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Progettare in zona sismica
Indice
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Progettare in zona sismica
Trattazione analitica...................................................................................................... 74
Considerazioni .............................................................................................................. 75
Oscillazioni libere smorzate ............................................................................................... 76
Descrizione dello schema .............................................................................................. 76
Carico istantaneo - Telaio smorzato ............................................................................... 76
Descrizione del fenomeno fisico ..................................................................................... 76
Trattazione analitica...................................................................................................... 77
Confronto tra le risposte ................................................................................................... 78
Oscillazioni forzate ...........................................................................................................78
Carico permanente - intensità variabile .......................................................................... 79
Descrizione del fenomeno fisico ..................................................................................... 79
Trattazione analitica...................................................................................................... 79
Considerazioni .............................................................................................................. 81
Oscillazioni forzate con eccitazione “random” ..................................................................... 81
Descrizione dello schema .............................................................................................. 81
Descrizione del fenomeno fisico ..................................................................................... 82
Trattazione analitica...................................................................................................... 82
Considerazioni .............................................................................................................. 82
PROGETTARE IN ZONA SISMICA - 8 ........................................................................................ 83
Lo spettro di risposta .............................................................................................................. 84
43. Eccitazione per spostamento del sostegno............................................................................ 84
Descrizione dello schema .............................................................................................. 84
Spostamento variabile al piede ...................................................................................... 84
Trattazione analitica...................................................................................................... 84
44. Risposta sismica dell’oscillatore semplice ............................................................................. 85
45. Lo spettro elastico .................................................................................................................. 86
Zona 1: as=at ............................................................................................................... 87
Zona 2: as>at ............................................................................................................... 87
Zona 3: as<at ............................................................................................................... 87
Forze sismiche .............................................................................................................. 87
Costruzione dello spettro elastico ...................................................................................... 87
46. Come si usa lo spettro di riposta............................................................................................ 90
ESEMPIO...................................................................................................................... 90
PROGETTARE IN ZONA SISMICA - 9 ........................................................................................ 92
Dinamica delle strutture a più gradi di libertà............................................................................ 93
47. Schemi strutturali ................................................................................................................... 93
Principali caratteristiche di strutture con elevata deformabilità a taglio (Shear type).......... 93
Principali caratteristiche di strutture con elevata deformabilità flessionale (Bending type) .. 94
Le forme modali............................................................................................................... 94
48. Vibrazione libera di una struttura a più gradi di libertà ........................................................... 95
Equazione del moto.......................................................................................................... 96
Soluzione: da sistema di equazioni differenziali a sistema lineare ........................................ 97
Proprietà ortogonale dei modi normali ............................................................................... 98
49. Vibrazioni forzate di una struttura a più gradi di libertà .......................................................... 99
Spostamenti del terreno ................................................................................................. 100
La combinazione dei modi............................................................................................... 101
Lo spettro di risposta ............................................................................................................ 102
50. Spettro di risposta elastico orizzontale (punto 3.2.3) ........................................................... 102
Considerazioni sugli spettri di risposta .......................................................................... 105
51. Spettro di risposta elastico per spostamento (punto 3.2.3).................................................. 105
52. Spettro di risposta elastico verticale (punto 3.2.3) ............................................................... 105
53. Spettri di progetto per Stato Limite Ultimo (SLU) ................................................................. 106
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
In questo capitolo è sinteticamente descritto il fenomeno sismico, attraverso gli aspetti più rilevanti
(da cosa è originato, come si manifesta, come si misura, la pericolosità e le proposte
dell’ingegneria sismica per contrastarne gli effetti).
Restando fisso l’obiettivo di illustrare l’applicazione pratica della normativa sismica, è importante
analizzare le ragioni che sono alla base delle scelte e delle prescrizioni riportate dalla normativa.
2. Le onde sismiche
Il terremoto si manifesta attraverso rapidi movimenti del terreno, con caratteristiche ondulatorie.
Le onde sismiche sono di tipo meccanico in quanto avvengono alla presenza di materia e si
propagano a causa delle proprietà elastiche del mezzo.
Perturbandosi la condizione di equilibrio si generano oscillazioni che si muovono tra i vari strati
terrestri.
Onde Di Volume:
Si generano nell'ipocentro e si suddividono secondo il movimento delle particelle rispetto alla
direzione di propagazione delle onde stesse in:
Onde P (longitudinali)
Le onde di tipo P (da primae), sono dotate di grande velocità (4 - 8 Km / sec).
Il movimento trasmesso dall'onda alle particelle materiali, avviene nella stessa direzione di
propagazione dell'onda (come per le onde sonore).
Si manifestano variazioni di volume ed il mezzo è soggetto a compressioni e dilatazioni.
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Onde S (trasversali)
Le onde di tipo s (da secundae) sono meno veloci delle onde P (2,3 – 4,6 Km / sec). Sono dette
onde trasversali, cioè di torsione, capaci di imprimere alle particelle incontrate vibrazioni in
direzione ortogonale a quella di propagazione dell'onda.
Questo tipo di onda è molto attenuata nei mezzi poco rigidi, fino a scomparire totalmente nei
mezzi fluidi.
Danno luogo a variazioni di forma.
Dalle differenti velocità delle onde P e S è possibile ricavare la distanza dell’ipocentro dal punto in
cui è rilevato il sismogramma di un terremoto.
Queste onde si possono riflettere sulla superficie terrestre, generando onde di entrambi i tipi. Le
onde P danno luogo a riflessioni di compressione PP e di taglio, PS, così come le onde S danno
luogo a onde SP e SS.
Onde Di Superficie
Al passaggio delle onde sismiche P e S attraverso la superficie di separazione di strati di roccia
aventi diverse caratteristiche fisiche, si generano onde superficiali che si propagano in due
dimensioni.
Onde R (di Rayleigh)
Giacciono in un piano verticale combinando due movimenti (verticale ed orizzontale) nella
direzione di propagazione dell'onda.
Non presentano dispersione e la loro velocità è pari a 0,92 volte la velocità delle onde S.
L'ampiezza dell'onda si smorza rapidamente con la profondità.
Onde di LOVE
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Giacciono in un piano orizzontale e sono generate in una superficie di discontinuità tra due strati
quando la velocità delle onde trasversali nello strato inferiore è maggiore di quella nello strato
superiore. La vibrazione delle particelle avviene in due direzioni orizzontali ortogonali tra loro.
3. La classificazione sismica
Per definire in modo completo un terremoto è necessario determinare le coordinate dell’ipocentro
e l'energia liberata.
Per molti anni si è cercato di dedurre quest'ultimo parametro in base agli effetti prodotti su
manufatti e persone.
Questo criterio però è largamente inadeguato perché gli effetti prodotti da un terremoto
dipendono da diversi fattori (profondità ipocentrale, distribuzione della popolazione, caratteristiche
geologiche locali, tipo di costruzioni ecc.).
Attualmente, per misurare i terremoti, si utilizzano due tipi di scale: scala Richter (misura la
Magnitudo o Energia del terremoto) e Scala Mercalli (misura l'intensità del terremoto e si basa
sugli effetti macrosismici).
La scala Richter, è stata introdotta nel 1935 dal sismologo C. Richter e serve a definire la
magnitudo esprimendo l’energia liberata dal sisma per terremoti con ipocentro non oltre 30 km.
La formula che definisce tale scala è:
M 1 = (log A 1 − log A 0 ) ∆ = cos t
essendo M 1 la magnitudo, A0 l’ampiezza del terremoto di riferimento, A1 l’ampiezza del
terremoto che si considera, ∆ la distanza dall’epicentro.
Il terremoto di riferimento dà luogo ad un segnale con ampiezza massima A=0.001 mm sul
sismometro standard di Wood Anderson posto ad una distanza ∆ = 100 km dall’epicentro.
In questa definizione, la magnitudo si calcola in base al valore dell'ampiezza massima ottenuta in
una registrazione, qualunque sia il tipo di onda (P, S o superficiale) al quale essa si riferisce.
Le magnitudo massime nel territorio italiano non superano il valore di M=7.5 circa; è sufficiente
quindi la misura di Richter per la classificazione dei nostri sismi.
Al crescere della magnitudo di un terremoto cresce l’energia liberata e la relazione proposta da
Richter fornisce l’espressione seguente:
log W = 118
. + 15
. M
essendo M la magnitudo e W l’energia liberata in ergs.
La scala del magnitudo è logaritmica, per questo un aumento di un’unità nella magnitudo
corrisponde a un aumento di un fattore 10 nell'ampiezza del movimento del terreno, e, ad una
liberazione di energia circa 30 volte maggiore. Un terremoto di magnitudo 8 è 100 volte più forte
di uno di magnitudo 6, e libera una quantità di energia circa 900 volte maggiore.
Sono state proposte altre definizioni più generali, valide non solo localmente, basate sullo studio
delle onde superficiali.
Le definizioni più usate provengono da Gutemberg e Richter, nella quale la magnitudo (Ms) è
determinata in base al valore in micron, della massima ampiezza del movimento del suolo prodotto
da onde R di periodo uguale a 20 sec:
Ms = log A + a f(D,h) + b
in cui:
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La scala Mercalli misura l'intensità del terremoto basandosi su effetti macrosismici (danni a
persone e manufatti) ed è quindi una misura molto imprecisa, perché i danni rilevati dipendono
anche dalle caratteristiche delle strutture, dalla densità abitativa, dall'importanza artistica di
determinati edifici e da altre variabili indipendenti dal terremoto stesso.
Le zone che hanno riportato gli stessi danni, vengono racchiuse da delle linee dette isosiste.
Ad ogni isosista corrisponde un grado di intensità, dipendente dagli effetti prodotti dal terremoto
all'interno dell'area racchiusa dall'isosista stessa.
L'intensità massima, si avrà in corrispondenza dell'epicentro e poi man mano che ci si allontana
dall'epicentro, avremo delle intensità via via minori.
I gradi d'intensità, vengono attribuiti alle varie zone, sulla base di una scala, nella quale vengono
riportati i gradi ed i relativi effetti.
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danni minimi agli edifici di buona fattura; danni considerevoli agli altri; onde nei laghi e negli
stagni.
VIII Disturba la guida di autoveicoli; la struttura degli edifici è interessata fino alle fondamenta,
muri di separazione abbattuti; i camini vibrano o cadono; danni lievi solo alle costruzioni
antisismiche; i mobili pesanti vengono rovesciati.
IX Panico generale; danni considerevoli anche alle costruzioni antisismiche; caduta di edifici; danni
seri ai bacini ed alle tubazioni sotterranee; ampie fratture nel terreno.
X La maggior parte delle opere in muratura è distrutta, compresi anche gli edifici antisismici; rotaie
deformate debolmente; grandi frane.
XI Poche case rimangono in piedi; i ponti distrutti; ampie fessure nel terreno; rotaie fortemente
piegate.
XII Distruzione totale; gli oggetti sono addirittura proiettati in aria.
4. Il rischio sismico
Pericolosità sismica
La pericolosità sismica è qualunque effetto fisico diretto (ad es. movimento rapido del suolo) o
indotto (ad es. instabilità dei versanti), capace di causare perdite sulle attività umane.
Nella OPCM 3274, come per l’Eurocodice 8, si assume come pericolosità di riferimento il valore
dell’accelerazione orizzontale su suolo rigido (PGA) che ha probabilità di superamento pari al 10%
in 50 anni (cioè con periodo di ritorno di 475 anni).
Rischio sismico
Il rischio sismico indica genericamente le perdite attese (vittime e danni diretti, ma anche danni
indiretti) per effetto dei terremoti.
Il rischio sismico è dunque legato alla probabilità che si verifichi un evento sismico di date
caratteristiche, e al danno che tale evento può arrecare.
In senso probabilistico, esso definisce la probabilità che un livello prefissato di perdite causate da
terremoti sia superato entro un dato periodo di tempo in un sito, insieme di siti oppure un area.
Si noti che, per effetto di questa definizione il rischio è cumulativo, vale a dire mette in conto le
perdite complessive generate da terremoti diversi, eventualmente riportate su base annua.
Per quanto riguarda il danno, è necessario distinguere il danno alle persone e il danno alle
strutture.
Attualmente si ritiene di imporre due diverse condizioni di progetto:
Le strutture devono possedere sufficienti riserve di resistenza, oltre il limite elastico, per
sopportare le azioni di un terremoto di grande intensità senza giungere al collasso.
Questa condizione si riferisce alla salvaguardia della vita umana.
Le strutture devono essere progettate in modo da poter sopportare in regime elastico le
sollecitazioni indotte da terremoti la cui intensità corrisponde, con riferimento alle caratteristiche
sismiche della zona in esame, ad un periodo di ritorno dell'ordine della vita nominale della struttura
(si assume in generale per gli edifici normali per abitazioni un tempo di ritorno dell'ordine di 100
anni), quindi di intensità minore rispetto a quanto indicato al punto precedente.
Questa condizione tende soprattutto a limitare i danni per le costruzioni.
Pericolosità: dipende da intensità e frequenza dei terremoti, che non si possono modificare, né
realizzare previsioni.
La conoscenza della pericolosità porta però a calibrare gli interventi, adottando criteri per la
classificazione sismica in modo coerente con le norme tecniche.
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Vulnerabilità: è possibile ridurre il danno atteso alle costruzioni ed agli impianti migliorando le
caratteristiche strutturali e non strutturali. Gli interventi previsti sono correlati alla pericolosità e
alle prestazioni attese, in particolare le norme tecniche tengono conto della classificazione avendo
chiari gli obiettivi di sicurezza da raggiungere.
Esposizione: la conoscenza del grado di esposizione sismica del territorio e quindi i possibili danni
al patrimonio abitativo e alle popolazioni sono fattori importanti per interventi di edificazione e
programmazione territoriale. Inoltre è necessario distinguere le opere strategiche e rilevanti (per
afflusso di persone) per le quali sono richiesti livelli di sicurezza coerenti con la funzione (ad es.
ospedali, caserme, ecc.). In particolare per gli edifici esistenti sono previste campagne di controllo
e mappatura del livello di sicurezza in funzione di futuri interventi.
“ELENCO A: STRATEGICI
1. Edifici in tutto o in parte ospitanti funzione di comando, supervisione e controllo, sale operative,
strutture ed impianti di trasmissione, banche dati, strutture di supporto logistico per il personale
operativo (alloggiamenti e vettovagliamento), strutture adibite all’attività logistica di supporto alle
operazioni di protezione civile (stoccaggio, movimentazione, trasporto), strutture per l’assistenza e
l’informazione alla popolazione, strutture e presidi ospedalieri, il cui utilizzo abbia luogo da parte
dei seguenti soggetti istituzionali:
Organismi governativi; Uffici Territoriali di Governo; Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco; Forze
Armate; Forze di Polizia; Corpo Forestale dello Stato; Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per
i Servizi Tecnici; Registro Italiano Dighe; Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia; Consiglio
Nazionale delle Ricerche; Croce Rossa Italiana; Corpo Nazionale Soccorso Alpino; Ente Nazionale
per le strade e Società di gestione autostradale; Rete Ferroviaria Italiana; Gestore della Rete di
Trasmissione Nazionale, Proprietari della Rete di Trasmissione Nazionale, delle Reti di Distribuzione
e di impianti rilevanti di produzione di energia elettrica; Associazione di volontariato di protezione
civile operative in più Regioni.
ELENCO A: STRATEGICI
2. Opere infrastrutturali
Autostrade, strade statali e opere d’erte annesse;
Stazioni aeroportuali, eliporti, porti e stazioni marittime previste nei piani di emergenza, nonché
impianti classificati come grandi stazioni;
Strutture connesse con il funzionamento di acquedotti interregionali, la produzione, il trasporto e la
distribuzione di energia elettrica fino ad impianti di media tensione, la produzione, il trasporto e la
distribuzione di materiali combustibili (quali oleodotti, gasdotti, etc…), il funzionamento di servizi di
comunicazione a diffusione nazionale (radio, telefonia fissa e mobile, televisione).
ELENCO B: RILEVANTI
1. Edifici
Edifici pubblici o comunque destinati allo svolgimento di funzioni pubbliche nell’ambito dei quali
siano normalmente presenti comunità di dimensioni significative, nonché edifici e strutture aperti al
pubblico suscettibili di grande affollamento, il cui collasso può comportare gravi conseguenze in
termini di perdite di vite umane;
Strutture il cui collasso può comportare gravi conseguenze in termini di danni ambientali (quali ad
esempio impianti a rischio di incidente rilevante ai sensi del D.P.R. 18 maggio 1988, n. 175 e
successive modifiche ed integrazioni, impianti nucleari di cui al decreto legislativo 17 marzo 1995,
n. 230 e successive modifiche ed integrazioni);
Edifici il cui collasso può determinare danni significativi al patrimonio storico, artistico e culturale
(quali ad esempio musei, biblioteche, chiese)
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2. Opere infrastrutturali
Opere d’arte relative al sistema di grande viabilità stradale e ferroviaria, il cui collasso può
determinare gravi conseguenze in termini di perdite di vite umane, ovvero interruzioni prolungate
del traffico; Grandi dighe.”
Per questi edifici quindi, anche in zona 4, è necessario realizzare il progetto antisismico.
È utile ricordare che il livello di protezione al danno sismico è definito sulla base di una scelta
“politica”: attraverso la zonazione, in pratica la definizione delle zone soggette a verifica sismica, la
PGA, cioè l’accelerazione al suolo imposta per ogni zona, la destinazione d’uso, si definisce dove e
quanto intensa è l’azione sismica di progetto. Ovviamente estendere o ridurre questi parametri
significa ridurre o aumentare il rischio sismico.
Come si vedrà meglio in seguito questi criteri rappresentano i pilastri della OPCM 3274.
Per quanto riguarda la zonazione si riporta l’attuale mappa sismica italiana, in confronto alla
precedente e ad una nuova ipotesi presentata ad aprile 2004.
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Per quanto riguarda l’accelerazione al suolo (PGA) sono previsti i seguenti valori per ogni zona:
Zona Valore di ag
1 0,35
2 0,25
3 0,15
4 0,05
La OPCM 4374 conferisce alle Regioni la possibilità di aumentare o ridurre di un livello i comuni di
appartenenza, mentre per la zona 4 resta facoltà di applicare o meno la verifica sismica.
Per questo le Regioni italiane hanno deliberato in merito (ed in modo difforme tra di loro).
Alcune, come Piemonte e Lombardia, non hanno reso obbligatorio la progettazione antisismica,
altre, come la Regione Liguria hanno imposto tale analisi.
Per maggiori dettagli è necessario esaminare le singole delibere regionali.
Restano comunque soggette a verifica sismica gli “ (art. 2 comma 3) …edifici di interesse
strategico e delle opere infrastrutturali la cui funzionalità durante gli eventi sismici assume rilievo
fondamentale per le finalità di protezione civile, sia degli edifici e delle opere infrastrutturali che
possono assumere rilevanza in relazione alle conseguenze di un eventuale collasso…” sia di
proprietà pubblica che privata.
Quindi, per esempio, i centri commerciali, locali di ritrovo, ecc. sono soggetti a progettazione
antisismica anche se in zona 4.
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Note quindi le caratteristiche della struttura (geometria delle sezioni, lunghezze degli elementi,
materiali e vincoli) si può esaminare il comportamento statico, modellando la struttura in modo
compiuto ed ottenendo le grandezze in gioco, comprese le sollecitazioni in ogni punto della
struttura.
Le onde sismiche, illustrate nella parte precedente, si manifestano tramite lo spostamento del
terreno con relativa velocità ed accelerazione, sia verticale sia orizzontale.
Nella figura seguente è illustrato solo l’effetto di accelerazione orizzontale, perché l’accelerazione
verticale è in genere trascurata nel calcolo sismico.
Il suo effetto è assimilabile ad una quota parte del carico verticale utilizzato per il progetto della
struttura.
L’accelerazione verticale del terreno varia da 0,05 - 0,4 g e corrisponde ad una variazione del
carico verticale verso l’alto o il basso pari ad un valore compreso tra il 5% ed il 40%.
Considerando pari a 3 il coefficiente di sicurezza globale della struttura, questa variazione non
induce un aggravio particolarmente pesante e quindi in genere è trascurata.
Può essere presa in considerazioni in casi particolari, per esempio nel caso di elementi senza
sostegno diretto in fondazione, come pilastri o travi in falso e per elementi orizzontali di luce
superiore a 20 m.
In questo caso è necessario tenere in conto anche la componente verticale, in modo simile alla
componente orizzontale.
In ogni caso l’effetto è di produrre un movimento alla struttura, misurato anch’esso in termini di
spostamento, velocità ed accelerazione; il tutto con variazione nel tempo, e con valori
assolutamente casuali.
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Rispetto quindi alla struttura soggetta a soli carichi verticali, si manifestano altre due entità da
esaminare: l’effetto dell’azione dinamica, visualizzato con le forze orizzontali 3) e la dissipazione 4)
che la struttura è in grado di realizzare.
Per il principio di D’Alembert le forze dinamiche sono pari alla massa della struttura per la sua
accelerazione.
È importante rilevare alcuni aspetti di grande importanza che hanno ripercussione in tutta l’analisi
sismica:
1. Le forze dinamiche sono del tutto convenzionali, non hanno in altre parole un riscontro
fisico. Non si tratta di un carico effettivo, come potrebbe essere il vento o un’altra azione
orizzontale. Sono entità poste solo per convenzione matematica ed anzi sono prodotte dalla
struttura stessa, nel senso che sono le caratteristiche di massa e rigidezza della struttura a
determinarne l’entità.
2. Si può quindi affermare che, in un certo senso, è il progettista a definire le azioni sismiche,
perché sono calcolate in base alla distribuzione delle rigidezze, alla tipologia dell’edificio ed
altri parametri legati alla duttilità strutturale. Ovviamente il dato di partenza è la PGA, vale
a dire l’accelerazione al suolo. La struttura funziona quindi da filtro, caricandosi secondo le
proprie caratteristiche fisico-meccaniche.
3. La dissipazione effettuata dalle strutture è un potente strumento in grado di mitigare le
azioni orizzontali.
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dove:
EI = energia in ingresso (originata dal sisma)
Energia di tipo conservativo (si manifesta un travaso tra le due entità a causa del movimento
della struttura e della deformazione elastica: la somma totale è costante nel tempo)
EP= energia potenziale elastica (accumulata nella struttura a causa della deformazione)
EC= energia cinetica (dovuta al movimento della struttura e scambiata con la EP)
Energia di tipo non conservativo (l’energia è in parte dispersa a causa della sua
trasformazione in calore, rumore e per fenomeni isteretici)
Ev= energia dissipata – viscosità (l’energia è dissipata a causa degli attriti generatisi durante il
movimento delle fondazioni e la struttura e tra gli elementi non strutturali)
Em= energia dissipata – isteresi (l’energia è dissipata a causa della deformazione plastica
della struttura, con decadimento della capacità portante delle sue componenti)
Si nota inoltre che maggiore è la quantità di energia dissipata, minore è la quantità di energia di
competenza della quota conservativa.
Durante la fase di picco il sisma apporta una gran quantità di energia che sarà suddivisa tra le
varie forme.
Inizialmente l’energia dispersa sarà minima, in seguito si potranno verificare fenomeni di
decadimento della portanza strutturale, e se la struttura manifesta capacità dissipativa, EP e EC si
riducono.
Questo ad una condizione: che la struttura sia dotata di buona duttilità.
In caso contrario si potrebbe verificare il collasso dovuto a rottura improvvisa di qualche
componente strutturale.
Le strutture soggette a soli carichi verticali, di solito sono calcolate disaccoppiando gli elementi
strutturali.
Per esempio, il solaio della figura trasmette i carichi alla trave di bordo, la quale scarica sui pilastri.
In questo caso il muro a destra risentirà marginalmente di questo carico, e questo consente di
“scollegare” i singoli elementi trattandoli in modo separato.
Tipici esempi sono le travi continue ed i pilastri calcolati con solo carico assiale.
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Viceversa l’effetto sismico attiva la massa attraverso la forza d’inerzia relativa; questo induce
l’analisi spaziale della struttura, perché l’interazione reciproca è totale.
Solo in pochissimi casi, dotati di regolarità ben definita dalla normativa, è possibile ricondursi ad
una situazione piana, mai alla trave singola o continua.
Il comportamento strutturale
Dopo aver esaminato l’origine ed il modo di manifestarsi di un evento sismico esaminiamo come si
comportano le strutture soggette al terremoto.
Occorre prima di tutto sottolineare la caratteristica particolare del sisma visto come condizione di
carico, relativamente ai carichi di solito gravanti sulle strutture:
Dall’esame di queste caratteristiche si evince quanto preponderante sia l’aleatorietà nel caso
sismico e quanto le grandezze in gioco si differenziano rispetto alla progettazione non sismica.
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Per questo l’ingegneria sismica ha escogitato nuove strategie, al fine di ottenere ragionevoli livelli
di sicurezza, mantenendo accettabile il costo di costruzione.
6. Il performance-based design
Il performance-based design è la logica ispiratrice della OPCM 3274 e questa metodologia si può
tradurre come “Progettazione basata sulla richiesta di prestazioni strutturali”, indicando come fine
ultimo il rispetto di standard prestazionali predefiniti in funzione del tipo di terremoto e del rischio
sismico di riferimento.
L’ottica è concentrata sul reale comportamento strutturale, tenendo in conto l’evoluzione oltre la
fase elastica, su come la struttura si deve comportare (quindi sui benefici attesi) in base alle
ipotesi di sisma previste.
È di grande importanza l’ottica alla “prestazione”, da cui derivano le cosiddette normative di tipo
prestazionale, di cui fanno parte tutti gli Eurocodici, e la OPCM 3274, derivata appunto da EC8.
Si tratta di un’impostazione non nuova anche per il tecnico italiano: iniziando a richiedere la
resistenza caratteristica del calcestruzzo in alternativa ad indicazioni sui dosaggi di materiali, si è
lasciata libertà al produttore del materiale che è maggiormente responsabilizzato, richiedendo
invece una prestazione relativa alla resistenza media garantita, da cui trarre certezze per i calcoli;
l’ottica è quindi rivolta ai risultati ed alle attese.
Per comprendere meglio questa metodologia è necessario porre alcune premesse, da cui ne
scaturiscono dirette conseguenze di carattere operativo (e normativo).
Come si può vedere, prendendo come parametro lo spostamento laterale ed il taglio alla base, ad
un aumento dello spostamento, corrisponde inizialmente un livello di taglio crescente e il
comportamento della struttura resta in fase elastica, situazione tipica in caso non sismico.
Aumentando lo spostamento si ha il superamento della fase elastica e l’inizio del danneggiamento.
Da questo momento in avanti l’operatività si riduce, mantenendosi ancora la possibilità di riparare
la struttura a causa dei danni subiti.
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3. Come già visto, ad eventi sismici di intensità maggiore corrisponde una probabilità minore
di accadimento, occorre quindi fissare i livelli di probabilità della prestazione che saranno
diversi in funzione del diverso livello di protezione sismica richiesta. In pratica una bassa
intensità sismica ha una maggiore probabilità di accadimento: sarà quindi più facile che la
struttura sia impegnata nel garantire la prestazione di riparabilità.
Diventa accettabile invece, proprio per la bassa probabilità di accadimento di un sisma di
elevata intensità, che si possa raggiungere il livello limite di salvaguardia della vita umana,
ovviamente da non superare.
4. Per questo le prestazioni considerate devono prendere in conto non solo di fattori di tipo
tecnico, ma considerare anche livelli prestazionali di tipo socio-economico. Si tratta di
armonizzare istanze di tipo etico, tecnico ed economico.
In questo senso la progettazione sismica diventa sempre più vicina alla progettazione
automobilistica: nessuno pretendere che un’automobile andando a sbattere contro un muro
a 100 km/h non subisca danni; l’importante è che si salvi il guidatore. Mentre si richiede
che superando un piccolo ostacolo non si subiscano danni, cioè la struttura si mantenga in
fase elastica, al limite sia comunque riparabile.
Se invece si richiedesse il mantenimento della condizione elastica in qualsiasi fase, sarebbe
necessario usare mezzi dotati di grandissima resistenza (carri armati?) in grado di
soddisfare qualsiasi esigenza.
Tradotto tutto questo in termini economici significa un notevole aumento di costi, a fronte
di eventi che potrebbero anche non succedere durante il periodo di vita della struttura;
l’accettazione di danni strutturali per eventi sismici deriva da queste considerazioni.
5. Il calcolo secondo le tensioni ammissibili (TA) si basa sul confronto delle sollecitazioni che
nelle varie sezioni della struttura si sviluppano per via di un terremoto di progetto, con le
sollecitazioni massime ammissibili dai materiali che le compongono. Non fornisce quindi
informazioni relativamente al superamento della fase elastica, che abbiamo visto essere
assai probabili nell’evoluzione del comportamento strutturale. Inoltre l’analisi degli
spostamenti costituisce una verifica successiva.
Il metodo PBD (Performance-Based Design), inverte il processo di progettazione: gli
spostamenti sono il parametro primario di controllo per gli edifici in base ai valori attesi dal
sisma, in funzione della sua intensità.
Si tratta quindi di uno strumento più aderente alla realtà, in grado di cogliere aspetti
significativi del comportamento strutturale, in particolar modo per la situazione sismica che
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Progettare in zona sismica
6. Per ogni tipologia costruttiva diventa quindi necessario analizzare l’effettivo comportamento
superata la fase elastica, e pur in uno sforzo di generalizzazione, tenere in conto le
caratteristiche proprie di ogni modalità costruttiva (cls. armato, acciaio, strutture miste,
muratura, legno, ecc.).
Per questo la normativa, come si vedrà meglio in seguito, illustra nei primi capitoli i principi
generali di progettazione, e in appositi capitoli le specifiche per ogni tipo di costruzione.
La duttilità
Per quanto sopra è necessario quindi esaminare una caratteristica importante nel calcolo sismico:
la duttilità, in altre parole la capacita di mantenere una buona resistenza anche al superamento
della fase elastica.
L’immagine sopra riporta il tipico andamento di una struttura fragile, che raggiunge il collasso al
termine della fase elastica.
Si fa notare che il concetto di duttilità, definita sin’ora in modo qualitativo, ha una precisa
valutazione numerica e la definizione è riportata nella figura.
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Progettare in zona sismica
La duttilità µ è quindi il rapporto tra la deformazione a rottura e la deformazione al limite della fase
elastica.
Ovviamente si tratta di una forma ideale, perché il comportamento dei materiali è in genere non
cosi schematico, come nel caso dell’acciaio.
La duttilità si manifesta in diversi modi, a livello di materiale (ad esempio il cls., che
convenzionalmente ha la rottura al 0,35% ha minore duttilità rispetto all’acciaio, che invece ha
rottura convenzionale pari al 1%). Si manifesta anche a livello di sezione, di comportamento di
singolo elemento (trave o pilastro),
7. Materiali fragili
Tra le diverse modalità per suddividere i materiali, una di queste è il comportamento alla rottura, o
meglio il comportamento al termine della fase elastica e il momento di rottura.
La prima categoria è costituita da materiali fragili, ad es. ad una lastra di vetro, che manifestano
rottura improvvisa.
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Progettare in zona sismica
8. Materiali duttili
Altri materiali con caratteristica duttile, al raggiungimento della fase elastica non aumentano la loro
capacità portante, ma continuano a manifestare comunque resistenza.
Esaminiamo una molla alla quale è applicata una forza.
Se la forza è di bassa entità, al rilascio si ha un ritorno alla situazione iniziale.
9. La dissipazione di energia
È interessante analizzare, anche se pur in modo qualitativo, l’evoluzione dell’aspetto energetico per
le due tipologie di materiali.
Le applicazioni di questo si vedranno meglio in seguito.
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Progettare in zona sismica
Nel primo caso non si ha dispersione di energia, in quanto non superando la fase elastica, il lavoro
compiuto per ottenere la deformazione è completamente restituito attraverso la reazione elastica
di ritorno.
Per i materiali duttili invece, sottoposti a cicli di carico, si ottiene un diagramma simile alla figura
sopra, dove la zona azzurra rappresenta l’energia dissipata per isteresi, in quanto la deformazione
segue il percorso a-b b-c c-d.
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
Nel caso di comportamento fragile, sono presi in esame solo i valori di rigidezza e resistenza.
É possibile definire differenti “livelli” di duttilità in riferimento alla caratteristica presa in esame
(materiale, sezione, ecc.) con relazioni di reciproca dipendenza.
Duttilità di materiale
É intesa come la massima deformazione plastica che un materiale può subire prima della rottura
rapportata al limite elastico; i materiali sono rappresentati in modo schematico, per esempio nel
caso del csl. si usa lo schema a parabola rettangolo con il valore di deformazione convenzionale
limite pari al 3,5 per mille, mentre per l’acciaio la deformazione limite è pari al 10 per mille.
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Progettare in zona sismica
• Rapporto fra valore effettivo e valore nominale della tensione di snervamento: fy eff/fy nom <
1.25 (valore medio)
Da notare come il confinamento incide nel caso del cls., aumentando in modo sensibile la
deformazione, le tensioni relative e di conseguenza la duttilità.
Calcolo duttilità struttura c.a.
Duttilità di materiale µ = εu/εe
εu: deformazione ultima, εe: deformazione al limite elastico
Risulta quindi evidente quanto interesse ci sia nel fare in modo che la rottura avvenga per
snervamento dell’acciaio piuttosto che per rottura del cls.
Duttilità di sezione
É intesa come la massima curvatura plastica raggiungibile, e dipende dalla forma della sezione e
dalla duttilità dei materiali che la costituiscono; per una sezione in flessa in c.a. la duttilità è circa 8
ed è determinata dalla crisi del cls. compresso.
L’uso di materiali duttili è condizione necessaria, ma non sufficiente per aumentare la duttilità della
sezione.
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Progettare in zona sismica
La struttura di sinistra dispone di maggiore duttilità rispetto a quella di destra perché, a parità di
spostamento δ, la rotazione γ1 è decisamente minore rispetto alla rotazione γ2. Diventa quindi
dominante la rotazione per il condizionamento del collasso.
In questo caso gli elementi critici sono i valori di spostamento/rotazione che, nelle normative
moderne, hanno sostituito i parametri di tensione.
L’analisi non lineare (push-over analisys) consente di evidenziare il comportamento duttile della
struttura. Si ottiene incrementando le forze agenti e valutando l’effettivo comportamento della
struttura al superamento della fase elastica.
7000000
6000000
F69 F70 F71 F72 F73 F74 F75 F76 F77 F78 F79
37 38 39 40 41 42 43 44 45 46 47 48
M25 M26 M27 M28 M29 M30 M31 M32 M33 M34 M35 M36
5000000
25 F58 26 F59 27 F60 28 F61 29 F62 30 F63 31 F64 32 F65 33 F66 34 F67 35 F68 36
Base Shear [N]
4000000
3000000
M13 M14 M15 M16 M17 M18 M19 M20 M21 M22 M23 M24
first floor
2000000
second floor
third floor F47 F48 F49 F50 F51 F52 F53 F54 F55 F56 F57
13 14 15 16 17 18 19 20 21 22 23 24
1000000
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Progettare in zona sismica
La figura sopra riporta il risultato di una push-over analisys effettuata su di una parete in
muratura, in cui a sinistra risulta l’andamento delle forze relativamente allo spostamento
orizzontale.
A destra si evidenzia invece il grado di deterioramento dei maschi e delle fasce con l’individuazione
dei punti di maggiore debolezza (zone con colore tendente al rosso) e resistenza (colore blu).
La figura riporta lo spostamento in funzione delle forze orizzontali, con l’evidenza dei vari fenomeni
di degrado di una struttura in c.a. all’aumentare dello spostamento orizzontale.
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Progettare in zona sismica
In questa figura è evidente quanto il primo meccanismo sia preferibile al secondo dove con la
plasticizzazione di pochi elementi si raggiunge il collasso.
Al contrario nel primo caso si devono creare un numero elevato di cerniere prima di raggiungere il
crollo. Si ricorda che per le strutture intelaiate il collasso si ottiene quando si ottiene una struttura
ipostatica, con un numero ridotto di vincoli in grado di realizzare movimenti come corpo rigido. Se
si esamina il fenomeno dal punto di vista della resistenza non si rileva nessun spunto di critica,
risulta evidente invece che andando a valutare il meccanismo di collasso la prima soluzione è
nettamente preferibile alla seconda.
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Progettare in zona sismica
Si dispongono le zone dissipative in modo tale che si attivi il modo di rottura scelto in fase di
progetto per evitare il collasso di tipo fragile.
Le zone in cui si verificano cedimenti (cerniere plastiche) devono essere distribuite lungo tutta la
struttura senza concentrazioni in corrispondenza di un unico impalcato (il cosiddetto “piano
soffice") e devono svilupparsi solo sulle travi e non lungo le colonne - eccetto che alla base
dell'edificio.
• Pilastri più resistenti delle travi: favorisce meccanismi in cui per arrivare al collasso si
devono formare un maggior numero di cerniere, rispetto a quello con le cerniere
posizionate agli estremi dei pilastri. La normativa prevede per il c.a. la progettazione in Alta
Duttilità CD “A”, dove i momenti flettenti di calcolo nei pilastri si ottengono moltiplicando i
momenti derivanti dall’analisi per un fattore di amplificazione a:
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Progettare in zona sismica
La mancanza di staffe nei nodi consente alle armature verticali di instabilizzarsi facilmente,
espellendo il copriferro e perdendo rapidamente di funzionalità.
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 – 20/03/2003: documento
iniziale relativo alla nuova normativa sismica.
Nota DPC – 4/6/2003: Nota esplicativa dell’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n.
3274 del 20 marzo 2003.
Documento esplicativo Gruppo di lavoro OPCM 3274 – Note relative ai criteri adottati per la
redazione della nuove norme.
Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3316 – 2/10/2003: integrazioni e correzioni
alla OPCM 3274.
Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3333 – 23/01/2004: dilazione circa
l’applicazione della OPCM 3274 per alcune tipologie di edifici.
Nota DPC – 29/3/2004: Elementi informativi sull’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei
Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003.
Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3362 – 12/7/2004: interventi
finalizzati alla riduzione del rischio sismico, ripartizione dei fondi.
Decreto 21/10/2003: Disposizioni attuative dell'art. 2, commi 2, 3 e 4 dell'ordinanza del
Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3274 del 20 marzo 2003.
Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n. 3379 – 5/11/2004: dilazione di sei
mesi della scadenza del 8/11/2004, spostando al 8/5/2005 l’inizio dell’applicazione della OPCM
3274.
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
all. 1 criteri individuazione zone (riporta l’elenco dei comuni suddivisi per zona sismica)
all. 2 calcolo edifici
all. 3 ponti
all. 4 opere di fondazione e sostegno dei terreni
L’allegato 2, oltre alle indicazioni per gli edifici nelle varie tipologie previste, presenta una parte
generale, valida anche per gli altri allegati.
I capitoli da 1 a 4 sono di carattere generale.
Dal capitolo 5 in poi sono trattati problemi specifici per i diversi sistemi costruttivi.
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Progettare in zona sismica
DUTTILITÀ STRUTTURALE
Rispetto all’analisi alle TA, che considera solo il comportamento elastico, il caso sismico richiede
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Progettare in zona sismica
l’attento esame del comportamento delle strutture soggette a sollecitazioni intense e di breve
durata che comporta il superamento della fase elastica.
In effetti, l’esperienza dimostra che le strutture dispongono di una riserva di capacità in grado di
assolvere la loro funzione anche di là del limite elastico. Ovviamente alla condizione di subire un
degrado, anche serio, ma non tale da comprometterne il funzionamento.
(Vedi capitoli relativi alla duttilità delle strutture)
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Se le verifiche non sono soddisfacenti, dopo aver modificato il modello, è necessario riprendere il
ciclo dall’inizio. Si tratta quindi di un processo iterativo in cui è importante valutare l’influenza di
ogni componente (rigidezza degli elementi, distribuzione plano-altimetriche, sistema costruttivo) al
fine di ottimizzare la prestazione strutturale ed il relativo costo economico.
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
26. GEOMETRIE
In questa fase sono definiti i parametri geometri della struttura.
È la fase più critica in quanto tutte le elaborazioni che seguono derivano dalla definizione di questi
dati.
Analisi progetto architettonico
Livello di automazione: operazione manuale
La distribuzione degli elementi strutturali è funzione delle necessità del progetto architettonico, che
resta il punto di partenza e il nodo fondamentale della progettazione anti-sismica.
Di quest’analisi fa parte la concezione strutturale, che si deve adeguare a criteri di:
• rappresentazione degli elementi rilevanti dal punto di vista strutturale (si devono riportare
gli elementi significativi che contribuiscono maggiormente alla stabilità della struttura)
• semplicità (spesso sofisticare il modello significa solo rendere più complessa l’analisi della
struttura e la lettura dei risultati, senza incidere sulla capacità di descrivere la realtà)
• fattibilità (i progetti si devono realizzare, si deve porre attenzione alla fase esecutiva).
Scelta sistema costruttivo
Livello di automazione: operazione manuale
La scelta del sistema costruttivo dipende da parametri operativi di tipo economico e tecnologico ed
è un altro punto di partenza importante da cui derivano alcuni parametri sismici.
In particolare il fattore q è dipende sia dal tipo di materiale utilizzato (c.a., acciaio o altro) sia dalla
tipologia strutturale (a telaio, a setti, mista, ecc.).
Scelta elementi primari/secondari
Livello di automazione: operazione manuale
Al punto 4.3.2 è previsto che:
4.3.2 Elementi strutturali secondari
Alcuni elementi strutturali dell’edificio possono venire definiti «secondari». Sia la rigidezza che la resistenza
di tali elementi viene ignorata nell’analisi della risposta. Tali elementi tuttavia devono essere in grado di
assorbire le deformazioni della struttura soggetta all’azione sismica di progetto mantenendo la capacità
portante nei confronti dei carichi verticali.
Questo consente al progettista di schematizzare la struttura tralasciando elementi che non
contribuiscono alla resistenza globale o dove il loro aiuto è di difficile valutazione, appesantendo il
modello senza un apporto sostanziale.
É lasciata discrezionalità al progettista che rimane responsabile della scelta degli elementi.
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Progettare in zona sismica
É possibile, per esempio, continuare a lavorare con travi in spessore, se tutte le azioni sismiche
sono attribuite ad altre strutture all’uopo dimensionate (es. telai separati). In questo caso i solai
con le travi in spessore sono deputati solo alla portanza dei carichi verticali.
Definizione geometria
Livello di automazione: operazione manuale
Con molti programmi i dati geometri (luce, altezze), si possono importare direttamente da un file
realizzato con AutoCAD. In generale si definiscono gli assi degli elementi, con eventuali elementi
rigidi per tener conto dei disassamenti.
Predimensionamento sezioni
Livello di automazione: operazione manuale/automatica
Per eseguire l’analisi delle sollecitazioni è necessario introdurre le sezioni degli elementi (travi e
pilastri, pareti, fondazioni). Questi valori sono determinati dal predimensionamento di massima ed
è eseguito in seguito all’analisi dei carichi. É possibile valutare con un semplice foglio di Excel una
stima delle sollecitazioni e procedere quindi al predimensionamento.
Definizione rigidezze
Livello di automazione: operazione manuale/automatica
Il punto 4.4 contempla la seguente indicazione:
Nel caso di edifici con struttura in cemento armato, composta acciaio - calcestruzzo e in muratura, la
rigidezza degli elementi può essere valutata considerando gli effetti della fessurazione, considerando la
rigidezza secante a snervamento. In caso non siano effettuate analisi specifiche, la rigidezza flessionale e a
taglio di elementi in cemento armato può essere assunta pari alla metà della rigidezza dei corrispondenti
elementi non fessurati.
Questa opzione consente di ridurre le frequenze dei vari modi di vibrare in quanto riducendo la
rigidezza, la frequenza si riduce (si ricorda infatti che la frequenza f è definita come f = k ).
m
Questo implica un aumento del periodo proprio (t=1/f), e valutando il diagramma dello spettro di
progetto per SLU questo potrebbe significare una riduzione dell’azione sismica.
Per contro la riduzione della rigidezza implica aumento degli spostamenti, con possibilità di
mancanza di verifica a SLD.
La normativa non definisce i criteri per ridurre la rigidezza: oltre a poter variare i valori del
momento d’inerzia per fessurazione, è possibile anche semplicemente ridurre il modulo elastico del
materiale.
Interazione struttura-terreno
Livello di automazione: operazione manuale/automatica
Usualmente si considera che il terreno realizzi vincoli di incastro sugli elementi verticali (pilastri,
setti, pali).
Se si intende tenere in conto questo aspetto con maggiore cura, è necessario considera
l’interazione tra terreno e struttura.
Questo si può realizzare simulando i vincoli con molle di nota rigidezza al posto di incastri perfetti.
Altro aspetto dell’interazione struttura-terreno è la partecipazione della massa del terreno al
movimento della struttura.
In questo secondo caso è necessario pensare ad un modello in cui anche il terreno diventa una
componente dotata di massa e come tale interagente con la struttura sovrastante.
Pur realizzando un’analisi più approfondita, non sempre questa ipotesi è a favore di sicurezza;
anche in questo caso si possono ottenere periodi maggiori e quindi azioni sismiche minori.
27. CARICHI
Analisi carichi verticali
Livello di automazione: operazione manuale
I carichi verticali agiscono direttamente sulla struttura che sarà dimensionata per poterli
sopportare.
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Progettare in zona sismica
In caso di scossa sismica gli stessi carichi costituiscono la massa che genera le forze d’inerzia
simulante l’effetto sismico.
Secondo le indicazioni della normativa (Eurcodice) per la verifica con soli carichi verticali, quindi in
condizione non sismica, i valori sono affetti dai coefficienti di amplificazione γg = 1,4 e γq = 1,5.
Nel caso sismico invece gli stessi valori valgono 1, in quanto si tratta di una condizione di carico
eccezionale.
In ogni caso si tratta di analizzare i carichi suddivisi tra permanenti e variabili. Per i variabili è
necessario ancora definire il tipo di carico (folla, neve, ecc.), il piano cui sono applicati (piani
intermedi, copertura) e se esiste un legame tra i carichi stessi.
Pesi/masse sismiche
Livello di automazione: operazione automatica
L’analisi dinamica prevede che si schematizzi la struttura in forma spaziale con il
predimensionamento degli elementi e la definizione delle masse da utilizzare per l’analisi; si
procede quindi con il calcolo dei modi di vibrare, del periodo e dell’incidenza di ogni singolo modo.
Le masse si possono ricavare dai carichi applicati, peso proprio e carichi variabili, integrandole con
eventuali masse aggiuntive derivante da elementi non strutturali.
Per ragioni statistiche, questi carichi sono diversi da quelli utilizzati per il calcolo delle sollecitazioni
verticali.
Si tratta di un’analisi convenzionale e la norma, al punto 3.3, individua con la formula 3.10 le
masse associate ai carichi gravitazionali.
Per quanto sopra è necessario valutare la corretta combinazione dei carichi da cui verrà dedotta la
massa per l’analisi dinamica.
Gk + ∑iψ Ei QKi
A secondo del calcolo (SLU o SLD) i coefficienti ψ Ei sono ancora da moltiplicare per il coefficiente
ϕ definito nella tabella 3.5.
Coefficiente di combinazione
Livello di automazione: operazione automatica
Il punto 3.3 riporta:
3.3. Combinazione dell’azione sismica con le altre azioni
La verifica allo stato limite ultimo (SLU) o di danno (SLD) deve essere effettuata per la seguente
combinazione degli effetti della azione sismica con le altre azioni.
(
γ I E + G K + PK + ∑ i ψ jiQki ) (3.9)
dove:
γ I ⋅ E azione sismica per lo stato limite in esame;
GK carichi permanenti al loro valore caratteristico
PK valore caratteristico dell’azione di precompressione, a cadute di tensione avvenute;
ψ ji = ψ 2i (SLU) coefficiente di combinazione che fornisce il valore quasi-permanente dell’azione variabile
Qi
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Progettare in zona sismica
Per tenere conto della non perfetta esecuzione rispetto al progetto e della non omogenea presenza
dei carichi su tutta la superficie, si presume che si possano generare degli effetti torcenti dovuti ad
eccentricità tra centro di massa e centro di rigidezza.
Per questo sono prescritti momenti torcenti aggiuntivi ed al punto 4.4 della norma viene riportata
la seguente indicazione:
In aggiunta all’eccentricità effettiva, dovrà essere considerata un’eccentricità accidentale, spostando il centro
di massa di ogni piano, in ogni direzione considerata, di una distanza pari al 5% della dimensione massima
del piano in direzione perpendicolare all’azione sismica.
Attraverso il software è possibile tenere in conto questa prescrizione, mediante il calcolo
automatico dei momenti torcenti e la trasformazione di questi in forze concentrate parallele agli
assi principali x e y sugli elementi resistenti verticali (nel nostro caso pilastri).
Questo genera una serie di condizioni di carico elementari, che si sommano con segno alle altre
condizioni di carico.
28. REGOLARITÁ
Verifica regolarità orizzontale
Livello di automazione: operazione manuale
Il punto 4.3.1. fornisce delle indicazioni per quanto riguarda il concetto di regolarità.
Gli edifici devono avere quanto più possibile caratteristiche di semplicità, simmetria, iperstaticità e
regolarità, quest’ultima definita in base ai criteri di seguito indicati. In funzione della regolarità di un edificio
saranno richieste scelte diverse in relazione al metodo di analisi e ad altri parametri di progetto. Si definisce
regolare un edificio che rispetti sia i criteri di regolarità in pianta sia i criteri di regolarità in altezza.
Un edificio è regolare in pianta se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:
a) la configurazione in pianta è compatta e approssimativamente simmetrica rispetto a due direzioni
ortogonali, in relazione alla distribuzione di masse e rigidezze;
b) il rapporto tra i lati di un rettangolo in cui l’edificio risulta inscritto è inferiore a 4;
c) eventuali rientri o sporgenze non superano il 25 % della dimensione totale dell’edificio nella
direzione del rientro o della sporgenza;
d) i solai possono essere considerati infinitamente rigidi nel loro piano rispetto agli elementi verticali.
La verifica di regolarità, per quanto riguarda i punti a), b) e c), si ottiene controllando la geometria
della struttura e non risulta particolarmente onerosa.
La verifica del punto d) entra nel merito della rigidezza del solaio, a proposito delle rigidezze degli
altri elementi strutturali (travi, pilastri, setti).
Per tenere conto di questo aspetto in modo esaustivo, è necessario modellare i solai con elementi
finiti superficiali, in cui si coglie la rigidezza flessionale nel piano.
La presenza di fori (per esempio per vani scala) o geometrie non compatte, può rendere critica
questa verifica.
La conseguenza di una mancanza di rigidezza nel piano è la disuniforme distribuzione delle
sollecitazioni sismiche.
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Progettare in zona sismica
Oltre alla difficoltà di progettazione, è il comportamento reale della struttura a risultare critico, in
quanto l’insorgere di elementi deboli può portare al collasso prematuro a causa della non uniforme
risposta della struttura.
La verifica di rigidezza nel piano è di solito positiva nel caso di strutture in c.a. per i solai
comunemente utilizzati (16-20 cm + 4-5 cm di cappa di completamento).
È in ogni modo buona norma introdurre una maglia di rete elettrosaldata che aumenta la capacità
del solaio di distribuire le sollecitazioni orizzontali.
Verifica regolarità verticale
Livello di automazione: operazione manuale
Un edificio è regolare in altezza se tutte le seguenti condizioni sono rispettate:
e) tutti i sistemi resistenti verticali dell’edificio (quali telai e pareti) si estendono per tutta l’altezza
dell’edificio;
f) massa e rigidezza rimangono costanti o si riducono gradualmente, senza bruschi cambiamenti, dalla base
alla cima dell’edificio (le variazioni da un piano all’altro non superano il 20%)
g) il rapporto tra resistenza effettiva e resistenza richiesta dal calcolo non è significativamente diverso per
piani diversi (rapporti compresi tra 0.85 e 1.15);
h) eventuali restringimenti della sezione dell’edificio avvengono in modo graduale, rispettando i seguenti
limiti: ad ogni piano il rientro non supera il 30 % della dimensione corrispondente al primo piano, né il 10 %
della dimensione corrispondente al piano immediatamente sottostante.
La verifica di regolarità in altezza, relativamente ai punto e) ed h) si ottiene controllando la
geometria della struttura e non risulta particolarmente onerosa.
Il punto f) richiede il calcolo della massa per ogni piano e della relativa rigidezza.
Il punto g) può essere verificato solo dopo aver completato la fase di progettazione, in quanto la
resistenza effettiva può essere determinata solo conoscendo il dettaglio delle armature per ogni
elemento.
Scelta modello
Livello di automazione: operazione manuale
La scelta del modello piano o spaziale è condizionato dal tipo di analisi prevista (statica, modale,
non lineare) e dal rispetto o meno della regolarità.
29. DISTANZE
Verifica distanze e altezze
Livello di automazione: operazione manuale
Questa verifica è regolata dal punto 4.2 che si riporta di seguito:
4.2. Distanze ed altezze
L’altezza massima (H) degli edifici di nuova costruzione è specificata nella tabella seguente, in funzione del
sistema costruttivo e della zona sismica.
Tabella 4.2 – Altezze massime consentite
Zona sismica 4 3 2 1
Sistema costruttivo Altezza massima consentita (in m)
Edifici con struttura in nessuna limitazione
calcestruzzo
Edifici con struttura in nessuna nessuna limitazione
acciaio limitazione
Edifici con struttura mista nessuna limitazione
in acciaio e calcestruzzo
Edifici con struttura in
16 11 7,5
muratura ordinaria
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Progettare in zona sismica
L’altezza di nuovi edifici in zona 1 e 2, prospicienti su strade, non può comunque superare i seguenti limiti:
per strade L < 11 m H=L
per strade con L > 11 m H = 11 + 3 (L – 11)
La larghezza L si intende calcolata tra il contorno dell’edificio ed il ciglio opposto della strada compresa la
carreggiata.
Agli effetti delle limitazioni di cui al presente punto deve intendersi:
per altezza dell’edificio la massima differenza di livello tra il piano di copertura più elevato ed il terreno,
ovvero il piano stradale o del marciapiede, nelle immediate vicinanze dell’edificio. Sono esclusi dal computo
dell’altezza eventuali volumi tecnici;
per contorno dell’edificio la proiezione in pianta del fronte dell’edificio stesso, escluse le sporgenze di
cornici e balconi aperti;
per strada l’area di uso pubblico aperta alla circolazione dei pedoni e dei veicoli, nonché lo spazio
inedificabile non cintato aperto alla circolazione pedonale;
per ciglio la linea limite della sede stradale o dello spazio di cui al punto precedente;
per sede stradale la superficie formata dalla carreggiata, dalle banchine e dai marciapiedi.
Negli edifici ad angolo su strade di larghezza diversa è consentito, sul fronte della strada più stretta e per uno
sviluppo, a partire dall’angolo, pari alla larghezza della strada su cui prospetta, un’altezza uguale a quella
consentita dalla strada più larga.
Nel caso in cui l’edificio abbia un piano cantinato o seminterrato, la differenza di livello tra il piano più
elevato di copertura e quello di estradosso delle fondazioni non può eccedere di più di 4 m i limiti
precedentemente indicati.
Nel caso di edifici costruiti su terreni in pendio, le altezze indicate possono essere incrementate di 1.5 m, a
condizione che la media delle altezze di tutti i fronti rientri nei limiti indicati.
Per le costruzioni in legno è ammessa la costruzione di uno zoccolo in calcestruzzo o in muratura, di altezza
non superiore a 4 m, nel qual caso i limiti indicati si riferiscono alla sola parte in legno. I limiti indicati non
si riferiscono a strutture interamente realizzate in legno lamellare (con fondazioni in calcestruzzo e
collegamenti in acciaio), per le quali non è prevista alcuna limitazione in altezza.
Due edifici possono essere costruiti a contatto solo nel caso in cui sia realizzata una completa solidarietà
strutturale.
La distanza tra due edifici contigui non può essere inferiore alla somma degli spostamenti massimi a collasso
calcolati per ciascuno degli edifici, secondo le modalità indicate per ciascun tipo strutturale; in ogni caso la
distanza tra due punti degli edifici posti alla medesima altezza non potrà essere inferiore ad 1/100 della quota
dei punti considerati misurata dallo spiccato delle strutture in elevazione.
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
Questo coefficiente è utilizzato nella formula delle combinazioni delle azioni sismiche con le altre
azioni (carichi verticali).
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Progettare in zona sismica
In aggiunta a queste categorie, per le quali nel punto 3.2 vengono definite le azioni sismiche da considerare
nella progettazione, se ne definiscono altre due, per le quali sono richiesti studi speciali per la definizione
dell’azione sismica da considerare:
S1 - Depositi costituiti da, o che includono, uno strato spesso almeno 10 m di argille/limi di bassa
consistenza, con elevato indice di plasticità (PI > 40) e contenuto di acqua, caratterizzati da valori di VS30 <
100 m/s (10 < cu < 20 kPa).
S2 - Depositi di terreni soggetti a liquefazione, di argille sensitive, o qualsiasi altra categoria di terreno non
classificabile nei tipi precedenti.
Definito quindi il tipo di terreno (A – E) sono assegnati i seguenti parametri:
Categoria suolo S TB TC TD
A 1,0 0,15 0,40 2,0
B, C, E 1,25 0,15 0,50 2,0
D 1,35 0,20 0,80 2,0
Zona Valore di ag
1 0,35
2 0,25
3 0,15
4 0,05
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Progettare in zona sismica
Sistema costruttivo
Livello di automazione: operazione manuale
Sono previsti diversi sistemi costruttivi elencati al punto 4.1
Tipologia strutturale
La tabella seguente riporta le varie tipologie di sistemi costruttivi previsti:
Capitolo Sistema costruttivo Sotto - sistema strutturale
10 Edifici isolati
11 Edifici esistenti
Classe duttilità
Livello di automazione: operazione manuale
Il progettista può decidere la classe di duttilità in cui intende operare.
Kd dipende dalla scelta del classe di duttilità A (alta) o B (bassa).
Nel caso A, Kd = 1 mentre nel caso B, Kd = 0,7 quindi l’azione sismica è maggiorata del 43%.
La regolarità
Livello di automazione: operazione manuale
Il rispetto di questo punto si ottiene con una accurata e corretta distribuzione strutturale; la
regolarità è infatti un altro importante fattore che favorisce la duttilità.
La buona progettazione strutturale inizia con una buona progettazione architettonica: edifici mal
organizzati dal punto di vista distributivo, con brusche variazioni volumetriche, con forme
disordinate manifestano un cattivo comportamento sismico.
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Progettare in zona sismica
Spesso vale il principio che la non accurata progettazione strutturale di un edificio regolare è
preferibile ad un’accurata progettazione di un edificio irregolare.
In particolare la semplicità delle strutture semplifica la valutazione del comportamento del sisma
sulla struttura, rendendo chiari e verificabili i meccanismi di trasmissione delle forze che agiscono
sulla struttura.
La coincidenza di centro di massa e rigidezza non induce l’insorgenza di momenti torcenti, con
disuniforme partecipazione strutturale.
La regolarità e la simmetria favoriscono la risposta strutturale globale uniforme, riducendo la
concentrazione di sforzi e l’insorgere di eccentricità.
L’uniforme resistenza e rigidezza flessionale nelle due direzioni ortogonali principali assicurano la
possibilità di assorbire in modo efficace il sisma, indipendentemente dalla direzione in cui esso
agisce.
Strutture ad elevato grado di iperstaticità garantiscono una migliore tenuta strutturale in quanto
dissipano maggiore energia rispetto alle strutture a bassa iperstaticità, che possono trasformarsi
rapidamente in meccanismi cinematici.
Solai rigidi nel loro piano consentono un funzionamento uniforme della struttura, evitando
pericolose concentrazioni di sollecitazioni e distribuendo uniformemente le azioni indotte dal sisma.
Le fondazioni, oltre a scaricare i carichi verticali sul terreno, hanno il compito di distribuire in modo
uniforme l’azione sismica che deriva dal terreno.
In generale sono da evitare le discontinuità ed i disallineamenti strutturali che interferiscono con la
riposta della struttura.
Fattore di struttura (definizione)
Livello di automazione: operazione manuale
Ogni sistema costruttivo, attraverso la tipologia strutturale, esprime il coefficiente q0 utilizzato per
il calcolo del fattore di struttura q. Più alto è il suo valore, minore sarà l’intensità sismica.
Il fattore q influisce sull’intensità dell’azione sismica attraverso lo spettro di progetto e si ottiene
dalla seguente relazione:
q = q0 * Kd * Kr
q0 dipende dalla tipologia e per le strutture in c.a. varia da 3 a 5,85.
Kr dipende dalla regolarità della struttura; vale 1 nel caso di struttura regolare e 0,8 nel caso di
struttura non regolare; l’azione sismica è maggiorata quindi del 25% rispetto ad una struttura
regolare.
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Progettare in zona sismica
Lo spettro di progetto da adottare per la limitazione dei danni di cui al punto 2.2 può essere ottenuto
riducendo lo spettro elastico di cui al punto 3.2.3 secondo un fattore pari a 2,5.
Per lo spettro di progetto per SLD, derivando dallo spettro elastico, valgono tutte le considerazioni
fatte sull’analisi dell’azione sismica.
Quindi la ricerca di strutture flessibili per un verso riduce l’azione sismica, per altro aumenta gli
spostamenti imposti, che devono essere minori di quelli massimi ammissibili, sotto riportati:
4.11.2 Stato limite di danno
Per l’azione sismica di progetto di cui al punto 3.2.6 dovrà essere verificato che gli spostamenti strutturali
non producano danni tali da rendere temporaneamente inagibile l’edificio. Questa condizione si potrà
ritenere soddisfatta quando gli spostamenti interpiano ottenuti dall’analisi (dr) siano inferiori ai limiti indicati
nel seguito.
a) per edifici con tamponamenti collegati rigidamente alla struttura che interferiscono con la deformabilità
della stessa
dr < 0.005 h (4.14)
b) per edifici con tamponamenti collegati elasticamente alla struttura
dr < 0.0075 h (4.15)
d) per edifici con struttura portante in muratura ordinaria
dr < 0.003 h (4.16)
e) per edifici con struttura portante in muratura armata
dr < 0.005 h (4.17)
dove:
- dr è lo spostamento interpiano, ovvero la differenza tra gli spostamenti al solaio superiore ed inferiore,
calcolati secondo il punto 4.8
- h è l’altezza del piano
In caso di coesistenza di diversi tipi di tamponamenti o struttura portante nel medesimo piano dell’edificio
dovrà essere assunto il limite di spostamento più restrittivo.
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Progettare in zona sismica
pag 68
Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
Da notare che stante la semplicità d’uso dei programmi di calcolo tridimensionale, in definitiva
risulta più complesso il calcolo ridotto a telai bidimensionali rispetto all’analisi della struttura
completa, che coglie meglio gli aspetti critici e risulta più veloce nella fase esecutiva.
Si determinano quindi le azioni sismiche attraverso l’analisi modale ed il calcolo delle sollecitazioni.
Le analisi allo SLU e per carichi verticali determinano l’inviluppo delle sollecitazioni con i valori
massimi e minimi per la verifica dei singoli elementi, mentre per il calcolo allo SLD è sufficiente il
controllo degli spostamenti.
Si tratta di un analisi che ancora considera la struttura in fase elastica lineare, quindi non prende in
conto quanto è stato riportato nel capitolo relativo alla duttilità strutturale. Questo aspetto viene
preso in conto attraverso il fattore di struttura q che riduce le azioni sismiche e attraverso la
progettazione dei singoli elementi (travi, pilastri, nodi, fondazioni) dove saranno applicate le regole
relative alla gerarchia delle resistenze.
Gli esempi di calcolo che saranno sviluppati in seguito chiariranno meglio i passaggi qui sintetizzati.
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Progettare in zona sismica
Analisi push-over realizzata con il software 3Muri. Vedi i lavori di Lagomarsino, Penna, Galasco.
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Progettare in zona sismica
pag 72
Progettare in zona sismica
Kx
h J/2 J/2
x x x
Lo schema è costituito da un portale in cui si suppongono i montanti di massa trascurabile rispetto
alla massa del traverso orizzontale.
Il traverso si ritiene infinitamente rigido e la flessibilità della struttura è fornita esclusivamente
dalla rigidezza flessionale “k” dei montanti con spostamento secondo l’asse orizzontale che
costituisce l’unico grado di libertà possibile.
La rigidezza offerta dalla struttura è pari a:
k = 12 * E * J / h 3
Descrizione del fenomeno fisico
Si immagini di spostare il traverso con una azione esterna (per es. una forza applicata con relativo
spostamento u, a cui segue l’immediato rilascio).
Si attiva quindi la reazione elastica dei montanti pari a:
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Progettare in zona sismica
F = ku
che tende a riportare la struttura nella posizione iniziale, generando il movimento della struttura.
Per il principio di Newton:
F = &x&m
dunque alla struttura è imposta un’accelerazione pari a:
&x& = F / m
Il moto varia quindi come riportato nella figura sotto.
Raggiungendo la posizione iniziale, cioè a struttura indeformata, la forza elastica si annulla mentre
la velocità è massima.
Il moto prosegue per inerzia nella direzione opposta a quella iniziale, si riducendo man mano la
velocità e si riattiva la reazione elastica e di conseguenza l’accelerazione.
Raggiunta la posizione opposta con spostamento pari a –u, si manifesta di nuovo il massimo di
reazione elastica, e si inverte il movimento.
Considerando idealmente la struttura priva di attrito, il moto continua all’infinito poiché non si ha
dispersione di energia.
Trattazione analitica
Non essendo applicate forze esterne poiché la perturbazione iniziale è istantanea, queste
componenti sono in equilibrio tra loro secondo il principio di D’Alambert che considera il sistema in
equilibrio aggiungendo le forze dinamiche:
kx + &x&m = 0
Dividendo per m si ottiene:
k
&x& + x=0
m
Ponendo quindi:
k
ω2 =
m
si ottiene l’equazione differenziale che descrivere lo svolgersi del movimento della struttura
attraverso la variabile x(t):
&x& + ω 2 x = 0
La soluzione generale è una combinazione lineare di funzioni sinusoidali: x = A cos(ωt ) + B sin(ωt )
dove ω è la pulsazione del moto armonico.
Le costanti A e B sono funzione delle condizioni iniziali della struttura, cioè al momento iniziale
dell’applicazione della forza F.
Si definisce al tempo t=0, cioè in condizione iniziale:
x0 = spostamento iniziale
x&0 = velocità iniziale
Riportando nella soluzione generale i valori delle costanti si ottiene la descrizione analitica del
movimento:
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Progettare in zona sismica
x& 0
x = x 0 cos ω t + sen ω t
ω
È importante notare che il parametro condizionante, cioè il fattore ω, dipende solo dalla massa e
dalla rigidezza della struttura ed è indipendente dalla forza F applicata.
Il moto, rappresentato nella figura sopra, è una funzione armonica in cui si suppone che la velocità
iniziale è nulla, vale a dire la struttura è nel punto di massima deformazione pari ad u.
La funzione ha periodo T, cioè la distanza tra i massimi di due picchi, ed assume gli stessi valori
per ω(t+T)=ωt+2π e quindi:
ωt+ωT=ωt+2π
2π
da cui: T =
ω
La frequenza ciclica rappresenta il numero di passaggi nell’unità di tempo ed è uguale a:
1
f =
T
La frequenza circolare o pulsazione è pari a
k 2π
ω= =
m T
In altre parole T rappresenta il tempo necessario affinché la struttura compia un ciclo completo,
ritornando allo stesso punto.
Questa grandezza prende il nome di periodo e si ottiene combinando le formule sopra indicate:
m
T = 2π
k
Questa formula è una delle più importanti di tutta l’analisi dinamica, ed il suo utilizzo sarà ripreso
in tanti altri punti.
Considerazioni
Lo studio del movimento di una struttura ad un solo grado di libertà è la forma più semplice
studiata dall’analisi dinamica.
Si tratta di uno schema che si può discostare molto dalla realtà infatti non è preso in conto l’attrito
che inevitabilmente è presente in qualsiasi tipo di fenomeno fisico.
Questo schema inoltre, proprio per la mancanza di attrito, consente il mantenimento dell’energia
fornita al modello, ed il moto innescato con la perturbazione iniziale è destinato a durare per un
tempo infinito.
Non ostante questo si possono fare una serie di considerazioni molto importanti:
• il periodo della struttura ed i parametri derivati (frequenza e pulsazione) sono solo funzione
della massa e della rigidezza, quindi si tratta di una caratteristica intrinseca della struttura,
indipendente dalla perturbazione iniziale
• aumentando la massa il periodo aumenta
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Progettare in zona sismica
kx
h J/2 J/2 .
cx
x x x
Descrizione del fenomeno fisico
L’esperienza evidenzia che le strutture tendono a smorzare nel tempo il loro movimento per
fenomeni dissipativi di varia natura.
Nel caso specifico delle strutture civili l’energia dissipata è trasformata in calore prodotto durante il
movimento, attriti tra le varie membrature e tra le fondazioni ed il terreno, ecc.
pag 76
Progettare in zona sismica
Per questo si introduce una forza di carattere viscoso che tiene conto di questo. Questa forza si
ritiene proporzionale alla velocità e di verso opposto ad essa:
F = − cx&
dove c è denominata costante di dissipazione viscosa.
Questo caso è caratterizzato dalla dissipazione di energia, sia cinetica che potenziale.
Trattazione analitica
Aggiungendo all’equazione del caso precedente la componente di viscosità, si ottiene:
m &x& + c x& + kx = 0
c
Dividendo ancora per m e ponendo = 2 ων la formula precedente diventa:
m
&x& + 2 ων x& + ω 2 x = 0
ν esprime il rapporto tra c/cr, cioè tra il coefficiente di viscosità ed il coefficiente di viscosità critico
cr = 2 km .
Tralasciando i passaggi intermedi si ricava la soluzione generale:
x = e − νω t ( C 1 cos ω 1 t + C 2 sin ω 1 )
dove
ω1 = ω 1 − ν 2
− νω t
Ce
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Progettare in zona sismica
Considerazioni
Questo modello è più vicino alla realtà rispetto al primo schema poiché prende in conto lo
smorzamento, fattore importante del sistema.
Verificato che il movimento della struttura subisce nel tempo una riduzione, il parametro da
prendere in considerazione è lo smorzamento relativo.
Il fattore ν viene espresso in termini % rispetto allo smorzamento critico.
Dal punto di vista fisico lo smorzamento relativo pari al 100% indica quindi la presenza di forze
viscose in grado di frenare il moto al punto di evitare l’inversione della forma deformata.
Questo è il punto discriminante del comportamento della struttura che inverte il segno della
deformata e il comportamento sopra descritto.
In genere lo smorzamento relativo delle strutture varia dal 2 al 10%, e quindi la sua influenza sia
sul periodo che sul movimento è decisamente limitata.
Confronto tra le risposte
La figura seguente riporta l’andamento dello spostamento nel tempo di una struttura elementare in
cui sono riportati i vari casi illustrati in precedenza.
Oscillazioni forzate
Descrizione dello schema
In questo schema si esamina il caso in cui la forza è costantemente applicata, diversamente dai
casi precedenti in cui la perturbazione era istantanea.
In questo caso particolare la forzante si considera variabile con andamento sinusoidale.
Valgono tutte le ipotesi precedenti: si tratta di un telaio rigido orizzontalmente e di massa m, con i
montanti indeformabili verticalmente e dotati di rigidezza flessionale k con solo spostamenti
orizzontali.
Inoltre il sistema è in grado di dissipare energia tramite lo smorzatore con coefficiente c.
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Progettare in zona sismica
Kx
h J/2 J/2
.
cx
x x
La forzante immette energia nel sistema, che si può comportare in modo diverso a secondo dei
parametri di massa e rigidezza, dunque secondo il periodo proprio di vibrazione, costante rispetto
alle azioni esterne.
Dal periodo si ricava la frequenza, invertendone il valore.
Anche la forza eccitante esterna si considera variabile con una sua frequenza, ed è proprio il
mutuo rapporto tra queste due frequenze che governa l’evoluzione del moto del sistema.
Descrizione del fenomeno fisico
Un riscontro reale di questo schema può essere una macchina fatta ruotare con una massa
eccentrica rispetto all’asse di rotazione; in questo modo si verifica un’eccitazione che varia nel
tempo in modo continuo.
Trattazione analitica
L’equilibrio dinamico di un generico sistema è fornito dall’espressione:
Fa + Fv + Fe = Fc
dove:
Fa = m&x& (forza di inerzia che nasce per l’effetto del movimento della struttura)
Fv = cx& (forza dissipativa di natura viscosa proporzionale alla velocità della struttura ed al
coefficiente c)
Fe = kx (forza di reazione elastica dei traversi causata dallo spostamento rispetto alla condizione
di equilibrio per la rigidezza k)
Fc = F (t ) (forza esterna applicata alla struttura variabile nel tempo)
La conseguente equazione di equilibrio dinamico è quindi:
m&x& + cx& + kx = F (t )
e nel caso preso in esame:
m &x& + c x& + kx = f sin( ω f t )
Dividendo per m si ottiene:
f
&x& + 2νω x& + ω 2 x = sin( ω f t )
m
detta equazione del moto in forma canonica.
Si tratta di una equazione differenziale ordinaria lineare del secondo ordine a coefficienti costanti.
La soluzione completa è costituita da due componenti: l’integrale generale e una soluzione
particolare.
x(t)= xg(t) + xp(t)
xg(t) è la soluzione generale, che si ottiene ponendo = 0 la forzante; questa componente
contribuisce solo nella fase iniziale.
Si ottiene quindi:
&x& + 2νω x& + ω 2 x = 0
La soluzione è:
x = Ce −νω t cos( ω 1 − ν 2 t + ϕ )
pag 79
Progettare in zona sismica
dove ω 1 = ω 1−ν 2
è detta pulsazione smorzata.
− νω t
Il contributo di questa componente è limitato alla fase iniziale a causa della quantità e che si
riduce rapidamente risultando quindi trascurabile per quanto riguardo l’evoluzione del movimento
nel tempo.
Come si vede in figura incide solo nei primi cicli e quindi tende a sparire, ed il diagramma si
mantiene costante a causa della seconda componente.
2νµ
tan ψ =
1− µ2
µ = wf /w
L'integrale completo dell’equazione differenziale iniziale è quindi:
f sin( ω t − ψ )
x = Ce −νω t cos( ω 1 − ν 2 t + ϕ ) +
k (1 − µ )
2 2
+ 4ν 2 µ 2
C e ψ sono costanti da determinare secondo le condizioni iniziali.
Se si indica la deformazione massima raggiunta e sull’asse delle ascisse il rapporto µ = wf /w ,
ponendo dst = f/k rappresentato nella figura si visualizza l’andamento del rapporto di
magnificazione pari a:
f
A=
k (1 − µ 2 ) + 4ν 2 µ 2
2
Questo valore indica l’influenza della frequenza della forzante esterna rispetto alla frequenza della
struttura, che si ricorda essere una caratteristica intrinseca.
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Progettare in zona sismica
ν=0
A
ν = 0.1
ν = 0.2
0 .3
dst 0 .5
1 wf
µ=
w
0 .5 1 1 .5 2
Considerazioni
Se il rapporto tra la frequenza della forza pulsante e quella propria della struttura diventa uguale
ad 1 si ha il fenomeno della risonanza, cioè la struttura tende nel tempo ad assumere deformazioni
sempre più marcate.
Infatti per µ = 1 e ν=0 il valore di A tende ad infinito.
Questo fenomeno è mitigato dallo smorzamento relativo, che manifesta i suoi effetti per valori di ν
anche di poco superiori al 10%, in figura indicato come 0,1.
Questo aspetto è la parte più temibile dell’effetto sismico, in quanto le frequenze delle forze
eccitatrici sismiche hanno alcune componenti molto vicine alle frequenze tipiche delle strutture, e
questo aggrava pesantemente il loro effetto.
Man mano che il rapporto µ aumenta, si ottiene l’effetto contrario, cioè lo spostamento viene
ridotto rispetto allo spostamento elastico.
Cioè la forza eccitante, invece di aumentare il moto della struttura crea un freno al suo
movimento.
Per avere un’idea concreta di questo fenomeno si può pensare al movimento dell’altalena.
Spingendo in modo sincrono, cioè nel momento in cui l’altalena raggiunge il massimo della sua
elongazione, ogni spinta contribuisce ad aumentarne il movimento e si verifica quindi il fenomeno
della risonanza.
Ciò significa che la frequenza della spinta coincide con la frequenza del movimento.
Se invece l’altalena è spinta con frequenza maggiore, cioè quando si trova in posizioni diverse dai
punti estremi, l’effetto della spinta è un freno al moto.
Oscillazioni forzate con eccitazione “random”
Descrizione dello schema
Questa condizione prevede lo schema della struttura simile ai casi precedenti, in cui valgono
ancora tutte le ipotesi sopra illustrate, ma il carico f (t ) applicato al traverso varia nel tempo di
modo irregolare e casuale ed è schematizzato nella figura seguente.
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Progettare in zona sismica
La forza agente, attraverso l’accelerazione a(τ) costante per il tratto dτ, fornisce una serie di
impulsi elementari che, sovrapposti, conducono alla soluzione del problema cioè alla conoscenza
dell’andamento dello spostamento della struttura nel tempo.
Considerazioni
Attraverso quest’analisi è possibile, in via numerica, conoscere le caratteristiche del movimento di
una struttura elementare, soggetta a carichi esterni qualsiasi.
pag 82
Progettare in zona sismica
pag 83
Progettare in zona sismica
Lo spettro di risposta
Dopo aver esaminato i casi più semplici, si passa all’esame di una struttura sottoposta ad azione
sismica.
Kx
h J/2 J/2 .
cx
Con x(t ) si indica Il movimento della struttura, vale a dire lo spostamento relativo del traverso
rispetto al suolo, riferito quindi ad un sistema di riferimento solidale al terreno.
Invece dell’azione esterna f (t ) applicata al traverso la struttura è sollecitata alla base a causa del
sisma.
Lo spostamento della struttura xt (t ) è valutato rispetto al sistema assoluto:
x t (t ) = x 0 (t ) + x(t )
La reazione di inerzia della massa m è considerata rispetto al sistema assoluto prendendo in conto
l’accelerazione assoluta:
&x&t = &x&0 + &x&
Per la reazione elastica e la reazione viscosa si utilizza lo spostamento x e la velocità relativa x& .
Non essendoci forze esterne applicate l’equazione del moto è:
m&x&t + cx& + kx = 0
quindi:
m&x& + cx& + kx = − m&x&0
Confrontando questa espressione con quella vista nel caso di una forzante f(t) applicata
direttamente al traverso si ottiene che l’effetto dello spostamento del terreno equivale ad una forza
applicata al traverso pari:
f (t ) = − m&x&0 (t )
Si tratta di una forza del tutto fittizia, in quanto non ha un riscontro fisico; è un artifizio
matematico che rende equilibrato il sistema.
pag 84
Progettare in zona sismica
Conoscendo l’andamento dell’accelerazione del terreno nel tempo, attraverso quindi dati
sismografici, è possibile ricavare la funzione spostamento e lo stato tensionale della struttura.
e cioè:
t
1
∫ f (τ ) e −νω ( t −τ )
x (t ) = sin ω 1 ( t − τ ) d τ
m ω1 0
Sostituendo alla forzante f il valore che deriva dal movimento del terreno pari a m&x&0 e
semplificando per m si ottiene:
t
1
∫ &x& o (τ ) e −νω ( t −τ )
x (t ) = sin ω 1 ( t − τ ) d τ
ω1 0
Ponendo:
t
∫ &x& (τ ) e −νω ( t −τ )
V (t ) = o sin ω 1 ( t − τ ) d τ
0
pag 85
Progettare in zona sismica
1
x max = Sv
ω
Si dimostra inoltre che
x& max = ω x max
ovvero:
x& max = S v
Risulta quindi che la velocità spettrale dipende da tre fattori:
• le caratteristiche del movimento sismico attraverso l’accelerazione del terreno
• il parametro di smorzamento della struttura
• la pulsazione propria del sistema.
È quindi possibile determinare la velocità spettrale S v come funzione della pulsazione propria della
struttura cioè del periodo proprio T per ogni input sismico e per ogni valore di smorzamento
strutturale
Con buona approssimazione è possibile anche valutare le massime accelerazioni assolute
&x&max dell’oscillatore. Infatti se si trascura l’effetto della dissipazione, dall’equazione del moto:
kx + &x&m = 0
si deduce che, negli istanti in cui in valore assoluto è massima la x, deve risultare anche massima,
in valore assoluto, la &x& ed inoltre che deve valere la relazione:
k
&x&max = xmax
m
cioè:
&x&max = ω 2 x max = ωS v
Moltiplicando quindi gli spettri di risposta di velocità S v per la pulsazione propria dell’oscillatore ω,
si ottengono gli spettri di risposta di accelerazione S a .
Essi forniscono, per i diversi valori dello smorzamento interno, la massima accelerazione assoluta
dell’oscillatore in funzione del periodo proprio t di quest’ultimo.
pag 86
Progettare in zona sismica
as>at
0,8
0,7
0,6
Sd(T) 0,5
0,4
as=at Accelerazione del terreno
0,3
0,2
0,1
as<at
0
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2
T sec.
Lo spettro di risposta si ottiene risolvendo l’equazione dell’oscillatore semplice, istante per istante,
sotto l’azione di un dato sisma. Ogni diagramma spettrale è associato ad un predefinito valore
dello smorzamento relativo ν che di solito è assunto pari al 5%.
Dallo spettro di risposta riportato in figura risulta che l’accelerazione della struttura può essere
uguale, maggiore o minore rispetto all’accelerazione del terreno, in funzione del periodo proprio t.
Zona 1: as=at
Per periodi molti bassi, cioè per k elevato e quindi per strutture molto rigide, lo spostamento
relativo della struttura è minimo e l’accelerazione della struttura è pari all’accelerazione del
terreno.
Una struttura massiccia, per esempio un parallelepipedo in cls, non subirà deformazioni per effetto
sismico perché di elevata rigidezza, quindi si muoverà solidalmente con il terreno, assumendone la
stessa accelerazione.
Zona 2: as>at
In questa zona si ha amplificazione dell’accelerazione della struttura dovuta a fenomeni di
risonanza.
Zona 3: as<at
Aumentando il periodo proprio, e quindi riducendosi la rigidezza, il rapporto si inverte, cioè la
struttura assume accelerazioni minori rispetto a quelle del terreno.
Forze sismiche
Le forze sismiche sono pari a massa per accelerazione, e quindi seguono l’andamento dello spettro
di risposta
Le strutture più rigide sono in genere più sollecitate rispetto a strutture più flessibili (non sempre
sezioni maggiori sono a favore di sicurezza!)
Per contro una minore rigidezza, quindi maggiore flessibilità, produce grandi spostamenti,
pericolosi per i danni provocati agli impianti e con la possibilità di espulsione dei tamponamenti
oltre a minore resistenza dovuta alle sezioni ridotte.
Costruzione dello spettro elastico
Ogni spettro di risposta si riferisce ad un ben preciso evento sismico; per questo risulta non
utilizzabile direttamente come strumento di analisi e di progetto.
Per la progettazione si usano spettri estratti da un adeguato numero di eventi sismici deducendone
una funzione spettrale con validità statistica più generale e utilizzabile in un’ampia area territoriale.
La figura seguente mostra diversi diagrammi spettrali, ciascuno caratterizzato da un valore del
parametro di smorzamento ν diverso, ma tutti legati allo stesso evento sismico.
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Progettare in zona sismica
0.8
Sa(g)
Sa (g)
0.6
0.4
0.2
0
0 0.5 1 1.5 2 2.5
T (s)
La figura sotto mostra il primo degli spettri della figura sopra normalizzato rispetto alla
accelerazione di picco al suolo.
L’accelerazione di picco al suolo si può assumere coincidente con il valore della risposta spettrale in
accelerazione nel suo estremo sinistro, ossia quando il periodo si approssima a zero, infatti un
periodo molto piccolo contraddistingue una struttura molto rigida.
Normalizzare lo spettro rispetto all’accelerazione di picco al suolo significa dividere ogni ordinata
dello spettro per l’ordinata leggibile all’estremità sinistra del diagramma. Lo spettro normalizzato,
perciò, inizia con il valore unitario.
pag 88
Progettare in zona sismica
3.5
2.5
1.5
0.5
0 0.5 1 1.5 2 2.5
T (s)
Sa(g) normalizzato
Qualsiasi spettro normalizzato generato da un diverso evento sismico mostrerà una forma
differente, ma iniziando anche esso dal valore unitario per periodo quasi nullo, risulterà
confrontabile in ampiezza con quella della figura sopra, purché caratterizzato dallo stesso
smorzamento. Ciò permette di sovrapporre diagrammi spettrali normalizzati di differente origine e
di trattarli con procedimenti statistici (vedi figura sotto).
Oscillazione forzata casuale :
Sovrapposizione spettri elastici normalizzati
3
3
2.5
2.5
2.5
2
2
2
1.5
1.5
1.5
1
1
1
0.5
0.5
0
0 0.5 1 1.5 2 2.5
T (s)
Sa(g) normalizzato
pag 89
Progettare in zona sismica
Osservando la figura sopra si nota che qualsiasi segmento tracciato verticalmente sul diagramma
intercetta in punti diversi, contrassegnati con cerchi, i diversi spettri normalizzati. Il quadrato
rappresenta il valore medio delle diverse ordinate spettrali.
Ripetendo l’operazione su un gran numero di segmenti verticali si ottiene una curva spettrale
media che rappresenta la più semplice elaborazione statistica degli spettri trattati.
Così come si usa fare per le azioni o per le resistenze anche in questo caso si possono definire
“spettri caratteristici” caratterizzati da un predefinito valore di frattile, ossia di probabilità di trovare
ordinate spettrali al di sotto di quelle dello spettro caratteristico.
La figura mostra l’elaborazione effettuata su quattro spettri normalizzati. Aumentando il numero
degli spettri considerati ed elaborati, il diagramma medio tende ad assumere una forma sempre
più regolare tanto da poter essere approssimato con un diagramma costituito da una sequenza di
segmenti rettilinei e di curve semplici valido su aree territoriali più o meno estese.
Occorre però che le caratteristiche del suolo a cui lo spettro si riferisce siano omogenee. Di solito
lo spettro fondamentale utile per una certa area si riferisce al “bedrock”, ossia al substrato roccioso
su cui poggia il deposito alluvionale.
Volendo quindi utilizzare un tale spettro a fini progettuali occorrerebbe filtrare le ordinate spettrali
con una funzione che rappresenta l’effetto filtrante del suolo che specificamente si trova al di sotto
del sito di interesse.
È abbastanza evidente che, nella progettazione civile ordinaria ciò rappresenta un aggravio e una
complicazione. Per questa ragione le normative, inclusa quella nazionale vigente, propongono
diversi spettri a seconda del tipo di terreno che già includono la funzione di filtro.
ESEMPIO
Caratteristiche dell’oscillatore elementare:
T = 0,6s
ν = 5%
Caratteristiche del sisma:
PGA = 0,15g
Sottosuolo tipo A
pag 90
Progettare in zona sismica
as = 0,25 x g
fSo = m x 0,25g = 0,25 x W (W = m x g = peso dell’oscillatore)
pag 91
Progettare in zona sismica
pag 92
Progettare in zona sismica
pag 93
Progettare in zona sismica
• si prendono in conto solo gli spostamento orizzontali, uguali per tutti i nodi di un piano
(grado di libertà del piano)
• il numero dei gradi di libertà è pari al numero dei piani
Imponendo infatti spostamenti proporzionali ad una forma modale, si mantiene la forma durante il
movimento e per ogni oscillazione le masse passano attraverso il punto di massimo spostamento
allo stesso istante.
In ciascun modo tutte le masse del sistema oscillano con la medesima pulsazione ed in fase,
mantenendo immutati i rapporti tra le ampiezze.
Per calcolare i modi propri di vibrare, cioè le forme modali, si utilizzano gli strumenti dell’analisi
modale.
pag 94
Progettare in zona sismica
Elemento fondamentale nell’analisi dinamica di sistemi M-GDL è quindi l’individuazione dei modi
propri di vibrare.
Essi sono in numero pari al numero dei gradi di libertà dinamicamente significativi della struttura,
che in genere risultano inferiori rispetto ai gradi di libertà utilizzati per l’analisi statica.
Spesso non vengono considerati gli spostamenti verticali, mentre sono quasi sempre presi in conto
per l’analisi statica.
La combinazione lineare dei vari modi di vibrare definisce la posizione del sistema ad ogni istante.
pag 95
Progettare in zona sismica
Per ogni piano viene esaminata la condizione di equilibrio tra la reazione elastica manifestata dalle
colonne e la forza di trascinamento dinamica (legge di Newton):
m1 &x&1 + k1 x1 − k 2 ( x2 − x1 ) = 0
m2 &x&2 + k 2 ( x2 − x1 ) − k3 ( x3 − x2 ) = 0
m3 &x&3 + k3 ( x3 − x2 ) = 0
In rappresentazione matriciale, il sistema assume la forma seguente:
M&x& + Kx = 0
dove:
M è la matrice di massa di dimensioni =[NxN]
m1 0 0
M = 0 m2 0
0 0 m3
K è la matrice di rigidezza di dimensioni =[NxN]
k1 + k 2 − k2 0
K = − k 2 k 2 + k3 − k 3
0 − k3 k 3
x il vettore degli spostamenti
x1
x = x 2
x 3
&x& il vettore dell’accelerazione
pag 96
Progettare in zona sismica
&x&1
&x& = &x&2
&x&3
Tutti le matrici sono diagonali e positive.
Soluzione: da sistema di equazioni differenziali a sistema lineare
Le soluzioni sono ricercate nella forma seguente:
x i = a i sin (ω t − α )
oppure in notazione vettoriale:
x = a sin (ω t − α )
a1
dove a = a 2
a3
Questo equivale ad esprime la quantità x (variabile nel tempo) tramite due entità:
• a costante rispetto al tempo, si tratta quindi di un’entità puramente geometrica
• sin (ω t − α ) esprime la variazione del sistema nel tempo.
Sostituendo la soluzione nel sistema generale si ottiene:
− ω 2 Ma sin (ω t − α ) + Ka sin (ω t − α ) = 0
e:
( K − ω 2 M )a = 0
Si tratta di un problema algebrico omogeneo, in quanto il lato destro è = 0, di n equazioni lineari
con n spostamenti; i valori ai ed ω incogniti.
La soluzione si ottiene o attraverso la soluzione banale in cui il vettore a sia nullo, oppure ponendo
uguale a zero il determinante della parte tra parentesi.
(K − ω 2M ) = 0
Si tratta quindi di un problema agli autovalori che può essere facilmente risolto.
In questo modo si è trasformato un sistema di equazioni differenziali del secondo ordine in un
sistema di equazioni lineari di soluzione molto più semplice.
Si ottengono quindi per ogni modo di vibrare le frequenze proprie ωi del sistema (autovalori) ed i
corrispondenti valori del periodo proprio:
2π
ti =
ωi
ordinati in modo che il periodo di ogni forma è decrescente, secondo la figura seguente:
pag 97
Progettare in zona sismica
Per strutture di questo tipo la deformata presenta un numero di flessi indicati in giallo, pari a (n-1),
dove n è il numero dei piani
Ad ogni periodo è associato un vettore ai (autovettore) soluzione dell’equazione (K-ω2M)a=0 che, a
meno di una costante, definisce la forma dell’i-esimo modo proprio di vibrare della struttura.
Il modo con periodo maggiore è detto modo fondamentale o primo modo e di solito si presenta
con deformazione lineare o quasi lineare.
Nel caso di modelli spaziali dotati di regolarità i primi tre modi di vibrare in genere sono
disaccoppiati, cioè di tipo flessionale (primo e secondo) e torsionale (terzo) .
Questo succede nell’ipotesi di solaio infinitamente rigido nel piano; per strutture con irregolarità i
modi di vibrare possibili sono di numero maggiore ed accoppiati, come nella figura seguente, in cui
il pilastro cerchiato ha una sezione maggiore rispetto agli altri, e quindi manifesta una irregolarità,
che lo fa diventare un perno attorno a cui ruota l’intera struttura:
pag 98
Progettare in zona sismica
( K − ω 2 M )a = 0
si può disporre in questo modo:
Ka = ω 2 Ma
Ricordando che:
k1 + k 2 − k2 0
K = − k2 k2 + k3 − k3
0 − k3 k 3
m1 0 0
M = 0 m2 0
0 0 m3
si ottiene:
(k1 + k 2 )a1 − k 2 a2 = m1ω 2 a1
− k 2 a1 + (k 2 + k 3 )a2 = m2ω 2 a2
− k 3 a2 + k 3 a3 = m3ω 2 a 3
Queste equazioni possono essere interpretate staticamente come equazioni di equilibrio per un
sistema in cui agiscono forze di ampiezza m1ω 2 a1 , m2ω 2 a 2 e m3ω 2 a 3 applicate alle masse m1 ,
m2 e m3 rispettivamente.
Ne consegue che la forma modale può essere interpretata come la deformazione statica causata
dalle forze m1ω 2 a1 , m2ω 2 a 2 e m3ω 2 a 3 per uno qualunque dei tre modi.
Si può dimostrare che due modi i e j distinti aventi diversi autovalori sono ortogonali rispetto alla
matrice delle masse e delle rigidezze.
Questa proprietà risulta fondamentale per ottenere il disaccoppiamento del sistema di equazioni.
m1 &x&1 + k1 x1 − k 2 ( x2 − x1 ) = F1 (t )
pag 99
Progettare in zona sismica
m2 &x&2 + k2 ( x2 − x1 ) − k3 ( x3 − x2 ) = F2 (t )
m3 &x&3 + k3 ( x3 − x2 ) = F3 (t )
Anche in questo caso la strategia è trasformare il sistema accoppiato di equazioni (il sistema deve
essere risolto contemporaneamente in quanto in ogni riga appaiono termini in x presenti anche in
altre righe) in un sistema di equazioni indipendenti, dove ogni equazione può essere risolta da
sola.
Mentre nel caso del moto libero la soluzione x è stata ricercata attraverso una forma del moto
sinusoidale, in questo caso la funzione sarà genericamente espressa come zi (t )
e quindi si ammette che gli spostamenti x siano una combinazione lineare dei fattori
zi (t ) moltiplicati per dei valori costanti aij , cioè
x(t ) = ∑ aij z i (t )
Si può dimostrare quindi che il sistema di equazioni diventa:
M i &z&i + ki zi = Pi (t )
dove i fattori Mi e Pi sono combinazioni lineari dei fattori iniziali. Ogni equazioni può essere risolta
in modo autonomo, ottenendo quindi quanto prefisso.
Normalizzando, in modo del tutto simile a come si è agito nel caso del sistema ad un solo grado di
libertà, si ottiene:
&z&i + ωi2 zi = Pi (t )
dove ω rappresenta la frequenza.
pag 100
Progettare in zona sismica
m2 &x&2 + k 2 ( x 2 − x1 ) − k 3 ( x3 − x 2 ) = 0
m3 &x&3 + k 3 ( x3 − x 2 ) = 0
Considerando lo spostamento relativo dei piani rispetto alla base:
u1 = x1 − x 0
u2 = x2 − x0
u2 = x2 − x0
si ottiene:
&x&1 = u&&1 + &x&0
&x&2 = u&&2 + &x&0
&x&3 = u&&3 + &x&0
sostituendo nelle espressioni sopra le due componenti dello spostamento assoluto, dopo una serie
di passaggi omessi e grazie al principio dell’ortogonalità, si ricava l’espressione generica:
u&&i + ω i2 ui = Γi &x&0
dove il coefficiente Γ rappresenta il fattore di partecipazione ed il suo prodotto con l’accelerazione
del terreno rappresenta le forze (fittizie) applicate alla struttura, effetto del movimento della
fondazione.
Introducendo la nuova variabile
zi = Γi g i
ci si riconduce ancora una volta al sistema disaccoppiato:
g&&i + ω i2 g i = &x&0
Ogni equazione può essere trattata come un sistema ad un solo grado di libertà, potendo applicare
quindi la teoria relativa allo spettro di risposta.
Si troveranno quindi gli n modi di vibrare da cui è possibile risalire al vettore spostamenti x(t) del
sistema sommando il contributo di ogni modo.
Nel caso delle strutture costituite da edifici intelaiati basta considerare solo poche forme modali per
avere una buona approssimazione della risposta x(t), in quanto il contributo in termini di massa
partecipante è via via decrescente.
Utilizzando lo spettro di risposta si considerano, dunque, solo gli n modi più significativi della
struttura da cui deriva la quasi totalità dell’energia sismica.
Per ottenere la risposta del sistema si può inoltre evitare di considerare la risposta nel tempo della
struttura e fare riferimento al solo valore massimo, in base al quale effettuare il dimensionamento
delle strutture.
La combinazione dei modi
Nella risposta sismica sono presenti i contributi di tutti i modi, ma lo spettro di risposta non
fornisce nessuna indicazione riguardo al peso con cui ciascun modo entra in combinazione con gli
altri.
Non è corretto sommare semplicemente gli effetti di ciascun modo, poiché i modi non raggiungono
il loro massimo contemporaneamente e quindi non collaborano alla risposta strutturale con la loro
ampiezza massima.
È necessario, quindi, definire dei criteri con cui i contributi dei diversi modi si possono
ragionevolmente combinare insieme.
Il criterio più semplice è quello noto come SRSS, che consiste nell’estrarre la radice quadrata della
somma dei quadrati di tutti i contributi modali.
Questo criterio, però, è stato criticato perché considerato insicuro quando le frequenze modali
sono strettamente accoppiate.
Si ritiene quindi raccomandabile il ricorso al criterio CQC (combinazione quadratica completa) che
tiene conto degli effetti di amplificazione per correlazione dei modi con frequenze vicine. I due
criteri forniscono risposte analoghe se le frequenze modali sono tutte sufficientemente distanziate.
pag 101
Progettare in zona sismica
È molto importante sottolineare che i criteri di combinazione sopra descritti sono utilizzabili
qualunque sia la grandezza che si vuole calcolare, ma occorre porre molto attenzione che prima la
grandezza che si vuole calcolare va valutata modo per modo e solo alla fine si applica il criterio di
applicazione.
Se per esempio si vuole calcolare il momento alla base della struttura, occorre prima calcolare il
momento determinato dall’applicazione di ogni singolo modo e alla fine combinare i momenti così
trovati.
x1max = (U 11 p1max )
2
(
+ ... + U 1n pnmax )
2
SRSS
∑∑ ρ (U )( )
n n
x1max = ij 1i pimax ⋅ U 1 j p max
j
j =1 i =1
CQC
8ζ 2 (1 + β ij )β ij 2
3
ωi
ρ ij = β ij =
ove:
(1 − β ) 2 2
ij + 4ζ 2 β ij (1 + β ij )
2
ωj
Lo spettro di risposta
50. Spettro di risposta elastico orizzontale (punto 3.2.3)
Si riporta sotto la formulazione prevista dalla normativa OPCM 3274 – 3431:
T
0≤T <TB S (T ) = a • S • 1 + • (η • 2 , 5 − 1 )
e g
TB
T B
≤T <T C S (T ) = a
e g
• S • η • 2 ,5
(3.2)
T
T C
≤T <T D S (T ) = ae g
• S •η • 2 ,5
T
C
T ≤T S e (T ) = a g • S •η • 2 ,5 • T C T2 D
D
T
La figura seguente riporta l’andamento dello spettro di risposta in funzione delle zone previste per
la categoria di terreno A.
pag 102
Progettare in zona sismica
1,2
1,1
Spettro di risposta elastico
1 Zona 1 - 4 Terreno A
0,9 Zona 1
0,8
0,7
Zona 2
Sd(T) 0,6
0,5
Zona 3
0,4
0,3
0,2
Zona 4
0,1
0
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2 2,2 2,4 2,6 2,8 3
T sec.
1,2
1,1
Spettro di risposta elastico
1 Zona 1
0,9 Terreno tipo A Terreno tipo BCE Terreno tipo D
0,8
0,7
Sd(T) 0,6
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2 2,2 2,4 2,6 2,8 3
T sec.
pag 103
Progettare in zona sismica
1,2
1,1
Spettro di risposta elastico
1 Zona 2
0,9
0,8
0,7
Terreno tipo A Terreno tipo BCE Terreno tipo D
Sd(T) 0,6
0,5
0,4
0,3
0,2
0,1
0
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2 2,2 2,4 2,6 2,8 3
T sec.
1,2
1,1
Spettro di risposta
elastico
1
Zona 3
0,9
0,8
0,7
Sd(T) 0,6
0,5
0,3
0,2
0,1
0
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2 2,2 2,4 2,6 2,8 3
T sec.
pag 104
Progettare in zona sismica
0,02
0,019 Zona 1
0,018 Spettro di risposta elastico spostamenti
0,017 Zona 1 - 4 Terreno A
0,016
0,015
0,014
Zona 2
0,013
0,012
0,011
ud(T) 0,01
0,009
0,008 Zona 3
0,007
0,006
0,005
0,004
0,003 Zona 4
0,002
0,001
0
0 0,2 0,4 0,6 0,8 1 1,2 1,4 1,6 1,8 2 2,2 2,4 2,6 2,8 3
T sec.
T B
≤T <T C S (T ) = 0,9 a • S
ve g
• η • 3, 0
pag 105
Progettare in zona sismica
• η • 3 , 0 T C
T C
≤T <T D S (T ) = 0 ,9 a
ve g
• S
T
T ≤T
S e (T ) = 0 ,9 a g • S • η • 3 , 0 • T C T2 D
D
T
Si fa notare che l’analisi potrà essere limitata ad elementi parziali.
Per esempio, è possibile calcolare localmente le mensole come elementi singoli con carico verticale
maggiorato.
Non viene presa in conto la componente verticale sul resto della struttura se la loro influenza è
trascurabile.
1,2
1,1
Spettro di risposta elastico
1 verticale Zona 1 - 4
Zona 1
0,9
0,8
0,7 Zona 2
Sd(T) 0,6
0,5
Zona 3
0,4
0,3
0,2
Zona 4
0,1
0
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2 2,1 2,2 2,3 2,4 2,5 2,6 2,7 2,8 2,9 3
T sec.
T 2 ,5
0 ≤T <T B S d (T ) = a g • S • 1 + • − 1 (3.7)
TB q
2 ,5
T B
≤T <T C S (T ) = a
d g
• S •
q
2 ,5 T C
T C
≤T <T D S (T ) = a
d g
• S •
q
T
pag 106
Progettare in zona sismica
2 , 5 T C T
T D ≤T S d (T ) = a g • S •
q T 2
D
pag 107
Progettare in zona sismica
0,6
0,55
Spettro di progetto SLU
0,5 Zona 1 q=4,68
0,45
0,4
0,35
Sd(T) 0,3
0,25
0,2
0,15 Terreno tipo A Terreno tipo BCE Terreno tipo D
0,1
0,05
0
0 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 1 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 2 2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 3 3, 3, 3, 3, 3, 3, 3,
1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 2 3 4 5 6 7
T sec.
pag 108
Progettare in zona sismica
0,6
0,55
Spettro di progetto SLU
0,5 Zona 2 q=4,68
0,45
0,4
0,35
Sd(T) 0,3
0,25
0,2
0,15
0,05
0
0 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 1 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 2 2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 3 3, 3, 3, 3, 3, 3, 3,
1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 2 3 4 5 6 7
T sec.
0,6
0,55
Spettro di progetto SLU
0,5 Zona 3 q=4,68
0,45
0,4
0,35
Sd(T) 0,3
0,25
0,2
0,15
0,1
Terreno tipo BCE Terreno tipo D
0,05 Terreno tipo A
0
0 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 0, 1 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 1, 2 2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 2, 3 3, 3, 3, 3, 3, 3, 3,
1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 2 3 4 5 6 7 8 9 1 2 3 4 5 6 7
T sec.
T 3,0
0 ≤T <T B S (T ) = 0 ,9 • a • S • 1 + • − 1 (3.8)
vd g
TB q
3,0
T B
≤T <T C S (T ) = 0 ,9
vd
• a g
• S •
q
pag 109
Progettare in zona sismica
3,0 T C
T C
≤T <T D S (T ) = 0 ,9
vd
• a g
• S •
q
T
3,0 T CT
T D
≤T S vd (T ) = 0 ,9 • a g
• S •
q
2
D
T
Considerazioni
Contrariamente a quello che succede per lo spettro elastico, per valori elevati di q, l’accelerazione
della struttura è sempre minore rispetto all’accelerazione del terreno.
Spettro di progetto per stato limite di danno (SLD)
3.2.6 Spettro di progetto per lo stato limite di danno
Si riporta quanto indicato nel punto 3.2.6.
Lo spettro di progetto da adottare per la limitazione dei danni di cui al punto 2.2 può essere ottenuto
riducendo lo spettro elastico di cui al punto 3.2.3 secondo un fattore pari a 2,5.
0,4
Zona 1
0,35
0,3
Zona 3
0,15
0,1
Zona 4
0,05
0
0 0,1 0,2 0,3 0,4 0,5 0,6 0,7 0,8 0,9 1 1,1 1,2 1,3 1,4 1,5 1,6 1,7 1,8 1,9 2 2,1 2,2 2,3 2,4 2,5 2,6 2,7 2,8 2,9 3
pag 110
Progettare in zona sismica
pag 111
Progettare in zona sismica
pag 112
Progettare in zona sismica
GK + ∑ (ψ
i Ei QKi ) (3.10)
dove:
ΨEi coefficiente di combinazione dell’azione variabile Qi, che tiene conto della probabilità che tutti i carichi
ΨEiQKi siano presenti sulla intera struttura in occasione del sisma, e si ottiene moltiplicando Ψ2i per φ
I valori dei coefficienti Ψ2i e φ sono riportati nelle successive tabelle.
TABELLA 3.4: COEFFICIENTI Ψ2i PER VARIE DESTINAZIONI D’USO
Destinazione d’uso Ψ2i
Abitazioni, Uffici 0,30
Uffici aperti al pubblico, Scuole, Negozi, Autorimesse 0,60
Tetti e coperture con neve 0,20
Magazzini, Archivi, Scale 0,80
Vento 0,00
TABELLA 3.5: COEFFICIENTI ϕ PER EDIFICI
Carichi ai piani ϕ
Copertura 1,0
Archivi 1,0
Carichi correlati 0,8
Carichi indipendenti 0,5
C
I carichi, secondo le indicazioni dell’Eurocodice, sono suddivisi per Caso (peso proprio, carichi
variabili, per es. folla e neve).
Al fine di combinarli secondo le logiche del calcolo semiprobabilistico, ogni Caso è dotato di un
ulteriore attributo: il Gruppo.
Ogni Gruppo è definito come: Permanente, Variabili e Sismici.
Ad ogni Gruppo è attribuito un valore di γ che rappresenta un coefficiente di ponderazione che
moltiplica i valori nominali.
In questo modo vengono generate le combinazioni sommando in modo ponderato i vari Casi di
carico.
pag 113
Progettare in zona sismica
pag 114
Progettare in zona sismica
Modi di vibrare
Si riportano le forme modali di una struttura di esempio che sarà meglio illustrata in seguito.
0,132
0,132
0,095
0,132
0,095
0,095 0,095
0,0330,095 0,033
0,045 0,033
0,095
0,045
0,033
0,045
0,025
0,033
0,025
0,033
0,152
0,132
0,045
0,045 0,045 0,132
0,152
0,132
0,152
Z Y
X
X
Y
0,010
0,009
0,009
0,015
0,009
0,015 0,134 0,127 0,121
0,002
0,005
0,002
0,007
0,005
0,007
0,005
0,136
0,134 0,130
0,127 0,123
0,120
Z
Y
X
Y X
0,025
0,025
-0,107
0,025
-0,107 -0,107
-0,107 -0,027
-0,107 -0,027
0,005
-0,027
0,005 -0,107
-0,027
0,005
-0,048
-0,027
-0,048
-0,027
0,028
0,025
0,005
0,028
0,025
0,005
0,005
Z
Y
X
0,025
0,028
Y
X
pag 115
Progettare in zona sismica
-0,081
-0,015
-0,015
-0,031
-0,015
-0,031
-0,031
-0,031 0,122 -0,031 0,122 0,122
0,120 -0,031
0,120
0,122
0,120
0,123
0,122
0,122
0,122
-0,081-0,015
0,120 -0,081-0,015 0,120 0,120
-0,081-0,015
X Y
Y
X
-0,040
0,003
0,003
0,020
0,003 -0,026
0,020
-0,026
-0,025
0,020 0,020
0,020
0,020
0,054
0,054
-0,026
0,054
-0,079 -0,026
-0,079 -0,025
0,054
0,054
0,054
-0,040
0,003
0,003
-0,040 0,003
-0,040
Z
Y
X
Y
X
Periodo o Frequenza
La tabella riporta i valori di frequenza (f), periodo (t) e frequenza angolare (ω) per ogni modo di
vibrare.
f [Hz] T [s] ω [rad/s]
1 3,25 0,308 20,43
2 3,67 0,272 23,09
3 4,08 0,245 25,61
4 8,82 0,113 55,43
5 10,84 0,092 68,11
La figura sotto riporta in ascissa i valori del periodo per ogni modo di vibrare.
Salendo in verticale si incrocia la curva dello spettro di risposta per SLU (ricavata in base ai
parametri della struttura).
Il calcolo delle azioni sismiche si ottiene dall’accelerazione per ogni modo di vibrare, riportata
sull’asse delle ordinate.
pag 116
Progettare in zona sismica
Si fa notare che la massa partecipante, verificata con le immagini dei modi di vibrare, coincide con
la risultanza grafica.
Per esempio al primo modo di vibrare è associata una massa partecipante pari al 68,1% della
massa totale.
È evidente quindi l’importanza di questo modo per il calcolo delle forze secondo l’asse X
Lo stesso succede per l’asse Y (68,5% della massa totale).
Al terzo modo di vibrare è associata una quantità di massa ridotta (max. 7,2% secondo l’asse X,
ma non del tutto trascurabile. Si ricorda che la norma consiglia di tenere in conto i moti con massa
partecipante superiore al 5%).
La massa totale presa in conto è comunque superiore al limite del 85% come prescritto (96,3%
per l’asse X e 86,1% per l’asse Y).
É possibile trascurare masse ridotte senza commettere errori di particolare rilievo in quanto il loro
effetto non è sommato linearmente ma mediante diverse combinazioni, per esempio con radice
quadrata della somma dei quadrati.
In questo modo l’influenza di un valore basso è pressoché insignificante.
Per esempio, con analisi in prima approssimazione, combinando l’effetto di un valore pari a 0,65
con 0,05 si ottiene un valore totale pari a: (0,65^2 + 0,05^2)^0,5 = 0,6519. Trascurare questo
valore significa commettere un errore pari allo 0,3%.
Ottimizzazione della struttura attraverso il controllo delle forme modali
L’esame delle forme modali costituisce un potente mezzo per prevedere l’effetto delle azioni
sismiche e quindi per valutare se è il caso di ottimizzare la struttura variando le inerzie (e quindi le
rispettive dimensioni geometriche) per correggere le forme stesse.
Le forze sismiche sono applicate ai nodi del telaio spaziale e sono proporzionali alla forma modale,
cioè allo spostamento di ogni nodo rispetto alla condizione iniziale per la massa che grava sul
nodo.
pag 117
Progettare in zona sismica
La condizione migliore per le forme modali è la prevalenza della forma flessionale (quindi con
deformata prevalentemente traslazionale) nei primi due modi, dove di solito la massa partecipante
e quindi anche l’azione sismica è prevalente.
La prevalenza della forma torsionale (quindi con deformata rotazionale) implica una pessima
distribuzione delle azioni sismiche, non uniformemente distribuite.
Questo significa che la struttura reagisce in modo non uniforme, con sollecitazioni non omogenee.
Definizione parametri sismici
Come già detto, i modi di vibrare sono una caratteristica intrinseca di ogni struttura, funzione della
rigidezza e della massa. La rigidezza dipende quindi dalla geometria, dai vincoli, dal materiale
tramite il modulo elastico; la massa dai carichi applicati.
Per ottenere le azioni sismiche occorre definire lo spettro di progetto, calcolato in automatico dopo
aver fornito i parametri sismici della struttura in esame.
Per questo, prima di tutto, è necessario selezionare la normativa italiana attraverso la seguente
finestra:
pag 118
Progettare in zona sismica
e Questa opzione tiene in conto gli effetti torsionali d Modalità di combinazione delle componenti delle
generando dei casi di carico appositi. risposte modali Ex, Ey (Ez) calcolate al punto c.
Dato il n. limitato di condizioni di carico (20) che la Si ottengono quindi due nuove condizioni, denominate
versione di Axis VM Trial tiene in conto, e volendo SM+ e SM-, che riportano i valori massimi e minimi
rispettare le condizioni di massa partecipante minima assoluti delle azioni sismiche.
(85%) si considerano 5 modi di vibrare, e la presa in Questi valori sono combinati quindi con i carichi
conto degli effetti torsionali supererebbe il numero verticali, per ottenere le sollecitazioni da utilizzare per
massimo di condizioni possibili. la verifica degli elementi strutturali.
In genere l’effetto torsionale non è trascurabile, ma di Vedi punto 4.6 normativa.
valore contenuto (5-10% delle condizioni normali)
pag 119
Progettare in zona sismica
pag 120
Progettare in zona sismica
pag 121
Progettare in zona sismica
57. Introduzione
I terremoti storici e gli eventi recenti hanno posto in primo piano il problema della vulnerabilità
sismica, in molti casi elevata, degli edifici esistenti in muratura.
L’importanza che questo problema riveste è legata alla grande diffusione sul territorio di questa
tipologia costruttiva, in particolare in Europa e nel bacino del Mediterraneo; in molti casi si tratta di
zone ad elevata pericolosità sismica o, comunque, soggette a rischio. In aggiunta all’aspetto
primario della salvaguardia delle persone che possono occuparlo, all’edificio esistente in muratura
spesso è associato anche un valore storico, artistico, archeologico o paesaggistico che deve essere
tutelato.
pag 122
Progettare in zona sismica
Particolare costruttivo atto a fornire ammorsamento tra le pareti (centro storico di Catania)
Influenza del grado di vincolo tra gli elementi sulla risposta sismica: pareti non vincolate o
ammorsate (a), pareti ammorsate con orizzontamento flessibile (b) e rigido (c) (Macchi &
Magenes, 2002)
Come già evidenziato con opportuni interventi di adeguamento, anche puntuali, è possibile limitare
l’occorrenza di meccanismi di primo modo e ridurne la vulnerabilità associata, trasferendo, ad
esempio, la risposta fuori piano della facciata alla risposta nel piano delle pareti di spina (figure
1.3-1.4).
pag 123
Progettare in zona sismica
Meccanismi di ribaltamento della facciata: senza ammorsamento (1), con ammorsamento (2) e
con l’inserimento di una catena (3)
Meccanismi di collasso senza catene - primo modo - e con l’inserimento di catene - secondo
modo (Giuffré, 1993)
Meccanismi di danno delle pareti nel piano (Macchi & Magenes, 2002)
pag 124
Progettare in zona sismica
Variante del meccanismo di ribaltamento globale, favorito dalla presenza di una discontinuità
altimetrica (corpo addossato di altezza inferiore)
pag 125
Progettare in zona sismica
pag 126
Progettare in zona sismica
pag 127
Progettare in zona sismica
La funzione strutturale delle fasce è tutt’altro che secondaria in quanto, fornendo l’accoppiamento
tra i montanti murari, possono influenzare considerevolmente il meccanismo di risposta di una
parete multipiano. Tale influenza è tanto maggiore quanto maggiore è il numero di piani
dell’edificio.
Il comportamento meccanico di una fascia può essere studiato analogamente ad un maschio,
tenendo però presenti alcune differenze fondamentali: nel caso di murature di mattoni
l’orientamento dei letti è parallelo all’asse dell’elemento, orizzontale, e la compressione assiale è
solitamente molto bassa (in assenza di precompressioni esercitate da catene metalliche).
Se una muratura ha tessitura regolare e ben organizzata, con conci ben ammorsati, la resistenza a
taglio è, infatti, principalmente funzione della compressione normale ai letti di una fascia e solo in
misura minore della compressione in direzione parallela ai letti stessi.
Quindi essendo in generale trascurabile la compressione normale ai letti di una fascia, la resistenza
a taglio può essere molto bassa ed è principalmente funzione della coesione offerta dal legante e
dell’ingranamento tra i conci. In una muratura con tessitura ed apparecchiatura irregolari il
materiale tende ad avere un comportamento pressoché isotropo, e quindi in linea di principio la
fascia può essere meglio assimilata ad un maschio ruotato di 90°.
L’accoppiamento che può essere fornito dalle fasce è principalmente funzione della compressione a
cui esse sono soggette in direzione orizzontale. Solo questa compressione, infatti, fornisce la
resistenza “flessionale” che contrasta l’attivazione del meccanismo di ribaltamento delle colonne di
muratura che possono formarsi tra aperture verticalmente allineate. E’ quindi molto importante
pag 128
Progettare in zona sismica
l’effetto di elementi resistenti a trazioni posti a livello delle fasce stesse, quali catene o cordoli in
c.a., che si oppongano a tale meccanismo.
Effetto dell’inserimento di catene metalliche sul contrasto fornito dalle fasce al cinematismo di
collasso della parete (Magenes, 2001)
Pur non disponendo di studi sperimentali orientati a valutare in modo approfondito la resistenza, il
comportamento deformativo e la capacità dissipativa delle fasce murarie soggette a sollecitazioni
di tipo sismico, sembra ragionevole assimilarle, sia come meccanismi di collasso, che come
comportamento ciclico, ai maschi.
Flessione - ribaltamento (rocking): il collasso è governato dal ribaltamento della parete,
caratterizzato generalmente dalla rottura e parzializzazione degli spigoli soggetti a compressione.
pag 129
Progettare in zona sismica
Taglio: il meccanismo di danno è governato dalla formazione e dallo sviluppo di fessure diagonali
inclinate, che possono seguire o andamento dei giunti di malta oppure interessare i mattoni stessi
in funzione della resistenza dei giunti di malta, dell’interfaccia mattone-malta oppure dei mattoni
stessi.
Scorrimento: il meccanismo è associato alla formazione di fessure orizzontali nei giunti soggetti
all’azione del sisma che inverte la direzione di applicazione; potenziali piani di scorrimento possono
formarsi lungo i giunti fessurati; il meccanismo è favorito da bassi livelli di carichi verticali e bassi
valori del coefficiente d’attrito.
In figura 1.16, si evidenzia come, in murature realizzate con malta di buona qualità, la rottura per
flessione-ribaltamento si realizza generalmente attraverso la formazione di fessure orizzontali alla
base del pannello con relativo innalzamento dell’intero pannello; in assenza di malta invece
(muratura a secco) si ha il ribaltamento di una porzione di muro individuata da una linea di rottura
la cui inclinazione è legata alla forma di tessitura degli elementi.
Sia per la modalità di danneggiamento governata da fenomeni di ribaltamento, sia per quella a
taglio, la risposta in termini di curva taglio alla base-spostamento orizzontale è fortemente non
lineare.
Nella figura 1.17 sono riportati due esempi sperimentali del possibile comportamento ciclico di
pannelli in muratura di mattoni pieni (Anthoine et al., 1995).
Curva forza-spostamento: rottura per taglio (a) e per ribaltamento (b) (Anthoine et al., 1995)
pag 130
Progettare in zona sismica
Considerando l’inviluppo dei cicli, in entrambi i casi esiste un breve tratto iniziale ad andamento
lineare, dal quale ci si scosta al crescere del taglio alla base. Tale deviazione dal comportamento
lineare è dovuta principalmente alla parzializzazione delle sezioni, in conseguenza della trascurabile
resistenza a trazione dei letti di malta, nonché ad un progressivo sviluppo di deformazioni
anelastiche dovute alle sollecitazioni di taglio e compressione nelle porzioni reagenti.
Il meccanismo di rottura per ribaltamento mostra un inviluppo con andamento quasi asintotico e
cicli d’isteresi con bassa dissipazione energetica (l’energia dissipata risulta correlata all’area
racchiusa nei cicli d’isteresi). Il meccanismo di rottura a taglio è caratterizzato da un inviluppo che
presenta un valore massimo seguito da un ramo decrescente. Il tratto di softening (decremento di
resistenza all’aumentare dello spostamento) è associato alla progressione del sistema di fessure
diagonali incrociate, che porta ad una progressiva disarticolazione del pannello.
L’Ordinanza 3431
63. Introduzione
Nei riguardi degli edifici esistenti, l’Ordinanza 3274/2003 e la successiva Ordinanza 3431/2005,
impongono di eseguire valutazioni di vulnerabilità sismica (e, se necessari, interventi di
adeguamento) in una precisa casistica di variazioni all’organismo strutturale (punto 11.1), col fine
di verificare il livello di sicurezza ed, eventualmente, adeguarlo a quanto richiesto.
Essa, d’altro canto, lascia alle Regioni la possibilità di procedere, in questi casi, ad un
miglioramento controllato, cioè, a seconda delle peculiarità delle tipologie costruttive sul territorio,
il livello di protezione potrà essere diminuito del 35%.
Inoltre, per gli edifici esistenti, è prevista, in caso di variazioni strutturali su singoli elementi (se
non sussistono le condizioni che impongono l'adeguamento sismico) la possibilità di procedere
senza eseguire il sistema di verifica descritto nelle norme. Questo implica, in ogni caso, la
dimostrazione che l’insieme di modifiche apportate sia in grado di aumentare la sicurezza
dell’edificio nei confronti delle azioni sismiche. Tali interventi sono definiti di miglioramento sismico.
Le norme introducono, inoltre, il concetto di fattore di confidenza, parametro che vuole
sottolineare come il grado di incertezza nella valutazione della vulnerabilità sismica (in relazione,
per esempio, alla possibile presenza di dissesti o difetti strutturali non rilevabili) sia più elevato che
nelle nuove progettazioni.
pag 131
Progettare in zona sismica
La metodologia di valutazione della sicurezza degli edifici esistenti in muratura ordinaria (punto
11.5) si allinea con quella descritta per gli edifici di nuova progettazione. Tuttavia, essa non può
prescindere da alcune integrazioni (per esempio, analisi delle vulnerabilità locali).
Le norme suggeriscono, inoltre, che ci si possa avvalere di dati forniti dall’osservazione dei danni
sismici presenti in edifici per cui, sulla base di un giudizio esperto, il comportamento sotto l’azione
del terremoto si ritenga simile.
La vulnerabilità degli edifici in muratura a meccanismi locali (per es. di primo modo) può spesso
rivelarsi elevata; porzioni più o meno ampie di struttura possono instabilizzarsi sotto l’azione
sismica e subire fenomeni di collasso o danneggiamento.
Il ribaltamento è uno dei meccanismi locali più frequenti: possono essere coinvolte intere pareti
male ammorsate ai muri di spina, porzioni di parete limitate da un vincolo parziale fornito dai solai
(se collegati), aggetti, pareti sommitali in presenza di irregolarità altimetriche (figura 2.1).
Le norme prescrivono analisi e verifiche di sicurezza nei confronti dei meccanismi locali che, sulla
base di caratteristiche tipologiche e costruttive (presidi antisismici, presenza di vulnerabilità
riscontrate), dell’osservazione dei danni in costruzioni analoghe o dell’esperienza del progettista, è
possibile individuare come i più probabili nell’edificio considerato. A tal scopo, la modellazione
strutturale suggerita è quella che sfrutta una descrizione delle porzioni murarie interessate
attraverso la cinematica dei corpi rigidi ed il Principio dei Lavori Virtuali (Allegato 11.C). Il modello
così realizzato verrà studiato attraverso l’analisi limite dell’equilibrio ed i metodi suggeriti
seguiranno uno schema analogo a quelli proposti per l’analisi globale (figura 2.2).
Esempio di applicazione grafica della cinematica dei corpi rigidi al modello strutturale arco-
piedritti
La diffusa presenza, nei centri storici in particolare, di edifici in aggregato mette in risalto come la
loro modellazione debba tenere in considerazione alcune peculiarità. Il comportamento sismico,
pag 133
Progettare in zona sismica
Nel modello elastico – perfettamente plastico il valore della resistenza (in termini di taglio massimo
alla base) è fornito in modo differenziato tra maschi e fasce (punti 8.2.2 e 11.5.8), tenendo anche
in considerazione il meccanismo di collasso (per taglio o pressoflessione). Il valore di spostamento
ultimo è fissato come una percentuale dell’altezza del pannello, in funzione del meccanismo di
collasso (punto 11.5.8).
pag 134
Progettare in zona sismica
La caratteristica comune di queste procedure è quella di basarsi sull’uso di analisi statiche non
lineari (pushover) per caratterizzare poi il sistema sismico resistente tramite curve di capacità:
analisi “statiche” in quanto la forzante esterna è applicata staticamente alla struttura e “non
lineari” a causa del modello comportamentale assunto per gli elementi resistenti della struttura.
Tali curve intendono rappresentare l’inviluppo dei cicli d’isteresi prodotti durante la realizzazione
del sisma e possono essere considerate come un indicatore del comportamento post-elastico della
struttura (figura 2.3).
5000
4000
3000
Taglio alla base (kN)
2000
1000
0
-100 -50 -1000 0 50 100
-2000
-3000
-4000
Spostamento (mm)
Andamento del taglio alla base durante un’azione ciclica e curva di inviluppo dei cicli (in nero)
Così mentre nei metodi di analisi elastici il comportamento non lineare è tenuto in conto
introducendo il fattore di struttura, l’analisi statica non lineare permette di cogliere l’evoluzione
della risposta strutturale mano a mano che i singoli elementi evolvono in campo non lineare,
fornendo informazioni sulla distribuzione della domanda di anelasticità.
La curva ottenuta dalle analisi pushover (che sarà poi trasformata in curva di capacità, tenendo
conto delle caratteristiche del sistema equivalente ad un grado di libertà) riporta
convenzionalmente l’andamento del taglio risultante alla base rispetto allo spostamento orizzontale
di un punto di controllo della struttura. Ad ogni punto della curva può essere associato uno
specifico stato di danno dell’intero sistema, ed è possibile pertanto associare a determinati livelli di
spostamento il grado di funzionalità atteso e il danno corrispondente.
La curva è ottenuta implementando analisi pushover, che prevedono l’assegnazione di una
prefissata distribuzione di forze incrementate in maniera statica e monotona. La distribuzione viene
mantenuta inalterata anche oltre il punto limite di rottura. Le analisi possono essere condotte in
controllo di forze o tramite un controllo misto forze-spostamenti.
La distribuzione di carico applicata ha lo scopo di rappresentare la distribuzione delle forze inerziali
indotta dall’evento sismico. I profili proposti dall’Ordinanza 3431, per le strutture in muratura sono
quello coerente con la prima forma modale, approssimabile con quello adottato per l’analisi statica
lineare, e quello proporzionale alle masse. In particolare nel caso di strutture regolari la prima
distribuzione è adottata con l’intento di cogliere al meglio la risposta della struttura in campo
elastico e la seconda quella in campo non lineare.
Si sottolinea come, fra le svariate informazioni riguardo la risposta in campo non lineare della
struttura, sulla curva taglio alla base-spostamento sia possibile valutare in modo accurato il fattore
di sovraresistenza definito dal rapporto αu/α1 (punto 8.1.3), in cui rispettivamente α1 è definito in
corrispondenza del punto della curva in cui il primo pannello murario raggiunge la sua resistenza
ultima e αu di quello in cui si ha il raggiungimento del 90% della massima forza resistente
dell’edificio (figura 2.4).
pag 135
Progettare in zona sismica
3000000
1500000
1000000
α1
500000
0
0 0.005 0.01 0.015 0.02 0.025 0.03 0.035
Spostamento (m)
Tale fattore fornisce una quantificazione del comportamento per cui la resistenza strutturale (in
termini di taglio alla base) ha un andamento crescente anche ben oltre il limite elastico. Infatti,
essa continua a crescere anche ben oltre il raggiungimento del limite elastico da parte del primo
pannello murario, per effetto di una ridistribuzione non lineare delle tensioni sugli altri elementi
resistenti ancora in fase elastica.
La “capacità” offerta dalla struttura deve essere poi confrontata, nell’ottica di una verifica sismica,
con la “domanda” richiesta dalla forzante esterna, cioè da un determinato evento sismico.
Gli effetti della dissipazione di energia, che offrono un ulteriore margine di resistenza non
spiegabile ricorrendo alla sola teoria elastica lineare, sono rilevanti soprattutto nel campo della
risposta non lineare della struttura: per tenerne conto si effettua una riduzione della domanda.
La risposta attesa per l’edificio, in funzione di una determinata azione, è così ottenuta attraverso
l’identificazione del perfomance point (la cui coordinata in termini di spostamenti spettrali
corrisponde a d*max definito al punto 4.5.4.3), intersezione tra la curva della capacità,
opportunamente trasformata attraverso la definizione dell’equivalente sistema ad un unico grado di
libertà, e lo spettro della domanda elastico (in termini di accelerazione Se e spostamento SDe),
adeguatamente ridotto in funzione delle caratteristiche in fase anelastica (Sanel, SDanel). Affinché
queste due curve possano essere confrontate è necessario convertirle nello stesso formato,
riportando in ordinate le accelerazioni spettrali ed in ascisse gli spostamenti spettrali (figura 2.5).
Riduzione dello spettro elastico nel corrispondente spettro anelastico, con individuazione del
performance point PP
pag 136
Progettare in zona sismica
La “capacità” offerta dalla struttura e la “domanda” richiesta dal sisma sono mutuamente
dipendenti: esse sono legate alla variazione di rigidezza e di smorzamento sviluppato dal sistema
nel corso dell’evento. Affinché il performance point sia rappresentativo di uno stato di danno, è
necessario che le due curve siano associate agli stessi parametri caratterizzanti la struttura. Come
già accennato, all’incremento degli spostamenti e all’evolvere dello stato di danneggiamento in
ambito non lineare, infatti, corrispondono un aumento del periodo fondamentale ed un incremento
dello smorzamento della struttura: in genere, ciò è tenuto in considerazione tramite una riduzione
dello spettro della domanda rispetto a quello elastico.
Per effettuare questa riduzione in letteratura sono proposti due differenti approcci metodologici: il
primo, usualmente indicato come spettro sovrasmorzato, si basa su uno spettro elastico riferito ad
un valore di smorzamento equivalente (Freeman 1978, ATC-40 1996); l’altro si riferisce ad uno
spettro anelastico ottenuto introducendo il concetto di duttilità (Fajfar 1999, 2000, OPCM
3274/2003, Eurocodice 8).
Con riferimento agli spettri anelastici, la riduzione è operata tramite l’introduzione di un fattore
funzione della duttilità del sistema strutturale (definita come il rapporto tra il massimo
spostamento atteso per la struttura e quello corrispondente allo snervamento) e del rapporto che
intercorre tra il periodo elastico della struttura (T1) e quello caratterizzante il suolo, in genere
assunto pari a quello che delimita il campo dello spettro ad accelerazione costante (Tc) (per
ulteriori riferimenti si veda ad es. Fajfar 2000).
Si noti che nel caso in cui sia T1>Tc l’individuazione della massima risposta attesa della struttura
(d*max) coincide con l’ipotesi di uguaglianza di spostamenti tra il sistema bilineare equivalente ed
un sistema con comportamento indefinitamente elastico caratterizzato dallo stesso periodo (figura
2.6).
Istituita la relazione tra il sistema originario e quello equivalente ad un unico grado di libertà, è
immediato ricondursi allo spostamento massimo atteso per la struttura indagata.
A questo punto, nel caso delle murature, la verifica di sicurezza per questo tipo di analisi si traduce
in una verifica globale dell’edificio operata confrontando la capacità di spostamento ultimo
dell’edificio, identificata sulla curva di capacità con opportuni criteri (punto 8.1.5.4), con la
domanda di spostamento ottenuta con la logica di cui sopra.
Analisi statica lineare
Nell’analisi statica lineare (punto 4.5.2, 8.1.5.2 e 11.5.4.4), le norme prevedono che l’azione
sismica sia schematizzata tramite un sistema di forze statiche orizzontali e che la valutazione delle
sollecitazioni indotte da tali forze sia effettuata su un sistema elastico lineare che rappresenti
l’edificio.
pag 137
Progettare in zona sismica
Essa è applicabile sia ad un modello 3D, sia, per gli edifici regolari in pianta ai sensi del punto 4.3,
a due modelli 2D in modo separato (uno per ciascuna direzione principale); nel caso degli edifici
esistenti in muratura, questo metodo è utilizzabile anche per edifici irregolari in altezza,
maggiorando in via cautelativa il valore delle forze sismiche (equazione 4.2).
Esse sono calcolate a partire da un coefficiente che tiene conto dell’accelerazione spettrale di
progetto in corrispondenza del periodo proprio di vibrazione dell’edificio (figura 2.3). Il metodo,
quindi, tiene conto solo del primo modo di vibrazione della struttura e trascura l’influenza di quelli
superiori. Questo limite può portare a sottostimare le sollecitazioni in casi particolari (per esempio,
costruzioni alte con periodo proprio elevato), ma in genere porta a risultati ben approssimati
(confrontandoli con quelli di un’analisi dinamica non lineare) nel caso delle più diffuse tipologie di
edifici in muratura.
4
2
Sd (m/s )
3
Sd(T1)
2
0
0 0.5 T 1 1.5 2 2.5 3
1
T (s)
Determinazione dell’accelerazione spettrale Sd per il calcolo delle forze sismiche
Il comportamento non lineare dell’edificio è tenuto in conto tramite il fattore di struttura q (punto
8.1.3 e 11.5.4.2), che permette di ridurre lo spettro di risposta elastico di progetto per il calcolo
delle forze orizzontali. Il fattore di struttura q è differente per ogni tipologia; per gli edifici esistenti
in muratura ordinaria varia a seconda della regolarità in elevazione e dipende da un coefficiente, il
cui valore è legato alla tipologia strutturale, e dal rapporto α u α1 , definito fattore di
sovraresistenza. Quest’ultimo potrà derivare da un’analisi statica non lineare, ed ha il significato
descritto al paragrafo 2. 3. 1.
La distribuzione di forze da applicare, concentrata ai vari piani, risulta proporzionale alla massa di
piano moltiplicata per l’altezza dalla fondazione del piano considerato (figura 2.4-a).
Nel caso particolare di masse uguali ad ogni piano ed altezze di interpiano costanti, la distribuzione
di forze da applicare è triangolare (figura 2.4-b)
Wi = mig
Fi
zi
(a)
pag 138
Progettare in zona sismica
Fi
zi
(b)
Distribuzione delle forze statiche equivalenti: (a) proporzionale alle masse di piano moltiplicate
per le altezze; (b) triangolare in caso di masse e altezze di piano costanti
Andranno condotte due analisi, una per ognuna delle direzioni principali dell’edificio; gli effetti
andranno combinati, sommando alle sollecitazioni derivate dall’analisi in una direzione il 30% di
quelle ottenute nell’altra.
Dovrà essere inoltre presa in considerazione la presenza di un’eccentricità accidentale tra il centro
di massa ed il centro di rigidezza ad ogni piano (punto 4.4).
Le valutazioni di sicurezza per lo Stato limite di danno (SLD) si eseguono calcolando gli
spostamenti d’interpiano dr (punto 4.8) e verificando che siano inferiori al valore proposto
dall’equazione 4.17 (nel caso della muratura ordinaria esso è pari allo 0.3% dell’altezza del piano).
Le verifiche di sicurezza allo Stato limite ultimo (SLU) prevedono il confronto tra la resistenza
ultima di ciascun elemento con le sollecitazioni agenti corrispondenti. Per i maschi, la resistenza si
calcola sia nel caso di taglio sia di pressoflessione, nel e fuori dal piano (punti 8.2.2.1, 8.2.2.2 e
8.2.2.3). Per le fasce, essa coincide con quella minima tra quelle valutate per il meccanismo a
puntone e per un meccanismo di taglio-scorrimento in assenza di compressione (punto 8.2.2.4).
Nel caso in cui l’azione assiale nelle fasce sia nota, le verifiche seguono il procedimento descritto
per i maschi murari.
Analisi dinamica modale
L’analisi dinamica modale, nel caso degli edifici esistenti in muratura (punti 4.5.3, 8.1.5.3 e
11.5.4.4), è proposta dalle norme senza sostanziali modifiche rispetto alle altre tipologie strutturali.
In analogia ai precedenti, il metodo si applica sia ad un modello elastico 3D, sia, per gli edifici
regolari in pianta ai sensi del punto 4.3, a due modelli 2D in modo separato (uno per ciascuna
direzione principale).
Per definire le sollecitazioni di progetto, questo metodo utilizza la combinazione degli effetti
derivanti dall’applicazione statica di forze orizzontali, la cui distribuzione in altezza sia proporzionale
ai vari modi di vibrazione della struttura (figura 2.5). Il numero n di modi {ψn} utilizzati nella
combinazione, deve essere tale da garantire che almeno una frazione pari all’85% della massa
totale sia partecipante (quindi dinamicamente eccitata dai modi di vibrare considerati). In
alternativa, è possibile trascurare i modi la cui massa eccitata sia inferiore al 5% di quella totale:
se non sono analizzati tutti i modi, questa sicurezza si raggiunge solo se la massa considerata è
almeno pari al 95%. Le sollecitazioni ottenute saranno combinate secondo la regola SRSS (radice
quadrata della somma dei quadrati) o quella CQC (combinazione quadratica completa), in
dipendenza dell’intervallo tra le frequenze.
pag 139
Progettare in zona sismica
Questo tipo di analisi, pur facendo anch’essa riferimento ad un’applicazione statica del sistema di
forze, tiene conto, al contrario dell’analisi statica lineare e non lineare, anche dei modi superiori di
vibrazione, fornendo, in alcuni casi, risultati meglio approssimati. Nel comportamento sismico di un
edificio in muratura, però, in genere (per caratteristiche morfologiche e costruttive peculiari della
tipologia) l’effetto dei modi superiori è effettivamente trascurabile.
Gli effetti sismici saranno poi combinati (sommati e sottratti) con le altre azioni permanenti e
variabili, secondo l’equazione 3.9.
La trattazione della combinazione delle componenti dell’azione sismica nelle due direzioni e degli
effetti dell’eccentricità accidentale è gestita dalle norme in maniera identica al caso statico lineare.
Anche le verifiche di sicurezza allo Stato limite di danno (SLD) ed allo Stato limite ultimo (SLU)
sono in completa analogia con il metodo statico lineare.
Analisi dinamica non lineare
L’analisi dinamica non lineare (punti 4.5.5, 8.1.5.5, 11.5.4.4) consiste nella valutazione della
risposta della struttura direttamente tramite integrazione delle equazioni non lineari del moto;
secondo quanto prescritto dall’Ordinanza 3431, essa deve essere applicata ad un modello
tridimensionale dell’edificio in cui l’azione sismica sia rappresentata da gruppi di accelerogrammi
diversi agenti contemporaneamente nelle tre direzioni principali (punti 3.2.7 e 4.5.5).
Se da un lato tale analisi rappresenta il grado più alto di accuratezza nel descrivere la risposta di
un edificio soggetto all’azione sismica, dall’altro essa comporta un maggiore onere computazionale
e richiede particolare attenzione nella definizione sia dell’input sismico, sia del modello
comportamentale adottato per la struttura in esame.
In particolare la scelta degli accelerogrammi, che possono essere segnali registrati oppure generati
artificialmente, deve essere molto attenta, in modo tale da riprodurre efficacemente le
caratteristiche sismogenetiche della sorgente e delle condizioni del suolo del sito sul quale è
edificata la struttura; deve inoltre verificare alcuni requisiti di compatibilità con gli spettri definiti
dalla normativa (punto 3.2.7). Tale scelta è di fondamentale importanza, in quanto il risultato
dell’analisi è fortemente condizionata dalla mutua relazione che intercorre tra il contenuto in
frequenza del segnale applicato e le proprietà dinamiche caratterizzanti la struttura eccitata.
D’altro canto, affinché tale analisi porti a dei risultati attendibili è indispensabile che il modello
adottato per la struttura sia appropriato nell’ottica di indagarne il comportamento in ambito
dinamico (punto 8.1.5.5): in particolare, è necessario disporre di un legame costitutivo per il
materiale atto a riprodurre il comportamento ciclico proprio dei vari elementi strutturali. Ad
esempio, nel caso delle murature, diventa preminente la possibilità di cogliere i diversi meccanismi
dissipativi che si realizzano nel caso di danneggiamento per taglio o per pressoflessione.
Inoltre, lo studio del comportamento della struttura in ambito dinamico, soprattutto nel caso di
organismi che presentino fonti di irregolarità, può fare emergere aspetti che, ricorrendo solamente
ad analisi statiche, sarebbe impossibile cogliere. Fra questi si ricorda la possibilità che si realizzi
accoppiamento ed interazione tra le componenti di accelerazione verticale ed orizzontale, aspetto
particolarmente importante nell’ambito del costruito in muratura, in cui la resistenza dipende
fortemente dal grado di compressione.
Al termine dell’analisi, è noto l’andamento temporale delle caratteristiche di sollecitazione, delle
deformazioni nonché degli spostamenti degli elementi: è immediata quindi la valutazione degli
effetti massimi prodotti dall’azione sismica nonché l’evoluzione del comportamento della struttura
in ambito non lineare (figura 2.10).
pag 140
Progettare in zona sismica
4000
3000
2000
-2000
-3000
-4000
-5000
tempo (s)
In figura 2.11 sono diagrammati in ordinate il taglio alla base ed in ascisse lo spostamento
orizzontale di un punto di controllo di una struttura in muratura di cui è stato esaminato il
comportamento dinamico non lineare. Senza scendere nei particolari della modellazione operata, si
presti piuttosto attenzione al degrado della rigidezza ed al progressivo ampliamento dei cicli
d’isteresi, associabile ad un aumento della capacità di dissipare energia della struttura, dovuta
all’evoluzione in campo non lineare.
4000
3000
Taglio alla base (kN)
2000
1000
0
-40 -30 -20 -10 -1000 0 10 20 30
-2000
-3000
-4000
-5000
Spostamento (mm)
A differenza di un’analisi statica non lineare in cui la distribuzione di forze rimane inalterata ed
applicata in modo monotono crescente, il metodo dinamico non lineare tiene conto dell’evoluzione
delle proprietà dinamiche della struttura ed inoltre simula la reale natura ciclica dell’azione sismica.
Confrontando i risultati ottenibili da un’analisi statica non lineare e da un’analisi dinamica non
lineare tali considerazioni risultano evidenti.
Si notino, in figura 2.12, i risultati ottenibili da analisi dinamiche non lineari, al variare
dell’accelerogramma adottato, ed il confronto con lo spostamento massimo derivante
dall’applicazione dell’approccio statico non lineare. Da ciò si evince come, in genere, la domanda in
termini di spostamento determinata dalle analisi statiche risulti più severa, e quindi la successiva
verifica sia più conservativa.
pag 141
Progettare in zona sismica
Confronto tra lo spostamento massimo ottenuto con analisi non lineari statiche e dinamiche
La normativa, per l’analisi dinamica non lineare, impone il confronto della capacità del sistema
strutturale con la domanda del terremoto, in termini di spostamento.
La domanda del sisma viene ottenuta assegnando gruppi di accelerogrammi
(contemporaneamente almeno nelle due direzioni orizzontali corrispondenti agli assi principali) alla
base della struttura e valutando gli spostamenti massimi ottenuti durante l’evoluzione temporale.
Le norme non forniscono, però, una procedura per la valutazione della capacità: una possibile
interpretazione, che utilizza la metodologia delle analisi statiche non lineari, viene descritta nei
dettagli nel Capitolo 6.
pag 142
Progettare in zona sismica
distribuzione delle aperture determinano inclinazioni e percorsi preferenziali delle lesioni. L'analisi
deve quindi essere eseguita su un numero limitato di meccanismi, effettivamente possibili in
considerazione della tecnologia costruttiva e meglio se riconosciuti, a seguito di un sisma, sul
manufatto in oggetto o su altri edifici simili.
L'approccio dell'analisi limite su cinematismi di corpi rigidi non consente ovviamente la verifica di
stati di sollecitazione e presuppone, nel caso di rotazione relativa tra gli spigoli di due blocchi, un
valore infinito per le tensioni di compressione. L'esperienza ha mostrato che i manufatti costituiti
da muratura di caratteristiche meccaniche molto scadenti non riescono a sviluppare un collasso per
cinematismo tra blocchi integri. Spesso, infatti, in questo caso, si disgregano ampie porzioni di
muratura soggette agli sforzi tensionali più gravosi (schiacciamento, instabilità dei paramenti). È
quindi necessario garantire una minima qualità muraria, eventualmente consolidandola; la limitata
resistenza può comunque essere tenuta in conto arretrando la posizione della cerniera rispetto al
filo esterno, ovvero considerando come situazione limite una nella quale esiste ancora una certa
area di contatto tra gli elementi (figura 2.13).
Blocco rigido soggetto a ribaltamento: (a) posizione delle cerniere in ipotesi di infinita
resistenza a compressione; (b) limitata resistenza a compressione
I principi teorici che consentono di eseguire una verifica sismica attraverso l'analisi limite di
meccanismi di collasso (Abruzzese et al. 1985, Giuffrè 1993), esposti nel precedente paragrafo,
sono concettualmente semplici ma risultano di complessa e delicata applicazione, a livello
professionale, per diverse ragioni:
- è necessaria un'adeguata modellazione della geometria degli elementi architettonici, che
sono in genere complessi per la presenza di aperture, variazioni dello spessore delle pareti,
ecc.: la valutazione di volumi e baricentri e le conseguenti verifiche di equilibrio, da eseguirsi
con gli strumenti della statica grafica o in forma analitica, possono non essere
operativamente immediati;
- un'analisi affidabile presuppone di tenere conto, oltre che della geometria, degli aspetti
tecnologici e del materiale; se si vuole individuare correttamente il moltiplicatore minimo tra
diversi meccanismi, in alcuni casi, potrebbe essere necessario considerare ad esempio la
resistenza del materiale ed altri fattori (quali l'attrito per i cinematismi di scorrimento e
l'ingranamento per le rotazioni con asse verticale nel piano della parete, la presenza di forze
esterne).
Secondo l’Ordinanza 3431, la verifica sismica può presupporre l’utilizzo di due metodi (entrambi
basati sull’analisi limite dell’equilibrio):
- Analisi cinematica lineare (Allegato 11.C);
- Analisi cinematica non lineare (Allegato 11.C).
pag 143
Progettare in zona sismica
pag 144
Progettare in zona sismica
a*
a 0* (a)
a'0
(b)
Calcolo dello spostamento ultimo per un meccanismo locale: (a) esempio di curva di capacità
con effetto di tutte le eventuali forze esterne ed interne; (b) con effetto delle sole forze esterne
ed interne persistenti a collasso
La verifica di sicurezza per lo Stato limite ultimo (SLU) consiste nel confronto tra il valore du*
ottenuto per la capacità ed il valore di riferimento per la domanda. Quest’ultimo è valutato
attraverso uno spettro analogo a quello utilizzato per la verifica degli elementi non strutturali
(punto 4.9), in corrispondenza di un periodo secante. L’utilizzo di un periodo secante per la
definizione della domanda di spostamento deriva da considerazioni di carattere dinamico, che non
emergono dal metodo dell’analisi limite dell’equilibrio. Infatti, in meccanismi di danno in cui il
fenomeno di ribaltamento sia prevalente, la struttura mostra un comportamento dinamico quasi
elastico non lineare, con bassa dissipazione isteretica e degrado limitato. Questo comportamento
fa sì che il modo generale di valutazione del performance point non colga appropriatamente alcuni
parametri della risposta dinamica, soprattutto in un determinato intervallo di spostamenti. Per una
ben approssimata valutazione di queste grandezze (in particolare lo spostamento massimo del
sistema, che rappresenta la domanda del terremoto) dallo spettro di risposta, risulta necessario,
quindi, eseguire il calcolo in corrispondenza di un periodo secante, che dipende dalla capacità
ultima di spostamento du* del sistema equivalente.
pag 145
Progettare in zona sismica
pag 146
Progettare in zona sismica
IL MODELLO 3MURI
Questa parte è una sintesi tratta dal testo in fase di pubblicazione:
Serena Cattari - Emanuela Curti - Alessandro Galasco - Sonia Resemini
Analisi sismica lineare e non lineare degli edifici in muratura
Teoria ed esempi di applicazione secondo OPCM 3274/03 e 3431/05
Edizioni SE - Napoli
67. Introduzione
Dall’osservazione dei danni indotti da terremoti reali e dall’analisi dei dati di prove sperimentali su
singoli pannelli in muratura (Anthoine et al., 1995) soggetti a forze orizzontali si riconoscono tre
fondamentali modi di collasso: per taglio, per scorrimento e per flessione-ribaltamento (rocking).
Discriminante per l’attivazione del meccanismo effettivo tra i tre è una combinazione di fattori di
diversa natura: la geometria del pannello (snellezza), l’entità del carico assiale e le caratteristiche
meccaniche del materiale muratura considerato.
Alcuni autori (Braga e Liberatore, 1991, D’Asdia e Viskovic, 1994, Gambarotta e Lagomarsino,
1996, Magenes e Della Fontana, 1998) hanno sviluppato la modellazione di pareti attraverso
modelli a telaio equivalente basati sulla formulazione non lineare di macroelementi rappresentativi
delle caratteristiche dei pannelli in muratura.
Il modello di macroelemento proposto da Gambarotta e Lagomarsino (Gambarotta et al., 1996) è
un modello a base meccanica in cui è formulato un legame costitutivo non lineare con
danneggiamento, degrado di resistenza con softening e degrado di rigidezza, che consente di
cogliere i modi di collasso tipici del pannello murario.
Questo modello costitutivo è alla base del codice di calcolo strutturale 3MURI (Galasco et al., 2002,
2004, Penna, 2002). Il codice permette di effettuare le principali procedure di analisi numerica
richieste in ingegneria sismica, in particolare anche in accordo con quanto descritto dall’Ordinanza
3431, su strutture in muratura bidimensionali e tridimensionali.
Il programma 3MURI è stato progettato, infatti, per eseguire analisi statiche incrementali non
lineari (in controllo di forza o in controllo di spostamento, ed, in particolare, mantenendo una
predeterminata distribuzione di forze - pushover -) e analisi dinamiche non lineari al passo. E’
possibile, inoltre, eseguire analisi statiche lineari ed analisi modali.
68. Il Macroelemento
La costruzione di un macroelemento, rappresentativo di un intero pannello murario, deve
permettere la formulazione di equazioni d’equilibrio che coinvolgano un numero limitato d’incognite
e deve poter rappresentare un modello cinematico capace di cogliere i meccanismi elementari di
deformazione, danneggiamento e dissipazione delle strutture murarie.
Si consideri un pannello di larghezza b e spessore s costituito di tre parti: la deformabilità assiale
sia concentrata nei due elementi di estremità c e e di spessore infinitesimo ∆, infinitamente rigidi
ad azioni taglianti, e la deformabilità tangenziale sia situata nel corpo centrale d di altezza h che,
viceversa, è indeformabile assialmente e flessionalmente.
Il modello cinematico completo per il macroelemento deve, quindi, contemplare i tre gradi di
libertà dei nodi i e j e quelli dei nodi di interfaccia c e d.
pag 147
Progettare in zona sismica
wj Nj
ϕj Mj Tj
j uj N2 j
∆ 3 u2 3 2 T2
M2 T2
2 M2
ϕ2 2
w2 N2
2 δ n
h m
φ 2
w1
ϕ1 N1
1 u1
1 T1
M1 T1
∆ 1 ui s
M1 1
i ϕi 1 i Ti
N1
wi
(a) (b) Mi
b Ni
N = kbsw
k 3 (0.1)
M= sb ϕ
12
pag 148
Progettare in zona sismica
La sezione si parzializza quando la risultante delle azioni esce dal nocciolo centrale d’inerzia e,
assumendo sezione rettangolare, ciò avviene se:
k 3 k 3
sb ϕ sb ϕ
M 12 12 b2 ϕ b
= = = ≤ (0.2)
N kbsw kbs w 12 w 6
ovvero in termini cinematici (essendo w<0 poiché si assume che il pannello non reagisca a
trazione):
−2 w
ϕ ≤ (0.3)
b
Questa relazione indica che se si applica un momento alla sezione, dopo aver esercitato una
compressione, la rotazione ϕ aumenterà linearmente, a spostamento verticale w costante, finché
sarà verificata la condizione sopraccitata.
y
ϕ
N
w
d
b s
Sezione parzializzata
Nel caso di sezione parzializzata, normale e momento non sono più sollecitazioni disaccoppiate; si
può dunque esplicitare la relazione che lega le grandezze cinematiche del problema. Esplicitando w
si ha:
pag 149
Progettare in zona sismica
ϕb −2 ϕ N
w= − (0.5)
2 ks
ϕ=−2w/b ϕ=2w/b ϕ
Interazione ϕ-w
ζb
z
x
φ wo
w wR
wmax = µ wR
σ
σR
In un successivo passo di carico, in cui il valore wmax sia minore del valore limite di wR , si ha uno
stato tensionale che dipende così, attraverso i parametri µ e ζ, dalla storia di carico precedente: le
fibre, che per effetto del precedente stato di spostamento hanno avuto un’escursione in campo
plastico, sono così caratterizzati da una rigidezza degradata k* funzione della duttilità:
k b
k * ( x , µ ,ζ ) = , x ∈ ( 21 − ζ ) b ; (0.6)
µ −1 2
x+1
ζb
pag 150
Progettare in zona sismica
La tensione assiale ha, dunque, andamento lineare nella zona non interessata dalla plasticizzazione
ed andamento più complesso nella zona plastica:
b
k ( − wo − ϕ x ) x ∈ − ;( 21 − ζ )b
2
σ (x) = (0.7)
k ( − wo − ϕ x ) bζ b
x ∈ ( 21 − ζ )b ;
( µ − 1)x + ζ b 2
Si evidenzia (Penna, 2002; Resemini, 2003) tuttavia come il tratto degradato possa essere
approssimato linearmente senza commettere un errore apprezzabile. Sulla base di questa
formulazione e di quest’ultima osservazione è possibile definire una semplice procedura di
correzione non lineare dei valori delle caratteristiche di sollecitazione ottenuti con il legame elastico
non reagente a trazione.
Per effetto della diversa distribuzione delle tensioni nei due casi, è possibile ottenere il valore dello
sforzo normale di compressione ponendo:
N = N el − N * (0.8)
pag 151
Progettare in zona sismica
1 γ p2
dove Y = è l’energia dissipata per effetto delle deformazioni anelastiche, R è la funzione di
2 cα 2
resistenza (tenacità) e S = {t n m} è il vettore delle tensioni interne al corpo 2. Si assume R
T
∆m
hm
Nel caso di analisi su edifici esistenti in muratura, questi parametri assumono i valori in seguito
riportati:
∆m 0.004 Taglio
δ mDL = = δu (0.16)
hm 0.006 Pressoflessione
Tali drift vengono considerati separatamente all’interno del macroelemento considerando gli
spostamenti e le rotazioni corrispondenti alla porzione centrale (in cui si concentra la deformabilità
a taglio) ed alle porzioni di estremità (in cui si ha la pressoflessione):
(u j − ui )
δ Taglio = + ϕe (0.17)
h
(ϕ i + ϕ j )
δ Pressoflessione = + ϕe (0.18)
2
Il superamento di tali limiti comporta la pressoché totale perdita di resistenza flessionale e
tagliante del pannello, che conserva una sia pur ridotta rigidezza assiale (diviene pertanto una
biella).
pag 152
Progettare in zona sismica
Mi Ni
Ti (ui ,wi,φi)
Per ciascun elemento, dunque, la pendenza del ramo elastico è determinata direttamente a partire
dal calcolo dei contributi di rigidezza a taglio e flessionale, computabili sulla base delle proprietà
meccaniche e geometriche (modulo elastico di Young E, modulo a taglio G e geometria del
pannello). I differenti contributi sono opportunamente assemblati nella matrice di rigidezza
elastica del singolo elemento.
I limiti elastici in termini di resistenza, relativi ai meccanismi di rottura considerati, coincidono con
il valore ultimo, poiché vige l’ipotesi di assenza di incrudimento. I meccanismi di rottura sono
quello per pressoflessione, taglio con fessurazione diagonale e taglio-scorrimento e corrispondono
rispettivamente a quanto previsto dall’ Ordinanza 3431 (punto 8.2.2 e punto 11.5.8.1).
In definitiva, nel caso della pressoflessione il momento ultimo è definito dalla (0.19), come al
punto 8.2.2.1.
pag 153
Progettare in zona sismica
l 2 ⋅ t ⋅ σ0 1 − σ0
Mu = ⋅ (0.19)
2 0.85 ⋅ fd
in cui l è la lunghezza complessiva della parete inclusa la zona tesa, t è lo spessore della zona
compressa, σo è la tensione normale di compressione media riferita all’area totale della sezione e
fd è la resistenza a compressione della muratura.
Tale formula si basa sull’ipotesi di materiale non reagente a trazione in cui è assunta un’opportuna
distribuzione non lineare delle compressioni (stress-block rettangolare con coefficiente pari a 0.85).
Per quanto riguarda il meccanismo di rottura per taglio per fessurazione diagonale, il taglio ultimo
è definito dalla (0.20), come al punto 11.5.8.1:
1.5τ0d σ0 f σ
Tu = l ⋅ t 1+ = l ⋅ t td 1 + 0 (0.20)
b 1.5τ0d b ftd
in cui ftd e τ0d sono rispettivamente i valori di calcolo della resistenza a trazione per fessurazione
diagonale (ft = 1.5 τ0) e della corrispondente resistenza a taglio di riferimento della muratura e b è
un coefficiente correttivo legato alla distribuzione degli sforzi sulla sezione, dipendente dalla
snellezza della parete (assunto pari a h/l, comunque non superiore a 1.5 e non inferiore a 1, dove
h è l'altezza del pannello).
Infine, riguardo al meccanismo di taglio-scorrimento (punto 8.2.2.2) :
Tu = l 'tfvd = l 'f(fvmo + µσn ) (0.21)
in cui l’ è la lunghezza della parte compressa della parete, fvm0 la resistenza media a taglio della
muratura, µ il coefficiente di attrito e σn la tensione normale media, riferita alla sola parte
compressa della sezione.
L’elemento trave si fonda su una correzione di tipo non lineare, a partire dalla previsione elastica,
operata confrontando le sollecitazioni con i limiti di resistenza conseguenti ai criteri sopraesposti ed
effettuando poi, nel caso in cui tale limite sia superato, un’opportuna ridistribuzione delle
caratteristiche di sollecitazione di taglio (costante lungo l’elemento in virtù dello schema di calcolo
ad azioni concentrate nei nodi) e momento flettente alle estremità, in modo tale da garantire
l’equilibrio dell’elemento stesso.
Si sottolinea la dipendenza dei limiti ultimi di resistenza dallo sforzo normale di compressione: ne
consegue che tali valori di confronto non sono una proprietà costante dell’elemento ma variano
durante l’analisi a seguito della ridistribuzione delle azioni sugli elementi coinvolti nel contributo
all’equilibrio globale del sistema strutturale.
Il legame introdotto è, come già precisato, degradante: la rigidezza di un elemento che abbia
superato la soglia di resistenza è pari alla rigidezza secante corrispondente al massimo stato di
spostamento in cui sia venuto a trovarsi (figura 3.8). A tale fine sono definite delle variabili di
danno, associate rispettivamente alle caratteristiche di sollecitazione di taglio e momento flettente
(una per ciascun estremo dell’elemento). Esse sono atte a memorizzare il massimo stato di
spostamento raggiunto e, conseguentemente, lo stato di danneggiamento e di sollecitazione
realizzatisi nella storia precedente dall’elemento. Tali variabili possono essere comprese tra 0 (fase
iniziale elastica) e 1 (nel caso limite di duttilità infinita), essendo correlate al rapporto tra il valore
della caratteristica di sollecitazione (taglio e/o momento), fornito dalla previsione elastica con
rigidezza iniziale, e quello variato secondo la rigidezza secante a seguito del superamento della
soglia elastica.
pag 154
Progettare in zona sismica
Tu
δu δ
69. La modellazione
La modellazione tridimensionale implementata è diretta conseguenza dell’osservazione del
comportamento di edifici reali e di prove sperimentali che hanno permesso di introdurre alcune
ipotesi sul funzionamento strutturale delle costruzioni in muratura.
Come già evidenziato precedentemente, i meccanismi di danno osservati negli edifici possono
essere suddivisi in due categorie a seconda del tipo di risposta delle pareti e del loro mutuo grado
di connessione: i cosiddetti meccanismi di primo modo, in cui sono coinvolte pareti o porzioni di
pag 155
Progettare in zona sismica
esse sollecitate ortogonalmente al proprio piano, e di secondo modo in cui la parete risponde
all’azione sismica nel proprio piano.
Operazione preliminare al fine di una corretta simulazione è la comprensione e l’identificazione
della struttura resistente ai carichi verticali ed orizzontali all’interno della costruzione in muratura:
tali elementi tipicamente sono costituiti dalle pareti e dagli orizzontamenti.
Alle pareti si attribuisce il ruolo di elementi resistenti, sia nei riguardi dei carichi verticali sia
orizzontali; agli orizzontamenti (solai, volte, coperture) invece si riconosce il ruolo di riportare alle
pareti i carichi verticali gravanti su di essi e di ripartire, come elementi di irrigidimento di piano, le
azioni orizzontali sulle pareti di incidenza.
La modellazione della parete
Divisa la parete in tratti verticali corrispondenti ai vari piani e nota l'ubicazione delle aperture,
vengono determinate le porzioni di muratura, maschi murari e fasce di piano, in cui si concentrano
deformabilità e danneggiamento (come è verificabile dalle osservazioni dei danni di sismi reali, da
simulazioni sperimentali e numeriche) e che vengono modellate con i macroelementi finiti
bidimensionali, rappresentativi di pannelli murari, a due nodi con tre gradi di libertà per nodo (ux,
uz, roty) e due gradi di libertà aggiuntivi interni.
Le restanti porzioni di parete vengono dunque considerate come nodi rigidi bidimensionali di
dimensioni finite, a cui sono connessi i macroelementi; questi ultimi trasmettono, ad ognuno dei
nodi incidenti, le azioni lungo i tre gradi di libertà del piano. Nella descrizione di una singola parete
i nodi sono individuati da una coppia di coordinate (x,z) nel piano della parete e dalla quota z
corrispondente a quelle degli orizzontamenti; i gradi di libertà di cui disporranno saranno
unicamente ux, uz, roty (nodi bidimensionali).
Grazie a questa suddivisione in nodi ed elementi, il modello della parete diviene quindi del tutto
assimilabile a quello di un telaio piano.
NODO
RIGIDO
FASCIA
MASCHIO
Durante l’assemblaggio della parete si considereranno le eventuali eccentricità fra i nodi del
modello e gli estremi dei macroelemeti: considerati gli assi baricentrici degli elementi, questi
potrebbero non coincidere con il nodo, nei blocchi rigidi si potrà quindi verificare un’eccentricità tra
il nodo del modello e quello dell’elemento deformabile.
pag 156
Progettare in zona sismica
Questa operazione viene effettuata applicando una opportuna matrice di estremo rigido alla
matrice delle rigidezze dell’elemento medesimo.
La modellazione strutturale richiede inoltre la possibilità di inserire travi ovvero prismi elastici a
sezione costante, individuati nel piano dalla posizione dei due nodi di estremità. Noti la lunghezza
(dimensione prevalente), l’area, il momento di inerzia ed il modulo elastico è possibile ricostruire
la matrice di rigidezza (applicando le regole del legame elastico) e, assumendo, che permangano
indefinitamente in campo elastico, si applicano le consuete formulazioni del legame elastico (Petrini
et al., 2004; Corradi dell’Acqua, 1992).
Oltre alla presenza di vere e proprie travi (architravi o cordoli in c.a.) il modello prevede la
presenza di dispositivi catena: queste strutture metalliche, sono sprovviste di rigidezza flessionale
e perdono ogni efficacia nel caso divengano compresse. Questa loro peculiarità comporta un
ulteriore elemento di non linearità nel modello: la rigidezza complessiva del sistema deve diminuire
qualora una catena tesa divenga compressa e deve aumentare nel caso contrario.
Un’altra caratteristica di questi elementi è la possibilità di assegnare una deformazione iniziale ε0,
che determina una forza Fc= EAε0; dal punto di vista statico, una volta determinato il vettore
globale delle forze di precompressione fc, basterà applicarlo alla struttura come se fosse un carico
esterno.
La modellazione tridimensionale
Nella modellazione spaziale le pareti costituiscono gli elementi resistenti, nei riguardi dei carichi sia
verticali, sia orizzontali; gli orizzontamenti (solai, volte, coperture) invece riportano alle pareti i
carichi verticali gravanti su di essi e ripartiscono le azioni orizzontali sulle pareti di incidenza. La
struttura risulta così modellata dall’assemblaggio di strutture piane: le pareti e gli orizzontamenti,
entrambi privi di rigidezza flessionale fuori dal piano.
Precedentemente è stata illustrata la procedura di modellazione a macroelementi delle pareti in
muratura sollecitate nel proprio piano. Tale strumento costituisce il punto di partenza importante
per la modellazione del comportamento globale basata proprio sul comportamento delle pareti nel
proprio piano. Tuttavia, l’estensione della procedura alla modellazione tridimensionale non è
affatto banale. La strada scelta è quella di conservare la modellazione delle pareti nel proprio piano
ed assemblandole ad altre strutture, gli orizzontamenti, anche dei quali viene modellato il
comportamento membranale.
Il modello dell’edificio viene ad assumere così globalmente masse e rigidezze su tutti i gradi di
libertà tridimensionali tenendo conto però, localmente, dei soli g.d.l. nel piano (nodi
bidimensionali).
pag 157
Progettare in zona sismica
Parete 2
Parete 1
O2
Y
O1
θ1 θ2
X
Individuazione in pianta della traccia delle pareti
I nodi di connessione, appartenenti ad una sola parete, mantengono i propri gradi di libertà nel
piano nel riferimento locale, mentre i nodi che appartengono a più pareti (localizzati nelle incidenze
di queste ultime) debbono necessariamente disporre di gradi di libertà nel riferimento globale (nodi
tridimensionali). Questi nodi, in virtù dell’ipotesi di trascurare la rigidezza flessionale delle pareti,
non necessitano di un grado di libertà rotazionale intorno all’asse verticale Z in quanto non
connessi ad elementi in grado di fornire termini di rigidezza rotazionale locale. I nodi rigidi
tridimensionali, rappresentativi di situazioni quali cantonali e martelli, ottenuti come assemblaggio
di virtuali nodi rigidi bidimensionali individuati in ciascuna delle pareti incidenti. Essi hanno
componenti di spostamento generalizzato secondo 5 gradi di libertà: 3 spostamenti, ux, uy e uz, e 2
rotazioni φx e φy. Le relazioni tra le 5 componenti di spostamento e rotazione del nodo
tridimensionale e le 3 del nodo bidimensionale fittizio, appartenente alla singola, parete sono
perciò date dalle
u = ux cosθ + uy sin θ
w = uz (0.23)
ϕ = ϕ sin θ − ϕ cosθ
x y
in cui con u, w e φ si sono indicate le 3 componenti di spostamento secondo i gradi di libertà del
nodo fittizio appartenente alla generica parete orientata in pianta secondo un angolo θ.
Analogamente anche le forze applicate ai nodi tridimensionali vengono scomposte secondo le
direzioni individuate dai piani medi delle pareti ed applicate, così, ai macroelementi nel loro piano
di resistenza.
pag 158
Progettare in zona sismica
φ
uz = w φy
φx u
uy ux
Y X
Le forze reattive trasmesse dai macroelementi appartenenti alle singole pareti ai nodi fittizi
bidimensionali vengono riportate nel riferimento globale in base alle
Fx = Fh1 cosθ 1 + Fh2 cosθ 2
Fy = Fh sin θ 1 + Fh sin θ 2
1 2
Fz = Fv + Fv
1 2
(0.24)
M = M 1 sin θ + M 2 sin θ
x 1 2
M y = − M 1 cosθ 1 − M 2 cosθ 2
in cui, come riportato in figura, i termini con apice 1 e 2 fanno riferimento rispettivamente ai
termini di forza corrispondenti ai nodi virtuali individuati nelle pareti 1 e 2 cui il nodo
tridimensionale appartiene.
Fz
M2 M1
2 Mx My
F
v Fv1
Fv1
Fh2 Fy Fx
Y X
La modellazione della parete può così ancora avvenire nel piano, recuperando quanto descritto nel
capitolo precedente. I nodi che appartengono ad una sola parete rimangono bidimensionali,
ovvero mantengono solo 3 gradi di libertà anziché 5.
I solai, modellati come elementi finiti a membrana ortotropa a 3 o 4 nodi, con due gradi di libertà
per nodo (gli spostamenti ux e uy), sono identificati da una direzione di orditura, rispetto alla quale
sono caratterizzati da un modulo elastico E1. E2 è il modulo elastico in direzione perpendicolare
pag 159
Progettare in zona sismica
y
k
i
j
x
L’elemento a quattro nodi è ottenuto come media del contributo delle due coppie di elementi a tre
nodi secondo cui è possibile suddividere il quadrilatero. In tal modo è possibile modellare con un
unico elemento campiture di solaio di forma quadrilatera irregolare, con generica direzione di
orditura.
y
k k k
l l l
d
=½ + f
c e
i i i
j j j
x
La matrice di rigidezza coinvolge, ovviamente, i soli nodi tridimensionali di incidenza del solaio,
mentre il contributo dei carichi verticali, propri o portati, viene attribuito in termini di massa nodale
aggiunta a tutti i nodi, anche a quelli a 3 g.d.l., appartenenti alle pareti di incidenza alla quota di
piano del solaio; tale massa aggiuntiva viene calcolata in base alle aree di influenza di ciascun
nodo, tenendo conto della direzione di orditura del solaio.
Si è reso necessario, a causa delle ipotesi semplificative illustrate in precedenza, costruire una
nuova matrice di inerzia in cui i contributi alla massa dei nodi a tre gradi di libertà in direzione
ortogonale alle pareti di appartenenza siano riportati ai nodi a cinque gradi di libertà.
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Progettare in zona sismica
l Mx
J
My
x
Mx My
Z α
Y
Poiché i nodi bidimensionali sono privi di gradi di libertà ortogonali al piano della parete di
appartenenza, nel calcolo delle masse è trasferita la quota di massa nodale, in tale direzione, ai
nodi tridimensionali vicini, in proporzione alla mutua distanza ed in modo che la massa complessiva
del sistema nelle direzioni X ed Y sia coerente. Nel modello sono cioè considerate due distinte
masse nodali nelle due direzioni orizzontali per i nodi tridimensionali.
Con riferimento alla figura precedente, i termini di massa nodale del nodo I si ottengono dalle
seguenti relazioni:
l−x
M xI = M xI + m(1 − cos α )
l
(0.25)
l−x
M yI = M yI + m(1 − sinα )
l
Questa soluzione ha permesso così di implementare analisi statiche con componenti di
accelerazione nelle tre direzioni principali ed analisi dinamiche al passo anch’esse con la possibilità
di specificare contemporaneamente tre componenti di input nelle tre direzioni.
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Progettare in zona sismica
L’Ordinanza 3431 precisa la massa da impiegare, nell’ambito delle analisi sismiche, calcolata
combinando le masse dovute ad azioni permanenti con una parte di quelle dovute ad azioni
variabili; questa combinazione differisce da quella da impiegarsi per l’applicazione delle azioni
verticali. Diviene quindi necessario distinguere, in fase di analisi, nell’ambito delle azioni variabili,
fra la massa eccitata dinamicamente e la massa che invece agisce staticamente sull’edificio (punto
3.3) .
L’Ordinanza 3431 prevede, inoltre, l’attribuzione di eccentricità accidentali, ovvero, per
contemplare eventuali incertezze nel posizionamento delle masse, impone di considerare, in ogni
piano, un centro di massa opportunamente traslato di una quantità pari al 5% della direzione
massima ortogonale all’azione sismica.
Il programma prevede l’introduzione delle eccentricità accidentali ex ed ey al fine di permettere la
determinazione, per ogni piano, di una configurazione di masse modificata (in direzione X ed Y) in
modo tale da fornire il baricentro nella posizione richiesta, senza alterare la massa verticale
complessiva del sistema.
La generica massa modificata m% k è calcolata tramite un coefficiente α, comune a tutte le
masse di piano, che controlla la variazione rispetto alla configurazione di partenza:
%k = m k ( 1 + α ( x k − x G ) ) .
m (0.26)
La quantità xk indica la posizione della massa k-esima, mentre xG la posizione originale del
baricentro.
La nuova configurazione di masse dovrà produrre un baricentro traslato dell’eccentricità e
assegnata, a parità di massa complessiva:
piano
∑ m% (x
k
k k − xG ) =mtot ⋅ e . (0.27)
Il coefficiente α sarà determinato, per ogni piano, a partire dalla relazione (0.27) che sviluppata
porta a :
piano piano
∑ m (x
k
k k − xG ) +α ∑ mk ( xk − xG )2 =mtot ⋅ e .
k
(0.28)
Le masse nodali modificate sono conservate distintamente dalle masse originarie ed utilizzate, in
luogo della precedenti, nelle analisi che lo richiedano, ovvero ove vada considerato un
comportamento dinamico.
L’analisi incrementale in controllo forze
L’Analisi in controllo forze, in campo elastico, è diretta applicazione dei principi della scienza delle
costruzioni: individuati i gradi di libertà (g.d.l.) identificanti la struttura e nota la matrice di
rigidezza è imposto un campo di forza arbitrario e sono vincolati alcuni spostamenti. Imponendo
l’equilibrio rispetto ad ogni g.d.l. troviamo un sistema lineare di n equazioni in n incognite,
facilmente risolvibile mediante un approccio matriciale. Questo procedimento è impiegato per
eseguire analisi statiche lineari secondo l’Ordinanza 3431: il solutore determina il campo di forze
da applicare, considerando le masse nodali e le quote, e procede col controllo forze.
Più complessa è la risoluzione del problema nel caso intervenga la non linearità del legame: il
sistema è ancora costituito dalle n equazioni di equilibrio, ma queste non sono più lineari: la
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Progettare in zona sismica
∆F
∆s s
Applicando ulteriori incrementi di forza non è possibile superare la resistenza massima offerta dal
materiale, oltre questo limite si perderebbe l’unicità della soluzione (solo l’analisi in controllo di
spostamenti permette di analizzare questa fase).
Questa procedura di analisi è utilizzata per un’analisi a solo peso proprio, o più in generale per
simulare un’accelerazione complessiva impressa al sistema nei tre gradi di libertà spaziale
(ovviamente imponendo ax =ay=0, az = -9.81 m/s2 si ottiene un’analisi a solo peso proprio). Il
solutore determina le masse agenti sui nodi e le loro eccentricità, applica l’accelerazione introdotta,
determina un campo di forze e momenti (dovuti alla presenza di eccentricità) da applicare al
modello mediante un controllo forze.
Mediante il controllo forze è inoltre possibile aggiungere ulteriori carichi gravanti in modo
puramente statico, prima di effettuare analisi dinamiche o statiche non lineari.
L’analisi incrementale in controllo spostamenti
L’analisi in controllo di spostamenti prevede la determinazione dello stato di spostamento e delle
reazioni vincolari, assegnando un valore arbitrario ad un certo numero di gradi di libertà. Si
avranno così spostamenti imposti nulli (quelli che nel controllo forze erano g.d.l. vincolati) e
spostamenti imposti a valori diversi da zero.
Imponendo un campo di spostamento piuttosto che un campo di forze è possibile apprezzare il
decadimento di una struttura oltre la sua resistenza massima: ovvero raggiunta questa condizione
limite il materiale non potrà sopportare incrementi di carico, ma potrà sopportare ulteriori
incrementi di deformazione a patto di ridurre le forze applicate.
∆F2
∆F1
∆s1 ∆s2 s
Curva forza-spostamento in controllo spostamenti
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Progettare in zona sismica
L’analisi pushover
Un’analisi pushover è un’analisi statica monotona, condotta in controllo di spostamenti,
sottoponendo la struttura ad una distribuzione di forze orizzontali i cui rapporti relativi vengono
mantenuti invariati (variando ovviamente la risultante totale) al crescere degli spostamenti.
In pratica si controlla lo spostamento orizzontale di un punto (un nodo della struttura, il punto di
applicazione della risultante, etc.) imponendo che gli spostamenti orizzontali dei vari piani
assumano valori tali da far corrispondere la deformata a quella conseguente all’applicazione delle
forze orizzontali di piano secondo l’assegnata distribuzione. Tale procedimento è ottenuto
attraverso operazioni matriciali che isolano il grado di libertà controllato e operano sulla matrice di
rigidezza in modo da imporre analiticamente il rapporto di forze richiesto (Galasco et al., 2001) .
La scelta della distribuzione di forze è un passo molto importante per la realizzazione di analisi
pushover: assumere distribuzioni diverse, nell’ambito di quelle ragionevoli, non produce grandi
variazioni in termini di resistenza, ma può influire notevolmente sul meccanismo di collasso.
Ovviamente, rispetto ad un’analisi statica incrementale, l’analisi pushover consente di cogliere
anche il tratto di softening dopo il raggiungimento della resistenza massima e di seguire
l’instaurarsi del meccanismo di collasso. Questa procedura è utilizzata per eseguire analisi statiche
non lineari: in tal caso la distribuzione di forze può essere ottenuta automaticamente. Il solutore,
scelto il nodo di controllo e lo spostamento da applicare (direzione x o y) provvede a determinare i
rapporti di forze coerenti con l’Ordinanza 3431:
Distribuzione proporzionale alla masse: con riferimento ai gradi di libertà
diretti lungo la direzione dello spostamento impresso, si determinano le masse nodali, agenti
dinamicamente, eventualmente corrette per considerare l’eccentricità di progetto (punto 8.1.5.4) e
queste forniscono i rapporti di forze da impiegare nella pushover.
Distribuzione proporzionale alla masse ed alle altezze: tale distribuzione è assimilabile
alla distribuzione della prima forma modale (punto 8.1.5.4 e punto 4.5.2). In questo caso, i
rapporti di forze saranno ottenuto moltiplicando le masse nodali (eventualmente corrette per
considerare l’eccentricità di progetto) per la quota del nodo di appartenenza.
La curva ottenuta mediante l’analisi pushover permette di calcolare la curva di capacità, come
descritto nel Capitolo 2.
L’analisi dinamica non lineare
Durante un evento sismico il terreno subisce un’accelerazione e trascina con sè l’edificio che viene
messo in movimento. Il sistema strutturale non è più regolato dalle equazioni di equilibrio statico
ma è entra nel campo della dinamica, quindi dopo aver discretizzato l’insieme in un certo numero
di g.d.l., ciascuno dotato di una propria massa traslazionale e rotazionale, si può applicare la
seconda legge di Newton: ∑ Fi = ma .
i
Il sistema risolvente non è più algebrico ma, coinvolgendo derivate prime (velocità) e seconde
(accelerazioni) dello spostamento diviene differenziale:
.. . ..
M q(t ) + D q(t ) + Kq(t ) = −M u(t ) (0.31)
La q(t) denota il vettore degli spostamenti nodali, ü(t) il vettore delle accelerazioni al suolo,
mentre M,D,K sono rispettivamente la matrice di massa, la matrice di smorzamento viscoso e la
matrice di rigidezza elastica.
Il programma assume uno smorzamento viscoso descritto mediante una matrice di smorzamento
alla Rayleigh:
D = α M+β K (0.32)
I coefficienti α e β possono essere valutati imponendo che nel range di pulsazioni (ω1;ω2) lo
smorzamento viscoso sia circa costante e pari, ad esempio, a 0.05. Per determinare i valori di ω1 e
ω2 si può, in via approssimativa, schematizzare il comportamento della struttura tramite un
oscillatore semplice elastico perfettamente plastico (con duttilità µ). Alle due pulsazioni considerate
si fanno corrispondere due valori della rigidezza della struttura: ad ω1 quella iniziale elastica, ad ω2
quella secante corrispondente allo stato limite ultimo ipotizzato per il sistema. La pulsazione ω1 si
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Progettare in zona sismica
assume pari alla pulsazione propria della struttura; la pulsazione ω2 si stima in via semplificata
direttamente a partire da ω1 assumendo una duttilità µ opportuna. Ne consegue:
ω1
ω2 = (0.33)
µ
Infine, i valori dei due coefficienti sono ricavabili risolvendo il sistema di equazioni (0.34), in cui si
impone che per i due valori di pulsazione ω1 e ω2 lo smorzamento viscoso ξ sia pari al 5%.
α βω1
ξ = 0.05 = 2ω 1
+
2
(0.34)
ξ = 0.05 = α βω 2
+
2ω 2 2
Nella (0.34), l’espressione di ξ è stata ottenuta semplicemente esplicitando i termini della matrice
espressa dalla (0.32).
0.3
0.25
0.2
0.15
ξ
0.1 ω2 ω1
0.05
0
0 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50
I valori di tali parametri α e β sono da valutarsi differentemente per le analisi nelle due direzioni.
Infatti, per esempio, la pulsazione ω1 sarà assunta pari a quella corrispondente al primo modo in X
per l’analisi in direzione X (e di conseguenza omega 2) e analogamente si farà in Y.
L’analisi sismica di edifici in muratura richiede lo studio di sistemi non lineari soggetti a forzanti
esterne descritte da accelerogrammi, cioè da successioni di accelerazioni misurate al suolo a
intervalli di tempo regolari; questo tipo di input, unito alla non linearità del legame, si presta ad
un’analisi numerica che proceda per intervalli (step) temporali. Il metodo di Newmark si propone di
trasformare il sistema differenziale in un sistema algebrico; per fare ciò, scelto un opportuno step
temporale ∆t, esplicita i valori di velocità e spostamento (l’accelerazione è ricavata a partire da
questi ultimi) in funzione dei valori trovati al passo precedente. Questo metodo ha permesso di
ricondurre il sistema differenziale ad un problema unicamente algebrico. Questa procedura
permette di realizzare analisi dinamiche non lineari coerentemente con l’Ordinanza 3431: eventuali
eccentricità di progetto saranno introdotte considerando, nell’assemblaggio della matrice di massa,
le masse nodali corrette secondo quando descritto precedentemente. Inoltre, prevedendo prima
un’analisi in controllo forze, si possono inserire carichi non eccitabili dinamicamente distinguendo
così fra una un contributo avente carattere prettamente statico ed un contributo che oltre a
gravare staticamente si attiva durante un’azione dinamica (punto 3.3).
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Progettare in zona sismica
Definizione geometria
Caratteristiche struttura
Analisi
No
Verificato?
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Progettare in zona sismica
73. Parete
Le pareti sono la base per la definizione dei pannelli murari, delle travi, delle catene e dei pilastri.
Nessun oggetto potrà essere inserito al di fuori di questi percorsi. La parete deve essere una
sintesi del disegno architettonico della struttura da modellare sia sul piano orizzontale che
verticale. Le pareti sono accessibili a tutti i livelli e possono essere cancellate, aggiunte o
modificate per mezzo delle funzioni dedicate, in qualsiasi fase della progettazione.
Quando si inserisce una parete, viene attivato automaticamente lo SNAP ai nodi esistenti o allo
sviluppo di un’altra parete già inserita. Le pareti sono segmenti cha vanno da nodo a nodo (nodo
di parete di TIPO 1, nodo di vertice).
Le pareti definite come “a contatto” con un’altra parete generano un nuovo nodo che NON spezza
graficamente la parete di contatto (nodo di parete di TIPO 2, nodo di vertice per una parete e di
contatto per un’altra).
Le pareti possono produrre un terzo tipo di nodo, che deriva automaticamente dal calcolo delle
intersezioni tra pareti. Questi nodi (nodo di parete di TIPO 3, nodo solo intermedio) sono
rappresentati in grafica poiché possono essere utili all’inserimento degli elementi descrittivi delle
pareti (pannelli, travi, catene).
TIPO 1
TIPO 2
TIPO 3
Inserire una parete non vuol dire inserire obbligatoriamente una muratura. La parete è una entità
di sintesi che viene inserita esclusivamente utilizzando il comando parete (contenuto nell’ ambiente
Pareti) e rappresenta un “manichino” che il progettista andrà a “vestire” nell’ambiente Struttura.
74. Struttura
Quando si entra nell’ ambiente Struttura, si procede alla fase di “vestizione” della parete con
elementi strutturali che possono essere murature, travi o catene.
Attivando l’ambiente Strutture, tutte le pareti vengono trasformate in segmenti che diventano
oggetto di vestizione. Ogni parete può esser suddivisa in più segmenti attraverso l’inserimento del
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
• ampia disponibilità di elementi finiti (lineari, superficiali, lineari e non lineari) per una
corretta modellazione
• chiarezza e completezza dei risultati.
• fondatezza scientifica ed affidabilità del solutore e possibilità di controllo circa la bontà dei
risultati
• completezza di opzioni offerte per la descrizione del modello
• assistenza del produttore
È importante rilevare che le dimensioni fornite dal predimensionamento possono non essere
corrette e quindi, dopo la verifica, occorre variare la geometria iniziale ripetendo la sequenza di
calcolo.
Infatti, i parametri che incidono sulle dimensioni necessarie degli elementi, sono numerosi (modi di
vibrare che determinano le sollecitazioni sismiche, analisi spaziale della struttura, valutazione della
gerarchia delle resistenze con presa in conto di sollecitazioni convenzionali) ed è molto difficile
prevedere a priori le dimensioni corrette.
Per questo la flessibilità è uno dei parametri più importanti per la valutazione del software.
Si può dire che i software sono classificabili tra due poli per alcuni aspetti contrastanti, e cioè:
- elevato livello di automatismo (gran parte della struttura è predefinita con scarsa possibilità di
intervenire sugli aspetti ingegneristici) ma scarsa capacità tecnica (le opzioni di modellazioni
sono fisse o difficilmente gestibili, o addirittura carenti).
- elevata flessibilità ingegneristica (si può fare qualsiasi cosa con tutte le opzioni possibili) ma
maggior fatica per la costruzione del modello (maggior difficoltà di input).
Occorre trovare un punto di equilibrio tra queste due componenti valutando attentamente il
problema da esaminare.
Per esempio per quanto riguarda la modellazione dei piani rigidi, esistono diverse soluzioni.
Alcune sono pressoché automatiche per quanto riguarda i per solai orizzontali, ma non funzionano
per solai inclinati, quindi lo schema risulta carente.
Altre, meno semplici come utilizzo, consentono però di applicarsi in qualsiasi caso.
Altro esempio è il collegamento tra elementi lineari (travi) e setti verticali.
In alcuni casi non viene preso in conto l’incastro tra questi due elementi e questo non risulta
neanche documentato.
È necessario quindi grande attenzione a valutare tutte le specifiche del software in suo e non
acquistare “a scatola chiusa”.
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
Dalla tabella si evidenzia come la quota maggiore di tempo è impegnata per la fase di introduzione
dei dati e studio del modello
La quota dedicata all’analisi delle azioni sismiche e verticali è certamente inferiore rispetto agli altri
fattori, perché svolta completamente in automatico dal software.
Anche la fase di verifica/progetto degli elementi strutturali, data la sua elevata ripetitività, è
fortemente automatizzabile, con scarsa probabilità di commettere errori.
Questa tabella, se fosse ancora il caso, dimostra quanto affermato in introduzione, è cioè che il
vero problema è la modellazione delle strutture.
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
(i) (j)
M Sdv M Sdv M Sd
(i) (j)
M Sd
L L
(i) (j)
M Sd
(j) V Sds = M Sd+
L
V Sdv,max
(j)
V Sdv,min V Sds
(i)
V Sdv,max V Sds
(i)
V Sdv,min
Per le strutture in CD ”A” gli sforzi di calcolo di taglio si ottengono sommando il contributo dovuto
ai carichi verticali allo sforzo di taglio prodotto dai momenti resistenti delle sezioni di estremità,
amplificati del fattore γ Rd = 1.20 .
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Progettare in zona sismica
(i) (j)
M Sdv M Sdv (i)
M Rd
(j)
M Rd
L L
(i) (j)
M Rd
(j)
V Sds = γRd M Rd+
L
V Sdv,max
(j)
V Sdv,min V Sds
(i)
V Sdv,max V Sds
(i)
V Sdv,min
Si considereranno due valori dello sforzo di taglio, massimo e minimo, assumendo rispettivamente
la presenza e l’assenza dei carichi variabili e momenti di estremità con i due possibili segni, da
assumere in ogni caso concordi.
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Progettare in zona sismica
bp
hp pilastro
<hp /2 <hp /2
A A
trave a spessore
sezione A-A
h
b<0.25 h
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Progettare in zona sismica
hcrit,t
5 cm
hcrit,p
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Progettare in zona sismica
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Progettare in zona sismica
hcrit,t
5 cm
hcrit,p
α = γ Rd
∑ M Rt
∑M p
nella quale γ Rd = 1.20
∑ M Rt è la somma dei momenti resistenti delle travi convergenti in un nodo, aventi verso
concorde
∑ M p è la somma dei momenti nei pilastri al di sopra e al di sotto del medesimo nodo,
ottenuti dall’analisi.
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Progettare in zona sismica
sup
M p1 Direzione 1
sin des
sin
M Rt1
des
M Rt1 α1=γRd M Rt1 + M Rt1
sup inf
M pl1 - M pl1
Convenzione di segno
inf
relativa ai momenti
M p1 flettenti agenti
sup
M p2 Direzione 2
sin des
sin
M Rt2
des
M Rt2 α2=γRd M Rt2 + M Rt2
sup inf
M pl2 - M pl2
inf
M p2
sup
M p2 Direzione 1 o 2 (memnti ai pilastri di segno concorde)
inf
M p2
Nel caso in cui i momenti nei pilastri siano di verso discorde, il solo valore maggiore va posto al
denominatore del fattore α , mentre il minore va sommato ai momenti resistenti delle travi.
Il fattore di amplificazione α deve essere calcolato per entrambi i versi della azione sismica,
applicando il fattore di amplificazione calcolato per ciascun verso ai momenti calcolati nei pilastri
con l’azione agente nella medesima direzione.
Per la sezione di base dei pilastri del piano terreno si applica il maggiore tra il momento risultante
dall’analisi ed il momento utilizzato per la sezione di sommità del pilastro.
Non si applicano fattori di amplificazione alle sezioni di sommità dei pilastri dell’ultimo piano.
Al valore del momento di calcolo ottenuto applicando la procedura suddetta deve essere associato
il più sfavorevole valore dello sforzo normale ottenuto dall’analisi, per ciascun verso dell’azione
sismica.
Per le strutture in CD”A”, gli sforzi di taglio nei pilastri da utilizzare per sup
M Rp
le verifiche ed il dimensionamento delle armature si ottengono dalla
condizione di equilibrio del pilastro soggetto all’azione dei momenti
s i
resistenti nelle sezioni di estremità superiore M Rp ed inferiore M Rp
secondo l’espressione:
V Sd
s i
M Rp + M Rp
VSd = γ Rd
lp lp
nella quale γ Rd = 1.20 , l p è la lunghezza del pilastro.
V Sd
inf
M Rp
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