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PASCAL

LA VITA
Pascal nasce a Clermont nel 1623 e fu il padre dell’esistenzialismo.
Nel 1654 si convertì al cristianesimo ed entrò a far parte dei solitari di
Port-Royal, presso l’abbazia in cui si trovava una sua sorella. Qui Pascal
coltivò i suoi interessi scientifici, sviluppando la teoria della roulette e il calcolo
delle probabilità.
Port-Royal era sede del giansenismo, una corrente religiosa che proponeva
cambiamenti, alla cui guida c’era il teologo olandese Cornelio Giansenio. La
sua opera, l’Augustinus, fu un tentativo di riformare il cattolicesimo mediante
il ritorno delle tesi di Agostino. Pascal era, perciò, un giansenista.
Il giansenismo suscitò naturalmente una reazione da parte della Chiesa: con
una bolla, papa Innocenzo X condannò le cinque proposizioni nelle quali era
condensata la dottrina dell’Augustinus di Giansenio.

GLI SCRITTI
Pascal scrive le Lettere provinciali, nelle quali polemizza contro la dottrina
gesuitica della grazia sufficiente e, nell’ultima lettera, ribadisce la dottrina
agostiniana della grazia. Bisogna infatti riconoscere che le nostre azioni sono
effettivamente nostre in virtù del libero arbitrio, ma sono anche di Dio, il quale,
concedendoci la grazia, fa sì che il nostro arbitrio le scelga. Dio ci induce a
fare ciò che vuole.

IL PROBLEMA DEL SENSO DELLA VITA ( divertissement )


Il problema più importante per l’uomo secondo Pascal è l’interrogativo sul
senso della vita. Pascal ritiene che l’atteggiamento più comune di fronte ai
problemi esistenziali sia quello del “divertissement”, ossia lo stordimento di
sé raggiunto grazie alle occupazioni quotidiane, individuali e sociali.
Sostanzialmente, il divertissement è un modo per sottrarsi alla
consapevolezza della miseria umana e agli interrogativi sulla vita e la morte,
l’uomo fugge da queste due cose.
Cerca continue occupazioni che lo distraggono pur di non sentire il suo vuoto
interiore. L’uomo è, dunque, incapace di vivere nel presente, ma tende a
proiettarsi sempre verso il futuro.
Il divertissement è, perciò, solo un’illusione che non genera felicità, non lo
consola dalle sue miserie, ma rappresenta la più grande tra queste.
Infine, Pascal considera il divertissement come un atteggiamento indegno,
perché l’uomo dovrebbe prendere di petto l’angoscia e la noia e accettare la
propria condizione di miseria.
I LIMITI DELLA SCIENZA
Pascal è convinto che la scienza abbia alcuni limiti strutturali.
Il primo limite della scienza è l’esperienza, che frena i poteri della ragione, i
quali non sono assoluti, come invece credeva Cartesio.
Il secondo limite è l’indimostrabilità dei principi primi, che sfuggono al
ragionamento stesso.
Nonostante questi limiti, la scienza rimane arbitra assoluta nel proprio ambito,
ma di fronte agli interrogativi umani più importanti, la scienza è
impotente ed estranea.
Osserva, dunque, Pascal che la cosa più preziosa per l’uomo non è la
conoscenza del mondo che lo circonda, bensì la conoscenza di se stesso. E
dal momento che la scienza (o la ragione scientifica) si dimostra incapace
come via d’accesso alla conoscenza dell’uomo, Pascal preferisce il cuore,
ossia la comprensione istintiva, capace di:
- intuire i principi primi alla base dei ragionamenti
- captare gli aspetti più problematici dell’essere
- rapportarsi a Dio
Pascal contrappone quindi ragione e cuore con la celebre contrapposizione
tra esprit de géométrie ed esprit de finesse.
1. lo spirito di geometria è la ragione scientifica, ha per oggetto la realtà
naturale e gli enti astratti della matematica, procede dimostrativamente e
l’uomo deve rinunciarci per conoscere se stesso.
2. lo spirito di finezza è il cuore, ha per oggetto l’uomo e i misteri
dell’esistenza, procede intuitivamente e serve all’uomo per conoscere se
stesso. Si basa su intuizione e sentimento, che è irrazionale perché ciò che
proviamo non riusciamo a comunicarlo.
I LIMITI DELLA FILOSOFIA
Come la scienza presenta dei limiti, anche la filosofia ha dei limiti.

1. Il primo limite è il problema riguardo l’esistenza di Dio. Pascal parte dal


presupposto che la sua esistenza non possa essere dimostrata dalla
natura perché il creato non prova di per sé l'esistenza di Dio. Per
Pascal, dunque, l’esistenza di un creatore è oscura e problematica
quanto la sua inesistenza. Egli critica fortemente Cartesio: le prove
metafisiche avevano infatti il limite di giungere ad una divinità astratta,
un puro ente di ragione.

2. Il secondo limite alla filosofia è il problema della condizione umana.


Come la scienza, anche la filosofia è incapace di dare una risposta
all’interrogativo sull’esistenza umana. Pascal parte dalla tesi della
posizione mediana dell’uomo sul piano pratico e conoscitivo. Su
quello conoscitivo, l’uomo è compreso tra l’infinitamente grande e
l’infinitamente piccolo, è sospeso tra grandezza e miseria. La stessa
duplicità la troviamo sul piano pratico: l’uomo cerca di conseguire la
felicità, anche se incapace di farlo. A causa di questa sua situazione,
egli vive in modo frustrato, poiché non capisce quale sia la sua
posizione e ciò fa sì che egli sia un desiderio frustrato. Incapace di
apprezzare ciò che egli è, non riesce nemmeno a diventare ciò che egli
vorrebbe essere. Tuttavia, nell’uomo vi è una vocazione naturale di
ricerca verso un ordine superiore di essere e di valori. Già la sola
consapevolezza della propria miseria è segno di grandezza. Gli
uomini consapevoli sono, però, pochi, dal momento che la maggior
parte vivono nello stordimento (divertissement) e l’unico modo per
uscirne non è la ragione, ma la fede. Per questo motivo Pascal
considera la filosofia “inutile” e prende invece come unica la
meta-filosofia, perché va oltre a quella tradizionale.

3. Il terzo e ultimo limite alla filosofia è quello riguardante i principi


pratici, cioè morali e politici. Gli uomini, infatti, non sono riusciti a
realizzare un’etica che fosse immutabile e universale. Non esistono,
dunque, dei principi universali, poiché sono frutto di convenzioni,
abitudini, forza e arbitrio. Pascal vuole dimostrare come la ragione sia
incapace di fondare solide norme comportamentali (fonda solo norme
transitorie) e come l’uomo senza fede sia destinato a vagare
nell’incertezza.
LA META-FILOSOFIA E LA RAGIONEVOLEZZA DEL CRISTIANESIMO
La meta-filosofia di Pascal, che unisce ragione e religione, si trova al servizio
della fede, la quale è in grado di sciogliere quei nodi che la ragione sola non è
in grado di slegare. Secondo Pascal, perciò, la condizione umana si può
spiegare solamente tramite il cristianesimo; infatti l’uomo è creato a
immagine e somiglianza di Dio, ma commettendo il peccato originale, l’uomo
si è corrotto ed hanno avuto inizio male e decadenza. Quelli che si
allontanano da questa situazione devono perciò disprezzare se stessi e
andare alla ricerca di Dio tramite la mediazione di Cristo, che rifiuta
l’inconoscibile. Tale inconoscibilità comporta che l’uomo debba affrontare la
scommessa sull’esistenza di Dio. Se Dio non può, infatti, essere trovato
mediante il ragionamento, diventa necessario scommettere sulla sua
esistenza. L’uomo deve quindi vivere o come se Dio ci fosse o come se Dio
non ci fosse. Chi scommette sull’esistenza di Dio, se guadagna, guadagna
tutto (la beatitudine eterna), se perde, non perde nulla (i piaceri mondani).
Per questo Pascal cerca di convincere l’uomo a scommettere sull’esistenza
del creatore.

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