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DISPENSA DI

ISTITUZIONI DI
BIOLOGIA
(ISTOLOGIA)

Lezioni della Professoressa Bonfanti

Contenuti
- Generalità sui tessuti e sugli organi
- Tessuti connettivi
- Tessuto cartilagineo
- Tessuto osseo
- Tessuto adiposo
- Sangue
- Tessuto epiteliale
- Tessuto ghiandolare
- Tessuti muscolari (scheletrico, cardiaco, liscio)
PRINCIPI COSTRUTTIVI degli La cellula è l’unità elementare degli esseri viventi.
ORGANI: come sono strutturati gli
Più cellule che svolgono la stessa funzione e simili per morfologia
organi?
formano un tessuto negli organismi pluricellulari e nei vertebrati. Si
distinguono 4 categorie di tessuti:

1. Tessuto muscolare (striato scheletrico, striato cardiaco e


liscio)

2. Tessuto nervoso

3. Tessuto epiteliale

4. Tessuto connettivo

2 o più tessuti insieme che svolgono un certo compito e con


funzioni integrate costituiscono un organo (es. fegato, stomaco,
cuore…Lo stomaco è formato da tessuto epiteliale, tessuto connettivo,
ghiandole, tessuto muscolare e nervoso per garantire le sue funzioni di
digestione e contrazione)

Più organi che cooperano per uno scopo comune formano un


apparato o un sistema.

Organi diversi sia per funzione sia per struttura sia per derivazione
embriologica formano un apparato (tegumentario o di rivestimento,
locomotore, respiratorio, circolatorio, digerente, escretore,
riproduttore).

Organi con derivazione embriologica, funzione e struttura comuni


formano un sistema (scheletrico, insieme di ossa, endocrino, insieme
di ghiandole endocrine, muscolare, insieme di muscoli, e nervoso,
insieme di nervi e di cellule della glia)

Organizzazione anatomica degli organi Gli organi rappresentano parti spazialmente e morfologicamente
definite nel corpo, formano delle unità di lavoro specializzate e
presentano rapporti, struttura e funzioni caratteristiche.

Dal punto di vista dell’organizzazione microscopica gli organi possono


essere di 3 tipologie:

- Fibrosi/fibrillari/filamentosi

- Parenchimatosi

- A tonache sovrapposte:

o Organi cavi: organi viscerali e organi vascolari

o Pelle

Organi filamentosi Gli organi filamentosi hanno una struttura allungata e sono un insieme
di fibre associate a complessi connettivali che supportano
meccanicamente, vascolarizzano e innervano le fibre.

Gli organi filamentosi comprendono i muscoli, i nervi e i tendini. In


essi si riconosce una unità strutturale elementare, definita come la
minima quantità di materiale in grado di svolgere una specifica
funzione. Nel muscolo l’unità elementare è rappresentata dalla fibra
muscolare striata scheletrica o cellula muscolare liscia, nel nervo la
fibra nervosa, nel tendine la fibra collagene.

In base all’aggregazione delle unità elementare si definiscono


fascetti/fascicoli primari, secondari e terziari, organizzati
gerarchicamente da tessuto connettivo che li circonda e raggruppa.

Muscolo: le singole fibre muscolari sono rivestite da un tessuto


connettivo lasso che costituisce l’endomisio; gruppi di fibre muscolari
sono organizzati da tessuto connettivo lasso che costituisce il
perimisio, che delimita i fascicoli secondari (fascicoli muscolari).
Esternamente il muscolo scheletrico è avvolto da tessuto connettivo
fibroso, l’epimisio.

Nervo: le singole fibre nervose sono rivestite da un tessuto


connettivo lasso che costituisce l’endonervio; gruppi di fibre nervose
sono organizzate da tessuto connettivo lasso che costituisce il
perinervio, che delimita i fascetti di fibre nervose. Esternamente il
nervo è rivestito da tessuto connettivo fibroso, l’epinervio.

Tendine: il tessuto connettivo che organizza le fibre collagene prende


il nome di endotenonio, peritenonio e epitenonio.

Organi parenchimatosi Gli organi parenchimatosi sono organi pieni senza una cavità
preponderante.

Parenchima: insieme delle cellule che svolgono la funzione specifica


dell’organo fittamente stipate

Stroma: tessuto connettivo con funzione di sostegno e trofica (vasi


sanguigni che trasportano gas e nutrienti + nervi). Esternamente il
parenchima è rivestito da una capsula parenchimale di tessuto
connettivo fibroso che in alcuni organi si approfonda nel parenchima
con setti che suddividono l’organo in lobi e lobuli. I setti hanno un
diametro progressivamente decrescente: i setti primari delimitano i
lobi mentre i setti secondari delimitano i lobuli.

In alcuni organi parenchimatosi si riconosce un ilo, una piccola cavità


che consente l’accesso di vasi sanguigni, vasi linfatici e nervi.

Organi a tonache sovrapposte Gli organi a tonache sovrapposte sono ottenuti dalla sovrapposizione
di tonache, a loro volta costituite da tessuti differenti.

CUTE/PELLE (priva di cavità interna):

- Epitelio pavimentoso pluristratificato cheratinizzato


(EPIDERMIDE) che poggia su un tessuto connettivo denso a
fasci intrecciati (DERMA)

- Tessuto connettivo con abbondante tessuto adiposo


(IPODERMA o SOTTOCUTANEO)

ORGANI CAVI (la sovrapposizione delle tonache forma una parete


che delimita il lume):

Organi cavi viscerali


- TONACA MUCOSA sul lato luminale, costituita da un epitelio
di rivestimento (pavimentoso pluristratificato-protezione
meccanica; cilindrico semplice-assorbimento) che poggia su un
tessuto connettivo lasso (LAMINA o TONACA PROPRIA),
in cui possono essere presenti ghiandole esocrine. Negli
organi cavi dell’apparato digerente tra la mucosa e la
sottomucosa vi è un sottile e delicato strato di cellule
muscolari lisce, chiamato MUSCOLARIS MUCOSAE

- TONACA SOTTOMUCOSA: tessuto connettivo lasso

- TONACA MUSCOLARE: esternamente comprende 2 strati


di cellule muscolari lisce, uno con orientamento circolare e
uno con orientamento longitudinale

- TONACA AVVENTIZIA/SIEROSA: tessuto connettivo


lasso se occupa una zona del corpo sierosa

Organi cavi vascolari

- TONACA INTIMA: endotelio di cellule pavimentose


semplici adese ad un sottile strato di connettivo
sottoendoteliale.

- TONACA MEDIA: più estesa e formata da tessuto


connettivo, con diverse percentuali di fibre elastiche e
cellule muscolari.

- TONACA AVVENTIZIA: tessuto connettivo lasso e/o


elastico che avvolge esternamente i vasi e li connette al
connettivo perivascolare

N.B. Nelle arterie è evidente la presenza della membrana elastica


interna (tra la tonaca media e la tonaca intima) e la membrana
elastica esterna (tra la tonaca media e la tonaca avventizia).

TESSUTI CONNETTIVI Esistono vari tipi di tessuti connettivi, formati da cellule diverse tra
di loro, ma con caratteristiche comuni.
Caratteristiche generali
- Organizzazione strutturale: le cellule sono disperse in una
matrice, composta da fibre e sostanza amorfa con diversa
composizione a seconda della funzione e secreta dalle cellule
stesse

- Stessa origine embrionale, infatti tutti originano dal


mesenchima, tessuto connettivo embrionale che può
originarsi da ognuno dei 3 foglietti embrionali fondamentali e
caratterizzato da cellule staminali multipotenti, fusiformi e
con nucleo molto grande capaci di generare la famiglia delle
cellule di sostegno (fibrocita, mastocita, adipocita, cellula
staminale emopoietica, cellula endoteliale, condrocita e
osteocita)

CLASSIFICAZIONE TESSUTI CONNETTIVI PROPRIAMENTE DETTI

- Tessuto connettivo LASSO


o Tessuto connettivo reticolare

- Tessuto connettivo DENSO

o A fasci paralleli

o A fasci intrecciati

- Tessuto connettivo elastico

- TESSUTI CONNETTIVI con PROPRIETA’ SPECIALI:

o Tessuto connettivo pigmentato

o Tessuto connettivo mucoso maturo

o TESSUTO ADIPOSO

TESSUTI CONNETTIVALI DI SOSTEGNO

- Tessuto cartilagineo:

o Cartilagine ialina

o Cartilagine fibrosa

o Cartilagine elastica

- Tessuto osseo:

o Non lamellare: a fibre parallele o intrecciate

o Lamellare: osso spugnoso e osso compatto

TESSUTI CONNETTIVALI CON FUNZIONE TROFICA

- Sangue

- Linfa

Funzioni In generale…INTEGRAZIONE STRUTTURALE E FUNZIONALE tra


tessuti diversi per formare organi o tra organi diversi

- SOSTEGNO, PROTEZIONE e CONNESSIONE di


differenti organi e tessuti

- DIFESA, presenza di numerose cellule (sia autoctone sia di


origine ematica che abbandonano il torrente circolatorio e si
fermano nel tessuto connettivo, come i macrofagi, i mastociti
e i globuli bianchi)

- RIPARAZIONE e RIGENERAZIONE delle lesioni tissutali

- ACCUMULO (lipidi, acqua, elettroliti)

- TROFICA: per la presenza di vasi sanguigni e linfatici, i


tessuti connettivi favoriscono l’apporto di nutrienti e
sostanze metaboliche e l’eliminazione dei cataboliti dal
tessuto verso il sistema circolatorio

COMPOSIZIONE dei TESSUTI La COMPONENTE CELLULARE è distribuita in modo disperso in una


CONNETTIVI sostanza intercellulare o matrice extracellulare che riempie gli
abbondanti spazi tra le diverse cellule nel tessuto.

MATRICE EXTRACELLULARE: complesso di macromolecole prodotte


e secrete dalle cellule del tessuto connettivo nello spazio
intercellulare, distanziandole. Le macromolecole contribuiscono a
regolare la funzione delle cellule.

La matrice extracellulare è composta da:

- Componente amorfa o sostanza fondamentale:

- Componente fibrillare:

o Fibre collagene

o Fibre elastiche

o Fibre reticolari

Maggiore sostanza fondamentale: connessione funzionale (scambio


di sostanze e migrazione di cellule)

Maggiore componente fibrosa: connessione meccanica (robustezza e


stabilità)

SOSTANZA FONDAMENTALE La sostanza fondamentale o amorfa presenta la consistenza di un gel


semifluido ed amorfo.

FUNZIONI:

- Connessione delle fibre

- Resistenza alla compressione

- Regolazione della diffusione di sostanze

- Difesa dalla diffusione di sostanze nocive, batteri e cellule


tumorali

Si può trovare in:

- Fase fluida: tessuti connettivi propriamente detti

- Fase gelificata (+ compatta): tessuto cartilagineo

- Fase calcificata (assenza di acqua e componente inorganica di


sali di calcio): tessuto osseo

La sostanza fondamentale è formata da:

- Fase disperdente acquosa, in quantità variabile e con


sali/ioni disciolti

- Fase dispersa:

o Glicoproteine adesive: ad esempio laminina e


fibronectina

o Vitamine, ormoni, enzimi

o GAG (glicosamminoglicani o mucopolisaccaridi acidi):


lunghe catene polisaccaridiche lineari, formati da
unità disaccaridiche ripetute con carica negativa e
di natura acida per la presenza di gruppi laterali
ossidrilici, solfato e carbossilici (di solito un
amminozucchero e acido urico). Sono particolarmente
idrofili e in grado di legare acqua e Na+,
conferendo alla matrice una consistenza gelatinosa e
molta resistenza alla compressione. L’acqua, con ioni
e gas disciolti, diffonde dai vasi sanguigni e compone
il liquido interstiziale o tissutale.

 GAG solforati (SO4-):

 Condroitinsolfato A, B, C

 Cheratansolfato

 Eparansolfato

 Eparina

 GAG non solforati (COO-): il principale è


l’acido ialuronico, abbondante nel tessuto
connettivo lasso e cartilagineo

o Proteoglicani: numerosi GAG associati


covalentemente ad uno scheletro proteico fibroso
e allungato. Sono filtri molecolari che, in base alla
dimensione delle maglie, determinano la permeabilità
e diffusibilità dei tessuti connettivi verso soluti o
microrganismi

o Aggrecani: molecole enormi che, per la loro


struttura, agiscono come filtri molecolari. Sono
formati da proteoglicani associati ad un asse di
GAG non solforato, l’acido ialuronico.

Componente fibrosa - FIBRE COLLAGENE: costituiscono la componente fibrosa più


abbondante dei connettivi e offrono un’alta resistenza alla
trazione (la disposizione delle fibre varia in base alle forze a
cui il tessuto è soggetto). Sono prodotte dai fibroblasti e
dalle cellule residenti nel tessuto connettivo e, esaminate a
fresco, assumono un colore biancastro (fibre bianche). Per la
presenza di gruppi laterali carichi positivamente, il collagene
è acidofilo: in seguito a colorazione ematossilina-eosina,
acquisisce una colorazione rosa, rossa con il rosso di
Sirius, blu intenso con la colorazione Azan Mallory. Esistono
14/15 tipi di collagene a seconda delle subunità
amminoacidiche assemblate:

o TIPO I: connettivo p.d., dentina, cemento, osseo

o TIPO II: cartilagine ialina e elastica

o TIPO III: fibre reticolari

o TIPO IV: lamina densa o basale

- FIBRE RETICOLARI/RETICOLINA: fibre molto sottili


rispetto al collegene di tipo I e II e formano una rete
tridimensionale abbastanza lassa in cui gli spazi tra le maglie
sono occupati dalla sostanza amorfa. Sono caratteristiche
degli organi linfoidi, milza, midollo osseo e stroma degli
organi parenchimatosi. Sono formate da collagene di tipo
III e non sono visibili con la colorazione ematossilina-eosina.
Sono altamente glicosilate, PAS positive e argirofile (hanno
un’alta affinità per il nitrato di argento che le colora di nero).

- FIBRE ELASTICHE: fibre altamente deformabili


(rispondono agli stiramenti allungandosi e, terminato lo
stimolo, acquistano nuovamente la loro dimensione iniziale) e
sottili rispetto al collagene normale. Creano reticoli
tridimensionali abbastanza irregolari e sono abbondanti
nelle regioni del corpo che richiedono fisiologicamente
elasticità (es. membrane fenestrate delle arterie: fibre
elastiche ispessite ed associate a formare lamine con
fenestrazioni). Sono caratterizzate da una fluorescenza
naturale giallastra (fibre gialle).

TESSUTI CONNETTIVI I tessuti connettivi propriamente detti sono tessuti a funzione trofo-
PROPRIAMENTE DETTI meccanica:

• Connessione funzionale: consentono e facilitano il transito di:

➢ Sostanze: funzione trofica, ossia di nutrimento degli altri tessuti.


➢ Cellule: difesa immunitaria.

• Connessione meccanica: ancorano, sostengono e proteggono i tessuti.

È più spiccata la connessione funzionale o meccanica a seconda della


localizzazione dei tessuti:

• Se è più spiccata la connessione funzionale è presente molta


sostanza fondamentale altamente idratata, che consente la
diffusione di sostanze e la migrazione di cellule.

• Se è più spiccata la connessione meccanica sono presenti molte


fibre proteiche per conferire stabilità e robustezza.

I tessuti connettivi propriamente detti si trovano principalmente nelle


vicinanze di un epitelio e a ridosso delle ghiandole.

COMPONENTI CELLULARI DEI FIBROBLASTI: cellule giovani e attive, capaci di elaborare i


CONNETTIVI PROPRIAMENTE DETTI costituenti macromolecolari della sostanza amorfa. Sono cellule
grosse, di forma irregolare (stellata o fusiforme) e un nucleo di
colorazione chiara con un nucleolo intensamente colorato.

FIBROCITI: forma adulta e matura dei fibroblasti, che


sintetizzano gli elementi della matrice molto lentamente. Hanno
dimensioni ridotte, sono fusiformi (con l’asse maggiore parallelo alle
fibre collagene), con un nucleo lungo e stretto. In condizioni
particolari possono riacquistare le capacità sintetiche tipiche dei
fibroblasti e trasformarsi in altri tipi cellulari. Sono le cellule più
numerose, insieme ai fibroblasti, dei tessuti connettivi p.d.

MACROFAGI/ISTIOCITI (cellule più numerose, dopo fibrociti e


fibroblasti nei tessuti connettivi lassi): cellule fisse/inattive, che
aderiscono alle fibre collagene con prolungamenti citoplasmatici. In
seguito ad attivazione (es. risposta ad un processo infiammatorio) si
staccano dalle fibre collagene e sono in grado di muoversi con
movimento ameboide. Sono cellule ricche di lisosomi per il loro ruolo
di difesa, pulizia tissutale e la loro attività fagocitaria/pinocitaria.
Derivano dai monociti, globuli bianchi circolanti che, quando si
instaurano nel connettivo, si differenziano in macrofagi.

MASTOCITI/MASTZELLEN: grosse cellule rotondeggianti o


fusiformi, con numerose estroflessioni citoplasmatiche e spesso
localizzate nei connettivi in prossimità dei vasi sanguigni. Hanno un
citoplasma ricco di granulazioni basofile idrosolubili che mascherano il
nucleo e contenenti diverse sostanze, dette mediatori
dell’infiammazione, come eparina e istamina.

- Eparina: GAG solforato unito ad una porzione proteica con


funzione anticoagulante. Durante l’infiammazione mantiene
fluido il sangue.

- Istamina: molecola derivata dalla decarbossilazione


dell’amminoacido istidina, la cui azione determina
vasodilatazione e aumento della permeabilità dei capillari.

L’istamina è coinvolta nelle risposte infiammatorie e allergiche e, se


viene liberata in grandi quantità senza controllo a livello sistemico,
provoca lo shock anafilattico (collasso cardio-respiratorio per
esposizione ad un veleno). I mastociti presentano recettori di
membrana specifici per IgE, anticorpi prodotti in risposta ad
esposizione ad allergeni (antigeni deboli che normalmente non
stimolano una risposta immunitaria negli individui non allergici). I
recettori, attivati dall’antigene, determinano la rapida liberazione per
esocitosi (degranulazione) del contenuto dei granuli (soprattutto
istamina), responsabili della reazione di ipersensibilità immediata (es.
rinite allergica e congiuntivite allergica)

PLASMACELLULE: cellule con funzione di difesa e che derivano dai


linfociti B entrati in contatto con l’antigene corrispondente; sono in
grado di produrre grandi quantità di anticorpi.

CELLULE ADIPOSE: nei tessuti connettivi propriamente detti e


soprattutto nel connettivo lasso sono presenti in numero limitato e
sono singole cellule localizzate lungo i piccoli vasi sanguigni o in
piccoli gruppi.

TESSUTO LASSO Il tessuto lasso è un tessuto povero di fibre, che sono infatti
lassamente distribuite (piccoli fasci di fibre collagene inframezzati
da fibre elasticheresistenza e elasticità), e numerose cellule;
prevale la funzione trofica infatti solitamente si trova nei pressi degli
epiteli monostratificati degli organi cavi. La matrice fondamentale
molto abbondante e che riempie gli spazi vuoti tra le fibre collagene
viene generalmente solubilizzata durante l’allestimento dei preparati
istologicispazi vuotitessuto areolare.

TESSUTO DENSO A FASCI Il tessuto denso a fasci intrecciati è un tessuto ricco di fibre
INTRECCIATI intrecciate per conferirgli un’alta resistenza meccanica e povero di
cellule e sostanza amorfa; prevale la funzione meccanica, infatti
solitamente si trova sotto agli epiteli pluristratificati.

TESSUTO DENSO A FASCI Il tessuto denso a fasci paralleli è un tessuto ricco di fibre disposte
PARALLELI in fasci paralleli e povero di cellule e sostanza amorfa, è dunque
inestensibile; si trovano specialmente nei tendini disposti nel senso di
contrazione del muscolo e nei legamenti. I fibrociti si dispongono in
file parallele tra le fibre collagene, con nuclei bastoncellari. Poiché
i fibrociti inviano sottili e lunghi prolungamenti citoplasmatici in varie
direzioni tra le fibre collagene, nelle sezioni trasversali mostrano
un’immagine stellata (cellule alate o tenociti).

TESSUTO RETICOLARE Il tessuto connettivo reticolare è un particolare tipo di connettivo


lasso, caratterizzato da una sostanza amorfa ricca di fibre
reticolari.

• Circonda le singole fibre muscolari e nervose periferiche in modo


da isolarle fra di loro.

• Circonda gli adipociti

• Forma la sottile trama reticolare che costituisce lo stroma


connettivale degli organi linfoidi e delle grosse ghiandole, sia
esocrine che endocrine, come ad esempio la milza.

TESSUTO CONNETTIVO ELASTICO ll tessuto connettivo elastico è molto ricco di fibre elastiche e
povero di cellule; esso può essere organizzato prevalentemente in
fibre parallele o in fibre sparse tra le fibre collagene. Può essere
evidenziato da colorazioni selettive, come la colorazione di Weigert e
fucsina basica (violetto-porpora).

Si trovano specialmente nelle tonache medie delle grosse arterie


(membrane fenestrate) per seguire il ritmo cardiaco. Le fibrocellule
muscolari lisce della tonaca media si trovano frammiste a parecchi
strati di lamelle elastiche fenestrate di spessore variabile,
disposte concentricamente.

TESSUTO CARTILAGINEO COMPONENTE CELLULARE: cellule (condroblasti e condrociti,


accolti in lacune, spazi che ospitano le cellule nella matrice)
Composizione
MATRICE EXTRACELLULARE: sostanza amorfa gelificata (a
differenza dei tessuti connettivi propriamente detti) + fibre

Il tessuto cartilagineo non è né innervato né vascolarizzato ed è


rivestito da una capsula di connettivo denso, il PERICONDRIO. I
vasi sanguigni presenti nel pericondrio nutrono per diffusione la
cartilagine, anche se la diffusione non è facilitata dalla consistenza
gelatinosa della sostanza amorfa e di conseguenza il tessuto non si
rinnova facilmente.

COMPONENTE CELLULARE Condroblasti:

- Originano da cellule mesenchimali, cellule embrionali


indifferenziate, e da cellule condrogeniche dello strato
interno del pericondrio.
- Cellule basofile con sviluppato RER (rivestito da ribosomi,
organuli formati da RNA, acidi chimici basofili), Golgi,
mitocondri e vescicole di secrezione

Condrociti, forma matura delle cellule cartilaginee derivate dai


condroblasti:

- Condroblasti circondati da matrice accolti in spazi detti


lacune cartilaginee

- Cellule rotondeggianti con diametro di 10-30 micron

- Nucleo grande, numerosi mitocondri, RER e Golgi sviluppati


(in parte continuano la produzione meno intensa degli elementi
della matrice)

N.B.: Nei preparati istologici i condrociti spesso appaiono raggrinziti


e staccati dal margine della lacuna a causa di una lenta diffusione
dei fissativi attraverso la densa matrice.

MATRICE EXTRACELLULARE COMPONENTE AMORFA:

- GAG: 30/40% ricchezza di acqua

- Proteoglicani

- Poche proteine adesive

COMPONENTE FIBROSA:

- Collagene, in genere di tipo II

- Elastina

Proprietà della cartilagine Le caratteristiche della matrice determinano le proprietà della


cartilagine:

- La presenza di GAG nella sostanza amorfa, macromolecole


idrofile, e la presenza di acqua rende la cartilagine un
tessuto resistente alla compressione meccanica e con
limitata deformabilità

- Se si cerca di ripiegare il tessuto cartilagineo, questo


risponde al ripiegamento senza rompersi--> flessibilità

Dove si trova? - Scheletro dei pesci cartilaginei, i pesci più antichi con uno
scheletro primitivo cartilagineo (es. squali)

- Scheletro embrionale dei mammiferi (ossificazione indiretta


o su modello cartilagineo: lo scheletro embrionale, man mano
che l’embrione cresce, viene sostituito da tessuto osseo)

- Nei mammiferi adulti, superfici articolari; tra epifisi (porzioni


terminali) e diafisi (porzioni centrali) delle ossa lunghe in
accrescimento degli organismi più giovani

- Nell’adulto forma lo scheletro di orecchio esterno (padiglione


auricolare), naso, laringe, trachea, menischi, sinfisi, pubica,
disco intervertebrale
Funzioni - SOSTEGNO agli organi molli

- SUPERFICIE di SCORRIMENTO a livello delle articolazioni


per evitare attriti tra le superfici ossee

- GUIDA alla FORMAZIONE e all’ACCRESCIMENTO delle


ossa lunghe: la cartilagine metafisaria viene piano piano
sostituita dal tessuto osseo

Classificazione (in base alla In base alla composizione della matrice si distinguono 3 tipi di
composizione della matrice) cartilagine:

- CARTILAGINE IALINA: cartilagine vetrosa in cui le fibre


collagene non sono distinguibili dalla sostanza amorfa, come
se avesse una matrice omogenea

o MATRICE EXTRACELLULARE:

 Collagene di tipo II: costituente principale


fino al 40 % del peso secco della
cartilagine

 Proteoglicani: contengono condroitinsolfato


e cheratansolfato, legati ad un asse
proteico centrale. Si associano a molecole di
acido ialuronico, un GAG non solforato,
fondando aggregani con carica negativa
che attraggono Na+ e acqua (matrice
ben idratata)

 Proteine adesive: condronectina, che


collega i condrociti alla matrice

o La matrice può essere suddivisa in 3 regioni, in base


al contenuto in collagene, proteoglicani e GAG:

 CAPSULA PERICELLULARE: sottile zona di


matrice ricca di GAG, acidi e basofili, che
circonda la lacuna (intensamente colorata)

 MATRICE TERRITORIALE: povera di


collegeno e abbastanza ricca di GAG
(colore leggermente più scuro della matrice
circostante e meno intenso della capsula
pericellulare), circonda ogni gruppo isogeno

 MATRICE INTERTERRITORIALE: ricca di


collegene II (proteina acida) e povera di
condroitinsoldato, zona interposta tra i
gruppi isogeni (meno colorata)

o DOVE:

 Cartilagine articolare: priva di pericondrio,


consente lo scorrimento delle superfici
scheletriche

 Menischi: cuscinetti ammortizzanti


tra la porzione distale del femore e
la tibia nell’articolazione del
ginocchio

 Testa del femore: è rivestita da


cartilagine per inserirsi nelle ossa
del bacino e favorire il suo
scorrimento. Se la cartilagine
degenera (soprattutto negli
anziani), si ha l’erosione dell’osso,
con conseguenti dolori e problemi di
deambulazione. Si provvede a
sostituire la testa del femore con
una testa artificiale.

 Cartilagine metafisaria o di accrescimento:


nelle ossa lunghe forma un disco tra epifisi
e diafisi durante l’accrescimento delle ossa
dei mammiferi

 Zona delle cellule a riposo: i


condrociti isolati o in gruppi isogeni
non mostrano attività proliferativa

 Zona di proliferazione: i condrociti


si dividono in colonne parallele
all’asse principale dell’osso

 Zona delle cellule ipertrofiche: i


condrociti hanno perso la capacità
di dividersi e iniziano ad assorbire
matrice, ingrandendosi
notevolmente

 Zona delle cellule in


degenerazione: la matrice
extracellulare calcifica e le cellule,
che non possono essere più nutrite
per diffusione, muoiono
probabilmente per autolisi.

 cartilagine costale di connessione tra le


coste e lo sterno (anche se la principale
funzione della gabbia toracica è proteggere
gli organi vitali, la presenza di cartilagine
permette la mobilità della gabbia toracica
durante l’espirazione e l’inspirazione)

 cartilagine nasale

 cartilagine di laringe, trachea e bronchi:


nella trachea forma degli anelli a forma di
C disposti in successione, aperti dietro e a
contatto con l’esofago. L’assenza di
cartilagine dietro permette il movimento
dell’esofago per consentire il passaggio del
cibo. Grazie agli anelli di cartilagine, gli
organi cavi dell’apparato respiratorio di
mantenere la pervietà, impedendo collassi
per i movimenti di inspirazione e
l’abbassamento di pressione mentre la
trachea e i bronchi aperti favoriscono
l’ingresso di aria nei polmoni.

- CARTILAGINE ELASTICA: alta percentuale di fibre


elastiche che formano una rete fitta nella matrice. La
matrice è più scarsa, il pericondrio è presente e i
condrociti sono più ravvicinati.

o DOVE:

 Padiglione auricolare: cartilagine elastica


che risponde al ripiegamento e importante
nella trasmissione di suoni all’orecchio
interno.

- CARTILAGINE FIBROSA: alta percentuale di fibre


collagene di tipo I nella matrice, parallele alla direzione della
trazione, e particolarmente resistente. I condrociti sono
allineati in file tra le fibre. Non è rivestita da pericondrio,
ma è sempre associata a tessuto connettivo denso dal quale è
distinguibile solo per cellule di forma rotondeggiante e non
allungata (fibroblasti e fibrociti).

o DOVE:

 Dischi intervertebrali: resistono alla


pressione dovuta al peso del corpo e sono
cuscinetti ammortizzanti per i movimenti
della colonna. Con l’età il disco diventa meno
spesso e perde consistenza, provocando i
tipici dolori alla schiena. I dischi si
reidratano durante il sonno notturno,
soprattutto da giovani, ma tale capacità di
idratazione viene progressivamente persa
con l’età. Le ernie al disco sono scostamenti
dei dischi di cartilagine fibrosa da cui
fuoriesce il nucleo polposo, la parte meno
consistente. La fuoriuscita può premere sui
nervi spinali con conseguenti dolori e
infiammazioni.

 Sinfisi pubica: punto di raccordo delle ossa


del bacino a livello del pube. E’ molto più
estesa nella donna per favorire
l’allontanamento delle ossa nel canale pubico
e il rilassamento della sinfisi pubica sotto
controllo ormonale, consentendo la
formazione del canale del parto

ISTOGENESI della CARTILAGINE Si forma dal mesenchima, tessuto connettivo embrionale: all’inizio del
differenziamento in cartilagine, con mediazione di stimoli chimici, le
cellule mesenchimali, normalmente stellate, perdono i prolungamenti
e assumono una forma rotondeggiante, divenendo condroblasti. I
condroblasti vanno incontro ad una rapida proliferazione, formando
densi agglomerati, centri di condrificazione.

Nei centri di condrificazione, centri del connettivo embrionale,


gruppi di condroblasti iniziano a secernere tropocollagene e altre
componenti della matrice cartilaginea.

Con l’aumentare della matrice, i condroblasti, inizialmente vicini fra


loro, si allontanano, rimanendo inclusi all’interno di cavità denominate
lacune cartilaginee e i condroblasti diventano condrociti.

MODALITA’ di ACCRESCIMENTO INTERSTIZIALE: condroblasti già differenziati si dividono per


della CARTILAGINE mitosi. Le cellule figlie derivanti formano un clone di cellule
accostate fra loro, detto GRUPPO ISOGENO. La cartilagine si
espande dall’interno attraverso la mitosi dei condrociti e la
produzione di nuova matrice tra essi

PER APPOSIZIONE: differenziamento di cellule condroprogenitrici,


morfologicamente e funzionalmente simili ai fibroblasti, in
condroblasti a livello della superficie interna del pericondrio e
produzione di matrice alla periferia della cartilagine

TESSUTO OSSEO

MATRICE EXTRACELLULARE La matrice extracellulare del tessuto osseo è innovativa perché


presenta una componente inorganica aggiuntiva.

COMPONENTE ORGANICA: fibre immerse in una sostanza amorfa

- Fibre collagene di tipo I

- Glicoproteine (osteocalcina e osteopontina), fondamentali


per la deposizione di sali di calcio che vengono legati e
trattenuti nel tessuto da queste proteine

- Lipidi

- Proteoglicani

COMPONENTE INORGANICA: componente molto abbondante, di


dura consistenza e costituita principalmente da sali di calcio

- Fosfato di calcio (cristalli di idrossiapatite:


Ca10(PO4)6(OH)2, circa 85%)

- Carbonato di calcio, circa 10%

- Floruro di calcio

- Fosfato di magnesio

- Tracce di N, K, Sr, Mn, Zn, Cu

PROPRIETA’ della MATRICE OSSEA Le proprietà della matrice ossea sono dettate dalla sua composizione:

- Massima resistenza alla pressione e alla trazione per la


presenza di fibre collagene

- Minimo peso per la componente inorganica priva di acqua. La


durezza dell’osso è determinata soprattutto dalla dura
consistenza dei cristalli di calcio. Quando si esegue una
decalcificazione dell’osso, viene “digerita” la componente
inorganica e l’osso diventa vetroso, fragile e flessibile

Il tessuto osseo non è un tessuto statico, ma è estremamente plastico


e dinamico perché è soggetto a modellamento continuo. Non è solo un
deposito di accumulo di calcio nel corpo, ma dal tessuto osseo viene
anche mobilitato calcio per distribuirlo al resto dell’organismo in caso
di necessità.

COMPONENTE CELLULARE Le cellule osteoprogenitrici, gli osteoblasti e gli osteociti sono


considerati stadi differenziativi dello stesso tipo cellulare e i
precursori di questa linea sono cellule staminali mesenchimali che
intraprendono la via differenziativa che le porta ad essere cellule con
potenzialità osteogenica.

- Cellule osteoprogenitrici: cellule quiescienti derivate dalle


cellule mesenchimali finchè in risposta stimoli molecolari non
si differenziano in osteoblasti. Sono localizzati sulla
superficie interna ed esterna dell’osso e costituiscono la
lamina interna del periostio e dell’endostio, tessuto
connettivo a contatto con le cavità midollari e vascolari. Sono
cellule appiattite con nucleo allungato poco colorabile e
scarso citoplasma basofilo.

- Osteoblasti: cellule grandi (cuboidali o cilindriche) con


nucleo rotondeggiante e con evidenti nucleoli e citoplasma
basofilo. Sintetizzano la componente organica della matrice
extracellulare e mediano la deposizione della componente
inorganica (producendo proteine che fissano il calcio). Si
localizzano a lamina sulla superficie dell’osso in formazione,
a contatto con un sottile strato di matrice non
mineralizzata, chiamato osteoide, che appare poco colorato.
Gli osteoblasti regolano l’attività degli osteoclasti tramite la
produzione di 2 fattori:

o RANKL (Ligand of Receptor Activator Nuclear


Factor Kb): si lega al recettore RANK presente sulla
membrane dei pre-osteoclasti inducendone il
differenziamento e la fusione.

o OPG (osteoprogerina): si lega al RANKL e previene il


differenziamento e l’attivazione degli osteoclasti

- Osteociti: cellule mature del tessuto osseo con limitata


attività biosintetica che derivano da osteoblasti rimasti
inclusi nella matrice mineralizzata. Sono ospitati in spazi
ristretti, le lacune ossee che riproducono la forma delle
cellule, e sono circondati da un sottile strato di osteoide.
Hanno una forma appiattita ellissoidale.

o Gli osteociti sono in collegamento diretto con altri


osteociti tramite prolungamenti citoplasmatici
rivestiti di membrana e giunzioni GAP. Pzer quale
motivo gli osteociti sono in contatto tra di loro
tramite prolungamenti citoplasmatici e GAP? A
differenza del tessuto cartilagineo che presenta una
matrice gelificata (con una certa quantità di acqua
che facilita la diffusione, seppur con difficoltà), la
matrice ossea è calcificata, priva di acqua, e
blocca completamente la diffusione di sostanze
(sostanze nutritive e gas respiratori). Come fanno
ad essere nutriti gli osteociti? La matrice ossea
presenta un’estesa canalizzazione: piccoli canali,
chiamati canalicoli ossei, sono scavati all’interno
della matrice per ospitare le protusioni
citoplasmatiche degli osteociti. Alcuni osteociti
entrano in contatto con zone vascolarizzate del
tessuto osseo (canali di Havers e spazi midollari)
dove possono effettuare scambi metabolici e
ricavare sostanze nutritive. Questi osteociti
distribuiscono le sostanze tramite i loro
prolungamenti anche agli osteociti lontani dai sistemi
di vascolarizzazione dell’osso.

Osteoclasti: cellule deputate al riassorbimento del tessuto osseo.


Derivano dalla fusione di macrofagi e sono localizzati sulle superfici
ossee in via di riassorbimento. Vengono ospitati in cavita di
erosione, formatesi dopo la loro attività e chiamate lacune di
Howship. Sono cellule molto grosse multinucleate e ricche di
lisosomi. La forma degli osteoclasti varia in relazione alla loro
attività:

- Inattivi: non sono polarizzati e presentano lamellipodi come i


macrofagi

- Attivi: sono polarizzati e aderiscono alla matrice ossea,


assumendo una forma polarizzata in cui si distinguono 4
regioni distinte:

o ZONA BASALE: ricca di organuli (nuclei e organuli in


zona basolaterale mentre i lisosomi vengono disposti
in zona apicale)

o BORDO A SPAZZOLA: con processi digitiformi


simili ai microvilli e sostenuti da filamenti di actina
verso la zona subosteoclastica, la parte di matrice
che deve essere riassorbita

o ZONA VESCICOLARE: vescicole per il trasporto di


enzimi lisosomiali nell’area subosteoclastica per
digerire la matrice ossea e materiale osseo verso la
cellula (recupero del materiale osseo digerito per
endocitosi)

o ZONA CHIARA: alla periferia del bordo a spazzola,


sito di adesione osteoclasto-matrice in cui inizia a
verificarsi la digestione della matrice ossea. Sulla
superficie apicale lateralmente presenta giunzioni
occludenti con la matrice per concentrare i suoi
enzimi nello spazio subosteoclastico ed evitare la
loro dispersione.

Meccanismo di riassorbimento dell’osso Il tessuto osseo è in continuo rinnovamento per l’azione degli
osteoclasti che rimuovono la matrice vecchia, la quale viene sostituita
da matrice nuova prodotta dagli osteoblasti e osteociti. L’attività degli
osteoclasti è regolata dagli ormoni paratiroideo e calcitonina. Con
l’invecchiamento, il meccanismo di rimodellamento osseo operato
dalla componente cellulare del tessuto diventa meno efficiente.
Anche nelle donne in menopausa la fissazione del calcio diventa più
difficile per la carenza di estrogeni. Alcuni farmaci, i bifosfonati,
tipici per i malati di osteoporosi, inibiscono l’attività degli
osteoclasti per limitare la rimozione di matrice ossea che non
potrebbe essere correttamente sostituita.

1. L’enzima carbonico anidrasi catalizza la formazione di acido


carbonico a partire da una molecola di anidride carbonica e di
acqua


2. L’acido carbonico si dissocia in ione H+ e ione HCO3

a. H+, attraverso pompe protoniche localizzate sul


bordo a spazzola dell’osteocita, viene riversato
nello spazio subosteoclastico. Ne consegue una
acidificazione (abbassamento del pH) dell’ambiente
che facilita la solubilizzazione della matrice
inorganica. Tramite endocitosi i minerali vengono
inglobati nell’osteoclasto. La componente organica
della matrice è degradata da collagenasi e
gelatinasi per esocitosi dei lisosomi (che si fondono
con le estroflessioni digitiformi dell’osteoclasto e
riversano gli enzimi idrolitici nello spazio
subosteoclastico)

b. HCO3 – e Na+ diffondono nei capillari e nel sangue


contribuiscono la formazione di un sistema tampone

FUNZIONI del TESSUTO OSSEO Il tessuto osseo si organizza per formare le ossa, organi che hanno le
seguenti funzioni:

- Impalcatura per il sostegno e la protezione degli organi


vitali (cervello, protetto dalla scatola cranica, midollo spinale,
protetto dalla colonna vertebrale, il cuore e i polmoni,
protetti dalla gabbia toracica)

- Leva per i muscoli legati ad esse tramite i tendini

- Riserva di calcio: ricambio e omeostasi del calcio perché


dalle ossa lo ione può essere mobilizzato e, se serve, viene
reintegrato con l’alimentazione.

- Accolgono nelle loro cavità, le cavità midollari, il midollo


osseo, importante tessuto emopoietico (che produce le
cellule ematiche). Il midollo osseo può essere classificato in:

o Midollo rosso o attivo

 Midollo giallo o inattivo


(parzialmente o totalmente), molto
più ricco di tessuto adiposo
piuttosto che di cellule staminali

CLASSIFICAZIONE del TESSUTO La matrice extracellulare del tessuto osseo può essere organizzata in
OSSEO una massa unica oppure in strutture stratificate, chiamate lamelle.

- TESSUTO OSSEO NON LAMELLARE/PRIMARIO o


IMMATURO: filologicamente più antico, è il tessuto osseo
che si forma per primo durante lo sviluppo fetale dei
mammiferi (sostituendosi alla cartilagine) e costituisce lo
scheletro definitivo dei Vertebrati inferiori (come orata e
branzino, pesci ossei con uno scheletro più morbido)

o A fasci paralleli

o A fasci intrecciati

- TESSUTO OSSEO LAMELLARE o MATURO: costituisce


gran parte dello scheletro dei mammiferi e si sostituisce al
tessuto osseo non lamellare nella vita postnatale

o Tessuto osseo spugnoso

o Tessuto osseo compatto

TESSUTO OSSEO LAMELLARE Nel tessuto osseo lamellare la matrice extracellulare è organizzata
in sottili strati di 3-7 micrometri di spessore, chiamate LAMELLE
OSSEE. Le lamelle si dispongono in strati sovrapposti cementati.
Nelle lamelle ossee le fibre collagene hanno decorso parallelo e
incrociato rispetto alle lamelle adiacenti (disposizione a
COMPENSATO INTRECCIATO). All’interno delle lamelle inglobati in
lacune ossee troviamo gli osteociti che comunicano tra di loro per
l’esteso sistema di canalizzazione. Gli osteociti hanno forma
ellissoidale e si dispongono con l’asse maggiore parallelo all’estensione
della lamella ossea.

Dalla disposizione reciproca delle lamelle si possono distinguere:

- TESSUTO OSSEO SPUGNOSO: ha un aspetto spongiforme


perché è caratterizzato da un labirinto di piccole cavità
intercomunicanti delimitate da TRABECOLE o SPICOLE
(lamelle parallele sottili) ramificate a creare una trama
tridimensionale. La distribuzione delle trabecole non è
casuale, ma segue le traiettorie delle linee di forza applicate
sull’osso.

- TESSUTO OSSEO COMPATTO: formato da SISTEMI:

o OSTEONI o SISTEMI DI HAVERS (lamelle


parallele e concentriche che identificano strutture
cilindriche), attorno ad una cavità centrale interna
(CANALE di HAVERS) in cui decorrono vasi
sanguigni, linfatici e fibre nervose amieliniche. I
canali di Havers a loro volta sono in collegamento con
altri canali neurovascolari, il cui andamento è quasi
ortogonale rispetto ai primi (CANALI DI
VOLKMANN). I vasi sanguiferi si diramano
soprattutto a partire dai tessuti connettivi e dal
periostio.

o SISTEMI INTERSTIZIALI o BRECCIA OSSEA:


sistemi di lamelle che occupano lo spazio tra i vari
sistemi. Le lamelle sono disposte irregolarmente e
rappresentano il residuo di osteoni preesistenti,
sostituiti a seguito del rimodellamento osseo.

o SISTEMA CIRCONFERENZIALE INTERNO:


sistema di lamelle parallele lungo la superficie
interna dell’osso, a ridosso della cavità midollare
interna e sotto l’ENDOSTIO.

o SISTEMA CIRCONFERENZIALE ESTERNO:


sistema di lamelle parallele lungo la superficie
esterna dell’osso a ridosso del tessuto connettivo
di rivestimento, il PERIOSTIO.

Composizione delle OSSA LUNGHE DIAFISI (parte cilindrica centrale): prevalentemente TESSUTO
OSSEO COMPATTO con una piccola % di tessuto osseo spugnoso a
ridosso della superficie interna che delimita il CANALE MIDOLLARE

EPIFISI (estremità a bulbo delle ossa lunghe), ma anche OSSA


CORTE E PIATTE: prevalentemente TESSUTO OSSEO
SPUGNOSO ricoperto da un sottile strato di osso compatto. Nelle
ossa lunghe, le trabecole delle epifisi si associano per formare una
struttura arcuata per sostenere il peso del corpo; nelle ossa piatte
l’osso spugnoso si trova tra due tavolati sottili di osso compatto in una
struttura chiamata diploe.

Le trabecole delle epifisi sono delimitate da piccoli spazi, le CAVITA’


MIDOLLARI, rivestite da endostio e contenenti midollo osseo e
nervi.

MIDOLLO OSSEO Il midollo osseo contiene i precursori delle cellule ematiche a


differenti stadi di differenziamento e una rete di fibre reticolari
che formano uno stroma di supporto per le cellule e i vasi sanguigni.
Si distinguono:

- MIDOLLO OSSEO ROSSO o ATTIVO: alla nascita tutte le


cavità ossee sono occupate da midollo osseo rosso attivo,
molto ricco di cellule staminali. Nell’adulto permane nel
diploe delle ossa piatte, corte e nelle epifisi delle ossa
lunghe.

- MIDOLLO OSSEO GIALLO o INATTIVO (totalmente o


parzialmente): con l’avanzamento dell’età, il midollo rosso
viene progressivamente sostituito dal midollo osseo giallo,
ricco di adipociti uniloculari e povero di cellule staminali.
Nell’adulto occupa la cavità midollare delle diafisi delle
ossa lunghe.

TESSUTI CONNETTIVI: ENDOSTIO PERIOSTIO: tessuto connettivo denso ricco di fibre collagene e
E PERIOSTIO fibroblasti. Si inserisce e si collega all’osso tramite le FIBRE DI
SHARPEY o PERFORANTI. E’ formato da 2 strati:

- FIBROSO ESTERNO: veicola vasi sanguigni e nervi

- INTERNO CELLULARE o strato “profondo”: ricco di cellule


osteoprogenitrici che possono differenziarsi in osteoblasti.
Viene attraversato dalle fibre di Sharpey che si
approfondano perpendicolarmente nelle lamelle del sistema
circonferenziale esterno e dei sistemi interstiziali per
costituisce un valido ancoraggio del periostio al sottostante
tessuto osseo.

ENDOSTIO: singolo strato di cellule osteoprogenitrici appiattite e


ridotto tessuto connettivo

ISTOGENESI DELL’OSSO Il tessuto osseo può formarsi per:

- OSSIFICAZIONE INTRAMEMBRANOSA: mineralizzazione


diretta della matrice secreta dagli osteoblasti

- OSSIFICAZIONE ENDOCONDRALE o INDIRETTA:


deposizione di nuova matrice ossea su matrice cartilaginea
preesistente. Le ossa di un individuo in sviluppo si formano
per ossificazione endocondrale.

TESSUTO ADIPOSO E’ un tessuto connettivo specializzato nell’accumulo di grassi.

Classificazione Il tessuto adiposo si divide in:

1. Tessuto adiposo primario ( è il primo che si forma durante


lo sviluppo embrionale e che permane nel neonato) bruno (
colorazione brunastra in vivo) o multiloculare ( presenza di
tante goccioline lipidiche non aggregate nel citosol)

2. Tessuto adiposo secondario ( caratteristico dell’organismo


adulto) bianco ( in vivo assume una colorazione biancastra)
o uniloculare ( presenza di un’unica grande goccia lipidica
nel citosol)

Funzioni 1. Metabolica come riserva energetica e produzione di calore

2. Di sostegno (es. grasso retro-orbitale)

3. Protezione e resistenza alla compressione meccanica


(cuscinetti plantari, grasso perineale e nelle natiche)

Componente cellulare: ADIPOCITI Gli adipociti sono tipiche cellule del tessuto adiposo. Sono cellule di
derivazione mesenchimale (N.B. la cellula mesenchimale è una cellula
indifferenziata nell’embrione) o che si sono differenziate da
fibroblasti. La funzione principale degli adipociti è sintetizzare ed
accumulare trigliceridi nel citosol.

Ci sono 2 tipi di cellule adipose che formano i due diversi tessuti


adiposi:
 Adipociti uniloculari

o Cellule voluminose (diametro di 120µm) con una sola


goccia lipidica. Poiché solitamente le cellule adipose
sono a mutuo contatto, la loro forma da sferica
(forma ad anello a castone) diventa poligonale

o Citoplasma e nucleo periferici, spinti in periferia


dalla goccia di grasso

o Scarsi RER, Golgi e mitocondri

 Adipociti multiloculari

o Piccole cellule poligonali con piccole gocce lipidiche


sparse nel citosol

o Nucleo centrale

o Numerosi mitocondri grossi e ricchi di creste


laminari. A livello della membrana mitocondriale
interna ripiegata ci sono proteine implicate nel
trasporto di elettroni (tappa fondamentale nella
respirazione cellulare). Tra queste proteine si
annoverano i citocromi che nella loro struttura
chimica comprendono un gruppo eme contenente
Ferro. Il Ferro conferisce il colore bruno agli
adipociti multiloculari.

o REL presente, RER assente

TESSUTO ADIPOSO BIANCO Si trova negli strati sottocutanei e in varie parti del corpo in base
al sesso e all’età. Per esempio nelle donne gli estrogeni determinano
il deposito di grasso prevalentemente nelle cosce e nei fianchi mentre
negli uomini il testosterone concentra il grasso nell’addome.

TESSUTO ADIPOSO BRUNO E’ tipico degli animali ibernanti che, quando vanno in letargo, in
inverno consumano piano piano il grasso adiposo bruno.

Nell’uomo è presente nella fase neonatale. I neonati non hanno


ancora sviluppato un adeguato sistema di termoregolazione. Di
conseguenza il tessuto adiposo bruno adempie alla funzione
termogenica. Sulle creste dei numerosi mitocondri degli adipociti è
inserita una proteina detta uncoupling protein (UCP1) o termogenina,
responsabile del meccanismo di produzione del calore da parte
dell’adipocita bruno. La termogenina disaccoppia i processi ossidativi
da quelli fosforilativi (che, tramite la catena di trasporto degli
elettroni, porterebbero alla produzione di ATP), favorendo la
produzione di calore con il consumo delle gocce di grasso citosoliche.
Il tessuto adiposo bruno si consuma con la crescita del neonato, ma
una piccola percentuale si conserva anche nell’adulto (es. all’apice dei
reni). Si pensa che il corretto bilanciamento tra tessuto bianco e
bruno sia importante per il mantenimento del peso corporeo.

SANGUE Tessuto connettivo specializzato in cui la matrice extracellulare è


fluida, racchiuso in un sistema di canali comunicanti (vasi arteriosi e
venosi, uniti tra loro da capillari sanguigni)

È composto da una parte corpuscolata (globuli rossi o eritrociti,


globuli bianchi o leucociti e piastrine) e da una parte/matrice
extracellulare fluida (plasma). Ematocrito=rapporto volumetrico tra
la parte corpuscolata e fluida: 42-52% (uomo) 37-47% (donna)

FUNZIONI  Trasporta gas disciolti. Con la respirazione cellulare


l’ossigeno dai polmoni viene distribuito ai tessuti e l’anidride
carbonica, prodotto di scarto delle cellule, viene portata dai
tessuti ai polmoni per poter essere espulsa. Sia O2 sia CO2
possono essere trasportate nel sangue disciolti nella matrice
fluida, ma l’O2 ha una maggiore affinità per l’emoglobina
presente sugli eritrociti rispetto alla CO2

 Distribuisce sostanze nutritive. Dopo essere state assorbite


a livello intestinale, tramite la vena porta, le sostanze
nutritive vengono convogliate al fegato. Il fegato è l’organo
che dispensa le sostanze nutritive a tutte le cellule
dell’organismo

 Trasporta i prodotti del catabolismo, ovvero i prodotti di


scarto delle cellule. Tali scarti vengono distribuiti dal sangue
agli organi escretori, come i reni e le ghiandole sudoripare

 Consegna enzimi e ormoni a specifici tessuti-bersaglio

 Regola pH e composizione elettrolitica (composizione di ioni)


dei liquidi interstiziali. Il pH deve essere mantenuto il più
possibile costante e vicino alla neutralità

o pH < 7  coma acidosico (condizione patologica)

o pH > 7  tetania alcalosica (condizione patologica)

 Grazie alla coagulazione, evita la perdita di liquidi


attraverso lesioni di vasi e di altri tessuti. Il sangue coagula
all’interno dei vasi sanguigni solo in condizioni patologiche
mentre nella norma la reazione di formazione del coagulo si
innesca dopo la lesione di vasi con lo scopo di evitare il
sanguinamento

 Difende l’organismo dalle tossine e dai patogeni

 Contribuisce a regolare la temperatura corporea: il sangue


assorbe e ridistribuisce il calore, garantendo che le reazioni
chimiche avvengano in tempi compatibili con la vita e con la
corretta temperatura di esecuzione

COMPOSIZIONE DEL SANGUE  55% PLASMA (componente liquida)

o Acqua

o Proteine 7-8%

 Albumine

 Globuline (α,β,γ. Quest’ultime si occupano


della produzione di anticorpi)

 Fibrinogeno

o Lipidi

o Glucosio

o Amminoacidi

o Ioni

 ~1% GLOBULI BIANCHI + PIASTRINE. I globuli bianchi


includono 5 categorie:

o Neutrofili

o Eosinofili

o Basofili

o Linfociti

o Monociti

 45% GLOBULI ROSSI

ERITROCITI Gli eritrociti sono elementi figurati del sangue.

Caratteristiche morfologiche

- Hanno una forma a disco biconcavo, che assicura un miglior


scambio gassoso (superficie di scambio del 20-30% superiore
rispetto ad una forma sferica) ed un’elevata deformabilità
(grazie alla quale riescono ad occupare spazi e capillari di
dimensioni inferiori rispetto al loro diametro). Contano un
diametro di 7,7 µm ed uno spessore di circa 2 µm. Le
dimensioni dei globuli rossi possono variare in condizioni
patologiche:

o Diametro > 7,7 µm  macrociti o megalociti


(diametro di 12/14 µm)

o Diametro < 7,7 µm  microciti

- Nei mammiferi gli eritrociti maturi sono anucleati e privi di


organuli cellulari. La maturazione dei globuli rossi avviene nel
midollo osseo rosso e si completa definitivamente con la
perdita del nucleo.

- Citoplasma ricco di enzimi solubili (es. anidrasi carbonica,


che ha un ruolo essenziale nella formazione dello ione
bicarbonato HCO3- che tampona il pH del sangue)

- Sul versante extracellulare sono presenti catene di


carboidrati specifiche ed ereditarie che funzionano come
antigeni di superficie e determinano i gruppi sanguigni

o Gruppo A: antigene A e anticorpi anti-B

o Gruppo B: antigene B e anticorpi anti-A


o Gruppo AB (ricevente universale): antigeni A e B e
assenza di anticorpi

o Gruppo 0 (donatore universale): assenza di antigeni


e anticorpi anti-A e anti-B

o Il fattore o gruppo Rh: il gruppo Rh prende il nome


dal fatto che è stato isolato per la prima volta dalla
scimmia Macacus rhesus. Questo gruppo comprende
più di una dozzina di antigeni (i più comuni sono
denominali C,D,E). Circa l’85% della popolazione
possiede uno di questi antigeni e si definisce Rh+
(positivo).

Numero di eritrociti

Nei maschi è di circa 5 milioni per mm3 (µL) mentre nelle femmine è di
circa 4,5 milioni per mm3.

Vita media degli eritrociti

1. Gli eritrociti si formano nel midollo osseo rosso in forma


immatura di reticoloblasti

2. Dopo essere circolati nei vasi sanguigni per 120 giorni,


diventano sferociti. Gli sferociti, come si può dedurre dal
nome, sono cellule sferoidali e presentano sulla membrana
plasmatica alcuni oligosaccaridi. Questi rendono le cellule
invecchiate riconoscibili e aggredibili dai macrofagi di milza
e fegato (organi emocateretici). I componenti del gruppo
eme vengono riciclati mentre le proteine di membrana e le
globine vengono demolite in amminoacidi e riutilizzati per
formare nuovi eritrociti

Emoglobina

Gli eritrociti sono ricchi di emoglobina (280 milioni di molecole per


globulo rosso), una proteina in struttura quaternaria responsabile del
trasporto dei gas respiratori. La sua struttura molecolare consiste
di 4 globine (2 catene α e 2 catene β). Ogni globina è legata ad un
gruppo eme contenente ferro in forma di Fe2+. Il ferro rappresenta il
sito di attacco dell’ossigeno e, quando tale gas si lega al gruppo eme, si
genera l’ossiemoglobina. L’emoglobina può trasportare anche la CO2,
seppur con minore affinità rispetto all’ossigeno molecolare.

LEUCOCITI/GLOBULI BIANCHI GRANULOCITI o LEUCOCITI POLIMORFONUCLEATI (PNM):

Classificazione - Possiedono nel loro citoplasma granuli/vescicole contenenti


svariate sostanze

- Presentano nuclei di molteplici forme a seconda della


tipologia di granulocita

I granulociti, sulla base della differente colorabilità dei granuli,


comprendono:

- NEUTROFILI
- BASOFILI

- EOSINOFILI

AGRANULOCITI o CELLULE MONONUCLEATE (MN)

- Hanno un citoplasma privo di granuli

- Il loro nucleo ha una forma comune tondeggiante o


reniforme

Alla categoria degli agranulociti appartengono i LINFOCITI e i


MONOCITI.

Numero di leucociti e presenza relativa delle diverse classi di


globuli bianchi

Il numero di leucociti nel sangue oscilla da 6500 a 10000 cellule per


mm3. Le categorie di globuli bianchi hanno rapporti percentuali ben
definiti all’interno del sangue (FORMULA LEUCOCITARIA):

- Neutrofili 50/70%

- Linfociti 20/35%

- Monociti 2/8%

- Eosinofili 1/4%

- Basofili 0/1%

I rapporti quantitativi tra i vari globuli bianchi possono essere rilevati


con un esame del sangue specifico, chiamato emocromo citometrico.
Quando i rapporti quantitativi sono fuori dalla norma, è in corso una
patologia.

FUNZIONE DIFENSIVA dei leucociti I leucociti svolgono la loro funzione difensiva al di fuori del torrente
circolatorio e utilizzano il torrente circolatorio come mezzo di
trasporto. Infatti attraversano gli endoteli, gli epiteli di rivestimento
delle pareti interne dei vasi sanguigni, ed entrano nel tessuto
connettivo. Il meccanismo tramite cui i globuli bianchi sono in grado di
fuoriuscire dal circolo sanguigno è chiamato diapedesi/extravasazione
leucocitaria e si basa sul movimento ameboide delle cellule che
emettono prolungamenti citoplasmatici che si infilano tra le cellule
endoteliali. Il processo di diapedesi viene innescato quando i globuli
bianchi vengono attratti da specifici stimoli chimici (chemiotassi).

APPROFONDIMENTO: meccanismo di funzionamento della


diapedesi

Prima tappa (ATTIVAZIONE): produzione di citochine e sostanze

chemiotattiche per attivare le cellule endoteliali. Le cellule endoteliali


esprimono le selectine sulla loro superficie che interagiscono con le
glicoproteine di membrana dei leucociti.

Seconda tappa (ROLLING): i leucociti rallentano notevolmente la


velocità del loro movimento attraverso il vaso e rotolano sull’endotelio
finché non si arrestano. Le interazioni cellulari sono stabilizzate
dall’espressione di I-CAM e V-CAM sulle cellule dell’endotelio che
interagiscono con le integrine dei leucociti.

Terza tappa (VIA DI TRADUZIONE DEL SEGNALE): il contatto


tra le I-CAM e V-CAM e le integrine scatenano una via di trasduzione
del segnale all’interno dei leucociti che determina un cambiamento
della loro forma.

Quarta tappa (DIAPEDESI): i leucociti si appiattiscono e cominciano


a strisciare lungo gli interstizi delle cellule endoteliali grazie
all’emissione degli pseudopodi. Una volta che i leucociti migrano nel
tessuto connettivo sottostante, esplicano la loro funzione
antiinfiammatoria, che consiste nella fagocitosi degli agenti patogeni.

GRANULOCITI NEUTROFILI - Nucleo plurilobato (da 3 a 5 lobi, tenuti insieme da piccoli


frammenti di cromatina. L’aumento del numero di lobi si
verifica con l’invecchiamento)

- Dotati di granuli tra cui i lisosomi, organuli cellulari


deputati alla “digestione”. I granuli non sono affini né ai
coloranti acidi né ai coloranti basici

- Funzione: distruggere i patogeni infiltrati nel tessuto


connettivo grazie alla loro capacità fagocitaria
(extravasazione leucocitaria o diapedesi). Fagocitano l’intero
patogeno o frammenti cellulari che sono andati incontro a
necrosi

NOTA BENE: IL CORPO DI BARR

In circa il 3% dei granulociti neutrofili di soggetti femminili si


evidenzia il corpo di Barr, piccola appendice di cromatina condensata,
collegata da un sottile filamento ad uno dei lobi, a forma di “bacchetta
di tamburo”, corrispondente ad uno dei due cromosomi X sessuali
inattivo (eterocromatina facoltativa). Il corpo di Barr consente di
distinguere il sangue di una femmina dal sangue di un maschio.

GRANULOCITI EOSINOFILI - Nucleo bilobato, a forma di occhiale


(ACIDOFILI)
- Citoplasma ricco di granuli specifici, contenenti proteine
basiche (acidofile). Le proteine basiche sono affini ai
coloranti acidi e assumono una colorazione rosata

- Funzione: svolgono la loro funzione fagocitando il complesso


antigene-anticorpo, esito della risposta immunitaria mediata
da anticorpi. Secernono mediatori chimici per attivare i
processi infiammatori

GRANULOCITI BASOFILI - Nucleo plurilobato, composto da 2-3 lobi, mascherato da


numerosi granuli acidi

- Sulla membrana plasmatica presentano i recettori per le


immunoglobuline E (IgE), come i mastociti (cellule presenti
nei tessuti connettivi propriamente detti). Per la loro
somiglianza con i mastociti, sono chiamati “mastociti
circolanti”

- Citoplasma stipato di voluminose granulazioni basofile


ricche di eparina e istamina.

- Funzione: l’eparina, un anticoagulante, e l’istamina, una


sostanza vasodilatatrice, sono fondamentali nelle reazioni
allergiche e nei processi infiammatori per aumentare la
permeabilità dei capillari e facilitare l’afflusso di sangue in
una regione infetta.

AGRANULOCITI: MONOCITI - Sono le cellule più voluminose tra i globuli bianchi e sono i
precursori dei macrofagi

- Il nucleo è grande, eccentrico (spostato lateralmente) e


reniforme (a forma di fagiolo, con una piccola depressione su
un lato)

- Funzione: permangono nel circolo sanguigno per pochi giorni


per poi attraversare gli endoteli tramite diapedesi e
trasformarsi in macrofagi nei tessuti connettivi. I macrofagi
sono cellule in grado di fagocitare i residui cellulari che si
formano da un processo di infezione o infiammazione.

AGRANULOCITI: LINFOCITI - Sono cellule leggermente più grandi dei globuli rossi, con un
nucleo eccentrico che occupa buona parte del volume
cellulare

- Oltre che nella circolazione sanguigna, i linfociti sono


presenti negli organi linfoidi, nei tessuti linfoidi e nella linfa
(della quale sono l’unica componente cellulare). Sono cellule
mobili che possono migrare nel tessuto connettivo e nel
tessuto epiteliale

CLASSIFICAZIONE FUNZIONALE dei I linfociti sono i principali responsabili della RISPOSTA


LINFOCITI IMMUNITARIA SPECIFICA (o ACQUISITA) e utilizzano il sangue
e la linfa per circolare tra i diversi tessuti linfoidi e gli altri tessuti
del corpo. Tutti i linfociti si originano nel MIDOLLO OSSEO
ROSSO, ma si differenziano e diventano competenti in differenti
ORGANI LINFOIDI PRIMARI dove sviluppano proteine di
superficie altamente specifiche presenti in migliaia di copie identiche
(RECETTORI PER L’ANTIGENE).

Esistono 3 principali tipi di linfociti (distinguibili tramite tecniche di


immunoistochimica perché evidenziano marker di superficie diversi):

LINFOCITI B (15%) o CELLULE B: diventano immunocompetenti nel


midollo osseo e sono responsabili della immunità mediata da anticorpi
o immunità umorale

LINFOCITI T (80%) o CELLULE T: diventano immunocompetenti


nella corticale (parte esterna) del timo e sono responsabili
dell’immunità mediata da cellule o immunità cellulare (tipica per
neutralizzare cellule dell’organismo infettate da virus o altri patogeni
intracellulari).

LINFOCITI NK (Natural Killer) (5%): sono cellule che maturano nel


midollo osseo con funzione citotossica aspecifica in grado di
uccidere cellule infettate da virus, batteri, parassiti, cellule
opsonizzate e cellule trasformate (tumorali). Non presentano
recettori per antigeni, ma hanno un recettore per le IgG. Quando le
IgG vengono attivate, le cellule NK utilizzano particolari proteine
(perforine e proteasi) per indurre l’apoptosi della cellula-bersaglio.

Una volta maturati i linfociti migrano nel sistema linfoide e formano


cloni cellulari capaci di rispondere allo stesso antigene.

Dopo la stimolazione con l’antigene sia i B sia i T si differenziano in 2


sottogruppi:

- CELLULE con MEMORIA: non partecipano alla risposta


immunitaria, ma rimangono come componenti di quel clone di
memoria immunitaria pronte a rispondere se si ripresentasse
lo stesso antigene (mantenimento della memoria
immunologica)

- CELLULE EFFETTRICI: sono linfociti immunocompetenti


che portano a termine la loro funzione immunitaria
(eliminazione dell’antigene)

SELEZIONE CLONALE e MEMORIA 1. CLONI LINFOCITARI (linfociti vergini o a riposo): nei


IMMUNOLOGICA tessuti linfoidi esistono milioni di cloni di linfociti B e T
che derivano da un unico progenitore comune. Durante lo
sviluppo del sistema immunitario, i linfociti sono già
indirizzati a riconoscere e legare in modo specifico un
antigene prima di essere stati esposti ad esso. Tutte le
cellule di un dato clone identiche possiedono recettori capaci
di riconoscere il medesimo antigene

2. ESPOSIZIONE ALL’ANTIGENE: i linfociti di un determinato


clone rispondono in modo assai specifico ad un determinato
antigene, in particolare ad una specifica porzione molecolare
dell’antigene, determinante antigenico o epitopo

3. ATTIVAZIONE dei LINFOCITI:

a. Linfociti B attivati: vanno incontro a molteplici


divisioni cellulari e si differenziano in cellule della
memoria e, in numero assai maggiore, in
plasmacellule (cellule di forma ovoidale, con nucleo
tondeggiante eccentrico e che secernono grandi
quantità di glicoproteine specifiche,
immunoglobuline o anticorpi). Il legame tra l’antigene
e l’anticorpo facilita l’azione di cellule fagocitarie, le
quali distruggono il complesso antigene-anticorpo

b. Linfociti T attivati: vanno incontro a molteplici


divisioni cellulari dopo aver interagito direttamente
con l’antigene di membrana di cellule non-self

PIASTRINE (trombociti) - Caratteristiche morfologiche: piccoli elementi corpuscolati


(2-4 µm) del sangue periferico, privi di sostanza nucleare

- Numero di piastrine: in condizioni fisiologiche 200000-


400000 per mm3

- Vita media: 8-10 giorni in circolo. Vengono prodotte nel


midollo osseo per frammentazione di grandi elementi
cellulari, detti megacariociti

- Funzione: EMOSTASI le piastrine contribuiscono alla


formazione del tappo piastrinico a livello della lesione di un
vaso. Il tappo piastrinico viene successivamente convertito in
coagulo in seguito alla precipitazione di fibrinogeno
(proteina solubile nel plasma) in fibrina, rete di filamenti
che imbriglia piastrine, globuli rossi e altre cellule del sangue
e che impedisce la fuoriuscita di sangue a livello della lesione.
Il plasma senza fibrinogeno è un liquido di colore giallognolo,
il siero

TESSUTO EPITELIALE 1. Cellule a mutuo contatto, con scarsa matrice extracellulare


interposta.
Caratteristiche
2. Assenza di vascolarizzazione e presenza di terminazioni
nervose

3. Associazione con la lamina basale sottostante, tessuto


connettivo che provvede al nutrimento dell’epitelio
soprastante mediante la diffusione di sostanze nutritizie
provenienti dai capillari sanguigni in esso contenuti. La lamina
basale ha una matrice fittamente addensata. La parte di
lamina a contatto con l’epitelio è formata da un fine reticolo
di collagene di tipo IV (sintetizzato dalle cellule
dell’epitelio), proteoglicani, GAG e glicoproteine adesive
(es. laminina e fibronectina); la parte a contatto con il
connettivo sottostante è formata principalmente da collagene
di tipo III e fibronectina.

4. Presenza di una superficie libera, verso l’esterno o la cavità


interna del corpo

5. Uno o più strati sovrapposti per creare una barriera con


funzioni specifiche

Classificazione in base alle funzioni - Epiteli di rivestimento: costituiti da lamine di cellule che
rivestono le superfici corporee esterne (la pelle) o delle
cavità interne (es. epitelio di rivestimento dell’intestino)

- Epiteli ghiandolari/secernenti: costituiti da cellule


specializzate nella secrezione di sostanze e che si
organizzano in ammassi solidi costituenti le ghiandole esocrine
ed endocrine

- Epiteli sensoriali: costituiti da cellule specializzate nella


ricezione di stimoli, definite cellule sensoriali secondarie
(cellule gustative, acustiche, vestibolari)

Classificazione in base alla morfologia - CELLULE PAVIMENTOSE: cellule appiattite, con uno
delle cellule spessore ridotto rispetto alla lunghezza e alla larghezza, con
nucleo appiattito

- CELLULE CUBICHE o ISOPRISMATICHE: cellule con


parametri dimensionali equivalenti e un nucleo sferico
centrale

- CELLULE COLONNARI, CILINDRICHE o


BATIPRISMATICHE: cellule in cui prevale l’altezza sulle
altre dimensioni e con un nucleo ovoidale esteso in altezza,
localizzato in posizione basale

Classificazione in base al numero di - EPITELIO SEMPLICE o MONOSTRATIFICATO: costituito


strati cellulari da un unico strato di cellule. Tutte le cellule hanno la stessa
polarità, i nuclei sono allineati e rivestono le cavità degli
organi cavi e dei condotti. Sulla base della morfologia si
distinguono:

o pavimentoso semplice: singolo strato di cellule


appiattite, con nucleo centrale ed ovoidale. Le cellule
si presentano appiattite all’estremità e più spesse
nella porzione centrale contenente il nucleo. Dall’alto
i limiti tra le cellule sono netti e le cellule hanno
forma poligonale

 DOVE: Polmone (alveoli polmonari), rene


(foglietto parietale della capsula di Bowman
e un sottile tratto dell’ansa di Henle),
testicoli (rete testis), mesotelio
(rivestimento della cavità pleurica,
peritoneale e pericardica), endotelio
(rivestimento dei vasi sanguigni e linfatici)

 FUNZIONI: filtrazione, diffusione e


scambio di sostanze

o cubico semplice: singolo strato di cellule di forma


cuboide con un nucleo sferico posto al centro della
cellula.

 DOVE: rene (tubuli renali e dotti collettori),


dotti escretori ghiandolari, polmone
(bronchioli respiratori terminali), tiroide
(parete follicolare), retina (epitelio
pigmentato), ovaio (epitelio germinativo)

 FUNZIONI: limitata protezione e


soprattutto assorbimento e secrezione

o cilindrico semplice: unico strato di cellule


cilindriche. In sezione longitudinale hanno un aspetto
colonnare e presentano un nucleo di forma ovoidale
con l’asse maggiore parallelo all’asse maggiore della
cellula e in genere in posizione basale.

 DOVE: riveste la maggior parte delle cavità


del tubo digerente, molti dotti escretori
ghiandolari e tuba uterina

 FUNZIONI: assorbimento (presenza di


microvilli sulla superficie apicale) e
trasporto di particelle (presenza di ciglia
vibratili)

o FUNZIONI: permeabilità, secrezione e


assorbimento

- Epitelio pseudostratificato (plurifilare o a più file di


nuclei): epitelio semplice formato da un unico strato di
cellule che poggiano tutte sulla stessa lamina basale, ma
non tutte raggiungono la superficie libera. La diversa
altezza delle cellule fa sì che i nuclei siano disposti ad
altezze differenti, facendo erroneamente pensare che si
tratti di un epitelio composto. Le cellule sono piriformi:
alcune poggiano sulla lamina basale con un restringimento alla
base; altre poggiano sulla lamina basale con una base allargata
e non arrivano alla superficie libera.

o DOVE: mucose respiratorie (laringe, faringe,


trachea e bronchi), uretra maschile, testicoli
(condotto deferente con stereociglia, epididimo con
stereociglia), grossi condotti escretori ghiandolari

- EPITELIO COMPOSTO o PLURISTRATIFICATO:


costituito da più strati di cellule (si considera la morfologia
dello strato superficiale: epitelio pavimentoso
pluristratificato, cubico pluristratificato, cilindrico
pluristratificato)

o Funzioni: protezione, integrità e contenimento

- Epitelio di transizione o polimorfo: il numero di strati e la


forma delle cellule si modificano a seconda dello stato di
distensione dell’organo in cui tale epitelio si trova

EPITELIO PAVIMENTOSO L’epitelio pavimentoso pluristratificato è costituito da un numero


PLURISTRATIFICATO variabile di strati di cellule:

- Strato basale/germinativo: cellule cubiche o cilindriche,


dotate di intensa attività proliferativa e in cui prevalgono i
processi differenziativi (ogni cellula si divide dando origine
ad un elemento che rimane nello strato basale e ad un
elemento che migra negli strati superiori andando incontro a
differenziamento)

- Strato intermedio di cellule di forma poliedrica

- Strato superficiale di cellule appiattite pavimentose

CARATTERISTICA PECULIARE: presenza fra l’epitelio e il


connettivo sottostante di CRESTE EPITELIALI che spingono nel
connettivo stesso e PAPILLE CONNETTIVALI per aumentare la
superficie di scambio fra epitelio e tessuto connettivo

CLASSIFICAZIONE:

- EPITELIO NON CHERATINIZZATO o non corneificato:

o cellule superficiali pavimentose ancora vive, con un


nucleo in posizione centrale (assenza dello strato
corneo)

o cellule di forma poliedrica (STRATO SPINOSO)

o cellule di forma cilindrica (STRATO BASALE)

o DOVE: cornea, epitelio mucosa orale, laringe e


alcune porzioni dell’esofago e vagina

- N.B.: l’epitelio pavimentoso non corneificato costituisce


l’epitelio di alcuni organismi particolari (che non sono in grado
di sintetizzare cheratina). Gli organismi acquatici e gli
anfibi, tetrapodi a cavallo tra l’ambiente terrestre e
acquatico, possiedono un epitelio non cheratinizzato e in un
ambiente secco perdono dalla pelle a poco a poco acqua. La
loro epidermide è molle, cosa che le permette di scambiare
gas (ossigeno) con l’ambiente esterno in modo più efficiente
dato che non hanno ancora polmoni ben sviluppati.

- EPITELIO PAVIMENTOSO PLURISTRATIFICATO


CORNEIFICATO (CHERATINIZZATO), tipico
dell’epidermide della cute: l’epidermide ha generalmente uno
spessore di 50 micron, ma raggiunge 2 mm sul palmo delle
mani e sulla pianta dei piedi

o STRATO BASALE: cheratinociti di forma cubica o


cilindrica responsabili del rinnovamento continuo
dell’epidermide. Si dividono dando origine ad un
elemento che rimane nello strato basale e un
elemento che intraprende un preciso processo di
differenziamento cellulare terminale
(CITOMORFOSI CORNEA) che lo porta a
trasformarsi in lamella cornea. Durante la
citomorfosi cornea, che dura circa 1 mese, i
cheratinociti migrano dallo strato basale allo strato
superficiale, cambiando la loro morfologia e
esprimendo nuove proteine

o STRATO SPINOSO (4-8 strati): cellule


poliedriche con abbondanti desmosomi a livello di
estroflessioni citoplasmatiche che contattano
cellule vicine

o STRATO GRANULOSO (3-6 strati): cellule con


evidenti granulazioni

o STRATO LUCIDO (solo a livello del palmo delle mani


e delle piante dei piedi) (1-2 strati): cellule con
membrana cellulare ispessita e prive di organuli

o STRATO CORNEO: numero variabile di cellule


pavimentose corneificate (CORNEOCITI), cioè
trasformate in lamelle cornee. Sono prive di nucleo
e di organuli cellulari, con un citoplasma ripieno di
filamenti di cheratina fittamente stipati.
FUNZIONE: protezione da stimoli meccanici e
chimici, contro agenti patogeni, e riduzione
dell’evaporazione dei liquidi tissutali

EPITELIO DI TRANSIZIONE DOVE: tipico della tonaca mucosa degli organi delle vie urinarie (es.
vescica)

Quando la parete dell’organo è rilasciata, l’epitelio è più alto e


presenta:

- STRATO BASALE: cellule cubiche/cilindriche

- STRATO INTERMEDIO: cellule di forma clavata

- STRATO APICALE: cellule di grosse dimensioni a forma di


cupola (CELLULE CUPOLIFORMI o ad OMBRELLO), con una
superficie libera convessa e frequentemente binucleate

Quando la parete dell’organo è distesa, il numero di strati diminuisce,


l’epitelio diventa meno spesso, favorendo l’aumento della superficie-

- STRATO BASALE: cellule cubiche

- STRATO INTERMEDIO: cellule poliedriche

- STRATO APICALE: cellule appiattite

POLARIZZAZIONE DELLE CELLULE Le cellule epiteliali hanno una forma geometrica regolare e sono
EPITELIALI polarizzate. È possibile definire un versante apicale che guarda
verso la superficie libera e un versante basale verso la lamina basale.
Gli organuli sono distribuiti con un ordine preciso:

- Posizione basale (nel terzo inferiore della cellula): nucleo, RE


e mitocondri.

- Posizione apicale: apparato di Golgi e eventuali vescicole


secretorie.

SPECIALIZZAZIONI della - MICROVILLI: estroflessioni citoplasmatiche digitiformi


SUPERFICIE APICALE con lunghezza di 1-2 micron e mantenute da microfilamenti.
Sono talmente vicini da non essere risolvibili al microscopio
ottico (solo al TEM) e costituiscono uno strato unico,
chiamato ORLETTO a SPAZZOLA o ORLETTO STRIATO.
Sono caratteristici degli epiteli cilindrici semplici con
funzione assorbente per aumentare la superficie disponibile
ai processi di assorbimento.

- CIGLIA VIBRATILI: estroflessioni citoplasmatiche con


lunghezza di 5-10 micron, risolvibili al microscopio ottico e
mantenute da un assonema (struttura microtubulare). Hanno
la funzione di muoversi in modo oscillante per favorire lo
spostamento di muco e di eventuali particelle solide
penetrate nelle vie aeree. Sono caratteristiche degli epiteli
delle vie genitali femminili e delle vie respiratorie.

- STEREOCIGLIA: estroflessioni citoplasmatiche irregolari e


sottili, con lunghezza di 30 micron (CELLULE A
PENNACCHIO). Sono presenti nelle cellule epitelio che
rivestono l’EPIDIDIMO e coinvolte nei processi di
secrezione e assorbimento per la maturazione degli
spermatozoi

SPECIALIZZAZIONI della Per la formazione della lamina di rivestimento le cellule contigue


SUPERFICIE LATERALE (visibili solo al dell’epitelio sono connesse da dispositivi giunzionali, formati da
TEM) proteine integrali di membrana, componenti intracellulari (es.
proteine di ancoraggio, proteine citoscheletriche) e extracellulari (es.
fibre della matrice)

- GIUNZIONI OCCLUDENTI: impediscono il libero passaggio


di sostanze dal lume della cavità dell’organo o dall’esterno
verso il connettivo circostante e viceversa

- GIUNZIONI ANCORANTI: integrità meccanica del


rivestimento e distribuzione delle tensioni

- GIUNZIONI COMUNICANTI: comunicazione funzionale e


distribuzione di piccole sostanze (ioni o molecole) tra cellule
vicine

Negli epiteli monostratificati i dispositivi giunzionali si dispongono


secondo un ordine ben preciso (COMPLESSO DI GIUNZIONE:
dall’alto verso il basso GIUNZIONE OCCLUDENTE, GIUNZIONE
ADERENTE e numero variabile di DESMOSOMI)

TESSUTO GHIANDOLARE Le ghiandole sono cellule singole o organi specializzati nella


produzione e secrezione di sostanze che svolgono una varietà di
funzioni biologiche nell’organismo (protezione, lubrificazione,
controllo e digestione); i secreti, accumulati in granuli di secrezione,
sono:

- Ormoni proteici o glicoproteici

- Mucinogeno

- Combinazioni di proteine, lipidi e carboidrati, ad esempio il


latte.

Le cellule ghiandolari sono molto polarizzate: il nucleo si trova


schiacciato sulla membrana basale ed il secreto si accumula sul lato
apicale. Hanno abbondante citoplasma, RER, apparato di Golgi,
ribosomi e mitocondri molto sviluppati.

Istogenesi delle ghiandole: come si Gli epiteli ghiandolari derivano da epiteli di rivestimento che si
generano durante lo sviluppo invaginano nel tessuto connettivo sottostante, aumentando in modo
embrionale? efficiente la superficie secernente e creando un cordone di cellule.

Parenchima=unità secernenti (adenomero)+dotti

Stroma=tessuto connettivo interstiziale ben vascolarizzato e


innervato con funzione trofo-meccanica

- Ghiandole esocrine: rimane connessa al tessuto di


rivestimento tramite un dotto escretore (il secreto viene
secreto all’esterno o all’interno di una cavità) e l’unità di
secrezione è chiamata adenomero.

- Ghiandole endocrine: il contatto con il tessuto di


rivestimento viene perso per fenomeni apoptotici e il secreto
prende il nome di ormone. Sono ricche di un sistema di
vascolarizzazione per secernere il secreto direttamente
nei capillari sanguigni. La secrezione può essere costitutiva
o regolata.

CLASSIFICAZIONE delle ghiandole - EXTRAPARIETALI: si sviluppano al di fuori della parete


esocrine in base alla dell’organo cavo in cui riversano il loro secreto (es. fegato,
LOCALIZZAZIONE pancreas, ghiandole salivari, ghiandola mammaria)

- INTRAPARIETALI: si trovano nello spessore della parete


dell’organo cavo (es. ghiandole presenti nella parete
dell’intestino o dello stomaco). Si suddividono ulteriormente
in:

o Extraepiteliali: si approfondano nel tessuto


connettivo localizzato sotto l’epitelio

o Intraepiteliali: si trovano nello spessore dell’epitelio


di rivestimento della mucosa da cui derivano, prive
di dotti e con adenomero alveolare (sono molto rare
nei mammiferi)

CLASSIFICAZIONE delle ghiandole - GHIANDOLE UNICELLULARI: cellule secernenti sempre


esocrine in base al NUMERO DI intraepiteliali e costituite da una sola cellula.
CELLULE
o Cellula mucipara caliciforme (evidenziate con
colorazione PAS): sono cellule secernenti
intercalate tra le cellule di rivestimento
dell’epitelio cilindrico o pseudostratificato,
localizzati rispettivamente nell’intestino e nelle vie
respiratorie. Producono granuli di mucinogeno,
costituiti da mucine (GAG, mucopolisaccaridi e
glicoproteine). Il contenuto dei granuli viene
rilasciato per esocitosi e in presenza di acqua si
idrata e si converte in muco. Il muco ha la funzione
di proteggere la superficie dell’epitelio nel primo
tratto del tubo gastro-intestinale e nell’ultimo
tratto ha un’azione lubrificante per il passaggio delle
feci. Nell’apparato respiratorio protegge l’epitelio
dalla disidratazione, contribuisce all’umidificazione
dell’aria e agisce come trappola per microrganismi e
fini particelle di polvere.

- GHIANDOLE PLURICELLULARI: veri e propri organi


formati da cellule secernenti in associazione a tessuto
connettivo. Possono essere sia intraparietali sia
extraparietali.

CLASSIFICAZIONE delle ghiandole Nelle ghiandole pluricellulari si individua una porzione secernente,
esocrine in base alla ADENOMERO, costituito da cellule disposte a circoscrivere un lume
RAMIFICAZIONE dell’ADENOMERO e che si continua con il dotto escretore.
dei DOTTI
N.B.: mentre le cellule ghiandolari sono + polarizzate, le cellule dei
dotti sono cellule epiteliali con un ampio lume e un nucleo centrale
tondeggiante.

- GHIANDOLE SEMPLICI: 1 adenomero e 1 dotto escretore


(oppure in continuità con l’epitelio senza dotto escretore)

- GHIANDOLE SEMPLICI RAMIFICATE: + adenomeri e 1


dotto escretore in cui tutti gli adenomeri riversano il loro
secreto

- GHIANDOLE COMPOSTE: dotto escretore ramificato in


rami via via decrescenti alle cui estremità troviamo gli
adenomeri (sono veri e propri organi parenchimatosi, come le
ghiandole mammarie)

CLASSIFICAZIONE delle ghiandole - ALVEOLARI: la porzione secernente ha una forza


esocrine in base alla FORMA grossolanamente sferica, ma il lume è molto ampio e
dell’ADENOMERO delimitato da cellule (cubiche/cilindriche/pavimentose a
seconda dello stato funzionale della ghiandola)

- ACINOSE: la porzione secernente ha forma sferica, un


lume molto piccolo delimitato da cellule di forma piramidale
con nuclei in posizione basale

- TUBULARI: la porzione secernente ha la forma di un sottile


tubo a fondo cieco (a dito di guanto) e non c’è una netta
separazione tra l’adenomero e il dotto escretore. In alcuni
casi la porzione distale del tubulo si avvolge a gomitolo
(ghiandole tubulari a gomitolo o glomerulari). In sezione
trasversale hanno un lume intermedio tra le acinose e le
alveolari.

N.B.: esistono anche adenomeri di forma mista con una porzione


iniziale, in continuità con il dotto escretore, di forma tubulare e una
porzione acinosa o alveolare (ghiandole TUBULO-ACINOSE o
TUBULO-ALVEOLARI)

- TUBULARI SEMPLICI RAMIFICATE: ghiandole della


mucosa gastrica

- TUBULARI SEMPLICI A GOMITOLO: ghiandole sudoripare

- ACINOSE SEMPLICI RAMIFICATE: ghiandole sebacee

- ALVEOLARI SEMPLICI: ghiandole mucose e granulose con


funzione difensiva nell’epidermide degli anfibi o ghiandole
intraepiteliali della mucosa nasale nell’uomo

- TUBULARI COMPOSTE: ghiandole del Brunner nel


duodeno, ghiandole mucose della cavità orale

- ACINOSE COMPOSTE: alcune porzioni di ghiandole salivari


e ghiandole lacrimali

- ALVEOLARI COMPOSTE: ghiandola mammaria

- TUBULO-ACINOSE COMPOSTE: pancreas, ghiandole


salivari sierose e miste (sottolinguale, sottomandibolare,
parotide)
CLASSIFICAZIONE delle ghiandole - MEROCRINE: il secreto viene rilasciato dalla cellula
esocrine in base alla MODALITA’ di mediante un normale processo di esocitosi regolata, senza
SECREZIONE modificazioni morfologiche (es. pancreas esocrino e ghiandole
sudoripare, coinvolte nel processo di termoregolazione)

- APOCRINE: il secreto è formato da gocce lipidiche che si


fondono tra di loro, si spostano nella parte apicale delle
cellule e si staccano come gemme citoplasmatiche verso il
lume dell’adenomero. Nelle fasi di accumulo le cellule hanno
forma cilindrica mentre nella fase di secrezione si
appiattiscono per la perdita di citoplasma. Tuttavia, le
cellule non perdono la loro attività perché il nucleo rimane in
posizione basale (es. ghiandole mammarie per la secrezione
dei lipidi mentre le proteine vengono sintetizzate per via
merocrina)

- OLOCRINE: l’intera cellula, dopo aver accumulato il suo


prodotto, si stacca dal tessuto e viene espulsa come
secreto. La cellula viene subito dopo rimpiazzata per la
proliferazione di cellule staminali dell’epitelio secernente a
contatto con la lamina basale (es. ghiandole sebacee)

CLASSIFICAZIONE delle ghiandole - MUCOSE: hanno un nucleo piccolo, generalmente appiattito


esocrine in base alla TIPOLOGIA DI e un citoplasma poco basofilo. Secernono mucina e i suoi
SECRETO adenomeri si colorano meno intensamente perché il
materiale mucoso ricco di zuccheri non viene mantenuto dai
comuni fissativi (es. ghiandole salivari mucose)

- SIEROSE: hanno un nucleo rotondo in posizione basale e un


citoplasma basofilo. Il loro secreto è acquoso, chiaro,
fluido e ricco di enzimi (es. pancreas e ghiandola salivare
parotide)

- MISTE: formate da cellule a secrezione mucosa e cellule a


secrezione sierosa che possono essere presenti nello stesso
adenomero. In tal caso la porzione mucosa di pallida
colorazione è tubulare mentre la porzione sierosa, più
intensamente colorata, è acinosa, con una forma a
semiluna (SEMILUNA di GIANNUZZI).

o Alcuni esempi sono le ghiandole salivari sottolinguali


e sottomandibolari.

 Secreto sieroso: ricco di enzimi digestivi e


prodotto, su controllo nervoso, quando
abbiamo fame

 Secreto mucoso: muco per la protezione e


lubrificazione della mucosa orale, quando
abbiamo paura o siamo in tensione
(secchezza delle fauci e senso di sete)
TESSUTO MUSCOLARE
SCHELETRICO

Cellula muscolare La cellula muscolare è l’unità fondamentale del tessuto muscolare,


specializzata nella contrazione, fenomeno che consente la conversione
dell’energia chimica derivata dall’idrolisi di ATP in energia meccanica.
La conversione consente alle cellule muscolari di forma allungata di
accorciarsi e l’accorciam ento delle sing ole cellu le deter mina
l’accorciamento del muscolo.

Classi cazione - tessuto muscolare striato: tessuto muscolare scheletrico e tessuto


muscolare cardiaco. La striatura delle cellule è ottenuta dall’alternanza
di bande chiare e scure disposte in modo trasversale rispetto alla
lunghezza della cellul
- tessuto muscolare liscio: cellule prive della striatura presente nelle
cellule muscolari dei tessuti striati.

Te s s u t o m u s c o l a r e È un tessuto muscolare striato e costituisce i muscoli scheletrici, i muscoli


scheletrico che sono connessi alle ossa, anche se è presente anche in altri distretti
(lingua, faringe, laringe, diaframma, muscoli mimici o facciali/pellicciali e
muscoli estrinseci dell’occhio per i movimenti del bulbo oculare
È un tessuto volontario in cui la contrazione avviene sotto controllo di
motoneuroni somatici che si trovano a livello delle corna ventrali del
midollo spinale, una parte del sistema nervoso centrale

Organizzazione anatomica Il muscolo presenta un’organizzazione anatomica tipica di un organo


del muscolo broso. Infatti è un organo allungato, suddiviso in tanti fascicoli e
ciascuno di essi è costituito a sua volta da un gruppo di bre muscolari
che corrispondono alle unità fondamentali del tessuto muscolare, le cellule
muscolari.
L’organizzazione deriva dal modo in cui si sviluppano i connettivi che
supportano il muscolo. Il muscolo è rivestito da una capsula connettivale
brosa, l’epimisio (dal greco “sopra”).
Dall’epimisio si dipartono dei setti di tessuto connettivo che raggruppano
le bre muscolari in fascicoli muscolari.
Dal perimisio un connettivo più sottile va a circondare ciascuna bra
muscolare, costituendo l’endomisio.

P e r c h è é i m p o r ta n t e - trasmissione meccanica delle forze generate dalla contrazione


l’organizzazione coordinata e ef cace delle singole bre muscolari all’intero muscolo. I
connettivale del muscolo? rivestimenti connettivali, a partire da quelli che rivestono la singola
bra muscolare, sono tra di loro connessi e sono connessi tramite
l’epimisio al tendine, formato da tessuto connettivo propriamente
detto di tipo broso a fasci paralleli. Il tendine collega il muscolo
all’osso.
- Vascolarizzazione e innervazione del muscolo: dalla periferia
dell’organo, grazie ai setti connettivali, i vasi sanguigni entrano nel
muscolo no a capillarizzarsi attorno alle singole bre muscolari.
Forniscono alle cellule nutrienti e ossigeno. L’innervazione che arriva
alle singole bre muscolari è fondamentale per indurre la contrazione
con impulsi nervosi.
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Fibra muscolare striat É l’unità funzionale e strutturale del muscolo scheletrico.

Come si forma una bra - Durante lo sviluppo embrionale deriva da una cellula indifferenziata
muscolare (cellula medodermica) di un particolare foglietto embrionale, il
mesoderma. La cellula viene commissionata a diventare un mioblasto,
cellula precursore della bra muscolare che piano piano matura. I
mioblasti fondono le loro membrane plasmatiche per formare i miotubi,
allungati e contenenti numerosi nuclei derivati dai singoli mioblasti. I
miotubi maturano, formando uno sviluppato e organizzato apparato
citoscheletrico (necessario per la contrazione) e spostando i nuclei
(inizialmente centrali) alla periferia delle bre appena sotto la
membrana plasmatica. I miotubi si differenziano in bre muscolari
scheletriche, la cui membrana è chiamata sarcolemma. Nel muscolo
maturo rimangono ancora alcune cellule indifferenziate, paragonabili ai
mioblasti, chiamate cellule miosatelliti, che dotano il muscolo di
capacità rigenerativa. Tali cellule possono differenziarsi e diventare
bre muscolari sotto particolari stimoli (come la lesione del muscolo)

Com’è fatta una bra - La bra muscolare non è una singola cellula, ma è un sincizio
muscolare plurinucleato, struttura che deriva dalla fusione di più cellule. Il
sincizio ha una forma allungata e cilindrica ed incapace di replicarsi.
- Il citoplasma della bra muscolare è pieno di strutture lamentose, le
mio brille, visibili al microscopio elettronico e costituenti dell’apparato
citoscheletrico deputato alla contrazione. Tra una mio brilla e l’altra
sono interposti mitocondri, granuli di glicogeno (riserva di glucosio,
sul quale si compie respirazione cellulare per ricavare energia
sottoforma di ATP) e la mioglobina, una proteina simile all’emoglobina,
ma formata da una singola catena polipeptidica avvolta con un gruppo
eme che ha funzione di legare ossigeno e conferisce il colore rosso al
muscolo. La mioglobina è abbondante nelle bre lente, ma è ancora più
abbondante nei cardiociti. Le singole mio brille che riempiono il
citoplasma della bra sono circondate da un abbondante reticolo
sarcoplasmatico. Il reticolo sarcoplasmatico è organizzato in una rete
di cisterne nestrate delimitate da membrana. Periodicamente il
sarcolemma si intro ette e si in ltra periodicamente nel reticolo
sarcoplasmatico, formando strutture specializzate, denominati tubuli T
(hanno una forma a T). Ai lati dei tubuli T troviamo dei rigon amenti
delle cisterne nestrate del reticolo sarcoplasmatico. La triade,
fondamentale nel processo di contrazione muscolare, è costituita da
tubulo T (invaginazione del sarcolemma) e dalle espansioni delle due
cisterne del reticolo sarcoplasmatico che si af ancano al tubulo.
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Mio brill Le singole mio brille sono costituite da 2 tipi di lamenti, chiamati
mio lamenti
- lamenti spess
- lamenti sottili
I due lamenti decorrono in modo parallelo e sono interdigitati, dando
origine alla tipica bandeggiatura trasversale (bande chiare alternate a
bande scure, visibili al microscopio ottico, che si ripetono in modo costante
lungo tutta la mio brilla
Filamenti spess I lamenti spessi sono costituiti dall’associazione di circa 300 miosine di
tipo II. Ogni lamento spesso è costituito da due metà speculari
(bipolarità), derivate dal modo in cui si associano le miosine (coda contro
coda nella parte centrale mentre le teste sporgono all’estremità dei
lamenti spessi in modo regolare
Miosina I La miosina II è una proteina in struttura quaternaria e isoforma di
miosina in cui troviamo
- 2 catene pesanti, formate da una regione C-terminale che costituisce
la coda (porzione più brosa) e da una regione N-terminale che
costituisce la testa (porzione più globulare). Le regioni delle code delle
catene pesanti sono avvolte ad elica mentre le teste sporgono ad
un’estremità delle code. La regione della testa, dotata di attività
ATPasica (lega e idrolizza ATP) e con un sito speci co di riconoscimento
per l’actina, è chiamata dominio motore della miosina. Il dominio delle
code si lega ad altre proteine cellulari ed altre miosine.
- 4 catene leggere, due per ciascuna catena pesante che si collocano
nell’area di passaggio dalle code alle teste, chiamata regione cerniera o
collo. Le catene leggere regolano il ripiegamento della miosina II in
corrispondenza della regione del collo/dominio regolatore o del
braccio di leva.
In ogni metà del lamento spesso le molecole di miosina si associano
longitudinalmente sfasandosi di un quarto della loro lunghezza e
ruotando di 60 gradi attorno al loro asse, in modo che le teste
Filamenti sottili sporgano dall’asse principale in tutte le direzioni con un andamento quasi
elicoidale
I lamenti sottili sono costituiti da
- F-actina: 2 catene polimeriche di actina globulare avvolte ad elica con
un passo regolare. L’actina globulare è una proteina che assume una
forma approssimativamente sferic
- Tropomiosina: proteina brosa con una lunghezza di circa 40 nm che
segue l’andamento dell’actina F, mascherando i siti di legame per la
miosina presenti sull’actina
- Troponina: proteina globulare in struttura quaternaria che si intercala
lungo le molecole di tropomiosina con un periodo di 40 nm. È costituita
da 3 subunità connesse tra di loro: TnT (subunità della troponina che
prende contatto con la tropomiosina), TnC (subunità della troponina che
lega lo ione calcio), TnI (subunità inibitrice che è legata all’actina).
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Co m e si dispo ng o n o i - banda chiara/banda I (isotropa, per come ri ette la luce polarizzata):
la m e n t i s p e s s i e i è divisa a metà da una linea più scura, linea Z.
la m e n t i s o t t i l i p e r - banda scura/banda A (anisotropa): presenta al centro una banda più
formare la bandeggiatura chiara, la banda H, divisa a metà da una linea più scura, la linea M
del muscolo striato? Sarcomero: porzione di mio brilla compresa tra due dischi Z e unità
strutturale e funzionale del muscolo scheletrico. È formata da linea Z,
semibanda I, banda A (intervallata da una banda H divisa dalla linea M più
scura), semibanda I e linea Z successiva. La divisione precisa è visibile solo
al microscopio elettronico e non al microscopio ottico dove si nota solo
l’alternanza di bande chiare e scure.
Ogni mio brilla è costituita dal susseguirsi di sarcomeri e i sarcomeri
di mio brille adiacenti sono in registro (hanno linee e bande allineate).
Per questo la bra muscolare scheletrica appare striata.
La bandeggiatura delle mio brille dipende dall’organizzazione dei
lamenti spessi e sottili in ciascun sarcomero. Da ciascuna linea Z (che
assume un aspetto a zigzag al microscopio elettronico) si dipartono
lamenti sottili no al centro del sarcometro. Nella zona centrale,
invece, troviamo interdigitati ai lamenti sottili i lamenti spessi di
miosina con le code disposte al centro e le teste alle estremità esterne.
La banda H è la regione centrale del sarcomero, costituita solo dalle code
dei lamenti spessi, ed é bisecata dalla linea M che è più scura per la
presenza di ponti proteici tra le varie code dei lamenti spessi.
In sezione trasversale i lamenti sottili assumono una disposizione ad
esagoni; la sezione trasversale della banda scura mostra lamenti spessi
circondati da 6 lamenti sottili disposti ai vertici di un esagono.
La linea Z è costituita principalmente da alfa-actinina, una proteina che
collega ciascun mio lamento sottile di un sarcomero con quattro
mio lamenti sottili di un sarcomero contiguo. La proteina delimita una
piramide a base quadrangolare, una impalcatura meccanica alle cui
estremità sono collocati i quattro lamenti sottili e al vertice il quinto
lamento sottile del sarcomero adiacente.
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Proteine strutturali del Oltre ai lamenti spessi e sottili, nei vari sarcomeri troviamo proteine
sarcomero aggiuntive che non sono proteine contrattili, come actina e miosina, ma
proteine strutturali che servono a mantenere i mio lamenti in un
perfetto ordinamento all’interno delle mio brille e conferiscono
l’elasticità alle mio brille. Tra queste proteine si annoverano
- proteine della linea M che collegano i lamenti spessi tra di loro (es.
miomesina e la proteina M
- titina, proteina di grandi dimensioni che collega strutturalmente in
modo elastico per alcuni suoi tratti a molla le linee Z di ciascun
sarcomero, prolungandosi al di sopra dei lamenti spess
- teletonina, proteina scoperta con i fondi Telethon che collega la titina
con l’alfa actinina della linea
- nebulina, proteina che è collegata alla linea Z tramite alcune proteine
(es. CapZ) e si propaga lungo i lamenti sottili per mantenerne il loro
assetto dentro il sarcomero

O r g a n i z z a z i o n e d e l Il costamero è una componente morfo-funzionale multiproteica del


costamero muscolo scheletrico che connette le linee Z del sarcomero con il
sarcolemma (la membrana plasmatica di ciascuna bra muscolare) e che si
ripete con frequenza de nita sul sarcolemma. È formata da una serie di
proteine che connettono le varie mio brille alla membrana plasmatica, ma
anche alla membrana nucleare esterna e ai mitocondri concentrati
attorno alla linea Z.
La desmina, che costituisce i lamenti intermedi del muscolo, è una
proteina che contribuisce a mantenere in posizione le mio brille (legandosi
in modo circonferenziale all’alfa-actinina delle linee Z con mediazione
della plectina) e connettere l’apparato citoscheletrico delle mio brille alla
membrana plasmatica.
Lungo la membrana ci sono proteine integrali di membrana (sarcoglicani
- distroglicani o recettori integrinici). Tali proteine tramite proteine
localizzate a ridosso del sarcolemma (distro na, spettrina, vincolina...) si
collegano alle mio brille e tramite proteine extracellulare, tra cui la
laminina, alle bre della matrice extracellulare.
L’insieme delle proteine contribuisce a rendere ef cace la contrazione
della bra muscolare. La contrazione dovuta all’apparato citoscheletrico
si trasmette alla membrana plasmatica grazie al costamero e la membrana
a sua volta è collegata alla matrice extracellulare dell’endomisio.
L’endomisio la trasmette al perimisio, il perimisio all’epimisio che la
trasmette al tendine.
Malattie genetiche a carico di queste proteine causano dei problemi nella
contrazione muscolare.
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TEORIA D E L L O Secondo la teoria dello slittamento dei lamenti, proposta da Huxley e
S L I T T A M E N T O D E I Niedergerke ne 1954, la contrazione di un muscolo deriverebbe dall
FILAMENTI contrazione delle singole bre muscolari che a loro volta si accorciano
grazie all’accorciamento dei sarcomeri. L’accorciamento dei sarcomeri si
veri ca a seguito di uno slittamento attivo di lamenti sottili (actina F)
sui lamenti spessi (miosina) verso il centro del sarcomero. Le teste
della miosina dei lamenti spessi esercitano una trazione meccanica nei
confronti dei lamenti sottili (che si prolungano dalle due linee Z del
sarcomero verso il centro) che porta i lamenti sottili provenienti dai lati
opposti del sarcomero verso il centro del sarcomero. A causa di questo
slittamento si ha una maggiore sovrapposizione dei lamenti spessi e
sottili con riduzione delle semibande I di ciascun sarcomero e
annullamento della banda H. Come effetto, si ottiene una banda A più
omogenea con al centro una linea M. L’avvicinamento delle due linee Z
deriva da colpi di potenza ripetuti dalle teste di miosina del lamento
spesso bipolare, che si spostano via via verso l’estremità +, in
corrispondenza della linea Z, dei lamenti sottili.

INNERVAZIONE DELLE L’innervazione è la base strutturale che consente alle bre muscolari
F I B R E M U S C O L A R I scheletriche di ricevere un impulso elettrico e innescare la contrazione.
SCHELETRICHE Le singole bre muscolari di un muscolo vengono innervate da
motoneuroni che si trovano nelle corna anteriori della sostanza grigia
del midollo spinale. I motoneuroni efferenti inviano i loro assoni verso un
muscolo, facendoli uscire dal midollo spinale ed entrare a far parte di un
ner vo spinale. In prossimità delle varie bre muscolari, ogni
terminazione assonica si s occa in tante terminazioni che si chiudono
con bottoni sinaptici. Grazie alla rami cazione, ogni bra assonica
riesce ad innervare più bre muscolari.
UNITÀ MOTORIA: insieme delle cellule muscolari striate innervate
dallo stesso motoneurone.
Le terminazioni assoniche dei neuroni motori prendono contatto con il
sarcolemma delle bre muscolari grazie alle giunzioni muscolari/placca
motrice, permettendo la trasmissione dell’impulso nervoso.

G I U N Z I O N E A livello della terminazione sinaptica dell’assone di un motoneurone arriva


N E U R O M U S C O L A R E o un potenziale di azione. Nella sinapsi troviamo vescicole contenenti
PLACCA MOTRICE acetilcolina
La terminazione sinaptica prende contatto con una zona del sarcolemma
invaginata, de nita fessura sinaptica primaria. Nella fessura sinaptica
primaria, tra la membrana plasmatica del neurone motore e la membrana
plasmatica della bra muscolare, viene esocitata acetilcolina all’arrivo
del potenziale di azione. L’acetilcolina si lega a canali a controllo di
ligando per Na+ sul sarcolemma a livello di fessure sinaptiche
secondarie (il sarcolemma si intro ette ulteriormente a dare fessure per
aumentare la super cie di contatto tra la membrana presinaptica e
postsinaptica) e ne determina l’apertura. L’apertura porta Na+, più
concentrato all’esterno del sarcolemma, all’interno della bra muscolare
e viene innescato un potenziale di azione visto che la cellula muscolare,
come i neuroni, è una cellula eccitabile.
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A C C O P P I A M E N T O, 1. L’impulso nervoso proviene da un motoneurone


E C C I T A Z I O N E , 2. A livello della terminazione presinaptica viene esocitata l’acetilcolina
CONTRAZIONE: perché che si lega ad un canale di controllo di ligando per Na+
l’eccitazione della bra 3. Generazione di un potenziale di azione a livello del sarcolemma
muscolare per l’arrivo di 4. Dal punto in cui si genera, il potenziale di azione si trasmette lungo
un potenziale di azione tutto il sarcolemma no ai tubuli T, intro essioni del sarcolemma. I
scatena la contrazione? tubuli T prendono rapporti con le cisterne terminali del reticolo
sarcoplasmatico, formando la triade. Nella membrana del tubulo T
sono presenti canali voltaggio dipendenti per il calcio. All’arrivo del
potenziale i canali voltaggio dipendenti per il calcio si aprono e il
calcio extracellulare entra nella cellula muscolare
5. Poiché nelle vicinanze del canale c’è il reticolo sarcoplasmatico,
l’entrata di calcio determina l’apertura di canali del calcio a
controllo meccanico che si trovano sulla membrana del reticolo
sarcoplasmatico nel tessuto muscolare striato, chiamati canali
rianodinici. Il calcio, molto concentrato nel reticolo, esce seguendo il
suo gradiente elettrochimico ed inonda le mio brille e i
mio lamenti
6. La troponina presenta una subunità af ne al calcio e il calcio si lega
alla subunità C della troponina che cambia conformazione.
Cambiando conformazione, la troponina trascina anche la tropomiosina
(la troponina C è legata alla subunità T della troponina che lega a sua
volta la tropomiosina)
7. Il trascinamento della tropomiosina scopre i siti attivi di legame
dell’actina per la miosina che riesce a contattarli
L’impulso nervoso innesca la contrazione muscolare grazie alla liberazione
di calcio nel citoplasma della bra muscolare. Il calcio si lega alla
troponina e determina una modi cazione della conformazione dei
lamenti sottili.

Canali rianodinici I canali per il calcio del tessuto muscolare scheletrico sono canali a
controllo meccanico sulle membrane del reticolo sarcoplasmatico. Il
canale è legato con una porzione citoplasmatica al canale voltaggio
dipendente per il calcio sulla membrana del tubulo T. Quando arriva un
potenziale di azione a livello della membrana del tubulo T, i canali del
calcio risentono della variazione di potenziale e fanno entrare calcio. Il
legame con il calcio fa avvenire un cambiamento conformazionale del
canale che, essendo collegato al canale rianodinico, determina una
modi cazione del canale rianodinico che si apre. Il calcio accumulato
all’interno del reticolo sarcoplasmatico può fuoriuscire nel citosol.
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CICLO DEL P O W E R Sono le attività della testa e del collo della miosina II a determinare lo
STROKE slittamento dei lamenti sottili. La testa, dopo essersi legata ad una actina
globulare, può muoversi progressivamente su altre actine, consentendo lo
slittamento dei lamenti sottili
La miosina va incontro ad un ciclo meccanico, de nito ciclo del power
stroke (del colpo di potenza), che spiega il movimento della miosina
lungo il lamento di actina
1. Fase di inizio del ciclo: la testa della miosina prende contatto con
un lamento di actina. Il legame tra la testa della miosina e l’actina
è un ponte trasversale estremamente forte, de nito complesso
RIGOR. Il nome del complesso viene da osservazioni svolte sui
cadaveri: i cadaveri poco dopo la morte diventano rigidi e la loro
rigidità viene de nita rigor mortis. La rigidità deriva dal fatto che nei
muscoli le teste delle miosine dei lamenti spessi sono legate
saldamente alle actine.
2. Il complesso RIGOR si dissocia (la testa della miosina si stacca
dall’actina) solo quando arriva ATP che si lega alla testa della
miosina. Nei cadaveri il rigor mortis deriva dal fatto che dopo la
morte non viene più sintetizzato ATP. Dopo un po’ di tempo, le proteine
citoscheletriche (i lamenti spessi e sottili) vanno incontro a
degenerazione e non c’è più rigidità. La testa della miosina cambia
conformazione e diventa una testa rilassata staccata dall’actina,
pronta ad effettuare il power stroke.
3. Subito dopo si innesca l’attività ATPasica della testa della miosina:
l’ATP viene idrolizzata ad ADP e fosfato inorganico, cosa che porta
ad una modi cazione conformazionale del braccio di leva. Il braccio
di leva si apre e sposta la testa della miosina di circa 10 nm verso
l’estremità + lungo il lamento. La testa della miosina viene a trovarsi
sul monomero contiguo lungo il lamento di actina. In questa nuova
posizione la miosina si de nisce armata, caricata di una potenza
derivata dall’idrolisi dell’ATP
4. Il fosfato si stacca dalla testa della miosina e il suo distacco è
accompagnato da un legame debole con l’actina in corrispondenza
della testa. Il legame tra l’actina e la testa comporta il distacco
dell’ADP: contemporaneamente il braccio di leva si richiude e tra la
testa della miosina e l’actina si crea un legame fort
Con l’arrivo di ATP, il ciclo ricomincia più volte: la testa della miosina si
muove ripetutamente lungo i monomeri di actina spostando il lamento
sottile sempre di più verso il centro del sarcomero. Finché arrivano
potenziali di azione che rendono possibile il legame della miosina con
l’actina a seguito della modi cazione conformazionale indotta dal
calcio, tutti i lamenti di miosina nella bra muscolare sono sottoposte al
ciclo del power stroke
FASE DI RILASSAMENTO: Quando il muscolo si deve rilassare, lo ione
calcio vien e re cu p e rato dalla p o mpa SERCA n el ret icolo
sarcoplasmatico. Dopo l’idrolisi di ATP, la pompa SERCA fa uire 2 ioni
calcio all’interno del reticolo sarcoplasmatico contro gradiente di
concentrazione. Un altro canale coinvolto nel rilassamento del muscolo è
l’antiporto sodio-calcio che, alimentato dalla pompa sodio potassio,
diminuisce la concentrazione di calcio nel citosol.
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C O N T R A Z I O N E 8. L’actina scoperta scatena l’attività ATP-asica della miosin
MUSCOLARE 9. Ciclo del power strok
Tutti i lamenti sottili di actina si avvicinano al centro del sarcomero. Il
sarcomero si accorcia. L’accorciamento di tutti i sarcomeri di una stessa
mio brilla determina l’accorciamento della mio brilla. Ciascuna mio brilla
di una bra muscolare si accorcia e di conseguenza la bra muscolare si
accorcia. Tutte le bre muscolari di uno stesso muscolo si accorciano e il
muscolo si contrae.

MUSCOLO CARDIACO Il miocardio è un muscolo striato involontario che costituisce la parete


del cuore e dotato di ritmicità intrinseca (senza l’intervento del sistema
nervoso). In realtà l’innervazione del miocardio è sotto controllo del
centro cardiaco del midollo allungato che solo il ruolo di regolare la
frequenza di contrazione
Il miocardio è rivestito esternamente da una tonaca sierosa, chiamata
epicardio. La tonaca sierosa è costituita a sua volta da un epitelio e da
tessuto connettivo lasso a diretto contatto con il muscolo striato che
forma il miocardio.
Il miocardio è rivestito internamente da endocardio, costituito da
tessuto connettivo lasso a contatto con il tessuto muscolare e da un
epitelio di cellule pavimentose (un endotelio) in continuità con
l’endotelio dei vasi sanguigni che si dipartono dal cuore.

CARDIOCITI Il tessuto muscolare cardiaco è costituito da cellule muscolari striate


cardiache, chiamate cardiociti. Sono cellule striate perché i mio lamenti
sono organizzati in sarcomeri che si evidenziano nella bandeggiatura
trasversale al microscopio ottico.
A differenza delle bre muscolari striate scheletriche che sono sincizi
plurinucleati, sono cellule singole mononucleate o al massimo binucleate
Il nucleo è in posizione centrale e le mio brille si dispongono nella
restante parte di citoplasma. La cellula all’esterno è rivestita da un
tessuto connettivo reticolare, fondamentale per la vascolarizzazione
Le cellule muscolari cardiache sono brose, con forma cilindrica
allungata e con biforcazioni alle estremità. Le biforcazioni rappresentano
i punti di contatto con i cardiociti contigui. A livello delle biforcazioni
troviamo particolari giunzioni, chiamate dischi intercalari o strie
scalariformi per l’aspetto al TEM. I dischi intercalari sono la
caratteristica distintiva del miocardio e fungono da punti di connessione
meccanica e funzionale tra i cardiociti. Sebbene i cardiociti non siano
sincizi strutturali, possono essere considerati sincizi funzionali perché
sono connessi funzionalmente da giunzioni GAP
Sono particolarmente ricchi di mitocondri, disposti in le tra le
mio brille, di mioglobina (che il ruolo di legare ossigeno e di costituire
una riserva di tale gas per ricavare energia in forma di ATP tramite
respirazione cellulare: metabolismo aerobico) e granuli di glicogeno e
trigliceridi come riserve energetiche.
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R E T I C O L O Come nelle bre muscolari scheletriche, il sarcolemma si intro ette


S A RC O P L A S M AT I C O e all’interno del cardiocita a formare tubuli T. I tubuli T hanno un diametro
TUBULI T maggiore dei tubuli T del tessuto muscolare scheletrico e decorrono in
corrispondenza delle linee Z (mentre nel tessuto muscolare scheletrico
scorrono al limite tra la banda I e A)
Nel cardiocita troviamo un reticolo sarcoplasmatico ben sviluppato, ma
senza cisterne nestrate. Il reticolo è un compartimento più tubulare e
i tubuli in corrispondenza dei tubuli T si dilatano, avvicinandosi alla
membrana del tubulo. La membrana del tubulo T e la piccola cisterna
de r ivata dalla dilatazio n e del tubu lo a diacente del reticolo
sarcomplasmatico costituiscono la diade.

DISCHI INTERCALARI I dischi intercalari sono complesse giunzioni tra cardiociti che ne
consentono la distinzione istologica.
I dischi intercalari presentano
- Tratti a decorso trasversale che connettono le biforcazioni di
cardiociti contigui mediante desmosomi, giunzioni di ancoraggio
connesse ai lamenti intermedi e resistenti agli stress meccanici. I
desmosomi tengono uniti i cardiociti durante la fase di contrazione
muscolare. Al microscopio i dischi intercalari appaiono come linee più
scure della normale bandeggiatura trasversale per la densità di
proteine nel desmosoma.
- Tratti a decorso longitudinale con giunzioni GAP (connessoni) che
facilitano l’accoppiamento elettrico dei cardiomiociti adiacenti. Il
tessuto muscolare cardiaco è un sincizio funzionale perché i citosol dei
cardiociti sono connessi tra di loro per mezzo di connessoni che
permettono il passaggio di svariate sostante (tra cui ioni sodio e ioni
calcio rilasciati dal reticolo sarcoplasmatico). L’accoppiamento elettrico
determina la contrazione sincrona di tutti i cardiociti del tessuto
muscolare.

Cellule del PACEMAKER I potenziali di azione per la contrazione dei cardiociti insorgono
spontaneamente e ritmicamente in alcune cellule cardiache modi cate, le
cellule pacemaker o cellule autoritmiche, localizzate a livello dell’atrio
destro (nel nodo senoatriale e atrioventricolare), che fanno parte del
sistema di conduzione del cuore. Il fascio di His consente la
trasmissione dell’impulso e della frequenza di contrazione alle varie
zone del cuore. Tra i cardiociti c’è abbondante tessuto connettivo (a
livello del nodo senoatriale questo è innervato dal sistema nervoso
autonomo che regola solo la frequenza cardiaca).

C O N T R A Z I O N E D E L L A Il meccanismo di contrazione è analogo a quello della cellula muscolare


C E L LU L A MU S C O L A R E scheletrica. Tuttavia, i recettori-canale sul reticolo sarcoplasmatico sono
CARDIACA canali a controllo di ligando calcio dipendenti: si aprono non per
modi cazioni conformazionali dei canali voltaggio dipendenti per il calcio si
sarcolemma, ma per il legame con il calcio entrato nel citosol.
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TESSUTO MUSCOLARE Le cellule non presentano la bandeggiatura trasversale tipica delle cellule
LISCIO m u scolar i sc heletr ic he e del car dio cita p e rc hé n o n hann o
un’organizzazione in sarcomeri.
La muscolatura liscia è involontaria ed è localizzata nella parete dei vasi
sanguigni e degli organi cavi viscerali. Negli organi cavi viscerali forma
la tonaca muscolare. La muscolatura liscia costituisce anche la muscolatura
dell’iride e del muscolo erettore del pelo che provoca la pelle d’oca
Il muscolo involontario è monitorato dal centro vasomotore del midollo
allungato del SNC e di altri centri regolatori del SNC. Il controllo è
prevalentemente operato dal sistema nervoso autonomo.

FIBROCELLULE Le brocellule o bre muscolari lisce sono elementi lunghi e fusiformi,


mononucleati con la parte centrale più spessa/allargata e contenente il
nucleo e le estremità assottigliate. Presentano molte giunzioni
comunicanti e diverse invaginazioni sulla membrana plasmatica, le
caveole.
Le brocellule sono molto vicine tra di loro e separate da una piccola
lamina di tessuto connettivo. Molto spesso sono talmente a ridosso tra di
loro che le loro membrane sono quasi fuse a livello di giunzioni
comunicanti. Anche il muscolo liscio può de nirsi un sincizio funzionale
per la comunicazione metabolica tra le varie cellule
La struttura della bracellula è molto diversa da quelle scheletriche e dei
cardiociti, ma, essendo una cellula contrattile, è piena di lamenti
contrattili ( lamenti spessi di miosina e lamenti sottili di actina). I
lamenti di actina non sono legati alle linee zeta, ma ai CORPI DENSI
costituiti dalla proteina alfa-actinina (analoghi alla linea Z dei tessuti
muscolari striati). I corpi densi citoplasmatici sono siti di ancoraggio anche
per una rete di lamenti intermedi di desmina (più raramente
vimentina) che dà sostegno strutturale alla cellula e ai mio lamenti
contrattili. Sulla super cie interna della membrana plasmatica sono
presenti PLACCHE DENSE formate da proteine citoscheletriche (talina e
vincolina) che permettono l’attacco dei lamenti sottili provenienti dai
corpi densi.
I lamenti di actina si sviluppano in modo incrociato, allineati
obliquamente all’asse longitudinale della cellula.

C O N T R A Z I O N E D E L L E La contrazione è indotta dal rilascio di neurotrasmettitori (adrenalina e


FIBROCELLULE noradrenalina), mediatori locali o ormoni ed è lenta e prolungata nel
tempo. I lamenti sottili e spessi slittano reciprocamente grazie alla
tensione esercitata sui corpi densi che viene trasmessa alla membrana
plasmatica. La cellula in contrazione diventa più corta e quasi
tondeggiante
La contrazione inizia in seguito al legame di calcio con la calmudulina,
proteina che si sostituisce alla troponina e che, legando calcio, scatena
una serie di eventi a cascata che culminano nella contrazione muscolare.
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La muscolatura liscia negli Nella tonaca muscolare degli ORGANI CAVI il tessuto muscolare liscio si
ORGANI CAVI organizza in due lamine, dette tonache muscolari, una disposta
longitudinalmente (MUSCOLATURA LONGITUDINALE, più esterna e in
cui le bre muscolari sono disposte longitudinalmente rispetto all’asse
dell’organo) e l’altra trasversalmente rispetto all’asse dell’organo
(MUSCOLATURA CIRCOLARE). Nell’intestino, le contrazioni coordinate
delle due tonache muscolari provocano il restringimento del lume
dell’organo, che si propaga verso l’estremità terminale in una serie di
onde peristaltiche, atte a far progredire il contenuto intestinale
La tonaca circolare provoca contraendosi il restringimento del lume
dell’organo mentre quella longitudinale provoca un accorciamento di
quella zona dell’organo
Se si compie una sezione trasversale dell’intestino, si vede la sezione
longitudinale della tonaca trasversale e trasversale della tonaca
longitudinale.
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