rivolto al futuro che,
però, l’educatore/insegnante non conosce. È importante tenere a mente che siamo tutti parte della stessa
storia, intendendo sia la storia idiografica, sia la storia come processo collettivo di eventi.
- Autobiografico come metodo:
se l’accezione autobiografica rimanda ad un approccio pedagogico specifico, al tempo stesso esso si declina
in un metodo per l’educare, il formare. Il metodo, auto-biografico, è al contempo un vissuto euristico e un
vissuto pedagogico. Ci consente di conoscere e riconoscerci. È per certi versi un metodo ricorsivo e
riflessivo. Una didattica che si richiama al metodo autobiografico è, per sua natura incerta, dubitante e
flessibile. Se il centro viene posto sulla storia di sé, soltanto il suo protagonista e narratore può essere
riconosciuto come <<esperto>>. Ciò significa riconoscere l’altro come portatore di un sapere autentico e
autorevole, con un ribaltamento di prospettiva rispetto a una visione che vuole il docente come “colui che
sa” e l’alunno come “colui che non sa ancora”.

Le ragioni che rendono tale metodo utile nel gestire l’eterogeneità di una classe è perché viene assunto
come inevitabile, perché si fonda proprio sul riconoscimento del fatto che ciascun soggetto sia unico. Il
metodo promuove il processo di riflessione sulla costruzione della propria identità. Basa la propria didattica
su di un partire da sé che considera come valido e necessario ciò che il soggetto porta nella relazione. Il
processo di apprendimento è pensato proprio a partire da ciò che l’altro già sa, al fine di rendere le singole
peculiarità di ogni alunno una risorsa per il gruppo classe in toto, la cui storia si basa appunto sull’intreccio
delle singole storie dei suoi componenti.
Le metodologie dell’approccio autobiografico non richiamano tecniche quanto posture, capacità del
docente di pensarsi ricercatore attento a ciò che trova sul campo, perché è proprio quello il materiale con il
quale dovrà lavorare. Alla base delle metodologie autobiografiche vi sono:
- La NARRAZIONE;
- La MEMORIA.
La Narrazione  si configura come un processo di costruzione e condivisione della storia che si va
narrando. La narrazione è sempre azione transitiva, si narra qualcosa a qualcuno ed è proprio la natura
relazionale della narrazione che la rende terreno di una educazione possibile. Non è sempre una
condivisione basata sulle parole dette, accoglie i molteplici linguaggi del narrare e narrarsi. Vi sono storie
che necessitano di parole per essere ascoltate, altre che necessitano di pagine per essere lette, altre ancora
che preferiscono tele per essere osservate. Le metodologie autobiografiche investono, proprio
sull’eterogeneità dei linguaggi, affinché tutte le storie possano trovare la propria voce e tutti i narratori
possano trovare il proprio canale espressivo.
Il lavoro autobiografico si attiva da processi di rievocazione e ritessitura del proprio passato, per ridefinire il
proprio presente e immaginare il proprio futuro. I processi della memoria sono più vicini al lavoro
d’immaginazione che non a quello di ricostruzione. Le metodologie si nutrono degli aventi passati, secondo
una prospettiva che non ricerca la verità, quanto l’autenticità del racconto. Si tratta di un processo che
attraversa le fasi ben delineate:
- Rievocare
- Ricordare
- Rimembrare
Le metodologie autobiografiche si vanno costruendo a partire dalla situazione data e in prospettiva degli
obiettivi che si vogliono raggiungere, attraversando i territori riflessivi della memoria.
Il lavoro autobiografico è sempre e comunque un lavoro laboratoriale, perché:
In 1° luogo  si tratta di un lavoro in costante evoluzione.
In 2° luogo  necessita di un setting adeguato, che sia in grado di accogliere e incentivare le storie nel loro
formarsi e costruirsi. La capacità di mettersi in attesa, di stare in ascolto degli altri, in modo accogliente e
non giudicante.
In 3° luogo  il lavoro autobiografico è un lavoro laboratoriale, perché si impara facendo.
RUOLO DEGLI ALUNNI E DEGLI INSEGNANTI
Il ruolo dell’alunno è centrale, attivo e propositivo, poiché gli viene chiesto di mettersi in gioco in prima
persona, nel raccontarsi e nell’ascoltare gli altri che si vanno raccontando.
Il ruolo dell’insegnante è certamente qualcuno che va proponendo, nel senso che le ha sperimentate su di
sé. Più che un conduttore è un compositore di situazioni capaci di dare spazio alla possibilità del soggetto.
L’insegnante è un esperto, non tanto nei contenuti, quanto nell’implementazione di processi in grado di
dare voce ai soggetti. Il ruolo dell’insegnante è quello di restare un passo indietro, saper ascoltare per
essere esempio di ascolto. L’ascolto e il silenzio sono i modi tramite i quali l’insegnante rispetta e tutela i
racconti altrui, insegnando il rispetto delle storie.
CHE FORMA ASSUMONO SPAZI E TEMPI?
Tempi e spazi non devono soltanto contenere e incentivare l’esperienza autobiografica, ma anche essere
memoria e documento di quell’esperienza stessa. Il ruolo del contesto è quello di essere spazio di memoria
del lavoro attraverso, oltre che lo spazio di lavoro sulla memoria altrui. La documentazione diviene una
dimensione fondamentale del metodo autobiografico che può trovare negli spazi e nei tempi la propria
incarnazione. Una nota a parte merita il caso in cui l’insegnante scelga di realizzare un laboratorio
autobiografico specifico, inerente ad un tema delicato (il proprio percorso scolastico, la famiglia... ecc), in
tal caso lo spazio, e il tempo del lavoro, richiedono la predisposizione di un setting specifico. È importante
l’alternanza di diversi linguaggi, affinché ciascuno possa trovare il proprio, inoltre vi sarà alternanza di lavori
da fare in piena autonomia e riservatezza.
CHE FORMA ASSUMONO I MATERIALI DIDATTICI?
I materiali, all’intervento del metodo autobiografico, si vanno costruendo con oggetti di uso comune e
materiali multiformi. Vi sono supporti di scrittura, oggetti da comporre, immagini, fotografie, opere d’arte e
così via. Qualsiasi cosa può essere punto di partenza per un lavoro autobiografico, esempi:
- Gli odori, le sensazioni tattili, le fotografie, ripensare i luoghi della propria storia.
Vi sono alcuni punti fermi che caratterizzano la programmazione di un lavoro autobiografico in termini
laboratoriali:
- Pluralità dei linguaggi, affinché ciascuno possa trovare il proprio;
- Processualità delle consegne;
- Ricorsività dei processi;
- Clima di ascolto e attenzione reciproca;
- Ritualità di apertura e chiusura degli incontri.
LA VALUTAZIONE DEL METODO AUTOBIOGRAFICO
Per l’insegnante si tratta di valutare nel senso di attribuire valore a ciò che viene prodotto per il solo fatto
che è stato narrato, scritto, condiviso. Richiede una particolare attenzione, ogni qualvolta in sede di
valutazione venga chiesto all’altro di raccontarsi. La valutazione assume nel metodo autobiografico un
taglio assai differente. La valutazione, diviene, cioè autovalutazione: rilettura del proprio pensare e del
proprio sapere, tramite il quale si è andati costruendo il proprio conoscere. Il metodo autobiografico invita
il docente a costruire spazi di riflessione e di autovalutazione per gli alunni.
COME COMINCIARE
Il metodo ha principalmente a che fare con la postura, di ascolto, accoglienza, riconoscimento dell’unicità
dei soggetti che si hanno di fronte e della classe che va raccontando e costruendo la propria storia. L’inizio è
giocato nella capacità del docente di pensare per storie. Il punto di partenza di ogni lavoro autobiografico è
la condivisione del senso e del metodo, la costruzione di un patto formativo che precisi le regole del gioco,
da costruirsi insieme, bambini e insegnanti.
ESEMPI:
 L’area del racconto  la predisposizione di momenti dedicati al racconto, diventa un’occasione per
dimostrare agli alunni che in quella classe le storie sono ben accette e ben volute.
- Il gruppo deve darsi un proprio ritmo.
- Condividere non è obbligatorio e commentare non è necessario.
 L’area della testimonianza si tratta di lavorare con gli alunni non solo sul contenuto, ma anche
sulla forma: invitandoli a tenere memoria e a cercare la memoria necessaria.
 L’area della documentazione  qualsiasi condivisione con gli alunni delle strategie di
documentazione dell’apprendimento diventano occasioni di lavoro interessanti e preziose per
ragionare sul senso della memoria, sul significato del <<tenere traccia>>.
CONCLUSIONI
Il metodo autobiografico a scuola invita al rispetto, a una postura di umiltà e di ascolto da parte del docente
che è propedeutica a qualsiasi lavoro, a qualsiasi pratica.

CAPITOLO 2: L’APPROCCIO MONTESSORI


I primi anni di ricerca della Montessori sono stati indirizzati ai bambini con disabilità, successivamente a
tutti i bambini, perché ogni bambino è caratterizzato da bisogni educativi unici e individuali. Il bambino
deve avere un ruolo attivo nel suo percorso di formazione. E’ utile che ci sia un’assenza di valutazione da
parte dell’insegnante, di predisposizione di materiali e la costante possibilità di imparare attraverso una
conoscenza sensoriale. L’esperienza della Montessori è caratterizzata da una costante attenzione
all’eterogeneità.
La Montessori è stata una delle prime donne a conseguire il titolo di laurea in Medicina e successivamente
ha intrapreso la strada dell’educazione e della formazione. Gli studi, rivolti ai bambini con disabilità, hanno
permesso di mettere a punto una serie di materiali sensoriali rivolti all’educazione dei bambini, questi
materiali hanno un carattere inclusivo, in quanto permettono di valorizzare il percorso formativo di
ciascuno, con particolare attenzione ai diversi ritmi di apprendimento. La Montessori si distacca dai metodi
educativi di quegli anni, convinta che i bambini, con gravi deficit cognitivi, possano recuperare alcune
disabilità grazie a specifici interventi educativi. La Montessori ha individuato caratteristiche che
accomunano lo sviluppo cognitivo di tutti i bambini, al di là della loro provenienza geografica. La porta a
confrontarsi con un nuovo concetto di educazione. Il processo educativo dovrebbe organizzare una serie di
stimoli adatti ad incoraggiare la curiosità e promuovendo competenze utili al bambino. In questo metodo è
il bambino a indirizzare il suo percorso, la Montessori introduce un sistema di tecniche, procedure e
materiali organizzati in obiettivi e traguardi specifici dove i singoli elementi sono collegati tra loro. La
Montessori non amava definire “metodo” la sua proposta educativa, preferiva delle espressioni che
mettessero in evidenza la valorizzazione delle risorse individuali. Però negli anni ’50, per motivi di
traduzione, dovettero sintetizzare in metodo.
LE SCELTE OPERATIVE: AMBIENTE, MATERIALE E RUOLO DELL’INSEGNANTE
La scuola dovrebbe rispettare e privilegiare materiali che consentano di fare esperienze attive di
manipolazione. Per garantire la libertà di scelta e di espressione è necessario ricorrere a un insegnamento
indiretto, in cui l’ambiente possa facilitare la comprensione dei concetti. L’ambiente scolastico è
caratterizzato da ambi spazi, mobilio scarso, leggero, semplice e bello. Per bello si intende, semplicità e
armonia di linee e colori. La Montessori definì la prima scuola in cui ha sperimentato il suo approccio “casa
dei bambini”. Gli arredi devono essere a misura sul bambino, i materiali come le stoviglie e i vasi devono
essere frangibili. Gli stimoli sono calibrati tenendo conto di ciò che desta interesse nei bambini.
Per favorire l’autonomia e la libertà è importante anche l’uso di specifici materiali che attirino l’attenzione
grazie ad alcune caratteristiche estetiche. Il materiale montessoriano garantisce l’autonomia del bambino
grazie ad uno specifico modello d’uso: spinge a controllare gli errori commessi, che stimolino la curiosità dei
bambini; sono presenti in quantità limitata, in questo modo imparano a rispettare i turni per l’utilizzo.
I diversi materiali vengono presentati dall’insegnante seguendo un ordine graduale e riguardano aree
tematiche come:
- I cinque sensi
- Il pensiero matematico
- La linguistica
Materie come:
- Geografia
- Storia
- Scienze.
RUOLO DEGLI INSEGNANTI E ALUNNI
La Montessori definisce l’insegnante “direttrice” che deve occuparsi anche della gestione della classe e la
prestazione dei materiali che può avvenire in vari modi, come: la lezione individuale; quella dei tre tempi; la
grande lezione; la lezione chiave e quella complementare dei dettagli.
Per la Montessori la lezione deve avere tre caratteristiche: Brevità, semplicità e obiettività.
VALUTAZIONE
L’ambiente ha come obiettivo principale la realizzazione dell’autonomia ed è organizzato in modo che ci sia
un contratto diretto tra le risposte dell’alunno e le conseguenze dei suoi comportamenti. Per la Montessori
non bisogna valutare sui prodotti ma sui processi, per questo motivo da’ molta importanza all’osservazione.
Da qui prende forma la didattica della “conferenza”. La conferenza è un momento efficace perché viene
prestata molta attenzione all’esposizione dei compagni. Stimola un processo di autovalutazione, perché i
bambini stimolano la loro preparazione per migliorarsi prima di esporre l’argomento alla classe. Infine, le
domande che vengono poste rappresentano una forma di valutazione autentica del lavoro svolto, per cui
l’insegnante non ha bisogno di assegnare un voto.
MATERIALI
Il lavoro dell’insegnante è quello di motivare gli alunni al lavoro autonomo. Tra i materiali che non
dovrebbero mancare ci sono:
 I fuselli  i fuselli sono 45 piccoli fusi che vanno inseriti in una scatola divisa in diversi scomparti,
chiamata casellario. I fuselli permettono al bambino di associare al numero la quantità
corrispondente. Questi sono il classico materiale che spinge il bambino ad autocorreggersi.
 I contrasti geografici  i contrasti geografici sono lo studio della configurazione della Terra. Il
bambino i avvicina a concetti anatomici come:
- Capo/baia
- Sistema di laghi/ arcipelago
- Penisola/golfo
- Stretto/istmo

CAPITOLO 3: LA DIDATTICA APERTA


Il tratto distintivo risiede nella libertà di scelta dell’alunno e nel ruolo attivo e partecipativo che questo
approccio gli assegna. L’alunno non è solo fruitore di un’offerta formativa, ma è proprio l’ideatore. La
didattica è aperta nel senso che fa spazio alle iniziative dei bambini nell’azione didattica. Sceglie, si auto-
organizza, si auto-regola, si auto-determina e partecipa pienamente. In Germania, si parla di didattica
aperta da ormai quasi 40 anni. L’approccio permette ad ogni singolo alunno di fare propri i contenuti
autodeterminati ricavati dalla piena libertà di scelta dei luoghi, dei tempi e degli eventuali partner di
apprendimento. Ci sono 4 categorie di apertura:
- Organizzativa
- Metodologica
- Di contenuti
- Nella socializzazione
La vera didattica aperta si realizzerebbe nel momento in cui tutte queste vengono realizzate. Bohl e Kucharz
propongono una distinzione tra l’idea di aperture didattiche (l’insegnante predispone il lavoro che gli alunni
devono effettuare, ma saranno loro stessi a decidere in che ordine, come e con chi) e didattica aperta (i
bambini decidono come strutturare la giornata scolastica, che metodo usare…ecc).
Le aperture didattiche rappresentano quelle scelte che aprono a delle aree di decisionalità autonoma, ma
non delegano l’intera progettazione come invece accade in una didattica aperta più radicale.
Sono due le vie attraverso la quale la didattica aperta può contribuire a gestire una classe tenendo conto di
diversi bisogni degli alunni: la decentralizzazione dell'apprendimento e la differenziazione
autodeterminata.
- Il primo elemento, la decentralizzazione, e quando l'insegnante non sta più al centro dell'azione
didattica perché si da più spazio alle azioni dei singoli bambini che quindi hanno la possibilità di
dare forma all'interno di una stessa aula ha più forme di apprendimento, l'insegnante diviene il
regista che predispone le attività, personalizzandole.
- l'altra via prevede invece di fare leva sulla possibilità che gli alunni progettino le attività e scelgono
le metodologie per il proprio percorso formativo, facendosi carico di parte dell'individualizzazione e
personalizzazione del proprio percorso. sono gli alunni stessi che dopo aver sviluppato una
consapevolezza rispetto alle proprie modalità di apprendimento possono farsi carico di una
progettualità individualizzata.
ALCUNE METODOLOGIE
l'approccio della didattica aperta si è concretizzato in alcune metodologie: il lavoro a stazioni, il piano di
lavoro settimanale e la didattica aperta più radicale.
 il lavoro a stazioni  prevede l'allestimento in aula o in altri luoghi (giardino, palestra,
laboratorio…) Di diverse postazioni che propongono compiti differenti, collegati fra loro da una
tematica in comune. queste stazioni permettono di elaborare diversi aspetti della stessa tematica
attraverso materiali, linguaggi, sensi e compiti diversi che richiedono la messa in campo di stili di
pensiero e di apprendimento diversi. agli alunni può essere chiesto di passare obbligatoriamente in
tutte le stazioni, solo in alcune ho delegato ora pienamente la scelta ai bambini. ci sono due aspetti
da prendere in considerazione: l'autonomia e la varietà metodologica.
- l'autonomia è garantita dal fatto che le stazioni devono essere costruite dall'insegnante in modo
che permettono al bambino di capire che cosa hai chiesto nel compito.
- la varietà metodologica si basa sull'idea che sia utile utilizzare diverse vie didattiche che chiamano
in causa il linguaggi e le modalità di apprendimento differenti.
 Il piano di lavoro settimanale  è uno strumento che contiene una lista di compiti da risolvere che
viene consigliata ai bambini che si organizzano autonomamente per portarli al termine nel tempo
previsto, di solito una settimana, gli alunni decidono in che ordine che con che tempi e risolvere i
compiti. a differenza del lavoro stazioni, il pieno di lavoro settimanale acquista il carattere di
routine e rientra a pieno titolo nell'orario settimanale di un intero anno scolastico.
 la didattica aperta più radicale  la classe è un gruppo di persone composto dalle mie insegnanti
che stai insieme per uno scopo, apprendere. nel momento in cui questo gruppo si riunisce
comincerà a darsi delle regole per apprendere al meglio e per convivere al meglio. secondo questa
metodologia, i bambini hanno ben chiaro che l'apprendimento è il fine dell' istituzione scolastica. in
questo modello non è l'adulto che lentamente guida accompagna i bambini durante il loro processo
di crescita, la piena libertà ed al fin dall'inizio, è poi il gruppo che costituisce l'insieme di norme che
regolamenterà la convivenza.
IL RUOLO DELL ALUNNO E DELL'INSEGNANTE
Il ruolo dell’alunno è un ruolo attivo che gestisce tempi del proprio apprendimento. Perché la libertà che ha
a disposizione si trasformi da potenziale a occasione realizzata, ha bisogno di tre tipologie di competenze:
1. competenze che lo guidino nella sua scelta affinché porti ad un apprendimento efficace
2. competenze strumentali in modo da avviarsi verso la realizzazione di progetti
3. competenze di tipo sociale affettivo che gli permettono di gestire le relazioni e le collaborazioni con
gli altri.
Ruolo dell'insegnante e più di accompagnamento e supporto, insegnante aspetta, incoraggia, risponde a
domande e aiuta se richiesto. Il suo compito è quello di creare un ambiente in cui questa capacità di
apprendere possa realizzarsi. In questa approccio l'insegnante prende proprio il ruolo di mediatore
didattico, e l'alunno stesso a entrare in contatto diretto con gli strumenti e le competenze di una disciplina
per costruire il proprio personale percorso. L'insegnante assume questo ruolo decentrato nel momento in
cui abbia di fronte a sé un alunno competente, ha il compito di accompagnare gli alunni attraverso un
percorso di competenze metacognitive che gli porta a sviluppare strategie di autoregolazione efficaci e
consapevoli e allo sviluppo di competenze sociali e affettive.
CHE FORMA ASSUMONO SPAZI E TEMPI E MATERIALI
Per creare un ambiente educativo adatto, spazi e tempi hanno bisogno di un'organizzazione che possano
garantire quelle libertà di scelta di righe dell'approccio. Le aule sono strutturate in modo da permettere lo
svolgimento contemporaneo di attività differenti all'interno dello stesso spazio. Una caratteristica tipica e
l'accessibilità dei materiali, ci sono molti scaffali e pochi armadi chiusi, ci sono cassetti, mensole, raccoglitori
che organizzano il materiale in modo ordinato. Per quanto riguarda i tempi, la situazione ideale
rappresentata da una sospensione della scansione oraria con corrispondente cambio di insegnante.
Momento importante e il cerchio, un luogo in cui ogni inizio di giornata i bambini condividono i propri
propositi con i compagni, nel cerchio ogni bambino impara a fare previsioni rispetto a quello che può
riuscire a realizzare nel tempo di una giornata.
il bambino inteso come il miglior mediatore didattico per se stesso per lui sono a disposizione libri, riviste,
Internet e strumenti tipici delle diverse discipline. l'idea è che i materiali didattici devono garantire ad ogni
alunno la possibilità di trovare il proprio miglior canale di accesso ad una tematica o allo sviluppo di una
competenza. I materiali assumono il ruolo di strumenti attraverso i quali i bambini possono sperimentare
diversi modi di struttura dell'apprendimento.
PROGRAMMARE LA DIDATTICA APERTA
Anche per le forme più radicali, vi è una forma di programmazione che prevede una centralità del ruolo
dell'insegnante. Viene proposto da Peschel, una serie di domande che gli insegnanti si pone in un processo
riflessivo, alcuni esempi di domande sono:
- il clima in classe buono?
- in che cosa sono impegnati i singoli bambini?
- come gestiscono le pause?
- ci sono bambini o gruppi di bambini che hanno bisogno di un mio intervento?
Per quello che riguarda la crescita graduale del grado di apertura nel setting scolastico, possiamo rifarci a
un utile schema, proposto da Peschel che individua tra i livelli di apertura:
1. Livello  l'individuazione la personalizzazione dei contenuti delle metodologie sono in gran parte
gestite dall’insegnante.
2. Livello viene promossa l'apertura metodologica e l'insegnante definisce gli obiettivi mentre i
bambini progettano un proprio percorso.
3. Livello  si aggiunge per gli alunni l'introduzione di una certa libertà di scelta anche per quello che
riguarda gli obiettivi e le competenze da raggiungere.
per quello che riguarda l'accompagnamento dei bambini attraverso un graduale sviluppo di competenze
necessaria alla gestione della libertà di scelta, si può far riferimento ad almeno tre tipi di percorsi ben
strutturati.
La prima proposta è un approccio metacognitivo che prevede quattro aree di lavoro, quella delle strategie
di apprendimento, degli stili cognitivi, quella specifica su metacognizione e studio e infine una parte
sull'atteggiamento verso la scuola.
La seconda proposta è il training metodologico questo training si presenta più come una raccolta di regole
da seguire che tengono conto solo in parte delle differenze individuali.
la terza è l'apprendimento cooperativo, eh si basa sull'idea che le abilità sociali richiedono di essere
esplicitamente insegnate ad esercitare.
LA VALUTAZIONE
In questo tipo di approccio, bisogna tener conto sia, del tenere insieme il bisogno di una misurazione
oggettiva si ha il diritto di ognuno a una valutazione individualizzata. A questo proposito, si utilizza una
valutazione autentica, che prevede la triangolazione di tre punti di vista:
1 lo guardo soggettivo dell'alunno sul proprio lavoro che auto valuta;
2 lo sguardo soggettivo ma esterno dell'insegnante che valuto a sua volta;
3 uno sguardo oggettivo sulla prestazione che ne permette la valutazione della qualità attraverso una
serie di criteri condivisi.
la valutazione autentica si rivela essere un buono strumento di valutazione per almeno due motivi:
- propone forme di autovalutazione che risultano essere coerenti con i percorsi di metacognizione;
- permette di valutare gli alunni su competenze complesse ed è possibile tenere conto delle
differenze individuali di ognuno.

CAPITOLO 4: LA DIDATTICA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE


Il principio base si fonda sulla convinzione che ogni persona, ogni alunno, può sviluppare abilità cognitive e
competenze, attraverso una molteplicità di canali di apprendimento. L'alunno, si pone come fulcro di tutta
l'azione educativa e didattica. L’esperienza scolastica assume un ruolo di individuare, riconoscere, utilizzare
e valorizzare le specificità di ognuno promuovendo dei percorsi inclusivi.
La teoria fu ideata e diffusa da Howard Gardner, e parla dell'intelligenza come una potenzialità
biopsicologica, influenzata da fattori esperienziali, culturale e motivazionali in continua evoluzione.
l'intelligenza e per Gardner, la capacità di problem solving all'interno di un campo del sapere
dell'esperienza umana. inizialmente individua 7 intelligenze:
linguistica, musicale, logico-matematica, spaziale, corporeo-cinestetica, interpersonale e intrapersonale;
dopodiché ne aggiunge un’ottava quella naturalistica;
e infine una nona, l'intelligenza esistenziale-spirituale.
Alla base di tale metodologia vi sono tre chiavi di lettura: pluralismo, mobilitazione e la personalizzazione.
 Pluralismo  parlare di una pluralità di intelligenze significa essere consapevoli che esiste anche
una pluralità di modalità di apprendimento. Non tutti apprendiamo le stesse cose e non tutti
apprendiamo allo stesso modo, risulta importante progettare realizzare apprendimenti multi-
interdisciplinari che tengano conto delle molteplicità di intelligenze.
 Mobilitazione  le intelligenze sono delle potenzialità in evoluzione, quindi sono educabili e
sviluppabili. Ciò tutti gli studenti possono apprendere, avere il successo e che tutti hanno punti di
forza che possono essere scoperti o utilizzati.
 Personalizzazione  la personalizzazione consiste nel dare a ciascuno la possibilità di trovare il
canale in cui riconoscersi per poter apprendere in modo autentico. Ogni proposta educativo
didattica può essere presentata attraverso una multi-modalità operativa.
QUAL È IL RUOLO DELLA LUNA E DELL'INSEGNANTE
La didattica delle intelligenze multiple mette gli studenti al centro del processo di riflessione, fornendo
strumenti opportunità per un’autoriflessione, comprendere la propria unica collezione di forza e
preferenze. Il ruolo dell'insegnante si modifica, infatti diventa un professionista riflessivo ed è lui che
organizza i contesti, crea le condizioni per far emergere i punti di forza.
SPAZI, TEMPI E MATERIALI
Le intelligenze si manifestano più facilmente in un luogo, un ambiente favorevole. E’ indispensabile creare
ambienti di apprendimento positivi e organizzare i luoghi scolastici con un'organizzazione flessibile. Anche
l'organizzazione e la gestione dei materiali assume una rilevanza notevole, possono essere utilizzati in
materiali di recupero ho facile reperibilità. Una condizione imprescindibile e che i materiali siano molti,
diversi tra loro e che possono attivare tutte le intelligenze. Occorre tenere in considerazione la variabile
tempo, optando per percorsi di apprendimento di qualità piuttosto che di quantità.
PROGRAMMARE NELLA DIDATTICA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE
Numerose esperienze documentano progettazioni di successo ma tutte caratterizzate dalla presenza di un
percorso comune che segue i seguenti passaggi:
- identificare i profili intellettivi degli studenti attraverso l'osservazione
- utilizzare le intelligenze come strumento per promuovere l'alfabetizzazione di base
- progettare opportunità di apprendimento attraverso una multi-modalità operativa
- coinvolgere gli studenti in attività utenti che dove poter utilizzare le competenze acquisite
Ci sono due fasi da tenere in considerazione
1. la prima consiste nell'osservare gli studenti per scoprire i punti di forza di ognuno, all'interno dei
centri di apprendimento ogni studente è chiamato date un ruolo attivo. si lavora insieme per la
realizzazione di un progetto comune o per risolvere un problema reale, spesso si presuppone un
lavoro di gruppo utilizzando un approccio di tipo cooperativo, alcuni aspetti del, cooperative
learning come: l'interdipendenza positiva, la leadership distribuita, insegnamento delle abilità
sociali.
2. in seguito, si procede a questa fase che consente di utilizzare le informazioni ottenute per
personalizzare i percorsi, ovvero il processo di Bridging, che può avvenire attraverso diverse
modalità:
- la scoperta di un punto di forza e l'esperienza del successo danno all'alunno la fiducia necessaria
per avventurarsi in aree meno consolidate;
- lo stile di apprendimento viene utilizzato per impegnare lo studente in altre aree.
VALUTAZIONE NELLA DIDATTICA DELLE INTELLIGENZE MULTIPLE
La valutazione assume il ruolo fondamentale che si concretizza all'interno di tutto il processo apprenditivo e
consente di personalizzare le proposte. E’ una valutazione formativa che promuove il dialogo e il confronto
fra pari, stimola e guida le riflessioni favorendo il controllo. Questa valutazione concentra la sua attenzione
sui processi e non sui risultati. non vengono utilizzati solo prove di verifica carta e matita, ma anche
prestazioni di vario genere come rappresentazioni, prestazioni multimediali, canzoni, plastici… in questo
modo la valutazione viene effettuata sollecitando più ambiti di apprendimento. Vengono proposti degli
strumenti come le rubriche, le schede di riflessione personale ho il diario di bordo. Tutti questi strumenti
sono indirizzati a coinvolgere direttamente lo studente.
come cominciare
Per la didattica delle intelligenze multiple occorre partire da un'approfondita comprensione di quelle che
sono le strutture fondanti, ossia:
- l'ottimismo pedagogico
- la consapevolezza che esistono molteplici canali
Si consiglia di partire con poche attività. La attenzione va rivolta all'aspetto informativo su questa nuova
proposta metodologica, principalmente su due fronti:
- quello dei genitori che devono essere informati del lavoro che si fa a scuola;
- quello degli alunni che devono rendersi conto che non esiste solo un modo per essere intelligenti.
sarebbe preferibile, presentare e proporre centri uno alla volta. Dopo aver cominciato a delineare un
profilo intellettivo per ogni studente si possono realizzare le attività di Bridging, che ha una durata
temporale limitata massimo due ore, e due sono le possibilità di realizzazione: singola attività, (utilizzando i
punti di forza rilevati) e struttura entro i points (viene introdotto un argomento attraverso una molteplicità
di approcci).

CAPITOLO 5: L'APPRENDIMENTO COOPERATIVO


L’apprendimento cooperativo utilizzo dei piccoli colpi per il raggiungimento di obiettivi di apprendimento
personali. si può definire come un metodo di insegnamento-apprendimento che utilizza piccoli gruppi,
grazie ai quali è possibile sia prendere, sia migliorare le relazioni sociali. L’insegnamento-apprendimento è
inteso come un processo di partecipazione scambio per tutte le persone coinvolte. E’ uno strumento
flessibile che permette di perseguire più obiettivi educativi contemporaneamente, mira promuovere sia un
apprendimento efficace, sì alla convivenza civile. Gli elementi caratteristici sono:
 partecipazione attiva  del processo di apprendimento da parte dell’alunno, utilizza in maniera
funzionale le sue caratteristiche personali;
 l'insegnante visto come facilitatore del processo  l'apprendimento è basato sulla mediazione
trattare sulla suddivisione dei compiti.
Vi sono alcune regole specifiche di attuazione dell'apprendimento cooperativo:
- structural approach
- learning together (che si fonda su 5 principi chiave)
- Group investigation
- complex instruction
- Student team learning
Nelle strutture cooperative ciascuno può trovare uno spazio in cui imparare con il suo stile di
apprendimento, ciascuno ha qualcosa da dare agli altri è qualcosa da ricevere e questo permette di creare
un ambiente di apprendimento paritario e realmente inclusivo.
esistono tre tipologie di attività cooperative:
1. attività cooperative semplici
presentano tre caratteristiche, si svolgono in coppie di alunni ho al massimo gruppi di tre, prevedono un
tempo breve, 1 2 ore di lezione, e compiti non troppo difficili.
2. attività cooperative complesse
si svolgono in gruppi composti da un minimo di tre ad un massimo di 5 studenti, prevedono un tempo di
permanenza da una settimana diversi mesi, e consistono in compiti complessi per il quale è necessario il
lavoro di gruppo.
3. attività cooperative di confine
Queste attività di confine sono spesso inventate dagli insegnanti per far fronte a necessità di trasformare
l'attività complesse in strutture più semplici.
RUOLO ALUNNO E INSEGNANTE
L’alunno è concepito come una risorsa da attivare e non come un contenitore da riempire, diviene il
protagonista attivo del proprio stesso apprendimento. In questo contesto le capacità individuali sono
altamente valorizzate, ciascuno riscopre un ruolo specifico in base alle proprie abilità e diviene una risorsa
attiva per gli altri membri del gruppo.
L'insegnante invece diviene una risorsa attiva all'interno del gruppo classe, ma abbandona il ruolo di
protagonista deve assumere quello di regista. La sua responsabilità sta nell'organizzazione delle attività, dei
tempi e dei materiali e della suddivisione dei ruoli.
SPAZI, TEMPI E MATERIALI DIDATTICI
Si può organizzare un'attività didattica cooperativa senza stravolgere troppo il normale aspetto dell'aula,
per esempio, un'attività cooperativa a coppia, non prevede nessun tipo di spostamento dei banchi. Rispetto
ai tempi le attività accoppiano le chiedono più di 60 a 120 minuti. Anche per alcune attività complesse non
è richiesta non eccessiva modifica dello spazio.
Si possono utilizzare i libri di testo ma, saranno utili anche i fogli bianchi, su cui costruire una sintesi, una
mappa concettuale o delle rappresentazioni. Quindi si prediligono materiali che implicano una
manipolazione attiva dell’alunno.
VALUTAZIONE
Ci sono due modalità di valutazione:
Il punteggio di miglioramento & la media individuale e di gruppo.
 la modalità del punteggio di miglioramento  bisognerebbe evitare di fare confronti tra i suoi
risultati e quelli dei compagni, si ipotizza un punteggio di base minima, che prevede che
l'insegnante stabilisca a un livello di partenza per ciascun allievo, a partire dal quale valuta i suoi
miglioramenti.
 la media individuale di gruppo  invece è una delle modalità maggiormente utilizzate. La fase di
partenza prevede una prova che permetta di ottenere un voto individuale. Alla prova individuale
l'insegnante attribuisce un punteggio che poi confluirà in un voto di gruppo in base ai seguenti
criteri:
- vengono sommati i punteggi dei singoli membri del gruppo
- si divide la somma per il numero dei membri
- si ottiene una media aritmetica che costituisce il punteggio di un gruppo
In generale gli insegnanti iniziano a sperimentare questa attività partendo da modelli semplici, per poi
passare a quelle più complesse che richiedono anche tempi, materiali e progettazione più complesse.

CAPITOLO 6: TECNOLOGIE DIDATTICHE PER LA GESTIONE DEI PROCESSI INCLUSIVI IN CLASSE


Le tecnologie portano per grandi vantaggi alle pratiche inclusive:
1. valorizzazione delle risorse latenti
2. esperienze di apprendimento significativo
3. gestione delle pratiche didattiche innovative
Il principale vantaggio è la possibilità di utilizzare codici comunicativi multimediali, che attivino differenti
modalità di elaborazione della conoscenza da parte degli alunni. L'orizzonte inclusivo parte dall'uso delle
tecnologie nel gruppo, come strumento per eliminare le barriere dell'apprendimento e facilitare i processi
di elaborazione delle conoscenze per tutti. Per permettere ad alunni con bisogni educativi speciali di
esprimere al meglio il loro potenziale. L'uso delle tecnologie consente di costruire i propri percorsi di
apprendimento utilizzando la componente visiva e visuo-spaziale, la logica visiva è sempre più stimolata e
diventa elemento centrale dell'azione educativa. Allo stesso modo l'intelligenza musicale è fortemente
stimolata dall'uso delle tecnologie, il risultato finale la somma di competenze tecniche e di capacità di
pianificazione, progettazione, condivisione del lavoro e del rispetto reciproco. La tecnologia deve essere
sempre una delle opzioni di scelta per gli alunni: ci saranno molti alunni che sceglieranno materiali
tradizionali, ma altri che saranno attratti dal contesto digitale. L'apprendimento significativo si basa sull'idea
di apprendimento come integrazione delle nuove conoscenze a partire da ciò che l'alunno già conosce.
L’uso delle tecnologie si basa sulla risoluzione di problemi reali che mettano in gioco le varie competenze in
possesso. L'uso delle tecnologie è funzionale alla gestione di pratiche. Si stabilisce una sorta di patto
educativo tra alunni e insegnanti, bisogna consentire solamente un uso ragionato e condiviso delle
tecnologie didattiche, ma non devono diventare l'elemento centrale della didattica, il centro deve rimanere
focalizzato sul gruppo classe e sui singoli alunni.
Spesso due problemi scoraggiano gli insegnanti:
 il problema della sicurezza dell'uso della rete;
 il problema della gestione dei file digitali ai prodotti nei lavori a scuola e in classe dei ragazzi.
Ogni scuola dovrebbe attrezzarsi mettendo in sicurezza la propria rete e l’utilizzo di una classe virtuale
sarebbe invece efficace nella gestione di queste dinamiche sui file. L’utilizzo a scuola può essere incentivato
solo se l'intero sistema scolastico si attrezza garantire un'efficace gestione degli ambienti di lavoro digitale,
e non se il singolo insegnante lasciato da solo a dover gestire tutta la complessità che ne deriva. La scuola
dovrebbe anche forzare le famiglie degli alunni a dotarsi delle tecnologie necessarie utili per lo studio e il
futuro dei propri figli.

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