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PASCAL

VITA E OPERE= Blaise Pascal nacque a Clermont il 19 giugno 1623. A soli 3 anni, Pascal visse uno dei
traumi più grandi che si possano avere: perse sua madre . Il padre era un magistrato esattore delle tasse
molto appassionato di scienza e Pascal, sin da piccolo, fu un vero e proprio “infante prodigio”, infatti era
un ragazzino molto talentuoso, tanto da scrivere il suo primo saggio a soli 16 anni intitolato “Saggio
sulle sezioni coniche” e poi a 18 anni riuscì ad inventare una macchina calcolatrice. Insomma, Pascal era
veramente un piccolo genio della matematica e della fisica e continuò ad avere questa grande passione
e interesse per queste materie anche quando la vocazione religiosa, nel 1654, lo portò ad entrare in una
comunità religiosa presso l’abbazia di Port-Royal, come del resto aveva fatto anche la sorella
Jacqueline. In questa comunità non c’erano regole prestabilite ma si viveva di studio, insegnamento e
meditazione ma, soprattutto, si seguiva la dottrina del giansenismo, dottrina derivante dalle teorie del
vescovo Cornelio Giansenio che supportava le tesi di Agostino.

I punti chiave delle idee agostiniane che Pascal “approvava” erano: prima di tutto, il peccato originale
aveva portato l’uomo a perdere la propria libertà e a compiere il male per incapacità di fare del bene.
Inoltre, non tutti gli uomini sono salvati da Dio perché è Dio che sceglie i propri eletti da salvare (questa
idea era in contrapposizione con quella dei gesuiti che erano più ottimisti nel pensare che l’uomo
potesse fare qualcosa per la propria salvezza e che Dio fosse più magnanimo).

Nel 1653 papa Innocenzo X condannò la dottrina del giansenismo con le sue cinque proposizioni con
una bolla papale. Pascal intervenne nella disputa pubblicando nel 1656 una lettera usando lo
pseudonimo di Luigi di Montalto per non farsi riconoscere. La lettera era intitolata: “ Lettera scritta a un
provinciale da uno dei suoi amici intorno alle dispute attuali della Sorbona ”.

Pascal poi continuò polemizzando contro la dottrina gesuitica attraverso le sue “Lettere provinciali” che
rappresentano anche un capolavoro della letteratura francese oltre ad essere opere di studio filosofico.
In queste Lettere emerge forte la sua difesa nei confronti della dottrina del giansenismo e della teoria
agostiniana della grazia (è Dio che stabilisce coloro che si salveranno e coloro che saranno dannati).

L’ultima opera di Pascal è “l’Apologia del cristianesimo” che purtroppo rimase incompiuto perché il
filosofo morì molto giovane, a soli 39 anni a causa degli innumerevoli problemi di salute che lo avevano
afflitto sin dall’infanzia. Pascal morì nel 1662 e dopo la sua morte alcuni suoi amici di Port-Royal
raccolsero i pezzi del suo ultimo lavoro e lo pubblicarono nel 1669 sotto il titolo di “Pensieri”.

IL SENSO DELLA VITA= a un certo punto della sua vita Pascal si pose una domanda: “qual è il senso
della vita?” e non riuscì a trovare una risposta da parte di quella scienza che lo aveva sempre
appassionato. Il senso della vita era per Pascal l’interrogativo primo a cui l’uomo dovrebbe rispondere.
Pascal si scontra, per colpa di questo dubbio, con la limitatezza della scienza , che non riesce a
rispondere alla domanda chiave per l’essere umano. È proprio da qui che Pascal si allontana dalla
scienza per virare verso la fede.

Per Pascal, inoltre, era mostruoso che un uomo nel corso della sua vita non si sia mai posto
l’interrogativo primo in quanto tutto indaffarato a fare altro.

Pascal, quindi, è in aperta polemica contro tutti che sono cechi di fronte al senso della vita, essi non lo
vogliono vedere. E qui si inserisce il termine “divertissement” usato da Pascal proprio per indicare
questo sviamento dell’uomo dall’interrogativo primario che dovrebbe porsi. Attenzione perché il
termine “divertissement” non è proprio inteso come divertimento, svago, distrazione ma Pascal lo
intende più come uno “stordimento di sé”, un “oblio”, una “fuga da sé”. L’uomo fugge da sé stesso
attraverso le attività quotidiane che compie, noi uomini, ci stordiamo di cose da fare pur di non pensare
alla nostra esistenza. Occupiamo tutta la nostra giornata per paura della noia . La noia, secondo Pascal,
fa sprofondare l’uomo nella miseria perché rivela all’uomo la sua fragilità, il vuoto interiore, la paura
della morte o semplicemente la paura di non sapere realmente qual è il senso della propria vita. Quindi,
l’uomo fugge dalla propria infelicità, dalla propria miseria, da una noia che mette di fronte l’uomo agli
interrogativi sul senso della vita.

L’uomo non ci pensa al senso della vita, alla vita, alla morte, a cosa sta facendo della propria esistenza e
Pascal sottolinea qualcosa di importante che poi venne ripreso anche da tantissimi psicologi: il fatto che
l’essere umano non vive il presente perché è sempre proiettato verso il futuro, verso ciò che deve fare
tra un’ora, tra un giorno, due giorni, due mesi, ecc.

Pascal ci fornisce, anche, un’altra riflessione importante: spesso allontaniamo da noi la felicità perché la
leghiamo ad eventi futuri (quando mi succederà questo sarò felice…) e poi quando ci arriviamo non
siamo mai soddisfatti del tutto. Il problema è che nemmeno il divertimento genera felicità perché alla
fine non siamo mai appagati del tutto.

Secondo Pascal, l’uomo deve guardare in faccia la propria miseria accettando la propria condizione di
uomo e interrogandosi sul senso della vita. Le risposte sul senso della propria vita non possono però
arrivare né dalla scienza né dalla filosofia ma soltanto dalla religione.

I LIMITI DEL PENSIERO SCIENTIFICO= Pascal delinea 3 principali limiti:


1. i limiti della mentalità comune che abbiamo ampiamente visto con il concetto di divertissement
e di noia
2. i limiti della scienza
3. i limiti della filosofia

Iniziamo a vedere quali sono secondo Pascal i limiti della scienza. Lui, genio della matematica, della
fisica e della geometria, si ritrova ad un certo punto della sua vita a fare i conti con la limitatezza delle
scienze nel rispondere alla domanda chiave per l’essere umano: qual è il senso della vita.

Secondo il filosofo la scienza ha sostanzialmente due limiti strutturali:

1. il primo limite è l’esperienza. Qui c’è da fare un inciso importante perché Pascal era un fautore
del metodo sperimentale di Galileo e si contrapponeva quindi al pensiero cartesiano . Per lui la
ragione non ha un potere assoluto come credeva Cartesio ma deve tenere conto
dell’esperienza che talvolta non va a braccetto con la ragione.
2. il secondo limite è quello dell’indimostrabilità dei principi primi della scienza. E qui si ritorna
all’idea dei filosofi antichi che sostenevano che non si può spiegare le cause dei principi
all’infinito, prima o poi bisogna inevitabilmente fermarsi a quei famosi “principi primi”, come lo
spazio, il tempo e il movimento, a cui la scienza non riesce a dare una spiegazione attraverso la
ragione.

Quindi, in sostanza, per Pascal la scienza va in crisi a casa propria, con i suoi dogmi, le sue regole e non
riesce ad andare oltre. Pascal fa cadere dal trono la ragione che era stata così tanto innalzata da
Cartesio sottolineando che la ragione non è in grado di occuparsi dei problemi esistenziali dell’uomo.

In contrapposizione alla ragione c’è, secondo il filosofo, il “cuore” inteso come organo in grado di
cogliere gli aspetti più profondi della nostra esistenza, i nostri problemi esistenziali. Come dice lo stesso
Pascal in una frase molto famosa: “Il cuore ha le sue ragioni, che la ragione non conosce” . (Pensieri,
177)
Quindi da un lato abbiamo la ragione e dall’altro il cuore. e questa contrapposizione viene talvolta
espressa con i termini “spirito di geometria” e “spirito di finezza”.

Ovviamente con spirito di geometria si riferisce alla ragione scientifica , che si occupa delle cose fisiche e
degli enti astratti della matematica, mentre con spirito di finezza si riferisce al cuore , sede dei
sentimenti e dell’intuito. La ragione ragiona con l’intelletto mentre il cuore vive le cose e le comprende
in modo intuitivo. E di fronte all’uomo e alle sue problematiche esistenziali, la ragione è impotente.

LA SCOMMESSA SU DIO= Secondo Pascal, tutto è partito dal peccato originale che ha sancito la caduta
dell’uomo che prima era un re e poi è stato spodestato dal suo trono e si è ritrovato nella miseria più
totale. Quindi, l’uomo vive per sua natura, in un dualismo tra la grandezza di come era e la miseria di
come è, tra la spinta di essere grande e di innalzarsi, e la spinta in basso del sentirsi misero e impotente
di fronte alla propria esistenza. Per questo motivo, secondo il filosofo, la religione cristiana è l’unica
vera religione .

L’uomo è un “mostro” secondo Pascal perché porta dentro di sé i due opposti della grandezza, da un
lato (simbolo di come era prima del peccato originale), e della miseria, dall’altro (simbolo di come è
dopo la caduta dal Paradiso). Per questo motivo l’uomo è inquieto, non riesce a darsi pace perché ha al
suo interno due forze contrapposte che lo spingono ad innalzarsi verso l’infinito e ad abbassarsi verso il
finito. L’uomo, quindi, deve scegliere se credere in Dio o non credere in Dio e, in questo, Pascal ci
fornisce una metafora: quella della scommessa.

Credere in Dio è una scommessa, proprio come quando si va a giocare alla roulette e punti o sul rosso o
sul nero. Hai il 50% di possibilità di vincere. Ecco anche nella scommessa su Dio ci sono queste due
possibilità: scommettere che Dio esiste o scommettere che Dio non esiste.

1. se scommetti su Dio (ossia credi che Lui esiste) hai due possibilità:
 se Dio realmente esiste allora guadagni l’infinito, la vita eterna
 se invece Dio non esiste hai perso il finito ossia il divertissement e il godimento dei beni
terreni di quando sei in vita
2. se invece non scommetti su Dio (ossia credi che Lui non esiste) hai anche qui due possibilità:
 Se Dio esiste hai perso l’infinito, la vita eterna
 Se Dio non esiste hai guadagnato il finito, ossia il godimento dei beni terreni quando sei in
vita

C’è però un altro aspetto rilevante che Pascal tiene in conto: il cuore. È il cuore il punto chiave su cui
l’uomo deve far leva per scommettere su Dio e per impegnarsi e abituarsi a credere in lui. Per Pascal la
fede è un impegno costante, una scommessa che si fa tutti i giorni e a cui ci si deve abituare. Pascal si
allontana, di nuovo, tantissimo dal razionalismo cartesiano sottolineando i limiti della ragione che non
può tutto, che non arriva a tutto perché solo la fede col cuore in Dio, nel Dio cristiano, può veramente
portare a capire qual è il senso della vita.

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