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La Cina riuscirà a realizzare il suo sogno o verrà svegliata

dagli Stati Uniti?

Nello scenario politico – economico attuale emerge l’eventualità che la Cina e gli
Stati Uniti si ritrovino in un conflitto che nessuno delle due potenze auspica, ma
nonostante la contrarietà di entrambi i paesi a questa opzione, la possibilità che
questo si verifichi non è da sottovalutare.
I due paesi potrebbero cadere nella “trappola di Tucidide”, concetto coniato dallo
storico Tucidide che fa riferimento specificatamente al celebre conflitto tra la città di
Sparta e quella di Atene e, in particolare, che descrive l’inevitabile
scombussolamento che si genera nel momento in cui una potenza in ascesa minaccia
di spodestare la potenza dominante.

Ciò che ci si chiede oggi a 25 secoli di distanza dall’analisi di Tucidide è: Cina e Stati
Uniti saranno le moderne Sparta e Atene?
Esiste una via per raggiungere una pace tra Pechino e Washington o le visioni delle
due potenze sono troppo contrastanti?

L'idea della trappola di Tucidide, divulgata dal politologo di Harvard Graham


Allison, sostiene che il pericolo di guerra salirà alle stelle quando la Cina in ascesa
sorpasserà l'America in declino. Anche il presidente cinese Xi Jinping,
implicitamente, ha sostenuto questo concetto affermando che Washington deve fare
spazio a Pechino.

<< La più grande fonte di caos nel mondo di oggi sono gli Stati Uniti >>
Xi Jinping, Marzo 2021

Dopo decenni di crescita, investimenti nell’ambito della tecnologia, dell’informatica,


della comunicazione e delle infrastrutture, attualmente la Cina non cessa la sua corsa
al potere e, certamente, Xi Jinping non ha smesso di credere nel “sogno cinese” di
restituire alla Cina il predominio in Asia, nonostante ultimamente stia perdendo i
vantaggi che hanno contribuito in passato alla sua rapida ascesa avvenuta tra gli anni
‘70 e gli anni 2000. Durante questi anni la Cina aveva un ambiente geopolitico
sicuro, un facile accesso ai mercati esteri e alle tecnologie, il tutto sostenuto da
relazioni amichevoli con gli Stati Uniti.

Dalla fine degli anni 2000, tuttavia, i motori dell'ascesa cinese si sono fermati o si
sono invertiti. Per esempio attualmente la Cina è a corto di risorse: l'acqua è diventata
scarsa, e il paese sta importando più energia e cibo di qualsiasi altra nazione, dunque
la crescita economica sta diventando più costosa, ma nonostante ciò entro il 2025 la
Cina prevede di diventare la prima potenza mondiale nel mercato e nei 10 settori
tecnologici di punta tra cui quello delle autovetture autonome, della robotica,
dell’intelligenza artificiale e dell’informatica.
Mettendo da parte le specificazioni riguardo al conflitto prettamente economico,
bisogna soffermarsi innanzitutto sulle differenze culturali tra Stati Uniti e Cina, che il
politologo Graham Allison definisce un vero e proprio scontro tra civilità riprendendo
Samuel Huntington, uno studioso di scienze politiche che sostiene:

“La mia tesi è che in questo nuovo mondo, l’origine principale del conflitto non sarà
anzitutto ideologica o economica. Le maggiori divisioni all’interno dell’umanità
saranno di di tipo culturale. Lo scontro delle civiltà dominerà la politica globale”
Samuel Huntington “The clash of Civilizations”

In passato la politica verso la Cina era sostenuta dalla convinzione che la Cina si
sarebbe liberalizzata o, come minimo, sarebbe diventata meno autoritaria, prendendo
il suo posto nell'ordine internazionale come un partner piuttosto che un concorrente.
Questa convinzione riguardo la transizione della Cina, come sostiene Huntington
proviene da una costante, quasi millenaria, convinzione americana che la democrazia
liberale sia la migliore forma di governo che alla fine vincerà sulle altre. Un esempio
lampante di questa concezione si riscontra in un commento di Biden riferito a Xi
Jinping durante il suo primo congresso:

“È seriamente intenzionato a rendere la Cina la nazione più influente e importante


del mondo. Lui e gli altri autocrati pensano che la democrazia non sia in grado di
competere contro le autocrazie nel 21esimo secolo. Ma noi dimostreremo che la
democrazia funziona”

Joe Biden

Da qui ne diverrebbe una “civiltà universale”, così definita da Huntington, ossia una
visione occidentale direttamente in contrasto con il cosiddetto particolarismo della
maggior parte delle civiltà asiatiche. L’occidente crede che un insieme fondamentale
di valori, come l’individualismo, il liberalismo, l’uguaglianza, la libertà, la
democrazia, il libero mercato dovrebbero essere accolti da tutta l’umanità. Al
contrario, le culture asiatiche apprezzano l’insieme di valori e credenze a loro
peculiari che li contraddistinguono dagli altri.
Di conseguenza, il fallimento dei paesi del Medio Oriente nel seguire questo modello
non è tanto una questione di essere meno civilizzati o moralmente retrogradi, ma uno
scontro tra visioni fondamentali del mondo con idee che sono contraddittorie nel loro
insieme.

Huntington sostiene che la Cina e i paesi di influenza cinese condividono una comune
visione del mondo confuciana. Le culture confuciane pongono l'autorità, la gerarchia,
l'armonia e la subordinazione dell'individuo alla società come presupposti culturali
centrali. Questo, naturalmente, è in netto contrasto con la devozione americana alla
libertà, all'uguaglianza, alla democrazia e all'individualismo. Mentre le società
confuciane pongono grande enfasi sulla costruzione del consenso e sul “salvarsi la
faccia”, gli americani apprezzano l'auto-espressione, il dibattito e la critica come
mezzo per mandare avanti la società. 

Inoltre, va rilevato che la cultura collettivista cinese enfatizza il lavoro di squadra, la


famiglia e gli obiettivi di gruppo al di sopra dei bisogni o desideri individuali. Al
contrario, gli Stati Uniti valorizzano le conquiste individuali. Il collettivismo cinese è
così forte che ovunque essi emigrino, rafforzeranno sempre i legami con gli altri
cinesi, in tutte le grandi città del mondo, infatti, si trovano strade e quartieri
Chinatown, dove si parla cinese e dove i cittadini cinesi possono condividere i loro
usi e costumi.
Gli assunti culturali sono duraturi, e non bisognerebbe sottovalutarli ma anzi questa è
una realtà da accettare poiché se alcuni aspetti  possono cambiare nel tempo, altri non
possono.

In breve, le differenze culturali possono accelerare l'attuale guerra commerciale tra


Stati Uniti e Cina, ma bisogna sottolineare anche altri importanti fattori.

Per il successo della relazione USA-Cina, ci sono alcune cose che richiedono
attenzione: Gli Stati Uniti dovrebbero lavorare in cooperazione con la Cina come
partner uguali. Il confronto di soft power e hard power tra gli Stati Uniti e la Cina ha
tutte le caratteristiche di una guerra commerciale globale in cui entrambi i paesi
sembrano essere disposti a combattere ad ogni costo per dominare e modellare
l'ordine internazionale quindi uno scontro potrebbe essere inevitabile.

Oltre a queste problematiche bisognerebbe fare luce su una questione che si è


intensificata recentemente in quanto la Cina ha inviato decine di aerei da
combattimento che hanno toccato la zona di difesa aerea di Taiwan e minacciato
l'isola che la Cina rivendica come propria. Per quanto riguarda questa situazione
Biden ha ammesso che in caso di aggressione difenderà Taiwan mentre Pechino ha
dichiarato che non c’è nessun margine per i compromessi. Da queste affermazioni si
può dedurre che la strada della pacificazione tra i due giganti è molto lunga e
tortuosa, se non irrealizzabile.

Un ulteriore contrasto da sottolineare emerge dal recente G20 tenutosi a Roma


durante il quale il presidente cinese non ha preso parte per sottolineare la progressiva
rottura tra Cina e Occidente. Nonostante questo si è comunque affrontato il tema
Taiwan, Wang Yi (ministro degli affari esteri cinesi) ha risposto duramente alle
affermazioni di Biden, accusando gli Stati Uniti di inaccettabile intromissione negli
affari interni cinesi, mettendo in guardia Washington sulle prossime mosse poichè
saranno considerate da Pechino atti bellici (come lo è già l'invio di truppe USA sul
suolo di Taiwan).
Ad oggi, dunque, è alquanto evidente che la Cina difficilmente si liberalizzerà, che la
Cina probabilmente non diventerà mai molto simile all'America o all'Occidente. Ad
ogni modo, non bisognerebbe cercare di convertire i cinesi allo stile di vita
occidentale, ma piuttosto bisognerebbe sviluppare una relazione funzionale che porti
benefici ad entrambi i paesi ma oggigiorno, questo sembra molto più che lontano
mentre sembra piuttosto vicina la fiamma che alimenterà ancora di più questo
conflitto tra giganti.

Arianna Urbinati, matricola 98492

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