VERSO
CINDIA di Federico RAMPINI
Cina e India si avviano a costruire il nuovo (vecchio)
baricentro del pianeta. Le mani sulla tecnologia.
Due mondi diversi, ma con forti complementarità. Per gli Usa
è imperativo evitare il matrimonio fra dragone ed elefante.
1. P. MISHRA, «How India Reconciles Hindu Values and Biotech», The New York Times, 21/8/2005. 53
053-060 Limes 4-05 Rampini 13-09-2005 13:16 Pagina 54
VERSO CINDIA
grande società di autonoleggio per affittare una vettura a Los Angeles, o una cate-
na di hotel internazionali per prenotare una camera, o il servizio di assistenza del
vostro computer, senza che voi lo sappiate spesso dall’altra parte del filo vi rispon-
de un impiegato/a indiano/a. «Ho conosciuto», racconta il columnist Thomas
Friedman, «imprenditori indiani che vogliono preparare la mia dichiarazione dei
redditi a Bangalore, esaminare le mie radiografie mediche a Bangalore, rintracciare
il mio bagaglio perduto da Bangalore» 2. L’outsourcing esplora frontiere sempre
più ardite: ormai perfino i chirurghi americani si vedono rubare pazienti dai loro
colleghi indiani, in grado di offrire operazioni di alto livello a una frazione del co-
sto occidentale.
Secondo le stime della Cia, l’agenzia di intelligence americana, a metà di que-
sto secolo la Cina avrà superato per ricchezza l’America, e l’India sarà la terza eco-
nomia più grande del pianeta davanti a Giappone e Germania. Il settimanale ame-
ricano Business Week ha osservato: «Mai prima d’ora nella storia l’ascesa di due na-
zioni dal sottosviluppo è stata osservata da tutto il resto del mondo con una tale
mescolanza di paura, opportunismo, ammirazione. Nel dopoguerra avevamo visto
i miracoli economici del Giappone e della Corea del Sud. Ma nessuno di quei pae-
si era abbastanza popoloso da poter trainare la crescita mondiale o da poter im-
porre nuove regole del gioco in tutti i mestieri industriali» 3.
Insieme, entro quattro decenni Cina e India avranno probabilmente la metà di
tutta la potenza produttiva del pianeta. Per certi versi sarà un ritorno al passato: nel
Settecento negli stessi due paesi si concentrava la metà della ricchezza mondiale (il
33% in Cina e il 16% in India). Presto il vero centro del globo tornerà a essere que-
sto immenso blocco asiatico che nel dibattito politico indiano è stato da tempo
battezzato Cindia (Chindia, nella grafìa inglese). Non solo l’Europa sarà ormai
un’appendice marginale e decadente del continente asiatico ma anche gli Stati
Uniti verranno eclissati dalle potenze orientali. «Il mix di ingredienti concentrato in
Cindia», secondo Business Week, «tra manodopera a buon mercato, mercati di con-
sumo sterminati e politiche economiche favorevoli al capitalismo privato, è di una
forza irresistibile».
Cindia oggi è sinonimo di una popolazione senza eguali – oltre due miliardi e
trecento milioni – pronta a competere nei lavori più umili e faticosi con salari mol-
to bassi. Ma anche l’esercito di forza lavoro qualificata e addestrata ai mestieri
scientifici è fuori dalla portata dell’Occidente: in Cindia si laureano ogni anno mez-
zo milione di ingegneri e informatici, contro i 60 mila che escono dalle università
americane (una parte dei quali sono neolaureati indiani e cinesi pronti a tornare a
casa loro); i ricercatori asiatici in medicina e biologia saranno più di un milione e
mezzo entro tre anni, cioè il doppio che in America. Il fondatore della Microsoft
Bill Gates parlando davanti ai governatori degli Stati Usa ha detto: «Sono terrificato
per la nostra forza lavoro di domani. Nella competizione internazionale per avere
2. TH.L. FRIEDMAN, The World Is Flat: A Brief History of the Twentieth Century, New York 2005, Farrar,
Straus and Giroux.
54 3. «China & India: What You Need to Know Now», Business Week, 29/8/2005.
053-060 Limes 4-05 Rampini 13-09-2005 13:16 Pagina 55
VERSO CINDIA
statale, nei trasporti e nelle banche, settori in prevalenza arretrati e poco efficienti.
Il 60% della manodopera è ancora legata all’agricoltura. Mentre è possibile trasfor-
mare rapidamente i contadini in operai, come avviene in Cina, perché le mansioni
industriali si imparano in fabbrica, solo per i figli (quindi fra una generazione) si
può sperare che il futuro sia nei servizi avanzati che richiedono una formazione
universitaria.
Tra gli ingredienti del boom cinese c’è stato uno sforzo formidabile di moder-
nizzazione delle infrastrutture (autostrade, aeroporti, porti, telecomunicazioni, In-
ternet), che invece in molte zone dell’India rimangono sottosviluppate, talora a li-
velli quasi africani. L’aeroporto di Shanghai-Pudong e quello di Delhi sembrano
appartenere a due secoli diversi. Tra le zavorre che hanno causato questo divario e
hanno reso meno rapido il boom indiano, gli osservatori locali tendono a enfatiz-
zare la colpa della corruzione. Abraham George, imprenditore tecnologico e filan-
tropo nato in India, ha raccontato le traversie subite dopo aver finanziato la costru-
zione di una scuola per bambini della casta degli «intoccabili» nel Tamil Nadu. All’i-
naugurazione della scuola il governatore dello Stato si presentò con 250 poliziotti
pretendendo che venissero tutti invitati a un banchetto. Una nave con 40 tonnella-
te di cibo destinato alla scuola rimase bloccata alle dogane perché i funzionari por-
tuali pretendevano tangenti, finché George rinunciò e distrusse l’intero carico ali-
mentare 5. A Delhi perfino i miseri «tassisti» che trasportano passeggeri sui rickshaw
a pedali devono versare bustarelle ai burocrati pubblici.
La corruzione indiana è sicuramente a livelli spaventosi, tuttavia è impossibi-
le avere prove affidabili che quella cinese sia meno grave: sotto il regime politico
e la censura di Pechino l’informazione sulle tangenti circola meno liberamente.
Ci sono invece altre differenze oggettive, create proprio dalla differenza tra i due
sistemi politici. Il vincolo elettorale nella democrazia indiana ha spinto i governi
a usare la spesa pubblica come strumento di consenso popolare e questo ha sca-
vato un notevole deficit pubblico (10% del pil) che rallenta la crescita. Come
esempio di clientelismo che grava sulle finanze pubbliche, il governo attuale ha
varato di recente un faraonico programma di grandi opere che garantisce 100
giorni all’anno di impiego statale a un membro di ogni famiglia in 200 province
indiane, e ha l’intenzione di estenderlo a tutte le 600 province nell’arco di un
quinquennio.
Un altro prezzo pagato alla democrazia è una legislazione del lavoro molto
più favorevole ai lavoratori, rispetto alla «comunista» Cina: lo Industrial Disputes
Act del 1982 rese quasi impossibile il licenziamento dei dipendenti nelle imprese
indiane sotto i 100 addetti. Questa rigidità del mercato del lavoro, insieme con un
maggiore protezionismo indiano sul mercato interno – due ingredienti che non
hanno equivalenti nell’economia cinese – sembra spiegare anche il minore afflus-
so di investimenti stranieri. Non a caso i settori dove le multinazionali straniere de-
56 5. A. GEORGE, India Untouched: the Forgotten Face of Rural Poverty, New York 2005, Writers Collective.
053-060 Limes 4-05 Rampini 13-09-2005 13:16 Pagina 57
3. La loro stessa diversità rende questi giganti complementari. Visto che la Ci-
na è concentrata nell’industria mentre l’India eccelle nel software, nella consulen-
za, nei servizi, molte multinazionali hanno imparato a esaltare le forze rispettive:
delocalizzano in India i laboratori, in Cina le fabbriche.
Tra Cina e India prevarranno le spinte all’integrazione sinergica e all’emulazio-
ne reciproca, favorite dalla complementarità? O invece i due modelli alternativi so-
no destinati a finire in rotta di collisione? Questo è un interrogativo cruciale non
solo per le due classi dirigenti e per il futuro dei rapporti fra le due nazioni più po-
polose del mondo, ma anche per l’America e per l’Europa. Via via che il primato
della ricchezza mondiale, della forza tecnologica, e presto anche della potenza mi-
litare, slitta verso l’Asia e tende a ritrovare il suo naturale baricentro demografico, il
nodo del rapporto tra Cina e India acquista una rilevanza sempre maggiore. Se ci-
nesi e indiani collaborano e imparano gli uni dai successi degli altri, l’ascesa di
6. A. SEN, The Argumentative Indian. Writings on Indian History, Culture and Identity, Londra 2005,
Allen Lane. 57
053-060 Limes 4-05 Rampini 13-09-2005 13:16 Pagina 58
VERSO CINDIA
59
053-060 Limes 4-05 Rampini 13-09-2005 13:16 Pagina 60