m e n s i l e d i m u s i c a c i n e m a l i b r i p o l i t i c a e a t t u a l i t à
ISSN 1121-354X
Poste Italiane Spa - Sped. in a. p. - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, DCB - Roma
9!BLF<G<:RTSOOUoY\Z[ZkZcZg
PRIMO PIANO: NO NUKES, QUESTIONE MORALE, PRIMO MAGGIO, SPERIMENTAZIONE ANIMALE, SPAZIO 211 MUSICA: ANNA CALVI, VINICIO CAPOSSELA, BOB DYLAN, CAT’S EYES,
DENNIS COFFEY, THE HACIENDA CINEMA: QUALE FUTURO?, HABEMUS PAPAM, CARMELO BENE, LIP SERVICE LIBRI: MIGUEL SYJUCO, MAURO COVACICH, INIO ASANO, JONATHAN FRANZEN
presenta
DAY#
DAY# 1:
1 SABATO
SABATO 3 SETT
SETTEMBRE
TEMBRE 2
2011
011
INFO:
INFO: PREVENDITA: + PREVENDITE ABITUALI
UALI
MUCCHIO
6 OPEN
Lettere aperte
LINK pp. 32
57MUSICA
Art Direction: Linda Robinson
una barca”
In redazione (redazionespettacoli@ilmucchio.it): (Vinicio Capossela)
Valentina Cassano (valentinacassano@ilmucchio.it)
58 INTERVISTE
Beatrice Mele (beatricemele@ilmucchio.it)
Andrea Provinciali (andreaprovinciali@ilmucchio.it)
Comitato di redazione:
Massimo Del Papa (maxdelpapa@gmail.com) Cat’s Eyes, Dennis Coffey
Federico Guglielmi (MD7213@mclink.it)
66 SOUNDLAB
Luca Castelli (lucacastelli@yahoo.it)
Eddy Cilìa (e.cilia@inwind.it)
Damir Ivic (damir@iol.it)
Aurelio Pasini (aurelio.pasini@tin.it)
Falty DL, Boxcutter, Morphosis, Time Warp, Record Store Day
Collaboratori: Fabio Massimo Arati, Simone Arcagni,
70 SUL PALCO
Paolo Arduini, Carlo Babando, Luca Baldazzi, Gabriele
Barone, Michele Benetello, Luca Bernini, Riccardo
Bertoncelli, Paolo Bianchi, Antonio Bibbò, Alessandro
Bolli, Annarita Briganti, Alessio Brunialti, Gianpiero
Caldarella, Fabio Cagnetti, Chiara Colli, Liborio Conca, Twilight Singers, Deerhunter, Paolo Benvegnù, Cristina Donà, Giovanni Lindo Ferretti
74 STORIE DI R’N’R
Marco Di Marco, Claudia Durastanti, Marco Drago,
Florinda Fiamma, Beatrice Finauro, Manano Foschini,
Nicoletta Gemmi, Giulia Guiducci, Chiara Lalli, Claudio
Lancia, Paride Leporace, Federica Linke, Giovanni Linke,
Simone Mercurio, Umore Maligno, Ilaria Mancia, The Ballad Of Billy The Kid di Billy Joel
Claudia Mangano, Andrea Marotta, Giorgio Nerone,
76 RECENSIONI
Francesca Ognibene, Riccardo Orioles, Giuliano Ortali,
Gabriele Pescatore, Alex Pietrogiacomi, Vittorio Pio,
Massimo Pirotta, Elena Raugei, Filippo Ricca, Mario
Rumor, Hamilton Santià, Alessandra Sciamanna, Diego
Sileo, Daniele Silipo, Stefano Solventi, Antonio Danger Mouse - Daniele Luppi, TV On The Radio, Fleet Foxes, Booker T. Jones, Mick Harvey, Feelies,
Tettamanti, Cristiano Tinazzi, Marco Tonus, Giancarlo Okkervil River, Paul Simon, Steve Earle, Beastie Boys, Tamikrest, Jesse Sykes, EMA, Daniele Silvestri,
Turra, Gianluca Veltri, Marco Vicari, Carlotta Vissani, J.Rocc, This Will Destroy You, Leisure Society, Guillemots, Amon Tobin, Raveonettes, Wild Beast,
Antonio Vivaldi, Dario Zonta Donkeys, Young Widows, Foo Fighters, Papercuts, Glasvegas, k.d. lang, Lykke Li, Holly Golightly,
Foto: Stefano Masselli, Ilaria Magliocchetti Lombi Golden Kanine, Little Scream, Gavin Friday, James Pants, Joseph Arthur, Dark Dark Dark, Cocoon...
98 FREAK
Operazioni speciali: Antonio Portieri
117 CINEPLEX
Prestampa: Graphic Art 6 srl (graphicart6@tiscali.it)
Via Ludovico Muratori, 9/13 - 00184 Roma
Stampa: Arti Grafiche Srl
Via Vaccareccia, 57 - 00040 Pomezia (Rm)
Pubblicità: Daniela Federico - 06.8121374 Louis Nero, Dylan Dog, Machete, Lip Service, Carmelo Bene, Habemus Papam, World Invasion,
danielafederico@ilmucchio.it
Limitless, Source Code, Country Strong...
129 BOOKLET
Registr. Tribunale di Roma n. 16947 del 6/10/1977
“Il Mucchio Selvaggio” è una pubblicazione mensile
della Stemax, Società Cooperativa a r. l.
Direttore responsabile:
Max Stèfani (maxstefani@ilmucchio.it) Miguel Syjuco, Mauro Covacich, Aurelio Picca, Marco Presta, Michele Vaccari, Radio Days,
Sede legale: Via Ottorino Gentiloni, 4 - 00139 Roma
Cantacronache, Jonathan Franzen, Vincenzo Latronico, Paolo Nori...
148 RUBRICHE
Spiritual Guidance: John Belushi
ILMUCCHIOSELVAGGIO
EDIT
di Max Stèfani
“Guai a dimenticarsi che siamo fatti di carne, Ho lasciato in eredità una serie di articoli, non solo Soave/Mescal
passato a fatica: un’intervista ai gestori del cinema d’essai “Aqui-
e che la carne è debole: chi accetta per molti, la” di Roma, una bella e lunga chiacchierata politica con Marino
troppi anni di stare all’ombra di un grande Severini dei Gang, un pezzo sulla figura di Gramsci di Massimi-
liano Panarari, uno di Giovanni Fasanella sui centocinquant’anni
capo carismatico, finisce quasi sempre con della Repubblica Italiana, due pagine su Centrale Fies di Ilaria
lo stancarsi. Reclama un posto al sole, chiede Mancia, diversi articoli di Massimo Del Papa, un report sul loca-
le Neon Caffè di Rimini, un’intervista a Roberto Gallo della Bor-
finalmente un po’ di autonomia, magari salino (che sarebbe dovuto essere il primo di una serie d’incontri
si convince di essere ormai pronto per la sui lettori illustri del Mucchio).
Spero non vada tutto nel cesso. Molti altri, miei, rimangono solo
successione. È in quei momenti che escono abbozzati, o se finiti fermi nella mia cartella. Magari qualcuno
riuscirà forse anche a uscire in futuro su queste pagine.
allo scoperto i Bruto” (Michele Brambilla)
Ringrazio tutti. In quasi trentaquattro anni sono passate su que-
D
ste pagine almeno un milione di persone. Il 99 percento di que-
a questo mese non sono più il direttore del Mucchio. Anzi, ste non leggeranno ovviamente quanto scritto ora, ma il ringra-
a dire la verità, l’ultimo numero che ho firmato è stato quel- ziamento va anche a loro. Hanno cambiato la mia vita. Spero di
lo di febbraio. Ho sempre creduto che il mio rapporto con aver dato qualcosa anch’io. Ringrazio anche le centinaia di firme
questo giornale sarebbe durato fino alla mia morte o fino al che hanno contribuito a rendere questo giornale un caso quasi
momento in cui mi sarei stufato. Comunque una mia scelta. unico in Italia. Se non altro per il coraggio morale di avere un’o-
Invece problemi interni alla redazione e in parte anche alcune pinione diversa e proporla a lettori infastiditi oppure ostili che
considerazioni personali mi hanno costretto a questa situazione. rimane un pregio raro nella stampa di ogni paese.
Mi sostituisce Daniela Federico, negli ultimi anni al mio fianco
come braccio operativo, che si appoggerà probabilmente a Bea- Per quanto mi riguarda non farò altro, almeno per il momento.
trice Mele, Federico Guglielmi e John Vignola. La mia vita in questo momento è piena e bella come non lo
Per me era impossibile, sia da un punto di vista umano che pro- era mai stata. Il mio facebook e la mia nuova mail (max@ilmuc-
fessionale, continuare a lavorare con un gruppo di persone che chiocafe.com) per tenersi aggiornati. Statemi bene.
sentivo sempre più distanti. Siamo cresciuti in modi diversi,
musicalmente, politicamente, filosoficamente, giornalisticamen- P.s. Lascio con un’ennesima querela per diffamazione. Ciliegina
te. Abbiamo visioni distanti e lo scontro è stato inevitabile. Il gior- sulla torta. Viene da Gianluca Iannone del gruppo Casa Pound per
nale che ho in mente io va da una parte, quello loro da un’altra. la mia intervista a Giovanni Fasanella in merito al libro L’orda
Credo che se un gruppo di persone si reputa migliore del sottoscrit- nera. Abbiamo pubblicato anche una sua lettera di “precisazioni”
to e faccia tanto per raggiungere il potere, debba poi anche prender- ma il solito GIP di manica larga ha concesso il via. Sembra per la
si le responsabilità di un eventuale fallimento e che quindi non abbia risposta alla stessa (?!?).
senso per me restare, anche solo formalmente, al mio posto per
mascherare il cambiamento. Sono stanco. Scendo a questa fermata.
Firmo per l’ultima volta queste poche righe e la “posta”.
Ma
Sarà un giornale differente? Credo proprio di sì. Politicamente l’in x, ti Me
molto più corretto, sicuramente dal mio punto di vista meno inte- ca tervi volev sca
ressante. Magari anche migliore per certi versi e con risultati di
p s
ret itat ta a o fa
o r
l
vendite più alte. Questo nessuno lo sa. Sicuramente sarà un tor rosce di Soa e i c
v o
“altro” giornale. Sicuramente non il “mio” giornale. esp ia ad na d leg e: n mp
lici e ell ge o n lime
Lo schema vincente musica-cinema-libri-politica (che è poi quel- ta. ssa a di re mi nti
So c s c u
lo che ci differenzia dagli altri giornali musicali) non sembra no onne ogra n’an era per
Pu pa s f a ma
r gin sa co ia e lisi i
almeno per il momento abbandonato, anche se non molto luci- te trop e sì de de
damente, ma il nuovo direttore avrà modo di essere più preciso all po ch sin ll’e i
’in e
ter non UM con cera di-
su quello che diventerà il Mucchio. Certo, qualcuno dei collabo- no tut BE
R
ser ed
de t T v
ratori o redattori (penso soprattutto a Del Papa ma anche a Orio- l M i la O
PA erò.
uc pen LA
ZZ
les, Barone, Leporace, Crespi, Bolli, etc) si troverà a disagio. Ma ch
io. sano O
quando c’è un forte cambiamento è fisiologico che una parte del An
zi.
co
me
giornale segua le sorti della precedente direzione.
Mi auguro che voi lettori diate comunque una chance a quello che
sarà questo giornale. Mi dispiacerebbe se non fosse così.
5
OPEN Caro direttore, ho appena finito di leggere tutto quanto è stato scrit-
LETTERE
to nel numero di Marzo sulla tessera del tifoso. Per quanto riguarda
gli aspetti repressivi, commerciali, politici e quant’altro che stanno
dietro a questa operazione, non posso che essere d’accordo su
quanto hanno detto i signori Giudici e Contucci. D’altro canto ci
sono delle cose che non mi sono piaciute. Vorrei ricordare ai vostri
intervistati che, se gli stadi italiani e il calcio italiano sono ridotti
come sono ridotti, è anche, se non soprattutto, colpa loro, inutile
nasconderlo. I seggiolini divelti o incendiati, gli scooter lanciati in
curva, i fumogeni in campo, gli scontri tra tifosi (quanti accoltella-
menti avvengono ogni anno intorno all’Olimpico?!), i cori offensivi e
razzisti, le curve politicizzate (per lo più fascistizzate). Questi gran-
APERTE
di tifosi che passano i novanta minuti del match a tirare coca (visti
con i miei occhi), salgono sui pullman o sui treni alle otto di matti-
na e cominciano a bere e fumare senza alcun rispetto delle cose e
delle persone, arrivano allo stadio in condizioni pietose. Vogliono far
credere che si è passati dalle famiglie che facevano i picnic davanti
allo stadio, ai tornelli, i manganelli e la tessera del tifoso senza moti-
vo? Si prendano le loro colpe e poi portino avanti le loro, giuste, bat-
taglie contro le prevaricazioni legislative nei loro confronti.
fabiom3@libero.it
✎ posta@ilmucchio.it Ciao Max, spulciando sul Web se digito il nome della tua rivista
appare un sunto abbastanza equilibrato di quello che è stata la sto-
ria del Mucchio. Nulla invece appare digitando il tuo nome su
Wikipedia, se non un rimando alla testata. Non appare neanche Del
Papa, mentre invece c’è un pippone su Guglielmi. Come lo spieghi?
Giusy
ILMUCCHIOSELVAGGIO
8X4CdnelMUCCHIO
Federico Guglielmi
Danger Mouse/D. Luppi
Rome
nesi, chiusi nella centrale atomica, che hanno sacrificato la loro vita per salvarne altre. Un Tamikrest
destino tragico, paragonabile a quello delle migliaia di martiri che dal 26 aprile al 10 maggio Toumastin
Radiohead
del 1986, quasi venticinque anni fa, si sacrificarono per cercare di contenere le conseguenze The King Of Limbs
della catastrofe di Chernobyl. Nuju
Atto secondo
Guido Guasconi
“Lo tsunami giapponese è stata un’esigenza della giustizia di Dio. Per i bimbi innocenti morti nella John Vignola
catastrofe accanto ai colpevoli (ma colpevoli di che?) si è trattato di un battesimo di sofferenza Paul Simon
con cui Dio ha inteso purificare le loro anime”. Roberto De Mattei, vicepresidente del CNR. Ma So Beautiful Or So What
Scritti Politti
in quale paese l’autore di simili affermazioni può restare ai vertici della ricerca finanziata dal White Bread Black Beer
denaro pubblico, senza che si muova il Governo o almeno uno psichiatra? Phil Ochs
Paola I Ain’t Marching Anymore
Vinicio Capossela
Marinai, profeti e balene
Del resto, nella trasmissione radiofonica “Zapping”, c’era una signora che diceva che gli
immigrati sono i nuovi anticristo venuti a sottometterci come predicava Innocenzo III.
Hamilton Santià
Foo Fighters
Ciao Max, data “l’impossibilità” di tutelare il patrimonio culturale “stante la progressiva e Wasting Light
massiccia diminuzione degli stanziamenti di bilancio”, il Presidente del Consiglio superiore J Mascis
Several Shades Of Why
dei Beni Culturali, il luminare di archeologia Andrea Carandini, rassegna le proprie dimissio- Paolo Benvegnù
ni. Nonostante molti lo ignorino o addirittura lo disprezzino, il patrimonio artistico e cultu- Hermann
rale è l’unico petrolio su cui siamo seduti, nonché la principale e forse unica ragione per cui DJ Shadow
Entroducing
il mondo si ricorda ancora ogni tanto della nostra esistenza.
Marco
Giancarlo Turra
Non so cos’ha fatto di male la cultura a questo Paese per meritarsi un disinteresse così Annie Hall
suicida. Rubando le parole a un mio collega, se ci fosse una classe dirigente illuminata, Annies
Dennis Coffey
proverebbe a immaginare un’Italia diversa. Un’Italia del bel vivere, punteggiata di musei Dennis Coffey
accoglienti, siti archeologici spettacolari e teatri lirici con un cartellone di Verdi e Puccini Cowboy Junkies
pensato apposta per i turisti. Un’Italia degli agriturismi e dei centri benessere. Dei mari Demons: The Nomad...
Jesse Sykes
e delle coste ripulite da tutte le porcherie. Dei pannelli solari e fotovoltaici installati sui Marble Son
tetti di tutte le abitazioni private con le opportune forti facilitazioni economiche stata-
li. Dei prestiti facili alle cooperative giovanili che propongano iniziative originali nel-
l’arte, nello spettacolo, nella moda e nel turismo di qualità. Un’Italia verde e profuma- Giovanni Linke
ta, il polo attrattivo di tutto ciò che è bello. Saremmo più felici, più ricchi e meno dipen- James Blake
James Blake
denti dal nucleare o dal gas russo. Paradise Motel
I Still Hear Y our Voice...
Panda Bear
Ciao Max! Gianni Canova ha deciso di lasciare la direzione del tuo ex giornale, “Duel”, Tomboy
per dare spazio ad un giovane trentenne. Pensi che anche tu seguirai l’esempio? So che Battles
la mia domanda è infelice, ma non pensi sia benefico dopo quasi trentacinque anni di Gloss Drop
direzione un ricambio?
Yuri - yunaty@libero.it
Alessandro Besselva
Tamikrest
Si può avere vent’anni e essere degli zombie oppure sessanta rimanendo mentalmente Toumastin
incazzati e agili come grilli. Va valutato caso per caso. Come avrai letto, ho lasciato il timo- B. Wells & A. Moffatt
Everything’s Getting Older
ne di questo giornale, ma per altre ragioni. L’unico rimpianto resta non aver potuto sce- Ebo Taylor
gliere un mio successore. Potendo avrei voluto al mio fianco Daniel Marcoccia, ex direttore Life Stories
Mamuthones
di “Rock Sound”. Sono cresciuto leggendo “Rock&Folk” e, in un secondo tempo, “Les In- Mamuthones
rockuptibles” e il “Rock Sound” francese e sono sempre rimasto ”francese” nel mio approc-
cio alla critica musicale. Secondo me i nostri vicini si divertono di più con il rock, sono meno
tristi, si prendono meno sul serio, meno indulgenti verso musicisti e discografici… Anche se Damir Ivic
poi il Mucchio negli ultimi quindici anni, nonostante i miei sforzi, ha fatto poco in questo Falty DL
You Stand Uncertain
senso. Tornando a Gianni, credo che anche lui si sia trovato “forzato” a questa decisione, Boxcutter
non riconoscendosi più nella testata e nell’impossibilità di cambiare le cose. The Dissolve
Primal Scream
Vanishing Point
Caro Direttore, lodevole iniziativa la bellissima striscia di pagina 159 (Mucchio 681) The Invisible
“Dove comincia l’Hi-Fi”, speriamo la prima di una serie regolare o quantomeno periodi- The Invisible
ca/stagionale (una rubrica, chissà una pagina). Magari un po’ di vintage. La sintesi di
info in questo campo, scritte con competenza (“Audio Review” è un must, anche se non
è la sola) assieme a una strizzata d’occhio all’aspetto economico è cosa davvero rara. Riccardo Bertoncelli
Foo Fighters
Grazie ancora e forza Mucchio. Wasted Light
raffaele.pappalardo@cnr.it Radiohead
The King Of Limbs
Miles Davis
Piace anche a me, anche se visti i lunghi rapporti di amicizia e di stima, è stato anche Jack Johnson
socio e Presidente della Stemax, forse sarebbe stato più giusto farla fare a Paolo Corciulo Elbow
Build A Rocket Boys
di “Suono”.
7
OPEN La lezione di Fukushima mi sembra chiara:
LETTERE
quella centrale esplosa quasi in diretta sui no-
stri schermi televisivi segnala la fine di un modo
di produzione legato all’energia facile, flessibile
e abbondante e di uno stile di vita in cui si esce
da una stanza senza preoccuparsi di spegnere
la luce. Ci aspetta un mondo in cui guarderemo
nervosamente, oltre che agli indicatori dell’in-
APERTE
quinamento globale, alla bolletta dei consumi Caterina Guzzanti
elettrici. L’accesso facile e l’abbondanza energe-
tica non saranno più garantiti e potrebbero rap-
presentare una nuova discriminante tra ceti
sociali ricchi e poveri.
Md2983@mclink.it
LAPLAYLIST
più. A rischio è anche l’obiettivo di riduzione
delle emissioni di CO2 (-25 percento entro il
2020): molte centrali nucleari sono state ferma-
te, molte centrali a combustibile fossile sono
DEIKILLS
state riaccese. Purtroppo oggi conosciamo be-
ne l’incompatibilità fra l’esigenza di creare ric-
chezza e la necessità di proteggere l’ambiente.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
sviluppo dell’energia nucleare. D’altra parte, anche da un punto di
vista pragmatico, se fino a ieri era difficile collocare centrali nucleari
in Italia non tanto perché gran parte del territorio è inadatta a causa
della sismicità e della scarsità di acqua per il raffreddamento, quan-
to piuttosto perché ci si scontra con l’ostilità delle popolazioni, ora
costruire il consenso da parte del Governo sembra impossibile.
Paola
Dunque, solo il crocifisso può comparire nelle aule dei tribunali ita-
liani come simbolo religioso. Il principio di laicità dello Stato nell’or-
dinamento italiano non esclude la presenza della croce negli spazi
pubblici. La Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uo-
mo, pur riaffermando il principio di laicità dello Stato, ha conferma-
to la rimozione dalla magistratura del giudice Luigi Tosti che non
aveva voluto celebrare un processo in un’aula di giustizia in cui era
presente il crocifisso. Subito esulta quel fascista di Alemanno,
Sindaco di Roma: “Finalmente l’unico simbolo religioso autorizzato a
essere esposto nelle aule dei tribunali è il crocifisso, riconosciuto come
simbolo della nostra identità culturale”.
Marco
Ciao Max, mi diverte molto come il film Silvio Forever sia stato accol-
to dalla critica di sinistra. Da questa sorta di autobiografia non auto-
rizzata di Berlusconi, scritta dalla sulfurea (?!?) coppia Rizzo e Stella
di La casta e realizzata dal politicizzato Faenza, si aspettavano tutti
un’operazione militante. Invece, conferendo al personaggio una
forza icastica di gran protagonista, il film spiazza, ma al contempo
ha il pregio di suggerire le ragioni per cui il Premier regna tuttora
sulla scena nazionale. Il suo segreto, come ben descritto da Sever-
gnini nel libro che hai recensito tempo addietro, è che incarna una
maschera stra-italiana: parla il linguaggio comune, ama la canzo-
netta, la barzelletta e il sesso, gli piace il bagno di folla, è vanitoso e
maschilista, ha genuinamente in disprezzo lo Stato e le istituzioni,
mente con tranquillità, predica bene e razzola male. Viene in mente
Borgese, che nel Goliath parlò del Fascismo non come di un episo-
dio storico, ma come di una categoria dello spirito italico. In questa
luce è ovvio che la proiezione abbia innervosito tutti.
Manfrini@hotmail.com
9
REFERENDUM
RIENNEVAPLUS
Referendum
sul nucleare (1987)
Dopo quello istituzionale
del 1946, siamo stati chiamati
alle urne per pronunciarci
in oltre sessanta referendum
abrogativi. Dal divorzio
all’orario degli esercizi
commerciali, dall’interruzione
volontaria della gravidanza
alla pubblicità in TV.
Dal 1995 non si è mai più
raggiunto il quorum. A poche
settimane dal 12 e 13 giugno
parliamo con Giovanni
Boniolo, professore di Logica
e Filosofia della Scienza
all’Università di Milano,
che lancia una proposta:
e se prima di votare
si insegnasse a ragionare?
di Chiara Lalli
ILMUCCHIOSELVAGGIO
COPERTINA
???
Manuel Agnelli e Samuel 2011
11
cedere una libertà non richiesta? Tutti si lamentano, ma troppo
Marco Pannella pochi sembrano volere un reale cambiamento. La dinamica demo-
cratica in questo modo è annientata.
consenso”.
Siamo contenti così. Qualche tempo fa ero in stazione a Bologna.
C’era un signore di circa sessantacinque anni che da quanto diceva
si capiva essere un dirigente d’industria. Leggeva “Il Giornale” assie-
me alle sue segretarie. A un certo punto lo sento commentare a pro-
posito degli incontri ad Arcore del nostro Primo Ministro: “Saranno
fatti suoi quello che fa. A casa sua può fare quello che vuole”. Al che non
Anche chi propone un referendum o sostiene una posizione non ho potuto non aggiungere un sommesso: “Basta che non lo faccia
sembra saperne abbastanza e non è in grado di offrire le ragioni di con sua figlia, non è vero?”. E lui mi ha chiesto: “Lei è comunista?”.
quella posizione. Spesso tutto quel parlare o scrivere manifesti può Mah! Un Paese di cattolici dove ci sono obiettori di coscienza fra i
essere considerato un gigantesco slogan. Ma se gli incaricati di fare ginecologi, dove non si vogliono patti fra omosessuali perché rovi-
informazione stanno messi così, cosa ci si aspetta dai cittadini? nerebbero la famiglia “naturale”, ma dove si sorride benevolmente a
Ignorante è colui che ignora, ma basterebbe studiare un po’ e si uno che viola regole ben precise della morale cattolica a casa sua. In
smetterebbe di esserlo. Il cittadino è nella situazione di studiare fondo questo è tipico di molta tradizione cattolica.
quello che poi gli servirà? Soprattutto gli si insegna a ragionare?
Dove si insegna a ragionare in Italia? Ci sono persone che lo chie- Una domanda ottimistica: esiste un futuro per l’Italia?
dono e che ne capiscono l’importanza? Una volta ho discusso di Io sono totalmente ottimista. Se non lo fossi non avrei fatto figli, non
deliberazione con un collega che aveva fatto esperimenti di demo- avrei scritto questo libro, non insegnerei all’Università. Se insegnia-
crazia deliberativa. Io gli ho chiesto: “Chi insegna ai partecipanti a mo alle persone a pensare criticamente, forse cambiano idea o forse
ragionare?”. Mi ha risposto: “Non serve, basta metterli insieme e loro mantengono quella che hanno ma su basi più solide. Ho fatto espe-
parlano”. A molti basta parlare di “democrazia deliberativa” per sen- rimenti di democrazia deliberativa con i ragazzi delle scuole supe-
tirsi a posto con la loro visione (specie di sinistra) del mondo e della riori, insegnando prima di tutto come ragionare correttamente. I
vita: basta mettere la “ggente” assieme. Ma la “ggente” assieme è risultati sono stati incredibilmente sorprendenti e incoraggianti. Si
solo una massa manipolabile (anche se è di sinistra). Deliberiamo può fare, evitiamo di buttarci nei dibattiti privi di strumenti. Bisogna
sul nucleare, se fare un viadotto o un ponte, se permettere la fecon- insegnare a ragionare e... e solo così si può diventare liberi.
dazione eterologa... Ma in base a cosa? Dove sono gli argomenti,
dove sono le informazioni non ideologizzate? In fondo basta guar- Certo è scomodo, si perde tempo a discutere e le persone diventano
dare i talk show televisivi e leggere i giornali: parlano sempre gli stes- difficili da gestire quando vogliono esercitare la propria scelta.
si, e parlano di tutto e sempre per slogan. La scelta è una condizione necessaria per una democrazia che non
rimanga solo un involucro, un imbroglio. Dovrebbero essere inse-
Che senso ha continuare a spendere tantissimi soldi per i referen- gnate due cose per una buona scelta: ironia e ragionamento. Il
dum? Sarebbe sensato abolirli? O riformarli? E in che modo? resto è solo per persone con l’ego bacato. Ma ironia e ragiona-
Qualcuno suggerisce l’abolizione del quorum - e se pensiamo agli mento comportano libertà, anche libertà dal proprio modo di pen-
ultimi referendum non possiamo non ricordarci del loro fallimento sare. Via i dogmi, via le certezze assolute; lavoriamo per avere uno
per il mancato raggiungimento del 50 percento + 1.
Il quorum o le altre proposte di cambiamento? In realtà il problema
reale è sempre aggirato. Non bastano e non servono vincoli forma-
li. L’unica cosa che serve è la possibilità di capire che cosa accade e Giovanni “Un’idea, dicevo, una sola peraltro, cuce le
di intervenire in modo corretto dopo aver dibattuto in modo appro- Boniolo pagine di questo libro: non si può avere una
Il pulpito
priato. L’esercizio della libertà richiede ragionamento e indipenden- e la piazza
Democrazia, deliberazione
buona democrazia deliberativa senza che si
za. Ma ora chi decide? Il partito? La corrente all’interno del partito? e scienze della vita
sappia come deliberare. ‘Banale’, qualcuno
È solo un gioco formale. È difficile immaginare come cambiare que- dirà. Certo che è banale, ci mancherebbe.
sto scenario. La nostra classe dirigente non ha alcun interesse a Sfortunatamente anche in questo caso vige
autolimitarsi, a migliorare, a permettere il ricambio vero. Ma di chi l’ipocrisia, si recita la parte di chi sa delibera-
è la colpa? Il problema è sempre lo stesso da secoli - pensiamo a S
E
C I E N Z A
I D E E
Collana diretta
da Giulio Giorello
re quando in realtà non è vero. Eppure, baste-
Hegel o al film Il servo di Joseph Losey: se coloro che sono sotto rebbe studiare un po’.” (Giovanni Boniolo)
accettano coloro che sono sopra, perché questi ultimi dovrebbe con-
ILMUCCHIOSELVAGGIO
COPERTINA
13
IL PLUTONIO È PER SEMPRE
E
verybody’s wondering if man- nergia sicura”. Espressione e- niana” che imperava nei 70), ca che per tutti aveva trovato un
kind is cursed / He’s ruining quivalente, semplificata, alla nelle università, sui giornali che equilibrio impeccabile e un sen-
the sky and the ocean even Neil Young, potrebbe essere rust avevano colto il senso di quella tire collettivo, un’aria di rivolta
worse / But I’ll predict the never sleeps: due titoli che rendo- chiamata a raccolta di milionari che contrastava con anni di
cause of his eradication from no l’idea di qualcosa di minac- con le chitarre. Per alcuni di introspezione che erano valsi a
the earth / Oh, oh, oh, oh, pluto- cioso che avanza irrefrenabile, quegli artisti un passato di tos- gran parte del cantautorato cali-
nium is forever” (Plutonium Is come il nucleare. Si parlava e si sicodipendenza pesante, per forniano di inizio decennio l’eti-
Forever). La cantava John Hall, cantava di nucleare allora, sui tutti un presente di opportune chetta di me generation, la gene-
uno tra i meno noti della corda- palchi di Jackson Browne, riflessioni - da genitori - sull’im- razione che metteva l’io davanti
ta di ribelli con una causa che nel Crosby Stills & Nash, Doobie portanza della vita. a tutto. Ma tra tanta meraviglio-
1979 formò il M.U.S.E., associa- Brothers, James Taylor (il gotha Il 1979 fu testimone dell’incro- sa e appagante introflessione
zione di “artisti uniti per un’e- del rock melodico “alla califor- cio quasi perfetto tra una musi- erano già spuntati raggi di luce
ILMUCCHIOSELVAGGIO
NUCLEARE
A
verso i problemi già gravi del Angeles).
pianeta, Browne e i suoi amici
costruirono un apparato desti- maggio la comitiva di mu-
nato a fare notizia e a scuotere sicisti aveva raccolto ben
l’opinione pubblica. Si coagula- 70.000 persone nel parco
rono nel 1979 intorno a Tom davanti alla Casa Bianca
Campbell, figura carismatica per raccogliere firme con-
perché già organizzatore, da tro il nucleare. L’onnipresente e
pacifista, di diversi concerti di generoso Browne, con Nash e
beneficenza nell’area di Los altri bei nomi di quel mondo
Angeles, e mossero a settembre (Dan Fogelberg, Joni Mitchell)
verso il Madison Square Garden si esibirono in quello che fu l’ul- di minacce. E di radioattività. ma chiede una revisione com-
di New York, dove nel 1971 Bob timo passo rilevante prima delle Ispirata ai fatti di Three Mile pleta degli impianti nucleari
Dylan, George Harrison e altri cinque serate al Madison Squa- Island, l’isola su cui era stata USA, viene reso noto che i reat-
avevano cantato per il Bangla- re Garden (19-23 settembre) impiantata la centrale nucleare tori presenti in India e Pakistan
desh nel primo benefit in grado riprese da Daniel Goldberg e di Harrisburg, la canzone avreb- sono a rischio e che altri impian-
di avere risonanza mondiale. Anthony Potenza per il docu- be detto la sua accanto a Before ti giapponesi potrebbero esserlo
Anche attraverso un film e un mentario da tempo disponibile The Deluge, Plutonium Is Forever, nei prossimi cinquant’anni. Da
disco, proprio come No Nukes. in dvd. Musicalmente la scena Get Together (di Jesse Colin noi il Ministro dello Sviluppo
La miccia che aveva incendiato era elettrizzante, con tutti gli Young) e Power, un canto corale Economico Paolo Romani ha
le anime di Nash, Browne, Hall, assi della California e dintorni che resta il manifesto di quel- ritenuto opportuno “fermarsi e
Bonnie Raitt e altri era stata, nel assieme ad artisti black (Chaka l’impegno collettivo (“dateci l’i- capire cosa sia meglio fare”. Il
marzo 1979, la fuga di gas Khan, i Raydio di Ray Parker Jr) narrestabile energia del vento / mondo della musica ha immes-
radioattivi dalla centrale nuclea- e qualche outsider come Tom dateci il confortante ardere di un so sul mercato il doppio cd
re di Harrisburg, Pennsylvania, Petty e Bruce Springsteen, que- fuoco acceso / ma per favore Songs From Japan, che non riva-
dopo la quale le autorità aveva- st’ultimo colto in un momento allontanate da noi quel potente leggia con No Nukes per intensi-
no ordinato con grave ritardo di grande esuberanza composi- veleno atomico”). Dopo Three ta e verità artistica ma almeno
(due giorni) di evacuare la zona. tiva (presentò in anteprima una Mile Island nel 1986 toccò a saprà raccogliere parecchio gra-
Il disastro era stato provocato nuova canzone, The River). Chernobyl, e adesso è stata la zie a brani, tutti editi, di un cast
Berlusconi
da un guasto ai sistemi di raf- Springsteen era il beniamino di volta della devastazione giappo- “largo” (U2, Rhianna, Lady Ga-
freddamento, ma va ricordato casa, ma non aveva ancora nese nella zona di Fukushima. È ga, Katy Perry, R.E.M., Spring-
che nel 1974 Karen Silkwood, deciso di manifestare la propria storia di oggi che fa tornare steen e Dylan fra gli altri). Un
madre di tre bambini assai coscienza politica con la vee- attuali alcune parole delle tante sostegno alla popolazione giap-
impegnata in ricerche contro il menza dei suoi colleghi. Era che riempiono il libretto del tri- ponese sembra dunque assicu-
nucleare, era morta in un inci- indubbiamente dalla loro parte, plo lp No Nukes: “…voglio che rato, ma non si ha notizia di
dente d’auto dalle dinamiche voleva sostenere la loro batta- mio figlio possa diventare genitore alcun concerto-raduno che alzi
misteriose. Si seppe poi che la glia e lo fece, ma senza rove- senza temere che l’aumento delle il grado di attenzione verso il
donna si trovava in viaggio per sciare su quel pubblico un radiazioni nell’ambiente renda i problema del nucleare. Allarmi
consegnare a un giornalista grido feroce quale sarebbe suoi figli deformi”. L’urgenza di come quelli lanciati nel 1979
importanti documenti legati a stata Roulette, già pronta ma produrre energia è maggiore sembrerebbero forse ingenui, in
un’indagine su una centrale pubblicata solo nel 1988 come oggi rispetto ad allora, ma que- un mondo dove la ricerca è pro-
presso Oklahoma City. Nelle b-side di un 45 giri tratto da sto dato di fatto non ci lascia gredita enormemente. Certo è
lamiere della macchina i docu- Tunnel Of Love. accettare passivamente la scelta che musicisti, impiegati, padri
menti non vennero ritrovati, ma “We left the toys out in the yard / nucleare. Così, mentre in Giap- e madri di tutto il mondo vor-
da esse spuntarono due biglietti I took my wife and kids and left pone si scrutano i reattori della rebbero sapere cosa realmente
per un concerto di Jackson my home unguarded / We packed centrale danneggiata da terre- comportano tragedie come
Browne e Bonnie Raitt al quale what we could into the car / No moto e tsunami, il mondo alza quelle degli ultimi trent’anni.
la Silkwood avrebbe dovuto one here knows how it started” la testa. Altrove si indaga per Non vorremmo che la risposta
assistere il giorno dopo la trage- (Roulette). Roulette metteva una capire quante centrali si trovino fosse nel vento: qualcosa ci
dia. I fatti di Harrisburg suona- famiglia in un’auto e la spediva in prossimità di faglie conosciu- dice che potrebbe rivelarsi una
rono come una conferma ai via, lontana da un luogo carico te, e mentre il Presidente Oba- minaccia.
15
ANNA CALVI
ILMUCCHIOSELVAGGIO
MUSICA
E
sile e minuta, Anna Calvi ci stringe la mano con estrema sem- Per avviare la chiacchierata, le sottoponiamo tre curiosità fra loro
plicità: riccioli biondissimi, occhi azzurri che brillano trafig- correlate: quali opere prime ha apprezzato di recente, se ritiene
gendo chi le sta davanti, jeans, camicetta e canottiera chiari. che il primo passo sia determinante nell’ottica di una carriera e
L’intervista si svolge nei giardini antistanti al Locomotiv di che effetto fa ricevere improvvisamente il plauso di critica, colle-
Bologna, in un 9 aprile assolato e dalle temperature sin trop- ghi e pubblico. Lei replica, imperturbabile: “L’album di James Blake
po elevate. La songwriter inglese, rilassata e disponibile, risponde è meritevole. Più in generale, è prematuro sbilanciarsi rivelando i miei
con voce flebile e in modo perlopiù conciso, ma non si trattiene dischi preferiti dell’anno. Tutto ciò che costituisce una novità si può
nell’abbandonarsi a garbate risate, provocate talvolta dalle tradurre in un’esperienza elettrizzante. È davvero bello che la gente
domande più astratte, talvolta dalla bizzarra fauna umana che ami la mia musica, per me significa molto”. A rendere così affasci-
ronza attorno alla porta d’ingresso del locale, sold out come le nanti i suoi brani è un brillante mix di asperità e raffinatezze di
successive tappe a Ravenna e Roma: “It’s a really weird place”. stampo barocco, sonorità rock-blues e orchestrazioni dal retrogu-
Sembra la ragazza della porta accanto, eppure c’è qualcosa che sto classico, teatraleggiante, senza dimenticare caratteristiche
lascia intendere urgenza espressiva fuori dal comune e ferrea che rimandano al flamenco, a partire dal look sfoderato dal vivo:
determinazione, come ribadito poco dopo da uno scrupoloso “Si tratta di un range di musica che apprezzo. Non utilizzo consape-
sound-check. Circa quattro ore più tardi, la metamorfosi sul pal- volmente tali elementi”. Look che può aver contribuito a consa-
coscenico è notevole: la camicetta diviene rosso acceso, abbinata crarla al volo come un autentico personaggio e che le ha fruttato
a pantaloni da uomo scuri con annesso cinturone, tacchi alti e in parallelo l’attenzione di vari stilisti, da Gucci a Karl Lagerfeld:
appariscenti anelli alle mani. Insomma, la diva in miniatura è ser- “Ogni aspetto artistico è un’espressione di me stessa, che mi coinvol-
vita. Non deve sorprendere poi troppo se la diretta interessata, ge direttamente. Prendo spunto dall’abbigliamento del tango perché
interpellata sui suoi modelli di riferimento, antepone un trasfor- esprime bene la passione che proviene dalla musica, dalla voce. Vorrei
mista come David Bowie a Nick Cave e Scott Walker, il prossimo fare lo stesso con le mie canzoni, che sono molto drammatiche, visce-
signore affermato con cui sogna tra l’altro di poter lavorare un rali”. Dopotutto si tratterebbe di un’arma in più, visto che negli
domani. Brian Eno, prima di intervenire ai cori o al piano in un anni Zero, a dispetto delle numerose proposte interessanti, sono
paio di tracce del suo debutto, l’ha definita il più grande talento venute a mancare figure abili nell’unire contenuti di spessore e
femminile dai tempi di Patti Smith. Un altro estimatore d’ecce- personalità veramente iconica: “Chi mi ha colpito di più nell’ultimo
zione, Rob Ellis, si è offerto di prestare la sua esperienza in fase decennio è Antony and The Johnsons. È una voce davvero originale,
di produzione. Non capita spesso di poter contare immediata- potente. Non diventerà mai famoso come Michael Jackson, ma
mente su collaboratori di tal calibro: “Sono stata parecchio fortu- immagino che continuerà a fare musica e a essere una fonte d’ispira-
nata ad avere subito il sostegno di persone che rispetto, di artisti dav- zione per lungo, lungo tempo”.
vero straordinari”. Forse proprio a causa del coinvolgimento di
Ellis e del tour a supporto dei Grinderman, i paragoni più ricor- A proposito di ispirazione, viene spontaneo interrogarsi da dove
renti sono con PJ Harvey e lo stesso Cave, maestro della love-song scaturiscano testi talmente cupi, quasi gotici e al tempo stesso
bella e dannata: “Amo davvero Nick Cave, mentre PJ Harvey in real- capaci di comunicare una robusta tensione emotiva, una palpa-
tà non è stata una grande influenza per me, sebbene la riten- bile carica sessuale: “Quando
“ scrivo canzoni è perché
ga un’artista valida”. Si potrebbe proseguire nominando mi sento davvero toccata nel profondo. Mi munisco di
Jeff Buckley o Leonard Cohen, del quale in passato Anna registratore e improvviso cantando e suonando. Tutto
ha riletto dal vivo Joan Of Arc, ma l’identità è per fortuna viene fuori spontaneamente, ma è molto definito. Le liri-
già peculiare, definita. Il buongiorno, del resto, si vede che provengono dall’inconscio, non hanno a che fare con
dal mattino e Anna Calvi è sicuramente destinato a lascia- temi specifici”.
specifici Ascoltando l’album si ha l’impressio-
re un segno, candidandosi fin da ora come uno dei ne che tutto stia bruciando, divampando sul labile
migliori album del 2011. confine tra sacro e profano. Sarà per via di parole
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FOTO DI SHARON NICOTERA
PERMETTETEMI DI PRESENTARMI
descrizione di una forza fuori dal proprio controllo. Da una parte ciò
può innescare una sensazione incredibile, ma dall’altra può risulta-
re pericoloso e spaventoso. Non parlo, insomma, del diavolo nel
senso letterale del termine”. Un corpus testuale dall’alto poten-
Brian Eno scomoda addirittura la portata rivoluzionaria di ziale evocativo, che si sposa alla perfezione con arrangiamenti
Patti Smith, la stampa specializzata la associa a Siouxsie o e mood in grado di ricordare a momenti Ennio Morricone o
a PJ Harvey, soprattutto quella di To Bring You My Love Angelo Badalamenti, assodata la venerazione per compositori
(ma in fondo molti brani ruotanti attorno a tormenti di storici come Ravel o Debussy. Alcuni pezzi potrebbero benissi-
cuore, desiderio o presenze demoniache le accomunano mo accompagnare un film di Quentin Tarantino o David Lynch:
ad ampio, incontrovertibile raggio). Anna Calvi afferma: “Quando compongo, mi interessa plasmare un’atmosfera e raccon-
“È difficile paragonarmi ad altre artiste, ad altri colleghi”. tare una storia attraverso le parole. Guardo molti film e sono forte-
Per trovare un esordio fulminante al pari di Anna Calvi, la mente ispirata dalla sfera visuale. Mi influenzano più le foto, per
memoria deve tornare al 2009 di Lovetune For Vacuum di esempio, che non la letteratura”. Non possiamo di riflesso che
Soap&Skin, all’anagrafe Anja Plaschg. Pur con enormi dif- assecondare la fantasia e chiedere a quale pellicola Anna acco-
ferenze stilistiche e caratteriali, i punti in comune tra sterebbe il suo album come ideale colonna sonora: “A un film
Anna e la giovanissima austriaca non mancano, se que- che non è ancora stato girato”, rilancia con brio sbarazzino. Gli
st’ultima proviene da studi classici, è stata sponsorizzata aspetti visuali proseguono con hobby - “Quando ho tempo libe-
da una celebrità come John Cale, presta somma attenzio- ro mi piace dipingere, ma la musica è senz’altro il mio amore prin-
ne alla componente visuale e scrive testi ombrosi, decisa- cipale” - e grafiche curate in prima persona, dove per adesso il
mente conturbanti. Piccole, grandi donne crescono. E.R. colore rosso è non a caso dominante: “Lavoro sempre con Emma
Nathan, una straordinaria fotografa. Abbiamo realizzato insieme
ILMUCCHIOSELVAGGIO
MUSICA
l’artwork del disco. Ogni aspetto di ciò che faccio, dalla copertine al
modo in cui mi vesto, contribuisce nel delineare una visione e assu-
19
1973
VENGO
DA LONTANO
ILMUCCHIOSELVAGGIO
PERSONAGGI
U
n vecchio 45 giri rosso di Veniamo da lontano datato 1972,
una compilation RCA del ’75 dove c’è lui ma anche i vecchi
con Gian Maria Volonté
compagni di lotta del Folkstudio, da De Gregori a Venditti, (sullo sfondo) - 1969
da Rino Gaetano a Lucio Dalla, Ron, ma anche Paolo Conte.
E poi una vignetta autografa di Staino su un tovagliolo, uno
schizzo osé di Milo Manara e il primo e unico libro del Francesco
De Gregori “editore”, monografia del poeta russo Majakovskij.
Bax, come ama farsi chiamare dai suoi ascoltatori, ha ideato e
condotto per undici anni Ho perso il trend, trasmissione radiofo-
nica cult di Radio Uno, accanto ad Ezio Luzzi, ex voce storica di
Tutto il calcio minuto per minuto. Quarantacinque minuti quoti-
diani di satira, musica, sberleffo politico e humour popolare. Il
primo aprile 2010 la trasmissione, nonostante i buoni ascolti, è
stata chiusa: motivazione ufficiale l’ingresso in pensione di
Bassignano e una nuovissima norma interna Rai voluta dal
Direttore Generale Mauro Masi che vieta i contratti esterni a chi
va in pensione, e che rompe una prassi non scritta dell’azienda
che permette ad autori e conduttori di trasmissioni di successo di
proseguire la loro attività. Di principio una norma giusta, certo,
se non fosse che questa nuova “parsimonia” Rai si contraddice
con i tanti (presunti) sprechi che si leggono nella cronaca di que-
sti giorni e con i centinaia di pensionati Rai che attualmente con-
tinuano a collaborare da esterni con l’azienda.
“Il Giornale” lo scorso anno ha dedicato due paginate al vostro pro- Hai creduto molto alla funzione sociale e politica della canzone d’au-
gramma con un pezzo dal titolo “Radio Uno, la trasmissione che vive tore?
d’insulti al Papa e al Cav”. Articolo in cui, fra l’altro, raccontavano il Sì, e ho pagato molto il prezzo di aver voluto legare la nostra can-
tuo passato politico e militante. zone cantautorale alla lotta politica. In tanti momenti ho sbagliato.
Sì, sono state le prove generali del “metodo Boffo”! (ride, Ndr). Il Mi sono auto impallinato col PCI perché sono finito in direzione del
clima in Rai non è affatto bello. Mentre a Radio Due Il ruggito del Partito portato da Edmonda Aldini e Duilio De Prete. Io ero definito
coniglio, Caterpillar, Un giorno da pecora possono dire e fare ciò che il “nuovo Tenco”, poi ho scritto Veniamo da lontano (inno politico di
vogliono, io a Radio Uno non potevo dir niente. Ma quest’epoca fini- quegli anni dedicato a Gramsci e Togliatti) e la nuova sinistra extra-
rà, deve finire. Non si può lavorare con questa paura, con il terrore, parlamentare mi ha preso in giro clamorosamente, dicendo che l’a-
con questi bavagli. vevo fatta solo per fare le Feste dell’Unità. Pensa che persino
Berlinguer in persona nel ’78 mi mise in guardia dicendomi che non
Hai vissuto a pieno il ’68, i tempi degli ideali, delle battaglie politiche era il caso che io facessi l’uomo di marmo, e mi consigliò di fare
e dei sogni giovanili. Oggi è diverso? dischi da cantautore anche per vendere.
21
con Ezio Luzzi (a sinistra)
“Il clima in Rai non è affatto bello. Non si può lavorare con la paura,
con i bavagli. Non è più tempo di sberleffi in rima ai politici di turno”
A un certo punto Venditti con Roma Capoccia e De Gregori con farsi puntare, piaceva molto perché era belloccio, ma poi alla fine
Alice hanno sfondato a livello popolare e cominciarono a darti combinava poco. Era fra il timido e lo snob... Io e Francesco abbia-
dello “stalinista”. mo avuto anche una fidanzata in comune ed è stata una delle per-
Antonello e Francesco pensavano a fare i cantautori e ad entrare alla sone più importanti della nostra vita. Tante canzoni di Francesco
RCA. Io invece ho fatto il primo disco nel ’72 con la Ariston, un sono dedicate a lei che, purtroppo, adesso non c’è più: Buonanotte
album tutto politico che ha legato il mio nome troppo al PCI. Nei Fiorellino, per esempio, o Non c’è niente da capire dove c’è un verso
primi tempi cercavo di occuparmi di loro provando a gestirli per che dice “Però se un giorno tornerai da queste parti/riportami i miei
conto di Botteghe Oscure e, nel primo periodo, ho fatto fare loro occhi e il tuo fucile”. Il fucile di cui parla era il mio vecchio Flobert.
anche tante Feste dell’Unità. Finché non hanno chiamato il mana- Antonello invece è un romantico e ogni volta che canta Notte prima
ger (e talent scout) Libero Venturi che li ha lanciati definitivamente. degli esami racconta la storia di quei “quattro ragazzi con la chitarra e
Da quel momento lì, nel giro di un anno loro sono decollati e io de il pianoforte sulla spalla...”.
coccio continuai ad andare in giro per 300 mila lire a sera. A me
andava benissimo. Io sono un’idealista, sono sempre stato così… In I quattro ragazzi, ricordiamolo, eravate te, De Gregori, lo stesso
un anno mi son trovato fuori e non ero più nessuno. E così nel ’79 Antonello e il chitarrista Giorgio Lo Cascio, scomparso qualche anno
ho iniziato a lavorare per “Paese Sera” come critico musicale. fa. Ma dal Folkstudio sono passati tutti da Guccini a De André.
Maria Monti, Rosa Balistreri, Giovanna Marini, Caterina Bueno,
Riuscivi a recensire i tuoi amici? Claudio Lolli in particolare. E poi Otello Profazio, Matteo Salvatore.
È stata durissima. Ho litigato mille volte con loro. De Gregori mi Un paio di volte è passato Guccini che poi ci invitava a Bologna
fece ascoltare in anteprima La donna cannone e La ragazza & la all’Osteria delle Dame. E poi Fabrizio De André una sera del ’74, la
miniera. Io allora scrivevo anche per “Ciao 2001”, e in un’intervista stessa in cui è nato l’idillio fra lui e Francesco. Quella sera De Gregori
lo incoraggiavo a dare la priorità alla prima che giudicavo bellissima. ha cantato La cacca di Piero una canzone che prendeva in giro
Fabrizio. L’ha cantata proprio sapendo che era in sala. E noi eravamo
Francesco è sempre stato così schivo? Con i giornalisti ha un rap- terrorizzati al pensiero che lo picchiasse, e invece Fabrizio ha riso
porto di odio/amore. Le poche volte che concede un’intervista, non come un pazzo, si son fatti qualche bicchiere e se ne sono andati in
si riesce ad estorcergli qualche opinione più politica o sociale. Sardegna insieme. Io e Antonello eravamo talmente gelosi che criti-
Non è schivo, è proprio un nevrotico pazzo! (ride, Ndr). È umorale. cavamo ferocemente la musica di Faber. Certo il connubio fra
Una volta scrissi su “Paese sera” un articolo in cui accennavo a lui Francesco e Fabrizio, col carattere che avevano, è durato pochissimo
come “il mio amico Francesco..”. Qualche giorno dopo mi ha quasi e si sono spaccati le chitarre in testa dopo un po’.
aggredito per quella che, secondo lui, era un’eccessiva confidenza...
Io e lui siamo cresciuti insieme, abbiamo mangiato e dormito fian- Si dice che perfino un giovane Bob Dylan, di passaggio a Roma,
co a fianco per anni. Con le donne Francesco era uno che amava abbia cantato al Folkstudio davanti a una trentina di persone.
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PERSONAGGI
Era il 1963 o ’64, e in una strana serata l’allora giovane Robert Identifichi una sorta di “linea d’ombra” virtuale in cui hai capito
Zimmermann era a Roma con un movimento hippy e gli indicarono che certe lotte politiche e battaglie ideologiche di quegli anni
il Folkstudio. Così, anziché cantare sui gradini di Santa Maria in erano, perdonami il termine, “sorpassate”?
Trastevere, venne a cantare Blowin’ In The Wind sul palco di via Con la morte di Moro ho capito che quella lotta ideologica era
Garibaldi. Ma il Folkstudio ha ospitato anche Patti Smith e chitarri- finita. Subito dopo, parlando di musica, Baudo rifece Sanremo
sti come Stefan Grossman. E poi Dave Van Ronk che ci ha suonato che tornò alla ribalta, arrivarono i Duran Duran, gli Spandau
con Odetta Holmes per mille dollari. Van Ronk è quello che ha sco- Ballet, si parlò di british invasion e cominciò il divismo e la musi-
perto Dylan, il suo maestro di chitarra. caccia che fece morire tutto… Io ero quello che andava ancora in
giro con gli Area nei Palasport mentre Giovanna Marini apriva la
Nel 1975, quando hai inciso il tuo primo album per l’RCA, il tuo sua scuola di musica a Testaccio.
produttore era invece Rino Gaetano.
Mobydick doveva essere l’album del mio lancio dopo Antonello e A Sanremo ha vinto Vecchioni con una canzone molto politica.
Francesco. Vincenzo Micocci dell’RCA mi aveva affidato a Rino Mi son piaciute le parole della canzone di Vecchioni, ma io odio
come produttore di sala. Mentre facevano il mio disco io, capoc- Sanremo e trovo che sia stato molto grave da parte sua andare a
cione, me ne sono andato però in campagna elettorale. C’era un dargli una mano. Penso che Sanremo, come lo stato borghese, si
mixer rotto in sala ed è venuto fuori un disco che non si sentiva. abbatte ma non si cambia. A Sanremo hanno rovinato la musica
Ricordo che mi telefonò Michelangelo Romano che conduceva di questo Paese. Lo ripeto dall’83, e ho litigato persino coi diret-
Pop-Off su Radio Due e voleva mandare in onda una mia canzo- tori di “Paese sera” perché non ci volevo andare e non ci sono
ne ma non ci riusciva: non si muovevano neanche le lancette del andato. Sono l’unico critico musicale che ha scelto di non occu-
mixer tanto era tutto registrato male e bassissimo! Questo sono parsene più. Chiunque va a Sanremo, da Tenco in poi, secondo
io, un cazzaro... Per andare in giro a fare campagna elettorale non me, si sputtana.
so per cosa, ho lasciato Rino sdraiato nei campi con le sue birre,
sull’Aurelia dove si registrava l’album negli Studi Chantalain di Anche Benigni è una tua vecchia conoscenza.
Bobby Solo. L’unica mia canzone che ha avuto un discreto suc- Pensa che veniva a farmi l’ospite comico al Folkstudio già nel
cesso è stata Sto pensando che passava per radio perché inserita ’72/’73. Lo andavo a prendere con la mia 500 a casa sua e fra il
in una compilation RCA Domenica Musica '75 del Trianon. primo e il secondo tempo del mio concerto lui raccontava le sue
storie su Vergaio. Era un grande amico di mia sorella Ida, regista
Mobydick l’hai dedicata alla DC. Oggi nel 2011 guardi con nostal- teatrale, che lo ha scoperto. Quando fece la prima cosa della sua
gia al vecchio partito della balena bianca? vita al Teatro Alberichino di Roma, portai io tutta la banda del Folk
Ho una grandissima nostalgia della DC, era un mondo dove, per a vederlo: eravamo in quaranta al suo primo spettacolo teatrale.
dirla alla Paolo Conte “si sbagliava da professionisti”. C’erano i Già il giorno dopo ne ha fatti cento e fu trasferito nella sala più
comunisti, c’erano i democristiani, si sapeva chi erano, c’era grande. Ricordo che quando si esibiva al Folkstudio aveva teori-
grande stima anche dei primi socialisti. Anche lì c’era la censura camente cinque minuti, ma non la smetteva più! Non riuscivo più
però gente come Elio Molinari, mio primo direttore di Radio a riprendere la situazione perché era esplosivo, il pubblico impaz-
Uno, mi ha fatto fare un sacco di programmi dove io addirittura ziva. Più di una volta, mentre ero a casa in dolce compagnia, è
cantavo canzoni satiriche e facevo sberleffi in rima ai politici del- entrato di soppiatto nella mia camera con la chitarra e ha comin-
l’epoca. ciato a cantare davanti al letto: un folle! Le prime cose televisive
le fece a Uomo Tv, la tv locale in cui lavoravo in quegli anni.
Il teatro di strada con Gian Maria Volonté: altra tua grande espe-
rienza… Uomo Tv, una delle tv private pioniere?
Il più grande uomo che io abbia mai conosciuto. Con Gian Maria Era una una delle poche tv impegnate fra fine anni 70 e primi anni
abbiamo fatto tre anni di vita insieme tra il ’68 e il 70. Lui era già 80. È quella che poi fu acquistata da Mondadori divenendo Rete
famoso per i primi western all’italiana di Leone e Damiani. Faceva 4. Nel programma che facevo nel pomeriggio, per 50mila lire cia-
teatro ma non era ancora stato scoperto dal cinema impegnato. scuno ospitavo Benigni, Verdone, Ivan Graziani, Rino Gaetano.
Ha fatto teatro di strada nel momento di passaggio dal cinema Era una televisione d’avanguardia.
popolare a quello civile. Eravamo in quattro in scena e io cantavo
le canzoni durante le esibizioni. Gian Maria era il nostro capo, Parliamo di politica: ieri militante PCI, oggi?
non aveva più una lira perché tutti i soldi li spendeva per la poli- Sono iscritto al Partito Democratico, più per discendenza e
tica. Ricordo che mangiava da mia madre e andava matto per gli affetto che per altro. Cerco di scegliere il meno peggio. È chia-
gnocchi al burro alla piemontese! ro che in questo momento il mio cuore è con Vendola. Ma oggi
è tutto distorto, non c’è più Destra e Sinistra, ci sono i “came-
ragni”, una vera e propria mutazione gene-
tica della politica.
Chi è il “cameragno”?
La Sinistra è andata a destra e la Destra è anda-
ta a sinistra. Berlusconi è un caso a parte, per-
ché lui pensa solo alle sue aziende, ai suoi affa-
ri, ai suoi soldi e a non finire in galera. La
Sinistra con lui è stata costretta a correre verso
destra sulla legalità. E Fini da destra si è sentito
usurpato. Lui è stato il primo “cameragno”, e
credo nella sua buona fede perché nella vita si
cambia. Quando capisci veramente chi è
Berlusconi non puoi restare lì.
23
ALL’ITALIANA
La questione morale è un tema di drammatica e scottante attualità
soprattutto nell’Italia di oggi. Ne parliamo con Roberta De Monticelli,
filosofa di statura europea, docente di Filosofia della persona all’Università
Vita-Salute San Raffaele di Milano, autrice de La questione morale,
saggio acuto e illuminante, coraggiosa e appassionata riflessione
in ambito etico, politico, giuridico e religioso.
di Gabriele Barone
Nel libro La questione morale (Raffaello ranze che animarono i grandi momenti del riscatto nazionale
Cortina, 2010) molto realisticamente lei dise- prima e della rifondazione repubblicana poi. Come, infine, se il pas-
gna un quadro piuttosto cupo della situazione saggio completo e irreversibile all’età della ragione, all’età adulta
italiana: parla di corruzione a tutti i livelli della (così Kant chiamava l’umanità pervenuta alla consapevolezza della
vita economica, civile e politica. Come mai la responsabilità personale ultima e dell’autonomia morale degli indi-
maggioranza degli italiani approva, sostiene e vidui) in Italia non fosse mai del tutto e per tutti avvenuto.
nutre questo generale degrado?
La tesi centrale del libro è che le arti servili della Come mai dopo il Fascismo gli italiani non hanno ancora acquisi-
sudditanza continuano a sostanziare i nostri to gli anticorpi per riconoscere il carattere sostanzialmente auto-
mores, i nostri costumi, in una effettiva conti- ritario e populista del berlusconismo? Non trova che, al di là delle
nuità con la condizione di una società pre- inevitabili differenze, vi siano alcune affinità di fondo tra
moderna: come se Risorgimento e Resistenza non fossero bastati Fascismo e berlusconismo?
a transitarci nella modernità. Come se a un insieme troppo rilevan- In effetti Fascismo e berlusconismo mi sembrano due condizioni
te di italiani fosse rimasta estranea la condizione di cittadinanza, antitetiche che hanno una sola cosa in comune: la virtuale aboli-
con i suoi doveri e le sue virtù, nonostante l’entusiasmo e le spe- zione della differenza fra potere legittimo e forza arbitraria, cioè
ILMUCCHIOSELVAGGIO
QUESTIONI
zellette insulse e volgari è indegno di un Presidente del zia. Non mi sembra si possa dire però che il nesso essenziale fra
Consiglio” non dovrebbe avere condizioni di verità? Perché non giustizia e libertà, il contenuto plurale della libertà e la dipenden-
dovrebbe anzi essere oggettivamente vera, come sembra? Non za reciproca fra apertura di pari opportunità a tutti gli individui e
ci sono forse virtù caratteristiche di un Presidente del Consiglio, il buon funzionamento di una democrazia costituzionale di dirit-
senza le quali uno non è un “buon” Presidente del Consiglio? to fossero stati riconosciuti prima della modernità. Alcuni ancora
Perfino una caffettiera ha qualità e requisiti senza le quali non è non riconoscono nessuno di questi tre principi!
una buona caffettiera!
Lei afferma che la via di Socrate (ovvero sottoporre i giudizi di valo-
A suo avviso l’etica è stabilita da una norma universale che è il prin- re a verifica sempre nuova attraverso l’esperienza e la critica) è quel-
cipio di pari dignità e pari diritti. Tali principi sono enunciati nella la maestra. Cosa può insegnare Socrate alla politica di oggi?
Dichiarazione dei Diritti dell’uomo e del Cittadino del 1789 o nel Se per “politica di oggi” intendiamo banalmente la classe politica
primo articolo della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo esistente, allora ben poco può insegnare Socrate a gentaglia
del 1948. Ciò significa allora che prima di tali documenti l’uomo non come i sindaci abusivisti, come i venditori di voti, come coloro
aveva conosciuto né praticato i principi di libertà e giustizia? che l’esercizio assoluto del potere ha corrotto assolutamente e a
Quel principio (“tutti gli esseri umani nascono liberi ed eguali in cui solo il carcere potrebbe insegnare qualcosa. Se invece inten-
dignità e diritti”) enuncia un dovere: il dovere che ha ciascuno di diamo l’arte del governo delle cose e delle società umane, allora
riconoscere in un altro essere umano un portatore di dignità pari Socrate può insegnare la cosa più preziosa che ci sia: che non c’è
alla propria, e quindi di eguali diritti. Qui è difficile non ricono- altra fonte di vera legittimità del potere sotto qualunque forma
scere la formula kantiana, il criterio di universalità di una “massi- che l’assenso condizionato degli individui capaci di cercare che
ma”. Ma è al contempo la formula antica (Ulpiano) della giusti- cosa veramente sia giusto e di preferirlo a ciò che non lo è.
zia: sui cuique tribuere (“dare a ciascuno il suo”, Ndr). Che cos’è il Dunque, che non c’è altro prestigio di un governo che nel suo
dovuto a ciascuno, però? A questo né Kant né Ulpiano rispondo- essere governo della legge e non dell’uomo. Ma dallo stesso pen-
no. L’età dei Diritti risponde che è l’insieme dei diritti nell’eserci- siero discende anche che la legge conserva il suo prestigio, se e
zio dei quali la libertà di ciascuno può effettivamente esplicarsi: soltanto se la nostra coscienza e la nostra ragione hanno anche
la libertà, cioè il potere di vivere in conformità alla propria conce- la possibilità di togliere al potere il suo consenso e dunque la sua
zione del bene e della felicità, della propria cultura e identità, legittimità, nei modi stabiliti. Questo è il pensiero che la nostra
della propria fede, cioè con il proprio ethos. Ovviamente nella modernità ha reso esplicito, il pensiero che porta a fondo la
misura in cui questo è compatibile con l’etica, con il rispetto per domanda fondamentale di Socrate: “perché?”. Il pensiero che
la pari dignità altrui. Certamente anche prima dell’età dei Diritti anche in politica porta all’ultima conseguenza la domanda di giu-
l’uomo aveva conosciuto e praticato i principi di libertà e giusti- stificazione, che in ultima analisi è domanda di giustizia.
29
PRIMO MAGGIO
Pochi chilometri separano Piazza San Pietro, teatro della beatificazione
di Papa Giovanni Paolo II, da Piazza San Giovanni, palcoscenico
del concerto per la festa dei lavoratori. Nello stesso giorno, a Roma,
bandiere gialle e bandiere rosse sventoleranno in un derby inaudito.
di Alfonso Leto
N
on c’è davvero bisogno razzo Laurenti. Fossi in lui ci «BEATIFICAZIONE DI PAPA famo? Nun ce fa spenne de più
d’imbastire ragionamenti ripenserei. GIOVANNI PAOLO II. SISTE- che dovemo pagà i rimpatri. Me
elaborati per configurare Ricordate l’Infernetto di Ar- MAZIONE IN HOTEL 3 STELLE raccomanno!
tutto quel sistema di deli- bore con le diavolesse osè e gli - 10 KM da Roma CON TRATTA-
rio turistico-commerciale afrori promiscui di un altro MENTO DI H/B euro 70,00 per «Per l’intera operazione spesi 3,5
che si mette in atto nella terra caffè? Beh, se proprio dovessi persona a notte. Lo Special JPII milioni di euro. Alemanno è però
dei santi ogni qualvolta si scegliere… Lì c’è più topa e se Pass è un pacchetto di servizi per rimasto prudente sulle previsioni
accende la scritta lampeggian- ne acchiappi qualcuna nessu- agevolare il pellegrino che viene a relative ai partecipanti e non ha
te “Welcome” nel paradiso no avrebbe da ridire, nemme- Roma per la Beatificazione. Non commentato la stima di 300mila
dove un altro fortunato sta per no i GIP di Milano. è un biglietto di ingresso per la arrivi circolata durante la confe-
metter piede. Ovviamente, anche nel Paradi- Messa di Beatificazione per la renza stampa. “Attendiamo le
Quando si mette in moto “il so-Lavazza non si arriva mica quale, come comunicato dalla cifre dalla Santa Sede - ha detto -
racket di Dio”, come dice così, d’ufficio; dopo l’Inferno Santa Sede, non sono previsti queste verranno rese note solo
Woody Allen in Basta che fun- di “Chi l’ha visto” si passa al biglietti». pochi giorni prima e solo allora
zioni, non ci sono santi! Anche limbo penitenziale de “l’Isola potremo avere una quantificazio-
se - va detto - l’immaginario dei famosi” dove tutti - zocco- Capito? Non è un biglietto per la ne reale».
odierno del Paradiso non ha le, puttani, svampite, trans e Messa, quella è gratis! Gratis?
più nulla a che fare con l’ispi- peccatori di varia fama - hanno Allora ci vado! Ma prima voglio Ma mentre Roma è prudente
rato titanismo dei piani alti del la possibilità di redimersi il JPII-PASS. Lo voglio! Poi mi sul da farsi, Lampedusa viene
Giudizio Universale di Miche- attraverso l’esicasmo spetta- dia anche un JPMac, e un espugnata.
langelo. È assai più simile alla colare della fame dei vip. Marcin-chicken-legend. Da bere
hall soffice e spiritosa della Sta di fatto che ad ogni batter di una coca e un amaro McBe- «I MILITARI che non sono in ser-
Lavazza. Che tempi! Eppure ciglia lassù, nell’Olimpo-Lavaz- nedictus. vizio li riconosci subito: sono gli
questo spot piace alla Chiesa, za, c’è uno tsunami festoso qui, unici che riescono a fare jogging,
lo ha detto il Card. Tonini che su questa nostra terra che i vec- «Pronti due ospedali da campo incuranti di tutto ciò che li circon-
lo trova carino. chi e timorati saggi di una volta e 87 ambulanze. Rafforzati anche da, dell’acqua che scarseggia,
Sarà mica lì che il nuovo beato chiamavano senza mezzi termi- i presidi sanitari. L’Ares 118 ha pre- della sporcizia e della promiscuità
sta per entrare? Tra Bonolis ni, azzeccandoci al 100 percen- disposto un piano che prevede l’a- che hanno trasformato un pezzo
che fa il filo alla maliarda alata to, una valle di lacrime. pertura di un ospedale da campo di paradiso in area malsana, dove
di turno e un San Pietro- Insomma, che voglio dire? in piazza Risorgimento, a pochi le paure hanno il nome di antiche
Garrone tamarro-altoborghese Vorrei scrivere qualcosa “che passi da San Pietro, e un secondo ossessioni: tubercolosi, scabbia. È
amministratore del condomi- nasca dalle parole come il vino in un’area ancora da definire, 87 talmente veloce l’assuefazione al
nio. Non ci posso credere! Alla dall’uva”, per dirla con Walter ambulanze e 14 posti medici peggio che la normalità fa colpo.
fine, spaesato, non sapendo Benjamin (quando elogiava il avanzati. “Abbiamo accolto - ha Corrono tra i relitti umani che
che fare, il nuovo arrivato finirà valore esaustivo della citazio- spiegato Alemanno - l’idea della assediano Lampedusa assieme ai
col prendere più caffè di quan- ne). Basta fare un po’ di cut Santa Sede di estrema sobrietà ed relitti delle carrette che li hanno
ti i suoi pur saldi nervi di ex and copy dal Web e giudicate economicità dell’evento». scaricati e continuano a scaricarli,
operario polacco potranno da soli se è proprio necessario dopo 14-18 ore di traversata nel
sopportare. “È per lo sponsor” aggiungere altro: mi limiterò a A proposito di sobrietà, Alema’, Canale di Sicilia, al prezzo di
gli dirà farfugliando con imba- qualche parola tra le righe. che dici, co’ un mijone gliela 2mila dinari, 1000 euro circa. Un
ILMUCCHIOSELVAGGIO
DERBY
Ancien regime
E
e neanche per il fuoco va bene». Cosa? Il primo Maggio? La festa Vasco Rossi e Jovanotti e Ben- da caffè Escrivà de Balaguer.
dei lavoratori! Il concertone a nato e questo e quell’altro. E Avvolgimi con la tua bandiera
se questa marea umana di Piazza San Giovanni! Mi metto- tutti i rapper celoduristi tronfi giallobianca, soave papagirl, io
disperati, anziché espugna- no la beatificazione il giorno del di apparire più incazzosi degli ti chiudo in un abbraccio di lea-
re la piccola, minorenne, concerto? È concorrenza sleale! altri, piccoli sacerdoti e prelati cril rosso-cuba. Incrociamo i
Lampedusa, venisse ospita- Non abbiamo certo il dono del- di un’altra rituale messacanta- nostri peni, come dice Elio, in
ta da quella vecchia bal- l’ubiquità, noi. E i cattocomuni- ta; quando potremmo, invece, segno di amicizia. Scambia-
dracca di mamma Roma? sti? La via della fede si biforca fiondarci in massa con le no- moci con ecumenica gioia un
Quando tornate a casa, la sera, per loro. Un’ardua scelta. stre bandiererosse e falcemar- segno di pace e le figurine
interrogate la vostra coscienza tello e Che Guevara, e tutto il Panini: tu mi dai Padre George,
di buoni cristiani: tra i papa boys «La storia siamo noi è il tema campionario araldico-sindaca- io ti do la Serracchiani. Io ti do
freschi e profumati come rose, e artistico scelto dai sindacati CGIL, le, verso il Lungotevere Aven- Benigni, tu mi dai la Gelmini.
la carne urlante dei disperati, CISL e UIL per il 1° Maggio 2011 tivo e dirigerci allegramente Scambiamoci i panini, persino:
degli ultimi, a chi dareste un in occasione dei 150 anni dell’U- verso Piazza San Pietro, a mi- io il mio kebab, tu il tuo tra-
posto nelle tendopoli vaticane nità d’Italia. Su un palco total- schiare i nostri ormoni scop- mezzino di crudo e formaggio.
della beatificazione? A chi dare- mente rinnovato Ennio Morrico- piettanti e gli effluvi di canne di Scambiamoci gli stereotipi
ste soccorso, per primi, nelle 87 ne dirigerà il brano Elegia per varia estrazione e qualità verso della fede: tu quella nel Para-
ambulanze e nei 14 posti medici l’Italia da lui composto in occasio- i bei fazzolettini e berrettini diso io quella nella Rivoluzione.
avanzati, allestiti con una tale ne del concerto. Sempre sul terre- giallobianco dei freschi papa- Trascorso questo derby amiche-
miracolosa efficienza, che tutti i no delle celebrazioni ascolteremo boy e delle tenere papagirl. vole tra le fedi, guardandoci
centri d’accoglienza migratoria il Nabucco, Bella Ciao, Volare e Mescolarci, finalmente felici e attorno, tra le cartacce di que-
non se li sono mai sognati? l’Inno di Mameli». liberi di credere, senza più pre- sto indimenticabile primomag-
giudizi, ad assistere ai miracoli gio di gaudio, spero cerchere-
«Papa Giovanni Paolo II verrà Beh, insomma, ardua? Mica inspiegabili di Alemanno, me- mo di capire veramernte, all’al-
beatificato, in seguito al riconosci- tanto? Tra il JPII-pass e Volare… scolare le nostre lingue e scam- beggiare del 2 maggio, la realtà
mento di diversi miracoli, tra cui si confesso che le mie certezze biarci i gadget dei nostri mondi dov’è. Dove cazzo è finita?
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CAPOSSELA
IN FONDO AL MAR
Vestito da marinaio o da capitano (Achab), a seconda dei giorni
in cui si presenta agli interlocutori, Vinicio Capossela ha affrontato,
con Marinai, profeti e balene, il suo viaggio più intenso.
di John Vignola - foto di Elettra Dallimore Mallaby
U
na traversata in cui la letteratura alta e la sugge- scongiurano le sventure, quelli non creduti e quelli
stione del mare trovano uno sfogo poetico vasto. venerati come divinità. Ho voluto affrontare un disco
Non è facile né lineare, la strada che il doppio cd doppio, perché ha due anime: una più anglosassone,
propone ai naviganti, ma sicuramente è sugge- ancora una volta, biblica, e una più mediterranea, ome-
stiva come poche altre produzioni, non solo rica. Alla fine quel che conta è la cosa che unisce questi
musicali, di oggidì. due mondi: il cammino che gli esseri umani fanno per
compiere il proprio destino e per rivelarlo.
Marinai, profeti e balene. È un bel viaggio, questo
disco, con molti personaggi imponenti. Lo si potrebbe E la balena, in tutto questo, che ruolo ricopre?
definire biblico, o almeno epico. Il destino è come la balena: si vede solo dalla coda. La
Ho iniziato questo lavoro, circa tre anni fa, partendo dal lato bibli- cosa che attrae di più è il fatto che sia fuori misura. Come Golia,
co di Moby Dick, perché ne ho sempre subito il fascino, tanto del come il Ciclope. Il fuori misura è un po’ la chiave del rapporto che
linguaggio biblico, quanto dalla Bibbia stessa. Dopotutto, il abbiamo con molte cose, anche solo il fatto che l’uomo sia così
Vecchio Testamento è il libro più usato dai rocker. La percezione piccolo, eppure sia in grado di concepire l’infinito, anche se non
che ne ha il mondo anglosassone è molto diversa dalla nostra, del di padroneggiarlo, non è un caso che quando Dio appare a
mondo cattolico: per loro si tratta di una riappropriazione della Giobbe gli pone davanti il Leviatano, come espressione della
scrittura, della legge, della morale. Prendi il libro di Giobbe: io lo potenza della sua opera.
trovo molto vicino alla tragedia greca. Ti dice che la cosa più temi- Personalmente amo la balena perché è una creatura estranea. È
bile è la prosperità che è proprio lì, quando stai bene e ti insu- un mammifero nell’acqua. C’è un brano, Goliath, in cui la balena
perbisci, che gli dei ti puniscono. appare come un personaggio di freak show: portata in giro imbal-
E dunque perché questo titolo? Perché tutto questo, che sia la samata. Un elemento presente anche in Moby Dick, ti fa pensare
Bibbia o che sia il mito, ti riportano al rapporto col fato. La figura alla stranezza del creato. Si tratta pure di un essere fuori defini-
del profeta è centrale, in tutto questo: il profeta è un uomo che zione. c’è un processo, nell’Ottocento, intentato per una questio-
indaga l’enigma, che ha delle visioni, che interpreta segni. ne di tasse, in cui la questione centrale verte intorno alla balena,
Quindi, ci sono vari tipi di profeti; quelli di sventura e quelli che se sia un pesce o no.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
MUSICA
Abbiamo parlato di profeti, parliamo di aedi. L’aedo è una figura cen- i profeti, anche se non indaga il futuro, ma il passato. Entrambi attin-
trale nell’Odissea che, in fondo, appartiene alla nostra cultura quasi gono a un bacino molto più grande di loro. In Marinai, profeti e bale-
più della Bibbia. Cosa ne pensi, visto che l’aedo è il protagonista di ne ci si sente più vicini all’aedo, perché si riportano col canto storie
una tua canzone? che ci appartengono.
Sono d’accordo. L’Odissea sembra un libro di avventure, ma in real-
tà, è un libro profondamente religioso, per quella che era la visione Ulisse. Dante lo mette all’Inferno perché è un ingannatore, oltre che
di allora. Lo stesso Odisseo è timorato degli dei. Solo qualche volta un assetato di conoscenza che va fuori misura. Ma nell’Odissea si
agisce secondo la sua ybris, il suo orgoglio, però io non l’ho mai parla anche di ritorno, di pacificazione, di ospitalità, di accoglienza.
visto come un temerario puro. Ciò che mi ha sempre fatto sentire a Come hai percepito questi temi?
casa, quando leggo l’Odissea, è il suo tono. Certe cose che riguarda- È complicato. Il fatto è che Ulisse non può, realmente, trovare pace.
no il senso dell’onore, la responsabilità, il ritorno, la famiglia. Non Aspira al ritorno, al ristabilimento dell’ordine, ma non a raggiunger-
mi fa pensare ai banchi di scuola, ma al focolare, ai racconti delle zie, li veramente. C’è una bellissima poesia di Borges su questo tema: il
alla tradizione mediterranea. È il libro che conosco meglio, da quan- re è tornato, tutto è tornato a posto, ma mentre dorme lì, dov’è quel-
do sono nato. l’errabondo che andava in giro dichiarando di essere nessuno?
Mi viene in mente un lapsus di mio padre, proprio l’altra sera. Aveva Tiresia profetizza che dovrà ripartire e trovare nuove genti. Dante
appena visto l’Odissea, con Kirk Douglas, e gli è piaciuta molto, così non lo fa nemmeno tornare a casa (anche se quell’evento è posteriore
ha detto, la “parabola del Ciclope”. Ha unito le due tradizioni: Omero al suo ritorno ad Itaca, Ndr), ma gli fa passare direttamente le colon-
e le parabole del Nuovo Testamento, perché entrambe ci pongono ne d’Ercole. Quindi la reale possibilità della pace, per lui, non è vera-
davanti ai temi centrali. Io ho scritto di quelli che mi hanno più col- mente la soluzione.
pito. L’attesa e i suoi inganni, nell’amore e nel ritorno. Nel brano Le
Pleiadi c’è una donna immobile, che non sa nulla, e un navigante: le Arrivi da un disco che già nel titolo, Da solo, denunciava una scelta
Peiadi sono l’unico segno che dà loro un punto di riferimento. La precisa, essenziale. Questo è un album doppio, con forme musical-
nostalgia è il dolore del ritorno. Senza Itaca, senza l’idea del ritorno, mente parecchio aperte. Quando lo hai registrato avevi già un’idea
non ci sarebbe il viaggio, però tornare non risolve nulla, se non si precisa del risultato finale o hai “navigato a vista”?
torna a dove si era. È un’opera fuori misura. La forma della canzone è quasi un pretesto,
Ulisse ha bisogno di riportare lo stato delle cose a com’era prima viene rispettata il meno possibile. Musicalmente, ho sempre avuto
della sua partenza e lo stesso capita a noi: abbiamo la nostra Itaca una certa fascinazione per la letteratura di mare, per i naufragati.
personale e dobbiamo imparare a trovarla dentro di noi. Gli ingan- Musicalmente, avevo iniziato questo percorso già da qualche anno,
ni di Calipso ci rallentano, ma non ci possono fermare del tutto. però tutte le cose che ho scritto nella parte finale sono molto legate
Per tornare all’aedo: lui è ben diverso dall’artista, perché non è tanto dal rapporto col fato. Musicalmente, ho usato delle soluzioni che
colui che crea, ma colui al quale viene affidata la memoria. E ha, se prima non avevo mai usato, per esempio l’uso dei cori, che è sia
vogliamo, un ruolo anche politico perché se non ci fosse lui noi non musicale sia funzionale al racconto. Serve a porre in risalto la soli-
sapremmo nulla di ciò che è accaduto. Infatti, spesso è cieco, come tudine del protagonista, ma anche ad accompagnarlo, oltre che a
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De Monticelli
ILMUCCHIOSELVAGGIO
MUSICA
No. Non c’è altra letteratura consequenziale a quella che ho Stupisce sempre un po’, nel nostro mondo liofilizzato, il richiamo
messo nel disco. Esso stesso è una rielaborazione, in questa arcaico presente nella tua musica. Il desiderio costante di complica-
strettoia che è la canzone, di molta letteratura. L’atto di scrivere re in un mondo che invece vorrebbe tutto più semplificato.
mi è indispensabile per cercare di lenire le ferite che sempre l’e- Io ammiro molto chi ha il dono della sintesi. Chi sa semplificare
sperienza della vita mi apre, per colmare il vuoto della separazio- senza finire nella sciatteria. Purtroppo, invece, il mio motto è “il mas-
ne. È intimamente connesso con la mia vita, quindi difficilmente simo del risultato con il massimo dello sforzo”.
mi sentirei di scrivere, in modo diretto, di quella. Questo, invece,
è proprio un lavoro che viene da molta letteratura. È la rielabora- È un motto che vale anche per chi viene ai tuoi concerti.
zione di grandissimo materiale, perché alla fine sono le più gran- Sì. È bello che certe canzoni siano amate e appartengano quasi più
di storie messe in piedi dall’uomo per spiegarsi le cose, e l’ele- a chi le ha ascoltate che a chi le ha scritte. Però, non potendo fare un
mento personale è proprio la rielaborazione. “best of” tutti gli anni, mi piace che il concerto sia davvero una spe-
cie di viaggio, nel quale si toccano lidi sconosciuti, ma dove ciascu-
È così dolorosa la vita? no può riconoscere qualcosa che gli appartiene.
Lo è perché dà molta gioia. E privarsi della gioia è sempre un gran-
de dolore.
Il tuo tour è in partenza da una città di mare, Genova. Anche la rap- I LIBRI
presentazione sarà in tema col mare? Impossibile resistere alla suggestione letteraria di Marinai,
All’inizio avevamo pensato a una scenografia che riproducesse gli profeti e balene. Il nostro consiglio è però di prendere lo
elementi di una nave, non di ora. Poi abbiamo preferito una solu- spunto per approfondire un po’ gli estremi entro cui si svol-
zione più astratta, che ha a che fare con lo scheletro. Lo scheletro ge la storia delle canzoni. L’Odissea di Omero è appena
della barca, del mammifero… L’abbiamo ridotta all’osso. Quando stata ripubblicata in una interessante traduzione contem-
vedrai, capirai. poranea e ragionata da Vincenzo di Benedetto (Bur, pp.
1254, euro 12): spogliata di accademismi inutili e resa vicina
Qui si citano grandi libri e poeti. C’è ancora, secondo te, qualcosa di a noi, come è giusto che sia. Ogni canto è un piccolo tra-
paragonabile nella contemporaneità della letteratura? guardo di conoscenza delle nostre radici, anche emotive.
Credo che ogni libro abbia l’ambizione di rilevare le vicende da un Dall’altra parte del mare c’è invece Moby Dick o la Balena,
tempo destinate a morire. Una cosa non facile. Qui, si tratta di che la UTET Tascabili (pp. 940, euro 22) propone, con la
testi con un’aura mitica: anche i più recenti, ad esempio Conrad. cura di Giuseppe Natale, in una edizione che confronta la
Non è necessario che un testo abbia cinquecento anni, per essere prima pubblicazione europea con quella americana: parec-
trasportato in un tempo mitico. Però, per sua stessa definizione, chio diverse, piene di censure e omissioni entrambe, a
la contemporaneità rischia di usurarlo. dimostrazione che negli Stati Uniti libri fondanti come
questo, uscito nel 1851, non esistono in una sola forma, in
Un certo tipo di richiamo arcaico è tipico della letteratura ameri- una sola edizione. Proprio come l’Antico Testamento, che
cana, la patria della mitologia breve. L’epopea del Far West, per trovate in ogni albergo e motel americano, e che è il bre-
esempio, ha toni davvero epici, eppure era contemporanea e suc- viario su cui sono nate, per esempio, molte canzoni di
cessiva all’Unità d’Italia. Springsteen o di Dylan. Volete assaggiarne un po’?
Sono d’accordo.
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SPAZIO 211
“Dove suonano? A Spazio?”. Chi vive a Torino lo sa: da dieci
anni, è questa la frase di rito tra le tribù dedite alla transumanza
da concerto. Una minoranza più chic dice “al 211” ma
la sostanza, e soprattutto l’indirizzo, non cambiano.
di Carlo Bordone - foto www.bruben.com
V
ia Cigna 211, quartiere Barriera di Milano. Lontano dal cen- nel suo piccolo, in un momento di transizione che in qualche modo
tro, dai Murazzi e dalle movide alcoliche, ma vicinissimo al riflette lo stato attuale del live rock di piccole-medie dimensioni in
cuore degli appassionati di musica indipendente, in qualun- Italia. Siccome è nei periodi di cambiamento che accadono le cose
que senso si voglia intendere il termine. Un’oasi di suoni e interessanti, ne abbiamo approfittato per fare il punto della situa-
di genuina attitudine indie in mezzo a un deserto pressoché zione con Marco Basiletti, uno dei nuovi responsabili dello Spazio.
totale, una particella di rock’n’roll in un vuoto pneumatico
alquanto stridente con l’immagine festaiola - always on the move, Com’è la situazione al 211, nel 2011?
come impone la grancassa post-olimpica - che la città sabauda Teniamo duro, ma il momento non è dei migliori. In senso gene-
ama dare di sé da qualche anno. Tolti l’eterno Hiroshima Mon rale, intendo. Artisticamente non stiamo vivendo un periodo par-
Amour (tornato peraltro solo da poco, dopo un lungo periodo di ticolarmente florido, almeno in Italia. Esce tantissima roba, ma le
disinteresse nei confronti del rock, a proporre un cartellone band su cui vale la pena scommettere, dal punto di vista di un
degno di questo nome, sia in fatto di qualità sia di quantità), la club come il nostro, sono davvero poche. A livello internazionale
messa grande (nonché gratis et amore dei) di un Traffic Festival il problema della sovrabbondanza di offerta musicale è centupli-
sempre più in bilico, realtà di nicchia come il Folk Club e qualche cato, e diventa sempre più difficile fare una selezione mirata, in
centro sociale ancora in piedi, l’offerta di musica live in una città modo da stilare una programmazione di qualità.
considerata all’avanguardia per la sua “scena” (prego?) passava
e passa tuttora quasi esclusivamente da una ex sala prove siste- Hai parlato di “scommessa”: il bello di un club come lo Spazio è
mata in un’area periferica, acquattata tra nuovi palazzi ad alvea- che in questi anni ha spesso rischiato, puntando su gruppi, sia
re, vecchie case popolari e capannoni in via di demolizione, pro- italiani sia stranieri, che hanno poi ripagato ampiamente la posta
prio a due minuti dall’imbocco dell’autostrada per Milano (aspet- investita. Continuerete con questa politica?
to di una certa valenza simbolica, quest’ultimo). La lista dei grup- Abbiamo sempre provato a fare un lavoro di ricerca abbastanza
pi che hanno calcato il palco di Via Cigna - sia indoor, nella sta- serio, cercando di capire cosa poteva funzionare e di anticipare i
gione invernale, sia all’aperto durante il festival estivo Spaziale, tempi. Penso a band come Vampire Weeekend o Editors, che
che quest’anno festeggerà la decima edizione con Mogwai, Tame hanno suonato da noi quando ancora non erano nessuno, o per
Impala, Jon Spencer e Neurosis - in pratica riempirebbe l’enciclo- restare in Italia a Le Luci della Centrale Elettrica, che ha tenuto qui
pedia rock degli ultimi vent’anni (e non solo). Dai Sonic Youth ai uno dei suoi primi concerti in assoluto. La mission, se vogliamo
Wilco, dai Motorpsycho agli Swans, dai Silver Mount Zion a chiamarla così, rimane la stessa. Per questo continuiamo a pun-
Micah P Hinson, dalle Pipettes ai Monotonix, dai Mars Volta ai tare sulle band giovani, meglio se italiane. D’altra parte, ogni
Tuxedomoon: fate un nome, e ci sono buone probabilità che tanto ci piace anche vincere facile, come quando chiamiamo vec-
abbia lasciato un graffito nei camerini. chi lupi che, siamo abbastanza sicuri, riempiranno il locale.
Alcune cose sono cambiate però anche allo Spazio, negli ultimi Gente come Shellac, Helmet, Jesus Lizard, NoMeansNo, Wire,
tempi. Gianluca Gozzi, ovvero colui che più di chiunque altro ha tanto per rimanere alla scorsa stagione.
fatto crescere il locale, curandone la programmazione e definendo-
ne in qualche modo lo spirito, da qualche mese ha lasciato la sua Si riesce a prevedere con una buona approssimazione la quantità
creatura per gettarsi in una nuova avventura (ne parliamo a parte), di pubblico?
anche questa si spera in grado di dare una scossa alla club culture - Una volta era più facile, c’erano parametri di valutazione più sicu-
o alla culture in generale - di Torino. Lo Spazio 211 si ritrova perciò, ri. Oggi non c’è più un metodo standard, è tutto più aleatorio.
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BACKSTAGE
Woven Hand
Arrivi al concerto, ti guardi in giro e ti dici “ok, speriamo che vada tare in alto, come a tutti, ma dobbiamo porci un tetto. I prezzi
bene”. I comportamenti della gente sono molto più imprevedibi- dipendono dalle agenzie, e anche lì ci sono modus operandi diver-
li, la situazione economica ha cambiato le abitudini e confonde si. Con alcune, che condividono il nostro stesso atteggiamento nei
qualunque tipo di aspettativa. A volte ci sono sorprese negative, confronti della musica e degli artisti, si lavora bene perché anche
altre volte positive. Tra le prime c’è stato il concerto dei Liars del- per loro si tratta di un investimento e non ti sparano subito cifre
l’anno scorso. Un classico “gruppo da Spazio”, tanto è vero che assurde. In Italia è il caso di DNA Concerti, tanto per fare un
la prima volta che ci hanno suonato hanno fatto sold out e la nome. Le agenzie più grosse invece pretendono un ritorno imme-
seconda hanno richiamato quattrocento spettatori. L’ultima, con diato, e se non ti va bene tanti saluti. Non gli costa niente piazza-
un disco nuovo appena uscito, c’era un centinaio scarso di per- re i loro nomi a club più grandi, del resto qualcuno in Italia c’è
sone. Il che per noi rappresenta, finanziariamente parlando, un ancora. Pochi, ma ci sono. Un atteggiamento come questo però
bagno di sangue. L’insuccesso di un concerto può dipendere da distrugge il mercato. I numeri, in ogni caso, stanno scendendo per
molti fattori, alcuni dei quali non puoi prevederli. Fissi una data tutti. Il discorso “beh, i dischi non si vendono ma in compenso la
quattro mesi prima, e poi scopri che magari quella stessa sera in gente va ai concerti” è una balla: tutti i club hanno chiuso la sta-
città c’è il Club to Club e sei fregato. Viceversa, a volte ti aspetti gione invernale se non in perdita quanto meno con un deficit
una débâcle e invece fai il pienone: di recente è successo con gli rispetto all’anno precedente. Anche per questo si cerca di tenere
Offlaga Disco Pax, che avevano già suonato da noi più volte e che buoni rapporti con la concorrenza, cercando di non pestarsi trop-
presentavano versioni rivedute dei vecchi brani. Pensavamo po i piedi: il piatto è sempre più misero, e farsi la guerra sarebbe
venissero quattro gatti e invece c’è stato il tutto esaurito. È chia- stupido. In un contrasto del genere, è ovvio che una manifesta-
ro comunque che un locale come il nostro non può permettersi zione come il Traffic, completamente gratuita, ti mette in difficol-
di bucare troppi concerti, altrimenti non ci si sta più dentro eco- tà. Noi partiamo dalla convinzione che la cultura si debba pagare.
nomicamente. Il giusto e senza specularci sopra, ma si deve pagare.
Quanta gente lavora a Spazio? A proposito: la modalità dell’“up to you”, ovvero il prezzo del con-
Una dozzina di persone, tra lo staff, i baristi, l’aiuto palco, il foni- certo deciso dagli spettatori, si è rivelata una mossa vincente?
co, chi sta alla cassa, ecc. Durante il festival estivo la cifra ovvia- L’up to you ha funzionato e continueremo a proporlo, anche se
mente si triplica. dopo la scossa iniziale l’effetto novità si è un po’ smorzato. Ha
un po’ meno appeal di prima. Del resto, non è che ci siamo inven-
I prezzi dei gruppi, in tempo di crisi, sono rimasti stabili o si sono tati niente di nuovo, è la classica offerta libera. Però è anche un
alzati? modo per responsabilizzare chi viene ai concerti, per creare quel
Purtroppo i cachet crescono di anno in anno. Non parlo solo dei famoso clima di community di cui si parla tanto. Certo ognuno
nomi affermati. Una band esordiente oggi ti costa comunque di risponde alla sua maniera: c’è chi capisce e ti sostiene, e chi ti
più di una band esordiente di due anni fa. A noi piacerebbe pun- lascia i tappi di bottiglia.
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BACKSTAGE
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CINEFORUM
A
bbiamo chiesto lumi ad alcuni personaggi che, per il loro Il segreto di questa longevità…
ruolo professionale, stanno vivendo in primo piano tali e … è mantenersi indipendenti e muoversi in autonomia, cercando
tanti cambiamenti. Alla domanda di base, che è essenzial- di dare al pubblico le occasioni per approfondire, informarlo che
mente “che fare?”, rispetto alla recessione economica e cul- stanno succedendo certe cose. Abbiamo portato da noi perso-
turale dei nostri tempi, abbiamo affiancato un po’ di consi- naggi all’epoca “scandalosi”, come Pasolini o Ferreri, o avvicina-
derazioni autonome sui rapporti fra presente e futuro, non solo to maestri stranieri ancora misconosciuti. All’epoca il rapporto fra
della cinematografia, ma anche della società in cui siamo immer- sociale e culturale era strettissimo.
si fino alla gola.
Era anche centrale il ruolo delle periferie.
Esattamente. Poi, abbiamo sempre prestato molta attenzione al
ANGELO SIGNORELLI linguaggio: fare cinema politico non significava solo parlare di
Lab80 Film, Bergamo Film Meeting, Cineforum operai, ma pure mettere in pratica un atto di comunicazione
diverso, come era successo ai vari Buñuel o Godard, che costrui-
Tu rappresenti una delle esperienze più longeve e felici della criti- vano codici totalmente differenti da quelli consolidati. Credo che
ca cinematografica italiana, direi fondante, come “Cineforum” siamo stati fra i primi a divulgare scelte del genere.
(rivista che festeggia in questi mesi il suo cinquecentesimo nume-
ro), oltre al Bergamo Film Meeting, che esiste dal 1983 e oggi è Come avete trasmesso ai nuovi soci, ai giovani, un’eredità così
sotto la tua direzione. Nonostante ciò, anche per la tua associa- importante?
zione, la Lab80 Film, la situazione non è rosea. Cambiando continuamente: abbiamo abbandonato il dibattito da
Non potrebbe esserlo in ogni caso. I tagli economici si fanno tanto tempo, ci siamo dedicati alla divulgazione in ambito univer-
sentire e arriveremo, se va avanti così, alla prossima edizione sitario, per riflettere sulle abitudini dei ragazzi di recepire un certo
del Festival, quella del trentesimo, solo a costo di enormi messaggio televisivo. È rimasta una costante, quella della militan-
sacrifici. za e della curiosità, che ci aveva portato a costruire una distribu-
zione alternativa a quella dominante, per esempio.
Cosa è cambiato, negli ultimi tempi, al di là delle difficoltà gene- C’è stata la grande stagione dei classici recuperati, che abbiamo
rali di autofinanziamento? avviato fin dal 1986 e ci ha dato una mano a divulgare. Ciò che
Direi il senso del collettivo, di un percorso da fare insieme. Noi adesso può essere una presenza politica è finita nei laboratori, nei
abbiamo a lungo puntato su un progetto del genere. documentari, in un lavoro quotidiano. Così è continuata la nostra
riflessione sulla forma, per capire come si percepiscono e si metto-
Un progetto che ha radici solide. no assieme le produzioni odierne. Si tenta di essere ricettivi e di
Siamo stati fra i primi, se non i primi, a occuparci della divul- intercettare chi è davvero interessato a discorsi seri nell’ambito.
gazione e del dibattito sulla Settima Arte. Al di là delle appa-
renze, Bergamo, nell’immediato Dopoguerra, era una città pa- Forse si trovano meno persone di un tempo, ma il tuo mi sembra
recchio reattiva: c’era uno spazio, La cittadella, dove si parlava un tono ottimistico, tutto sommato.
dei film che venivano proiettati. Nella seconda metà dei Non sono un nostalgico sulla mia generazione: abbiamo avuto
Cinquanta è nato il Cineforum vero e proprio, che poi è stato grandi possibilità, però abbiamo pure tradito molto di ciò che cre-
parte di un movimento nazionale che ha portato alla costituzio- devamo. Il voltafaccia politico di alcuni è imbarazzante. Quello che
ne dell’Associazione Italiana Cineforum. Il territorio era cattoli- in realtà ci divide dalle nuove generazioni, come accennavo, è il
co, è vero, ma si è laicizzato presto. Qui i movimenti di estrema metodo: per me questo lavoro è legato al cambiamento del mezzo
sinistra hanno fatto da costante contrappunto a quelli conser- e del modo in cui si comunica, in una situazione sempre rischiosa.
vatori. Ogni giorno, nei Settanta, c’era una carica di polizia. I ragazzi oggi sono meno avventurosi e più calcolatori: si muovono
L’idea di proiettare pellicole che andassero contro i luoghi in maniera un po’ impiegatizia. Forse sono di meno, numerica-
comuni sul cinema era parecchio stimolante e l’abbiamo porta- mente, perché non c’è più il movimento, l’associazione: il singolo
ta avanti senza remore. ha meno legami e vive con se stesso per buona parte del tempo. È
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De Monticelli
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CINEFORUM
C’è qualche differenza rispetto all’estero? stributore italiano. Chiamo il distributore internazionale e mi
Rispetto ad altri paesi europei, in Italia si va molto meno al cinema. risponde che c’è un problema: non hanno la copia da mandarci.
In Francia, dove ci saranno cinque o sei milioni di abitanti in più, Nemmeno in dvd. Ne esistono solo due, in pellicola, già impegna-
viene venduto il doppio dei biglietti. E la distribuzione è favorita da te. Non è colpa loro, però nel 2011, tra Web e globalizzazione, un
un governo che, a prescindere dal colore politico, sostiene l’intera film Orso d’Oro a Berlino non può essere proiettato perché non esi-
filiera con finanziamenti nettamente superiori a quelli del Fondo stono abbastanza copie”.
Unico per lo Spettacolo italiano. Se hai più spettatori e più soldi, sei
anche incoraggiato a distribuire più titoli. Anche in Inghilterra c’è Paradossale, nel millennio digitale.
una maggiore varietà, ma lì c’è il vantaggio della lingua. Sui film in D’altronde, il cambiamento è ancora in corso. Nei cinema di
inglese non hanno spese di doppiaggio, un costo che invece in prima visione gli standard sono pellicola e DCP (Digital Cinema
Italia appare ineliminabile. Ci sono alcune sale che stanno provan- Package). I film digitali però non vengono ancora quasi mai tra-
do a proiettare i film di prima visione in inglese e con i sottotitoli. smessi a distanza, via satellite o Internet. Il primo costa troppo,
Anche noi al Massimo facciamo qualcosa del genere, una volta alla della seconda non si fidano. I film vengono consegnati a mano da
settimana, ma è raro che la copia sottotitolata arrivi anche solo alla un corriere, su hard disk, con chiavi temporizzate che permetto-
metà di incassi rispetto a quella doppiata. no di proiettarli per il tempo previsto dal contratto.
Il costo del doppiaggio incide molto sull’investimento per distri- Le sale abilitate sono ormai la maggioranza?
buire un film? Non ancora. Un proiettore digitale costa circa 80mila euro: non
Abbastanza, si parla anche di decine di migliaia di euro. E a pati- lo compri a cuor leggero. C’è stata un’accelerazione grazie al 3D,
re sono i piccoli distributori, così come avviene sul costo di stam- al biglietto più alto, al successo di Avatar, ma esiste ancora una
pa delle copie. Se la Warner distribuisce un film in 500 copie, forte propensione verso la pellicola. Circuito Cinema, che coordi-
ammortizza le spese molto meglio rispetto alla piccola casa che na le principali sale d’essai e i maggiori distributori indipendenti
esce con un film da 30 copie. italiani, per ora ha deciso di non aprire al digitale.
È la ragione per cui certi film d’autore non riescono ad arrivare in Se alcuni film non riescono ad arrivare in sala è colpa della len-
sala, mentre alcuni blockbuster inondano il territorio? tezza nell’upgrade tecnologico?
La situazione dell’essai in Italia varia da città a città. A Torino per È una combinazione di fattori. Innanzitutto, lasciamo stare il
esempio c’è una forte tradizione e parecchie sale. Talmente tante romanticismo: la distribuzione segue logiche commerciali. Sul suc-
che a volte non c’è nemmeno abbastanza prodotto e ci si conten- cesso di un film pesa molto la promozione: a tot investimenti pub-
de i film a disposizione. In città più piccole, può accadere il contra- blicitari corrispondono tot spettatori e certi investimenti i piccoli
rio: spesso c’è un’unica sala che non riesce a mostrare tutto. distributori non se li possono permettere. Poi c’è un problema cul-
turale: alcuni film il pubblico non li vuole vedere. Come mai nessu-
Con prodotto intendi quello “ufficiale” dei listini? no porta Post Mortem di Pablo Larrain a Firenze? Perché il venerdì
Sì, la prima visione riguarda esclusivamente i film di cui esiste una sera lo spettatore medio non propone agli amici di vedere un film
distribuzione ufficiale italiana: in digitale o in pellicola, con doppiag- cileno ambientato in un obitorio: preferisce Checco Zalone. Al-
gio o sottotitoli. Non puoi fare altrimenti. Le alternative sono le cine- l’Odeon sto provando a fare degli esperimenti: ho proiettato l’ulti-
teche: quella che per noi è la terza sala del Massimo. Lì hai campo mo documentario di Mazzacurati, Un giorno della vita di Papasso,
libero, puoi concepire una programmazione senza limiti temporali o Vedozero girato con i cellulari da ragazzi di un liceo milanese. Tutti
geografici, magari affiancando il cinema muto degli Anni Dieci del molto interessanti. Non sono andati male: malissimo.
Secolo Scorso alla new wave coreana contemporanea. L’unico palet-
to sono le risorse economiche. Si tratta di operazioni sempre in per- E il mito di Internet che rende gli spettatori più intelligenti, spin-
dita. Tra noleggio, sottotitolatura, trasporto, una proiezione di Taxi gendoli a seguire percorsi alternativi?
Driver restaurato non ti costa meno di 1200 euro. E non puoi certo È un mito, appunto. Gli spettatori più giovani, curiosi, quelli che
mettere il biglietto a venti euro. Per questo, simili proiezioni sono leggono giornali e blog, non si curano più della programmazione
organizzate solo da cineteche, strutture analoghe o grandi enti cul- in sala. Sanno che i film se li possono procurare in altro modo.
turali come può essere il Lincoln Center a New York. Creare un fenomeno “virale”, inoltre, non è semplice. Anche lì
servono soldi. Pensa a District 9, il film degli alieni in Sudafrica.
Rimane l’unico modo per vedere certi film, che ormai non passa- Su Internet se n’è parlato parecchio e in Italia è andato bene. Ma
no nemmeno più in tv? grazie al tam tam online o perché una major ha speso un sacco
Ci sono anche i festival, che costituiscono di fatto una distribu- di soldi nella campagna marketing?
zione alternativa. Una volta ce n’erano pochi ed erano elitari,
riservati agli addetti ai lavori. Oggi sono invece spesso pensati Come vedi il futuro del cinema di sala?
per il pubblico. Uno dei primi a seguire questo approccio è stato In mano ai multiplex. Ormai è necessario avere almeno tre scher-
il Torino Film Festival, ma oggi sono ormai la maggioranza. mi e il 70 percento del mercato se lo spartiranno i competitor più
Luca Castelli grossi, le multisala nelle periferie. Il restante 30 percento sarà
suddiviso tra sale cittadine e d’essai. Sarà una nicchia, non scom-
parirà ma prenderà forme differenti. Meno teniture, più eventi:
MICHELE CROCCHIOLA ospiti, rassegne, festival. Al Middle East non siamo riusciti a
FeniceFestival, Middle East Festival, Cinema Odeon di Firenze proiettare il film di Fahradi e abbiamo aperto con un documenta-
rio sullo skateboard in Afghanistan. Se l’avessi proiettato un gior-
“Vuoi che parliamo di distribuzione? Ecco un aneddoto freschissi- no feriale qualsiasi, quante persone sarebbero venute? La sera
mo. Festival di Berlino, Asghar Fahradi, Orso d’Oro con Nader and della prima la sala era piena e tutto il pubblico sapeva esatta-
Simin, A Separation. Gli chiedo se è interessato a portare il film al mente cosa stava per vedere: dai giovani skater agli spettatori più
Middle East Festival a Firenze. Lui è entusiasta, accetta di venire da anziani. Abbiamo creato un evento. (L.C.)
Teheran per presentarlo. Mi metto d’accordo con la Sacher, il di- (continua…)
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BOBDYLAN
Il 24 maggio 2011, l’uomo nato come Robert Allen Zimmerman
compie settant’anni. Vogliamo festeggiarlo con considerazioni
sparse, caotiche e forse pure un po’ contraddittorie.
Perfettamente in linea, quindi, con il personaggio.
di Carlo Bordone
I
l problema, volendo, è sempre lo stesso: cosa si può dire di quali, di prossima uscita, si intitola Un sentiero verso le stelle. Sulla
Bob Dylan, dopo settant’anni di vita e cinquanta di musica, strada con Bob Dylan, Pacini editore): “La millantata militanza
che non sia già stato detto? Una preoccupazione, questa, che politica di Dylan durò pochissimo, qualche mese, e non è mai stato
non ha minimamente sfiorato Maureen Dowd, affascinante chiaro quanto ci fosse di interesse e quanto di passione. Una volta,
columnist radical chic del “New York Times”, la quale ha per spiegare da dove prendesse l’ispirazione, disse: ‘ho sempre navi-
recentemente crocifisso sulle pagine del suo giornale il cantauto- gato in quel grande mare che è l’America’. Se è vero che forse nean-
re, reo di essersi esibito in Cina avallando la censura preventiva che gli americani sanno cosa voglia dire essere americani, su una cosa
del governo comunista. Niente Blowin’ In The Wind, niente The tutti sono d’accordo: gli americani sono le persone più individualiste
Times They Are a-Changin, niente Hurricane. Scandalo! Alla Dowd, del mondo. In questo senso, Bob Dylan è un formidabile americano.
come ha sottolineato ironicamente un blogger americano cui ha Lui pensa solo a se stesso. Qualcuno ha detto: Mick Jagger vuole esse-
fatto eco qui da noi sull’altrettanto radical chic “Repubblica” l’al- re adorato dal pubblico, Bruce Springsteen vuole essere amato dal
trettanto affascinante Federico Rampini, non è andata giù che pubblico, a Bob Dylan del pubblico semplicemente non gliene frega
Dylan non abbia rovesciato la dittatura comunista con i suoi con- un cazzo. In un secolo come il Novecento, l’epoca storica più di ogni
certi. A parte il fatto che quelle canzoni, anche se le avesse fatte, altra dominata dalle ideologie, uno come lui è ovvio che si sia ritro-
per come le canta non le avrebbe riconosciute nessuno; a parte il vato contro tutti”. Eppure, nonostante l’individualismo sconfinan-
fatto che Hurricane non la suona più dal 1975; a parte il fatto che te nel cinismo che (forse) ne guidava la penna già all’epoca del
al posto dei pezzi citati c’erano comunque sciocchezzuole come folk politicizzato, quelle di Dylan sono le canzoni “impegnate”
Like A Rolling Stone, Ballad Of A Thin Man - come si dirà “Mr. che hanno retto meglio al tempo. “È perché trascendono il loro
Jones” in cinese? - o A Hard Rain’s a-Gonna Fall; ecco, a parte momento storico,” spiega ancora Vites, “perché sono universali e
tutto questo, ciò che si avverte distintamente nella ben poco applicabili a qualunque epoca, passata e futura. Di fatto Dylan ha
appassionante polemica (oltre all’eterna stupidità della censura e avuto sempre in mente una cosa sola: la passione per l’uomo e per la
del potere) è l’eco di un insulto che al nostro uomo è stato lan- Verità dell’uomo”.
I
ciato un’infinità di volte per un’infinità di motivi diversi.
Nient’altro che l’ennesimo “judas!” urlato da qualcuno che si è l che, detto così, ne fa una figura quasi evangelica. E con
sentito tradito. Si può capire come, a settant’anni, Dylan non si buone ragioni. Terreno sdrucciolevole, quello della religiosità
dia neanche più la pena di ribattere “I don’t believe you, you’re a in Dylan, ma a pensarci bene è quello nel quale l’epiteto di
liar”. Tanto non servirebbe a niente. Per una buona parte del pub- “giuda” acquista il suo senso più rotondo e appropriato. A tal
blico - quella composta soprattutto dai coetanei dell’artista, i baby proposito, più delle metafore bibliche e delle citazioni di
boomers che in teoria, avendone seguito le evoluzioni dall’inizio, Ezechiele o Sant’Agostino nei testi, più delle conversioni al
dovrebbero capirlo meglio di chi è venuto dopo - Dylan è inchio- Cristianesimo dopo aver visto Gesù in una camera d’albergo, più
dato da mezzo secolo a un ruolo che ha rivestito, a dir tanto, per delle occasionali riscoperte delle radici ebraiche, a fare (ahem)
un paio di anni ai suoi esordi. Eppure siamo sempre lì: al “canto- fede è soprattutto il titolo di un suo disco: Infidels. Dylan l’infe-
re dei diritti civili”, al “menestrello di Duluth” (argh!), al “profeta dele, Dylan l’eretico, Dylan il traditore. Pensandoci bene, è questo
degli anni Sessanta”. Una figurina da presepe progressista al il leitmotiv della sua intera esistenza d’artista, e forse uno dei suoi
quale forse non crederebbe più neanche Fernanda Pivano, fosse più evidenti motivi di fascino. Ha illuso tutti, a turno - la comuni-
viva, eppure inattaccabile nella mente di molti. tà folk, quella rock, quella country, gli hippy, la Sinistra rivoluzio-
Lo sa benissimo Paolo Vites, uno dei più illustri e competenti naria, la Destra cristiana, Joan Baez, Allen Ginsberg - e a tutti ha
dylanologi italiani, autore di vari testi sul musicista (l’ultimo dei fatto poi scoppiare in faccia la loro bolla di sapone. Ma quelli di
ILMUCCHIOSELVAGGIO
AUTORI
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volta tutto di testa sua. Vuol dire che Springsteen è più digeribile di
Primi ’60 Dylan? Possibile. Ma Dylan ha costruito la grande impalcatura su cui
Springsteen e gli altri ‘nuovi Dylan’, che hanno avuto la carriera faci-
litata o distrutta da tale etichetta, si sono aggrappati. Per rubare le
parole proprio a Springsteen: se Elvis ha liberato il corpo di molti, è
stato Dylan a liberarne le menti. Se qualche volta Bob vi fa arrabbia-
re per come maltratta le canzoni della nostra vita, non state lì a ricor-
darglielo, specialmente nel giorno del suo settantesimo compleanno”.
M
a se anche il fan più accanito può perdonare a Dylan la de-
sacralizzazione (o se si preferisce la secolarizzazione) del
suo stesso Verbo, accettando di buon grado persino di sen-
tirlo belare irriconoscibili Just Like A Woman mentre suona
una tastierina sbilenca, quello che ben pochi sono disposti a
tollerare è l’uso di quel Verbo a fini commerciali. La sua musica
nella pubblicità: quella è l’eresia definitiva, la bestemmia più inau-
dita. Eppure Dylan ha fatto anche quello, e con sommo gusto
anche. La pietra dello scandalo è stata, anni fa, uno spot per le
mutandine, nientemeno. Abbiamo chiesto un parere al riguardo,
nella sua duplice veste di pubblicitario e appassionato terminale di
Dylan, a Roberto Vaccà, direttore creativo che ha firmato diverse
famose campagne per grandi marchi come Fiat, Ferrero o Banca
Sanpaolo. “Concedere la musica, e la faccia, allo spot di Victoria’s
Secret è solo uno dei tanti tasselli di un grande affresco psichedelico,
espressione di un rigore pop assoluto. Il ‘non essere qui’ di Dylan è una
guerriglia contro una presunta rendita di posizione che contrasta con
l’essenza stessa dell’uomo”. Contrasta anche, però, con l’integrità di
altri grandi vecchi, per esempio Tom Waits, che dell’uso commer-
ciale della loro arte non vogliono neanche sentir parlare. “Quella è
l’integrità di chi ‘don’t wanna grow up’. Massimo rispetto, ma si ferma
lì. Chi non vuole crescere rimane piccolo, e fa dischi in fin dei conti tutti
uguali. Bob Dylan a sedici anni era già cresciuto e voleva essere vecchio
e saggio. Non credo nell’astrologia, ma il fatto che Dylan sia un
Bob sono sempre stati “tradimenti” in qualche modo innocenti e Gemelli, come Miles Davis, mi pare significativo. Hanno manifestato la
a viso aperto, mai pugnalate alle spalle per meschini calcoli per- stessa forma mentis, se uno ci pensa. I Gemelli sono persone che non
sonali. Come non si può che essere onesti per vivere fuori dalla inventano granché, ma sono bravissimi nel rappresentare e mettere in
legge (o viceversa), così bisogna tradire continuamente per rima- scena le invenzioni. All’apice del successo, buttano via tutto e rovescia-
nere fedeli a se stessi (o viceversa). E in nessun posto, più che sul no il punto di vista”. D’accordo, ma tu lo avresti usato un pezzo di
palco, Dylan risulta infedele al massimo grado. Negando ogni Dylan per uno spot di una marca di lingerie? “Non riesco a immagi-
sera ciò che ha di più intimo (le sue canzoni!) riafferma prepo- nare quale possa essere la strategia di comunicazione in un caso simile.
tentemente se stesso. Chiunque abbia assistito almeno una volta Credo però che l’America sappia riconoscere le sue icone, e che sappia
a un suo concerto ne è fin troppo consapevole. Come ad esem- coltivarle con grande meticolosità e coscienza pop. È lo stesso atteggia-
pio Ermanno Labianca, critico musicale di lungo corso anche su mento del Marlboro Man. La vita intesa come dramma, e la catarsi che
queste pagine, cui la dichiarata devozione per Springsteen non passa attraverso la ridefinizione di sé. Anni luce lontani dalla fissità dei
impedisce di amare profondamente anche Dylan, tanto da omag- personaggi della nostra commedia dell’arte. Là hanno Bob Dylan-
giarlo nel titolo di un suo prezioso saggio: Like A Rolling Stone. 40 Jokerman, qui abbiamo Christian De Sica-vigile Persichetti”.
anni di cantautori americani, sottotitolo Da Bob Dylan alle nuove Ecco qui un’altra variabile determinante, nella (impossibile) defi-
generazioni (Giunti, 2004). “Il primo Dylan che ho incontrato in nizione dell’icona dylaniana: quella del tempo, e quindi della
carne e ossa”, ricorda, “aveva le maniche a sbuffo, gli occhi truccati mutazione continua. A volte anche retroattiva, come dimostra
di nero e il cilindro di raso in testa. Avevo regalato tre giorni del mio l’infinita auto-proiezione mitologica del personaggio, dalle tenere
diciassettesimo anno a Dylan, nell’estate del 1978, per scoprire che si balle rifilate ai folkster boccaloni al suo apparire nel Greenwich
nascondeva tra le sue canzoni. Era difficile stargli dietro, ostico rin- Village fino al raccontarsi in prima persona (letterariamente bel-
tracciare la melodia originale in quella strana Mr. Tambourine Man, lissimo, ma chissà quanto aderente al vero) dell’autobiografia
un rompicapo decodificare quelle liriche e dargli un titolo, anche se si Chronicles. Una mutazione - un tradimento, anche qui - che ha
trattava dei brani più noti. Ma era Dylan, con tutto ciò che rappre- anche una controparte fisica ed estetica. Fondamentale, come per
sentava. Un vizio, quello di incasinarsi e incasinarci la vita ai suoi tutte le icone. Abbiamo chiesto di tracciarne un veloce excursus a
concerti, che il caro Bob non avrebbe mai più abbandonato, costrin- Matteo Guarnaccia, forse il più importante artista “psichedelico”
gendoci a una sorta di via crucis del rock’n’roll, tra esibizioni svoglia- italiano, storico della controcultura e autore del Bob Dylan Fun
te, versi smangiucchiati, accelerati o violentati nella metrica”. È pos- Book, fantasiosa e rutilante raccolta di tavole dedicate al primo
sibile un parallelo tra lui e il Boss, da questo punto di vista? “Nei Dylan (quello pre-incidente in moto del ’66) che esce in edizione
giorni del primo tour ‘all acoustic’ di Springsteen per The Ghost Of limitata proprio il 24 maggio, in occasione del compleanno del
Tom Joad ho provato a cercare nello sguardo di qualche quindicenne Vate. “Con il suo corpo Dylan ha messo in atto una strategia stilisti-
la stessa espressione meravigliata e incredula che avevo io di fronte ca, rivoluzionaria tanto quanto la sua opera sonico/letteraria.
alla decostruzione delle canzoni di Dylan. Niente. Tutto fluido. Solo Sfidando i canoni estetici del tempo, che richiedevano una prestanza,
amore viscerale per l’uomo che suonava le canzoni facendo per una se non proprio hollywoodiana, perlomeno di rassicurante matrice
ILMUCCHIOSELVAGGIO
AUTORI
Illustrazione tratta da Bob Dylan Fun Book di Matteo Guarnaccia, Vololibero edizioni
“La novità di Dylan era la fragilità gestita come una minaccia, quella di un
angelo pronto a infiammarsi. Una tensione adeguatamente interpretata
con uno dei guardaroba più cool di tutti i tempi” (Matteo Guarnaccia)
wasp, fatta di denti bianchi e muscoli, lui offriva con studiata strafot- tative di chiunque avrà una fine? Forse la vecchiaia spingerà
tenza una fisicità mignon, nervosa, sovreccitata - evidentemente Dylan a una inedita forma di fedeltà. Già: ma come si immagi-
‘etnica’ - a un passo dalla deflagrazione o dall’implosione. La novità nava Dylan settantenne chi si abbeverava alla sua fonte negli
era la fragilità gestita come una minaccia, quella di un angelo sottile anni della gioventù? Lo chiediamo, in conclusione, a Riccardo
pronto a infiammarsi. Una tensione adeguatamente interpretata con Bertoncelli, il cui primo disco dylaniano acquistato fu Bringing It
uno dei guardaroba più cool di tutti i tempi”. Qual è l’apice assolu- All Back Home, febbraio 1967. “Vecchio non lo immaginavo pro-
to del look dylaniano? “Indubbiamente quello successivo alla svolta prio, anche perché i primi anni li passò a scomparire e a ricompari-
elettrica. Il 1966 è l’apoteosi. Giacchini di pelle scamosciata, imper- re, a un certo punto sembrò quasi dovesse svanire. La vecchiaia è
meabili in pelle nera da Gestapo, divise dal taglio militaresco con arrivata con Time Out Of Mind, lo scrissi anche in una recensione:
spalline e colletti guru. Completini mod in cotone a disegni rigati in mi sembrò che quel cielo si rabbuiasse, che i pensieri si facessero
tutte le salse. Righe, strisce, bianco e nero o multicolori. Camicie fem- diversi. Senza, va detto, imbarazzo o dolore da parte sua, solo con
minili con losanghe, stile fantino. La sigaretta perennemente accesa una sensibilità differente”. A questo punto cosa ti aspetti ancora
tra le labbra. Momento clou: il completo in velluto a motivi pied-de- da lui? “Dylan è uno spirito troppo indipendente perché ci si possa
poule esibito sul palcoscenico dell’Olympia di Parigi. Lo stile canoni- ancora aspettare qualcosa da lui. Diciamo cosa mi auguro: che
co dylaniano finisce qui, con perfetta epigrafe sulla cover di Blonde completi la sua autobiografia, il volume uno era davvero portento-
On Blonde: in seguito non avrà più bisogno di apparati costumistici, so. E che ci regali non dico un Blood On The Tracks, ma almeno
lui sarà già altrove”. un Time Out Of Mind o un Oh Mercy: qualcosa di intenso, di sof-
L’
ferto, di elaborato. Quindi non come gli ultimi dischi, con tutto il
essere altrove, di nuovo. Lo “I’m Not There” che ha dato rispetto. Alla faccia del titolo di uno di questi, Dylan oggi è molto
il titolo al film di Todd Haynes, forse una delle più sottili poco interessato ai modern times. Infatti ai giovani non dice più
e riuscite interpretazioni del proteiforme mistero dylania- nulla, ed è giusto così”. Peccato. Non sarebbe male se, nel suo
no. Ci sarà un punto in cui questo continuo essere in fuga solito modo meravigliosamente noncurante, Bob Dylan riuscis-
dal proprio mito, questo tradimento continuo delle aspet- se a tradire un po’ anche loro.
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THE GREAT
COMICDOM SWINDLE
Un quarto di secolo fa, nell’aprile del 1986, moriva Stefano Tamburini,
noto principalmente come creatore del coatto sintetico Ranxerox e
dell’innovativa veste grafica del mensile “Frigidaire”. Di lì a poco entrerà
nell’uso comune il termine multimediale, che sembra tagliato su misura
per l’opera dell’artista prematuramente scomparso.
di Michele Mordente - estratto da catalogo Napoli Comicon 2011
T
amburini, infatti, pur ope- burini è di parodiare i musicisti provvisate; è alla radio che, in-
rando principalmente nel- finto-alternativi e i cosiddetti fatti, nascono i personaggi dei
l’ambito del fumetto e della “padroni della musica” contro poliziotti della Digos Locatto e
grafica, non ha mai effet- di cui intorno alla metà degli Pistoletta, protagonisti in
tuato una rigida separa- anni Settanta era in atto una seguito di alcuni suoi fumetti
zione tra i generi, muovendosi a dura forma di contestazione da disegnati da Tanino Liberatore
suo agio anche con la fotografia, parte di un’ala del Movimento. sulla testata satirica “Il Male”.
i video e la musica. Soprattutto Per la caratterizzazione grafica Altre improvvisazioni, invece,
quest’ultima ha rivestito un di Fuzzy Rat, Tamburini trasse vedono Tamburini nei panni
ruolo fondamentale nella sua ispirazione dalla copertina di del “professor Tamburini”, che
breve ma intensa carriera artisti- Cruising With Ruben & The Jets di tiene ironiche lezioni di grafica
ca, non solo come fonte d’ispi- Frank Zappa, in cui il grafico Cal alla radio, in cui analizza la gra-
razione per le sue illustrazioni e Shenkel raffigura il gruppo con fica di prodotti pop, dal pac-
i fumetti, ma anche come cam- dei grossi nasoni da cane. Tamburini ritratto da Paz chetto di sigarette Nazionali
po d’azione. L’autore, infatti, ha Dopo non molti anni, nel giu- senza filtro alla copertina verde
creato testi per canzoni, proget- gno 1982, ad un tavolino di un naggio a metà tra Zappa e della Grammatica di greco La
ti di ep, performance per con- caffè in via Veneto a Roma, Tam- Ranxerox. Purtroppo, del pro- Magna-Nucciotti.
certi e gustosi esperimenti di burini e Tanino Liberatore si ri- getto iniziale resterà solo la Un paio d’anni dopo l’autore ha
quella che potremmo definire troveranno con il musicista cali- splendida copertina di Tanino un colpo di fulmine per i primi
“fiction musicale”. forniano, in Italia per il suo tour Liberatore di The Man From Devo. Citazioni delle loro canzo-
Le sue prime storie pubblicate europeo. Zappa, infatti, affasci- Utopia, in cui campeggia il ni, da Mongoloid a Jocko Homo
su “Combinazioni”, sconosciuta nato dal personaggio di Ran- minaccioso FranXerox. fino ad Uncontrollable Urge, si
rivista ciclostilata del panorama xerox, conosciuto per caso sulle Ma facciamo un passo indietro ritrovano nei titoli e nelle trame
underground romano, vedono pagine di “Frigidaire”, ha voluto e torniamo al 1976, quando dei fumetti di questo periodo su
protagonista Fuzzy Rat, musici- incontrarne gli autori. Durante il Tamburini partecipa all’espe- “Cannibale”, rivista under-
sta capellone con baffi e mosca meeting romano nasce l’idea di rienza delle radio libere dalle fre- ground creata da Tamburini. I
alla Frank Zappa legato alla un album a fumetti da allegare quenze di Radio Blu. Sulle onde cantori della devoluzione, con le
Cramps, l’etichetta realmente al suo successivo lp quadruplo, dell’emittente romana trasmet- loro tute giallissime antiradia-
esistente di Gianni Sassi e Fran- Frank-Z-Rocks In Italy, che avreb- te remix musicali, ma anche zioni, gli occhiali da saldatore e
co Mamone. Intento di Tam- be visto protagonista un perso- scenette comico-demenziali im- gli strambi copricapo pop fu-
ILMUCCHIOSELVAGGIO
AUTORI
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UOMINIETOPI
C’è un nodo sul quale si scontrano animalisti e scienziati: per i primi
la sperimentazione animale è inutile oltreché moralmente deprecabile.
I secondi, invece, giurano che non esiste una modalità altrettanto valida
per avanzare nella ricerca. A meno che non si voglia aprire alle cavie
umane, una strada percorsa fino alla seconda metà del Novecento.
Lasciamo da parte la pancia e proviamo a ragionarci su.
di Chiara Lalli
N
el dicembre 2010, su queste pagine, Umore Maligno fa una stazione di cinismo indifferente? I controesempi, dai giullari a
battuta sulla sperimentazione animale. I protagonisti sono un Train de vie, sarebbero tanto numerosi da portarci su un altro
cagnolino sottratto alla ricerca medica e un bambino che sta piano e su un altro pezzo. Lasciamo da parte il come si parla e si
morendo di leucemia. Nelle settimane seguenti alla redazione scrive e arriviamo ai contenuti: l’aspetto che più colpisce del
del Mucchio arrivano molte mail di protesta. I temi più comu- dibattito sulla sperimentazione animale è il disaccordo sulla uti-
ni e ricorrenti sono l’inopportunità di fare dell’ironia su un argo- lità scientifica del ricorso agli animali.
mento tanto spinoso e l’inutilità della sperimentazione animale.
In tutte le lettere si condanna la vivisezione. La scelta del termine (A CHE) SERVE LA SPERIMENTAZIONE ANIMALE?
è significativa (vedi box). Riguardo alla critica che scherzarci su Decido di saperne di più sulla storia e sui risultati medici ottenuti
non sarebbe ammesso o gradito, ognuno sceglierà se concorda- passando attraverso la sperimentazione animale e di parlarne con
re o sollevare dubbi al riguardo. L’ironia è un’indubitabile manife- Gilberto Corbellini, professore ordinario di Storia della medicina
alla Sapienza di Roma.
Quando è cominciata la sperimentazione animale e che cosa oggi
dobbiamo alle ricerche passate? Come sarebbe la nostra esistenza
SPERIMENTAZIONE ANIMALE O VIVISEZIONE? senza? Corbellini ci riporta al 300 a.C. e alla scuola medica di
Il termine “vivisezione” letteralmente rimanda a una dis- Alessandria: la filosofia naturalistica antica cerca di capire come
sezione in vivo, tuttavia sono in molti a usarlo per denotare funzionano gli organismi viventi. Comincia la sperimentazione
il dominio molto più vasto della sperimentazione animale. Ci sugli animali umani e non umani. “Galeno, circa quattro secoli più
sono infatti ricerche che non implicano la dissezione: si pensi tardi, ha costruito la sua dottrina fisiologica sulla sperimentazione ani-
a quelle osservazionali e comportamentali. La scelta di que- male. C’erano molte ingenuità, perché trasferiva agli uomini le osser-
sto termine è verosimilmente strategica: la vivisezione evoca vazioni fatte sulle scimmie, sugli ungulati e sui cani, senza rendersi
qualcosa di cruento e brutale, emotivamente suscita una conto che non era possibile trasferire per analogia all’uomo queste
reazione di ripugnanza. Però la condanna di quanti sono osservazioni. Pensava che l’utero umano fosse a forma di corno, perché
contrari al coinvolgimento degli animali riguarda tutte le così era quello di cane”.
forme di sperimentazione, non solo la dissezione. Inoltre Dobbiamo aspettare la svolta nel 600 per arrivare a una concezio-
sarebbe preferibile percorrere la strada di un’analisi ra- ne moderna sia di sperimentazione sia di scienza in generale. “Gli
zionale se si vuole condannare moralmente la sperimen- esperimenti dimostrano la loro utilità conoscitiva: si pensi alla scoperta
tazione animale. Dunque la scelta di usare una sineddoche della circolazione del sangue. Da quel momento se ne fanno di tutti i
può avere due ragioni: o è in corso un tentativo di amplia- colori, non c’è alcun tipo di ritegno o limite morale. Gli animali vengo-
mento semantico oppure si vuole estendere la condanna, no usati sistematicamente e per qualsiasi fine per tutto il 600, il 700,
più facile da suscitare verso pratiche invasive come quelle l’800 e il 900. Quasi nessun ambito li risparmia, dalla biologia cellula-
dissettorie, a tutte le ricerche che implicano un coinvolgi- re alla fisiologia. Le ricerche coinvolgono anche esseri umani, almeno
mento degli animali. C.L. alcune tipologie: i carcerati, come prezzo da pagare per avere danneg-
giato la società, e tutti i soggetti più deboli. Gli esperimenti di vaioliz-
ILMUCCHIOSELVAGGIO
QUESTIONI
51
Ndr). Dopo una lunga fase iniziale in cui la sperimentazione animale ha
contribuito allo sviluppo delle conoscenze di base, grazie alle quali è stato
LACOSCIENZADEGLIANIMALI
possibile formulare ipotesi esplicative e poi terapeutiche, oggi è perlopiù
uno strumento di sicurezza e di sviluppo delle terapie mediche”.
Per quanto riguarda le alternative o i mezzi per ridurre significativa-
mente il coinvolgimento degli animali di rado si ipotizza un allarga-
mento del dominio della sperimentazione. Nel farlo si toccano nervi
scoperti e le reazioni sono perlopiù di isterismo. Come potrebbero
cambiare quelle reazioni se sottoposte a un vaglio razionale? Alcuni
spunti ce li offre Corbellini: “si dovrebbe consentire la sperimentazione
su neonati e bambini al di sotto dei 2 anni senza alcuna speranza di vita
e con gravissime patologie, garantendo loro l’assenza di sofferenza”.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
QUESTIONI
53
TONY OURSLER
In mostra al PAC Padiglione d’Arte Contemporanea di Milano fino
al 12 giugno l’artista che, più di qualsiasi altro, ha saputo risuscitare
il potere evocativo del Surrealismo utilizzando il video e dimostrando
che scegliere la tecnica adatta serve a infondere vita alle idee.
di Diego Sileo
I
nsieme a Bill Viola e a Gary e bagagliai, a volte sono appesi evoluta nella serie Eyes, presen- in quanto atto di una persona
Hill, Tony Oursler è il più per la testa al soffitto, o addirit- te al PAC in una nuova versione vedente, sia l’organo umano
noto video artista america- tura trafitti, lamentando la loro composta da dieci occhi, in cui della vista ne risultano potenzia-
no, considerato dalla critica sofferenza nella semioscurità. l’artista proietta occhi su sfere ti ed enfatizzati.
di tutto il mondo l’ideatore Piccoli proiettori conferiscono sparse per lo spazio espositivo e Tony Oursler si concentra sul
della video-scultura. La sua arte loro un viso reale e dagli alto- nei quali si possono vedere volto, sull’espressività degli
non si limita a esprimersi attra- parlanti una voce insistente si pupille che si dilatano, il riflesso occhi e della bocca, sulla sincro-
verso l’immagine video in senso lamenta, chiede aiuto o si limita dell’iride, il battito delle palpe- nia dei momenti visivi e acustici
stretto, ma utilizza e sovrappo- a emettere un rantolo mortale. bre. Questi occhi sembrano os- che provengono direttamente
ne scultura, design, installazio- Molte delle sue installazioni servare il visitatore. Lo scambio dal corpo umano. Paradossal-
ne e perfomance. Il lavoro di ricordano ambientazioni teatrali di sguardi tra l’opera e il suo mente questo antropomorfi-
Oursler, fin dagli inizi della sua o cinematografiche, in cui indi- pubblico è uno dei temi centrali smo si palesa attraverso la real-
carriera, è dominato da temi vidui tormentati, veri outsider dell’opera di Oursler. Nella sua tà virtuale delle video proiezioni,
quali la violenza, il rapporto con della società, mettono in mo- arte uomo e macchina si fondo- quindi attraverso il mezzo tecni-
i media, le droghe, le malattie stra il loro triste destino. Spesso no in una simbiosi inscindibile. co. Si dice di solito che l’inter-
mentali, la cultura pop, la com- gli umanoidi di Oursler consi- Il volto non esiste senza appa- vento della tecnologia nell’arte
pulsione consumistica, il sesso, stono solo in una testa e un recchio, e l’apparecchio rimane d’oggi la stia privando della pos-
l’inquinamento e tanti altri volto; è il caso della Judy di vuoto e inutile fino all’inizio sibilità di giungere alla poesia:
aspetti del quotidiano. L’analisi Insomnia, 1996, che non riesce della proiezione. Questo com- Tony Oursler dimostra esatta-
dell’artista si concentra su come a dormire; o della figura che plesso rapporto di dipendenza mente il contrario, pur concen-
tutto questo incida sulla fisicità compare in Underwater (Blue/ reciproca testimonia l’influenza trando gran parte della sua crea-
dell’uomo e sulle relazioni so- Green), 1995, una testa proba- che la prospettiva dell’occhio tività nelle funzioni di poderosi
ciali e interpersonali. L’attenzio- bilmente sommersa, che cerca umano esercita su quello della apparati tecnologici. Oursler fa
ne che l’artista dedica ai lin- disperatamente e inutilmente di macchina e viceversa. di tutto per violare, irridere,
L’
guaggi multimediali proietta raggiungere la superficie dell’ac- ignorare i precetti della video
immediatamente in un futuro qua per aspirare una boccata opera di Oursler mette in arte più convenzionale, affidan-
sempre più prossimo e tuttavia d’ossigeno. La disperazione di questione il processo dosi a un arco ampio di proce-
il suo lavoro dimostra che, pur queste inquietanti presenze si percettivo e i metodi con dimenti destrutturanti, come
utilizzando nuove metodologie trasmette inevitabilmente all’os- cui l’attenzione e la psi- scontornare le immagini, farle
e nuovi linguaggi, i temi fonda- servatore. Le opere di Oursler cologia dell’osservatore vivere fuori dal quadro, da ogni
mentali attorno ai quali ruota la sono sculture-screens, dove visi vengono catturati. Oltre a evi- sistema di riferimento; raggiun-
riflessione artistica rimangono deformati declamano monolo- denziare la funzionalità dei di- ge così un esito sommamente
sempre l’uomo, la realtà nella ghi dai risvolti intimisti e in spositivi tecnologici, che sono poetico, è come se, attraverso le
quale vive e la forza dei suoi qualche modo deliranti, proiet- parte integrante dei suoi lavori, sue proiezioni, evocasse strane
sentimenti. I personaggi di Tony tati non solo su volumi irregola- l’artista mira sempre a mettere presenze aliene, affascinanti,
Oursler hanno spesso vita dura: ri, ma anche su alberi e nuvole in scena davanti al suo pubblico spesso sfuggenti, immateriali,
sono schiacciati da divani, di vapore o fumo. La sua prima l’atto del vedere e, più in gene- che la fantasia umana di ognu-
gambe di seggiole, materassi, serie di “teste parlanti”, intitola- rale, l’atto percettivo. Sia lo no di noi è in grado di alimenta-
sono ridotti al silenzio in valigie ta proprio Talking Heads, si è poi sguardo mediatico, sia il video re in un deposito di esistenze
ILMUCCHIOSELVAGGIO
ARTE
Pink, 2011
COURTESY OF THE ARTIST AND LEHMANN MAUPIN GALLERY, NEW YORK | FOTO FRANCESCA LA PLACA
quasi fuori dal tempo e dallo solo il mistero di un’apparizio- gio strettamente connesse agli valore rispetto al vero, al reale,
spazio. In passato questo tipo ne improvvisa, leggera, fuori spunti offerti dalle situazioni al concreto. La partecipazione
di “visioni” dovevano acconten- quadro, esente da tutte le leggi artificialmente determinate del- attiva, emotiva del pubblico,
tarsi di vivere una vita irreale, del mondo fisico di noi comuni le realtà virtuali. Nelle installa- sollecitata dall’azione senso-
puramente mentale o appunto spettatori di opere d’arte, ma il zioni di Oursler emergono una riale, fisica e psichica dell’in-
fantastica, affidata - ancor oggi - palpito luminoso è accompa- sconcertante spettacolarità, stallazione intermediale, è
a quelle che si dicono visioni gnato da un sonoro: colonne una drammaticità teatrale con sicuramente uno dei principali
interiori. Il miracolo che Oursler sonore che portano queste sue riferimenti psicologici, patolo- obiettivi di Tony Oursler. Il visi-
compie grazie alla tecnologia è creature a borbottare frasi forse gici, sociologici, una forte lette- tatore deve quasi scoprire la
invece di dare a esse una qual- incomprensibili, ma di sicuro in rarietà, legate al significato situazione proposta, speri-
che consistenza, benché sem- linea a quelle loro stesse esi- marcatamente poetico del te- mentare e classificare le im-
Berlusconi
pre virtuale e sospesa, come stenze così al limite. Viene sto-racconto come atto teatra- pressioni visive e acustiche,
solo può farlo la luce, che c’è e spontaneo chinarsi per avvici- le. Pur ricreando nelle sue costruire una struttura utiliz-
non c’è, pronta a lasciare un’im- nare l’orecchio, e ancor prima opere certe situazioni emotive zando informazioni e riferi-
pronta mobile sulle superfici più l’occhio, a quelle presenze arca- di base, costellazioni umane menti che gli sono dati.
varie, ma a permettere poi che ne, misteriche, in ogni caso gerarchiche, azioni e reazioni Osservando attentamente i
questa si spenga, sparisca nel accattivanti, eccitanti, perché primarie, Oursler pone sempre suoi “luoghi mentali” - così de-
nulla così com’è venuta. risvegliano i nostri sensi narco- l’accento non sul carattere ana- finisce egli stesso le proprie
Naturalmente queste creature tizzati dalla quotidianità. Ven- litico ma sul carattere narrati- video installazioni - appare
virtuali non sono tenute a gono a mostrarci che la realtà vo, sottolineando in tal modo chiaro che sensorialità ed
rispettare le dimensioni fisiche, grigia di tutti i giorni può appa- anche il potenziale emotivo emotività, sempre volutamen-
e, infatti, uno dei grandi pregi rirci a un tratto vivace e abitata nascosto, in forma quasi di dia- te evidenziate, siano intese
delle proiezioni cui ricorre da presenze misteriose, in logo con lo spettatore coinvol- quasi sempre come la tematiz-
Oursler sta proprio nella possi- un’atmosfera sospesa tra mera- to nella situazione psicologica zazione di uno stato di ango-
bilità di farsi piccole, quasi al viglia e senso di angoscia. rappresentata. Ma, in maniera scia o di un’oppressione inde-
L
limite del visibile, o di raggiun- molto più profonda che in un finibile. Un’ultima nota per i
gere e abitare i luoghi più e opere di Tony Oursler teatro tradizionale, la realtà lettori del Mucchio: Oursler è
impensati, come - ad esempio - mostrano con grande chia- virtuale creata da Tony ha una anche il leader del band punk-
il bracciolo di una poltrona, la rezza come questa genera- capacità di colpire i sensi mol- rock The Poetics, fondata con
sponda o lo schienale di un zione di artisti americani to forte, travolgente, aggressi- l’amico e collega Mike Kelly
divano, con collocazioni in considerino la narratività, va, sconcertante, che conferi- per creare - come da lui dichia-
genere del tutto marginali. Si l’immediatezza psicologica e sce all’artefatto un fascino fisi- rato - un guasto nella cultura
aggiunga che in esse non c’è l’efficacia emotiva del linguag- co, sensoriale, psichico, di pari estetica della nostra epoca.
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JUEVES 14 THURSDAY
THE STREETS
PAOLO NUTINI PENDULUM PLAN B CHASE & STATUS
CONGOTRONICS VS ROCKERS feat. konono no.1 | deerhoof
kasai allstars | juana molina | wildbirds & peacedrums | skeletons
CRYSTAL FIGHTERS DORIAN JULIETA VENEGAS
ALDO LINARES ANNA CALVI GRUPO SALVAJE HENRY SAIZ JACK BEATS LAYABOUTS VIOLENS
VIERNES 15 FRIDAY
THE STROKES
BRANDON FLOWERS ELBOW JAMES MURPHY
FRIENDLY FIRES THE STRANGLERS
ATOM RHUMBA HERMAN DUNE THE JUAN MACLEAN NUDOZURDO
THE 1945 AINARA LEGARDON THE MARZIPAN MAN
THE MORNING BENDERS O EMPEROR THE PARIS RIOTS ZOMBIE ZOMBIE
SÁBADO 16 SATURDAY
ARCTIC MONKEYS
MUMFORD & SONS PRIMAL SCREAM present SCREAMADELICA
BEIRUT BIG AUDIO DYNAMITE BOMBAY BICYCLE CLUB
AMABLE ASTRUD & COL.LECTIU BROSSA LORI MEYERS
JERRY FISH & THE MUDBUG CLUB LOGO MCENROE NADADORA SMILE SPECTRALS TAME IMPALA
DOMINGO 17 SUNDAY
ARCADE FIRE
PORTISHEAD TINIE TEMPAH NOAH & THE WHALE
PROFESSOR GREEN ANTÒNIA FONT CATPEOPLE
THE GO! TEAM THE JOY FORMIDABLE
AND SO I WATCH YOU FROM AFAR ANIKA THE CORONAS FROM IRELAND
HIDROGENESSE INDIENELLA VERONICA FALLS
Metropolis
TICKETS.FIBERFIB.COM FIBERFIB.COM
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MUSICA
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CAT’S EYES
Così diversi, ma anche così simili. Dietro uno dei dischi più freschi degli
ultimi mesi, il debutto omonimo dei Cat’s Eyes, c’è una storia di incontri
casuali, scoperte inaspettate e distanze all’apparenza siderali rivelatesi
in realtà minime. Una storia che non potevamo non raccontarvi.
di Aurelio Pasini
S
e, come ricordava Goya, il sonno della ragione ge- Del resto, cosa potevano mai avere in comune l’allam-
nera mostri, molto spesso i casi della vita origina- panato leader degli inglesi The Horrors e una cantante
no collaborazioni quanto meno inaspettate e im- lirica e polistrumentista originaria del Canada e formata-
prevedibili, tanto assurde sulla carta quanto effica- “ dire il vero, più che pensare a come aggirare
si in Italia? “A
ci alla prova dei fatti. Prendiamo come esempio le differenze dei rispettivi background siamo rimasti sorpresi
Faris Badwan e Rachel Zeffira: impossibile immaginare di quante cose ci unissero
unissero” è la risposta di Faris. E questo
che tra i due, una volta incontratisi, sarebbe scoccata fin da quando, dopo essersi conosciuti, i due hanno ini-
una scintilla artistica destinata a dar vita a un incendio ziato a scambiarsi musica, con lei impegnata a introdur-
di nome Cat’s Eyes, divampato prima lo scorso febbraio con un lo ai compositori “colti” e lui ad aprirle le porte del mondo dei girl
doppio 7” andato ben presto esaurito e ora con un album omo- group. “Se ci pensi, il pop al femminile degli anni Sessanta e la classi-
nimo in cui l’ingenuità tipica di certo pop dei Sixties va a braccet- ca hanno parecchi punti di contatto. Anzitutto perché molti dei ses-
to con originali paesaggi orchestrali e improvvise virate in nero. sionmen che suonavano nei dischi di Phil Spector, per esempio, prove-
nivano proprio dalla classica, in particolare le sezioni archi e fiati. Ma
non è tutto: tali sonorità erano il frutto di un grande lavoro di speri-
mentazione da parte di musicisti e produttori, lo stesso avveniva anche
in ambiti più accademici. Pensa a Ligeti, che arrivò persino a servirsi di
GRINDERMAN’SEYES
un aspirapolvere per distorcere e alterare il suono di un organo a
canne. In altre parole, la ricerca di soluzioni nuove e insolite è un ele-
mento tipico tanto della musica popular quanto della classica, ed è
proprio grazie a Rachel che me ne sono reso conto”.
Una delle B-side dell’ultimo singolo dei Grinderman di Nick Terminata la fase di scambio, i due ben presto hanno cominciato a
Cave, Palaces Of Montezuma, è una rilettura di un loro bra- comporre “sia in coppia che singolarmente, ognuno a casa propria”
no, When My Baby Comes, a opera proprio dei Cat’s Eyes. i brani per un ipotetico primo disco, prendendo come punto di
“Non si tratta di un remix”, puntualizza Badwan, “perché partenza proprio i suddetti gruppi femminili, la cui influenza si è
dopo aver ascoltato la canzone qualche volta l’abbiamo fatta sentire a vari livelli. In primis nei testi, “che volevamo trasmet-
risuonata completamente, mettendo in mostra un lato tessero la stessa ingenuità e fossero immediatamente accessibili; in-
diverso della nostra personalità, molto più scuro, pesante e somma, che fosse facile per chi li ascolta identificarsi in essi”. E, anco-
rumoroso”. Cosa ha pensato però Cave del risultato? “Do- ra di più, da un punto di vista sonoro, specie per quanto riguarda
po averla ascoltata ha detto che sembrava un ‘von Bingen la libertà assoluta di provare soluzioni insolite. “Rachel si è occu-
porno’”, facendo riferimento a santa Ildegarda di Bingen, pata degli strumenti acustici, io della chitarra elettrica, dei sintetizza-
monaca, intellettuale e profetessa tedesca del XII secolo, la tori e degli effetti”. Poteva così succedere che “lei suonasse una
cui figura è peraltro al centro del più recente film di Mar- parte di oboe e che io filtrassi il suono da lei prodotto attraverso effet-
garethe von Trotta, Vision (Germania-Francia, 2009). “Non ti e marchingegni fino a renderlo di fatto irriconoscibile”. Un proces-
ho idea di cosa intendesse esattamente”, commenta Faris so “senz’altro molto divertente, e altrettanto soddisfacente”, messo
ridendo, “ma immagino che gli sia piaciuta”. in pratica con la finalità di “far sì che ogni canzone suonasse al
meglio e senza che la sua essenza venisse in alcun modo snaturata.
Spesso, infatti, quando si compone si rischia di farsi prendere la mano
ILMUCCHIOSELVAGGIO
INTERVISTA
e trasformare i pezzi in qualcosa che non sono. Invece, già dal primo lizio ha avuto luogo lo scorso anno in un contesto quanto mai
ascolto dei demo, realizzati in genere solo con l’ausilio di uno stru- insolito: in Vaticano, nientemeno che la basilica di San Pietro, dove
mento guida, ci è stato chiaro cosa avremmo dovuto fare per assecon- il duo - grazie alle conoscenze in ambiti ecclesiali di Rachel, che in
darne gli stati d’animo. Sono stati loro a indicarci la direzione, e non curriculum ha anche un’esibizione di fronte a Papa Giovanni Paolo
il contrario”. E, a rendere le cose più agevoli, l’ausilio in fase di II - ha eseguito una propria composizione (I Knew It Was Over)
registrazione di un veterano come Steve Osborne: “il suo aiuto è all’interno di una funzione solenne, alla presenza di alcuni cardi-
stato davvero importante”, ricorda Badwan, “perché è difficilissimo nali. “Un’esperienza surreale, sicuramente unica, della cui portata ci
trovare un produttore privo di ego come lui, il cui scopo non è quello siamo resi conto solamente a mente fredda”. Quel che si dice una
di imprimere un proprio marchio riconoscibile al lavoro ma di far sì partenza col botto (la cui testimonianza video è facilmente reperi-
che suoni al meglio. Quando hai un’identità ben definita vuoi che sia bile in Rete), che sarà ben difficile eguagliare. Anche se “proprio la
questa a emergere dai tuoi dischi, non quella del produttore, e in tal sua unicità fa sì che non la viviamo come un precedente con cui con-
senso Steve è stato fantastico”. frontarci. Del resto”, minimizza, “a ben vedere non abbiamo fatto al-
Tutto, insomma, sembra aver funzionato a meraviglia, senza il tro che cantare e suonare l’organo”. Per quanto riguarda l’imminen-
minimo attrito. “L’esatto contrario di quel che succede con gli Hor- te tournée, invece, “ci presenteremo come una band vera e propria,
rors”, ragiona Faris. “Lì il risultato finale è il frutto delle continue di- con basso, batteria, due chitarre e due tastiere. Di recente abbiamo
scussioni tra cinque persone che portano avanti con decisione le pro- fatto uno show di spalla ai Primal Scream, e per l’occasione il nostro
prie idee; con i Cat’s Eyes, invece, siamo solo in due, e andiamo quasi sound era molto più garage che su disco, e molti brani sono stati arran-
sempre d’accordo. Senz’altro c’è più tranquillità, ma non voglio certo giati in maniera assai diversa. Insomma, riproporre i pezzi nella ver-
dire che in un caso si stia meglio e nell’altro peggio: sono situazioni dif- sione di studio non ci interessa minimamente”. In ossequio a quella
ferenti”. Così come differente è il modo in cui Badwan usa la voce, che è la principale linea guida del duo, ovvero “rendere impossibile
meno cupo e fisico rispetto a quanto solitamente fa col gruppo per chiunque prevedere quali saranno le nostre prossime mosse”. Guai,
madre. “È vero”, conferma, “ma non c’è niente di premeditato: a ben allora, a considerare i Cat’s Eyes come un progetto parallelo degli
vedere, non ho fatto altro che assecondare ciò che le canzoni mi richie- Horrors; “sarebbe miope, oltre che sbagliato”, conclude Faris, “per-
devano. Anzi, penso che la mia voce non sia mai stata così naturale ché meritiamo di essere visti come un gruppo a tutti gli effetti: non
come qui; e lo stesso credo si possa dire per Rachel, per la quale can- siamo un side project come i Last Shadow Puppets”, paragone da
tare una volta tanto senza l’impostazione operistica è stato in un certo noi proposto e prontamente rispedito al mittente. Infatti, non
senso liberatorio”. appena terminate le registrazioni del nuovo album degli Horrors
Arrivati a questo punto viene però naturale chiedersi in che modo (“è questione di qualche giorno”), Badwan e Zeffira si metteranno
quello che di fatto nasce come un progetto di studio verrà traspo- subito al lavoro sul loro secondo album. Inutile chiedere anticipa-
sto dal vivo. Specie considerando che il debutto ufficiale del soda- zioni su come suonerà: dove sarebbe sennò la sorpresa?
59
DENNIS COFFEY
A volte, e spesso quando meno ce lo si aspetta, il mondo della musica
ci restituisce personaggi scomparsi e/o dimenticati. Non è infrequente,
come in questo caso, che si tratti di “ritorni” che lasciano il segno.
di Giancarlo Turra
L
a musica abbonda di personaggi sconosciuti al gran- In che modo si è sviluppato il progetto?
de pubblico che hanno lasciato un segno stando sullo Tutto è scaturito dalla voglia di andare in studio a regi-
sfondo. Tipi che non ti stancheresti mai di ascoltare, strare, senza pensare a un’etichetta o pianificare alcun-
tanti sono gli aneddoti in serbo e la sapienza che ne ché. Terminata la lavorazione, il passo successivo è stato
traspare: a maggior ragione se, come nel caso di Den- affidarsi a Chris Peterson e Chris Fowler - il management
nis Coffey (che nel 2004 ha raccolto alcune memorie nel di cui dicevo - e pensare al da farsi col disco pronto. Abbia-
volume Guitars, Bars And Motown Superstars), appartieni al mo partecipato al Meltdown Festival di Londra nell’edi-
melting pot sonoro di Detroit. Una tradizione cui si aggiun- zione gestita da Richard Thompson, e colto l’occasione
ge ora il suo album omonimo da poco pubblicato dalla Strut: la per far ascoltare a Quinton Scott, il capo della Strut, alcuni brani…
bomba di cosmico heavy-funk che ti aspetti da chi ha prodotto Cold (dei quali, ironicamente, solo 7th Galaxy è finito sull’album).
Fact di Rodriguez, ha suonato con Funkadelic, Edwin Starr e gli Isley
Brothers e fatto conoscere il wah-wah ai Temptations. Nientemeno. Oltre alla compattezza, il disco affascina per freschezza, a prescin-
Classe 1940, questo ennesimo viso pallido capace di influire sulle dere dall’origine dei pezzi.
sorti della black varcava per la prima volta da adolescente la soglia In studio scorreva tanta energia, la stessa che a Detroit percepisci
di uno studio di registrazione per diventare sessionman tra i più ovunque. Inoltre, preferisco da sempre il lavoro di squadra: sin dai
richiesti. Affiancava Del Shannon ed entrava più tardi nei Funk Bro- tempi dei Funk Brothers puntavo allo scambio di vedute e intuizio-
thers, colonna portante per decine di lp griffati Motown; assaporava ni. Ai musicisti deve essere concesso di crescere rispettando le loro
un po’ di gloria in proprio con Scorpio, brano strumentale che nel ’71 capacità e ritengo fondamentale nella musica interagire con gli altri.
si smerciava in milioni di copie. Nonostante ciò, a metà degli Ottan- Lo considero tuttora un lavoro a tempo pieno, mi esercito almeno
ta restava senza contratto discografico e si guadagnava il pane come un paio d’ore al giorno e scrivo continuamente. Infatti per questo lp
tecnico per la General Motors, finché il richiamo della musica e la avevo molto materiale da cui pescare, mentre i brani vecchi li hanno
crisi del mercato automobilistico non lo convincevano a riprendere proposti Peterson e Fowler riascoltando le session del passato. L’in-
in mano la fedele Gibson (che, parole sue, “possiede un ‘funky soun- tenzione era appunto quella di accostare brani nuovi e altri “storici”.
d’ e taglia come una lama”). Mentre la nazione hip hop attingeva a
piene mani dai suoi lavori (l’elenco è largamente incompleto: LL Forse per mettere lei a confronto con musicisti giovani?
Cool J, Fugees, Public Enemy; ma pure Roni Size e i Rage Against Probabile: sono comunque convinto che talvolta ci si debba mettere
The Machine!), la sua “seconda vita” culmina oggi nel sensazionale da parte e pensare solo a suonare. Nutro grande rispetto per chi ha
Dennis Coffey. Disponibile e cordiale come di rado capita, lo abbia- partecipato al disco, che ho ritenuto una bella opportunità per scam-
mo raggiunto telefonicamente in un albergo londinese. biare idee e influenze; desideravo che imparassimo gli uni dagli altri
ed è esattamente così che è andata. Ascoltare il prodotto finito mi ha
Sig. Coffey, c’è qualche ragione particolare per aver intitolato il nuovo davvero impressionato.
disco col suo nome?
L’idea è stata del management e dell’etichetta. A differenza del pas- Esistono moltissimi ascoltatori pronti ad apprezzarla, per i quali lei è
sato, questa volta non ho fatto tutto da solo, mi sono affidato a un uno sconosciuto: è significativo che accada con quella che è la sua
team produttivo ed esecutivo per concentrarmi sull’aspetto compo- opera migliore.
sitivo e sulla chitarra. Posso dire che si tratta di quella su cui ho lavorato più duramente e
più a lungo. Non mi sono fermato finché ognuno era soddisfatto,
Come dire “Qui sono al mio meglio. Se volete capire chi è Dennis Cof- fino a quando non ero convinto di aver espresso il meglio.
fey, ascoltate questo disco”.
In effetti è così. Sono in circolazione da un pochino (ride, Ndr) e que- A proposito di Detroit, suppongo che il suo stile chitarristico sareb-
sto spiega parecchie cose: per certi versi il disco riassume la mia car- be stato diverso se fosse cresciuto a Chicago o in California.
riera, fa capire chi sono ai giovani o a chi magari ha ascoltato un Assolutamente sì. Due anni e mezzo fa, ai festeggiamenti della
brano o un campionamento. Motown, dissi a Berry Gordy che era stato il primo a comprende-
ILMUCCHIOSELVAGGIO
INTERVISTA
re quanto talento ci fosse in città e canalizzarlo in qualcosa di Lo speriamo. Si ricorda di quando introdusse il wah-wah e la distor-
concreto. La sua risposta fu che non avrebbe mai potuto fare lo sione nei dischi dei Temptations?
stesso in un altro luogo. Certo. Avevo già suonato con Del Shannon e Edwin Starr, quando
un giorno Hank Cosby e James Jamerson, produttore di Stevie
Osservando dall’esterno, sembra che a Detroit esistano due “anime” Wonder e bassista dei Funk Brothers, mi chiamarono a parteci-
musicali che si attraggono: per esempio, da un lato Mitch Ryder, pare a una house band della Motown che, come un workshop, pro-
Stooges e MC5 “fraintendevano” R&B, blues e free jazz ricavandone ponesse idee nuove. Il produttore dei Temptations, Norman
qualcosa di nuovo; dall’altro, George Clinton, Mick Collins e i pro- Whitfield, ci fece sentire Cloud Nine e io tirai fuori i miei effetti e
duttori techno che affrontano da maestri sonorità in parte riconduci- pedali, provando qualcosa che gli piacque subito. Nel giro di un
bili ai bianchi. Ognuno fa da ponte tra i due emisferi, lei incluso. paio di settimane ero parte della famiglia. Con la registrazione di
Mi rendevo conto di questo lavorando come sessionman, pas- Scorpio, è quella che preferisco.
sando da Del Shannon alla Motown e aprendo un concerto degli
MC5 suonando “jazz psichedelico” con Lyman Woodward e Mel- Oggi quei brani sono dei classici, ma quale fu all’epoca la reazione?
vin Davis. Per noi il colore della pelle non contava: davo feste a Norman era un visionario: capì che i tempi stavano cambiando e
casa mia e c’era gente di ogni tipo. L’importante era saper suo- con essi il gusto musicale. I giovani si ribellavano contro l’ordine
nare. Se eri capace, bene, sennò restavi indietro. Con Gordy lavo- costituito ed erano stanchi di canzoni d’amore, preferivano la psi-
ravano strumentisti di razze diverse, come sul mio nuovo disco: chedelia e il commento sociale, pensa a Sly Stone; nell’aria si senti-
a Detroit succede da sempre perché, pur vivendo in quartieri va qualcosa di profondamente diverso e Whitfield lo fece suo. Nel
separati, bianchi e neri lavoravano assieme nelle fabbriche e si processo ebbi anch’io un ruolo: facevo funk e R&B nei locali ma
incontravano in giro per la città. anche roba più pesante e acida e Norman fuse i due aspetti. Poi
venne Marvin Gaye con What’s Going On e Stevie Wonder cambiò
Crede che questo possa valere anche sotto l’aspetto sociale? strada mentre George Clinton andava per la sua.
Sì, benché tuttora perduri la segregazione. Secondo la mia espe-
rienza, gruppi etnici diversi tra loro tendono comunque a cercare Di nuovo, è un cerchio che si chiude: neri che si rifanno alla psiche-
i propri pari. Il che non significa che non vi siano scambi: ricordo delia, genere che associamo agli artisti bianchi ma che in realtà partì
che nella mia scuola eravamo per metà bianchi e per metà neri, “dilatando” il blues…
ma finivamo sempre seduti ognuno con i propri simili, come se Come per jazz o hip hop, ogni generazione ha un suono in cui iden-
ci stessimo segregando da soli. Adesso, invece, l’isolamento tificarsi e da contrapporre ai genitori. I miei ascoltavano swing e
avviene su basi economiche e di classe sociale. La situazione, in quando iniziammo il rock’n’roll ne erano schifati. Oggi ci sono gio-
generale sta migliorando, nonostante la recente crisi. Abbiamo vani che mescolano il calore degli strumenti analogici con la tecno-
un bravo sindaco e il sostegno del governo, alcune ditte stanno logia e guardano ai 60 e ai 70 con occhio diverso. Il cambiamento è
riaprendo i loro uffici in centro e sono in corso ristrutturazioni continuo, se ti opponi a esso vieni sorpassato. E per un musicista
edilizie. Sarà dura, però i segnali di rinascita ci sono tutti. non ha senso stare lontano dal “centro” delle cose.
61
FUORIDALMUCCHIO
Emergenti, autoprodotti, sotterranei
THEHACIENDA
Mancuniani nati per caso a Firenze.
Ma il nome del quartetto, “rubato”
allo storico locale di Manchester,
non è l’unica suggestione presente
nei brani di Picking Pennies Off The
Floor, che ripercorrono con disin-
voltura e carattere la strada che
Il vostro nome è difficilmente fraintendibile. Appartenendo a una
generazione di molto successiva, come siete entrati in contatto dalla new wave conduce agli
con quel mondo? Immagino ci saranno voluti alcuni tentativi
prima di convincervi di poter fare il salto, cimentandovi con un Smiths passando per Paul Weller.
repertorio in inglese legato a quell’immaginario…
Diciamo che da parte nostra si è trattato di un processo molto Abbiamo interpellato Alessandro
naturale, complice la grande passione per i dischi che possedia-
mo e la musica in generale. Siamo costantemente in viaggio Gianferrara, voce e chitarra.
verso le radici di ciò che ascoltiamo. Questo processo ci porta, a
partire anche solo da una singola canzone che ci piace, a scopri-
re decine di dischi e band interessanti. Sembra qualcosa di estre- no le idee per i pezzi. Per dire, se in precedenza tutto nasceva da
mamente ricercato, ma in fondo mentre scrivi arricchisci implici- alcuni brani scritti semplicemente con una chitarra acustica, ora
tamente il sound della band con le tue influenze, con quello che sviluppiamo le canzoni avendo alcuni arrangiamenti già ben chia-
ascolti. Del nostro suono fanno parte le chitarre e una ricerca ri in mente. Questo è evidente, credo, nei pezzi con i fiati. Il pro-
costante della melodia, il che non ci preclude, se parliamo di cesso viene fuori in maniera sempre più spontanea, e non esclu-
sonorità, l’indagine di territori inesplorati. do che in futuro ci si possa spingere ancora oltre.
Più che alla filologia mi sembrate interessati alla rielaborazione di Non nascondete l’ambizione di incuriosire il pubblico d’Oltre-
quel contesto musicale, alla creazione di ipotesi alternative, ovve- manica, e negli ultimi anni, oltre ad avere aperto di recente le date
ro: in molte canzoni ne riprendete gli elementi, i generi, i filoni, italiane di Beady Eye su suggerimento dello stesso gruppo, avete
ma poi li ricombinate in maniera piuttosto libera. È così? suonato in Europa e in particolare in Gran Bretagna. Come vi ha
Ciò che magari si percepisce è il fatto che le basi della band stan- accolti la vostra patria elettiva?
no in quello stile lì, che tutti quanti adoriamo, ma non ci piace l’i- Riflettendoci a livello concettuale, la prima volta che siamo stati
dea di precluderci alcuna scelta. Vedi ad esempio gli strumenti all’estero a suonare eravamo molto disillusi, consapevoli che
che abbiamo scelto di impiegare nell’album, organo, fiati e anche non sarebbe stato tutto rose e fiori. In realtà è stato semplice:
qualche loop di batteria elettronica. Parallelamente, alcune confrontarsi con un mondo dove andare ai concerti è pari al
influenze che si allontanano un po’ da quel mood ci hanno spinti nostro andare al cinema ci ha messi di fronte ad una realtà molto
a personalizzare l’interpretazione dei modelli di riferimento, ren- più coinvolta dalla scoperta di nuove band. In Inghilterra, quin-
dendo il suono del gruppo, con il passare del tempo, sempre più di, i buoni consensi ricevuti nelle date italiane erano proporzio-
caratteristico. nati all’approccio culturale che i ragazzi del luogo hanno nei con-
fronti della musica. Suonare a Manchester è stata una delle espe-
Rispetto al vostro ep d’esordio, c’è un lavoro maggiore in sede di rienze più belle che ci siano mai successe, proprio per la reazio-
arrangiamento. Specie i fiati, come hai detto, sono presenti in ne spontanea e genuina degli addetti ai lavori e di chi è venuto a
molti brani. Sono nati già con una tavolozza più ampia in mente sentirci. Tutti i gruppi italiani dovrebbero avere l’opportunità di
oppure avete deciso di impreziosire le trame strada facendo, fare una esperienza di questo tipo, proprio per la splendida
aumentando i colori e la loro intensità? atmosfera che si vive intorno alla musica in Inghilterra e nel
Quello che ti fa rendere conto di essere più avanti, a livello di per- resto d’Europa.
corso, al paragone con l’EP, è proprio il modo in cui si sviluppa- Alessandro Besselva Averame
ILMUCCHIOSELVAGGIO
Artisti “emergenti” italiani
altre recensioni e interviste inedite:
scarica gratuitamente il pdf
all’indirizzo www.ilmucchio.it
FAIDATE
NUJU TSUNA
ATTO SECONDO RIGHTFUL SIZE OF FEARS
MK/Venus Tsuna
L’incontro fra folk-rock più o meno brioso e Un autentico esorcismo privato, quello orga-
canzone d’autore non è certo una novità nel nizzato dal multistrumentista, cantante e
panorama italiano, sotterraneo e non: a dirla songwriter Andrea Tomassini - già con Stran-
tutta, anzi, nell’ultima ventina d’anni le propo- ge Brew ed Enter K - dietro il nome d’arte
ste sono state persino troppe, tanto da satu- Tsuna: non così privato, però, da sconfinare
rare il mercato e maldisporre gli addetti ai lavo- nel soliloquio, giacché i dieci brani di questo
ri. Atto secondo dei Nuju, edito appena un debutto gestito in regime di (quasi) comple-
anno dopo l’omonimo esordio per la Latlanti- ta autarchia hanno tutto ciò che occorre per
de, dimostra però come da questo approccio creativo possano anco- raggiungere e conquistare molti cuori, specie quelli ricettivi a sono-
ra derivare ottimi frutti, e conta poco che i loro sapori ne ricordino rità avvolgenti ed evocative, inclini all’intimismo ma non necessa-
altri. Il sestetto di origini calabresi, i cui componenti vantano espe- riamente tenui e languide. Rightful Size Of Fears vive infatti di melo-
rienze precedenti di un certo rilievo, ha infatti messo in fila undici die carezzevoli ma anche di vibranti tensioni elettriche, di fascinosi
episodi di notevole spessore, variopinti in trame strumentali non giochi di chiaroscuri, di un mood del quale l’immagine di copertina
banali e per lo più ricche di ritmo, resi carismatici da un canto parec- offre una perfetta sintesi: un lavoro portato a termine in alcuni anni,
chio espressivo (c’è qualcosa di Rino Gaetano), profondi e intrigan- un pezzo alla volta, senza preoccuparsi dei tempi ed impegnando-
ti in testi dove la vena “combat”, quando si manifesta, non scade si in modo certosino nella ricerca dei suoni, delle parole (in ingle-
nello sloganismo. Viene da inquadrarli come possibili eredi del Parto se) e degli umori giusti. Un prezioso esempio di artigianato indie
delle Nuvole Pesanti (quelli con Peppe Voltarelli), e non è davvero un che idealmente accosteremmo a un disco qui recensito undici mesi
complimento di quelli che si ricevono ogni giorno. fa, Find A Shelter Along The Path di The Child Of A Creek, tanto per
restare in tema di “cantautori” con nome da gruppo.
DEADCATINABAG ANNIEHALL
LOST BAGS
Viceversa/Halidon ANNIES
Quasi Mono/Audioglobe
Un gran bel ritorno in pista, dopo alcuni an-
ni di pausa, per la gloriosa Viceversa di Sulla copertina di questo loro terzo album, a
Catania: il primo album dei Dead Cat In A seguire Cloud Cuckoo Land (2007) e Carousel
Bag, nati come duo di folk deviato e poi evo- (2009), gli Annie Hall paiono marciare verso
lutisi in una compagine assai più ampia, è l’ignoto, ma l’ascolto delle dieci composi-
uno di quei dischi che difficilmente lasciano zioni trasmette invece il “messaggio” che il
indifferenti, vuoi per la voce cavernosa di quartetto bresciano sappia molto bene
Luca Andriolo, vuoi per la partico- quale strada sia meglio battere da
larità di musiche ben poco solari e parecchio “cine- ora in avanti: quella, cioè, di un
matografiche” nelle quali confluiscono strumenti BABALOT pop-rock meno contemplativo e più dinamico, che
acustici, elettrici, elettronici e “trovati per caso”. IN FREE DOWNLOAD certo non si affranca dal “folk evoluto” dei pre-
Le basi rimangono folk/blues, ma le varie con- Disponibile presso www. cedenti cd (sui quali si allungava soprattutto
taminazioni - con il Messico, con i Balcani, aiuola.it il terzo album d(e)i l’ombra dei Wilco, peraltro tuttora avvertibile)
con chissà quale terra che non esiste - collo- Babalot, che non davano e dalle malinconie esistenziali ma sembra
cano l’ensemble torinese in una twilight zone loro notizie discografiche pure interessato a una formula comunicativa
dove vagano, inquieti, gli spiriti di Tom Waits addirittura dal 2005. Si inti- più fisica, diretta e qua e là persino nervosa,
e Giant Sand, Nick Cave e Black Heart Pro- tola Non sei più e contiene benché tutt’altro che propensa ad abiurare
cession, Calexico e Will Oldham, Vinicio otto tracce in italiano “ov- quel gusto per il cesello, per l’arabesco e per
Capossela e Bachi da Pietra. Il tutto accompa- viamente” classificabili alla l’arzigogolo (al servizio delle canzoni, però)
gnato da una confezione in bianco/nero altret- voce “alt-pop”. che dello stile dei ragazzi è uno dei punti di
tanto suggestiva, che odora di polvere e amplifi- forza. Trentacinque minuti di bella musica, che
ca gli echi di un passato impresso più nel DNA che profuma di giorni lontani (a cavallo fra 60 e 70,
nella memoria. diciamo) ma sa guardare oltre le nostalgie.
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FUORIDALMUCCHIO SOLODOWNLOAD
VALENTINAGRAVILI ESMEN
LA BALENA NEL TAMIGI TUTTO È BENE QUEL CHE FINISCE
VG Green Fog/Venus
Considerando il (folle) momento di iper-
produzione discografica, grande è lo stu- Un titolo in odore di pessimismo, quello
pore nell’accorgersi che dall’esordio di del primo album degli Esmen, che segue di
Valentina Gravili - Alle ragazze nulla accade poco un ep del quale sono qui ripresi due
a caso, Storie di Note - sono trascorsi episodi. Non c’è però negatività, nel sound
addirittura dieci anni, così come sorpren- della formazione genovese, costruito su
de che questa seconda prova sia disponi- intrecci strumentali - chitarre, tastiere, bas-
bile solo in download gratuito presso il so e batteria, più qualcos’altro - elaborati
sito www.valentinagravili.com (per i cultori dell’oggetto esiste in ma non ridondanti e su un canto in italiano
realtà pure un cd in bustina di cartone, ma si può acquistare che, pur conquistando un ruolo per forza di cose preminente, li
esclusivamente ai concerti). La balena nel Tamigi è però un asseconda senza sovrastarli. Collocabili da qualche parte fra lo
album con tutti i crismi: nel concetto, “spiegato” da un titolo shoegaze, la psichedelia “moderna” di band come Sparklehorse
metaforico del senso di disorientamento provato da tanti o Sixteen Horsepower e a tratti il post-rock e i Baustelle, Fabrizio
venti/trentenni di oggi, e nei risultati, all’insegna di un pop-rock Gelli e sodali oscillano fra songwriting “pop” e soluzioni più
estroso, seducente e mai scontato, tanto nelle melodie quanto espansive, con esiti ancora perfettibili - almeno in studio: sul
negli arrangiamenti sofisticati e un po’ rétro (ai quali ha di palco, invece, la formula vanta maggior fluidità e forza d’impat-
nuovo contribuito, co-producendo e suonando, Amerigo to - ma certo già parecchio promettenti. Un valido compromes-
Verardi) e in versi in italiano - piacevolmente inusuali - dal respi- so, ancor più bello perché del tutto spontaneo/sincero e non
ro più universale rispetto al passato. Dal lontano 2001 in cui si motivato da calcoli opportunistici, fra ricercatezza e accessibili-
affacciò sulle scene, la cantautrice pugliese è molto maturata, tà, fra sentimento e ragione.
guadagnando in carattere e spessore ma non perdendo quella
CARLOT-TA
leggerezza che a ben vedere rappresenta una delle sue migliori
doti: ci auguriamo che questa nostra scena indie, così brava a
premiare cialtroni privi di talento, riesca a trovare un post(icin)o
al sole anche per lei.
MOMBU
Anna The Granny
Un talento notevole, quello di Carlotta
Sillano, specie tenendo conto del fatto che
MOMBU l’eclettica artista di Vercelli ha appena com-
Subsound/Goodfellas piuto ventun anni. Lei suona pianoforte e
assortite tastiere (ma anche chitarra e the-
remin) e compone musiche aggraziate e
Un progetto atipico, quello allestito da Luca insinuanti nelle quali confluiscono pure
T. Mai - il sassofonista degli Zu, qui impe- archi, percussioni e programmazioni; scri-
gnato anche alla m’bira - assieme ad ve testi per lo più in inglese ispirandosi a Eliot e Prevert e
Antonio Zitarelli, il batterista dei si appropria di versi di monumenti della letteratura
Neo: otto tracce strumentali (Baudelaire, Shakespeare, Dickinson, Blake);
nervose e ossessive, ma SPOT ON interpreta il tutto con una voce tanto duttile
non eccessivamente osti- Si chiamano Cani, sono gio- quanto espressiva, che con l’esperienza potrà
che, che vivono di pul- vanissimi, suonano un misto solo migliorare. Provando ad accennare qual-
sioni/tensioni sospese fra avant-rock, echi fra punk ed electropop con che (vaga) coordinata, un po’ Tori Amos, un
jazz e suggestioni etniche. Molta fisicità, testi in italiano all’insegna po’ Joanna Newsom e un po’ Beatrice
dunque, ma anche bei giochi di dinamiche, di un’ironia spesso caustica Antolini, almeno a giudicare da questo
con il sax ora sfruttato in senso ritmico e ora e stanno per debuttare per Make Me A Picture Of The Sun che costitui-
lanciato in urla catartiche: insomma, un la benemerita 42 Records. sce il suo debutto discografico: otto gemme
coinvolgente abbraccio di vigore, dissonanze In ambito indie (e magari sfavillanti a dispetto delle atmosfere brumo-
e ritualismi tribali, ovviamente ispirati dalla non solo) saranno un tor- se nelle quali sono avvolte, suggellate da una
Grande Madre Africa, in totale sintonia con la mentone. Scommettiamo? nona - la bonus track Pamphlet, versione in ita-
maschera tribale raffigurata in copertina. Nes- liano di Both With Thee - che apre interessanti
suno stupore che i “ragazzi”, per definire il loro stile, prospettive per il futuro. Se non si perde per strada,
parlino di afro-grind/voodoom. sarà senza dubbio famosa.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
SOLOVINILE
EVELINE STEAKNIVES
aw DEVIL INSIDE
Ultravox/Audioglobe White Zoo
Bolognesi di nascita, ma sempre più Solo dieci pezzi, ma di fuoco, in questo
proiettati in una dimensione europea, gli primo lp - splendido acronimo, altro che
Eveline sono arrivati al terzo album spinti cd o mp3! - degli Steaknives, dei quali
dai consensi raccolti con l’ottimo Waking taluni ricorderanno un ep edito un paio
Up Before Dawn, del 2008; consensi che, di anni fa negli USA. A darlo alle stampe,
però, non paiono avere influito più di tanto assieme a due 7 pollici di Transex e
sulla notorietà italiana del quartetto, forse Judas e all’omonimo 33 giri dei Silver
per colpa - ed è un paradosso - di una for- Cocks, ha provveduto l’ottima White
mula che mal si presta a essere associata a un genere preciso. Zoo (www.whitezoorecords.com), nuova etichetta leccese
Sarebbe comunque davvero un peccato se il nostro ambiente consacrata al vinile e al punk: punk autentico, però, sudicio e
indie/alternative non prestasse la meritata attenzione a questi perdente oltre che privo di qualsiasi fighetteria. Non c’è dub-
otto nuovi brani, figli di una propensione (e di un gusto) per la bio che i cultori del genere apprezzeranno moltissimo il quar-
pratica del “mischiare le carte”: non capita infatti tanto di fre- tetto romano, artefice di un sound di scuola americana dove il
quente, almeno da noi, di imbattersi in gruppi così abili nel con- mitico ’77 si unisce al proto-hardcore in un torrido amplesso
ciliare stili diversi - dalla psichedelia al post-rock, dalla new a base di ritmi incalzanti, compattezza granitica, stacchi ful-
wave delle origini alla scuola di Canterbury, oltre a elettronica e minei, aggressività selvaggia e canto sguaiato. La riuscita
pop: insomma, dai tardi 60 a oggi - in canzoni articolate e mag- cover di Big Take Over fa ovviamente pensare ai Bad Brains,
matiche, dagli sviluppi fascinosi e a volte imprevedibili. Le si ma H.R. e compagni sono solo uno dei possibili riferimenti di
potrebbe etichettare come piccole sinfonie minimaliste, e non un gruppo che per forza di cose ricicla anche riff e strutture,
importa se qualcuno che non ha mai ascoltato il disco griderà ma lo fa dannatamente bene.
all’ossimoro: gli faccia fare un giro, prima, e solo dopo provi a
dire che la definizione non è azzeccata.
FORTYWINKS GRANPA
IN FAST WE TRUST
BOW WOW Octopus/Audioglobe
Unhip/Audioglobe
Gianluca Bartolo suona la dodici corde nel duo
Tredici anni di carriera, due album e un ep Pan del Diavolo ma è pure il leader del Granpa,
alle spalle e un migliaio (!) di concerti trio privo di basso nel quale, oltre a cantare, si
anche negli Stati Uniti e in Giappone: que- occupa di chitarra e Rhodes. In questo suo
sti i “numeri”, invidiabili, dei Forty Winks. album di debutto dal titolo un po’ fuorviante,
All’esordio per la Unhip, la band bologne- dato che i pezzi veloci sono in effetti giusto un
se conferma in modo ancor più scoperto il paio su dieci, l’ensemble palermitano dà sfog-
distacco dall’hardcore melodico gio delle sue capacità nel dar vita a
con cui era emersa, dedican- un rock pesante e massiccio, grossomodo a metà stra-
dosi a un r’n’r sempre energico ma contraddi- da fra l’hard dei 70 e lo stoner dei 90: una ricetta che
stinto da tempi meno serrati e dall’aggiunta LO STATO SOCIALE non ha alcuna pretesa di originalità o innovazione
delle tastiere - molto presenti - all’abituale Nell’attesa dell’album, - nell’ambito, del resto, c’è chi li reputa difetti -
impasto di chitarre, basso, batteria e voce. annunciato per l’autun- ma che senz’altro colpirà numerosi lungocriniti
Eclettici e fantasiosi, i dodici brani in ingle- no, la Garrincha (http:// con stivaloni o stivaletti, pantaloni a zampa,
se di Bow Wow vantano un’esuberanza garrinchadischi.it) ha re- giubbotto di pelle (magari a nascondere una
power pop che non è purtroppo valorizzata so disponibile in down- camiciona a quadri?) e baffi alla Lemmy. I
- ma si tratta sicuramente di una scelta: il load gratuito il secondo ragazzi, insomma, sanno far bene il loro spor-
vero power pop, si sa, non paga - dalla pro- ep (quattro tracce) dei co lavoro, specie nella seconda parte di una sca-
duzione magniloquente. Ci si diverte lo stes- bolognesi Lo Stato So- letta comunque bella satura e sanguigna dal
so, ok, ma rimane la curiosità di sapere come ciale, intitolato L’amore primo all’ultimo dei suoi quasi sessanta minuti:
le stesse canzoni avrebbero suonato in una ai tempi dell’Ikea. non è da tutti, e in ogni caso sarebbe davvero
veste meno tronfia e più asciutta, da piccolo club eccessivo chiedere di più.
invece che da stadio. Federico Guglielmi
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SOUNDLAB
a cura di Damir Ivic
soundlab@ilmucchio.it
SPOTON/1
FALTY DL
È
nei nostri radar già da un sacco di tempo, già dalle prime
mosse su Planet Mu: Falty DL, all’anagrafe Drew Lustman, è
uno di quei talenti su cui ben volentieri abbiamo puntato le
nostre fiches, incuranti del fatto che potesse diventare o meno
un nome chiacchierato dalla, ehm, gente che piace. Del resto
Play Child, inserita nell’ep Bravery uscito un paio d’anni fa, è per noi
una delle più belle tracce di elettronica degli ultimi dieci anni: lo
pensammo allora, continuiamo a pensarlo adesso riascoltandola,
persi nelle sue vertiginose delizie armoniche, in quel tempo a metà
fra dubstep e 2step, in quell’incedere a metà fra l’incerto e l’inquie-
tante. L’incertezza fa capolino anche nel titolo dell’lp fresco fresco
d’uscita, You Stand Uncertain, ma è solo una faccenda onomastica:
Lustman al contrario è palesemente sempre più sicuro e consape-
vole dei propri mezzi, tanto da tirare fuori il materiale più semplice
che abbia mai sfornato; più dritto, più inquadrabile, più definito. Falty DL
Ma anche il più bello - intelligent dance music colta ma al tempo
stesso comunicativa, mai scontata e non inutilmente complicata.
“Dici che il materiale di questo mio nuovo lavoro abbia una migliore
messa a fuoco complessiva? Beh, semplicemente credo sia migliore. te: ‘Che diavolo sta facendo Drew? Che roba è?’. Sai, no, quando un
Negli ultimi due anni penso di essermi perfezionato parecchio. Non che animaletto inclina la testa verso il fianco e improvvisamente è come se
abbia abbandonato il mio tipico approccio a tentativi: il lavoro di un stesse guardando solo nel vuoto... ecco, la reazione dei miei amici all’a-
musicista, per come la vedo io, dovrebbe essere sempre sperimentare, se scolto della mia musica è stata esattamente questa. Con You Stand
non è così tradisci te stesso e ciò che stai facendo. Se sei un artista, la Uncertain ho effettivamente raddrizzato un po’ le cose: il beat è più
tua missione è esplorare nuovi territori e inventare nuove faccende, no? solido, ci sono più elementi semplici a cui aggrapparsi. Pare funzioni:
Andare invece per strade già conosciute ti rende prevedibile, e secondo le prime reazioni sono assolutamente eccezionali, sorprendenti da
me questo non è il massimo”. quanto sono entusiaste e positive. Oh, a me ovviamente fa molto
Una strada che Drew ha percorso per un sacco di piacere ricevere complimenti, al tempo stesso però mi
tempo è quella che portava all’interscambio via imbarazza: più che rispondere ‘Ehi, grazie’ non so che
Web di materiale con un altro supertalento di fare. Non so, probabilmente potrei fare discorsi
casa Planet Mu, l’irlandese Boxcutter: “Oh sì belli e lunghissimi con gli sconosciuti che dicono
sì, non abbiamo mica smesso!”. Ma sei uno E dal vivo? Come piacerebbe a Falty di apprezzare quello che faccio, ma tenden-
che ascolta molta musica? “Sì, ma solo DL tradurre You Stand Uncertain zialmente non ho né il tempo né la forza di
quella che mi trovo da solo - recentemen- live? “Con una band: loro suonano, pensare di coltivarmi un sacco di nuove
te su Boomkat ho trovato tutto un filone io sto ai synth e gestisco i loop ma- amicizie. Eh. Pensi che sia un problema?
di eccezionali ristampe della Rush Hour gari con una pedaliera. Poi vorrei Forse no, non lo è”. Ad ogni modo:
- oppure quella che mi viene consigliata dei cantanti. Quattro, tipo. Ma an- disco più quadrato, più definito...
da amici, anzi, è soprattutto quest’ulti- cora meglio se trovassi qualcuno che quali sono state le influenze principa-
ma quella a cui dedico del tempo. Il può fare il mio lavoro: lui suona, io li al momento di mettersi al lavoro e
principio: non dev’essere per forza mate- lo guardo, stando tra il pubblico. E creare? “Prima di tutto quel suono cre-
riale nuovo, ma dev’essere materiale se trovassi un robot che può pure pitante e pastoso tipico di molti degli
nuovo per me. Nuovo, ed eccitante”. comporre al posto mio? Sarebbe album che ho usato come fonte di cam-
Di sicuro non è materiale che capita di perfetto! Così mi ritiro da qualche pionamenti, ecco, da lì parte tutto. Ho
sentire molto spesso in America... Il mo- parte, in campagna. Magari a Foli- voluto dare una casa a questo tipo di
do in cui Falty DL declina l’elettronica è gno, un paio di acri dove coltivare suono. E per casa, intendo album: perché ciò
per lo più tipicamente inglese, le radici del- viti, produrre della grappa...”. che apprezzo di più nell’elettronica sono gli lp
l’IDM anni Novanta. “Il mio suono negli anni che sono tali veramente, non solo un’accozzaglia
ovviamente ha subito qualche cambiamento, ma la di tracce slegate fra loro, bensì qualcosa con un suo
perplessità di amici e familiari è sempre rimasta costan- specifico progresso narrativo”.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
Coppia d’assi per la Planet Mu, con l’uscita in (quasi) simultanea
dei nuovi lavori di Falty DL e Boxcutter. Poi, Morphosis ci ricorda
perché amiamo tanto la techno e il Time Warp perché amiamo
così poco la classe politica ed amministrativa italiana.
REVIEWS/1
BOXCUTTER MORPHOSIS
THE DISSOLVE WHAT HAVE WE LEARNED
Planet Mu/Goodfellas Delsin
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SOUNDLAB
SPOTON/2
IL PESO DELL’ASSENZA
HEADROOM a cura di Sabina Plamenova
E
Il 16 di aprile si festeggia il
ppure, sarebbe tutto Record Store Day, iniziativa
così semplice. Fai in sostegno degli ormai
un festival, ti occupi sempre più rari negozi
di fare una bella line di dischi indipendenti.
up (potendo sceglie- Sul blog di “NME” tal
re qual è il tuo pubblico Rick Martin ha spiegato
di riferimento), trovi una come non si riconosce
location in cui non minimamente in que-
rompi le scatole a nessu- sto evento adducendo
no, hai il permesso di una serie di argomenta-
andare avanti fino alle Chris Liebing al Time Warp 2011 zioni: per lui la musica ha un valore indipendentemente
tre del pomeriggio (per- dal circuito e dal formato attraverso cui è veicolata, facen-
ché il tuo pubblico di do ad esempio notare che si possono fruire le cose trami-
riferimento questo vuole). Voilà. Il Time Warp potrebbe essere rias- te piattoforme Web tipo Spotify. E fin qui, non ho nulla da
sunto così: uno dei maggiori eventi tedeschi e quindi europei in dire. Il modo però in cui si è espresso riguardo alla suppo-
campo techno - con svisate di house - si basa su ingredienti molto, sta dubbia utilità dei negozi di dischi, alla scarsa simpatia
molto semplici. E la formula funziona, oh se funziona: ci sono stati dei loro commessi e alla sostanziale inutilità dei supporti
degli attimi, verso mezzanotte e mezza, l’una, in cui abbiamo pen- fisici è stato accolto in modo un po’ più controverso. Lui
sato che gli ingressi venduti fossero troppi, troppa gente!, troppa cita come esempio i Radiohead, dicendo che le nuove
calca!, questo da quanto grossa era la fiumana di persone che riem- band devono inventarsi dei nuovi e creativi modi per dif-
piva, apparentemente, ogni singolo angolo del MaiMarkt, la Fiera di fondere la propria musica, vedi appunto le manovre di
Mannheim. In realtà eravamo anche un po’ perplessi, in quel Thom Yorke e soci, tra cui il giornale stampato collegato
momento, sulla gestione della sicurezza e della logistica. Nessuna all’uscita del loro nuovo lavoro. Citare i Radiohead come
protezione particolare all’ingresso, qualche anemica transenna, e esempio non è proprio il massimo: la loro fama, il loro
come accesso solo un marciapiede strettino, senza nessun pre-fil- catalogo e il loro conto in banca non è precisamente quel-
traggio. Roba che se provi a fare un’entrata del genere in Italia per lo del musicista medio. Ok l’invito a cercarsi nuovi sbocchi
Amore, Club To Club, Dissonanze, Electrovenice eccetera 1) entrano e nuovi circuiti, a maggior ragione se pensiamo che più si
sfondando in migliaia, 2) dopo essere entrati a gratis tornano indie- va avanti più si ha a che fare con una generazione che è
tro e radono tutto al suolo, giusto per il gusto di farlo. Sono inco- cresciuta senza maneggiare formati fisici (vinili, cd...). Però
scienti questi tedeschi? E invece: all’ingresso, nessun problema nel- proprio il network industriale legato a questi formati fisi-
l’arco di tutta la nottata, e tutti entrati ordinatamente: all’interno del ci ha aiutato la diffusione di un sacco di generi under-
MaiMarkt, dopo il momento di congestionamento di cui si diceva, ground e continua a farlo ancora adesso.
la folla si è distribuita via via meglio nelle varie sale (cinque in tutto, Io ho avuto la mia sana fase di napsteraggio: se hai un
la più piccola colonizzata da Laurent Garnier per un set di sei ore, budget da liceale, non hai amici che suonano o ascoltano
tanto per farvi capire quanto non ci fossero palchi-riempitivo) ren- il vinile, nessuno ti parla di copyright, chiaro che non ti
dendo di nuovo affollato sì ma molto vivibile il luogo. Insomma, poni delle domande, tanto più che l’Italia non è un paese
tutto bello, tutto perfetto, tutto con un’atmosfera che è sì quella che dove ci sia la cultura del sound system (a parte l’infilarlo
vi potete immaginare in un luogo dove si suona techno per quindi- in capannoni diroccati e spararci dosi letali di hard
ci ore di fila ma comunque mai aggressiva, mai pericolosa, mai osti- techno). Ma quando poi mi sono spostata in luoghi come
le, mai fuori di testa. Che, non c’erano gli italiani? Oh, nossignore: Germania o Inghilterra, ho toccato con mano una realtà
ce n’erano, e pure un sacco, a partire dai famigerati fan di Marco diversa, una realtà in cui il negozio di dischi (in qualcuno
Carola. Solo che, evidentemente, gli italianuzzi tamarri e incontrol- c’ho anche lavorato) contribuisce per davvero a far circo-
labili a casa nostra una volta arrivati all’estero, magari col timore lare idee e a far incontrare gli appassionati fra di loro.
reverenziale verso l’ordine tedesco, diventano molto meno molesti Non ha senso pensare di cancellare all’improvviso questa
e agiscono in modo molto più sensato. Pure al Sonar è così: la parte esperienza e questa risorsa. Detto questo, non ho alcun
notturna del festival barcellonese potrebbe/dovrebbe essere una problema nell’accettare gli sviluppi della cosiddetta tec-
bomba ad orologeria, invece non abbiamo mai visto una rissa che nologia. Trovo però giusto e plausibile trattare con rispet-
fosse una. E anche il Sonar è un luogo dove la legione italiana sbar- to una realtà, quella dei negozi di dischi, che è stato e in
ca in grandissima massa. Così come il Sonar, e il Time Warp, pos- parte è ancora un fenomeno unico ed universale. Il loro
sono svolgersi fino agli orari che loro ritengono più opportuni. In Ita- ruolo forse sta cambiando, ma non significa debba per
lia no. Non si può fare. Per miopia, o proibizionismo, o moralismo. forza estinguersi. Con la speranza che riflessioni di que-
Tant’è che ti viene quasi da dire: hanno ragione i tamarri a buttare sto tipo restino sempre d’attualità e non diventino, un
tutto in vacca, quando si fanno le cose da noi. Non ci meritiamo giorno, un requiem.
troppo di meglio, con la classe dirigente che abbiamo e con la poli-
tica culturale che essa è in grado di esprimere.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
REVIEWS/2
molto meno illustre. E non fare- I Done An Album merita mini-
mo la figura dei polemici conte- mo minimo un ascolto.
statori se diciamo che The Plea-
sure Principle di Dj T, uno dei Gente molto divertente di soli-
capi della label, è palloso e un to sono, soprattutto dal vivo, i
po’ inutile. Un tempo c’avrebbe- danesi Who Made Who. Passa-
ro linciato. Ora non importa to l’effetto-sorpresa della cover
(quasi) più a nessuno. funk-punk di Satisfaction di Be-
nassi, e passato in generale il
Parlavamo e parliamo di hype, momento in cui un trio che
quindi. Oggi ce l’hanno, e a pac- suona musica con l’accento
Cominciamo con un po’ di usci- chi, gli amichetti Wolf+Lamb, ked City è l’ennesimo centro danzettoso fa sdilinquire tutti
te prettamente da clubbing, tant’è che gli viene pure affidato per lui e la sua Mule Musiq. gli hipster milanesi e non pro-
roba di house più o meno mini- un Dj Kicks, in coabitazione coi prio per principio, ora hanno e
mal, più o meno tech, più o me- soci Soul Clap (che da soli son ...va bene, basta dancefloor. Ci avvertono il problema di rein-
no deep: si parla molto in quel- stati bravi, vi dicevamo). Bene, a sono degli intellettuali qua, ventarsi. L’operazione riesce a
le lande degli Art Department, volte capita di fare il passo più gente seria!, che vuole elettro- metà: in Knee Deep è evidente
duo canadese formato dal vete- lungo della gamba. È compren- nica sì proveniente dal ceppo l’intenzione di arricchire il pro-
rano Kenny Glasgow e dall’e- sibile: dopo qualche anno di a- della club culture ma che sia prio bagaglio stilistico ed e-
mergente Jonny White, che ha nonimato, improvvisamente il colta e concettuosa. Ecco che spressivo ma gli episodi
conquistato quell’ottima (e sot- grande pubblico si accorge di vengono in aiuto Mark Prit- migliori restano quelli più rit-
tilmente bizzarra) mente che è te, i dj più quotati suonano i chard e Spacek, col loro proget- micamente tirati e, quindi, più
Damian Lazarus. The Drawing tuoi dischi e hai la possibilità di to Africa Hitech: su Warp esce simile al loro passato (Two Feet
Board, su Crosstown Rebels, curare un episodio di una serie 93 Million Miles, un concen- Off Ground, tanto per fare un
non è niente di più di una house di compilation storica. La voglia trato di afro-electro avanzata, esempio). Quando provano
sensuale e ben fatta con un giu- di strafare ci può stare. Un pas- spesso complessa, spesso di invece ad avventurarsi nel
sto occhio agli alfabeti sonori so falso così, un mixato che vor- non facile fruizione, piena di mondo della melodia vocale,
della contemporaneità. Nulla rebbe essere da ascolto e invece rimandi colti. Non proprio un per quanto un po’ imbellettata
nulla di sterilmente formulaico è colmo di sbadigli, con la pre- ascolto scorrevole, ma se siete da tocchi electro, è proprio il
revivavilistico. Fa il suo sporco tesa di sembrare da intenditori nel mood (e nel target) giusto caso di dire che non ci siamo.
mestiere. Non geniale, ma ap- ma che risulta solo noioso e in avrete in abbondanza di che
provato. cui le citazioni funky suonano essere soddisfatti. Per il finale, un po’ di relax. Il
datate e prevedibili, è compren- compositore, pianista e mente
Quelle menti semplici e di boc- sibile solo conoscendo l’hype Decisamente più secco e geli- fina Nils Frahm ha incrociato le
ca buona dei circuiti legati al immotivato in cui i quattro ame- do, ma per certi versi indirizza- idee con la violista e violoncel-
clubbing restano a bocca aperta ricani si sono ritrovati ultima- to allo stesso target, è Can’t lista classica Anne Müller. Il ri-
di fronte alle alchimie creative mente. Speriamo sia solo un in- Sleep dei Kryptic Minds, duo un sultato, 7fingers, gioca sui giu-
dei francesi Nôze, che fanno og- ciampo. (Raibaz) tempo dedito alla drum’n’bass sti equilibri tra aeree sospen-
gi in campo house quello che e ora alfiere dubstep, con la be- sioni digitali e raffinatezze
Herbert faceva dieci anni fa Ma invece, volete una dritta per nedizione di Leofah. Non scal- (neo)classiche. Non è l’incon-
(approccio giocoso, campiona- una colonna sonora da dance- da il cuore, ma è comunque un tro rivoluzionario tra classica e
menti strani). Su Dring si butta- floor che sia veramente di clas- disco interessante. Il lato più laptop dei primi dischi di Mur-
no sulla tarantella, chiamano se? Il buon Kuniyuki Takahashi freddo, geometrico e cerebrale cof, qua è tutto molto più
anche il nostro Riva Starr, il vali- continua a seminare perle di- della faccenda. lineare e prevedibile, ma è un
do Wareika e i soliti dOP, ma a sco-house con inflessioni di album nel suo piccolo molto
noi le loro barzellette sonore soul e jazz. Dancing In The Na- Con tutta questa cerebralità, ci curato ed indovinato.
non fanno ridere. Tutto troppo vuole subito dopo un po’ di di-
esile, fantasioso ed intelligente vertimento: Beardyman! Ra-
più a parole che nei fatti. Non gazzo prodiglio del beat box
geniale, e noioso. (sì, quella roba che fai i rumo-
ri con la bocca...) che invece di
C’era un tempo che la Get Phy- esercitarsi solo in ambito hip
sical era la etichetta in campo hop mette in campo una cono-
dance. Non abbiamo mai capito scenza e competenza che
bene perché. Tech-house me- abbraccia tutta la club culture,
dia quando andava bene, loffia con un sacco di ironia e un’ec-
quando andava male. Ora è cezionale competenza tecnica.
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SULPALCO
Ascoltati dal vivo in Italia e nel mondo
a cura di Valentina Cassano
ILMUCCHIOSELVAGGIO
a ricordare una prima esibizione dei Deerhunter, cinque anni fa, co-
me supporto ai Liars. Ma l’appuntamento con la (osannata) versio-
ne on stage della band di Atlanta rimane altrettanto unico, e la rispo-
sta degli adepti alla psichedelia fluttuante del genietto Cox si fa ben
sentire, prendendo le mosse da più parti del centro Italia. Come era
nelle nostre speranze, il suono liquido, dilatato e talvolta ossessivo
della matrice più visionaria dei primi album della band, incontra ine-
vitabilmente, anche dal vivo, il rock più limpido, ballabile e vaga-
mente Fifties dell’ultimo Halcyon Digest: il risultato, è un live in per-
fetto equilibrio tra lunghe code - ipnotiche come spirali concentriche
- e pezzi brevi e giocosi, perfetti per riemergere in un attimo dall’ap-
nea. Sul palco, Bradford Cox è l’entertainer ironico e gentile, Lockett
Pundt un alieno sperduto ed impeccabile nella sua missione terre-
na, il bassista Josh Fauver completamente incantato da qualche
visione oltre la platea e Moses Archuleta, alla batteria, l’energia ine-
vitabilmente più terrena della band. Ma l’impressione generale, e
che desta simpatia, è quella di una formazione navigata, sapiente e
dal suono definito, con un’attitudine esteriore che, per rilassatezza e
“basso profilo”, ricorda una jam pomeridiana tra amici. Mentre le
canzoni confluiscono naturalmente una dentro l’altra, senza sostare
(quasi) mai i feedback delle sei corde, il pubblico è come rapito,
spesso danzante, mentre la temperatura atomica del Locomotiv
succhia lentamente le energie. È la lunghissima e lisergica Nothing
Ever Happened ad aggiudicarsi l’highlight della serata insieme alla
chiusura, lucente ed esplosiva, di He Would Have Laughed. Si gon-
gola su Revival, ci si perde in Helicopter. Con dilatazioni e restringi-
menti di tempi ed atmosfere, mentre il suono rimane sempre magi-
camente limpido, i Deerhunter rapiscono la propria platea. Distraen-
dola dalla fluidificazione in corso di corpi ed atmosfera.
Chiara Colli
Paolo Benvegnù
Hermann, riproposto nella sua interezza, senza pause, e un finale
più rilassato e intimo che va a pescare nel passato, Scisma inclusi:
quello che si manifesta a Torino è un Paolo Benvegnù determinato
a rendere la sua musica sempre più condivisa, senza smarrire l’abi-
tuale intensità.
Torino, 31 marzo
Hermann non è un disco qualunque. Neppure i due predecessori lo
erano, sia chiaro, ma non rappresentavano un tessuto unico di sto-
rie e suggestioni, erano piuttosto sequenze di allestimenti emotivi
mutevoli, cuciti di volta in volta sulla personalità della singola can-
zone. Questo spiega l’assenza pressoché totale di parole nella
dimensione live, di quegli alleggerimenti surreali o semplici cazzeg-
gi a cui Paolo e soci ci avevano abituati nei tour precedenti, tra uno
svisceramento di sentimenti e l’altro. Hermann non è solamente il
disco più compatto e fluido pubblicato finora a nome Benvegnù,
ma è anche un immaginario film, come del resto dichiara lo stesso
booklet, e le immagini che accompagnano la musica sul palco
offrono al pubblico un complemento non invasivo ma garbato, sin-
tonizzato sul percorso umano (nel senso di Umanità, di civiltà
umana) dei brani, canzoni che trasudano un umanesimo enciclo-
pedico ed immaginifico. Questo è anche il motivo per cui la prima
- e più corposa - parte del set presentato all’Hiroshima Mon Amour
recupera nella sua interezza la scaletta dell’album. Le nuove canzo-
FOTO DI MONELLE CHITI
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sobria e funzionale nell’accompagnare i brani con proiezioni a tema.
A supporto della protagonista, al solito dinamicissima tra microfo-
no e chitarre, la parte del leone spetta al polistrumentista Saverio
Lanza - indispensabile persino in studio, a dividersi onori e oneri in
fase di composizione e produzione - ma non sono da meno, nel-
l’ottica del risultato complessivo, la batteria del fido Piero Monterisi,
sei corde elettrica, basso e una coppia di fiati perfettamente amal-
gamata al contesto. I pezzi del recente, quinto album godono ovvia-
mente di tutto lo spazio necessario: Miracoli, Un esercito di alberi, In
un soffio, Giapponese, Più forte del fuoco e Tutti che sanno cosa dire
scorrono in policroma scioltezza. Come da lodevole tradizione, rap-
portandosi al vecchio repertorio ci si sbizzarrisce con arrangiamen-
ti inediti: Piccola faccia e L’aridità dell’aria emozionano in completa
solitudine, Stelle buone si conferma una delle più belle canzoni ita-
liane degli ultimi lustri, Goccia ospita un immancabile rimando a
Maryan dell’amico Robert Wyatt, The Truman Show scuote con note-
vole vigore e Invisibile o Universo sono lezioni di raffinatezza. I bis
provvedono al KO definitivo: uno-due e al tappeto con una Ho sem-
pre me elaborata, super-rock e una Triathlon dal ritmo travolgente.
Bravura e gusto, insomma, al servizio di ben due ore di musica ad
altissimi livelli. La voce di Cristina, sempre più potente e duttile,
riesce persino a farci tornare a casa con la convinzione che i mira-
coli possano avvenire sul serio.
Elena Raugei
Roma, 25 marzo
Che la libertà sia una forma di disciplina, Giovanni Lindo Ferretti,
all’Alpheus, lo mette subito in chiaro tra le linee frastagliate della sua
Cristina Donà Depressione caspica. Ci vuole disciplina per salire sull’ottovolante
punk dei CCCP - Fedeli alla linea, per raccogliere i cocci della caduta
delle Berlino con i C.S.I. e, infine, tornare a Dio e alla sua misericor-
dia (i Pgr). Un percorso completo, totale, carico di dignità intellet-
dida Date fuoco, con il suo scheletro jazz da fumoso complotto tuale. È per questo che oggi il suo tour ricapitolativo intitolato “A
spionistico, valorizza la presenza dei fiati. Gli abbondanti bis vanno cuor contento”, appare come la fine dei giochi. In sala tutti lo
a pescare nel repertorio precedente (Rosemary Plexiglas, Troppo poco sanno. Lo sa il pubblico che cerca di non perdersi neanche un
intelligente, Io e il mio amore, Il mare verticale) e allargano le maglie secondo di questa (ultima?) liturgia ferrettiana, lo sa Lindo allac-
del suono, rimettendo in gioco un violoncello fino a quel momento ciato in una sorta di saio francescano. Lo sa chi gli chiede Emilia
trascurato, assecondando quel bisogno di appartenenza legato ad Paranoica sapendo già di non essere accontentato. La messa pre-
emozioni già da tempo metabolizzate che i fan, in fondo, cercano vede un ripasso della musica di Ferretti sintonizzata all’oggi. Così
di ritrovare, almeno in parte, nella dimensione del concerto. Narko’$, Annarella, ci raccontano di quando Giovanni, cresta e ghi-
Alessandro Besselva Averame gno cattivo, cavalcava i suoi stati di agitazione; A tratti, Unità di pro-
duzione ci restituiscono il Consorzio più disilluso. Spazio anche alla
tecnologia 1.0 di “Co.dex” e alle ultime “cronache” dei PGR (non
celebrate in tour con le due “G”, Canali e Maroccolo). Accanto a
Cristina Donà
Terza tappa per il tour Torno a casa a piedi, a traino dell’omonimo
Lindo, invece, ci sono le due “U” Ezio Bonicelli e Luca Rossi, vec-
chie glorie degli Üstmamò. Sono loro che, violino più chitarra più
disco uscito lo scorso gennaio. Un aumento della posta in gioco per campionamenti, creano un impasto minimal con buona pace di chi
la songwriter lombarda. Intensità preservata, scommessa vinta. s’aspettava le mitragliate di Jurij. La veste del trio è invece spiritua-
le e Ferretti è un Ghandi del rock il cui verbo vanta del pregio del-
Firenze, 1 aprile l’universalità: i suoi testi del passato irrompono nel presente con
Che Cristina Donà sia una delle nostre migliori performer dovrebbe infallibile attualità, vedi il binomio Occidente-Radio Kabul, implaca-
essere un dato di fatto risaputo: straordinaria carica comunicativa e bile altalena di un mondo ancora oggi inchiodato “alla guerra, alla
indiscusse capacità esecutive le consentono di tagliare il traguardo gloria, alla storia...”. Lindo è critico, sacrale, analitico, tiene botta.
senza nemmeno allontanarsi dai nastri di partenza. Stavolta, però, Nel finale però ha degli attimi di defaillance, si fiacca, viene tradito
le novità incuriosivano non poco, presupponendo per giunta dei dalla disciplina. Ritorna il montanaro, l’asceta, più vicino ai suoi i
rischi. C’è stato uno spostamento dai club a locali maggiormente cavalli che a un presente musicale. Ed è strano vederlo così senza
capienti, come per l’appunto il Saschall di Firenze. Per la prima volta tensione, quasi tenero. Così, a cuor contento.
la cantautrice si è poi avvalsa di una vera e propria scenografia, Riccardo Marra
ILMUCCHIOSELVAGGIO
ILMEGLIOINARRIVO
20 maggio, Hana-Bi,
Marina di Ravenna (RA)
21 maggio, Circolo Magnolia,
Segrate (MI)
22 maggio, Mattatoyo, Carpi (MO)
CAT’S EYES
27 maggio, Plastic, Milano
CRISTINA DONÀ
6 maggio, Teatro Morlacchi, Perugia
7 maggio, Auditorium
Parco della Musica, Roma
8 maggio, Teatro Auditorium
Santa Chiara, Trento
18 maggio, Cineteatro Dante, HAPPY MONDAYS
Palermo 13 maggio, Estragon, Bologna
19 maggio, Mercati Generali, Catania
INTERPOL
AGNES OBEL EINSTÜRZENDE NEUBAUTEN 30 maggio, Atlantico Live, Roma
20 maggio, Teatro Blu, Milano 1giugno, Auditorium
21 maggio, Circolo degli Artisti, Roma Parco della Musica, Roma MATMOS
22 maggio, Chiesa di Sant’Ambrogio, 3giugno, Teatro Colosseo, Torino 21 maggio, Castello di Rivoli, Torino
Bologna 23 maggio, Circolo degli Artisti, Roma
GANG GANG DANCE + HIGHLIFE 24 maggio, Locomotiv, Bologna
ANGELICA 26 maggio, Circolo Magnolia,
FESTIVAL INTERNAZIONALE DI MUSICA Segrate (MI) MELISSA AUF DER MAUR
5 - 28 maggio, Bologna, Modena, 17 maggio, Circolo degli Artisti, Roma
Lugo di Romagna: GIANT SAND 19 maggio, Teatro Comunale,
Jim O’Rourke, Stefano Scodanibbio, 4 maggio, Init, Roma Serrenti (CA)
Pauline Oliveros, Heiner Goebbels, 5 maggio, Bloom, Mezzago(MI) 21 maggio, The Cage Theatre,
Roscoe Mitchell, Wadada Leo Smith, 6 maggio, Spazio211, Torino Livorno
John Tilbury... 7 maggio, Interzona, Verona
8 maggio, Bronson, MERCURY REV
AKRON/FAMILY Madonna dell’Albero (RA) 11 maggio, Estragon, Bologna
23 maggio, Hana-Bi,
Marina di Ravenna (RA) GONJASUFI SUFJAN STEVENS + DM STITH
24 maggio, Parco Fluviale, 20 maggio, Link, Bologna 24 maggio, Teatro Comunale, Ferrara
Foligno (PG) 21 maggio, Il Cortile della Farmacia,
25 maggio, Init, Roma Torino TORO Y MOI
26 maggio, Golena San Massimo, 28 maggio, Spazio Si, Bologna
Padova GOTAN PROJECT 29 maggio, Hey Sun! Festival, Padova
14 maggio, Gran Teatro Geox, 30 maggio, Hana-Bi,
ARIEL PINK’S HAUNTED GRAFFITI Padova Marina di Ravenna (RA)
28 maggio, Palazzo del Ghiaccio, 15 maggio, Atlantico Live, Roma 31 maggio, Circolo degli Artisti, Roma
Milano 16 maggio, Alcatraz, Milano
VINICIO CAPOSSELA
BILLY BRAGG 7 maggio, Palais Saint-Vincent,
11 maggio, Circolo degli Artisti, Roma St.Vincent (AO)
12 maggio, Spazio211, Torino 10-11 maggio, Teatro Verdi, Firenze
13 maggio, Bronson, 13 maggio, Teatro Ventidio Basso,
Madonna dell’Albero (RA) Ascoli Piceno
14 maggio, Teatro delle Muse, 16 maggio, Teatro Piccolo Regio
Ancona Puccini, Torino
16 maggio, Camera del Lavoro, 21-22 maggio, Teatro degli
Milano Arcimboldi, Milano
17 maggio, Teatro De André, 27 maggio, Auditorium Conciliazione,
Reggio Emilia Roma
18 maggio, Auditorium Flog, Firenze
WOMBATS
BLANK DOGS 25 maggio, Circolo degli Artisti, Roma
18 maggio, Spazio211, Torino 26 maggio, Tunnel, Milano
19 maggio, Vinile 45, Brescia
ATTENZIONE: LE DATE POTREBBERO
SUBIRE VARIAZIONI
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STORIEDIR’N’R
The Ballad Of Billy The Kid
di Alberto Crespi
Billy Joel
ILMUCCHIOSELVAGGIO
APPROFONDIMENTI
D
urante un viaggio negli Stati Uniti, mi sono recato a vedere la
tomba di Billy The Kid. Sta in un buco nel deserto, su un’ansa
del fiume Pecos: Fort Sumner, New Mexico. Non è una meta
che vi consiglierei: il luogo è sperduto anche oggi, figurarsi nel
1881 quando Billy vi trovò la morte per mano del vecchio amico
THEBALLADOFBILLYTHEKID
Pat Garrett, diventato sceriffo della contea di Lincoln. Potete comun- Da una città conosciuta come Wheeling, West Virginia
que farvi fotografare accanto a una sagoma a grandezza naturale del Venne un ragazzo con una sei colpi in mano
Kid, e osservare con un pizzico di commozione una piccola lapide E la sua temeraria vita criminale
che potrebbe anche essere falsa. Chissà dove l’avranno seppellito, Fece di lui una leggenda del suo tempo
quel povero ragazzo, dopo averlo fatto fuori. A Est e a Ovest del Rio Grande
Vi racconto questa visita “turistica” sui luoghi di Billy The Kid perché
Billy Joel non ne sapeva molto più di me, quando scrisse The Ballad Cominciò con una banca in Colorado
Of Billy The Kid. La compose durante il suo primo viaggio da New Nascondeva una Colt nella tasca della canottiera
York alla California, e si sente (uscì sull’album Piano Man, del ’73). È La sua età e la sua statura
forse la canzone più storicamente falsa mai dedicata a un perso- Colsero il cassiere di sorpresa
naggio realmente esistito, l’opposto della filologia applicata da Ry E dovunque si cominciò a parlare di Billy The Kid
Cooder a Jesse James, di cui abbiamo parlato un mese fa. Ma il new-
yorkese Joel era affascinato dai paesaggi e dai colori dell’Ovest e lo Viaggiava sempre leggero
confessa con grande onestà: durante i concerti, spesso introduce il E viaggiava sempre solo
Fece arrossire molti pistoleri più anziani
pezzo dicendo più o meno “ogni verso è una bugia, ma dovete imma-
Non ebbe mai un’innamorata
ginarla come se fosse un film western”. Molto sincero. E molto azzec-
E non ebbe mai una casa
cato, perché il cinema ha raccontato la storia di Billy The Kid molte Ma i cowboys e i padroni dei ranch conoscevano il suo nome
volte e quasi sempre in modo simile a Billy Joel, che è talmente cine-
matografico nella sua narrazione da chiamare il cimitero “boothill”, La sua strada era segnata dalle rapine,
alla lettera “collina degli stivali”. Gergo da pistoleri. dallo Utah all’Oklahoma
La legge non riusciva a catturarlo
Sono numerosi, i film sul Kid. Quello che meno si allontana dalla E questo aiutò la sua leggenda
realtà storica è Pat Garrett e Billy The Kid di Sam Peckinpah (1973), Perché la gente amava raccontare
a noi molto caro perché Peckinpah è il nume tutelare del Mucchio Di quella volta che Billy the Kid venne in città
e perché nella colonna sonora di Bob Dylan spicca quel gioiello
che è Knockin’ On Heaven’s Door (per la cronaca Peckinpah non la Un freddo giorno una pattuglia catturò Billy
voleva, quella canzone: troppo bella e orecchiabile, temeva che la E il giudice disse, “impiccatelo per quello che ha fatto!”
gente uscisse dai cinema canticchiando “knock knock knockin’…” I cowboys e le loro famiglie
e dimenticandosi della pellicola). Altri film romanzano la storia Entravano in città come un fiume in piena
del Kid in modo surreale e almeno uno va citato, perché fa il paio Per guardare l’impiccagione di Billy the Kid
con il brano di Joel. Furia selvaggia, di Arthur Penn (1958), trasfor-
ma l’amicizia fra Billy e Garrett in un rapporto edipico, distan- Viaggiava sempre leggero
ziando molto l’età dei due (in realtà Garrett aveva solo nove anni E viaggiava sempre solo
più del bandito) e facendo di Billy un disadattato con una deva- Fece arrossire molti pistoleri più anziani
Non ebbe mai un’innamorata
stante omosessualità latente. È tratto da un dramma di Gore
Ma alla fine trovò una casa
Vidal ed è il chiaro esempio di come il West, riscritto dagli intel-
Sulla collina degli stivali, nella tomba che porta il suo nome
lettuali del New England (Penn era di Filadelfia, Vidal - rampollo
di una famiglia di politicanti democratici - è nato addirittura a Da una città conosciuta come Oyster Bay, Long Island
West Point), diventi un luogo di sfrenate fantasie. Billy Joel si Venne un ragazzo con una sei colpi in mano
muove in questa direzione. Il suo “western” racconta favole - o E la sua temeraria vita criminale
balle, fate voi - fin dal primo verso: il Kid non veniva da Wheeling, Fece di lui una leggenda del suo tempo
West Virginia, ma secondo le fonti più accreditate era nato addi- A Est e ad Ovest del Rio Grande
rittura a Manhattan. In vita non fu affatto una leggenda (lo diven-
ne dopo la morte, grazie a un libro scritto… da Garrett!), non vide
forse mai il Rio Grande e non rapinò mai banche, né in Colorado
né altrove. Non era un fuorilegge come i fratelli James: era un Anche il vero nome di Billy è avvolto nella leggenda. Oggi la tesi più
cowboy e un pistolero coinvolto in una faida fra allevatori che si accreditata sostiene si chiamasse Henry McCarthy, ma per anni
contendevano il controllo dei pascoli. Joel accenna però ad un William Bonney era sembrato il nome più verosimile. Sicuramente
episodio vero, che c’è in tutti i film. Il 13 maggio 1881 Billy, cattu- non si chiamava Bill Harrigan come lo ribattezza Jorge Luis Borges
rato poche settimane prima, doveva essere impiccato a Lincoln e in un breve, folgorante racconto incluso in Storia universale dell’infa-
la sua esecuzione si stava trasformando in un grande show (mica mia. La parte più bella del testo di Borges è il finale, dove il cadave-
li abbiamo inventati noi, i reality!). Veniva gente da tutta la contea re di Billy viene rasato, ben vestito ed esposto nella vetrina di un
e Billy trascorreva l’attesa giocando a carte con i due vice di negozio, come un trofeo. Nel West simili sconcezze accadevano (ne
Garrett, James Bell e Robert Ollinger. Un complice gli lasciò una abbiamo parlato a proposito degli Eagles e dei fratelli Dalton, ricor-
pistola in una latrina, lui la recuperò, uccise i due vice-sceriffi e se date?) ma non a Billy, anche perché negozi, a Fort Sumner, non ce
ne andò fra gli applausi della popolazione. A questo si riferisce la n’erano. Avrei potuto raccontarvi la storia di Billy The Kid partendo
strofa che recita “Well, one cold day a posse captured Billy / And the da uno dei pezzi inclusi da Dylan nella sua colonna sonora, ma la
judge said, “String ‘im up for what he did!” / And the cowboys and verità è che aveva ragione John Ford: quando la realtà contraddice la
their kin / Like the sea came pourin’ in / To watch the hangin’ of Billy leggenda, stampate la leggenda. E nella canzone di Billy Joel, come
the Kid”. Qui la storia, cacciata dalla porta, rientra dalla finestra. nel racconto di Borges e nel film di Penn, c’è la leggenda.
75
DANGERMOUSE
DANIELELUPPI
ROME
EMI
ta qui da noi negli anni 60 e 70, e complessa sul piano logistico,
dato che il progetto comportava il trasferimento a Roma per regi-
strare al celebre Forum di Piazza Euclide (studio cofondato da
Ennio Morricone), il coinvolgimento di vecchie glorie locali (dal
soprano Edda Dell’Orso, che aveva preso parte a Il buono, il brut-
Pur nella consapevolezza di quanta to e il cattivo, ai Marc 4, fino ai Cantori Moderni di Alessandro
gente bizzarra circoli per il mondo, è dif- Alessandroni) e il non facile reperimento degli strumenti vintage
ficile credere che qualcuno possa disco- indispensabili per il suono “giusto”, catturato dal vivo su nastro
noscere la centralità di Brian Joseph rinunciando a qualsivoglia apparecchiatura elettronica con-
Burton - alias Danger Mouse - nel pano- temporanea. Roma caput mundi, dunque, con l’unica motivo di
rama musicale dell’ultima decina d’anni. disappunto - ininfluente per i risultati, ma non per l’aura romanti-
Il The Grey Album del quale tanto si ca nella quale si crogiola tutta l’operazione - che Jack White e
discusse quando la Rete era relativa- Norah Jones, i due ospiti speciali ai quali è stato affidato il ruolo
mente giovane, il popolarissimo duo di cantanti solisti, non si siano spostati all’ombra del Colosseo
Gnarls Barkley allestito con Cee-Lo ma abbiano inciso le loro parti a Nashville e Los Angeles.
Green, i bei sodalizi con MF Doom (The Mouse And The Mask), Organizzato come soundtrack anche se il film che dovrebbe accom-
James Mercer (Broken Bells) e Sparklehorse (Dark Night Of The pagnare - un western fra dramma e sentimento, piace ipotizzare -
Soul) e il lavoro in console per - fra gli altri - Gorillaz, The Good The esiste solo nelle menti di Burton e Luppi, cioè con tema introdutti-
Bad & The Queen, Black Keys, Beck e U2 provano al di là di ogni vo, canzone di grande impatto per i titoli di coda e interludi stru-
ragionevole dubbio come il quasi trentaquattrenne newyorkese - mentali/corali a dividere i vari altri episodi con Norah Jones e Jack
produttore, manipolatore, autore - sia uno dei principali fulcri attor- White, Rome è concentrato in appena trentacinque minuti di trame
no ai quali ruota quel moderno pop-rock che sa conciliare ricerca e morbide e avvolgenti, ora piuttosto eteree, ora pervase di una solen-
accessibilità, raffinatezza e successo commerciale su vasta scala, nità misurata che non sconfina mai nella grandeur. È un album di
amore per il passato e propensione al futuro. Niente male per uno chiaroscuri, di suggestioni lievi ma profonde, di visioni che non
che, alla fine dei 90, si esibiva come DJ indossando una maschera sempre viene istintivo associare all’immaginario della Città Eterna -
da topo perché troppo timido per mostrarsi in pubblico. del resto, come identificare un solo immaginario di una metropoli
Da professionista impegnatissimo quale chiaramente è, nonché con quasi tre millenni di Storia? - ma che non difettano certo di godi-
da artista abituato a operare dosando amore e perfezionismo, bilità e di efficacia estetica. Il tutto, comunque, in equilibrio fra rigo-
Burton ha avuto bisogno di quasi un lustro per concretizzare in re filologico e quella sensibilità pop dalla quale Danger Mouse non
via definitiva l’idea maturata ancor prima a seguito della sintonia può prescindere: a scanso di equivoci, non si tratta di un disco per
instauratasi con il compositore, arrangiatore e orchestratore ita- cultori come potrebbe esserlo uno di John Zorn, bensì di un “pro-
liano Daniele Luppi, attivo in America nell’ambito delle colonne dotto” destinato a incuriosire e quindi a far parlare moltissimo di sé
sonore ma anche “fiancheggiatore” di star del pop (ad esempio a livello mediatico, oltre che a finire nelle playlist di tutte le radio del
John Legend, Mike Patton e Soulsavers, oltre allo stesso Danger mondo. Su queste pagine, per pieno convincimento e non per timo-
Mouse). Un’idea ambiziosa, legata al comune desiderio di rende- re di prendere una posizione, non ci si arrocca assieme agli snob ma
re omaggio alla tradizione della grande musica per il cinema crea- ci si tiene un po’ ai margini della schiera - che sarà molto folta,
vedrete! - di quelli che gridano al capolavoro, come probabilmente
facevano prima ancora di ascoltarne una singola nota perché am-
Brani: maliati dal “concetto” e dalla sua coolness. Ma che la (nemmeno
The Rose With A Broken Neck, Two Against One, tanto) strana coppia abbia realizzato qualcosa di sensato, di otti-
The World mamente confezionato e di bello è impossibile da negare.
Federico Guglielmi / * * *
Altri tre dischi:
Air, Moon Safari; Zero 7, When It Falls; Stereolab, Cobra
And Phases Group Play Voltage In The Milky Night. ●● inascoltabile ● prescindibile
* ascoltabile ** apprezzabile *** adorabile **** formidabile ***** imperdibile
ILMUCCHIOSELVAGGIO
RECENSIONI
TVONTHERADIO
NINE TYPES OF LIGHT
FLEETFOXES
HELPLESSNESS BLUES
Interscope/Universal Bella Union/Universal
Con Desperate Youth, Blood Thirsty Babes Ascoltando il debutto omonimo dei Fleet
del 2004 si sono fatti conoscere dopo Foxes ci si ritrovava catapultati in un
l’esordio autoprodotto OK Calculator, mondo incantato e onirico, quasi magi-
che strizzava un occhio post-moderno ai co nel suo rifarsi tanto alla West Coast
Radiohead. Con Return To Cookie Moun- dei 60 quanto, ancor di più, a melodie
tain e Dear Science si sono poi rivelati ancestrali tipicamente britanniche; allo
una delle formazioni più originali dello stesso modo, il suo inaspettato succes-
scorso decennio, sebbene il bagaglio del- so sembrava più una favola che il frutto
le influenze abbia sempre evidenziato le- di logiche di mercato. Anche i sogni mi-
gami con maestri della contaminazione gliori, però, prima o poi devono finire, e
come Peter Gabriel o Talking Heads. Al quinto album, è difficile sta- la realtà torna a farsi sotto. E, nel caso specifico, le pressioni sia inter-
bilire cosa aspettarsi dai TV On The Radio, se uno stravolgimento di ne che autoimposte rischiano di rendere un’impresa tutt’altro che
formule ormai rodate oppure un’ennesima conferma di stile. Regi- agevole dar seguito a un esordio tanto brillante.
strato a Los Angeles, Nine Types Of Light sfiora entrambi gli obiettivi Frutto di un lungo periodo di dubbi, ripensamenti, ripartenze e crisi,
incrementando il tasso pop - parla chiaro il grazioso singolo apripi- Helplessness Blues è, fin dal titolo, un lavoro molto più personale: più
sta Will Do, love song superbamente interpretata da Tunde Adebim- diretto nelle parole e nelle melodie, più intenso e se vogliamo più
pe - e ribadendo un’indiscussa perizia nella resa formale dei brani. ambizioso, come ben testimoniano le due mini suite contenute al
Archiviati senza troppi rimpianti i progetti paralleli di David Andrew suo interno, The Plains/Bitter Dancer e The Shrine/An Argument. E se
Sitek e Kyp Malone, rispettivamente Maximum Balloon e Rain in quest’ultima gli echi della tradizione albionica sono ancora forti,
Machine, il ritorno della band newyorkese manca forse di un’im- nel resto della scaletta l’inglesità è rappresentata da rimandi a un folk
pronta di fondo ben precisa - anzi, l’eterogeneità è assecondata in più deviante e freak, mentre a mantenere saldo il legame con la terra
tutto e per tutto - ma non perde in riconoscibilità ed estrema piace- di origine pensa un ricorso costante alle armonizzazioni a quattro
volezza. Le rivoluzioni, del resto, non sono necessarie quando le sod- voci - inconfondibile marchio di fabbrica dell’ensemble di Seattle -
disfazioni abbondano: dai cambi di direzione dell’orecchiabile che molto deve alla lezione di CSNY. Inoltre, l’ingresso in formazio-
Second Song, che trova spazio per fiati spumeggianti, ai sei minuti e ne del multistrumentista Morgan Henderson (già nei Blood Bro-
passa della pastorale Killer Crane, che ingloba banjo, piano, mello- thers) ha portato a un ampliamento delle soluzioni a disposizione
tron e archi. Le melodie, dolci e suadenti, sono in bella mostra nelle della band, che ora pare più sicura che mai nel tessere arazzi acu-
ballate Keep Your Heart, You e Forgotten. I groove sintetici rendono stici tanto avvincenti nella loro classicità quanto ricchi di sfumature
contemporaneo un bagaglio black che parte da Prince per lambire gli elettriche e scarti avventurosi (influssi orientali, rumorismi free
Gnarls Barkley: accade nel dance-funk claustrofobico di No Future jazz). Solido nella scrittura, impeccabile nell’esecuzione ed emoti-
Shock e nell’incalzante New Cannonball Blues. L’art-rock è infine vamente profondissimo, Helplessness Blues è dunque un album
rispolverato con Repetition e Caffeinated Consciousness, prossime ai meno sorprendente e più terreno del predecessore, ma nell’insieme
concittadini Liars. Raggi di musica mai così solare e immediata altrettanto riuscito. Perché alle volte la vita sa essere bella quasi
potrebbero aprire un varco per la definitiva, ampia consacrazione. come un sogno.
Elena Raugei / * * * Aurelio Pasini / * * * *
Brani: You, Will Do, New Cannonball Blues. Brani: The Shrine/An Argument, Montezuma, Helplessness Blues.
Altri tre dischi: TV On The Radio, Dear Science; Gnarls Barkley, Altri tre dischi: Roy Harper, Flat Baroque And Berserk; CSN&Y,
The Odd Couple; Peter Gabriel, Security. Dèjà vu; Simon And Garfunkel, Parsley, Sage, Rosemary…
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BOOKERT.JONES
THE ROAD FROM MEMPHIS
MICKHARVEY
SKETCHES FROM…
Anti/Self Mute/Self
Cazzi tuoi se hai composto lo strumen- Non è troppo tardi per raccontarsi in
tale più celebre della storia e per di più a prima persona. Ecco cosa deve aver pen-
diciassette anni: quanto combinerai do- sato Mick Harvey, mai cimentatosi con
po risulterà al confronto, nel sentire co- un album composto in toto da pezzi
mune, di scarsa rilevanza. Solo che Boo- autografi. Trentasei anni al fianco di Nick
ker T. Jones di cose in vita sua ne ha Cave - nei Birthday Party e soprattutto
combinate così tante, sebbene quasi tut- nei Bad Seeds, abbandonati nel 2009 -
te qualche decennio fa, che a raccontarle non si dimenticano facilmente, ma le
ci vorrebbero molte pagine. E figurereb- esperienze rilevanti proseguono con col-
be nella lista dei protagonisti maggiori laborazioni e produzioni per nomi come
del rhythm’n’blues persino se non avesse scritto, ormai quasi mezzo Anita Lane o Rowland S. Howard. Lasciando perdere band minori e
secolo fa, Green Onions. Erano i suoi MGs (combinazione di talenti varie colonne sonore, il polistrumentista australiano aveva in realtà
incredibile, con Steve Cropper alla chitarra e la sezione ritmica insie- già pubblicato dischi solistici: Intoxicated Man e Pink Elephants erano
me più solida e swingante che si ricordi) a creare il canone Stax per però riservati ad adattamenti in inglese di brani di Serge Gainsbourg,
quanto attiene la parte strumentale e sempre loro a fare da backing mentre One Man’s Treasure e Two Of Diamonds puntavano prevalen-
band in un numero pazzesco di classici del soul. Facevano sfracelli temente su cover assortite o pezzi altrui.
nelle classifiche sia in proprio che conto terzi e tuttavia al loro scio- Proprio la dipartita dell’amico Howard ha fornito la spinta decisiva
glimento il leader non si perdeva d’animo. Sua nel 1971 la produ- per il concetto alla base di Sketches From The Book Of The Dead, ovve-
zione di una pietra miliare quale Just As I Am di Bill Withers, suoi in ro raccogliere una serie di canzoni, composte dal 2007 a oggi, che
quel decennio alcuni apprezzabili lp con la moglie Priscilla Coolidge. vertessero sulle vicende e sui ricordi di persone care purtroppo
Chilometrico preambolo per dire che no, The Road From Memphis scomparse. Logico, quindi, pensare agli storyteller di area folk-blues,
non regala una nuova Green Onions, ma sarebbe stato folle atten- ad antesignani della narrazione in note come Johnny Cash, il solito
dersela. Il massimo che gli si poteva chiedere era di replicare la di- Cave o il nostro De André, ma anche a PJ Harvey, che ha per l’ap-
screta riuscita di quel Potato Hole che, nel 2009, riportava il nome punto richiamato Mick, sia in studio sia in tour, per l’ultimo Let
del Nostro sul frontespizio di un album a ventuno anni dall’ultima England Shake, incentrato sul tema della guerra. Le dieci tracce in
prova da solista. Il nuovo disco prova a fare di più, di meglio: non scaletta scorrono bene all’interno di un lavoro coeso sotto ogni
limitarsi alla solita collezione di siglette marchiate da quell’inconfon- aspetto, sobrio negli arrangiamenti tra elettriche e acustiche, confi-
dibile suono di Hammond ma provare a punteggiarla di canzoni. denziale in cantati espressivi ma al contempo misurati: niente stupi-
Controindicazione: la dinoccolata Progress (cantata da Jim James dei sce mandando al tappeto, niente risulta fuori posto o in eccesso.
My Morning Jacket), l’ammiccante Representing Memphis (duetto fra L’unica accelerata arriva con la conclusiva Famous Last Words e si fini-
Matt Berninger e Sharon Jones) e la crepuscolare The Bronx (inter- sce per avvicinarsi a colleghi come John Parish o Hugo Race, ovvero
pretata da Lou Reed) finiscono per sopravanzare di troppo un resto ottimi artigiani che faticano a piazzare il colpo davvero vincente. Una
di programma in cui pure i Roots riescono nel miracolo di non far sorta di Antologia di Spoon River trasposta nella terra dei canguri e
rimpiangere gli MGs. aggiornata a un cantautorato colto, elegante, maturo.
Eddy Cilìa / * * Elena Raugei / * *
Brani: Progress, Representing Memphis, The Bronx. Brani: Rhymeless, Frankie T And Frankie C, How Would I…
Altri tre dischi: Bar-Kays, Soul Finger; Booker T. & The MGs, The Altri tre dischi: Nick Cave, Murder Ballads; John Parish; Once
Best Of; John Legend & The Roots, Wake Up!. Upon…; Fabrizio De André, Non al denaro, non all’amore…
RIPESCAGGI
VINICIUS CANTUARIA & BILL FRISELL
Dischi “recenti” non recensiti e meritevoli di recupero
volta non è una pedissequa rivisitazione della bossa
Lagrimas Mexicanas (Naïve/Self) nova cara a entrambi, piuttosto l’allargamento verso
Ecco il classico esempio di cecità e indolenza dei di- altre fascinose coordinate: lo ribadisce l’uso precipuo
scografici: proposto con garbo a un paio di major con della lingua spagnola da parte di Cantuária, che risul-
altrettanti secchi rifiuti, questo disco rappresenta una ta legato a Frisell da uno stile allo strumento talmen-
delle cose più godibili di questa prima parte dell’an- te personale da risultare inimitabile. Essenziale e deli-
no. Era già capitato che Cantuária e Frisell incrocias- cato, il dialogo sviluppa le sue peculiarità nelle pre-
sero i loro destini, per uno dei progetti più sperimen- ziose sfumature timbriche di Mi declaracion, El cami-
tali - The Intercontinentals, 2003 - del chitarrista di Baltimora, no o Lagrimas de Amor per il deliquio dei tanti amanti della sei
del quale è notoria la predilezione per le coordinate di altri uni- corde, fin troppo scoraggiati dai pattern supersonici di inutile
versi sonori. E anche questa volta è centro pieno, grazie a un abbondanza che è facile riscontrare altrove. Se è vero che il
lavoro perfettamente calibrato dalla prima all’ultima nota, in meno è spesso il meglio, qui la comunicativa è talmente ipnoti-
cui i due hanno condiviso la scelta del repertorio che per una ca da risultare superlativa. Vittorio Pio
ILMUCCHIOSELVAGGIO
RECENSIONI
FEELIES
HERE BEFORE
OKKERVILRIVER
I AM VERY FAR
Bar None Jagjaguwar/Goodfellas
Vent’anni dopo, rieccoli. Nella prima La dimostrazione concreta, gli Okkervil
strofa del primo pezzo del nuovo album River, di come la Giustizia non sia di que-
dei Feelies, quinto in totale della loro di- sto mondo. Con una discografia sempli-
scografia, ci si chiede retoricamente “is it cemente perfetta, nella quale brilla un
too late / to do it again” e la risposta di capolavoro come Black Sheep Boy e a cui
tutti noi, orfani del gruppo dal 1991 di fanno da eccellente corollario sia Don’t
Time For A Witness, non può che essere Fall In Love… che The Stage Names, ci si
“state scherzando? suonate quelle chi- attenderebbe che il culto per Will Sheff e
tarre e non smettete più”. Perché le chi- i suoi amici texani fosse interplanetario.
tarre in quel modo le suonano solo loro. E, invece, classifiche di vendita non ne
Le riconosci dai primi accordi, e quando ti rendi conto che, sì sono scalano e i consensi (che, per fortuna, non mancano) provengono da
davvero tornati, sono proprio i Feelies, non puoi fare a meno di sor- una schiera di aficionados che per loro si getterebbe nel fuoco. Le
ridere come un bambino a cui hanno riportato il suo palloncino. cose, però, rischiano di cambiare con un disco che, pur rimanendo
Vent’anni dopo. Oddio, non proprio, visto che la reunion sul palco opera costruita su strutture decisamente semplici, sorprende per
era già avvenuta tre anni fa. Da vera all american band, avevano scel- alcune aperture (se non proprio solari, quanto meno non dedite all’e-
to il 4 luglio del 2008 per ripresentarsi in pubblico nella formazione saltazione della misantropia) che potrebbero non rimanere esclusivo
(semi) originale, sempre la stessa da The Good Earth in poi: i due appannaggio dei soliti pochi.
capitani alle sei corde, Bill Million e Glenn Mercer, la bassista Brenda Di sofferenza, comunque, se ne trova molta in questo I Am Very Far,
Sauter, il batterista Stanley Demeski e il percussionista Dave We- non fosse altro per la sua gestazione: trascorso il 2008 a comporre
ckerman. Sapere però che qualche yankee fortunato poteva goderse- per altri colleghi - dai New Pornographers a Norah Jones, senza
li di nuovo dal vivo non ci bastava. Così come non era sufficiente il dimenticare l’impegno dell’anno successivo come backing band
disco solistico di Mercer. Ci voleva un album nuovo, ed eccolo qui. Il di Roky Erickson, su disco e dal vivo, Sheff si è isolato nel New
fan dentro di noi vorrebbe gridare al capolavoro e non può, perché Hampshire per riscoprire quella deliziosa sensazione che solo il
non siamo più nel 1986 e in fondo si tratta solo di una vecchia, glo- silenzio riesce a trasmettere. Sorta di eremitaggio 2.0, il ritiro ha pro-
riosa guitar band che si limita a fare (benissimo) quel che faceva in dotto una ventina di composizioni (undici quelle selezionate) che
gioventù, senza inventarsi nulla. Tutto già sentito, d’accordo, per un verso esaltano il suo atteggiamento da crooner battezzato alla
però… che meraviglia, quegli arabeschi di note, quel jingle jangle fonte del soul (Piratess, Lay Of The Last Survivor, We Need A Myth),
sotto codeina, quegli intrecci di chitarra da Television un po’ sec- per altro rimandano a orchestrazioni quasi sfarzose, perse nella fre-
chioni e imbranati, quelle melodie pigre nelle quali ti aspetti sem- nesia del momento (Rider, eseguita con sette chitarre e due batterie)
pre di sentir spuntare Lou Reed che canta What Goes On. A parte e a una parvenza di folk pastorale che sfocia in ballate languide e not-
qualche accelerazione quasi garage, mancano gli spigoli vivi e il turne (Hanging From A Hit, Show Yourself). La meta, per gli Okkervil
nervosismo wave degli esordi, ma la pura, semplice, classica bel- River, dopo sei album, rimane ancora un’incognita; ci basta, però,
lezza di queste canzoni è più che sufficiente. No, ragazzi, non è sapere che viene inseguita con lo scintillio di un bagliore che conti-
affatto “too late”: do it again. nua a fare sogni di bassa fedeltà.
Carlo Bordone / * * * Gabriele Pescatore / * * * *
Brani: Nobody Knows, When You Know, Here Before. Brani: Hanging From A Hit, Lay Of The Last…, Show Yourself.
Altri tre dischi: Cowboy Feelies, The Good Earth; Eleventh Altri tre dischi: Arab Strap, Philophobia; Built To Spill, Perfect
Dream Day, Riot Now!; Luna, Penthouse. From Now On; Bright Eyes, Fevers And Mirrors.
Brani: Dazzing Blue, Love And Hard Times, Questions For... Brani: Every Part Of Me, This City, Lonely Are The Free.
Altri tre dischi: Stewart Copeland, The Rhythmatist; Scritti Po- Altri tre dischi: John Mellencamp, Life Death… J. T. Earle, Har-
litti, White Bread Black Beer; Paul Simon, Graceland. lem River Blues; Townes Van Zandt, Live At The Old Quarter.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
RECENSIONI
BILLWELLS&AIDANMOFFAT
EVERYTHING’S GETTING OLDER
BUDDYMILLER
THE MAJESTIC SILVER STRINGS
Chemikal Underground/Audioglobe New West/IRD
La storia di questo disco ha avuto ini- Otto album (un paio co-intestati alla
zio otto anni fa, con la partecipazione moglie Julie) in sedici anni: non tantissi-
di Bill Wells alle registrazioni di mo per uno che ha debuttato da solista
Monday At The Hug & Pint degli Arab quarantatreenne e che avrebbe dovuto
Strap, e l’avvio di una collaborazione di avere una gran fretta di recuperare il
costui con Aidan Moffat, in un primo tempo perduto. Fatto è che di tempo
momento concretizzatasi nella sola (If questo maestro di Americana non ne ha
You) Keep Me In My Heart. La messa a mai perso. Vita pienissima la sua e già
punto di un album vero e proprio si è prima del ’95, quando si limitava a pre-
trascinata per tutto questo tempo, e stare ad altri le sue molteplici abilità di
viene facile ironizzare sul titolo scelto per la raccolta, Everything’s cantante e compositore, chitarrista, bassista e produttore: all’amico
Getting Older, tutto sta invecchiando. Non le canzoni, maturate tra Jim Lauderdale come a Heather Myles o a Victoria Williams e soprat-
una pausa e l’altra dei rispettivi impegni e felicemente svincolate tutto a Emmylou Harris, di cui è da tre lustri il braccio destro e nel
da qualsiasi fretta di vedere la luce: il tempo ha giocato a loro favo- frattempo ha collaborato pure con Steve Earle, con le Dixie Chicks,
re. Il polistrumentista Wells è attivo da una ventina d’anni, non con Jimmie Dale Gilmore, con… scommettiamo che senza averci
solo nell’ambito del jazz meno ortodosso ma anche in quello del- fatto caso potreste avere nella vostra collezione almeno un disco in
l’indie-rock (Pastels e Isobel Campbell, tra gli altri), e il suo ecletti- cui costui figura e in un ruolo importante? L’ultimo Robert Plant,
smo spiega, almeno in parte, la facilità con cui le partiture escogi- Band Of Joy, di cui firmava pochi mesi fa la regia. Musicista per musi-
tate per questo disco si saldano con la voce di Moffat. Ma anche cisti molto stimato e con un sacco di amici, Miller per questo suo
qui, come negli Arab Strap, l’intesa sembra nascere soprattutto dai nuovo album in proprio che formalmente si faceva attendere da sette
contrasti, sebbene l’ex frontman del duo scozzese assecondi il più anni (lo squisito Written In Chalk, del 2009, è un progetto diviso con
possibile la propria idea di cantante confidenziale. la talentuosa consorte) ha convocato un autentico Dream Team della
Al di là della insinuante Glasgow Jubilee (“We could all be dead chitarra a stelle e strisce. Rullo di tamburi, prego…
tomorrow / Said the whore to the hero”, incipit formidabile), più elet- Greg Leisz! Marc Ribot!! Bill Frisell!!! Ed è tutto… oro quello che
tronica e urbana, gran parte della scaletta prevede pianoforti, fiati fanno rilucere queste maestose corde d’argento? All’incirca, fra l’altro
e qualche occasionale ritmo sintetico, offrendo ballate dalle parole con la complicità di ugole più o meno al pari dotate e oltre a Julie ed
affilate e compassionevoli proprio come la voce di chi le declama Emmylou non si possono non segnalare Patty Griffin e Chocolate
(le incantevoli Ballad Of The Bastard, The Copper Top, la solenne e Genius, Lee Ann Womack e Shawn Colvin. Ma non distragga l’altiso-
quasi chiesastica The Sadness In Your Life Will Slowly Fade, The nanza dei nomi dalla solidità di un programma principalmente a
Greatest Story Ever Told), ma anche audio-racconti dall’inquietudine base di classici del country cui si aggiungono alcuni originali in stile.
palpabile (Dinner Time, poche note di piano, un contrabbasso, sini- Disco di classe e sentimento con apici in una No Good Lover che spu-
stri ronzii di fondo). Un disco toccante, ispirato quanto le migliori meggia di blues e di gospel, in una romantica quanto sensuale I
uscite a nome Arab Strap. Un nuovo sodalizio, un nuovo equilibrio, Want To Be With You Always, in una Why I’m Walkin’ da Johnny Cash
una alchimia che ritorna con nuove sembianze. al top, nell’onirica Return To Me.
Alessandro Besselva Averame / * * * Eddy Cilìa / * * *
Brani: Ballad Of The Bastard, Glasgow Jubilee, The Sadness In… Brani: No Good Lover, I Want To Be…, Why I’m Walkin’.
Altri tre dischi: Arab Strap, Philophobia; The The, Soul Mining; Altri tre dischi: Elvis Costello, Almost Blue; Bill Frisell, Nashville;
Tindersticks, Tindersticks. Robert Plant & Alison Krauss, Raising Sand.
BEASTIEBOYS
HOT SAUCE COMMITTEE PT. 2
TAMIKREST
TOUMASTIN
Parlophone/EMI Glitterhouse/Venus
Il disco della guarigione. Speriamo lo sia E tre. Poco più di dodici mesi fa i
per Adam Yauch, e se sentite un tono Tamikrest pubblicavano il loro album di
non certo e non trionfante ora vi spie- debutto, Adagh. Pochi mesi dopo parte-
gheremo perché. Ma, stando alla musi- cipavano, in veste di backing band, a
ca, è il disco della guarigione dopo quel- BKO dei Dirtmusic. Ora danno alle
la ciofeca di To The 5 Boroughs, che non stampe un secondo album, Toumastin,
è stato stroncato quanto meritava (ed è attestato di una maturazione espressiva
stato stroncato molto!) perché, insom- che, pur essendo avvenuta sotto lo
ma, pareva impossibile che i Beastie sguardo attento di Chris Eckman, pro-
Boys avessero realizzato un album così duttore di tutti e tre i dischi, ha nondi-
brutto, così musicalmente plasticoso. Con Hot Sauce Committee, e i meno un che di entusiasmante. Il leader della formazione, Ousmane
brani fatti circolare come assaggio lo facevano subodorare, c’è un Ag Mossa, ha appena venticinque anni, ma è già riuscito a smarcar-
convinto ritorno alle sonorità di Check Your Head. Ok, non c’è più l’ef- si dall’ombra dei maestri Tinariwen, inglobando tutto ciò che è
fetto-sorpresa, come ascoltatori siamo tutti più sgamati e abbiamo riuscito a captare in un paio d’anni di continuative frequentazioni
imparato (negli anni, e in primis grazie ai Beasties) che l’hip hop può occidentali, aggiungendo spunti a un background extra-africano fino
essere una forma felicemente mutante e non ci rovesciamo più sulla a quel momento costituito dall’ascolto di cassette di Dire Straits e
sedia dallo stupore, ma comunque è sempre un gran bell’ascoltare. Bob Marley. C’è più varietà nella coloritura nelle canzoni, e il ritmo
Vedi, ad esempio, la fantastica Too Many Rappers, con l’illustre ospi- inconfondibile della musica Tamashek (il galoppo del calabash, le
tata di Nas, o le saporitissime stranezze di Crazy Ass Shit, o la solidi- chitarre in levare, un basso con senso del groove geneticamente
tà funk di Nonstop Disco Powerpack. È rispettata la quota minima sin- incorporato) si sposa naturalmente ad atmosfere psichedeliche ad
dacale di strumentali (Multilateral Nuclear Disarmament) e di svisate ampio raggio, a base di spazi sconfinati, riverberi e chitarre wah wah.
punk (Lee Majors Come Again), valide entrambe. Accettabile la devia- Una particolare attenzione viene riservata al suono della voce umana
zione dub-caraibica figliata dall’incontro con Santigold (Don’t Play (priva di accompagnamento strumentale, è l’unico ingrediente di
No Game That I Can’t Win). Insomma, ci siamo. E ci siamo anche nei Tizarate, breve frammento in apertura), che in un pezzo come
testi, acuti e semplici insieme come abitudine della casa. Ciò che Addektegh assume addirittura risonanze Sixties. Più in generale, si
invece onestamente stringe il cuore, e torniamo così a quanto si percepisce una diffusa dilatazione degli spazi, evidente pure negli
accennava all’inizio, è lo stato della voce di Yauch: la malattia, spe- accenti dub del basso. Dicevamo della varietà: al passo a rotta di
riamo passata, si sente tutta. Le soluzioni di mixaggio delle parti collo di Aratan N Tinariwen si alterna l’acustica Addektegh, uno stru-
canore paiono infatti un compromesso - accettabile - per maschera- mentale i cui intrecci di chitarre paiono presi di peso da un disco
re le debolezze delle corde vocali che non una precisa scelta artistica degli Amon Düül II, mentre Tidit (con un’ospite d’eccezione alle
(un suono strano, nebbioso, non solo megafonato ma anche più tastiere, Chris Cacavas) getta ponti verso più acidi e californiani
riverberato). Onestamente, la cosa mette un po’ a disagio. Ma loro deserti. L’unico tentativo di scrivere all’occidentale, intitolato Dihad
stessi sarebbero i primi a chiederci di scherzarci su o al massimo di Tedoun Itran e messo in fondo alla scaletta, è solo un buon pezzo
non pensarci, no? d’atmosfera. È il resto che viaggia a otto miglia d’altezza.
Damir Ivic / * * * Alessandro Besselva Averame / * * * *
Brani: Too Many Rappers, Crazy Ass Shit, Lee Major Comes Again. Brani: Fassous Tarahnet, Addektegh, Aratan N Tinariwen.
Altri tre dischi: Beastie Boys, Check Your Head; Beastie Boys, Altri tre dischi: Tinariwen, Aman Iman; Ali Farka Touré, The
Paul’s Boutique; Beastie Boys, Ill Communication. River; Amon Düül II, Yeti.
RETROSPETTIVAMENTE
SCRITTI POLITTI
Quando è tempo di raccogliere
ce datate 2010 (Day Late And A Dollar Short e A Place
Absolute (EMI) We Both Belong), ha da poco provveduto Absolute,
Una storia atipica, quella degli Scritti Politti del cantan- viaggio in diciotto brani che comprende un po’ tutti i
te e autore Green Gartside. A partire dal nome, una successi (mai clamorosi ma comunque ampi, sia in Gran
storpiatura - volta a facilitare la pronuncia agli anglofo- Bretagna che negli Stati Uniti), la title track del singolo
ni - degli Scritti politici di Antonio Gramsci, per arrivare d’esordio di cui sopra e altri momenti rilevanti di una
allo stile musicale, evolutosi dall’originario avant-punk carriera giocata fra pop di classe, soul, (molto) vaghi
a un sofisticato pop da classifica, fino all’incostanza di umori new wave e, nei tardi anni 90, anche hip hop, il
un’attività che dal 1978 - quando uscì il primo 7”ep au- tutto sospeso fra eleganza e malinconia, facile appeal e
toprodotto, Skank Bloc Bologna - ha trovato documentazione ap- tentazioni mai sopite di ricerca. Curiose le presenze di ospiti come
pena in cinque veri album. A riassumere la vicenda, lasciando fuori Shabba Ranks in She’s A Woman e addirittura, in Oh Patti (Don’t
il materiale dell’ultimo lavoro (White Bread Black Beer, edito dalla Feel Sorry For Loverboy), di Miles Davis, che nel suo Tutu del 1986
Rough Trade nel 2006) ma includendo in compenso due nuove trac- aveva interpretato la loro Perfect Way. Federico Guglielmi
ILMUCCHIOSELVAGGIO
RECENSIONI
JESSESYKES
MARBLE SON
EMA
PAST LIFE MARTYRED SAINTS
Fargo/Self Souterrain Transmissions/Self
Sono alcuni indizi a chiarire la svolta Parafrasando un grande filosofo del
inscenata da questa cantautrice di Seat- passato (Chuck Berry): don’t judge a
tle e dall’ensemble - The Sweet Hereaf- record by looking at the cover. La coper-
ter - da lei guidato con Phil Wandscher, tina di questo esordio di Erika M
ex chitarrista dei Whiskeytown. In primis Anderson (da cui l’acronimo EMA) è
il contributo del duo al meraviglioso terrificante, roba da brutti dischi post-
Outside Love dei Pink Mountaintops e, grunge del ’96. Non è solo un fatto
prima, la The Sinking Belle intonata da estetico: è proprio che un’immagine
Jesse in Altar, collaborazione tra i loro così cafona rischia di dare un’idea del
amici Sunn0))) e i Boris; poi, l’aver con- tutto sballata della musica. Non siamo
diviso palchi con Black Mountain ed Earth; infine, l’essersi fatti cari- infatti al cospetto di un’emula di terza generazione di Courtney
co della produzione e aver concesso spazio allo strumento e alla Love, bensì di una voce forte e nuova, interessante persino per il
penna di Phil. Scriviamo svolta, ma sarebbe più corretto parlare di un fin troppo affollato panorama del cantautorato “strano” al femmi-
progressivo emergere di influenze maturato un album dopo l’altro, nile. La ragazza, se anche non si può definire originale in senso
accompagnato dalla parallela acquisizione di coscienza verso il pro- assoluto, è sorretta da una notevole dose di personalità e ispira-
prio talento. Se di americana avevamo sin qui discusso, era infatti nei zione. E anche di notevole sprezzo del pericolo: il suo primo sin-
termini di un’interpretazione “gotica” del filone, di una sorta di ver- golo Grey Ship abbina un drammatico pezzo di sette minuti che
sione “mistica” dei Walkabouts o un’ipotesi di Tarnation terrigni. parla di funerali vichinghi - lo stesso che apre l’album - a una ver-
Tutto ciò è stato dispiegato con dovizia di particolari in tre pregevoli sione di diciassette minuti (!) di Kind Hearted Woman di Robert
lavori, ora superati da un personale recupero della psichedelia, affi- Johnson. Diciamo che la nostra EMA non è una che ha in mente
dato a trame dilatate e ispessite, all’esecuzione competente e appas- le classifiche e le rotazioni dei network radiofonici, ecco.
sionata, a una sei corde acida (Pleasuring The Divine, Your Own Kind) Obiettivi che peraltro, considerata l’impostazione sonora dell’album,
che guadagna il proscenio mentre country (Servant Of Our Vision, ci paiono impossibili da raggiungere a prescindere dai minutaggi.
Wooden Roses) e folk (il brano omonimo, la più cupa Birds Of Part Life Martyred Saints porta a un livello ulteriore di intensità il
Passerine) grondano estatico rapimento. Avviene negli otto tumul- drone-folk con venature elettroniche dei Gowns, il duo formato con
tuosi, esaltanti minuti della Hushed By Devotion coraggiosamente Ezra Buchla che qualche anno fa fece drizzare qualche orecchio tra la
collocata in apertura e nel prosieguo di un’opera in cui la complessi- critica con l’album Red Stale. Si prendano le prime PJ Harvey e Cat
tà non scade nell’autocompiacimento e la scrittura brilla per costan- Power, si immergano in una cisterna di feedback e riverberi, e le si tiri
za d’ispirazione; dove Wandscher, la Sykes mai così padrona delle su: ecco, quella appesa ai ganci è EMA. Come valore aggiunto c’è un
corde vocali e i compagni d’avventura gettano ponti tra la San insistente aroma di bassa fedeltà noise-psichedelica, da under-
Francisco dei Sixties, l’Inghilterra dei primi 70 e un sincretico qui e ground anni Novanta, che mi ha ricordato un personaggio dimenti-
ora che fonde ogni cosa. E che consegna un gioiello di fascino pros- catissimo come Azalia Snail. E già solo il fatto di avermi dato la pos-
simo all’indicibile, futuro disco di culto se per i dischi di culto vi fosse sibilità di citare le parole “Azalia Snail” in una recensione conferisce
ancora spazio. punti in più alla ragazza. Una da ascoltare con attenzione.
Giancarlo Turra / * * * * Carlo Bordone / * * *
Brani: Hushed By Devotion, Servant Of…, Birds Of Passerine. Brani: The Grey Ship, Anteroom, Coda.
Altri tre dischi: Serpent Power, Serpent Power; Opal, Happy Altri tre dischi: Cat Power, What Would The Community Think;
Nightmare Baby; Pink Mountaintops, Outside Love. Carla Bozulich, Evangelista; Azalia Snail, Burnt Sienna.
DANIELESILVESTRI
S.C.O.T.C.H.
J.ROCC
SOME COLD ROCK STUF
Sony Stones Throw/Goodfellas
La capacità di rimanere in equilibrio fra Ai non addetti alle faccende di hip hop (e
sentimento e ironia, senza bruciarsi, è per addetti alle faccende intendiamo
un dono di pochi. Nella musica italiana, quelli veramente appassionati), il nome
di pochissimi: si rischia sempre di sci- J.Rocc dirà poco o nulla. Ma per una
volare nel melenso o nella celebre ristretta nicchia questo nome è dio, o
“retorica dell’antiretorica”. In un perio- giù di lì: si tratta infatti di uno dei più
do fosco come questo, in cui ogni gior- venerati turntablist a livello mondiale,
no leggiamo notizie pubbliche e private uno di quelli guardati con deferenza
al di là dell’immaginazione (e spesso quasi religiosa da chiunque sia impela-
ciò che non leggiamo è peggio), lo gato in faccende di scratch, beat jug-
S.C.O.T.C.H. di Daniele Silvestri è indispensabile. Si trema e si ade- gling et similia. È lui che fondò la leggendaria crew Beat Junkies
risce, ci si commuove, anche, quando le parole toccano il tasto del- ancora nel 1992, ma è anche lui che accompagnava (qua pure un po’
l’amore asciutto, privo di lacrime e pieno di estasi, oppure vanno di lettori del Mucchio drizzeranno le orecchie) Madlib e Jay Dee nel
dalle parti del civile, assieme a Niccolò Fabi (Sornione), o ancora progetto Jaylib come membro aggiunto della faccenda.
decidono, senza troppe cortesie, di affrontare il quotidiano in Ora: negli anni, con rare eccezioni, i dischi dei mostri sacri del turn-
maniera narrativa, quasi cinematografica (Cos’è ’sta storia qua) e di tablism sono sempre stati dei pallosissimi capolavori, nel senso che
raccontare debolezze in maniera scanzonata e pienamente roman- c’erano sì dei virtuosismi tecnici spaventosi, ma erano percepibili
tica (Ma che discorsi). Silvestri non vive sulla Luna: ha partecipato a solo da chi conosceva i ferri e i trucchi del mestiere; per gli altri, solo
diversi Festival di Sanremo, non fa esercizi troppo vistosi di appar- del caos con giusto qualche sprazzo intelligibile e quindi interessan-
tenenza, ma svolge egregiamente il suo lavoro. te. Some Cold Rock Stuf vivaddio infrange questa fastidiosa regola:
Un lavoro, quello di chi scrive canzoni, e magari le suona pure, che del turntablism non ci sono più di tanto le tecniche, quanto piuttosto
sconfina nell’arte quando il rapporto fra musica e verso si fa memo- il modo di pensare la musica, ovvero il modo in cui sono accumulati
rabile. Bene, qui ci sono almeno un pugno di occasioni in cui acca- ed assemblati i campionamenti. Il risultato finale è un vero avanza-
de, citate poco sopra, oltre a una Questo paese impreziosita dal pia- mento dell’hip hop così come possono esserlo i dischi di Flying Lotus,
noforte di Stefano Bollani (nel cd ci sono pure Peppe Servillo, Pino ma in questo caso senza l’aiuto di software e dintorni, o di Madlib, e
Marino, Andrea Camilleri, Bunna) e alla cover di Io non mi sento ita- qua con meno ego da rapper e più, invece, funk da dj che conosce a
liano di Gaber, presa, come si potrebbe dire, alla lettera. Il tono è menadito la cultura black e non solo. A impreziosire il tutto ci sono
sommesso ma non vacuo, qua e là divertito (c’è Gino Paoli, chia- addirittura alcune frizzanti e oblique parentesi psichedeliche, e quel-
mato in causa ne La Chatta), spesso sconfortato ma non arreso. le (insieme a svariatissimi altri elementi) fanno pensare che pure un
L’altra faccia di un album del genere, ci permettiamo, è il Sogno ere- ascoltatore di stretta osservanza rock potrebbe trovare questo lavoro
tico di Caparezza: di fronte al disastro, lui e Silvestri reagiscono saporito: le parentesi in questione sono ancora più presenti nel cd-
senza pianti, ma con stile. Uno stile che negli anni ha reso il can- bonus, fatto di quasi-frammenti senza titolo ma non per questo
tautore romano integro e ben coeso a se stesso. Merito di un col- senza fascino e senza qualità. Per i già convertiti alla causa della
lante parecchio più saldo di quello che trovate negli ipermercati. Stones Throw, il disco è imprescindibile.
John Vignola / * * * Damir Ivic / * * *
Brani: Sornione, Ma che discorsi, Questo paese. Brani: Stay Fresh, Chasing The Sun, Malcolm Was Here.
Altri tre dischi: Caparezza, Sogno eretico; Francesco De Grego- Altri tre dischi: Dj Shadow, Endtroducing; Dj Food, Kaleidosco-
ri, Titanic; Giorgio Gaber, Far finta di essere sani. pe; Rob Swift, Wargames.
L’UNIONE FA LA FORZA
ERIK SATIE & LES NOUVEAUX JEUNES
Compilation e tributi
prendendo spunto da quella “musica da tappezzeria”
(Arbouse Recordings) che contribuì a far salire agli onori delle cronache il
Le influenze di Erik Satie, è un dato di fatto inconfuta- compositore francese. Tra i tanti, i post-rocker Eluvium e
bile, sono andate ben oltre i confini della musica classi- il krauto Robert Lippok (che accantona i To Rococo Rot
ca. È dal 1925, l’anno della sua morte, che numerosi con- e si accompagna a Beatrice Martini), Max Richter e i
tinuano ad omaggiarlo o, più semplicemente, a dar Minotaur Shock, i Pan American al fianco di Dustin
conto nelle loro opere del debito che pagano nei con- O’Halloran, i Library Tapes (segnatevi questo nome, ne
fronti di uno dei più geniali compositori moderni. Al tri- sentiremo parlare), Sylvain Chauveau e Rachel Grimes la
buto non poteva rimanere insensibile la scena indipendente che, cui attitudine pianistica viene esaltata in Gnossiene N° 2 e
per merito dell’etichetta Arbouse (con buona pace della locuzio- Gnossiene N° 3, due composizioni tanto emozionanti quanto ete-
ne nemo profeta in patria…), raccoglie una ventina di nomi da ree. Qualcuno prova a sporcare quelle armonie di elettronica; altri
tutti gli angoli del mondo (Berlino, Londra, Chicago, ovviamente (i più) eseguono, per pianoforte solo, suoni che erano, sono e
Parigi) che interpretano, rielaborano, destrutturano, inventano saranno senza tempo. Gabriele Pescatore
ILMUCCHIOSELVAGGIO
RECENSIONI
THISWILLDESTROYYOU
TUNNEL BLANKET
LEISURESOCIETY
INTO THE MURKY WATER
Monotreme/Goodfellas Full Time Hobby/Self
Di fronte alle immagini del recente, de- “Qualora decidessero di sporcarsi un po’
vastante tsunami che ha colpito le coste più le mani, potrebbero fare ancora
giapponesi, mi domandavo quale avreb- meglio”. Concludevamo grosso modo
be potuto essere - in vece delle infauste così, su queste stesse pagine, la recen-
banalità pronunciate dal giornalista di sione del primo album dei Leisure
turno - la colonna sonora per una cala- Society, The Sleeper. E, in un certo senso,
mità di tale portata. Sono rimasto per abbiamo visto giusto; perché, con l’ec-
qualche giorno senza risposta fino a che cezione di un paio di passaggi, la com-
mi è capitato di ascoltare il secondo al- pagine inglese le mani non se le è spor-
bum dei This Will Destroy You e ho tro- cate, e - forse proprio per tale ragione -
vato la risposta: Tunnel Blanket. O, meglio, ogni singolo brano degli tutto considerato Into The Murky Water non è migliore del predeces-
otto che compongono Tunnel Blanket, a partire dall’epico quarto sore. Non è però neppure da considerarsi come un passo indietro:
d’ora dell’iniziale Little Smoke che con sé porta l’Apocalisse: arriva, se infatti al suo interno non vi è una nuova The Last Of The Melting
esattamente, allo scoccare del terzo minuto - dopo che il solenne Snow (del resto una canzone così intensa non la si scrive certo ogni
incipit si è consumato attorno a frammenti di rumore bianco trattato giorno), la qualità media delle composizioni rimane comunque alta,
come solo gli architetti delle perfette geometrie sanno costruire - e allo stesso modo in cui arrangiamenti e soluzioni sonore continua-
furiosa, con un muro di suono d’inimmaginabili proporzioni, travol- no a colpire per freschezza e leggerezza, pur essendo frutto di un
ge tutto ciò che ad essa si contrappone per scomparire nel nulla con notevole lavoro di incastri e stratificazioni.
la stessa lacerante rapidità. Glass Realms e Communal Blood, che Se insomma le coordinate di massima sono sempre le medesime -
seguono, si attestano su di una circolare magniloquenza fatta di ri- in sintesi: un arioso folk-pop costruito sugli intrecci di plettri, tasti,
verberi alternati a silenzi, incroci di percussioni (ora lente, ora molto archi, cori e flauto - qualcosa è comunque cambiato: quello che era
più aggressive) e un senso di glaciale oscurità che contagia ogni par- nato come un progetto in studio ora è una band a tutti gli effetti, forte
ticella nell’arco di considerevoli distanze. Non c’è redenzione, in que- di una buona esperienza live e di conseguenza maggiormente sicu-
sti strumentali, perché si osa ma non si pecca: semplicemente, si ra di sé. Lo dimostrano, tanto per non fare che qualche esempio, la
gettano le basi per quelle che saranno le Tavole sulle quali costruire title track, con il suo sovrapporsi di violini e marimbas e un exotico
il post post-rock: sinuosa elettricità (Killed The Lord…), infinita quiete inserto operistico, così come i solari riflessi dixieland di Better Writ-
(Black Dunes), glaciali conati di misericordia (Powdered Hand). ten Off (Than Written Down) e il progressivo rischiararsi della con-
Nel 2008, chiudendo la recensione di This Will Destroy You, con- clusiva Just Like The Knife. Difficile, nell’insieme, trovare punti deboli
fessavo che quello, con ogni probabilità, sarebbe stato il mio in un programma che include tanto la malinconia avvolgente di Our
disco dell’anno. Oggi, a meno dell’uscita da qui alla fine del 2011 Heart Burn Like Damp Matches e Although We Are All Lost quanto le
di imprescindibili pietre miliari, ho impressione che a contendere spumeggianti You Could Keep Me Talking e Dust On The Dancefloor,
il podio a Tunnel Blanket potrà essere esclusivamente Josh T. la corale This Phantom Life e la tristallegra I Shall Forever Remain An
Pearson. Che, al pari verosimilmente, si dovrà accontentare del Amateur. Tanto che, ascolto dopo ascolto, la distanza col debutto
gradino appena inferiore. finisce per ridursi progressivamente, fino quasi ad annullarsi.
Gabriele Pescatore / * * * * * Aurelio Pasini / * * *
Brani: Little Smoke, Communal Blood, Black Dunes. Brani: This Phantom Life, Our Hearts…, You Could Keep Me…
Altri tre dischi: Explosions In The Sky, Those Who…, Mogwai, Altri tre dischi: Noah And The Whale, Peaceful…; Mumford &
Hardcore Will Never Die…, Mono, Hymn To The Immortal Wind. Sons, Sigh No More; Laura Marling, I Speak Because I Can.
85
GUILLEMOTS AMON TOBIN RAVEONETTES
WALK THE RIVER ISAM RAVEN IN THE GRAVE
Polydor/Universal Ninja Tune/Family Affair ADA/Audioglobe
Una storia di alti e bassi, quella dei Guil- Forse il passo più lungo della gamba. Quello che ha sempre bloccato i Raveo-
lemots. Se Through The Windowpane era più Parliamo di un fuoriclasse, sia chiaro, e se nettes è la mancanza di personalità: non
che promettente, grazie a rara grazia melo- non ci provano i fuoriclasse allora chi dia- un problema da poco, ne converrete. La
dica e arrangiamenti coloratissimi, Red volo dovrebbe farlo, giusto? Ma forse sta- carriera dei danesi è stata un lunghissimo
inciampava in pompose arie melò e caoti- volta Amon Tobin ha preteso troppo: più déjà-ecoutèe: “Questo riff è proprio…”,
che ibridazioni di genere. Tralasciando il che da se stesso, da noi ascoltatori. Quello “Certo che questa voce…”. In anni in cui
pop omologato di Fly Yellow Moon, firmato di Isam, infatti, è un ascolto un po’ fatico- molti gruppi razziavano il repertorio dei
dal solo Fyfe Dangerfield. Il terzo Walk The so e soprattutto poco appassionante. Non Jesus & Mary Chain, i Raveonettes lottava-
River dovrebbe rimettere le cose al posto ha il furore metallico del precedente, bel- no per motivare il credito guadagnato con
giusto, con un’ora abbondante di musica lissimo Foley Room, ché ci sono molte più prove sì carine - come Chain Gang Of Love
articolata in dodici brani stratificati a indica- note e suoni intelleggibili, ma ne ha tutta- - ma poco efficaci sulla lunga distanza.
re ambizione e desiderio di collegarsi agli via lo stesso disinteresse per un anda- Hanno provato a mettere in gioco il
albori. Collegamento che funge con una title mento che sia melodicamente e armonica- r’n’r degli anni Cinquanta ma, oltre a un
track cantautorale o la straniante Vermillion, mente fluido e sensuale. Il risultato quindi paio di singoli, non sono mai riusciti a tira-
ma i difetti riaffiorano con ballate sovracca- rimane a metà del guado. Né la felice e re la graffiata definitiva. Ecco perché l’at-
riche (I Don’t Feel Amazing Now), sound FM folle sampladelia dei suoi primi lavori, né tacco di Recharge & Revolt cerca di mettere
(Ice Room) e flirt banalotti con gli anni 80 l’essere feroce e immaginifica macchina subito le cose in chiaro: il suono è quello,
(The Basket). La sintesi avrebbe poi giovato, da guerra ritmica. Di sicuro questo non è ma adesso ci si concentra sulle canzoni e
dato che le estenuanti Sometimes I Remem- un album confezionato in pochi giorni di sull’effetto che riescono a dare. Unendo ai
ber Wrong e Yesterday Is Dead reclamerebbe- lavoro, e che Tobin c’abbia pensato, lavo- fratelli Reid, l’epica “cinematografica”
ro l’uso delle forbici. Anziché porsi al fianco rato e rilavorato su è evidente. Ecco, pro- degli My Bloody Valentine, Sharin Foo e
di alchimisti sopra le righe, la band britanni- babilmente c’ha pensato e lavorato troppo: Sune Wagner scrivono un piccolo gioiello
ca ha imboccato una strada sempre più un disco talmente mentale da risultare far- pop che da solo alza il valore di un album,
patinata e magniloquente che, complice il raginoso là dove vorrebbe essere diverten- Raven In The Grave, che cerca di essere
cantato in falsetto, richiama adesso Cold- te, accartocciato là dove vorrebbe essere una ricapitolazione e tentativo di anda-
play, Muse e a sprazzi persino Keane. Il acrobatico, scontato là dove vorrebbe re oltre. Rallentando dove necessario
talento ci sarebbe, per cui non resta che essere maestoso. Perché due stelle, allo- (Summer Moon, molto Damon & Naomi),
sedersi sulla riva del fiume e aspettare ra? Rimane comunque un disco ambizio- sporcando qui e là (Evil Seeds) e cercando
un’inversione di corrente, una definitiva so e decisamente fuori dal mucchio, quali- di far capire che sotto la patina e la bella
resurrezione. tà oggi ancora più preziose che in passato. presenza può esserci molto di più.
Elena Raugei / * * Damir Ivic / * * Hamilton Santià / * *
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LESTELLEDELMUCCHIO
gp
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TV ON THE RADIO - Nine Types Of Light (682) ** * *** ** ** *** ** *** ***
FLEET FOXES - Helplessness Blues (682) ** **** ** ** **** *** ** ****
MICK HARVEY - Sketches From The Book Of The Dead (682) *** *** ** ** **
BILL WELLS & AIDAN MOFFAT - Everything’s Getting… (682) *** ** ** *** ** ** **
TAMIKREST - Toumastin (682) **** *** *** *** *
STROKES - Angles (681) • * * * * *** * *
MARTA SUI TUBI - Carne con gli occhi (681) ** * ** ** ** ***
ELBOW - Build A Rocket Boys (681) *** *** *** *** *** *** **
CAT’S EYES - Cat’s Eyes (681) ** *** *** *** *** ** ** **
DENNIS COFFEY - Dennis Coffey (681) **** *** *** *** *** ** *
RADIOHEAD - The King Of Limbs (681) *** * **** *** ** *** ** *** ***
LOW - C’Mon (681) **** ** **** ** ***** *** *** ****
BILL CALLAHAN - Apocalypse (681) *** *** *** ** *** ** ** **
HOWE GELB - Alegrias (681) ** ** *** ** ***
MARIPOSA - Semmay semiplay (681) *** *** ** *** **** ***
EXPLOSIONS IN THE SKY - Take Care Take Care Take Care (681) *** *** ** *** ** **
DEVOTCHKA - 100 Lovers (681) ** * ** ** ** ** *
KILLS - Blood Pressures (681) * ** ** ** ** *
SUBSONICA - Eden (680) * ** * ** * • * **
R.E.M. - Collapse Into Now (680) *** ** ** * ** ** * *
MARCO PARENTE - La riproduzione dei fiori (680) **** ** *** **** ***
CESARE BASILE - Sette pietre per tenere… (680) **** *** *** *** *** ***
BRIGHT EYES - The People’s Key (680) * * * * * * ** *
L’ALTRA - Telepathic (680) *** ** ** ** ** *** ** *
J. MASCIS - Several Shades Of Why (680) *** ** *** ** **** ** **
JOSH T. PEARSON - Last Of The Country Gentlemen (680) ** *** ** **** ** ***
JAMES BLAKE - James Blake (680) * *** *** *** *** **** **
PJ HARVEY - Let England Shake (679) *** *** **** **** ** **** *** ***** ****
MAURO ERMANNO GIOVANARDI - Ho sognato troppo… (679) **** *** *** ****
AKRON/FAMILY - S/T II: The Cosmic Birth… (679) ** *** ** *** * *** *
ANNA CALVI - Anna Calvi (679) *** *** *** *** *** *** ** **** **
A HAWK AND A HACKSAW - Cervantine (679) *** * ** ** ** ** * ** •
ARBOURETUM - The Gathering (679) ** *** ** ** ** *** ** ***
DIRTBOMBS - Party Store (679) *** ** *** ** *** ** *** **
TWILIGHT SINGERS - Dynamite Steps (679) *** *** * ** * *** **
PAOLO BENVEGNÙ - Hermann (679) **** ** *** *** ***
FAUST - Something Dirty (679) *** ** *** *** ** * **
LOW ANTHEM - Smart Flesh (679) *** *** ** *** ** *
MOGWAI - Hardcore Will Never Die, But You Will (679) *** *** *** *** *** *** **
SOCIAL DISTORTION - Hard Times & Nursery Rhymes (678) ** *** **** ** ** ** ** **
MARIANNE FAITHFULL - Horses And High Heels (678) ** *** ** ** ** ***
CRISTINA DONÀ - Torno a casa a piedi (678) *** ** *** **** ***
JOAN AS POLICE WOMAN - The Deep Field (678) ** ** *** *** ** *** ****
24 GRANA - La stessa barca (678) ** ** * ** ** ** **
JOHN VANDERSLICE - White Wilderness (678) *** ** *** *** ** *
QUIET SUN S
e non credete agli elfi, ai draghi e al Prog, se Santo Graal è
una parolaccia che suscita istinti omicidi e la copertina di
Tarkus vi perseguita negli incubi peggiori, allora gli anni 70
possono essere per voi una buona riserva di caccia.
Tenetevi lontani dai luoghi comuni, prendete le strade
meno battute e levate lo sguardo al cielo, a cercare angoli di fir-
mamento dalle insolite fatte e colorazioni. A un certo punto,
appena oltre la costellazione di Canterbury, potrebbe apparirvi un
Mammaera
asteroide che per spontanea associazione di immagini colleghe-
rete alla Tour Eiffel. Hermés, si chiama quell’asteroide, enorme e
rossastro nel cielo di una Parigi lontana nel tempo - potrebbe
essere l’inizio del Novecento. Che ci fa Hermés sopra Parigi? E
come ci è arrivato? E sappiamo qualcosa dei suoi abitanti, che
unasteroide
mandarono flebili segnali solo in un paio d’occasioni e comun-
que non più dal 1975?
(papàunutensile
ottimo trascurato 33 giri di tempi lontani. L’album è il primo (l’u-
nico) di una mai considerata band, Quiet Sun, che Phil Man-
zanera coltivò in due diversi momenti della sua vita: quando era
giovane rampante psichedelico e ancora non aveva deciso cosa
fare da grande (1969-71) e quando appena più in là era diventato
dacucina)
una rockstar con i Roxy Music (1975) e cercava una via di uscita
alla routine del successo o forse una scusa di buona musica per
lavarsi la coscienza. Nel cd che finalmente ho tra le mani c’è tutta
la storia, parte 1 e parte 2: i sette brani dell’album che una sussi-
diaria della Island, la Help, pubblicò nel 1975 e quattro demo della
ILMUCCHIOSELVAGGIO
APPROFONDIMENTI
stagione precedente, quando Manzanera e i chitarrista tra i migliori della sua generazione;
suoi cercavano invano di emergere nei tempe- e il bello è che i suoi discografici erano diven-
stosi flutti della scena londinese di inizio 70. Di tati quelli della Island, i medesimi cioè che
più: ci sono la testimonianza di Nigel Soper, il sdegnosamente avevano rifiutato i Quiet Sun.
grafico che si inventò Hermés e quella leggen- Così fu facile consumare la vendetta. Quando
daria copertina, un ricco archivio di recensioni a Manzanera venne chiesto un album solisti-
e note d’epoca (inversamente proporzionale co, per fare pendant con quelli di Ferry e Eno
alle vendite del long playing) e una traccia di già usciti, lui rispose assolutamente sì ma pre-
talking history in cui Manzanera da grande rico- tese di infilare nei giorni di registrazione an-
struisce la vicenda, paranoie & fastidi & sasso- che la vecchia calpestata band. Non uno ma
lini nelle scarpe included. due, quindi, prendere o lasciare. Alla Island
presero. Il chitarrista prenotò gli studi dell’eti-
Per dir le cose fin dall’inizio, c’era una band che chetta per tutto il mese di gennaio 1975 e con
si chiamava Pooh & the Ostrich Feather nei amici vecchi e nuovi registrò due album, il più
sobborghi di Londra, anno 1967. Erano “i Grateful Dead di poppeggiante Diamond Head (gran bel disco peraltro) e lo spe-
Dulwich”, se riesco a scriverlo senza un accesso di riso, e pastic- rimentale cocciuto fuori fuori Mainstream, a nome Quiet Sun.
ciavano quanti più progressismi senza troppa fortuna, nella La formazione era la stessa della prima ora con la sola aggiun-
scena minore appena dopo il beat. Durarono fin verso il 1969, ta di Eno, “synthesizer, treatments & oblique strategies”; e tutti
guidati da un giovane Phil Manzanera che ancora si faceva chia- contribuivano a dovere, come un vero collettivo, due pezzi
mare come da anagrafe (Philip Targett-Adams) e armeggiava una Manzanera, due Jarrett e Hayward e uno solo McCormick però
improbabile Hofner Galaxie. I Pooh atterrarono nel 1969 dopo un irresistibile, a cominciare dal titolo: Mummy Was An Asteroid,
traballante volo di cui nessuno si era accorto e Manzanera anzi- Daddy Was A Small Non-Stick Kitchen Utensil.
ché ritirarsi pensò di alzare la posta, fondando un nuovo gruppo
con il compagno Pooh Bill McCormick (basso), l’amico Charles Vendetta, cocciutaggine, ma anche smania creativa. Manzanera
Hayward (percussioni) e un insegnante di matematica versato in in quei giorni era un vulcano di idee, venerava una sua specie di
tastiere acustiche ed elettriche, Dave Jarrett. Presero nome Quiet jazz rock patafisico, sentiva ribollire il sangue latino e non solo,
Sun e io per anni ho pensato, facendo due più due con l’asteroi- con i Roxy aveva appreso le più subdole arti del pop, Eno lo gui-
de famoso di copertina, che fosse chissà quale riferimento astro- dava per la terra incognita dell’elettronica e Wyatt come Astolfo
nomico. Macché, aprendo il fascicolo del cd c’è una foto d’epoca lo portava sulla moon (in june) in cerca di inafferrabili chimere.
che spiega tutto: un giovane Manzanera sdraiato su un divano e Se Diamond Head era un credibile mix in forma di prodotto
sopra la scritta “Quiet Son”. Arieccoci, ancora nel grande campo commercialmente appealing, Mainstream era un’altra somma
delle storpiature: Quiet Son-Quiet Sun come Soft Machine- possibile, più libera e imprevedibile, una storta radice canter-
Machine Molle-Matching Mole buryana proprio quando stava per esaurirsi quella bellissima
fioritura. È un album che si ascolta ancora oggi con piacere, sia
McCormick era amico di Robert Wyatt, Manzanera cominciò a quando il discorso lo conduce il leader con la sua inebriata chi-
frequentarlo e la musica dei Quiet Sun virò subito da quelle tarra sia quando prendono il sopravvento le tastiere dell’incon-
parti, nel senso di Soft Machine, un elastico rock impiccione tenibile Jarrett; “detriti di una multipla collisione tra elementi di
con ossessivo swing nel DNA - “hot, dark, manic and electrif- Lifetime, Soft Machine, Velvet Underground e una testata
ying” lo avrebbero definito bene a missione compiuta. Ma la nucleare sfuggita al controllo” spiegavano bene le note origina-
missione non era facile e per due anni la band girò a vuoto, per- li, dimenticando peraltro di citare i parenti più stretti, i Caravan,
dendo posizioni anche nella classifica dell’immaginazione; non che balenano in tutto il loro pigro fulgore in un pezzo soprat-
erano più nemmeno “i Grateful Dead di Dulwich”, semmai i tutto, R.F.D. I Caravan e Wyatt, ecco un’altra dimenticanza.
cugini poverissimi dei già poveri Caravan. Molte energie del Robert fu invitato alle sedute e siglò con l’arabesco della sua
periodo vennero spese a cercare un contratto discografico, voce la commovente Frontera, uno dei pezzi-chiave di Diamond
come testimoniato da un carteggio riportato nel solito libretto. Head; peccato che non sia rimasto un’oretta in più a ricamare
La CBS e la Liberty risposero no, la Warner fu possibilista, la anche Rongwrong, l’unica canzone dei Quiet Sun, il sigillo del-
Island (nella persona di Muff Winwood, fratello del più celebre l’album che Hayward canta non proprio bene. La mancanza è
Steve) aggiunse al rifiuto ironiche considerazioni e Manzanera tanto più struggente perché il clima è quello di Rock Bottom e
se la legò al dito - vedremo tra breve come si vendicò. Alla fine dintorni, e come avrebbe masticato bene quel cherubino capel-
naufragò anche l’ipotesi Warner, e ascoltando il demo prepara- lone certi versi indolenti e surreali: “Ah, se solo sapessi leggere
to per loro e gli altri materiali del periodo non è difficile capire tra le righe / pensa a tutti i tesori che potrei trovare / imparerei
perché; i Quiet Sun suonavano testardo e difficile, erano avanti il segreto della trance e della levitazione / libererei la mia anima
di due-tre anni sui tempi e quell’anticipo sconcertava, con lun- in sei facili lezioni”. Quei versi e altri del genere (“Nel frattem-
ghe tirate strumentali che le formine di genere del periodo non po io me ne resterò a casa / ad ascoltare Schoenberg in bagno
sapevano contenere. Lo scioglimento fu una sconfitta ma per / lasciandoti alla geometria della mia risata) furono istigazione
certi versi una benedizione. Tutti ebbero una promozione - beh, a delinquere per il grafico Nigel Soper, a cui il compito di ren-
non proprio, quasi tutti, perché Jarrett uscì dal giro e andò a fare dere con un’immagine iconica quella strana musica chissà
il mestiere per cui aveva studiato, il professore di matematica. cosa. Fuorviato anch’egli dal nome Quiet Sun, e dalla mamma
Ad ogni modo: McCormick si unì a Wyatt nei Matching Mole, asteroide di quel titolo, Soper rispolverò le sue nozioni di astro-
Hayward fu il batterista di Gong e della Amazing Band di Mal nomia e in un negozietto di libri usati trovò una vecchia illu-
Dean e Manzanera vinse il primo premio della lotteria pescan- strazione di Flammarion a proposito dell’asteroide Hermés,
do il biglietto dei Roxy Music, con Bryan Ferry giovane e Eno avvistato sopra la Terra circa 1937. Fotografò l’immagine, la
ancora capelluto. Entro due anni dallo scioglimento solare, fine colorò et voilà - ci stava a modino.
1973, il giovane brit-colombiano poteva vantare tre album nei Nessuno ha più sentito parlare di Hermés, e se è per quello nean-
Top 10, compreso Stranded al numero 1, e una meritata fama di che dei Quiet Sun.
99
Palme al vento e cim
L/O/N/G
Gelato alla vaniglia e salsiccee innevate.
Ecco cosa può affiorare nella
mente immaginando una coll bavaresi.
Walkabouts, Chris Eckman, aborazione tra il frontman dei
e il leader dei Tosca, Rupert
a parlare. Fin dalle prime not Huber. Ma è la musica
inusuale, nuovo progetto L/O/N/ e di «American Primitive», l’album di debutto del loro
G, appare chiaro come gli estr
un’entusiasmante ed organica emi si possano
simbiosi tra due persone musica fondere in
Nè folk nè electronica, ma un’ lmente affini.
originalissima compenetrazion
GRCD/LP 717 Out Now Asc e
olta i L/O/N/G su Facebook and di stili.
YouTube
www.longsounds.com
www.glitterhouse.com
Quest’ennesimo “numero” di Classic Rock segna il ritorno di pressoché contemporanea di tre libri sul tema, di dedicare la
uno spazio da due pagine che mancava da parecchi anni, nostra attenzione al cosiddetto hippy-folk fiorito in Gran Bre-
quello della “discografia base”, sorta di versione ridottissima tagna fra gli anni 60 e 70. “Normale”, invece, il resto del pro-
degli elenchi di album fondamentali che da sempre proponia- gramma, come al solito all’insegna della massima varietà: dai
mo sul nostro periodico di approfondimento Mucchio Extra: 50 ai 90 e anche oltre, saltando da un genere all’altro con la
un bignami che, attraverso dieci (più dieci) dischi, suggerisce speranza - anzi, con la certezza - di soddisfare un po’ tutti i
un primo approccio a un fenomeno o stile musicale. Magari gusti… tanto dei semi-neofiti quanto dei più smaliziati.
prima di rivederne una ulteriore dovrete aspettare moltissimo, Buona lettura e buoni ascolti.
o magari no, ma intanto abbiamo pensato, ispirati dall’uscita Federico Guglielmi (MD7213@mclink.it)
101
CLASSICROCK
FATTI
Saints Dirty Water Zen Circus Bo Diddley Delerium Records Thin Lizzy
Queen Soft Machine International Submarine Band Jon Corneal Mission
Ozzy Osbourne
S
ette anni dopo l’uscita australiana arriva in Europa, sempre EMI terzo album degli Zen Circus (oppure il primo e il secondo, volendo
ma a un prezzo assai più invitante, All Times Through Paradise, considerare About Thieves Farmers, Tramps And Policemen, uscito nel
formidabile cofanetto quadruplo dei Saints. Oltre a una gran 1999 a nome The Zen, come una specie di prova generale). Visited By
quantità di rarità, inediti e materiale dal vivo (compreso un con- The Ghost Of Blind Willie Lemon Juice Namington IV (2001) e Doctor
certo londinese del novembre 1977), il box raccoglie i brani dei Seduction (2004) erano da tempo introvabili nelle loro stampe dell’e-
primi tre album della mitica band di Brisbane: (I’m) Stranded del 1977 poca; si attende allora anche il ritorno nei negozi della quarta (o terza?)
(testo sacri del punk, qualitativamente paragonabile ai debutti di Ramo- prova della band pisana, Life And Opinions Of Nello Scarpellini, Gen-
nes, Sex Pistols, Clash e Damned), il più elaborato Eternally Yours (1978) tleman (2005), al momento di ardua reperibilità.
e il successivo, controverso Prehistoric Sounds (sempre 1978), nel quale
il gruppo si era in larga parte affrancato dal sound originario. Si deve alla Hip-O Select/Universal la ripubblicazione di Beach Party, un
live con dieci brani di Bo Diddley - uno degli indiscussi padri del r’n’r
L’etichetta fiorentina Black Candy (distribuita da Audioglobe) ha appe- - incisi durante due concerti tenuti in South Carolina nel giugno 1963
na rimesso in circolazione, in nuove edizioni digipak, il secondo e il (e non 1983, come erroneamente scritto sul retrocopertina). Il vinile
aveva visto la luce, con il marchio Checker, sempre nel 1963.
ALTRA “ACQUA SPORCA”! Attiva dalla fine degli anni 80 fino allo scorso decennio, la Delerium
Come annunciato nell’intervista con il cura- Records è stata una delle etichette che più ha propagandato, nei 90,
tore Kris Needs, pubblicata il mese scorso, la suoni classificabili nell’ambito della psichedelia e dello space-rock. A
Year Zero ha immesso sul mercato il secon- mo’ di parziale ma eloquente documento della bontà del catalogo della
do volume della raccolta Dirty Water, dedi- label britannica fondata da Richard Allen, la Esoteric ha realizzato un
cata alle origini del punk intese in senso più cofanetto di tre compact più libretto informativo, The Last Daze Of The
“attitudinale” che stilistico. Nel doppio cd Underground: più di tre ore e mezza di musica firmata da numerose
sfilano trentanove tracce diversissime fra loro ma (ovviamente) band di culto se non sconosciutissime (con la sola eccezione dei Porcu-
funzionali al discorso “didattico” del giornalista inglese, la cui pine Tree), sia europee che americane: fra queste, Electric Orange, Step-
presenza in scaletta è spiegata nel ricco libretto. Un nuovo, avvin- pes, Praise Space Electric, Mandragora, Dead Flowers e altre, compresi
cente viaggio alle radici del punk, durante il quale si incontra di gli italiani Kryptästhesie. In totale, quarantatré brani.
tutto: da Woody Guthrie a David Bowie, dai Suicide a Dizzy Gil-
lespie, dai Faust ai Doctors Of Madness, da Junior Murvin agli Dopo le antologie di qualche mese fa, la Island/Universal ha posto in
Holy Modal Rounders fino ai Vice Creems dello stesso Needs. commercio le ristampe “deluxe” (quindi, con un secondo cd di rarità:
in questo caso, però, i pezzi sono al massimo sei e non di grande inte-
ILMUCCHIOSELVAGGIO
resse) dei primi cinque album dei Queen di Freddie Mercury e Brian
May: per la precisione, l’esordio omonimo (1973), Queen II (1974), OZZY TRENT’ANNI DOPO
Sheer Heart Attack (1974) e i famosissimi A Night At The Opera (1975) Al di là della sua natura di personaggio con-
e A Day At The Races (1976). Il rock melodrammatico e ridondante del troverso, Ozzy Osbourne è di sicuro una delle
gruppo inglese non è proprio “da Mucchio”, ma questi dischi sono figure-chiave dell’hard-rock. Restano scolpiti
comunque un pezzo di storia. nella Storia soprattutto i suoi anni 70, quando
ha rivestito il ruolo di front-man dei primi, miti-
Prosegue, a cura della Universal, il programma di riedizione “ragionata” ci Black Sabbath, ma anche alcuni episodi
del catalogo dei Thin Lizzy, l’arcinota band hard rock irlandese che fino della sua carriera solistica meritano attenzione.
al 1983 era guidata dal bassista/cantante Phil Lynott. A seguire le tre usci- In particolare, il debutto Blizzard Of Ozz (1980) e il successivo Diary
te dell’autunno 2010 (Thin Lizzy del 1971, Shades Of A Blue Orphanage Of A Madman (1981), in origine editi dalla Jet, sono probabilmen-
del 1972 e, in “deluxe”, Vagabonds Of The Western World del 1973), te i due lavori più amati dai fan del musicista britannico. La
tocca ora alle “deluxe” di tre classici conclamati: il sesto album Jailbreak Epic/Sony li ha ora ristampati entrambi, restaurati e rimasterizzati: il
(1976), il settimo Johnny The Fox (ancora 1976) e il più famoso di tutti, primo impinguato con tre brani aggiunti (un lato B di singolo e due
Live And Dangerous del 1978, il decimo della serie; in quest’ultimo, un inediti), il secondo addirittura con un cd dal vivo - undici pezzi - regi-
paio di outtake del doppio lp e il dvd del concerto, peraltro già edito strato durante il tour del 1980. Per i più assatanati (ehm…), è stato
separatamente, impinguato con altre tracce video. poi realizzato un cofanetto contenente, oltre alle due riedizioni di
cui sopra, le stampe in vinile 180 gr. degli LP dell’epoca, un dvd con
Ristampato dalla Esoteric, con abbondanza di bonus, Alive And Well: un documentario celebrativo e un libro di cento pagine.
Recorded In Paris, penultimo album dei Soft Machine risalente al 1978.
A dispetto del titolo, il disco non è esattamente un live: sulle incisioni di
base, incise in concerto, furono effettuate sovraincisioni decisive.
gruppo, che nella circostanza si destreggia spesso anche alla chitarra,
Gli appassionati di country-rock potrebbero apprezzare il cd assembla- al basso e alla voce.
to dalla SPV/Audioglobe che accoppia due dischi poco noti. Il primo è
Back At Home, frutto dell’effimera reunion datata 1987 - naturalmen- Ripubblicati Edsel/Audioglobe due album “tardi”, e comunque di livello
te senza il leader, scomparso da anni - di quella International Sub- non eccezionale, dei Mission, il gruppo fondato nel 1986 da Wayne
marine Band nella quale si era fatto le ossa il futuro Byrds e Flying Hussey e Craig Adams dopo le loro dimissioni dai Sisters Of Mercy. Si
Burrito Brothers Gram Parsons (il disco era uscito nel 2000 per la Sun- tratta di Neverland (1995) e Blue (1996), arricchiti rispettivamente di un
down); il secondo è And The Orange Blossom Special di Jon Corneal, intero cd (con versioni diverse e rarità) e di due bonus track.
l’unica prova in proprio - autoprodotta nel 1974 - del batterista del Federico Guglielmi
CLASSICROCK PANORAMICA
SUEDE
Una reunion la cui opportunità è ancora tutta da verificare e una serie
di ristampe (molto) arricchite di bonus richiamano l’attenzione sulla
band di Brett Anderson e Bernand Butler. Ne ricordiamo le gesta.
I
nsegnava secoli fa un filosofo
che la storia si ripete. Difficile
smentire l’assioma e a mag-
gior ragione in campo artisti-
co, dove tutto nasce dalla
costante rielaborazione di un già
d e t t o c h e a s s u m e c o l o r i t u re
diverse, pervase dell’epoca in cui
si presenta sotto forme tanto più
convincenti nella loro novità quan-
to più mostrano, orgogliose, le radici.
Non solo gli stili vanno e vengono, ma
pure i gruppi si riformano, anche quel-
li che avrebbero fatto meglio a pensar-
ci su due volte e, del resto, non tutti
sono gli Wire. Ognuno incaselli come
crede la reunion dei Suede, incontratisi
di nuovo nel marzo 2010 - a scopo
benefico: bravi - alla londinese Royal
Albert Hall. Da cosa nasce cosa e, poi-
ché la nostalgia è canaglia, eccoli -
senza Bernard Butler, che si è rifiutato:
bravo - insistere grazie all’imminente
piano di ristampe “espanse” del cata-
logo. Quando questo numero del Muc-
chio sarà nelle vostre mani, mancherà
poco alla breve serie di date che nella
capitale britannica vedranno l’esecu-
zione integrale dei loro primi tre
album. Poi, facilmente, toccherà ai
festival estivi e al resto del mondo.
Chiamale, se vuoi, celebrazioni, e soppesando la carriera solistica del un’inserzione che recapita Bernard Butler, studente di tre primavere più
front-man Brett Anderson e il basso profilo tenuto dagli altri, un giovane del leader. Si battezzano come sappiamo in omaggio al Moz
occhio lo chiudi. Eppure ci fu un’epoca in cui i Suede posero (invo- solista di Suedehead e consumano la gavetta nei locali di Camden Town
lontariamente, inconsapevolmente) le basi del Brit pop e incarnarono con una scalcinata drum machine. Frattanto, Anderson e Butler sco-
quella stagione della vita - romantico e confuso misto di malinconia e prono che è bello scrivere assieme e i risultati non sono male, come
ribellione - chiamata adolescenza. Della quale risvegliarono lo spirito dimostra il demo impostosi in uno spettacolo radiofonico che li segna-
anche nei più cresciuti, in chi scorgeva l’anello mancante tra Ziggy e la alla RML, piccola etichetta di Brighton. Un brano appare in una rac-
gli Smiths apprezzando slancio e ambizione. Erano peraltro lampanti colta di autori vari e le cose divengono più serie: prima a farne le spese
le somiglianze: da un lato il linguacciuto, ambiguo cantore dell’amo- la batteria elettronica, accantonata in favore di Justin Welch, che resta
re ai tempi della suburbia; dall’altro, un chitarrista talentuoso e arran- un paio di mesi. A un altro annuncio risponde - incredibile! - il batteri-
giatore sopraffino. Non potevi non notare, di Brett e Bernard, il dirsi sta degli Smiths, Mike Joyce, col quale i Suede registrano due brani per
opposti che si integravano e quel raccogliere il testimone dai Maestri un 7” su RML. Scontenti, distruggono la quasi totalità delle cinquecen-
Morrissey/Marr e Bowie/Ronson. to copie di Be My God/Art e salutano Joyce, che dà forfait per non sna-
turare la crescita dei ragazzi e fare spazio a Simon Gilbert. In quello
Corre il 1989 quando il ventiduenne Brett Anderson sfacchina con la stesso 1991, Brett caccia la Frischmann (che ora frequenta Damon
fidanzata Justine Frischmann e il bassista amico d’infanzia Mat Osman Albarn dei Blur: riapparirà nelle vacue Elastica) ed è qui che il duo gua-
sul repertorio di Beatles, Smiths e del Duca Bianco. Afferrato che nes- dagna fiducia. Se la chimica creata dal caso funziona, il loro glam-rock
suno ha le capacità per occuparsi della chitarra solista, si affidano a di taglio classico e respiro modernista al momento non incontra: perché
ILMUCCHIOSELVAGGIO
vinca la fame di stampa e pubblico verso Or Blue suggeriscono un plausibile cam-
il loro pop chitarristico affilato e seducen- biamento nella continuità. Che non giun-
te occorre aspettare il gennaio ’92, quan- ge, perché forti del terzo posto in classifi-
do Saul Galpern della Nude (“indie” che ca i Suede fanno tabula rasa annunciando
gode dell’appoggio Sony) avvicina la for- l’ingresso del diciassettenne Richard
mazione con un accordo per due singoli Oakes e un giro concertistico mondiale.
e tremila sterline, accettato al volo. Ad Siamo a inizio 1996, quando a chitarra e
aprile il “Melody Maker” - traino di un tastiere si aggrega anche Neil Codling.
mercato floridissimo ma piccolo, di con- Suscita perplessità che per occupare il
seguenza alla perenne ricerca di novità - ruolo di Butler si ricorra a ben due stru-
li mette in prima pagina come “Miglior mentisti, ciò nonostante la mossa acquista
Band Britannica”. Non un’esagerazione significato con il “difficile terzo album”
quando il riff squadrato e l’innodia del Coming Up, ritorno ai lustrini d’energia e
quarantacinque giri The Drowners si orecchiabilità spinte. Trainato dall’hit
arrampicano al fondo dei Top 50. In set- Trash assicura il successo planetario con
tembre l’irresistibile Metal Mickey tocca godibile ruffianeria e solido mestiere, con
addirittura la diciassettesima piazza, il il fard di Beautiful Ones, Lazy e Filmstar e
contratto viene confermato ricavando le raffinate By The Sea e Picnic By The
totale libertà artistica mentre il cantante Motorway. Si fossero fermati lì…
suscita scalpore definendosi “bisex che Nel momento in cui decennio e Brit pop
non ha mai avuto un’esperienza omosessuale“. Mero colore, se nel feb- camminano verso la conclusione, la discreta antologia di lati B Sci-Fi Lul-
braio ’93 la sensuale e ipnotica Animal Nitrate non irrompesse nei primi labies tampona la separazione con il produttore Ed Buller. Pessima idea,
dieci singoli del Regno Unito; se all’ingessata cerimonia dei “Brit siccome Head Music (supervisionato da Steve Osborne, già con Happy
Awards”, i ragazzi non scioccassero gli astanti e i media preparando il Mondays e New Order) si impantana tra didascalici rock ed elettronica
terreno al debutto su lp. L’attesissimo Suede entra così nelle charts al anni 80 privo di un centro di gravità. Con il modesto Anderson al timo-
numero uno, disco d’oro al secondo giorno che farà successiva incetta ne, l’esplorazione di nuovi territori si trasforma in deriva. Codling salu-
di premi. La critica si spella le mani per questi brividi d’architettura ta e, malgrado la produzione del navigato Stephen Street, A New Mor-
sonora (Butler un magistrale Mick Ronson nato dopo il punk) costruiti ning affonda in un mare di noia. I giochi, manco a dirlo, si chiudono in
su una scrittura traboccante passione e mai succube di evidenti numi grande stile con una maratona di due ore e mezza tenuta a fine 2003
tutelari e la sapiente articolazione dell’insieme. Recuperati i singoli, ci si al London Astoria. Di scarso rilievo il seguito: Brett si riappacifica subi-
appropria del passato tramite una melanconia al contempo teatrale ed to con l’antico sodale formando i Tears, inutile paraculata da un disco
emotiva (cos’è, se no, Spleeping Pills?) rimasta ineguagliata. Dagli arte- e via; dei tre lavori dello stesso Anderson non ve n’è uno che sia alme-
fici e da chi giungerà dopo, incapaci di avvicinare i brividi a fior di pelle no decente; gli altri erano comprimari e tali resteranno in eterno. Sarà
del capolavoro So Young e le traslucide, sospese She’s Bernard il solo a non perdere (quasi) del tutto la faccia:
Not Dead e Sleeping Pills; i tormenti di un’acidula Panto- accanto all’ondivaga attività di session man e produttore
mime Horse e le elegiache Breakdown e The Next Life. - toh: come il suo idolo Johnny Marr - figurano un non
disprezzabile disco del ’96 con McAlmont The Sound Of
Vinta la madrepatria, Suede tentano la conquista dell’A- McAlmont-Butler e due operine di cantautorato Seven-
merica con un lungo tour che risulterà viceversa fatale. ties (People Move On, 1998; Friends And Lovers, 1999).
Bernard prende a isolarsi e non lo aiuta la traumatica Nulla che regga l’impossibile confronto con un Suede che
morte del padre, la tournée viene cancellata e la tensione risplende a prescindere da corsi e ricorsi. Al nostro cuore,
sale alle stelle. Nessuna traccia di essa nell’ep Stay basta e avanza.
Together, che il giorno di San Valentino 1994 porge le Giancarlo Turra
delicate, avvolgenti The Living Dead e My Dark Star e una più elaborata
title track, con archi e fiati in magico equilibrio a incorniciare una melo-
dia commovente destinata ad approfondire le crepe. Anderson ha pro-
blemi di droga e si chiude in una villa a scrivere i testi del nuovo album GLAM SLAM: LE RISTAMPE
nei giorni in cui Blur, Oasis e Pulp guadagnano spazio e la nuova Inghil- Accantonando i giudizi sulla necessità, fa piacere che delle riedi-
terra “swingante” si compiace allo specchio. Butler vorrebbe reagire con zioni rimasterizzate marchiate Demon si sia occupato anche Ber-
una più pronunciata sperimentazione e lo accusa apertamente di nard Butler. I fan gradiranno l’operazione, che tra maggio e giu-
pochezza creativa e manie da star. Lo psicodramma si acuisce in un muro gno prossimi vedrà l’omonimo esordio arricchito da demo, brani
contro muro di individui che incidono separatamente e si scambiano sparsi sul retro dei singoli e una manciata di outtake; sul dvd,
insulti e, di ritorno dalla luna di miele, al chitarrista è impedito l’accesso tutti i (bei) video d’epoca, più la serata dei Brit Awards e due con-
allo studio: fuori dalla band, il disco è terminato in sua assenza. Anche certi britannici del ‘93. Accompagnano Dog Man Star versioni
a fronte della travagliata genesi, Dog Man Star suona oggi meno pastic- diverse del già noto, prove di lavorazione e inediti ma soprattut-
ciato: corteggia il progressive (la lunga The Asphalt World) ma non si to l’ep Stay Together, laddove nel dvd concerti in terra francese
concede del tutto alla magniloquenza, trasudando cupezza e coraggio. completano i filmati all’epoca girati per ogni traccia dell’album.
Continuando la similitudine Smiths/Bowie, ipotizza un Diamond Dogs Coming Up è rimpolpato da provini e lati B, video e “live” alla
che accentua i contorni decadenti sulla scorta di Strangeways Here We londinese Roundhouse e a Parigi, mentre - se proprio ci tenete -
Come: We Are The Pigs e l’anthem New Generation guardano con Head Music proporrà numerose rarità e inediti, video promozio-
meno smalto al debutto e della ballata The Wild Ones piace il retrogu- nali e un concerto in studio. Addirittura esagera A New Morning,
sto Scott Walker; vero che di alcuni episodi melensi e pomposi non sen- ripescando una trentina di brani ed esibizioni in oriente e Spagna.
tivi la necessità, tuttavia la stridente Daddy’s Speeding e l’arazzo Black
105
CLASSICROCK DISCOGRAFIA BASE
HIPPY-FOLK INGLESE, 1967-1973
Guida minima per orientarsi - partendo dai progenitori - in uno dei
generi più affascinanti, trasversali e pervasivi della musica britannica
degli ultimi cinquant’anni.
S
embrava una di quel- base” sonori, concentrandoci
le cose destinate a sulla Gran Bretagna - non
svanire insieme al suo escludiamo successive punta-
tempo. Un po’ come te al di là dell’Atlantico - e sul-
i caffetani, le pesti- l’epoca aurea dell’hippy folk.
lenziali essenze di patchouli e A proposito della definizione:
incenso, le comuni macrobio- ha la serietà di tutte le defini-
tiche e la mania di premettere zioni di questo genere (scarsa,
il proprio segno zodiacale quindi), ma è quella più onni-
davanti al nome. E invece riec- comprensiva. Perché molti di
colo qui, più vivo e vegeto che questi folkster non sono affat-
mai. A essere pignoli, parreb- to “acid” o psichedelici in
be in realtà che negli ultimi senso stretto (i Fairport Con-
tempi la moda del folk - più o vention, per dire), molti altri
meno weird, più o meno elet- invece non sono per niente
trificato - stia perdendo qual- “rock” prediligendo una stru-
che colpo, dopo che negli ulti- mentazione totalmente acu-
mi quindici anni ce lo siamo stica. Tutti però, erano indi-
ritrovato a tutte le latitudini e scutibilmente dei fricchettoni
in tutte le salse. Dagli apoca- persi. Per cui radunate i follet-
littici come i Current 93 e ti in giardino, caricate la pipa,
Death in June agli integrati sedetevi sul fungo più como-
come il furbetto Devendra do e prendete appunti…
Banhart, da Alasdair Roberts a qualcuno dei ventimila dischi di Richard
Youngs, dai primi Animal Collective all’ultimo Michael Gira passando DONOVAN, A Gift From A Flower To A Garden (Pye, 1967). Non si può
per il Giappone dei Ghost. Senza dimenticare le signore: Joanna New- cominciare che da lui. Il pifferaio magico, il “pied piper” che dalle
som, Josephine Foster, Marissa Nadler, Helena Espvall, in un certo senso pedisseque imitazioni dylaniane degli esordi nel giro di un paio di anni
persino le sorelle Unthanks. Anche se la marea si sta ritirando, è evi- approda a una sua personale “bohemia” (così la chiamava), una terra
dente che il cosiddetto acid folk è diventato codice, linguaggio ricono- incantata dove il folklore celtico incontra l’India, e le ambizioni psiche-
sciuto al di là delle fluttuazioni stilistiche e delle singole applicazioni. deliche nutrono un sincero, per quanto naïf, desiderio di rinnovamento
Non più bizzarro reperto di un’epoca lontana - molto più stramba, spirituale. Questo disco, il momento donovaniano forse più delicato e
aperta agli esperimenti e decisamente più felice della nostra - bensì poetico, era originariamente abbinato a
patrimonio musicale condiviso a cui attingere. A confermarne l’impor- un altro lp di canzoni per bambini. Più
tanza, negli ultimi mesi sono arrivati tre eccellenti libri dedicati al feno- hippy di così è umanamente impossibile.
meno. Due pubblicati per ora solo in Inghilterra - Electric Eden di Rob
Young (Faber & Faber) e Sesasons They Change di Jeanette Leech (Jaw- INCREDIBLE STRING BAND, The Hang-
bone Press) - mentre il terzo è opera di un italiano, il collega di “Blow man’s Beautiful Daughter (Elektra, 1968).
Up” Gino Dal Soler (The Circle Is Unbroken, Tuttle, recensito sul nume- Quella sperimentata dagli alchimisti scoz-
ro scorso). Se la visione di Young allarga il campo al panorama folk bri- zesi Robin Williamson e Mike Heron è
tannico del ventesimo secolo, tracciando una genealogia stilistica di forse una delle più originali e ardite sinte-
grande respiro e interesse, i volumi della Leech e di Dal Soler si con- si musicali nella storia del pop (perché poi
centrano, entrambi con grande passione e una competenza al limite del è di questo che parliamo: musica popola-
maniacale, sul lato “acid” e “psichedelico” del recupero folklorico, arri- re). Spesso imitata, eppure inimitabile. In
vando fino ad oggi e estendendo la trattazione agli Stati Uniti, alla Ger- questo doppio e nel precedente 5000
mania del cosiddetto krautfolk, al “forest folk” della vecchia Europa e Spirits Or The Layers Of The Onion (1967)
così via, mettendo in luce (soprattutto in Seasons They Change) anche è presentata al meglio, prima di farsi
gli addentellati con altre forme d’arte come la letteratura o certo cine- maniera. Un medioevo della mente, più
ma “misterico” a cavallo tra 60 e 70. Consigliatissimi tutti e tre i saggi, benigno e multietnico di quello storico,
se ci si vuole inoltrare in questo mondo magico (ma in alcuni casi, atten- sonorizzato da ballate acidule, esotiche e
zione, pure sottilmente inquietante). In queste due paginette, più strampalate. Una utopia realizzata, anche
modestamente, intendiamo fornire al neofita una veloce lista di “testi se solo per un batitto di ciglia.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
PENTANGLE, Sweet Child (Transatlantic, Qualche influsso raga ed orientaleggiante
1968). Bert Jansch e John Renbourn si ritrova inevitabilmente nei due album
erano già stati tra i promotori dell’ammo- del trio, insieme all’ovvia somiglianza con
dernamento del folk britannico prima di la vera “band originaria di Clive”.
fondare i Pentangle, completati dalla
sezione ritmica di virtuosa estrazione jaz- STEELEYE SPAN, Ten Man Mop (Pegasus
zistica formata da Terry Cox e Danny 1971). Nati da una costola (Ashley Hut-
Thompson e dalla voce cristallina di Jac- chings) dei Fairport Convention, gli Stee-
qui McShee, prototipo anche estetico leye Span radicalizzarono il folk elettrico in
delle tante madonne folk preraffaellite di chiave più tradizionale rispetto al gruppo
quegli anni. Un disco dal vivo e uno in madre: reel, gighe e morris dance per una
studio, pubblicati nel bel mezzo dei fra- nuova generazione affamata di rock. Nes-
gori sessantottardi, nei quali le accorda- sun svaccamento campagnolo, però: il
ture aperte apprese da Davey Graham si suono degli Span si basava su intrecci melo-
mischiano alle murder ballads, al blues e dici e armonici di grande raffinatezza, esal-
agli influssi mingusiani. tati dalla perizia strumentale di Martin
Carthy e dall’ugola di Maddy Prior, che in
FAIRPORT CONVENTION, Liege & Lief un mondo senza Sandy Denny avrebbe
(Island, 1969) Il monumento. Il metro di potuto tranquillamente essere considerata
paragone con cui misurare qualunque la voce più bella del folk-rock inglese.
disco di folk rock britannico, ieri e oggi. C’è stato un prima e un dopo Liege
& Lief, e in ciò i Fairport giustificano i ricorrenti paragoni con la Band. Que- MELLOW CANDLE, Swaddling Songs
sto album è stato il Music From Big Pink inglese, con al posto del patrimo- (Deram, 1972). Quintetto irlandese com-
nio country, folk e blues americano le ballate popolari scoperte negli archi- posto da tre freak terminali e due crea-
vi della Cecil Sharp House dal bassista Ashley Hutchings. La chitarra di ture sublimi chiamate Clodagh Simonds
Richard Thompson e il violino di Dave Swarbrick fendono l’aria, la voce di e Alison O’Donnell. Sono proprio i gor-
Sandy Denny è un incantesimo capace di fermare il tempo. gheggi delle due cantanti - tuttora attive
- a conferire un tono quasi oltremonda-
TREES, On The Shore (CBS, 1970). Un’influenza fondamentale su molte no a queste meravigliose swaddling
band folk-rock britanniche, paradossalmente, fu rappresentata dai Jeffer- songs, ballate da brughiera sospese tra
son Airplane. Che in origine suonavano anch’essi folk-rock, anche se in folk, pop e progressive. Alle quali, una volta tanto, mellotron e clavi-
tutt’altro senso. I più jeffersoniani di tutti, Fairport a parte, furono i Trees, cembalo fanno un gran bene.
caratterizzati dalla splendida voce di Celia Humphris (la stessa che recita
“mind the gap” nella metropolitana londi- PAUL GIOVANNI, Wicker Man OST (British Lion Music, 1973). L’hippy-folk
nese!). On The Shore si fa preferire a The ha anche un suo film di riferimento: è The Wicker Man, cult horror con Cri-
Garden Of Jane Delawney (sempre del 70) stopher Lee, Britt Ekland e Ingrid Pitt (quest’ultima altro volto tipico di quel-
per la splendida copertina, una delle la stagione). Una pellicola maledetta, e lo score ideato da Paul Giovanni,
migliori Hipgnosis di sempre. che cuce assieme ballate tenebrose, agghiaccianti cori bambineschi e stru-
mentali di derivazione folk, non è da meno. Il disco ideale da ascoltare
COMUS, First Utterance (Dawn, 1970). Il durante un rito della fertilità, specie se con sacrificio umano annesso.
cotè più pericoloso e oscuro dell’acid-folk Carlo Bordone
va cercato tra i solchi di questo disco. C’è
un che di disturbante nei canti pagani dei
Comus, settetto che prendeva il nome da
uno spiritello maligno protagonista di un’o- NE VOGLIO ANCORA!
pera di John Milton, e che univa al suono TYRANNOSAURUS REX, My People Were Fair… (Regal
delle corde quello spiazzante - ma in linea Zonophone, 1968). Marc Bolan prima di diventare glam: bonghi,
con un certa inclinazione progressiva e acustiche, Tolkien e tanto, tanto fumo.
neoclassica - di oboe, viola, violino e flauti. BRIDGET ST. JOHN, Ask Me No Questions (Dandelion, 1969);
Influenza determinante su David Tibet, che VASHTI BUNYAN, Just Another Diamond Day (Philips 1970);
ha ripreso con i suoi Current 93 uno dei SHELAGH McDONALD, Stargazer (B&C, 1971). Figlie dei fiori.
brani più suggestivi del disco, Diana. DR. STRANGELY STRANGE, Kip Of The Serenes (Island, 1969);
FOREST, Full Circle (Harvest, 1970). Figli dell’Incredible String Band.
C.O.B., Spirit Of Love (CBS, 1971). L’acro- TRADER HORNE, Morning Way (Dawn, 1970). La prima can-
nimo sta per Clive’s Original Band, e certo tante dei Fairport, Judy Dyble, e un ex dei Them, Jackie McAuley.
nella scelta di chiamarsi così c’era dell’iro- MARK FRY, Dreaming With Alice (IT, 1972). Scintillante cantau-
nia. Clive Palmer, leader del trio che vede- torato acid-folk, registrato a Roma.
va all’opera anche un poeta buddista, MAGIC CARPET, Magic Carpet (MC, 1972). Folk e profumi di
Mick Bennett, e un polistrumentista pro- Oriente.
vetto, John Bidwell, era stato a suo tempo JADE, Fly on Styrangewings (Pye, 1970); TUDOR LODGE, Tudor
co-fondatore dell’Incredible String Band, Lodge (Vertigo, 1971). Il lato pop del folk hippie, o se preferite i
abbandonata dopo il primo lp per andare Belle & Sebastian venticinque anni prima.
a zonzo in India, Nepal e Afghanistan.
107
CLASSICROCKOBIETTIVO
LOVIN’ SPOONFUL
E
siste una maniera di produrre musica vuoto. Subentra la Kamasutra e il primo quaran-
godibile che non scada nel banale, che tacinque Do You Believe in Magic è classico tra
sia “leggera” a scalare le classifiche e a Baronetti e Byrds sospinto dall’autoharp di Seba-
imprimersi nella memoria conservando stian alla nona piazza. Con l’ottimo Erik Jacob-
intatta la freschezza nonostante le mode. sen al timone, cavalcano l’onda con un omonimo
Il segreto è un’unione sempre più rara di genio e lp che bilancia hit (la title track, Younger Girl, Did
mestiere, di intuizione ed esperienza che degli You Ever Have To Make Up Your Mind?) e buone
artefici somma retroterra e aspirazioni. Questo il riletture di tradizionali (Fishin’ Blues, My Gal), l’o-
caso dei Lovin’ Spoonful, tra i migliori in America maggio sentito a Fred Neil Other Side Of This Life
con i sottovalutati Beau Brummels a contrastare e la modernista Night Owl Blues. Nondimeno è il
la “British Invasion”, superati solo dagli inarriva- ’66 l’apice della vicenda: cinque singoli nella Top
bili Byrds. Se sinora li avete snobbati o considera- 10 di “Billboard” e tre (!) album che rappresen-
ti una macchina da singoli (peraltro nulla di cui tano una persuasiva replica, una curiosa divaga-
vergognarsi, date epoca e concorrenza…), a farvi zione e un piccolo capolavoro. Se Daydream
cambiare idea potrebbero servire le recenti allarga la notorietà in Europa e rafforza la fusio-
ristampe Edsel/Audioglobe che, in tre doppi cd, ne (che la critica battezza “good time music”
accorpano i sei lp più significativi con contorno di ispirandosi a una loro canzone) tramite il brano
bonus. Una celebrazione misurata ed elegante omonimo, Didn’t Want To Have To Do It e You
che focalizza 33 giri di enorme successo e solidità Didn’t Have To Be So Nice, il commento al film di
superiore alla media coeva, capaci oggi di resti- Woody Allen What’s Up, Tiger Lily serve a John
tuire appieno l’innocenza fiduciosa di un’epoca in per assaggiare una fetta di futuro. È tuttavia
cui tutto pareva possibile. Davvero un altro Hums Of The Lovin’ Spoonful “il” disco dei
mondo, quello dove canzoni vendute in milioni di Nostri: qui il celeberrimo successone Summer In
copie diventavano mattoni per edificare speranze The City e il country-folk Nashville Cats, l’acque-
e sogni, basate su un robusto impasto di ironia, rello Rain On The Roof, la dolce Darlin’ Compa-
pop-rock e folk. Composito e urbano come i nion e Coconut Grove, altro tributo all’amico
background di John Sebastian e Zal Yanovsky, che Neil. Qui il raffinarsi di uno stile dentro un’incon-
della band costituivano il fulcro. Figlio d’arte il tenibile gioia di vivere destinata a infrangersi
primo - papà armonicista classico, mamma autri- contro la dura realtà. Che nello specifico è, più
ce di show radiofonici - che cresce nel Greenwich del Vietnam e delle rivolte studentesche, l’arresto
Village e, giovanissimo, partecipa attivamente di Yanovsky e Boone per possesso di marijuana e
al boom del folk revival; l’altro è pure lui folket- la contestuale cacciata del primo a favore di Jerry
taro, ma più strambo e di passaporto canadese. Yester, ex Modern Folk Quartet e marito di Judy
Mitologia impone che l’incontro avvenga la Henske. Si aggiungano al funesto quadro la rot-
sera in cui gli Stati Uniti si arrendono ai Beatles tura con Jacobsen e gli hippie che di “canzonet-
ospitati da Ed Sullivan: il 9 febbraio 1964, Seba- te” non vogliono saperne: a fine ’67 anche Seba-
stian - in curriculum l’apprezzata attività di ses- stian saluta, dopo una nuova colonna sonora
sion man e un album omonimo su Elektra con (You’re A Big Boy Now, per Francis Ford Coppo-
la Even Dozen Jug Band - si trova dall’amica la) e il più che buono Everything Playing, che
Cass Elliot per assistere allo spettacolo in TV; custodisce attestati di talento della caratura di
tra gli invitati Zal, col quale scatta un’intesa Six O’Clock e She Is Still A Mystery, Younger
immediata e la decisione di metter su un gruppo. Generation e Money.
Dapprima i Mugwumps, nei quali figurano un
futuro “Papa” (Denny Doherty) e la stessa Mentre il superstite Butler giunge a fine decennio
“Mama” Elliott che vengono presto lasciati al con l’insipido Revelation: Revolution ’69, Sebastian
loro destino. Tratta la ragione sociale da una can- si esibisce a Woodstock e intraprende una discreta
zone di Mississippi John Hurt e completati i ranghi con Steve Boone carriera da songwriter, vertice commerciale il tema della serie televisiva
(basso) e Joe Butler (batteria), Lovin’ Spoonful si tuffano così nel “Welcome Back, Kotter”; da par suo, Yanovsky produce con Yester
rutilante 1965, allorché Dylan “riporta tutto a casa” e una frene- Happy Sad di Tim Buckley e registra il folle lp Alive And Well In Argenti-
tica New York alterna i bassifondi di Velvet Underground e Fugs a na, infine si ritira in Ontario a gestire un ristorante finché un infarto non
voglie di serenità. lo stronca nel 2002. Benché una formazione con Boone, Butler e Yester
sia tuttora in giro, gli originali si ritroveranno soltanto due volte: nel
Problematico l’inizio, tra etichette che non capiscono dove la penna 1981 per la pellicola One-Trick Pony interpretata da Paul Simon e nel
dell’occhialuto John - esortato a rivisitare le radici dai Beach Boys di I 2000, in occasione dell’ingresso nella “Rock And Roll Hall Of Fame”.
Get Around - vada a parare, un abboccamento fallito con Phil Spec- Segno di una magia di gioventù destinata a rimanere irripetibile.
tor e la partecipazione a una compilation della Elektra che cade nel Giancarlo Turra
ILMUCCHIOSELVAGGIO
BILLY LEE RILEY
Q uanto era povera la famiglia
di Billy Lee Riley? Beh, così
povera che nel 1949 il ragaz-
zo si faceva falsificare un
documento da una sorella
non per evitare il servizio di leva ma, al
contrario, per risultare maggiorenne e
sembra un altro Gene Vincent in Down By
The Riverside declina gospel come fosse il
suo pane quotidiano, però regalandogli il
twang del rockabilly laddove in una Dark
Muddy Bottom l’adesione al canone delle
dodici battute è tale da farsi mimetismo (e
del resto la musica del diavolo l’aveva
potere quindi arruolarsi. Ci pensava dun- appresa, adolescente, dai braccianti neri
que lo Zio Sam a provvedergli pranzo, che come lui si spaccavano la schiena rac-
cena e un tetto sulla testa da lì a fine cogliendo cotone). Poco da stupirsi se,
1953, o forse ai primi mesi del ’54. E uscito accreditato a un fantomatico Light-
quanto fu sfortunato Billy Lee Riley? Be’, nin’ Leon, il singolo veniva scambiato e
giudicate un po’ voi… Nell’autunno 1957 autenticato da esperti bluesologi per un
restituiva a Jerry Lee Lewis, suonando la genuino reperto d’epoca. Beffa mirabile e
chitarra in Great Balls Of Fire, il favore clamorosa ideata ben prima che qualcuno
fattogli da costui suonando il piano in pensasse a buttare per canali teste di
Flyin’ Saucers Rock’n’Roll. E nell’esatto Modigliani false. Un punto di forza questo
istante in cui il nuovo singolo di Riley, Red eclettismo per uno che niente di meno di
Hot, andava decollando Sam Phillips sce- un Bob Dylan proclamerà “il mio eroe”
glieva di investire ogni risorsa per pubbli- (Trouble Bound la sua canzone preferita):
cizzare il disco del Killer, assestando così capace di sfiorare il jumping con Betty And
alla carriera dell’altro suo artista un colpo Dupree ed evocare Ruby Baby con Pearly
pressoché mortale, visto che era lì che si Lee, disegnare un’ipotesi di folkabilly con
decideva che Billy Lee Riley (da Pocahon- Saturday Night Fish Fry e porgersi accora-
tas, Arkansas, 1933) non sarebbe mai to con Sweet William, confidenziale con
diventato la star che potenzialmente era. Come Back Baby (One More Time), schiet-
Certi treni di solito passano una volta, ma un destino beffardo provve- tamente romantico con I Want You Baby. E però forse proprio questo suo
deva a illudere il nostro uomo facendogli balenare sotto il naso ben saltare di palo in frasca un po’ anche gli nuoceva impedendogli, tutte le
quattordici anni dopo una seconda possibilità: produzione di Chips sfighe a parte, di crearsi un’identità facilmente riconoscibile (vero che Pre-
Moman, A Thing About You Baby stava cominciando a ottenere riscon- sley andrà ben oltre, tuttavia solo dopo essere diventato Re). Quando a
tri commerciali importanti, a dispetto di qualche problema di distribu- conti fatti l’essenza del musicista Billy Lee Riley è con il senno di poi rac-
zione, quando una versione di Presley lo eclissava. Stupirsi se a quel chiusa in quei due brani già citati, Flyin’ Saucers Rock’n’Roll e Red Hot,
punto Billy Lee decideva che, a quasi quarant’anni, era il caso di cercarsi che bene o male negli annali del rock sono rimasti, caratterizzati entram-
un lavoro serio? In certe biografie c’è scritto che metteva su un’impre- bi da un piglio scatenato, da una vena selvatica. Robert Gordon e Link
sa edile, ma la più prosastica verità è che a lungo si guadagnerà da vive- Wray li coverizzeranno. Stray Cats e Cramps ne manderanno a memoria
re facendo l’imbianchino. Uno che quando si era affacciato alla ribalta la lezione. Guarda che caso.
era stato pronosticato da molti, e in maniera particolarmente vociante
dalle torme di ragazzine che si accalcavano sotto il palco a ogni sua esi- Che altro dire nel poco spazio che resta di un uomo che il 2 agosto 2009
bizione, come un nuovo Elvis. si arrendeva a un tumore e appena due mesi prima aveva ancora trovato
la forza di esibirsi in pubblico? Che nei 90 aveva (principalmente per la
Il perché e il percome sono spiegati da certe foto in cui sembra un James pubblicità fattagli da Dylan) la possibilità di tornare a incidere e se la gio-
Dean incravattato invece che in giubbotto di pelle, cava bene, con una serie di album di pregio uno dei
ma si sa che ai campagnoli il concetto di coolness è quali, Hot Damn!, del ’97, si troverà inopinatamen-
o era estraneo. Il perché e il percome sono spiegati te candidato a un Grammy. L’immagine con cui
soprattutto da un’eccellente antologia intitolata voglio lasciarvi è però quella di un Billy Lee giovane
Rock Me Baby e fresca di pubblicazione per Hoo- in tour per promuovere un disco che furbescamen-
doo Records (distribuzione Egea). Raduna tutte le te speculava su un’ondata di avvistamenti di UFO.
facciate classiche registrate dal Nostro per la Sun fra Ribattezzatisi Green Men, i valentissimi musicisti
il 1956 e il 1960 e in più, a ingrassare ulteriormen- che lo fiancheggiavano si presentavano in scena
te il programma, qualcosa che restò fuori, magari con abiti tagliati dalla medesima stoffa del piano di
per forza di cose perché mero abbozzo come un gioco del biliardo. Scoprivano presto un inconve-
Folsom Prison Blues che prende (bonariamente?) niente: che inzuppandosi di sudore i vestiti perde-
per i fondelli Johnny Cash. Potrebbe parere un vano il colore e tutti quanti si ritrovavano con la
recupero assolutamente pleonastico e invece no, pelle per l’appunto verde. Sul serio marziani alle
perché sottolinea le capacità camaleontiche dell’in- prese con il rock’n’roll, insomma.
terprete. Che se nel brano che intitola la raccolta Eddy Cilìa
109
CLASSICROCK RECENSIONI
al Madison Square Garden di meglio optare per la lussuosa
New York. Invece di seguire il confezione con doppio cd, triplo
consiglio di cancellare ogni ulte- vinile e riproduzione del libretto numerosi 45 giri e il suo unico
riore impegno, Bob volle invece del tour di Uprising. In ogni caso, album furono marchiati dall’eti-
fare un altro tentativo che sareb- la prima e più grande rockstar del chetta autogestita che portava il
be poi rimasto negli annales Terzo Mondo manterrà per sem- suo nome), ma anche per un
come l’ultimo in assoluto della pre la sua luminosa aura di icona. gusto davvero speciale nel far
BOB MARLEY carriera, allestendo un concerto Vittorio Pio propri, nella musica e nelle istrio-
LIVE FOREVER dall’alone più che mai mistico: la niche interpretazioni canore, la
Universal miglior formazione dei Wailers forma e lo spirito del r’n’r delle
asseconda il leader con devozio- CLEM SACCO origini. Un personaggio unico per
Ecco l’ultimo concerto ufficiale ne e complicità assoluta, in una TWISTED!!! il nostro panorama, certo non
della fulminante parabola di Mar- scaletta che pesca dal suo meglio Hate meritevole dell’oblio o della
ley, già presente nella lista dei con versioni incendiarie di Them nomea di “macchietta” che l’ac-
bootleg più celebrati con una Belly Full, Crazy Baldhead, Is This Possibile che molti non l’abbiano compagnano presso il pubblico
qualità più che dignitosa, che qui Love, Redemption Song. Un set mai sentito nominare, ma l’oggi meno documentato.
ovviamente raggiunge il top. È il consegnato alla leggenda nono- più o meno settantottenne A testimonianza del valore dell’ar-
23 settembre 1980 a Pittsburgh, stante il bis finale (composto da Clem(ente) Sacco è stato una tista, dopo l’antologia In Action
pochi giorni dopo un collasso - Work e Get Up Stand Up), sia delle figure più fuori dagli sche- edita nel 2007 in cd dalla On Sale
segnale del tumore dal quale compromesso da una qualità mi, e comunque significative, del Music, arriva adesso questa nuova
sarebbe stato ucciso da lì a qual- decisamente inferiore dovuta cer- primo rock’n’roll italiano: per raccolta confezionata solo in for-
che mese - che aveva improvvisa- tamente a un’onesta registrazio- l’approccio urticante e schizzato, mato 33 giri - cinquecento copie
mente colto Marley mentre face- ne dalla platea piuttosto che dal per i testi spesso “demenziali” e normali e appena cinquanta in
va jogging per allentare la tensio- banco mixer. Ma tant’è: se cele- per l’essere stato un profeta del vinile rosso - con copertina apribi-
ne di un doppio faticoso ingaggio brazione deve essere allora sarà “fai da te” (parecchi dei suoi le ricca di illustrazioni e note:
diciassette brani selezionati con
criterio dai dischi del periodo
1958-1964, e masterizzati dal
CHARLATANS grande Tim Warren (il titolare della
mitica Crypt Records), che traspor-
US AND US ONLY tano in un mondo naïf dove
Island/Universal l’energia marcia di pari passo
con il divertimento, l’irriverenza
Dei piccoli (oddio, nemmeno tanto, considerando i riscontri commer- e tante (belle) suggestioni rétro
ciali) Rolling Stones per gli anni 90: così venivano spesso raccontati i (www.haterecords.com).
Charlatans che, adeguandosi, potevano esibire anche un loro Brian Federico Guglielmi
Jones. Si chiamava Rob Collins, suonava le tastiere e non la chitarra e
alle sostanze stupefacenti preferiva l’alcool, passione che gli costava
cara due volte: la prima nel ’92, quando si ritrovava inconsapevole a fare da palo a una rapina, circostanza HOWLIN’ WOLF
che lo portava a trascorrere qualche mese nelle patrie galere; la seconda e purtroppo per lui ultima quan- THE HOWLIN’ WOLF
do il 22 luglio 1996, ubriaco e senza cintura di sicurezza, si schiantava in auto sulla strada per lo studio ALBUM
dove i suoi compagni stavano registrando il loro quinto album. Sarebbe potuto essere un colpo mortale Get On Down
per la band, siccome (diversamente da Jones) Collins oltre a essere l’elemento più riconoscibile nel sound
del gruppo forniva pure un grosso apporto compositivo, ma i superstiti decidevano di andare avanti. Lo Continuano le ristampe dedicate
sostituiva momentaneamente Martin Duffy (già dei Felt, non ancora dei Primal Scream) e clamorosamente al temibile Howlin’ Wolf: forse il
Tellin’ Stories diventava il successo più grande di sempre della compagine di mancuniana: terzo numero più grande nel rimasticare le
uno in Gran Bretagna (quattro i singoli nei Top 20) e primo doppio platino. Il difficile veniva dopo, natu- grida rauche del selvaggio sud
ralmente. Provare di nuovo a sopravvivere credibilmente quando già il colpaccio era riuscito allo sgonfiarsi con i ritmi urbani della Windy
del fenomeno Madchester, allorché i Charlatans erano riusciti contemporaneamente a liberarsi della City, eppure colpevolmente meno
nomea di Stone Roses di serie B e a fare da ponte per il Britpop. considerato (e inspiegabilmente
Come miracolo Us And Only - ristampato a dodici anni dalla prima uscita in una “deluxe edition” fatta “considerato meno”) rispetto ad
particolarmente succosa dai lati B e dalle registrazioni radiofoniche e festivaliere che affollano il secondo altri nomi. Chissà che rabbia da
cd - era uno dei più modesti nel porgersi che si ricordino. Nondimeno miracolo (a parte il fatto che anda- dovunque sia finito, se sapesse
va dritto al numero due) nel suo essere complessivamente uno dei lavori più convincenti di Tim Burgess che è di nuovo in circolazione
e compagni, pur senza vantare canzoni di memorabilità assoluta. Come suono è uno dei dischi più trad- questo The Howlin’ Wolf Album,
rock dei Nostri, con quasi al centro della scaletta un The Blonde Waltz che più Beatles non si potrebbe e che già dalla copertina la dice
una A House Is Not A Home immaginabile come scarto di Highway 61 Revisited. Venato da residui di folk lunga su cosa ne pensasse in pro-
(la ballata I Don’t Care Where You Live) e di blues (la solenne The Blind Stagger) l’album è traversato da posito, dopo aver sentito come
una vena psichedelica che ne incrementa invece che diminuirne l’afflato pop. È un’opera maggiore di un quei ragazzacci in acido avevano
gruppo minore, ma non troppo. “rovinato” le sue registrazioni.
Eddy Cilìa Sulla scorta del progetto Electric
Mud - con cui si era sottoposto a
ILMUCCHIOSELVAGGIO
SIMON & GARFUNKEL
BRIDGE OVER TROUBLED WATER
(DELUXE EDITION)
Columbia/Sony
identico trattamento l’eterno
rivale Muddy Waters - sul finire Riedizione con qualche pecca del quinto album di uno della premiata
del 1968 il giovane Marshall ditta Paul Simon/Art Garfunkel, che proprio in questo passo d’addio in
Chess decideva di approfittare del studio conobbe il successo commerciale più ampio: oltre venticinque
momento magico (Cream e milioni di copie vendute nel mondo e 33 settimane ai vertici delle classifi-
Doors avevano regolarmente in che, grazie a un album - premiato anche con due Grammy - di ispirata delicatezza, caratteristiche intatte
scaletta pezzi del Nostro) per nonostante gli oltre quarant’anni trascorsi. Non è solo il disco che contiene la ballad omonima dalle calde
affogare nella psichedelia i canini radici gospel (inizialmente osteggiata da Garfunkel, mentre Simon si rese subito conto che si trattava di una
del lupo. Ne venivano fuori dieci delle sue cose migliori), che sfocia in un sontuoso arrangiamento orchestrale, ma anche quello di The Boxer,
tracce ossessionate di wah wah e El Condor Pasa, Cecilia e altri felici momenti sospesi fra Beatles ed Everly Brothers, chiare fonti ispiratrici. Fu
scorticate di fuzz, non “brutte” un successo clamoroso con decine di ulteriori omaggi affidati begli anni alle interpretazioni di altre icone
come si è voluto fare passare alla come Elvis Presley, Buck Owens e Aretha Franklin, ma che non riuscì ad evitare la rottura di quel fortuna-
storia ma certo lontane anni luce tissimo sodalizio che poi si rinnovò solo in isolati, ma sempre roboanti, episodi dal vivo.
dalle originali, soprattutto in Oltre all’album originale che suona alla perfezione (al quale mancano, però, un paio di outtake apparse in
senso “concettuale”. Rivestite di ristampe precedenti), c’è un live ufficiale già conosciuto, del 1969. La vera chicca sta invece nel dvd in cui
arrangiamenti debordanti - un trovano posto Songs Of America - uno special televisivo a cura della rivista “Rolling Stone”, passato solo
po’ Sly, un po’ Jimi - sembrano una volta sulla rete CBS - e un nuovo documentario sul “making of” del disco intitolato The Harmony
stridere con quel senso di dolore, Game. Nel primo si inquadra l’America delle nuove generazioni subito dopo l’inebriante sferzata di Wood-
sesso e redenzione che ne costi- stock, ma nel pieno di una campagna pacifista contro il famigerato conflitto in Vietnam che causò addirit-
tuiva invece il fulcro. C’è da tura il ritiro degli sponsor a sostegno del filmato, anche per le ulteriori diramazioni verso Martin Luther King,
aggiungere che il tutto risulta Robert Kennedy e la celeberrima marcia dei poveri di Washington: tutti stralci inframezzati a piacevoli brani
spesso assai divertente… ma non in studio e dal vivo. L’altro documentario ricorda invece, ai tempi odierni, come si arrivò alla definizione di
ditelo ad alta voce. quel lavoro nei suoi dettagli più minimi, svelati dal produttore Roy Halee con nuove testimonianze dei due
Carlo Babando principali protagonisti e di altri musicisti coinvolti nelle session.
Vittorio Pio
OCEAN
COLOUR SCENE
MOSELEY SHOALS sero, ad esempio, I’m The Walrus to. Non fu un’idea particolar- scrittura…) nei quali una sezione
Island/Universal e Back In The USSR. Tutto qui il mente brillante giacché né fiati d’alta scuola riesce a trasfor-
segreto del successo degli Ocean Losing Streak né Hello Rockview marsi nel più alternativo degli
Proprio alla fine di un secondo Colour Scene, enorme all’altezza portarono il ritorno sperato. Tut- strumenti. Sotto la voce bonus,
dischetto zeppo di lati B gli Ocean di un disco di cui viene celebrato tavia quei due album, riascoltati questa ristampa in lussuosa con-
Colour Scene provano a ripagare il quindicennale con una “deluxe oggi, rappresentano una fedelis- fezione digipak presenta un dvd
in un colpo due dei loro debiti più edition” e che nel solo anno di sima testimonianza di come che ritrae la band dal vivo, nel
grandi: nei riguardi dei fratelli uscita vendeva oltre un milione di fosse possibile, con un briciolo di febbraio 2007, mentre esegue
Gallagher, che si uniscono loro sul copie nella sola Gran Bretagna: stile e un altro di creatività, unire con filologica fedeltà e con una
palco e senza la cui sponsorizza- un marcato classicismo rock che le influenze dello ska (molte) e riuscita alternanza tra colore e
zione difficilmente un gruppo che ora li apparenta ai Fab Four e ora del punk (molte meno) per crea- bianco e nero tutti i brani di Hello
aveva messo quattro anni fra il a Neil Young, qui a Steve Win- re un connubio assai godibile e Rockview.
primo e il secondo album (e da wood e lì a Paul Weller. Pure il davvero spensierato. Hello Rock- Gabriele Pescatore
altrettanti era ritenuto finito) loro tallone di Achille però: che view, in particolare, che è unani-
avrebbe potuto fare il botto; nei bisogno c’è di una The Down- memente considerata la vetta
confronti dei Beatles, di cui ese- stream se già abbiamo Wild Hor- della loro produzione, merita di COASTERS
guono una Ticket To Ride che ses? Album anche gradevole ma essere riscoperto in virtù di una THE COASTERS/
può parere incandescente a patto senza altro di indimenticabile che manciata di brani - da Help Save ONE BY ONE
di non avere presente la versione i record di vendite. The Youth Of America From Hoodoo/Egea
degli Hüsker Dü. Almeno in calce Eddy Cilìa Exploding a All My Best Friends
a quella sta onestamente scritto Are Metalheads fino a Five State Nati nel 1956 da una scissione dei
Lennon/McCartney laddove a fir- Drive (con liriche ispirate alle Robins, formazione di grande
mare, per dire, The Day We Cau- LESS THAN JAKE autobiografiche fatiche di musi- popolarità nella prima metà del
ght The Train e 40 Past Midnight HELLO ROCKVIEW cisti impegnati a raggiungere i decennio, i Coasters dimostrano
era il quartetto di Birmingham, Sleep It Off/Goodfellas palchi di mezzo mondo; giusto da subito (ci sarebbe da stupirsi
facendo finta che già non esistes- per comprendere il livello della del contrario, visto il team di
I Less Than Jake da Gainsville, Flo- autori che sta loro dietro: tali
rida, raggiunsero la massima Jerry Leiber e Mike Stoller) di non
esposizione mediatica tra il 1996 avere perso la consuetudine con
e il 1998 quando la Capitol, alla le classifiche. Già nel 1957 piaz-
ricerca di una valida alternativa zano un paio di brani nei Top 10
(commerciale, è chiaro) a Rancid ed è per sfruttarne il successo,
e Offspring, li mise sotto contrat- ignara che sarà prestissimo polve-
111
CLASSICROCK RECENSIONI
agli appassionati di black e si con- madre di Iverson Minter moriva
sideri allora come resto mancia infatti di polmonite qualche gior- altre). Carriera lunga e ancora in
quel One By One che gli va dietro no dopo averlo messo al mondo il corso, e sembra crudele scriverlo
due ulteriori anni più tardi: taglia- figlio e di lì a poco anche il padre ma quasi sostanziata dai lutti - un
to su misura, con le sue letture faceva una brutta fine a causa dei fratello travolto sui campi, la
stilizzate di brani come Satin Doll cappucci bianchi del Klan, moglie spenta da un tumore - che
e Autumn Leaves, Moonlight In lasciando lui e non si sa bene vede in Sweet Blood Call (titolo
rizzato da Yakety Yak (uno dei più Vermont e Willow Weep For Me, quanti fratelli sballottolati tra purtroppo paradigmatico) l’episo-
memorabili classici dell’errebì per una platea assai più attempa- orfanotrofi e lontani parenti. Pro- dio più bello e “primitivo” perché
vocale e un numero uno sia nella ta e molto ma molto più bianca. prio durante uno di questi sog- fatto solo di una voce e sei corde.
graduatoria specializzata che in Eddy Cilìa giorni che il piccolo trova il tempo E tanto, tanto dolore.
quella pop), che la Atco assembla di fare amicizia con un’armonica Carlo Babando
l’anno dopo un album. Non si a bocca e di lì a poco approfondi-
potrebbe immaginare sulla carta LOUISIANA RED re il rapporto mettendosi tra le
nulla di più raffazzonato (addirit- SWEET BLOOD CALL braccia una chitarra acustica in AA.VV.
tura, una parte della scaletta è Fat Possum/Self un abbozzo di one man band. In HIPSHAKERS VOL.2
costituita da incisioni dei Robins questa veste lo notano i respon- VampiSoul/Goodfellas
recuperate) e invece The Coasters Non proprio il massimo essere sabili di una radio locale di Pitt-
finisce in qualche strana maniera noto come Louisiana Red quando sburgh e lo ingaggiano per degli Poco meno di un anno fa recen-
per risultare uno degli lp più soli- tutta la tua vita pare essere con- show in diretta che, complice un sendo proprio su queste pagine
di nell’ambito e del periodo, trassegnata, piuttosto che dal collo di bottiglia tanto voluta- il primo Hipshakers sottolineavo
capace com’è di scherzare fra rosso della tipica salsa piccante mente impreciso quanto coinvol- come regalasse la prima bella
blues e mambo, rock’n’roll e doo della Louisiana, da un vermiglio gente e… ehm sanguigno, gli notizia, dando per scontato che
wop senza un brano debole all’o- virato verso tonalità decisamente aprono la via verso casa Chess una collezione di incisioni a
rizzonte. Disco consigliatissimo più ematiche che culinarie. La (ma anche Atlas e Roulette, tra le cavallo tra 50 e 60 tratte dagli
archivi King e Federal non potes-
se che essere fantastica, già sem-
plicemente con un titolo che
EBO TAYLOR recitava “volume uno”. Per rac-
contare il secondo si potrebbe
LIFE STORIES riprendere quasi integralmente
Strut/Audioglobe quella segnalazione. Anche a
questo giro il libretto è splendido
Ebo Taylor ha pubblicato il suo primo album per il mercato interna- iconograficamente e deficitario
zionale pochi mesi fa, alla verde età di settantaquattro anni. Love sotto il profilo informativo. An-
And Death, registrato con i ben più giovani componenti della Afro- che a questo giro i brani in pro-
beat Academy, ensemble meticcio di stanza a Berlino, è un album che gramma sono venti e in maggio-
mostra il chitarrista ghanese assolutamente all’altezza della propria ranza mai pubblicati in prece-
fama leggendaria (alimentata finora da tracce sparse su una manciata di compilation dedicate alla denza su cd. Anche a questo
scena afrobeat dell’Africa occidentale), capace di provocare entusiasmo per un’arte del groove che giro arrivano dai nomi meno
è ancora in grado di maneggiare in maniera ottimale. Adesso la leggenda dell’uomo verrà giusta- conosciuti alcune delle sorprese
mente cementata da questa doppia, entusiasmante antologia, marchiata come il disco di cui sopra più belle: ad esempio una You
dal logo della benemerita Strut, etichetta che continua a disseppellire tesori nascosti oltre a rimet- Have My Blessings, da tal Mary
tere in sesto i protagonisti di antiche epopee ignote ai più. Proprio come quella del nostro uomo, Johnson, nel giusto mezzo fra la
che si è fatto le ossa nelle prime orchestre highlife - genere meravigliosamente pleonastico, vista l’i- Motown e Phil Spector; oppure
niezione di adrenalina evocata dal nome e poi messa in pratica, e che potremmo a grandi linee una Coralee nella quale Titus
descrivere come una miscela di ritmi africani, fiati jazz, qualche pennellata caraibica e molto funk - Turner preconizza Kid Creole; o,
e negli anni Sessanta è andato in Inghilterra per perfezionare la propria arte, proprio come l’amico ancora, una Fun Fun in cui Lloyd
Fela Kuti, prima di diventare un nome ineludibile in patria. Nolen è più James Brown del
Le sedici tracce (si va dai tre minuti ai quindici, con molti episodi oltre i sei) coprono gli anni 70 di Tay- Padrino del Soul in persona. Non
lor e mostrano il chitarrista all’opera con la propria band, impegnato in progetti paralleli, in compagnia che i soliti noti, che stavolta sono
di formazioni come Apagya Showband, Super Sounds e Pelikans oppure di solisti come Pat Thomas. qualcuno in più (da Amos Mil-
Lo stile chitarristico è calibratissimo ed esplode in misurate digressioni lungo l’intera scaletta, cullato da burn a Otis Redding, da Johnny
un ritmo costante e convenientemente ipnotico, incastonato in una esplosione di fiati, tastiere, voci, Watson a Willie Dixon e Hank
bassi irrequieti. Alcuni dei brani raccolti qui sono già usciti, come si diceva, in varie compilation, altri Ballard), non siano all’altezza, in-
sono stati ripresi su Love And Death (come Heaven, oggetto di lungimirante campionamento da parte
di Usher e Ludacris qualche anno fa), ma l’ascolto senza soluzione di continuità rende l’esperienza dav-
vero memorabile e straniante, come una lavica session di James Brown e band (ascoltate l’attacco di
Yes Indeed) impegnati a dimenarsi sotto il cocente sole equatoriale, mescolando funk, liquidi virtuosi-
smi, organi psichedelici e fiati brillanti, e generando incessante energia.
Alessandro Besselva Averame
ILMUCCHIOSELVAGGIO
WAX HEROES
DAL PRINCIPIO ALL’INIZIO
Spittle/Goodfellas)
Trent’anni orsono, di questi tempi (mese più, mese meno) i Wax Heroes
sembravano una delle speranze più brillanti di quel nuovo rock italiano ché il box nero e argento che rac-
che stava emettendo i suoi primi - squillanti - vagiti. Erano bastate un chiude i cinque vinili/cd (edizione
paio di tracce in guisa di No Submission nella storica raccolta Challenge limitata: solo mille copie) è di
e il repentino cambio di denominazione in Wax Heroes per far rizzare le un’eleganza da togliere il fiato.
orecchie agli addetti ai lavori. Gathered (la compilation - mai osannata abbastanza - edita dalla Elec- Gabriele Pescatore
tric Eye e puntualmente ristampata dalla Spittle un paio d’anni orsono) confermò le brillanti impres-
sioni e l’arrivo di Sher (un 7”ep, sempre Electric Eye) li assise tra le migliori realtà italiane. Poi qualco-
sa si interruppe e sugli Eroi di Cera calò il silenzio, scosso solo da sporadiche notizie e qualche carbo- AA.VV.
naro demotape. Un peccato, invero, visto il particolare pastiche proposto dal terzetto trevigiano da BRAZIL BOSSA BEAT!
sempre capitanato da Mirko Crosato, dove il post-punk dell’epoca veniva stemperato su oblique remo- Soul Jazz/Family Affair
re psichedeliche e - spesso - affondi furiosi.
Oggi, Anno Domini 2011, torna finalmente disponibile quasi tutto lo scibile, con particolare riguardo L’equivalente per la bossa nova
al triennio 82/84. Benedetto questo Dal Principio all’Inizio, dunque, scarno ma interessante cd dove di ciò che furono per il reggae
tredici brani variegati (molti dei quali inediti) chiudono il primo excursus di carriera della band. Tra ner- Studio One e per il jazz la Blue
vosi guizzi Killing Joke (Sorrows Remain), le avvolgenti spire di Maimed - dove spicca il peculiare tim- Note: così Soul Jazz presenta la
bro vocale di Crosato - e She Was She Was, memore delle migliori intuizioni di casa 4AD (soprattutto Elenco, sul cui storico catalogo è
nell’uso delle chitarre), a svettare è l’ottimo ed evocativo mid tempo di Win By Losing in una versione incentrata questa eccezionale
leggermente diversa dall’originale. Rimane a tutt’oggi (con una manciata di altre tracce coeve) uno raccolta - singola: il suo unico
degli apici di quel - come chiamarlo? - post-punk italiano che, a dispetto della scarna visibilità, riuscì a difetto - con cui la casa londine-
darci molto. Fatevi un piacere dunque, cominciate dal principio all’inizio. se dà sveltamente un seguito
Michele Benetello alla doppia Bossa Nova And The
Rise Of Brazilian Music In The
1960s. Paragone che pare cen-
trato, a buttar l’occhio sulla sfila-
tendiamoci. Scommettiamo che versione, quella di Webb Pierce), la formazione di Stuart Staples ta di copertine una più stilosa
un Freddy King come quello che troviamo una serie di gioielli “sonorizzò” Nenette Et Boni dell’altra riprodotte nel consueto
si produce nell’esilarante The meno noti, opera di una delle (che, tra le sei colonne sonore qui libretto-monstre, soprattutto per
Bossa Nova Watusi Twist non lo coppie di autori più prolifiche del raccolte, è una delle due già quanto attiene la seconda, che
avevate mai sentito? dopoguerra americano. Attivi a note), fino all’uscita, un paio di nel jazz, oltre ai migliori artisti,
Eddy Cilìa partire dagli anni Cinquanta, i anni fa, di White Material sono poteva vantare per anni e anni la
coniugi Bryant hanno ampliato la tre lustri abbondanti che la part- migliore qualità tecnica (per
base country di partenza (in un nership va avanti. (Confesso che) molti versi a oggi insuperata) e la
AA.VV. momento in cui country e nonostante non abbia visto nes- grafica insieme più elegante e
THE QUILLER rock’n’roll sono ancora cugini suna delle pellicole della Denis è inconfondibile. Non arrivava a
MEMORANDUM primi, e Johnny Cash e Elvis colle- piuttosto agevole intuire il tipo di durare quei due decenni l’era
Fantastic Voyage/ ghi di etichetta alla Sun) trasfor- atmosfere che vi si respirano, le aurea dell’etichetta brasiliana,
Goodfellas mandola in uno strumento pop stesse che contraddistinguono la nata a Rio de Janeiro nel ’63 e
dalle valenze universali, scrivendo discografia dei Tindersticks; ci si dunque quando i giorni felici per
Offuscati inevitabilmente dalla ballate d’amore e numeri più affida quasi esclusivamente agli questo genere musicale e per il
celebrità degli interpreti che disimpegnati con straordinaria archi e ai fiati, a lunghi strumen- paese che l’aveva generato
hanno inciso le loro canzoni, i grazia. Nel mucchio, citiamo l’e- tali che esaltano la circolarità, erano agli sgoccioli, e nondime-
nomi di Felice e Boudleaux Bryant suberante Don’a Wan’a (Wanda quasi jazzistica (la title track di no riusciva lo stesso a produrre
non diranno granché a chi legge. Jackson), la buffonesca cavalcata Trouble Everyday, ad esempio, una massa di classici stupefacen-
Ma basterà sicuramente citare r’n’r di Beautiful Baby (Bobby con le parti vocali che si avvolgo- te. Qui ne sono radunati venti-
Wake Up Little Susie, Bye, Bye Lord) e una struggente e pimpan- no attorno a percussioni intime e tre, nessuno dei quali pubblicato
Love o Raining In My Heart per te Jolie (Roy Orbison), dispacci da al suono rarefatto di un pianofor- in precedenza su cd in Europa o
far capire di che cosa stiamo par- un lontano passato molto vicini te), di movimenti tenui, per lo più negli Stati Uniti, e Brazil Bossa
lando. In questo primo volume allo stato di grazia. strumentali, sempre fragili e Beat! si raccomanda allora nella
antologico di una potenzialmente Alessandro Besselva Averame introspettivi. E se L’Intrus è accre- stessa misura al neofita, al curio-
lunga serie, oltre ai tre brani cita- ditata a Staples e Vendredi Soir a so desideroso di approfondire, al
ti, cavalli di battaglia di Everly Dickon Hinchlffe, il resto è ricon- collezionista incallito.
Brothers e Buddy Holly (il secon- TINDERSTICKS ducibile alla band nella sua inte- Eddy Cilìa
do è però presente in una meno CLAIRE DENIS FILM rezza; a dimostrazione del fatto
conosciuta ma non meno bella SCORES 1996-2009 che le colonne sonore dei Tinder-
Constellation/ sticks non rappresentano un
Goodfellas mero esercizio di stile, viceversa il
miglior modo possibile per esalta-
Un legame duraturo come pochi re ritmi narcolettici e passaggi
altri, quello che si è instaurato tra pregni di una feroce tensione.
i Tindersticks e la cineasta france- Nota di merito per il packaging
se Claire Denis: dal 1996, quando curato dalla Constellation, giac-
113
CLASSICROCK PIETRE MILIARI
FLYING LIZARDS
FLYING LIZARDS vendere. Summertime Blues convince la
critica e vende in effetti qualcosa, abba-
(Virgin, 1980) stanza comunque da spingere la Virgin a
ritentare l’operazione con Money. A quel
È l’estate del 1979 e il Regno Unito, ormai punto, dall’alto della Top 5, Cunningham
attraversato da una palpabile rassegnazio- rinegozia l’accordo con l’etichetta di
ne, sta per entrare ufficialmente nell’Era Richard Branson e ottiene carta bianca per
Thatcher. Gli anni marroni raccontati da un album intero.
Jonathan Coe sono nel pieno del loro gri-
giore, e stanno per virare al nero. Una biz- Si potrebbe leggere questo passaggio come
zarra cover di Money, il classico della Mo- una great rock’n’roll swindle in sedicesimo,
town firmato Barry Gordy e conosciuto magari nobilitata (o svilita, dipende dai
soprattutto nella versione dei Beatles, scala punti di vista) da ambizioni artistiche. In
inaspettatamente le classifiche britanniche, realtà basta analizzare Money per capire
raggiungendo la quinta posizione. Il brano che ad azionare il motore dei Flying Lizards
è stato registrato con minimi mezzi, l’atti- è la pura e semplice volontà di applicare
tudine DIY è evidente. Le spese di registra- metodi non ortodossi di produzione e
zione ammontano a poche sterline e viene manipolazione del suono alla costruzione di
difficile immaginare qualcosa di più punk: brani che sono, di fatto, illusioni uditive,
smontare il giocattolo pop (un inno ai soldi possibili unicamente nello spazio di uno
facili, tanto più), ridurlo ai minimi termini, svuotandolo di qualsiasi gra- studio di registrazione. Parte della batteria di Money è registrata in un’al-
zia e profondità emotiva (la voce femminile che declama i versi sta tra tra stanza, quella che sembra la cassa è un basso percosso, lo strano
la morte per noia, la spocchia aristocratica più fastidiosa che possiate banjo scordato che si percepisce è in realtà un pianoforte preparato in
immaginare e un inquietante, robotico distacco), e finire pure in classi- linea con i dettami aleatori di John Cage. Abile illusionista sonoro, il
fica. Se l’operazione è, nella sua fase progettuale, perfettamente inten- nostro uomo prende ciò che gli serve di quanto vede accadere intorno a
zionale, l’esito commerciale non lo è di certo. Ma non è il primo tenta- sé, come le contaminazioni coeve con il dub, tanto che il finale di Money
tivo in tal senso. si perde proprio in quei territori, con bassi profondi che portano a ter-
mine l’opera di disintegrazione applicata fin dai primi istanti alla canzo-
La sigla che incornicia l’impresa risponde al nome di Flying Lizards, e il ne. Russia incastra una malevola filastrocca residentsiana su un testo
titolare del progetto, David Cunningham, ex studente del Maidstone punk funk alla Pop Group, Her Story, voce e parole di Vivienne Goldman
College Of Art, compositore/sperimentatore in erba nonché frequenta- (che ritorna nella folk-dub The Window), mette in campo una rielabora-
tore del London Musicians Collective, spazio autogestito che in quegli zione di schemi disco-funk mutanti di matrice newyorchese, TV, terzo e
anni fa da cerniera tra l’avanguardia più insofferente alle regole e i set- ultimo contributo della Evans, è un omaggio ai Sixties con chitarre alla
tori del punk più irrequieti e artistici, aveva già applicato la propria Telstar, organi lounge e una assurda parodia vocale dei fiati, mentre una
inventiva artigianale, da nipotino di Joe Meek, a un altro stagionato terza cover, Mandelay Song di Brecht/Weill, con Kit Haine alla voce, è
classico, Summertime Blues di Eddie Cochran. Ancora più radicale, in come un pezzo degli Art Bears a velocità raddoppiata, esasperante ma
quel caso, il trattamento: il tempo, scandito da una specie di primitivo ben poco serioso. Talvolta il leader prende elementi registrati in momen-
metronomo, pare quello di un nastro rallentato a mano, la chitarra è ti diversi e nei ritagli di tempo (la batteria di Flood, frutto di vaghe istru-
lontana e quasi coincide con l’eco sfocata un clangore industriale, la zioni impartite a Charles Hayward dei This Heat, gruppo di cui Cunnin-
solita voce femminile (diamole un volto: gham è in quel momento manager, dà vita a
Deborah Evans-Stickland, compagna di colle- un delirio ossessivo degno dei PIL di Metal
ge di Cunningham) è ancora più annoiata e Box) e li assembla, e i musicisti ospiti sono il
indisponente, mentre una seconda voce più delle volte semplici ingredienti da dosare,
(quella di Michael Upton, pittore e docente al le pedine di un gioco solipsistico, tanto che
Maidstone) interpreta la figura del padre che verrebbe facile considerare il primo lavoro dei
alimenta a colpi di divieti la malinconia estiva Flying Lizards un’opera più concettuale che
del protagonista della canzone (la protagoni- strettamente fruibile. Ma se è vero che, nel
sta, in questo caso, ulteriore détournement). suo complesso, Flying Lizards è una sorta di
L’effetto è irresistibilmente comico, ma non trattato sul post punk, in grado di evidenzia-
siamo sicuri sia questo il motivo che spinge re il legami del non-genere con le musiche
Simon Draper della Virgin a pubblicarlo come altre, prevedendone a sprazzi sviluppi succes-
singolo nel 1978: nell’anno della Satisfaction sivi, il suo artefice lo ha scritto facendo ricor-
firmata Devo, lo scompaginamento della so ad un lessico niente affatto pretenzioso,
biblioteca di base del rock è una novità che obliquo ma non contorto. E divertendo(si)
incuriosisce e, con le giuste dosi di fortuna e pure parecchio.
di strategia promozionale, rischia pure di Alessandro Besselva Averame
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117
LOUIS
NERO
Indipendenza e sperimentazione,
sono le due bandiere sotto le quali
Il regista Louis Nero
sul set di Rasputin
imposte dal mercato, tanto da Il tuo esordio è avvenuto con Golem, realizzato nel 1998 ma distri-
buito nel 2000. Cosa ricordi di quell’esperienza?
spaccare pubblico e critica in due Di Golem ricordo soprattutto la fatica della post-produzione. Nel
1998, quando abbiamo realizzato il film, non esistevano molti pro-
fazioni opposte. Chi lo odia grammi per fare l’effettistica; inoltre io non ero molto capace in tal
senso e non potevo permettermi uno studio esterno specializzato.
gli rimprovera autoreferenzialità Quindi ho fatto una scelta che è stata devastante per la mia psiche
oltre che per la mia vista, ovvero disegnare il Golem fotogramma per
e presunzione, chi lo ama ne mette fotogramma. Ho disegnato tre milioni di fotogrammi impiegandoci
quasi tre anni! Ancora oggi ho le allucinazioni da Photoshop!
in risalto il coraggio, l’originalità Ricordo anche con piacere il tour promozionale. Visto che si tratta-
va di un’opera prima, peraltro molto particolare, non riuscivo a tro-
e lo spirito innovatore. vare una distribuzione, così ho messo in piedi un progetto che
potesse arricchirmi e permettermi di entrare in contatto con molte
di Daniele ‘Danno’ Silipo persone, alle quali spiegare il mio film. Quindi abbiamo organizzato
un tour col camper durato quasi sei mesi, prendendo accordi con le
C
università, con le piccole sale d’essai, con le associazioni culturali e
he lo si ami o lo si odi, Louis Nero, rimane un regista unico nel anche con molte scuole ebraiche (visto il tema del film).
panorama italiano (indipendente e non), a cui tutto si può rim-
proverare tranne la mancanza di coerenza e la capacità di per- Con Golem inizia anche una trilogia sul linguaggio cinematografico...
seguire fino in fondo (a costo di autoescludersi dal grosso cir- Sì, in Golem mi sono concentrato soprattutto sul mondo della
cuito o risultare scomodo attirando disprezzo) la sua idea di videoarte e sul suo rapporto con il cinema. Quindi si tratta di un
cinema. Da Aprile, nelle sale italiane, il suo ultimo film Rasputin, una crossover tra i due linguaggi, un po’ come avviene anche in Rasputin,
storia oltre la leggenda del mistico russo. però su un livello differente.
Perché un film su Rasputin? La tua opera seconda, Pianosequenza, rappresenta una nuova sfida:
Rasputin è un personaggio che mi ha sempre affascinato. Più mi realizzare un intero film, appunto, in pianosequenza...
sono avvicinato a questo personaggio, più ho scoperto delle “verità” È il secondo film della trilogia sul linguaggio cinematografico.
che erano state celate. Grazie ad alcuni libri, e soprattutto grazie Ovviamente, in questo caso, la fatica più grande è stata proprio quel-
ILMUCCHIOSELVAGGIO
la di girarlo e prepararlo: ambientare quasi uno spettacolo teatrale
in un’intera città (è girato in pieno centro a Torino), senza poter sba- Faye Dunaway
gliare. Tieni presente che si tratta di un pianosequenza reale di due in La rabbia
ore e tredici minuti, una botta! Prima dell’avvento del digitale era
impossibile fare una cosa del genere, ma per limiti del supporto non
del regista. Per esempio ci sono stati precedenti illustri come Nodo
alla gola di Hitchcock (un pianosequenza lungo tutto il film ma in
realtà “finto”, perché ci sono delle dissolvenze incrociate) e anche
l’Arca Russa di Aleksandr Sokurov. Ma il mio intento non era tanto
organizzare un lungo pianosequenza, che con un po’ di organizza-
zione può fare chiunque, quanto non farlo percepire. Nell’Arca Russa
di Sukurov, prevale il campo medio, è come se ci fosse un occhio
che osserva il film, in Pianosequenza invece volevo dare l’impressio-
ne che ci fosse un montaggio. Quindi ci sono fortissimi movimenti
di camera, dei primi piani alternati a campi lunghi, delle profondità
di campo differenti; è stato davvero molto complesso.
119
SCREAMADELICA
L’antidoto contro tutti i neorealismi
di Luca Castelli
Dylan Dog
ILMUCCHIOSELVAGGIO
nologia di oggi, ma che manca del mordente e dell’immancabile
effetto sorpresa. In molti hanno scritto che si trattava del miglior Rubber
sequel possibile. Alla fine, ahimé, il giudizio di chi scrive è figlio
delle emozioni: una palla.
Se ci spostiamo di qualche centinaio di chilometri a sud-est, inve-
ce, iniziamo a divertirci. Figlio bastardo di uno dei finti trailer del
progetto Grindhouse di Quentin Tarantino e Robert Rodriguez e
presentato all’ultima mostra di Venezia, Machete è un gioiello
grezzo, affilato, travolgente. Mettendo finalmente a frutto un pro-
getto di vent’anni fa, Rodriguez si scatena in un frullato di new
horror degli anni Settanta, splatter di serie B degli Ottanta e atmo-
sfere messicaneggianti alla El Mariachi/Dal tramonto all’alba dei
Novanta. La sceneggiatura sfrigola che è un piacere, tra battute,
esagerazioni e cliché dei film di genere, ma il vero valore aggiun-
to è il cast. Da Michelle Rodriguez a Robert De Niro, da Jessica
Alba a Jeff Fahey, da Lindsay Lohan a Tom Savini a Steven Seagal,
tutti danno l’impressione di divertirsi come matti. E su di loro, nel
ruolo del vendicativo ex-agente federale Machete troneggia un
Danny Treio che Rodriguez promuove da comprimario (ha recita-
to in praticamente tutti i film del regista) a star assoluta. Più nel
cinema che nel calcio, sia sempre lode alla serie B.
ALTROVE
Machete non è l’unico frutto della covata malefica di Grindhouse.
Oltreoceano è spuntato un altro finto-trailer-trasformato-in-film, il
canadese Hobo With A Shotgun di Jason Eisener. Rispetto a
Machete, qui si scende ancor più negli inferi della serie B. I riferi-
menti sono più o meno gli stessi, con l’aggiunta di un’altra ven-
tata di Rodriguez, Sin City, sia per le tinte fumettistiche che per il
sapore di grottesco. Il protagonista, l’hobo con il fucile, è il miglio-
re androide (e autostoppista) di tutti i tempi: Rutger Hauer. Vec-
chio, sporco, barcollante, si ribella all’ultraviolenza dei criminali
che spadroneggiano a HopeTown, ripagandoli con la stessa mo-
neta. Se Machete, pur rimanendo nei confini del genere, può vaga- varsi di fronte a un fratellino minore, forse un po’ meno talentuo-
mente interessare anche un pubblico mainstream, con Hobo With so ma anche meno allineato, della nutrita famiglia dei videomaker
A Shotgun siamo in piena fangoria: ingresso riservato agli appas- che negli ultimi dieci anni hanno conquistato Hollywood (Michel
sionati di splatter. Non sarebbe male se un pazzoide curatore di Gondry, Spike Jonze, Mark Romanek).
festival organizzasse una serata “Grindhouse”, proiettando uno L’ultimo fragoroso applauso del mese va a un documentario:
dopo l’altro A prova di morte (Tarantino), Planet Terror (Rodri- Never Sleep Again - The Elm Street Legacy. Quattro corpose ed
guez), Machete e Hobo With A Shotgun. Così come non sarebbe eccitanti ore in cui i registi Daniel Farrands e Andrew Kasch rac-
male se anche i restanti fake trailer di Grindhouse - Werewolves contano l’intera saga di Freddy Krueger, dal primo Nightmare -
Women Of SS di Rob Zombie, Don’t di Edgar Wright e Thanks- Dal profondo della notte del 1984 al penultimo Freddy VS Jason del
giving di Eli Roth - diventassero lungometraggi. 2003 (lasciando dunque stare l’inutile remake del 2010). Il bello è
Un’altra strana creatura che ha iniziato a rotolare qua e là sul Web che al gioco partecipano praticamente tutti i registi, sceneggiato-
e che difficilmente arriverà in Italia, se non forse in dvd o in qual- ri, produttori e attori originali dei film. Dall’ideatore del perso-
che festival, è Rubber, il secondo film di Quentin Dupieux, ovvero naggio (Wes Craven) all’interprete che lo ha portato nel mito
quel Mr. Oizo responsabile del pupazzetto giallo dei vecchi spot tv (Robert Englund), dalle eroine più amate (Heather Langenkamp,
della Levi’s. Il protagonista, giusto per farvi capire quanto distanti che è anche voce narrante) ai produttori che grazie al ghignante
ci troviamo dal neorealismo, è uno pneumatico assassino. Si risve- babau con i quattro artigli hanno costruito dal nulla una florida
glia nel deserto della California, scopre di avere poteri paranorma- impresa cinematografica (la New Line, talmente florida da poter-
li e inizia a usarli in stile Scanners. In realtà, più che truculento, si permettere la mastodontica trilogia de Il signore degli anelli).
Rubber è bizzarro, surreale, ai confini del teatro dell’assurdo: sia Mancano giusto due vip: Johnny Depp (sbudellato da Freddy nel
per la storia centrale dello pneumatico che per il contorno, i dialo- film del 1984) e Patricia Arquette (la cui carriera iniziò nel 1987 in
ghi, il ruolo degli altri personaggi (tutti esseri umani, almeno fino Nightmare III). Peggio per loro. Tra aneddoti, curiosità, ricordi,
ai titoli di coda). Passato con qualche fischio a Cannes 2010, il film scene tagliate e dietro le quinte, il risultato è qualcosa che i fan
è piuttosto godibile, soprattutto come esercizio di stile. C’è qual- più nostalgici e completisti non dovrebbero lasciarsi scappare: la
che ammiccamento alla storia del cinema (tra i fratelli Coen e un giusta celebrazione per l’ultima vera icona horror del nostro
hitchcockiano motel con doccia) e l’impressione generale è di tro- tempo (info su www.elmstreetlegacy.com).
121
CULT TV
Lip Service
D
el passare del tempo e dei cambiamenti della società te ne de in Grey’s Anathomy, in Brothers And Sisters e nella fantastica Mo-
accorgi anche dalle fiction. Se Lip Service va in onda in chia- dern Family, solo per citare alcuni esempi, incappare in storie di
ro sul terzo canale della televisione britannica senza alzare amore tra persone dello stesso sesso al pari e al fianco di quelle e-
neanche un granello di polvere, salvo gli attacchi telefonati terosessuali? Come fossero - come sono - elementi di uno stesso
da parte della stampa evangelica, e in Italia è il satellite a pro- insieme e non insiemi disgiunti. Se il legame che unisce Frankie,
grammarla in seconda serata, sorridi perché il mezzo, sarà con- la bionda e inquieta fotografa motore della serie, alla dolce Cat,
tento McLuhan, è ancora il messaggio. Se le tematiche legate al sua anima gemella, fosse privato di etichetta, non funzionerebbe
mondo omosessuale guardano alla luna e non più al dito (qui, ad meglio? Ma la “normalizzazione” a tutti i costi comporta pure i
esempio, non c’è quasi traccia di problematiche legate al coming suoi rischi come dimostra il film I ragazzi stanno bene, miglior pel-
out mentre vengono privilegiate le sfumature della complessità licola a Berlino 2010, e nelle sale da noi lo scorso marzo, in cui
della sessualità), te ne rallegri perché dopo il salto, evidentemen- Annette Bening e Julianne Moore interpretano una coppia lesbica
te c’è la vita e ha poco senso perder tempo con le definizioni. Se, con due figli. Il tono è quello della commedia, lo stile quello indie
ancora, la trama non si limita alle relazioni sentimentali e non patinato e il riscontro della critica più generoso di quello che sa-
indugia troppo sulle scene di sicuro appeal (leggasi seduzione e rebbe dovuto essere. Una famiglia perfettamente integrata, non
sesso, che qui comunque non mancano), ma tenta di allargare gli condizionata da qualsivoglia pregiudizio, libera di amare e sba-
orizzonti ad altre dinamiche e realtà (famiglia e lavoro) è un bel gliare, in cui il donatore di sperma funge da detonatore della sto-
vedere perché significa che siamo un passo fuori dal ghetto del ria. Tutto bene se non fosse che il risultato è leggerino, superficia-
quale però un contenitore come questo titolo è in fondo espres- le, buffo e a tratti irrealistico. Un titolo poco riuscito, che non è né
sione. Una serie nata e pensata per uno specifico target (in patria un gioliellino, né un piccolo capolavoro, come si è sentito dire, ma
ha raggiunto il 4,4 percento di share - 580 mila spettatori) in cui i è un film che fa curriculum, di quelli cioè buoni da sfoggiare con
protagonisti - sei su otto - sono donne tra i venti e i trent’anni che gli amici per sentirsi a posto. Sostenere che la pellicola non sia
si amano, solleva almeno una domanda: se siamo tanto liberi, niente di speciale non significa discriminare, tutt’altro. È nel buo-
aperti e sereni come si mostra, ha ancora senso un prodotto così nismo che si nasconde il baco.
fortemente caratterizzato? Non sarebbe preferibile, come già acca- In onda il venerdì alle 22,45 su
ILMUCCHIOSELVAGGIO
Letture & visioni
LIBRI
Chi legge da molto il Mucchio, sa che non
Da Carmelo Bene e il suo odio ci sottraiamo alle classifiche, purché
siano affrontate in maniera giocosa e po-
per il cinema, all’atto d’amore co “ingessata”. I 100 capolavori del cinema
secondo Taschen (pp. 800, euro 19,99)
dei cento capolavori della Settima accendono sicuramente ogni tipo di dis-
cussione, ma sono tutti pietre miliari del-
Arte secondo Taschen. la Settima Arte. Chi le ha selezionate per
la prestigiosa casa editrice tedesca (da
trentun anni attenta in modo ossessivo
Qualche tempo fa, dovendo trattare di alla accessibilità dei propri libri, venduti
uno dei film ri-usciti di Carmelo Bene, spesso a prezzi ragionevoli e sempre in
ci si attardava in questa forse inutile ri- edizioni molto eleganti, come in questo
flessione: “non si sa mai da dove comin- caso), Jürgen Müller (critico d’arte, curatore di mostre e visiting
ciare quando si deve parlare di Carme- professor presso numerose università, la cattedra di storia dell’Arte
lo Bene, e quindi viene voglia subito di presso l’Università di Dresda, dove vive) non nasconde di “aver
smettere, anche solo per quel senso preci- usato solo la sua personale inclinazione estetica, la suggestione, piutto-
so di inadeguatezza, di panico, quel non sto che pretendere di aver ragione, nello stilare una classifica assoluta”.
essere all’altezza della sua opera, del suo Il critico riesce così a inanellare le schede sulla base del valore este-
pensiero, della sua vita”. Il senso di ina- tico e storico di ciascuna pellicola. Si parte con Nascita di una Na-
deguatezza quando si deve parlare di zione (D.W. Griffith, 1915) e si arriva con La tigre e il dragone (Ang
Carmelo Bene è perenne e frustrante, Lee, 2000), non sconfinando, volutamente, in un decennio di gran-
al limite. E, allora, perfetta è la solu- di mutamenti tecnologici come lo scorso, anche perché il progetto
zione trovata e cercata dalla casa editrice minimum fax che appartiene al passato recente della Taschen.
con Contro il cinema (euro 15) ha deciso di parlare di Carmelo Illuminanti saggi introduttivi a ciascuno dei decenni, una veste gra-
Bene attraverso le sue parole, dando a lui la parola. Lo fa rac- fica ineccepibile e una sarabanda di capolavori, che toccano qual-
cogliendo in un volume di 186 pagine le principali interviste siasi genere, per dimostrare il magnetismo assoluto che il cinema-
che Bene ha rilasciato sul suo cinema nel corso del tempo. tografo ha saputo incarnare per buona parte del Novecento. Sce-
D’altronde, questa scelta della minimum fax è di campo, aven- gliete voi se essere o meno d’accordo su una cernita che compren-
do deciso da tempo di dedicare una collana di cinema che ab- de titoli come Nosferatu, Metropolis, La febbre dell’oro, Quarto pote-
bia soltanto questa caratteristica: far parlare gli autori. Se ne re, I figli della violenza, I sette samurai, La dolce vita, Psyco, Arancia
contano diversi, ormai, di cui molti davvero belli e importanti, meccanica, Io e Annie, Velluto Blu, Pulp Fiction. Di sicuro, il modo in
come quello di Werner Herzog, Incontri alla fine del mondo. cui vengono presentati (sinossi, lista del cast/crew, informazioni
Convesazioni tra cinema e vita, come quello di Stanley Kubrick, tecniche, bio degli attori e del regista, lista dei premi assegnati, foto
Non ho risposte semplici. Il genio del cinema si racconta, per non di scena e poster originale) è minuzioso e appagante.
parlare delle Due o tre cose che so di me di Jean-Luc Godard. Jacopo Barozzi
All’interno di questa passerella di grandi nomi della storia del
cinema si inserisce Carmelo Bene, anche se - come spesso
ama ripetere nelle conversazioni contenute nel libro - lui il ci-
nema lo detestava, come anche i suoi maestri (compreso Go- Io e Annie
dard, definito un vigile urbano, a memoria). Le conversazioni,
raccolte da Emiliano Morreale che cura il volume e ne fa una
forbita prefazione, si riferiscono a quelle concesse ad alcune
riviste (i “Cahiers du cinéma” e “Cinema e Film”) e ad alcuni
critici o intervistatori amici e compiacenti, in grado di soste-
nere la relazione e di accettare i mille giochi di Carmelo Bene,
tesi a stravolgere continuamente il punto di vista, che sia quel-
lo dell’intervistatore o il suo stesso, tanto che a volte ci si per-
de in questo labirinto specchiato di citazioni e contestazioni,
riferimenti e provocazioni.
Questo testo, oltre a far emergere la concezione del cinema di
Bene, come anche la sua idea di arte e di mondo, e il posto che
l’artista vi deve avere, è anche un utile compendio di come si
deve fare o non fare un’intervista. Spesso, alla fine di un lungo
dialogo, ci si accorge che le parti sono capovolte, nel senso che
chi fa le domande non è più l’intervistatore ma Bene, che mette
in crisi il senso stesso di fare le domande. Si immagina allora il
senso di inadeguatezza che hanno dovuto provare i testimoni
di allora al cospetto di un genio simile.
Dario Zonta
123
DVD
C
ontemporaneo allo sbarco e al suo fedele assistente Qui viene sedotta da un Lou terpretazione piuttosto che per
nelle sale italiane di quel Gniaghi l’arduo compito di dare Castel nella veste a lui tipica del incuriosire l’eventuale acquiren-
cine-orrore Holliwoodiano il definitivo riposo ai molesti giovane ribelle che, dotato della te con un richiamo ad effetto.
maldestramente intitolato inquilini, sgradevoli per odore e consueta faccia da schiaffi, la Infatti la pellicola conferma l’e-
Dylan Dog, segnaliamo gusti culinari. Rupert Everett è porterà a sperimentare le gioie voluzione dell’autore verso
l’uscita in dvd di DellaMorte molto più dell’incarnazione di della droga (in pastiglie, anche una poetica umanamente più
DellAmore (CG ***) cine-cult Dylan Dog: costituisce infatti la per ballare), e dell’amore promi- razionale, meno istintiva ri-
del ’93 tratto dall’omonimo sintesi fumettistico/letteraria scuo, con accenni per niente spetto gli esordi che vedevano
romanzo di Tiziano Sclavi (au- dell’antieroe sclaviano per anto- velati all’incesto, grazie alla i suoi personaggi in lotta con
tore, appunto, del fumetto nomasia e la parabola allegorica complicità di una falsa sorella le proprie mutazioni in una
Dylan Dog) e girato dall’allora di uno stato esistenziale di del gigolò. Si cadrà in una verti- ricerca di equilibrio tra carne,
giovane e talentuoso Michele smarrimento adolescenziale gine di sadismo e dipendenze mente e protesi.
Soavi. Definito frettolosamente dell’identità. Francesco troverà, varie intessuta dalla giovane È la storia di Hiroshi, che si
come un horror di stampo clas- nella placida routine cimiteriale coppia che si scoprirà agire in risveglia senza memoria in un
sico, il film si discosta enorme- dell’ammazza zombi, una rassi- tal modo su commissione. ospedale di Tokyo dopo un tra-
mente da tale rigida classifica- curante alcova di protezione da Tutto sommato un film dal gico incidente. Poco a poco
zione e si caratterizza nella un mondo esterno questo sì respiro emancipatamente euro- questo studente di medicina,
commistione armonica di gene- mostruoso e terrificante. La peo, con un modernariato che riacquista i ricordi del proprio
ri diversi in equilibrio fra loro. comparsa dell’amore (Anna innaffiato dalle musiche ripetiti- passato e si ritrova a sezionare
L’anima romantico-umoristica Falchi) costringerà Dellamorte a ve di Piero Umiliani e dai ral- e riconoscere il cadavere della
del soggetto è fortemente enfa- confrontarsi con le proprie pau- lenty e luci virate all’acido si fa propria ragazza morta nell’inci-
tizzata dalla sceneggiatura che re e a immergersi nell’incubo apprezzare fino ai colpi di scena dente. Quello del giovane è un
sfrutta il tipico humor nero scla- del reale che lo vedrà sconfitto finali, nonostante i dialoghi viaggio attraverso una geogra-
viano e ne rispetta la sofisticata per ben tre volte in questo suo troppo poveri. L’attrice america- fia asettica in cui decifrare i
passione per il nonsense. Della- percorso traumatico di crescita na è molto generosa nel mostra- segni che affiorano dalla lettura
Morte DellAmore è certamente e disillusione. Nello splendido re il mostrabile, nella versione di un’anatomia estranea ma
un tributo al genere cinemato- epilogo, la strada interrotta san- per il mercato USA intitolata conosciuta, e cercare di dipana-
grafico horror degli anni 70 e 80 cisce la fine dell’illusione e il Paranoia, come uno dei succes- re memorie e percezione di sé.
ma al contempo sembra sancir- risveglio da un sogno bellissi- sivi film del maestro di Massa La poetica a cui Tsukamoto ci
ne la crepuscolare fine. I vecchi mo e nero: un sogno horror. Marittima, ci sarebbero anche ha fatto appassionare negli
mostri non spaventano più, Giuliano Ortali dei nudi integrali frontali qui anni, qui trova nuove metriche
sono relegati sullo sfondo, assenti. L’edizione distribuita con l’uso sapiente di luci, colo-
come la cornice iconografica di Orgasmo, il primo capitolo della dalla 01 Distribution non ha ri e anche ombre per dare diver-
un mondo ormai cambiato che collaborazione tra Umberto grandi pregi, scarsa la qualità se voci ai gradi di coscienza che
teme più la vita che la morte ed Lenzi e Carroll Baker, vede la delle immagini, il riversamento si raccontano. L’edizione pre-
è preda di paure più sottili e luce in dvd per Rai Cinema nella è pari a quello di una vhs. Del senta diversi extra: un’intervista
nascoste. Francesco Dellamorte collana dei Gialli Titanus (**). Il tutto inesistenti gli extra. al regista, un backstage di quasi
(Rupert Everett) è l’emarginato film, uscito nel 1969, sviluppava 20 minuti, oltre a un music trai-
custode del cimitero di Buf- una trama da noir in salsa pic- Vital, la fatica del 2004 di Shinya ler e il resoconto della prima al
falora, il suo lavoro è più com- cante e vagamente psichedelica Tsukamoto arriva in dvd nell’e- festival di Venezia del 2004. La
plicato del previsto data l’insoli- con la Baker, che appena eredi- dizione italiana della Eskimo versione riversata è l’originale
ta abitudine dei cadaveri di tor- tata una cospicua fortuna dal (****), che aggiunge al titolo con l’audio giapponese e sotto-
nare in vita entro sette giorni defunto marito arriva in una originale la dicitura “Autopsia di titoli in italiano.
dalla loro dipartita. A Francesco villa italiana per cambiare aria. un amore”, forse per dare un’in- Ivan G. Cordoni
ILMUCCHIOSELVAGGIO
FILM DEL MESE
HABEMUS PAPAM maggioranza del cinema di oggi. Cinema anaffettivo, quello, dove
Regia: Nanni Moretti Interpreti: Michel Pic- invece gli intenti morettiani vanno in una direzione opposta. Da
coli, Jerzy Stuhr, Renato Scarpa, Nanni Mo- La messa è finita, la sua opera più convincente.
retti, Margherita Buy Distribuzione: 01 Du- Claudia Mangano / * * * *
rata: 104’
PERCHÉ NO
PERCHÉ SÌ C’era bisogno di un ennesimo film infarcito di morettismo? Certo
Stupisce, scriviamolo subito, la levata di che no. Non fraintendiamoci: il Moretti degli inizi, almeno fino a
scudi contro Habemus Papam che rimbal- La messa è finita, è stato un grande antimaestro, nonostante una
za dal giornale cattolico “L’Avvenire” fino insopportabile saccenteria narcisistica, che ha sempre fatto capo-
ad alcuni prelati, e che arriva, addirittura, lino, fra le pieghe della sua filmografia. Dal “dibattito, no!” al “non
a proporre il boicottaggio della pellicola al scrivermi, non telefonarmi…”, il suo cinema di parola, più che di a-
botteghino. I primi dati ci dicono che non ci sarà storia, al riguar- zione o di drammaturgia visiva, ha rifondato il gusto di chi non
do: il film di Moretti ha già raccolto il tutto esaurito nel suo primo voleva essere per sempre schiavo dei cascami del neorealismo o
weekend di programmazione. Lo stupore però è soprattutto per della commediaccia all’italiana. Habemus Papam, però, ricalca
l’oscurantismo con cui viene affrontato un lavoro serio, rispetto- tutti quelli che nel frattempo sono diventati cliché in un modo di
so, in cui il centro della narrazione è semmai la solitudine del- essere regista e attore a tratti insopportabile. La commedia, il
l’uomo davanti a Dio, piuttosto che la sua inesistenza o la rituali- grottesco, la facile ironia sul cattivo giornalismo di questi tempi e
tà ridicola della Chiesa Cattolica. Nella figura del cardinale la vocazione ribaltata in dubbio: cose già viste e soprattutto sen-
Melville, scelto dal conclave per essere il successore di San Pietro tite (sì, perché le parole sono così importanti da fagocitare del tut-
e incapace ad affrontare l’impegno - al punto da smuovere uno to il piacere del cinema, come lo chiamerebbe Vieri Razzini) che
psicologo luminare e a tagliare la corda alla chetichella, approfit- vengono affrontate con un tono di sicuro irrispettoso, non nei
tando della distrazione altrui - si può ritrovare la nostra incapaci- confronti del cattolicesimo, ma dello spettatore. Interpretazione
tà a fare i conti con la vita. Evitiamo di svelare il finale, molto più (mirabile) di Michel Piccoli a parte, il resto della traversata emo-
magistrale e drammatico di quello de Il Caimano, ma possiamo tiva e spirituale sui dubbi di un cardinale nominato papa appare
garantire che il regista romano riesce a mantenere uno stile effi- verboso - appunto - e abbastanza scontato, privo, anche nelle
cace durante tutta la vicenda. Attinge alla commedia senza stra- scene più divertenti, di quello straniamento che avrebbe salvato il
fare, sferza i nostri mass media e i luoghi comuni che continua- tutto dal naufragio. Un naufragio, ripetiamolo, che non riguarda
no a soffocarci, ci dà, con una serie di piani sequenza ben cali- né l’argomento, né il tono con cui viene affrontato. È solo una
brati, alcune illuminanti lezioni di regia, forse peccando solo nel questione di noia, pura e semplice, da cui non ci si risolleva fino
ruolo che si attribuisce. Non lo avessimo visto per niente, Nanni a quando, cento minuti e oltre dopo l’inizio della proiezione, sia-
Moretti sarebbe stato il perfetto orchestratore di un dramma mo sollevati di peso dalla poltrona dalla voglia di curiosare altro-
comico dai sapori teatrali; così, forse, siamo appannati dalla sua ve. Peccato, ma non troppo: magari la prossima volta tornerà un
presenza, ma non possiamo che riconoscere ad Habemus Papam Nanni migliore.
un rigore formale e una poetica quasi assente nella stragrande Antonio Bibbò / •
125
WORLD INVASION LIMITLESS
Regia: Jonathan Liebesman Interpreti: Regia: Neil Burger Interpreti: Badley
Aaron Eckhart, Michelle Rodriguez Di- Cooper, Rober De Niro, Abbie Cornish,
stribuzione: Sony Durata: 117’ Distribuzione: Eagle Durata: 105’
Prove tecniche di invasione aliena. Ecco Eddie (Bradley Cooper) è un cliché di scrit-
cos’è World Invasion di Jonathan Liebe- tore fallito. È appena stato lasciato dalla
sman, film apripista di una stagione che fidanzata di successo ed è incapace di
da qui a Cowboy & Aliens, passando per il buttare giù una sola riga del suo fantoma-
piccolo schermo con Steven Spielberg e tico romanzo. Tornando a casa, incontra
Falling Skies, pare aver individuato un per caso l’ex-cognato spacciatore. È lui il
nuovo/vecchio nemico per surriscaldare Mefistofele che fornisce a Eddie una pillo-
l’estate americana. Della serie: se non la che gli permette di utilizzare il cento
sono gli zombie, diamoci sotto con gli extraterrestri. Evidentemente percento delle sue capacità cerebrali. Non si parla di controindica-
le minacce terroristiche globali o il versante bellico mediorientale zioni, la droga in questione sembra socialmente perfetta, tanto che
non bastano più. O chissà, sarà un segno dei tempi, così vicini al permette a Eddie di riconquistare la donna e la produttività perduta,
profetico 2012. E allora che mazzate siano. Il regista Liebesman ras- trasformandolo in una specie di superuomo. Presto Eddie capirà
sicura: il film era in sala di montaggio prima che la città degli angeli che scrivere non è tutto e si butterà nell’alta finanza, rimanendo invi-
finisse sotto attacco al cinema. E Skyline ha esaurito la sua spinta schiato con un boss russo in erba che gli presta i soldi per comin-
ascensionale da un pezzo in attesa di sequel. Di quel piccolo film ciare e diventando il braccio destro di un ottimo De Niro. La caduta
però Liebesman si è appropriato dei fratelli-registi Strause che non tarda a venire ed è qui che forse il film dà il meglio di sé. Senza
hanno curato gli spettacolari effetti visivi. Il resto è puro war movie, trasformare la storia in una semplice sequenza di ascesa e declino ,
con Aliens di James Cameron come nume tutelare per raccontare la Limitless cerca di mostrare la possibile convivenza con una droga del
storia di una pioggia di meteoriti che copre in realtà una massiccia genere, più che la sua recisa condanna. Così sì gioca con alcune
invasione dallo spazio. Bel cavallo di Troia, punto a favore per il film. delle ossessioni della contemporaneità, come l’impossibilità di
Restando in zona titolo frattanto, un manipolo di marines si trova a assorbire la mole di informazioni che ci viene scaricata addosso
combattere per strada, recupera civili tentando di ricongiungersi con ogni giorno e la voglia di trovare facili scorciatoie per ogni cosa.
il campo base, già raso al suolo. Quale sarà stavolta il tallone Ma il film non si prova in un ritratto globale della società, anzi, evita
d’Achille intergalattico per vincere sugli avversari? Niente di strabi- di alzare troppo la mira e così diventa (e rimane) piacevole, tenen-
liante. Questo cine-war preventivo (vedi mai che lassù gli ET si incaz- do la macchina da presa ben fissa sul protagonista. Anche grazie a
zino sul serio) è stato definito un incrocio tra Black Hawk Down e questo, Limitless appartiene di diritto alla Sci-fi più pura; non
Hurt Locker in salsa aliena. Aiuta di certo la camera a mano che scor- nasconde altri generi (non è un western o una commedia travestita
ta i militari ovunque, li scavalca o rovina a terra con loro per le esplo- da film di fantascienza), ma presenta davvero una possibilità di pre-
sioni. Per amore di realismo, questo e altro. Ma al solito, si spara sente alternativo e lo fa senza la pretesa di inventare mondi com-
tanto si parla poco e con irrinunciabile retorica. Come se il pubblico plessi (di qui il “facile” divertimento), semplicemente gettando un
avesse ancora urgenza di rassicurazioni. Battle: Los Angeles è sem- ingrediente incongruo nel mondo noto. E ci riesce, con alcuni
mai cinema bellico in terapia. Un po’ come il sergente protagonista momenti forse un po’ troppo fumettosi e francamente poco credi-
Aaron Eckhart, deve mostrare al mondo che i marines sono sempre bili (il rimando, senza spoiler, è alla resa dei conti con il boss russo).
in forma. Le medaglie al valore o sbrigative sedute dallo strizza cer- Fumettosi, ma davvero efficaci, sono pure la fotografia e gli effetti
velli aiutano poco. Celodurismo made in USA che non conosce speciali, che fanno pensare ogni volta all’ingresso in un mondo da
pause e lacrime. Ultima cosa, però: salvate il soldato Michelle videogame. Solo la fine sembra un po’ frettolosa e confusa: la voglia
Rodriguez. Elicotterista in Avatar, qui soldatessa: possibile arruola- di lasciare lo spettatore con il dubbio sul futuro di Eddie è chiara; un
mento in altro tipo di film? po’ meno lo sono le modalità con cui questo fine è raggiunto.
Mario A. Rumor / * * Antonio Bibbò / * * *
ILMUCCHIOSELVAGGIO
SOURCE CODE COUNTRY STRONG
Regia: Duncan Jones Interpreti: Jake Gyl- Regia: Shana Feste Interpreti: Gwyneth
lenhall, Vera Farmiga, Michelle Mona- Paltrow, Tim McGraw, Garrett Hedlund
ghan Distribuzione: 01 Durata: 92’ Distribuzione: Sony Durata: 117’
Il Capitano Colter Stevens si risveglia Kelly Canter è una star della musica
“nei panni” di qualcun altro su un treno country in riabilitazione. Durante un con-
diretto a downtown Chicago. Lui si certo a Dallas infatti ha dato il peggio di
ricordava di essere in Afghanistan a gui- sé, colpa di elevato tasso alcolico in corpo,
dare la sua squadra di elicotteristi. clamorosa caduta dal palco e conseguen-
Dopo 8 minuti il treno esplode. E l’at- te perdita del bimbo che teneva in grem-
tentatore ha in programma altre stragi bo. Il marito manager la convince a ripren-
per quel giorno. Colter si risveglia in una dere in mano la carriera, sebbene non del
sorta di cabina di pilotaggio, e scopre di essere in missione del tutto guarita. Nel nuovo tour si porta dietro un giovane musicista di
programma militar-scientifico denominato Source Code: una talento, Beau, e un’ex reginetta di bellezza che nutre ambizioni da
sorta di pastiche tra meccanica quantistica e capacità cerebrali star della musica. Siccome le ferite dell’anima sono tutt’altro che
attraverso il quale si viene spediti a rivivere gli ultimi 8 minuti di rimarginate, il destino che li attende non sarà dei più benevoli. Detto
una persona, con la speranza di poter salvare vite. Stevens deve fra noi, abbiamo sempre pensato che la musica country fosse il
usare al meglio quegli 8 minuti, ripetendo i tentativi e immagaz- cuore grande dell’America popolare. E Country Strong, scritto e diret-
zinando ogni volta informazioni diverse. to dalla trentacinquenne Shana Feste, al secondo film dopo Gli osta-
La premessa fantascientifica di Source Code sta tutta in un dialo- coli del cuore, pare confermarlo. Con una bottiglia in mano, un micro-
go tra il capo del programma Jeffrey Wright e il Capitano Jake fono nell’altra e andatura sbilenca, sono bravi tutti. Se poi aggiun-
Gyllenhall. Due minuti di paroloni come onde paraboliche e memo- giamo il tarlo della perdita che lascia segni indelebili nella vita di
ria cerebrale a breve termine, al termine dei quali si “crede” alla pre- Kelly, come minimo la sua interprete Gwyneth Paltrow avrebbe spe-
messa drammaturgica, pur avendo la sensazione che fermarsi due rato in nuova candidatura al premio Oscar (che c’è stato, per la can-
secondi a riflettere potrebbe essere fatale alla sospensione dell’in- zone). Con un simile andazzo, poco chiaro se troppo hollywoodiano
credulità. Ma non è questo, qui, il punto. Il punto nel secondo film o troppo poco indie, il giudizio sarebbe stato però impietoso. Per
di Duncan “Bowie” Jones è che sotto le spoglie del action fanta- sua fortuna Country Strong della musica e di tutti i cinici meccanismi
scientifico e del film puzzle in cui nulla è come sembra, si nascon- che ruotano attorno (per un attimo abbiamo temuto saltasse fuori
de altro. Non tanto, quindi, un esercizio ginnico high concept (set- la De Filippi con le sue giurie e gli rvm) ne fa una sublime cornice.
ting e mezzi dispiegati sono decisamente minimali, quasi calustro- Non il soggetto di fondo. Certo le canzoni sono bellissime da ascol-
fobici). Né un esercizio pseudo-intellettuale del genere “vedi quan- tare: canta la Paltrow canta la signorina malefica di Gossip Girl
to riesco a complicare plot e mondo narrativo? Sono fico eh?”. No, qui Leighton Meester, non canta Tim McGraw che di country ne sa qual-
sotto c’è un cuore che batte, e un’attenzione all’umanità dei perso- cosa ma recita alla grande il ruolo del marito afflitto. Centrale e più
naggi talmente dichiarata da farsi plot. Il tenace e commovente rivoluzionaria semmai, è la voglia di raccontare i legami fra le per-
attaccamento alla vita del nostro protagonista fa virare la storia e sone, con aggiornato aplomb melò stile Douglas Sirk.
mescola i generi: e gli ultimi 15 minuti si trasformano in una sorta Sentimenti ed emozioni vanno su e giù come in classifica, a secon-
di romantic comedy come avrebbe potuto girarla Resnais. da del mood ormai spento della Paltrow. Si spera in tardivo risarci-
Non si arrende all’evidenza il Capitano Stevens, sente che un’al- mento che forse non arriverà perché marito e moglie si amano come
tra realtà è possibile. Questa realtà, è evidente, è quella che espe- in un testo di canzone, dandosi le spalle nella realtà. Dice bene uno
riamo al buio nella sala cinematografica. E Source Code è uno dei dei protagonisti: amore e fama non vanno d’accordo. Peccato che
film più genuini e romantici nel ricordarci, per l’ennesima volta, il alla fine resta atto testamentario giunto troppo tardi per bocca della
potere salvifico del mezzo cinema. sfortunata cantante e sul nascere di un nuovo amore.
Giorgio Nerone / * * * Mario A. Rumor / * * *
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MIGUEL SYJUCO
Non sempre chi scrive un libro scoppiettante, così ben fatto, sa essere
anche interessante; non è il caso di Syjuco. Il ragazzo, canadese
d’adozione, classe ’76, ha scritto un romanzo in cui frullano la storia
del suo paese d’origine, le Filippine, l’Occidente, i nuovi media, di tutto.
di Liborio Conca
L
o incontriamo in un albergo romano dall’aria strana- Qual è il tuo rapporto con la critica, e come è stato accol-
mente orientaleggiante. Sarà la suggestione. Alla fine to il tuo libro nel tuo paese d’origine, le Filippine?
vien fuori che Syjuco è un fan degli Arcade Fire, non- Io scrivo quello che mi piacerebbe leggere, poi cerco di
ché loro amico e vicino di casa, tant’è che con due di ascoltare tutti, leggo recensioni e critiche. Sono sospet-
essi ha guardato la serata degli Oscar a casa. Ma toso quando mi ritrovo elogi sperticati o critiche prete-
prima sentiamo cosa ci racconta sul suo romanzo. stuose, ma sono tutte cose che mi aiutano a crescere.
Quello che mi interessa, però, è che la discussione verta
Per cominciare, anche se non è esattamente professiona- sulle idee del libro, non su di me. Nel mio Paese, il libro
le, complimenti. Ilustrado è un romanzo complesso, in cui è stato accolto bene, ha vinto diversi premi, ma non c’è
hai combinato registri e stili diversi (almeno cinque). stata una discussione sulle idee che contiene il libro, sia
Come ci sei riuscito? politicamente sia da un punto di vista estetico.
Grazie. Ho iniziato a scrivere il libro in modo tradiziona-
le, ma strada facendo mi sono reso conto che non sarebbe bastato. A un certo punto Salvador scrive: Manila è intraducibile. È quello che
Le nostre vite contemporanee ormai si svolgono su diversi media. pensi anche tu?
Blog, cellulari, email, giornali, tutti mezzi che utilizziamo per scrive- Per come la vedo io, ogni cosa è intraducibile; ma già la scrittura è
re con naturalezza. E che ho cercato di riprodurre nel libro. un atto di traduzione. Quello che si percepisce, lo riversiamo sotto
forma di parole. Io continuo a provarci. Dopo la traduzione operata
Conosci lo scrittore e regista italiano Pier Paolo Pasolini? Te lo chie- dall’artista di turno, continua a esistere la cosa reale, esistono
do perché, secondo alcuni, la sua morte sarebbe legata a scoperte entrambe le cose, separate. Pensa a quello che riguarda gli Stati
che avrebbe fatto su casi misteriosi del nostro Paese: esattamente Uniti, alla loro iconografia. Il selvaggio West, il Sogno americano, i
quello che accade al tuo personaggio Crispin Salvador. Gangster… tutte idee formatesi in base al cinema, ai libri. Tutto que-
Non sapevo che Pasolini fosse morto in circostanze violente, e che sto è vero, o è solo una “traduzione”? Non importa, anzi avendo vis-
ci fossero queste storie sulla sua morte. Sì, è molto curioso, come suto negli Stati Uniti ho imparato a vedere la cosa con un pizzico di
particolare. Ad ogni modo ci sono molti giornalisti, in ogni parte del cinismo. Nel caso delle Filippine, poi, questa “traduzione” è ancora
mondo, che pagano con la vita per le proprie inchieste scottanti… più difficile: nessuno ne sa niente.
Ti va di parlarci del tuo metodo di scrittura? In effetti, è grazie al tuo libro se ho appreso qualcosa della storia
Cerco di regolarmi come se fosse un vero e proprio lavoro. Scrivo delle Filippine, e con me tanti altri lettori, credo.
dalle nove alle cinque, non aspetto che arrivi l’ispirazione. Mi dò Sai, non credo che l’opposto dell’onestà, o della verità, sia sempre il
delle scadenze, cerco di rispettarle: se devo scrivere tre capitoli, non falso, o una bugia. Spesso è il silenzio. Accade spesso nelle
ci devono essere pause, distrazioni. Naturalmente non è sempre Filippine, ed è accaduto anche per il mio libro: che ci si limiti sem-
stato così. Al principio, quando ho iniziato a scrivere durante gli anni plicemente a non parlare di qualcosa. Tutti si lamentano di questa
dell’università, avevo un’idea molto più bohémien dello scrivere. situazione, ma pochi cercano di scardinarla davvero.
Credevo nell’ispirazione, che la scrittura fosse qualcosa che arrivas-
se dall’alto; con il tempo, ho scoperto che non è così. È un lavoro Un altro importante frammento storico che entra nel tuo romanzo,
molto duro, come l’attività di un artigiano. In più, negli ultimi due seppur di striscio, è l’attentato alle Twin Towers. Eri negli Stati Uniti,
anni, ho scoperto tutto il mondo che si nasconde dietro la scrittura nelle settimane successive: come hai vissuto quel periodo?
di un libro: il rapporto con gli editor, le presentazioni, eccetera. Ho percepito in tanti modi lo shock vissuto da New York.
Come scrittore, devo essere sia sensibile, con la “pelle fine”, quan- Un’immagine che ricordo distintamente è quella delle foto delle per-
do scrivo, ma allo stesso tempo c’è il momento del “pelo sullo sto- sone scomparse. Erano vicine al Bancomat da cui prelevavo i soldi.
maco”, del compromesso con il mondo che gira intorno al libro. Qualcuna di queste foto cadeva, e le persone le riattaccavano; poi,
ILMUCCHIOSELVAGGIO
rock italiano
i grandi album
Siberia - Diaframma
Ecco alcuni scrittori che potrebbero averti ispirato: Borges, Bolaño, Le radici e le ali - Gang
Eggers. Che ne dici? Ne vuoi aggiungere altri, toglierne qualcuno?
Ho scoperto Bolaño dopo aver scritto Ilustrado, e la lettura del suo Mediamente isterica - Carmen Consoli
2666 mi ha rassicurato, ho scoperto di non essere matto. Borges,
sicuramente. E poi Saul Bellow, Italo Calvino, Hemingway,
Cervantes. Su Eggers, direi di no. Adoro invece Donald Barthelme. E Puoi acquistarli a 10 euro cadauno
poi tanti scrittori filippini.
I tuoi libri giocano molto con quella che definirei una parte?”. Ora, rispondendo a que-
ro me stesso o recito una parte?
dimensione metaletteraria. sta intervista, ti sto dicendo la verità o mi sto mettendo in
Céline diceva che un romanziere dovrebbe tenere il lettore scena in quanto autore di quei libri? In una realtà che per-
sempre sul ponte di coperta della nave, dovrebbe farlo cepiamo sempre più come intrattenimento televisivo, dove
divertire con i balli durante il viaggio ma non fargli mai anche quando facciamo i nostri gesti più intimi abbiamo la
vedere la sala macchine, non mostrargli mai lo sporco, il sensazione di recitare una parte, di essere i potenziali pro-
grasso, la puzza delle cucine. Io invece amo molto mostra- tagonisti di una fiction o di un reality, che ne è della nostra
re sia la storia sia chi la scrive mentre la scrive, mi piace identità? Quando io sono davvero io? Queste domande,
portare il lettore in sala macchine. Questo procedimento è nel libro, sono legate, proprio a causa di questa indetermi-
diventato sempre più radicato, da Prima di sparire in poi è nazione, di questa ansia, di questo interrogativo aperto che
diventato essenziale per me mostrare il libro e la scrittura le accompagna, ad un viaggio verso le origini. Si può anco-
del libro, la vita di colui che lo sta scrivendo. Creando, ra parlare di interiorità oggi? Forse sì, forse questo è il
certo, un inevitabile effetto di scatole cinesi che può far pensare ad nostro modo di esprimerla, ma manca comunque un nocciolo.
una forma di metanarrativa. Tutto questo però nasce dall’esigenza L’affanno di ricercarlo nelle proprie origini familiari è uno degli espe-
di mostrare come anche il tentativo più smascherante di autorap- dienti per colmare il vuoto. Ma non risolve la questione, e credo che
presentazione, in quanto rappresentazione, sia sempre un raccon- questo si percepisca.
to, una finzione, un inganno. In questi anni ho lavorato costante-
mente su queste polarità, verità-menzogna, realtà-finzione, perso- Il personaggio di Angela è una specie di musa in cattività, in balia di
na-personaggio, ma senza premeditazione: è il risultato di un per- chi l’ha evocata...
corso, è importante specificarlo, di graduale disillusione. Mi sono Sì, ho giocato un po’ su questa idea di musa ispiratrice, su questa
avvicinato a Prima di sparire convinto che avrei potuto infrangere il presenza fisica con la quale chi scrive ha quasi un rapporto eroti-
filtro tra realtà e finzione mostrando, tra virgolette, la vita vera, e nel co, comunque fisico. Angela è una delle identità con cui mi penso,
farlo mi sono reso conto che quella sarebbe stata comunque solo non è uno pseudonimo, è un eteronimo. È proprio nel gioco di
una versione dei fatti. Tant’è vero che Prima di sparire è stato letto riflessione intorno al sé che si crea questa duplicità, questa disso-
come un romanzo. Si è trattato di un primo, tra virgolette, falli- ciazione, questa pluralità. Pubblicare a nome suo era un po’ l’e-
mento, da cui volevo però trarre del materiale letterario. Mi sono strema conseguenza del mio percorso: non un semplice pseudo-
poi messo a cercare un nocciolo di autenticità, di identità, di inte- nimo, ma la ricerca di un’altra vita possibile. Il fatto che Angela
riorità vera, e visto che non ero riuscito a trovarlo in Prima di spa- non abbia una identità anagrafica, per così dire, non significa che
rire, sono arrivato a correre la maratona su un tapis roulant, ho per me non esista. E tutto questo riguarda molto da vicino il rap-
realizzato un video in cui mi incarnavo nel mio alter ego, il Dario porto con quella che chiamiamo musa ispiratrice, ovvero una delle
Rensich di A perdifiato. Ma anche il video, che pure era in presa voci possibili. Una voce per me molto fisica, direi stereofonica, e
diretta, era comunque una cornice. Intorno a questi elementi non carnale. Ne Il cigno nero, Natalie Portman, presentata come nuova
ho mai smesso di lavorare, ma sempre con una tensione all’e- stella della danza, deve in realtà ancora diventarlo, compiere un
sperienza, all’autenticità. percorso di avvicinamento a se stessa. Nietszche diceva, “diventa
ciò che sei”. Ad Angela del Fabbro ho dato una esistenza pubblica
Il tema che emerge più nettamente, seppur già presente in passato, e poi ho lavorato per darle un corpo, diventando lei per far sì che
è senza dubbio quello dell’identità. diventasse se stessa. Non vorrei però che emergesse solo la que-
Questo è, se vogliamo, l’ultimo capitolo di un ciclo di lavori che è stione dell’alterità e dell’identità, A nome tuo non è un libro di filo-
durato undici anni: la scrittura di A perdifiato, pubblicato nel 2003, è sofia. Ho anche cercato di infilarci più registri, come fa Tarantino
iniziata nel 2000. In effetti in A nome tuo la questione dell’identità nei suoi film: è una spy story, una storia di fantasmi, e molto altro.
giunge come a maturazione, dopo essere esplosa nell’alterità del Ho cercato di mantenere questa atmosfera sempre un po’ inquie-
mio eteronimo Angela del Fabbro, con il quale ho pubblicato Vi per- tante e minacciosa, complottistica. Insomma, ho cercato di met-
dono. Io mi faccio questa domanda banale, “chi sono io, sono davve- terci anche un po’ di Poe e di Melville...
ILMUCCHIOSELVAGGIO
ESAURITO
ANCHE
IN PDF
C’è poi il tema della morte, al quale ci si avvicina, vista anche la strut-
tura del libro, un po’ di lato.
In realtà ho voluto aggiungere una cornice un po’ ironica e autoiro-
nica sull’impossibilità di scrivere un libro di successo sulla morte.
Nella prima parte si parla ossessivamente di un libro e della possi-
bilità di scriverlo. Se si affronta di petto, come faccio io, la questione
Ancora disponibili a 12 euro
del suicidio assistito, della legittimità che ha ogni essere umano di
determinare la propria fine e via discorrendo, in Italia non si può
cadauno, spese di spedizione
pensare di vendere. La cultura italiana, ancora fortemente influenza- incluse. Puoi acquistarli con:
ta dalla cultura cattolica, ma direi l’Occidente in genere, rimuove la
morte, le volta le spalle. Non puoi scriverne con successo, a meno
di non edulcorare la questione o ammantarla di fiabesco. • con carta di credito Visa o Mastercard,
Music For Airports di Brian Eno è citato esplicitamente nel titolo della su www.ilmucchio.it/shop
seconda parte. Nasce per rendere umano un luogo di transito, di
passaggio. Anche la morte è un luogo di passaggio in un certo
senso, non credi? • con bonifico bancario: Stemax Coop
La protagonista aiuta le persone che hanno deciso di farla finita, o
perché malati gravi o perché comunque in una condizione che met- IBAN IT 27 L 01030 03210 00000 1373463
terebbe a repentaglio la loro dignità umana, con un barbiturico, e il (specificare nel campo note l’indirizzo a cui
servizio comprende la possibilità di scegliere la musica con cui spe- spedire la copia)
gnersi. Music For Airports è sia una di queste musiche, sia la musica
che ascolterebbe Angela se decidesse di farla finita. È anche la meta-
fora di questo spegnimento: queste persone che decidono di ucci-
dersi in un certo senso sono come degli aeroporti a cui piano piano
• con bollettino postale da intestare a:
viene disattivata l’energia elettrica, poi le luci, e così via. La musica Stemax Coop, C/C Postale n°
ambient di Brian Eno, così rarefatta e impalpabile, diventa la meta-
fora di una specie di spegnimento assoluto. È la musica elettiva di
92407006, via A. Silvani 8, 00139 Roma
Angela e insieme la metafora stessa della pratica che lei vende. È (per accelerare i tempi manda un fax allo 06. 81
anche uno dei miei dischi preferiti. Come dico nel libro, mi dà l’im- 08 317 con la ricevuta dell’avvenuto pagamento)
pressione di poter materializzare gli spazi vuoti tra le persone, come
un liquido di contrasto che dia loro corpo, fisicità materica.
133
AUTORI
Aurelio Picca
Si dice che la letteratura sia vita e morte, malattia, sangue e salvezza.
Mai stato così vero come per Aurelio Picca. Con la sua ultima fatica
Se la fortuna è nostra (Rizzoli), lo scrittore di Velletri si è giocato la vita.
di Gianluca Veltri
D
oveva scriverlo, questo romanzo, l’autobiografia della sua ra che ormai non avevo promesso soltanto a me stesso, ma
famiglia. Il libro, finalmente pubblicato, ha rischiato di fini- soprattutto ai miei morti. Scrivere questo romanzo era neces-
re tra i candidati del Premio Strega, ma l’editore gli ha infi- sario perché avevo dato la mia parola, e perché i morti, soprat-
ne preferito Storia della mia gente di Edoardo Nesi. Riu- tutto mio nonno, era felice che lo facessi. Se non riuscivo avrei
sciamo a realizzare questa lunga chiacchierata con Picca preferito morire.
mentre lo scrittore “smaltisce la rabbia eroicamente”.
Insomma hai attraversato momentacci durante la stesura. Si
Ci racconti la genesi tormentosa di questo romanzo, che viene dice che spesso per un romanziere la scrittura è catartica, tera-
da molto lontano? Perché era così necessario scriverlo? peutica, autoanalitica. Cos’è stato per te?
Credo che la morte di mio padre, avvenuta quando lui aveva Sì, prima di scrivere sono stato due anni a letto. Mi sono scrit-
ventotto anni e io solo ventuno mesi, sia stata la prima voce di to il romanzo cento volte sul corpo. Poi, quando mi sono alza-
questo romanzo. La seconda, invece, era viva e vegeta. Quella to, l’ho portato a termine in sei mesi, lavorando otto ore al gior-
di mio nonno che, da adolescente, mi spingeva a scrivere della no. È stato un momento di grazia indicibile. I miei morti si sono
sua vita. Ma è stato quando ho incominciato a esercitarmi in incarnati in me. Abbiamo scritto insieme.
prosa che mi sono impegnato con me stesso a portare a termi-
ne il libro. Infatti brani e capitoli li ho disseminati qua e là nei Si può dire che nelle radici e nella memoria tu abbia ritrovato una
lavori precedenti. Ho preparato me stesso per venti anni prima giustificazione del presente? Una certificazione di quello che sei?
di dare stesura a Se la fortuna è nostra. Negli ultimi anni è stata Le radici e la memoria non giustificano nulla. Però hanno una
una vera e propria ossessione. Mi sono ammalato di depressio- grande forza propulsiva. Sono una specie di molla che ti proiet-
ne e colite ulcerosa per la paura di non portare a termine l’ope- ta nel futuro saltando la palude della contemporaneità. In altre
parole si compie una sfida. È un gesto di sfrenata giovinezza
partire dal passato, addirittura dall’arcaico e dal viscerale, per
schizzare avanti. È l’Arcangelo Michele che mozza la testa agli
inetti (nonno Arcangelo, il capostipite della famiglia, Ndr).
AURELIO PICCA
SE LA FORTUNA È NOSTRA Sei davvero così antimoderno? Come si concilia la tua forma-
Rizzoli, pp. 240, euro 18 zione con la vita attuale, come ti poni nei confronti della con-
Se la fortuna è nostra è il libro decisivo temporaneità?
per Aurelio Picca. In esso il romanziere si Dico di essere antimoderno, ma non so esattamente cosa vuol
addentra nei labirinti arcaici di un dire. Però conosco quello che non mi piace della modernità. A
mondo contadino che lo ha preceduto e esempio non mi piace che scrivere o fare arte sia diventata una
poi partorito. Orfano, figlio di nessuno, “professione”. Dunque un mestiere interscambiabile con gli
figliastro, predestinato, principino, altri. A esempio non amo la parola “diritti”. Preferisco “doveri”,
Aurelietto ha nonne multiple (“ero cresciuto tra le loro soprattutto da parte degli intellettuali. Non amo il villaggio glo-
cosce. Odorando gli svolazzi del mestruo”), vissuto bale, non amo la facilità con la quale si scambiano merci, per-
all’ombra di nonno Aurelio, patriarca, padrone e tiran- sone. Non amo la distruzione del Sacro, l’inutilità - oggi - della
no. Figura centrale del romanzo ed estensore della parola data, la dimenticanza, anche da parte dei non credenti,
richiesta che non prevede obiezioni. Dev’essere risuona- dell’immagine di Cristo sulla croce. Non amo la distruzione dei
ta per decenni nella testa di Picca: tu scriverai la storia sogni. La sistematica trasformazione del popolo in massa con-
della nostra famiglia. formista. Disprezzo la paura della morte. La distruzione della
In un colloquio tra chi è rimasto e chi non c’è più, l’esi- memoria. L’ostilità nei confronti del talento. E sono profonda-
genza di scrivere questo libro è diventata sempre più mente irritato che l’Italia, cioè lo Stivale, abbia perduto le sue
incoercibile. Picca ha toccato il fondo, forse perché si Ali di Angelo. Quella d’Ovest, la Costa Azzurra, e quella d’Est,
stava riempiendo a dismisura di memorie non filtrate, di l’Istria. Mi sento amputato.
un passato così gravoso che nessun essere umano è in
grado di contenere. Infine, è salito in cattedra lo scritto- Il mondo bello e bestiale che narri è energia preistorica. La tua
re: Se la fortuna è nostra è sgorgato, ed è un romanzo storia possiamo intenderla anche come un canto del cigno, che
magnetico. Le radici hanno trovato il loro spazio vitale e strappi quel mondo dall’oblio? O sono solo parole e nostalgie
il passato non è più una terra straniera. G.V. che significano poco?
Il mio romanzo non è un canto del cigno. Eventualmente è
l’Inno dei Patriarchi e delle Matriarche che ci chiama alla ribel-
ILMUCCHIOSELVAGGIO
lione contro la stupidità, la nostra miserabile pochezza. La Mio nonno era talmente libero e mai volgare o sospettoso o
nostalgia è un sentimento debole, che non mi appartiene. Trovo ambiguo che il problema della sua bigamia non mi ha mai sfio-
più interessante il rimpianto. Nel rimpianto c’è l’accettazione rato. Io avevo due nonne e basta. Era un universo così ordina-
della sconfitta, nella nostalgia sento pianti e autocommisera- to, ovviamente aristotelico, che moralismi, conflitti, eccetera,
zione. Io ho parlato del passato, perché solo i ciechi non vedo- non facevano parte dei pensieri, né delle parole, né degli affetti.
no che niente muore. Anzi, che i morti sono più vivi dei vivi. Mia nonna “vera” era sacerdotessa; mia nonna “tata” era pelle-
Infatti i veri cadaveri sono i vivi. grina e guerriera. Perfetto. Avevo tutto. Anche un doppio amore.
E mio nonno Aurelio era così potente e carismatico e giovane e
Parli spesso di una vicinanza tra vivi e morti. In cosa consiste sprezzante del mondo, che non si poteva che esserne innamo-
questa contiguità, come possiamo tradurla in qualcosa di bello rati. Alla fine, anche quando scoppiavano “le crudeltà”, vinceva
e vitale, in un’energia positiva? sempre l’amore e una gioia bestiale per la vita.
I vivi e i morti sono sempre insieme. Basti pensare come i nostri
tratti somatici si trasformino col passare degli anni. A periodi Uno spietato familismo emerge dalla saga. Si dirà che il mondo
siamo nostro padre, in altri nostra madre o nostra nonna, oppure contadino è così, ma quando scrivi del nonno “Per lui il nome
il vecchio zio mai conosciuto. I morti vanno raccontati, celebrati. era tutto. Nel nome era inciso il segno del comando”, mi è venu-
Ci regalano sempre serenità. Bisognerebbe andare in gita nei cimi- to di annotare a lato “sic”. Era proprio così? Fuori da casa mia
teri. Quando ne usciamo siamo più tranquilli. I loro sguardi sono crepino tutti?
terapeutici. Sono gli unici esseri a non avere nevrosi. No, no, no. Ma quale familismo! Il nome non era sinonimo di
roba o “cosa nostra”. Il nome andava difeso perché era il mar-
Qualcosa mi ha fatto storcere il naso. Si tratta di contenuti, non chio di bottega dove ci si esercitava alle cose “difficili”, perché
di fatti estetici. Che Nonno Aurelio (splendida figura maestosa) quelle “facili le sanno fare tutti”. Per quegli Avi il mondo non
sia prepotentemente bigamo non viene accettato con troppa doveva crepare. Dovevano morire soltanto gli ignavi, coloro che
passività da tutti, compreso te? Non v’è traccia di rilettura criti- non progettavano i sogni.
ca rispetto all’umiliazione di due donne, costrette a convivere
solo perché uno stesso uomo le voleva, entrambe. Mi dirai: non Cosa hanno lasciato queste figure del passato nella tua vita?
era mia intenzione fare la morale al nonno, né esprimere giudi- Queste figure hanno lasciato l’idea, appunto antimoderna, della
zi. Va bene, ma ora mi dici che ne pensi? Cosa ne pensava Gloria e della Sfida. Da loro ho ereditato ferocia e dolcezze, un
Aurelietto quando è diventato grandicello? concentrato esplosivo. Ringrazio il Cielo, o Dio, o il Mistero.
135
FENOMENI
Marco Presta
Da sedici anni ai microfoni per Il ruggito del coniglio, programma
radiofonico condotto con Antonello Dose che ormai, è il caso di dirlo,
ha fatto scuola; Marco Presta ha scritto il divertente (e anche più,
e non solo) romanzo Un calcio in bocca fa miracoli, Einaudi.
di Liborio Conca
L
o incontriamo in zona Piazza Mazzini, al solito tutto Venendo qui, sull’autobus, mi sono ritrovato a pensare
un brulicare di conduttori, artisti di prima o seconda un po’ come avrebbe fatto il tuo protagonista, sugli auto-
mano; c’è il cast di Boris che starà promuovendo il bus qui a Roma è difficile non diventare leggermente
film; Presta è puntualissimo, ci sistemiamo in un misantropi. Tu invece ti senti più come il “buon”
bar al sole in una splendida giornata di primavera, Armando, o come il narratore, simpaticamente acido
cominciamo la chiacchierata. Un calcio in bocca è la sto- verso il creato intero, o quasi?
ria di due vecchi amici, diversissimi tra loro: il narratore, Ho paura che invecchiando somiglierò più al narratore.
un po’ incattivito, e anche piuttosto stronzo, e poi Però un Armando è dentro tutti noi, questa è la speranza
Armando, una sorta di santo ingenuo, sempre disposto che vorrei trasmettere, di riuscire a trovare la parte buona
a vedere il buono della vita. che è in noi. È la speranza che abbiamo nei confronti del
paese, mi pare, e cioè che la parte “armandesca” riesca a
Perché hai scelto come protagonisti di questo romanzo venire fuori, anche se i segnali che abbiamo vanno in altra
due anziani, anzi: due vecchi? direzione, purtroppo.
Mi sembra che la vecchiaia sia una delle chiavi di lettura dell’Italia di
oggi. Siamo un paese vecchio, nella classe dirigente di sicuro, ma Ti ha ispirato qualcuno in particolare, per Armando?
anche a livello di mentalità diffusa. Siamo un paese vecchio anche Ci sono delle persone, che ho conosciuto, che erano così. Una volta
perché fatichiamo a produrre qualcosa di nuovo, in tutti i settori. era più facile essere così. Non mi viene in mente una persona in par-
ticolare, ma diverse, tra familiari e gente che ho conosciuto. Ar-
Anche se i due anziani del tuo libro sono un po’ atipici… mando è un po’ la sublimazione di questo atteggiamento nei con-
Sì. Per prima cosa sono due anziani “veri”, viviamo un’epoca in cui fronti del mondo, quasi scodinzolante, di totale fascinazione verso il
la vecchiaia è anche abbastanza mortificata, s’accetta con malesse- mondo. Nel romanzo a un certo punto c’è scritto che lui ha un sor-
re. Una volta, superati i settanta, la vecchiaia era accettata come una riso “che lo fa sembrare un santo o un idiota”, due categorie che forse
fase della vita, mentre adesso abbiamo degli esempi anche… presti- combaciano. Armando ama la vita, e le regole del gioco. Diver-
giosi, di tentativi di fuga. Loro due invece, sono atipici, sì; anche se samente dal narratore.
forse lo sono meno di quello che pensiamo.
…Che sembrano essere le classiche due facce della stessa medaglia,
sbaglio?
Lo sono, in effetti; ed è per questo che sono amici, sono comple-
da sinistra: Marco Presta e Antonello Dose
mentari. Creano un essere umano unico.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
IL TUO CANE FAREBBE DI TUTTO
PER NON LASCIARTI SOLO.
A proposito di commenti, cosa penserebbe, il tuo narratore, di certi
programmi della televisione pomeridiana in cui uomini anziani “cor-
teggiano” donne anziane, e viceversa?
Penso proprio che commenterebbe con una certa durezza. Pro-
babilmente direbbe che… certo, lui è anziano, però, vedendo quelle
cose, sarebbe portato a rivalutare la morte… cioè la morte di fronte
a quella roba non sarebbe più vista in modo così negativo! Sì, credo
che direbbe una cosa del genere.
A un certo punto, nel libro, scrivi: “la favola più moderna che sia mai
stata raccontata è Il gatto con gli stivali. La storia di un faccendiere
che prende un giovanotto inetto, ma di bella presenza, e millantan-
do e infinocchiando ne fa un personaggio di grande successo”.
Quante di queste figure ti è capitato di incontrare?
Ce ne sono a decine. È veramente un ritratto impressionante di quel-
lo che siamo diventati. Le favole sono spesso molto crudeli: noi le
raccontiamo ai bambini, ma spesso sono spietate. E questa è una
favola di una modernità… e di un cinismo strepitoso. Costruita sulla
capacità di raccontare fandonie. Ora, che dire… il riferimento alla
realtà italiana è spaventoso. Alla televisione, alla politica. Abbiamo
decine di questi personaggi. Questa favola qui è profetica in modo
imbarazzante. Se ne incontrano continuamente, e in ogni ambiente.
Come hai visto - se li hai visti - cambiare gli italiani negli ultimi
sedici anni, dalla tua postazione al “Ruggito del coniglio”? Anni
importanti...
Mi pare che ci sia sempre stato, ed è una costante di questi ultimi Con ENPA l’amore per gli animali
anni, un forte ricorso all’ironia come forma di sopravvivenza alla vita
quotidiana. Poi, ultimamente, ho notato - in chi ci chiama per radio,
non conosce sosta, neanche durante le vacanze.
o chi partecipa al blog - una volontà di non rassegnarsi a come stan-
no andando le cose. Sarebbe grave e triste cogliere in giro una volon- Quest’anno, se vuoi far trascorrere un’estate felice al tuo amico a quattro zampe,
tà di “resa”, invece mi pare che ci siano segnali crescenti di indi- visita www.enpa.it e troverai la soluzione più adatta a te. E se vuoi sostenere
gnazione, di voglia di credere in un cambiamento migliore. Questa le nostre iniziative, invia il tuo contributo tramite bonifico bancario
è la direzione in cui dovremmo andare. intestato a Comunicazione & Sviluppo Enpa -Via Umberto I, 103 - 12042 Bra (CN)
Pensi che scriverai altri romanzi? Banca D’Alba - IBAN: IT39 S085 3046 0400 0043 0101 775.
Sì, temo di sì. Mi spiace per i lettori. Ho impiegato tanto tempo per
arrivare al coraggio di scrivere un romanzo. Ma ognuno ha il suo
percorso, ci arrivi quando ci arrivi. È una cosa che ho scoperto di
amare, voglio continuare a farlo.
137 137
BOTTA E RISPOSTA
Michele Vaccari
Santo Bustarelli (il nome è già un programma) vuole diventare
Papa e farà di tutto affinché accada. È giovane, è italiano, è figlio
di un politico ed è abbastanza furbo da saper soggiogare le masse
e tirare dalla propria parte i media e la mafia nonché le frange religiose.
Non ha regole né morale, è l’incarnazione del potere fine a se stesso
e se ne sbatte del prossimo a meno che non gli sia utile.
di Carlotta Vissani
M
ichele Vaccari torna con un romanzo ancora più Sei stato aspramente criticato per il booktrailer associato
dissacrante dei precedenti dal titolo audace, L’on- al tuo libro. Si trattava di immagini amatoriali, un uomo
nipotente (Laurana, pp. 221, 15.50 euro), raccontan- picchia una donna e poi il buio. Quale il senso di questa
doci un Paese che fa della scalata al successo l’u- manovra - in fin dei conti discutibile - e perché non la si
nica ambizione possibile, costi quel che costi. è compresa, a tuo avviso?
Le prime a denigrare e strumentalizzare le donne sono le
Fino a che punto ci si può spingere per il potere? donne stesse quando cercano di non passare per nor-
Non c’è un punto. Il potere è una sfida continua. Bisogna mali. Dal punto di vista della tecnica usata, evito di com-
guardare a chi comanda come a dei campioni d’atletica. mentare il vecchiume mentale in cui siamo arenati. Se la
Più che per vincere, partecipano per fare il record. Quando gente non sa cos’è il viral marketing, se ignora il fatto che
uno di loro raggiunge il limite, inizia la vera gara per bat- un video sia girato appositamente male per riprodurre
terlo. Sono agonisti della supremazia, veri sportivi del l’effetto amatoriale, se la gente non si accorge che, forse,
dominio. Nella loro etica distorta, non devono porsi confini. ha superato i 45 anni e ci sono cose della modernità che la propria
visione totalmente analogica del mondo non riesce a leggere, io non
Se dovessi rappresentare iconograficamente il potere, oggi, cosa posso farci niente. Da ultimo, se fossi pubblicato da un grosso edi-
disegneresti? tore e i miei amici fossero tutti giornalisti che, indipendentemente
Un gruppo di anziani che pestano un magistrato. dal valore del mio libro, mi regalassero visibilità e recensioni, starei
zitto di fronte a un ragazzo che, anche a causa della lobby di cui fac-
Santo Bustarelli è uno come noi. Figlio di un politico, sì, con evidenti cio parte, deve combattere per mostrare di valere.
canali preferenziali. Ma è un ragazzo italiano come tanti. Da dove
nasce il suo desiderio di andare oltre ogni morale? Se Laurana non avesse accolto la tua proposta, altri lo avrebbero
Da due bisogni: la volontà di far vedere quanto è superiore rispetto fatto?
agli altri, la fame di potere trasmessagli dal padre che, essendo il Ho ricevuto 23 rifiuti e le motivazioni non hanno mai riguardato la
rappresentanti per gli italiani della cosa pubblica, sa bene cosa qualità del libro.
voglia dire tenere la gente in scacco.
Perché Santo aspira al papato e non, per esempio, alla Presidenza
Santo ottiene grande credibilità tra le frange dei cristiani. Riesce a del Consiglio o a diventare un influente manager?
‘farli su’, come si suole dire. Deboli loro o influente lui? Il papato è l’unico potere sancito legalmente come assoluto in
La gente pagherebbe per servire. Chi lo diceva? Europa. Inoltre, il papa ha insito nel suo mandato un principio
garantito che nessun lavoratore del mondo ha: l’infallibilità. Da lì, è
Cosa tiene ancora in piedi la Chiesa di questi tempi? partita l’idea del romanzo: nel 2011, nel mondo che ha scoperto
C’è un’atavica pigrizia mentale che incatena gli esseri umani a qual- come decodificare il DNA, c’è ancora un uomo che conserva un
siasi istituzione: il terrore della solitudine di fronte alle responsabili- potere di origine medioevale che Dio in persona gli ha concesso.
tà. Fa sempre comodo avere qualcuno che comandi per noi, qual-
cuno da attaccare al momento opportuno, indicandolo come esem- C’è la speranza di qualcosa che sia ‘altro’ dal potere fine a se stesso?
pio di male assoluto. Se noti, critichiamo sempre le persone, i La speranza è una scusa inventata da chi ha creato Dio e la religio-
potenti. Ma è difficile trovare qualcuno che voglia mettere in discus- ne. Sono modi che il potere usa per distrarre le masse, per istupi-
sione il potere. dirle e irretirle. Non combattere, non affrontare le cose: spera che le
cose cambino, ma non fare nulla perché questo avvenga davvero. La
Santo è un moralizzatore. Tutti, in tv e sui giornali, sono moralizza- verità è che serve una miccia. Il mio romanzo è nato per essere un
tori. Poi, chiusa la porta di casa, arrivederci. Sembra che la realtà humus su cui far coltivare un senso di collettività che, giorno dopo
odierna sia basata sulla menzogna. giorno, viene sempre più minacciato. Bisogna tagliare il cordone
Abbiamo memoria breve per costituzione ma l’incoerenza è la linfa ombelicale con concetti e istituzioni cui finora ci siamo sentiti lega-
vitale del nostro popolo. Sono convinto che, se avessimo realmen- ti. Serve questo perché il mio romanzo incominci ad aver un senso.
te dignità ed etica, ci saremmo già estinti da secoli. Il giudizio ai lettori.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
BOTTA E RISPOSTA Chiara Moscardelli
Respirare libri fa bene.
Chiara Moscardelli,
responsabile dell’ufficio stampa
dell’editore Dalai, esordisce
con la più divertente autobiografia
della stagione: Volevo essere
una gatta morta (Einaudi, pp. 200,
euro 12,50). Lo spirito del libro,
raccontarsi nel bene e nel male
Chiara Moscardelli, prima “addetta stampa” che pubblica un senza smettere di riderci sopra,
memoir. Quando ha scritto Volevo essere una gatta morta?
In un’altra vita. Lavoravo come ufficio stampa altrove, sono andata si intuisce dalle citazioni
in crisi, ho cambiato lavoro e ho cominciato a scrivere.
dell’autrice sul profilo Facebook.
Pur non avendo mai tenuto un diario, in un mese di disoccupazione
ha ordinato, almeno su carta, le sue disavventure alla Bridget Jones, di Annarita Briganti
arrivate in libreria grazie a…
…Luca Briasco, editor Einaudi. Un anno siamo andati
insieme in macchina da Roma a Torino per il Salone del Rispondere alle sue email dopo giorni. Fare squillare
libro. Durante il viaggio lo aggiornavo sulla mia situazio- molto il celluare o fingere di non aver sentito e aspettare
ne. Arrivati al racconto di una vacanza in India, che io e le che richiami.
mie amiche abbiamo passato chiuse in bagno, non riusci-
va più a guidare dalle risate. Ci siamo fermati in un’area Possiamo salvarci dalla precarietà sentimentale e profes-
di sosta e mi ha chiesto di scriverne. sionale delle nostre metropoli con gli amici, che nel libro
compaiono con i veri nomi e le vere vite.
Che la sua vita sarebbe stata sopra le righe si intuisce fin L’ho dedicato alla ““comitiva del giovedì, ciò che ho di più
dall’esame di maturità (capitolo Quando papà mi presen- caro al mondo”.
mondo Matelda, migliore amica da venticinque
tò mio fratello). anni, Luca, Michele e Chiara sono la mia famiglia, la rela-
I miei erano separati, vivevo con mia madre, non vedevo zione stabile con un uomo, che non ho mai avuto. Da
spesso papà. A volte mangiava con noi la domenica, ma adolescenti ci trovavamo il giovedì sera da me per Twin
non sapevo da dove venisse né dove tornasse alla fine del Peaks e facevamo l’alba.
pranzo. Il giorno prima degli orali venne a casa senza preavviso.
Doveva assolutamente dirmi che aveva un’altra famiglia e quindi I lettori, alla fine, vorrebbero che la protagonista ovvero lei si fidan-
esisteva un mio fratello di sedici anni. Non affrontai l’esame al zasse con uno dei suoi amici, Luca, invece di perdere tempo con
meglio. Piangendo, lo raccontai ai membri della commissione. Presi uomini che le spezzano il cuore.
54 e realizzai che avevo un fratello quasi coetaneo da conoscere. Se lo chiedono tutti, ma la mia vita non è un film di Hollywood. Luca
vive a Londra, è ancora single. Viaggiamo, ci raccontiamo tutto, ci
Anche la sua educazione sentimentale non è stata facile. Persa die- conosciamo benissimo. Non potremmo avere una relazione.
tro uomini complicati, bastardi o che, come minimo, portano tanga Sa_rebbe come andare a letto con mio fratello.
leopardati. L’amore, rappresentato da Francesco, amico-amante sin-
tesi di quelli che le hanno spezzato il cuore, sembra irraggiungibile. Scrivere questo memoir divertente e coraggioso, nel quale affronta
Perché non sono una gatta morta! La donna apparentemente debo- senza filtri anche problemi di salute, forse non servirà a evitare amori
le, bisognosa d’aiuto, ma in realtà forte e non neutralizzabile. Man- sbagliati, ma è stato terapeutico.
gia insalatina a pranzo e a cena. Non beve troppo. Non perde il con- La mia cattiva educazione sentimentale e i buchi affettivi non si
trollo. Gli uomini, senza rendersene conto, si fanno incastrare. L’i- superano, ma ho capito che devo smetterla di manifestare agli uo-
stinto di protezione maschile, o quel che ne è rimasto, non le resiste. mini insicurezza e paura del rifiuto. Ho sempre creduto di non me-
ritare di essere amata perché non ero abbastanza gatta morta.
Come bisogna comportarsi per diventare gatta morta, sempre che Invece, la bellezza di ognuno è nella propria unicità. La svolta di-
non ci venga naturale. pende da noi stessi. Bisogna imparare a stare da soli finché non
Non mostrarsi indipendenti, ma svenevoli. Non guidare di sera da s’incontra l’amore. Non è facile, ma se lo fosse tutti l’avrebbero già
sole, meno che mai passare a prendere l’uomo con cui si esce. trovato.
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STORIE
Ciak, si parla
fono per congedarmi: ‘‘Vi abbraccio…e ora
Strana gente gli imprenditori. vado al lavoro. Quello verovero’”. Fine/inizio.
Centinaia di Email, la gente sotto il balcone
Quando blaterano di bilanci della radio, negatività tramutata in positività,
il sound del silenzio (dopo diciotto anni).
hanno in mente solo le risorse Scoprire che quello che hai fatto poi tanto
scontato non lo era (lo apprendi solo adesso
economiche. Con miopia che ““sei caduto in disgrazia”). Rock come
alternativa di vita e non solo genere musica-
e/o furbizia tacciono su quelle le. E a ritroso, bambino a Sesto San Giovanni
che sospira l’agognato impianto stereofoni-
umane, le più importanti. co (un solo stipendio, quattro anime da sfa-
mare). I primi road-movies. Giocare con la radio, come se avesse un
Se gli affari vanno bene acceleratore (coniugare Stomu Yamashta con i D.O.A). Artisti in stu-
dio che non si schiodano perché le domande non sono le solite
si pavoneggiano, domande. La suite, l’acustica stanza, brani che fuoriescono dai
canonici tre minuti. Squilli di telefono, polemiche e abbracci (“Io fac-
se si barcamenano sono i primi cio ancora rock… anzi punk-rock” - Alberto Camerini). Un’anima blues
e il panino vegetariano nella pausa.
a creare attriti, se le cose Come Hitler, no come Gandhi, sic!. Quell’ometto degli Yes che entra
in studio e comincia a suonare mentre un amico punk su di giri, che
non rendono abbastanza… ti dà del venduto e poi si scusa. Compagni di viaggio e ai microfoni
(Fabio Treves, Roberto Freak Antoni, Giulio Caperdoni, Marco
Semplice, tutti a casa! Garavelli, il Metius che è front-man di Thee S.T.P.). Marky Ramone
che afferma di essersi ispirato a Ringo Starr, sigle di apertura e chiu-
di Massimo Pirotta sura trasmissione (dagli Shocking Blue ai Muse), una valanga di
interviste e ospitate. Fumettari, artisti visivi, punx, autonomi
R
Settanta, critici cinematografici, editori, collezionisti Sixties… co-
adio Rock FM avrebbe potuto essere un’altra occasione per il stretti a parlare. Gli Area stanno agli Indigesti come… “Ogni essere
rock’n’roll in Italia. Ma la radio milanese, dopo il cambio di vivente che i sensi intercettano è equiparabile a una piccola foglia della
proprietà, chiude i battenti nel 2008. Non ci conviene più di pianta del tè: si accumulano freneticamente nella gerla portata sulle
tanto, “suona il campionamento padronale”, ripartizione del spalle, durante la sempre più faticosa raccolta”.
gruppo editoriale Mondadori. L’ingordigia di utili che ha a che
fare con un’emittente che tratta il rock’n’roll come cosa seria. Sin dal
primo mattino, è pane, burro & r’n’r. Una radio di rocker per rocker.
Stessa pelle, identico zig-zag (a)temporale. Innescata tra arene
hard-rock, cantine garage-beat, cine-musiche, canzoni epocali.
A ridare voce a questa esperienza c’è Radio Days di Mox Cristadoro
(Tsunami, pp. 158, euro 14). Scrittore esordiente, collaudato batteri-
sta (Carnival Of Fools, Santa Sangre, MonumentuM, La Crus,
Furious Party, Crash Box) ed ideatore e conduttore di programmi
radiofonici diventati di culto come “Easy Riders”. Quando è in onda
è tra i più attenti, a non far precipitare il rock’n’roll nel puro intratte-
nimento. Come scrive Barbara Volpi, nella prefazione, “Mox tratteg-
gia con leggerezza il dramma moderno delle teste (pensanti) che ven-
gono tagliate per conti di convenienza commerciale (ma alla fine chi
l’ha detto che pensare non è più conveniente?)”. E sicuramente quel
lavorare (a) gratis, per pura passione o con contratti ridicoli (che
neanche il garzone…) a qualcosa è servito. Di sicuro, fa intendere
come calcoli matematici (spesso sbagliati) siano i veri potenti del
momento. E alla faccia di chi dice “io non mi interesso di politica”
(aziendale, partitica, con la prima lettera maiuscola o minuscola).
Chiedi chi erano i Talking Heads e i Roxy Music… L’antistante preci-
pizio. Per fortuna, la cultura si aggiorna da sola. Ma è costretta a
confrontarsi con leggi di mercato sempre più selvagge che non le
permettono, più come un tempo, di sperimentare, investire ed insi-
gnire i suoi migliori esempi. Un peccato mortale. Ma evidentemen-
te non per tutti. Ignorare, il segno del comando. Arti, mestieri, iro-
nia. Essere anti. Di seguito, il trattino. “Ci ho riflettuto a lungo. Ma
non è stato difficile scoprire quale sia il mestiere più paraculo al mondo
(…) Lo sveliamo? Il DJ. Allora, a fine trasmissione, usavo dire al micro-
ILMUCCHIOSELVAGGIO
MUSICA DI CARTA Cantacronache
Quattro dischi storici tornano sul mercato. Cantacronache 1, 2, 3, e 4.
I Cantacronache nascevano nel cuore della guerra fredda, a Torino.
Mentre Oltreoceano era al culmine la beat generation e l’Oltralpe risuo-
nava di Brassens, Brel e Ferré, nell’Italia ancora sanremese un movimento
di ricercatori, musicisti, poeti, intellettuali, cantanti, si ritrova attorno
a un’intenzione: dedicarsi a temi politici e sociali, cantare la cronaca.
di Gianluca Veltri
N
on è un caso che ciò avvenga nella città della FIAT, il labora- per sempre nell’inno di Fausto Amodei (su Cantacronache 3), “san-
torio italiano dell’avanguardia socio-economica. L’ottica, col- gue del nostro sangue”. È uno dei versanti, quello dell’inno, ma non
ta e popolare insieme, è quella di una canzone in grado di è il solo, come nota l’etnomusicologo Roberto Leydi in un saggio del
recepire i segnali provenienti dalla società, rifuggendo dalla 1971, diluito nelle note di copertina dei quattro cd. V’è infatti anche,
retorica più trita e scontata, in senso nettamente anti-com- assai frequente, un registro irriverente e pungente che sfocia nel
merciale. È forte l’esigenza di aderenza alla realtà, in contrasto satirico; uno maggiormente didascalico; un altro schiettamente
con la costruzione falsa e edulcorata messa in piedi dalla musica popolareggiante. La denuncia, l’ironia, l’indignazione. L’incontro tra
leggera, che restituisce un mondo inventato, zeppo di stereotipi, Nota e Cantacronache avviene con la pubblicazione nel 2005 del-
che tace sistematicamente la verità. I “testi estenuanti e ormai illeg- l’album Per fortuna c’è il cavaliere di Fausto Amodei, uno dei paladi-
gibili della canzonetta all’italiana”, li definirà Michele Straniero, ni di quell’esperienza, che segna il ritorno sulla scena discografica di
una delle menti dei Cantacronache. Tra il 1957 e il 1963 verranno Amodei dopo un’assenza biblica, di ben trent’anni. L’editore dell’e-
prodotti dei dischi che oggi l’editore friulano Nota, da sempre tichetta discografica Nota, Valter Colle, racconta che con Amodei,
assai attento al patrimonio popolare italiano, pubblica in quattro come con un vaso di Pandora, si è aperto un filone che lo ha con-
CD. I Cantacronache, un collettivo aperto - scuola, officina, fabbri- dotto ad acquisire l’intero catalogo Zodiaco e Albatros (che conte-
ca - vedranno i contributi di Fausto Amodei, Sergio Liberovici, neva le quattro antologie oggi ripubblicate).
Italo Calvino (che scrisse Dove vola l’avvoltoio), Duilio Del Prete, L’esperienza dei Cantacronache, che sfocerà immediatamente nel
Franco Fortini, Gianni Rodari, Mario Pogliotti, Emilio Jona, Um- Nuovo Canzoniere Italiano (era il 1963), a valorizzare e recuperare il
berto Eco, Edmolda Aldini, Michele Straniero, Margherita Galante patrimonio di canti popolari a rischio di estinzione, farà da apripista
Garrone detta “Margot”, e altri ancora. Una raggiera di saperi e alla canzone politica, al folk revival e a molta genealogia cantautora-
apporti differenti. le. Lo stesso Guccini si dirà molto influenzato dall’esperienza di A-
All’epoca, a cavallo del Sessanta, l’Italia del boom economico vive- modei e dei Cantacronache, ma non sarà certo il solo. Lo sforzo di
va in uno dei tanti guadi tra passato e futuro della sua storia recen- una musica pensante, militante, che non perda di vista la realtà quo-
te. Se musicalmente la canzone tidiana e tenti di parlare un lin-
sanremese dettava legge, politica- guaggio non banale ma comun-
mente la situazione era di perico- que popolare, sarà il faro di intere
losa confusione, tanto che il Go- generazioni di musicisti e cantan-
verno Tambroni otteneva la mag- ti. Sono infatti, questi, i primi va-
gioranza con l’appoggio del MSI, giti della “nuova canzone” italia-
il Movimento Sociale erede del na, nota Roberto Leydi. L’ambizio-
partito fascista. Proprio gli eventi ne dei contenuti. Negli ultimi
deflagrati nel corso di questa di- anni, anche per l’impulso e l’inte-
sgraziata esperienza governativa resse di Enrico De Angelis del
ispireranno uno dei brani più rap- Club Tenco, si moltiplicano gli e-
presentativi del repertorio Canta- venti a riprova di una persistenza
cronache: Per i morti di Reggio E- dei Cantacronache nel tessuto
milia. Al culmine di due settimane culturale e nella memoria della
di scontri con la polizia, alla quale nostra canzone. Colle ha prodotto
il Presidente del Consiglio Tam- nel 2008 uno spettacolo al “Mit-
broni ha dato libertà di aprire il telfest” per i cinquant’anni di Can-
fuoco in caso di emergenza, du- tacronache, con Fausto Amodei,
rante un’imponente manifesta- Giovanna Marini, Moni Ovadia,
zione sindacale muoiono cinque Banda Osiris, Caparezza, Frankie
operai reggiani, sotto i colpi di mi- da sinistra: Sergio Liberovici, Fausto Amodei, Hng, Ginevra di Marco, Grazia Di
tra e moschetti. I nomi dei caduti Michele Luciano Straniero e Margot Michele, Gualtiero Bertelli, Yo Yo
di quel 7 luglio 1960 sono scolpiti Mundi, Alessio Lega, Dario Fo.
141
A FUOCO
Jonathan Franzen
rispetto al predecessore, sono evidenti. “C’è stato un momento in
cui mi sono sentito un po’ uno scrittore fallito, anche perché non cre-
devo di poter fare meglio, a livello stilistico, de Le correzioni. In quel
romanzo mi sono divertito molto ad allestire una specie di orgia figu-
rativa attraverso il linguaggio, il che, da un certo punto di vista, mi ha
prosciugato, motivo per cui questo lavoro è stato scritto in una manie-
ra del tutto diversa. È una impresa epica rendere cool ogni singola
frase, e questa volta non volevo dovermene preoccupare”.
Interpellato sulle infiltrazioni autobiografiche nella sua narrativa,
Franzen risponde: “In Zona disagio ci sono tutte le cose davvero
interessanti che mi siano mai accadute. Non sono molte pagine, non
è possibile ricavarne un lungo romanzo. La domanda diventa, quin-
di, di che scrivere? Va anche detto che le cose più importanti e inte-
ressanti che ci capitano non hanno necessariamente un significato. Se
vuoi scrivere un’opera narrativa con un significato devi inventare.
Immaginate di essere Kafka, fate un noiosissimo lavoro d’ufficio, tor-
nate a casa la sera e vi chiudete nella stanza più inospitale della casa
dei vostri genitori, aspettate che se ne vadano a letto e che sparisca
quell’odore di cibo cucinato e a quel punto avete un paio d’ore per
lavorare. È una vita noiosa, e oltretutto Kafka non ha avuto espe-
rienza di ciò che significa essere un insetto. Poi però leggi i suoi rac-
conti e pensi che siano terribilmente autobiografici. Oppure c’è il
cuore speranzoso di Dostoevskij, uno che vuole credere, brillante ed
estremamente razionale, che analizza ogni singolo frammento della
vita. Ma anche un giocatore d’azzardo compulsivo, che soffre di epi-
lessia e ha delle fasi di depressione, fondamentalmente una persona
cattiva. Però poi ci sono i Fratelli Karamazov, ed è proprio quello il
lavoro dello scrittore: prendere elementi carichi a livello emotivo ma
tutto sommato non-drammatici, visioni di sé, esperienze di vita, e tra-
sfigurarli”.
È difficile sviluppare il contesto sociale in cui far muovere i per-
sonaggi? “Mentirei se non dicessi che quella è la parte più facile.
Sono una persona che legge, che ama informarsi, e credo di poter
allestire un buon contesto sociale. Poi però ci possono volere sette
anni per delineare un buon personaggio. Mi ci è davvero voluto
molto tempo per dare corpo alla figura di Walter Berglund, e il per-
sonaggio di Joey, il figlio di Walter e Patty, ha letteralmente consu-
mato nove mesi della mia vita. Mentre ho passato cinque giorni in
West Virginia, ho letto due libri ed ero già pronto per scriverne”.
L’impressione di Giordano è che Franzen scriva da figlio che os-
Il resoconto serva i propri genitori: “Credo che questo valga per i miei primi tre
romanzi, ma non per Libertà. Non vorrei sembrare troppo pompo-
di un affollato incontro so, ma direi che in questo libro sono diventato in un certo senso il
genitore di me stesso. L’idea era di immaginare i miei genitori all’e-
con Jonathan Franzen, tà che ho io in questo momento e, di conseguenza, me stesso con la
metà degli anni che ho ora, ecco il perché delle mie difficoltà con il
in occasione dell’uscita personaggio di Joey”. Dal pubblico, infine, una richiesta di deluci-
dazione sulla struttura del libro. “Le cinque lunghe parti che com-
di Libertà per Einaudi. pongono Le correzioni erano già lì, pronte, me le sono ritrovate in
grembo e sapevo che una tale fortuna non mi sarebbe più capitata.
di Alessandro Besselva Averame Ho fatto molta più fatica a pensare alla forma del mio nuovo
romanzo, ho dovuto percorrere i rami più esterni per riavvicinarmi al
I
tronco della narrazione, poi ho pensato che avrei voluto ambientare
ntervistato da Paolo Giordano - l’autore de La solitudine dei il libro nel 2004, a quel punto i figli di Patty e Walter erano piutto-
numeri primi lo definisce il punto di riferimento preso a sto cresciuti. Nasceva dunque una domanda, come raccontare venti
modello per la propria “modesta carriera letteraria” - di fronte anni di matrimonio? Così ho pensato che sarebbe stato più diver-
al pubblico del Circolo dei Lettori, quello delle grandi occa- tente se avessi fatto riassumere il tutto dai vicini, l’effetto sarebbe
sioni che si manifesta alla presenza degli Ellis e degli Ellroy, stato più comico”. Dopo aver consigliato di leggere i racconti
anzi, probabilmente pure più numeroso, Jonathan Franzen è a brevi di Alice Munro, Franzen è finalmente pronto per una impe-
Torino per parlare dell’attesissimo Libertà. Le cui differenze, gnativa session di autografi.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
CASTLE FREEMAN
PATTI KIM
VIENI CON ME
Marcos Y Marcos, pp. 223, euro 14,50 UN TAXI CHIAMATO FEDELTÀ
66thand2nd, pp. 176, euro 14
Una specie di ghost town nel Vermont fa da scenario all’eccellen-
te romanzo di Castle Freeman, Vieni con me, che racchiude in sé Coreana, immigrata di prima generazione
il thriller, il new western e l’avventura cavalleresca. Tutto comin- in America negli anni Settanta, Patti Kim
cia con l’arrivo davanti all’ufficio dello sceriffo di Lillian, stanca e è una scrittrice straordinaria che, da diver-
terrorizzata. Il problema che la affligge, la paura che la persegui- si anni, si è fermata al suo primo roman-
ta ha un nome: Blackway, il classico piantagrane, quello che si zo. Sebbene abbia vinto il Towson Univer-
permette di fare qualsiasi cosa, da loschi giri di droga a vendite sity Prize per la letteratura e sia stata o-
illegali di terreni, senza il timore di essere scoperto. Non ha pro- sannata da pubblico e critica, non ha più
prio intenzione di nascondersi e coprirsi, lui fa quello che vuole scritto. O almeno, non ancora. Eppure Un
soltanto per creare disordine e seminare terrore. Blackway è il taxi chiamato fedeltà è un libro splendido,
bastardo che perseguita Lillian, che vuole darle una bella lezione che ha il candore di un’opera prima e l’abilità stilistica di una
per lo scherzetto che gli ha fatto raccontando i suoi traffici, e per professionista. È un libro duro, in cui la rabbia sociale mista
cominciare a mettere in chiaro le cose le ha fatto fuori il gatto. a quella razziale grida e reclama attenzione, e viene modu-
Naturalmente il bravo e coscienzioso tutore dell’ordine risponde lata con un’ironia lucida. Ahn Joo, la piccola protagonista, è
a modo. “Insomma lei mi dice che dovrei aspettare che lui faccia arrabbiata e ferita. Ha nove anni ed è la figlia di immigrati
qualcosa, che mi faccia qualcosa, che mi uccida, prima che lei possa coreani che vivono ad Arlington, in Virginia: il padre alcoliz-
fare qualcosa”.“Può anche metterla così, se vuole” disse lo scerif- zato e violento, la madre frustrata e infinitamente triste.
fo”.“Lei come la metterebbe?”. “Così”. “Fedeltà” è il nome della società del taxi col quale scappano
E l’unico buon consiglio che la donna riceve è di andare dal vec- la mamma con il suo fratellino, che la abbandonano a casa
chio Weezer e dalla sua cricca di sciroccati. Da qui comincia l’av- con il padre odioso (che condurrà però una parabola positi-
ventura, dal momento in cui il Weezer mette vicino a Lillian Nate va). Ahn Joo aspetta per anni, per tutto il romanzo, questo
Il Grande e Lester per aiutarla e proteggerla: i due cavalieri do- ritorno. Ma resta tradita nella sua attesa e si incattivisce (mai
vranno fare i conti non solo con l’incombente presenza di Black- fino in fondo). Odia e trasforma la sua sensibilità e la sua
way, ma pure con le loro pulsioni sentimentali nei confronti di dolcezza in atteggiamenti aggressivi, strafottenti, solitari. È
Lilian. Un romanzo di grande forza narrativa, di una forza serra- sfortunata Ahn Joo, ma è dotata di una forza costruttiva. In
ta, pericolosamente esatta, fatta di dialoghi cinematografici es- lei c’è la speranza del meticciato, delle classi di mezzo, degli
senziali, rapidi, accattivanti, con uno scenario che nella sua rura- stati di passaggio. Quelli che non sono più come la classe
lità sembra desertico, conducono il lettore nei meandri di una sociale che li ha generati ma non sono ancora una classe a
vicenda ben più complessa di come possono vederla i suoi atto- sé, né si possono assimilare agli esistenti. È difficile il ruolo
ri e ben più pericolosa, che ha domande a cui di Ahn Joo, ruvido, ma pieno di stimoli e ambizioso.
verranno date risposte a tempo debito, in un Una bambina bistrattata scopre il potere del linguaggio,
arco narrativo breve e incisivo, tessuto con della scrittura, delle storie raccontate. E il suo mondo non è
grande maestria. più così desolato. Lei è la sola in grado di costruirsi il futuro.
Castle Freeman firma un vero e proprio piccolo Sola con la sua capacità di giocare con le parole per impara-
capolavoro, capace di penetrare i pensieri come re a costruire storie. Una storyteller, Ahn Joo. Una storyteller,
una pallottola: a bruciapelo. Patti Kim.
Alex Pietrogiacomi Florinda Fiamma
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RECENSIONI
MARCO BALLESTRACCI
VINCENZO LATRONICO
LA STORIA BALORDA
Instar, pp.192 pp, euro 14 LA COSPIRAZIONE...
Bompiani, pp. 400, euro 15
C’è una domanda - sotterranea e terribile - che accompagna l’in-
tera lettura di La Storia Balorda. Una domanda che suona quasi Milano, giorni nostri, passati e futuri. Il
come una sinistra invocazione, ovvero: quanto c’è di vero e quan- giovane rampollo Alfredo Cannella affila i
to di verosimile in un racconto che si dipana per quasi un secolo, suoi coltelli sin da ragazzo: tenta l’ingres-
attraversando imprese, curiosità e tragedie (umane oltre che so ad Harvard, ma finisce per entrare alla
sportive)? Cosa è successo veramente - oltre a ciò che la storia Bocconi, peraltro con spintarella di papi,
addomesticata dai vincitori ci ha tramandato - in quelle macchie immobiliarista veneziano. Trova sulla sua
di secolo raccontate con lucida crudeltà dall’autore? strada l’albanese Donka Berati; lui sì, ce
È dunque questo il brivido più profondo quando ci si immerge l’ha fatta ad entrare ad Harvard, salvo es-
nella lettura del nuovo libro di Marco Ballestracci, autore di quel serne espulso per una storia di vendita di
L’Ombra del Cannibale da noi recensito un paio d’anni orsono. tesine. A Milano convivono: il veneziano si porta a letto deci-
La Storia Balorda è un labirinto nel quale si interseca una realtà ne di ragazze, l’albanese continua a macinare trentaelode,
(talvolta appunto fantasiosa) costruita con sagacia su improba- entra nelle grazie del barone (di sinistra, eh) di turno, soffia
bili giocatori di scacchi, il Mondiale del 1978, rifugiati polacchi, all’amico il posto di assistente. Seguono intrecci sull’asse
Eichmann, La guerra delle Malvinas, Carlos Monzon, il Terzo New York-Milano-Venezia-Londra-Francoforte. Compreso
Reich, Videla e Matthias Sindelar. Ma non solo, perché su que- un triangolo con la croata Drina Drzic, affascinante psicote-
ste bisettrici si avviluppano - come ipertesti temporali - delle rapeuta per ricconi in depressione. La cospirazione delle co-
altre storie, pronte a loro volta a figliare altri mille rivoli. lombe è un romanzo sull’amicizia; sul tradimento; sul rap-
Ballestracci riesce nella difficile impresa di collegare con delica- porto padre-figlio; sull’amore; sul denaro, sul successo, sul-
tezza e linearità epoche e trascorsi umani tra i più dissimili, con l’invidia, sulla corruzione, su Milano, su un certo cosmopo-
un metodo che spesso non può non ricordare James Ellroy nella litismo, insomma dosi notevoli di tutto quello che un lettore
sua trasversale costruzione, prendendo la storia per plasmarla vorrebbe ritrovarsi in un libro. Romanzo che si legge d’un
(là, nei suoi luoghi oscuri) in una parvenza di verità che spesso fiato, perché Latronico è bravissimo a tenere desta l’atten-
ha un retrogusto di sangue e tradimento. zione, anche se a ben vedere tutto va come deve andare, a
Ce n’è davvero per tutti i gusti in queste 192 pagine, ed è la sotti- parte il fatto che Cannella non si porta a letto Kay Montana,
le linea di fondo che le collega a dare un significato a questa stra- sua collega-superiore, ma può darsi che mi sia sfuggito qual-
na storia, scevra di elementi femminili (La Storia Balorda è un cosa. Il rapporto iniziale Donka-Alfredo rimanda direttamen-
libro volutamente maschile per impeto e cerebralità) nella quale te a un tipo di rivalità ben descritto da Fincher in The Social
l’amore è rivolto verso lo sport come disciplina dell’anima, ma Network. C’è un respiro internazionale, è tutto un fiorire di
anche come orrendo veicolo di propaganda e aerei, viaggi e conti in banca. Se ci fosse un po’ di anima, sa-
dolore. Alla fine, spossato dall’incredibile rete di rebbe perfetto; s’intende, un’anima può anche emanare
rivelazioni che sottendono al racconto manco malvagità, ma bisogna che qualche sentimento venga fuori,
stai più a chiederti quale sia il confine di quell’i- invece la temperatura emotiva è quasi sempre di pochi gradi
niziale domanda, ti ritrovi solo a pensare che… sopra lo zero, per quanto Cannella Jr sia uno dei personaggi
no, spesso non è “solo una maledetta partita di più insopportabili mai impressi su carta; molto meglio la
calcio”. Consigliatissimo. croata Drina Drzic, affascinante sin dal nome.
Michele Benetello Liborio Conca
NOTTI PULP
VICTOR GISCHLER - NOTTE DI SANGUE A COYOTE CROSSING, tutto va a rotoli con velocità supersonica: l’aiuto sceriffo, goffo e
Meridiano Zero, pp. 208, euro 14 sfortunato, dapprima perde il cadavere che avrebbe dovuto custo-
Nell’Oklahoma più profondo e bifolco, tutto in una notte. Si esplo- dire. È abbandonato dalla moglie, che gli lascia il bambino di pochi
de di caldo in mezzo al nulla, non succede mai niente. Fino a ora. mesi; è perseguitato da una Mustang minacciosa; distrugge un
Per essere una piccola città Coyote Crossing ha fin troppi segreti. In motel. Quindi colleziona omicidi - lui che non aveva neanche mai
una notte d’agosto, un redneck viene rinvenuto senza vita: si chia- visto un cadavere - fino a compiere una carneficina. Inatteso giusti-
ma Luke Jordan e ha cinque fratelli, tutti poco di buono, stupidi e ziere nella notte, Sawyer, che è specializzato a non fare mai la cosa
robusti come tori. Comincia così Notte di sangue a Coyote Crossing, giusta, nondimeno scopre un traffico di clandestini messicani e
il nuovo noir di Victor Gischler, nell’ironica e disincantata narrazio- deve tirare fuori coraggio e scaltrezza per salvare la pelle svariate
ne in prima persona del giovane aiuto sceriffo Toby Sawyer. Toby volte. Perché la sua scoperta potrebbe costargli la vita, e le sue
non si sente un vero sbirro, ha solo visto troppe puntate di CSI, è gesta il carcere a vita. Il western-pulp di Gischler è irresistibile,
tornato in Oklahoma per il funerale della madre senza riuscire ad rocambolesco, amorale. Lo scrittore fa uscire dalle pagine l’afrore
andarsene più. Il suo intento era diventare un chitarrista rock, ma delle bettole - gli honky-tonk - e il puzzo stantio dei pick-up polve-
la vita lo ha intrappolato a Coyote Crossing, la ragazza incinta e un rosi e unti. Non ci meraviglieremmo se Notte di sangue a Coyote
improbabile impiego. Dal ritrovamento del corpo di Luke Jordan, Crossing diventasse un film dei fratelli Coen. G.V.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
FEDERICO BACCOMO “DUCHESNE”
VITTORIO GIACOPINI
LA GENTE CHE STA BENE
Marsilio, pp. 270, euro 16,50 L’ARTE DELL’INGANNO
Fandango, pp. 281, euro 16
“Perché non c’è più nulla da pianificare, nulla su cui ragionare, devo
tornare al vecchio istinto rapace, alla belva che ero. Mi ero seduto, Che storia, quella di B Traven, lo scrittore
Carlita, a godere i miei trionfi, a digerire il mio successo. Stavo per- “senza volto”, anticipatore di tutta una
dendo di vista quella bella avventura senza fine che è la carriera”. La tradizione post-Seconda guerra mondiale
carriera è tutto per l’avvocato Giuseppe Ilario Sobreroni, protago- di scrittori e attivisti politici (e anche rock-
nista di La gente che sta bene, secondo romanzo di Federico Bac- star, infine) che rifiutano di offrire la pro-
como (Milano, classe 1978), già autore con lo pseudonimo di pria identità al mondo sempre più inter-
Duchesne del fortunato Studio Illegale (sette edizioni, 35.000 copie connesso, estremo riot act verso la salva-
vendute, un film con Fabio Volo in preparazione). Sobreroni, uno guardia di qualcosa in più della privacy
dei più riusciti comprimari di Studio Illegale, qui apparentemente tutelata dalla legge dello stato. Ne elenca
ce l’ha fatta: una famiglia solida con la moglie Carlita, che, però, i più famosi tra questi, Giacopini: JD Salinger, pace all’anima
non lo sopporta; due splendidi figli sulla via del disadattamento; sua, e Thomas Pynchon, e poi l’Arcimboldi immaginario di
un lavoro, finché c’è, pieno di soddisfazioni. Poi, nella Milano dei Bolano. Dilettanti, a confronto di B Traven, intellettuale av-
liberi professionisti, che si sentono invincibili come i navigatori o venturiero, un personaggio che più novecentesco non si
i banditi di un tempo, degli affari prima dell’amore e dei ristoranti può, anarcoide, autore di romanzi di successo, su tutti Il te-
alla moda, arriva la crisi economica e niente sarà come prima. soro della Sierra Madre, diventato film con Humprey Bogart.
Quando Sobreroni spiega a Carlita che ha voglia di tornare una Con abilità letteraria e vivace curiosità da cercatore dell’oro
belva, è stato scaricato dal prestigioso studio di cui era socio - con- del Klondike, Giacopini intreccia storia e realtà a immagina-
tenimento dei costi, valutazione del rendimento, riorganizzazione zione, restituendo panorami mitteleuropei, squarci centroa-
interna - e nello stesso giorno ha ricevuto un’offerta da uno studio mericani, viaggi a bordo di navi assai meno pompose che
concorrente di Londra. Ma i romanzi esistono per complicare le nei romanzi di Stevenson e Verne. Un viaggio infarcito di let-
cose: la trasferta londinese del nostro avvocato non sarà un suc- tere e umanesimo. Un viaggio difficile da seguire, vien voglia
cesso e l’incontro con una donna aumenterà il suo sbandamento. di perdersi per le strade fumanti di Città del Messico o in una
Nel finale l’autore non punta su una soluzione rassicurante, a Monaco a un passo dalla tragedia definitiva, dove Traven fu
favore del nuovo neorealismo in voga tra i giovani romanzieri, Ret Marut, intellettuale curioso e attivo della Repubblica di
che qui ha esiti più convincenti di altre storie di crisi. C’è addirit- Weimar. Libro per amanti della letteratura e della storia, di-
tura la speranza che la sua gente, in qualche modo, riesca a stare sposti ad accettare il fatto di doversi calare in un mondo
bene. Baccomo, ex avvocato d’affari rifugiatosi nella scrittura per ormai lontano, lontanissimo dal nostro, per poter assapora-
smettere di sentire vibrare il cellulare anche quando era spento o re un soffio di libertà, di anticonformismo che ancora è lì a
di passare in ufficio sette giorni su sette, con- battere e pulsare, dalle profonde viscere del secolo scorso,
ferma la buona impressione dell’esordio. Ironi- una storia che sì, andava raccontata ancora, e Giacopini sa
co dall’inizio alla fine, alleggerendo il grande te- tesserla con sincera passione e grande abilità. Merita d’es-
ma della sopravvivenza nell’attuale mondo del sere ricordato come un eroe, B Traven, che scrisse una volta:
lavoro, e capace di far dialogare i personaggi “Io non sono un contemporaneo. Non posso andare al di là del
con una ricchezza alla quale, dopo anni di mini- giorno in cui vivo… mi pongo al di sopra… non rattoppare quel
malismo, dovremmo riabituarci. che si deve stracciare! Non sostenere quel che deve crollare!”.
Annarita Briganti Liborio Conca
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RECENSIONI
PAOLO NORI
PETER MURPHY
LA MERAVIGLIOSA UTILITÀ...
Marcos y Marcos, pp. 208, euro 14,50 JOHN IL VISIONARIO
Fazi, pp. 253, euro 18,50
Cos’hanno in comune un museo di arte contemporanea (da spie-
gare ai ciechi), le frontiere (e il liscio emiliano), la fantascienza, la Avere quindici anni non è mai stato facile
Ddr e l’anarchia? In effetti nulla se non il fatto che sono temi di per nessuno. Per uno come John Devine,
alcuni dei discorsi tenuti in pubblico da Paolo Nori che, dopo confinato in un soffocante paesino irlan-
Pubblici discorsi appunto (uscito per Quodlibet qualche anno fa), dese, con una madre tabagista che parla
esce con una nuova raccolta per Marcos y Marcos. Il Nori che ab- per citazioni del Deuteronomio e del Le-
biamo amato follemente per Bassotuba non c’è, Si chiama Fran- vitico, lo è forse ancora di più. Aggiungia-
cesca questo romanzo e Grandi ustionati torna per uno dei suoi fre- moci per completare il quadro un’anziana
quenti appuntamenti editoriali e fa una sorta di dichiarazione di vicina, petulante e impicciona, che si in-
stile: “Ero così concentrato sulle mie braghe, e sull’effetto che facevo, stalla in casa quando la madre si ammala,
che l’effetto che il mondo faceva a me non aveva quasi importanza. un poliziotto bacchettone che per poco non lo sbatte in rifor-
Ecco. Io ho l’impressione che, per scrivere, sia abbastanza importan- matorio dopo aver profanato una chiesa, le poco benevole
te trovar delle braghe”. È indubitabile che le sue braghe, o il suo attenzioni di una banda di malviventi di provincia la cui bru-
carattere scrittorio, Nori lo abbia trovato, dopo averlo creato e ce- talità è eguagliata solo dalla sesquipedale idiozia, e si capirà
sellato, e ora è sempre più in bilico sul conflitto tra l’Emilia da cui come da una situazione del genere non si può che scappare
proviene e l’Unione Sovietica cui è legato per vita e studi (“le com- gambe in spalla. Peccato che di vie di fuga, per adolescenti
ponenti emiliane che abitavano dentro di me e le truppe sovietiche come John Devine, non ne esistano. A parte, ovviamente,
che erano entrate dentro di me”). quelle che può aprire la fantasia, e di fantasia John ne ha fin
In questo lavoro parla e commenta le sue letture, da Todorov e i troppa. Costantemente in preda a visioni febbrili, scambia
formalisti russi a Chlebnikov e a Sklovskij, anche attraverso cita- realtà e immaginazione senza sapere mai con certezza da
zioni da Tolstoj: “Nella vita umana l’essenziale non sono i fatti ma quale parte della staccionata si trovi, preferendo rimanervi in
le parole”. E tra fatti e parole anche Nori sceglie queste ultime, for- bilico sopra perché forse quello è l’unico modo per non affo-
se proprio per l’inconsapevole lezione che gli diede suo nonno, gare in quel cesso di vita che si ritrova. A dargli una mano,
che gli fa comprendere quale sia la meravigliosa utilità del filo a pochi ma preziosi legami umani: un vecchio ubriacone tut-
piombo, secondo l’intelligenza che viene su nei cantieri e lo tofare, segretamente innamorato della madre, che gli fa da
splendore della semplicità. Dei sei discorsi della raccolta l’ultimo, impacciato padre putativo, e soprattutto James Corboy, ra-
Noi e i governi, è il più bello e ispirato, sull’anarchia, la tirannia, la gazzo di buona famiglia geniale e ribelle, un Lucignolo fuori
democrazia e sulla vita di Daniil Charms, uno scrittore di San di testa che aprirà a John gli occhi sul mondo. Opera prima
Pietroburgo ritenuto degenere e antisovietico e finito in manico- di Peter Murphy, irlandese quarantatreenne che nella vita fa
mio. Nori è diventato questo tipo di scrittore: il giornalista musicale per “Rolling Stone”, John il visionario è
infaticabile, continuo, incurante delle aspettati- stato acclamato in patria come un capolavoro anche da voci
ve e delle regole del mercato. Un libro, questo, autorevoli come quella del concittadino Colm Tóibín.
per gli amanti di Nori, che mischia sempre di Esaltazione forse figlia del campanilismo, ma nonostante
più vita, romanzo, letture, realtà e invenzione, e qualche incertezza nel padroneggiare troppi registri narrati-
sembra che vada progressivamente in direzione vi diversi è indubbio che il romanzo sia il frutto di un talen-
degli amati Disastri di Charms. to genuino, affabulatorio e sì, decisamente molto irlandese.
Florinda Fiamma Carlo Bordone
UNASETTIMANADADIO
ANTONIO SKÀRMETA - UN PADRE DA FILM, Einaudi, pp. 70, euro 10 maestrino fresco di diploma confinato in un buco di paesino cileno
Capita, a volte, di ritrovarsi improvvisamente vecchi. Forse perché agli inizi degli Anni Sessanta. Da quando il padre di origini france-
guardandosi nello specchio si scopre che l’immagine riflessa è quel- si se ne è andato senza una spiegazione il mondo di Jacques si limi-
la del proprio padre; o forse perché una notizia inaspettata scon- ta alla silenziosa convivenza con una madre bella ma sfiorita, ai di-
volge il tran tran quotidiano, obbligando a fare i conti con le re- scorsi con un mugnaio ubriacone che su quel padre pare sapere fin
sponsabilità e le occasioni perdute. Ai protagonisti dei romanzi suc- troppe cose, al rapporto da fratello maggiore, più che da insegnan-
cede spesso, magari nel giro di poche pagine. Ad Antonio Skàrmeta te, con uno studente quindicenne che non vede l’ora di perdere la
ne servono appena una settantina per condensare una manciata di verginità in un bordello, per finire con l’attrazione inconfessabile
esistenze, colte tutte sull’orlo di una svolta cruciale. Un materiale per le sorelle adolescenti di quest’ultimo. Una scoperta del tutto ca-
narrativo che meriterebbe un romanzo lungo cinque volte tanto, suale intreccia i destini di ognuno di loro, e per la prima volta nella
non fosse che per sapere come continueranno quelle esistenze a cui sua vita Jacques farà accadere le cose invece che subirle. La narra-
stavi cominciando ad affezionarti. Ma poi capisci che no, tutto quel- zione dell’autore de Il postino di Neruda, asciutta eppure ricca di
lo che c’era da raccontare è stato raccontato. Il resto sarebbe solo ironia e di tenerezza per i suoi personaggi, eleva poeticamente una
altro tran tran, altre occasioni perdute. Un padre da film si concen- storia minima, l’unica che può permettersi quell’universo provin-
tra sull’unica settimana davvero importante nella vita di Jacques, il ciale da cui la Storia si dimentica sempre di passare. C.B.
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TRIP(PA)
Da Sud a Nord a Sord
di Gianpiero Caldarella (www.scomunicazione.it)
C
u è minchia, si sta ’a casa. Che tradotto vuol dire: “chi è stupido,
fa meglio a restare a casa”. Quello appena citato è un tipico
esempio di uso “nobile” della lingua siciliana, che se la gioca
con la lingua lombarda, quantomeno su Google, dato che per
la prima ci sono 637mila voci e per la seconda - stando al 9
aprile 2011 - addirittura 666mila voci. Diavul! di un motore di ricer-
ca, direbbero i lumbard. Potrebbe trattarsi di una semplice coinci-
denza, eppure è difficile escludere il fatto che la gloriosa lingua lom-
barda sia vittima di un qualche maleficio. Ogni volta che la Lega
cerca di rivalutare le “lingue della Padania”, viene accolta a piriti e
pernacchie. Hanno chiesto che gli insegnanti al Nord passassero dei
test di lingua e cultura padana e non li hanno cacati neanche di stri-
scio. Hanno chiesto che la Regata Veneta non fosse commentata da
giornalisti meridionali e sono stati presi a vogate sulle gengive. Mai
che gliene andasse buona una. Poverini. Poi ti volti dall’altra parte
dello Stivale e capisci che “In Sicilia si può”. We can, un ci su’ poble-
mi. Qui la lingua e la cultura locale sono tradotti in norme, come
quella “sull’insegnamento della storia della Sicilia e dell’identità sici-
liana nelle scuole”, che ha appena ricevuto il via libera dalla
Commissione Cultura del Parlamento Siciliano. Storia, letteratura e
lingua siciliana ridiventeranno protagoniste. E questo lo dice il
governatore Lombardo, che solo dal cognome che ha, si capisce che loro per sciogliere ’sta matassa del Federalismo. Lombardo dovreb-
è stato messo lì per prendere per il culo i veri lombardi. be avere il coraggio di attivare dei corsi di lingua lombarda e pada-
na qui in Sicilia, se è il caso sottraendo ore all’insegna-
Adesso per la Sicilia c’è una grande riforma, che ha mento delle lingue straniere, perché ormai se non sai
fatto discutere quasi quanto la riforma Gelmini. Il il lombardo non ti puoi guardare neanche il tg.
tutto non costerà un euro in più alla Regione. Così quando Bossi dice föra da i ball, lo possia-
Saranno gli istituti ad attivare questi corsi in mo capire tutti e magari capiamo pure se l’ha
autonomia. In pratica, s’è fatto un gran par- Aiutiamo pronunciato bene. E poi facciamo gli inter-
lare di niente, dato che già trent’anni fa, nel scambi culturali e magari qualche corso lo
1981 a Palermo fu varata la legge regionale
i Padani a casa loro trasferiamo in Brianza, in via sperimenta-
sui “Provvedimenti intesi a favorire lo stu-
dio del dialetto siciliano e delle lingue delle
per sciogliere ’sta matassa le. Nel giro di sei mesi la cosa può partire.
Se dalla Padania danno l’ok, possiamo
minoranze etniche nelle scuole dell’Isola”. del Federalismo. mandare anche qualche madrelingua
E poi, nel 2000, quella norma fu rinvigori- siculo di pregio, pure un onorevole, uno di
ta da una circolare dell’assessore Morinel- Responsabilizziamoci quelli che proprio non ci riescono a
lo. Da allora un centinaio di istituti hanno nascondere la loro padronanza del sicilia-
attivato dei corsi, dal costo massimo di 5mila tutti. no. Basta che non ci parlate italiano, che
euro l’anno, poco più di mezzo milione di euro sennò, mischini, si possono confondere.
per l’intera isola. Sarà stato un boccone amaro
per i fieri padani e per le loro locche - è solo un ter- La questione più importante invece è quella che
mine dialettale, se non lo conoscete sono cabbasisi vostri riguarda gli insegnanti meridionali che devono conosce-
- provocazioni scoprire, come nella canzone di Guccini, che “Tu re la lingua padana. Una proposta sacrosanta, i professori han-
giri adesso con le tette al vento, io ci giravo già vent’anni fa”. Quella che no una responsabilità e non si capisce perché si devono sottrarre
si ripropone ora è quindi una minestra arricaudiata, perché al Lom- all’integrazione. Ma siccome sono una casta di comunisti e cornu-
bardo di nome ci piace fare il siciliano, l’autonomista, l’uomo del tazzi, ogni volta che se ne parla, pare che ci piglia la tarantola. E per-
Sud. E pure al lombardo di fatto ci piacerebbe fare il siciliano, quan- ciò, si può fare una leggina che vale erga omnes (no, non significa
do si tratta di scrivere leggi. Epperò si devono accontentare. Loro “le terga degli uomini”) e in mezzo ci si infilano pure gli insegnanti,
non hanno avuto Salvatore Giuliano e Pisciotta che sono arrivati in ’a muta ’a muta, in sordina. Del resto, tutti i lavoratori sono social-
anticipo rispetto alla Costituzione, ma solo Umberto Bossi e Cal- mente importanti per lo sviluppo del territorio. Da Sud a Nord, im-
deroli, che sono arrivati tardi rispetto a Jean-Marie Le Pen. Che non prenditori, dirigenti e quadri, per non parlare degli operai, dovreb-
si agitassero, perché il caffè in certi momenti porta male. bero conoscere bene il contesto in cui operano e quindi anche la lin-
gua del luogo. A maggior ragione se si tratta di aziende che vincono
Ora però, siccome noi vogliamo un federalismo solidale, sostenibi- appalti pubblici. Infatti, per quale motivo un dirigente della Fiat o
le, sdivacatu, sfilacciato, sfricuniatu, scumminatu e smanciatu, ci sen- dell’Ospedale San Raffaele o dell’Impregilo che opera in Sicilia o in
tiamo in dovere di aiutare questi poveri cristiani nelle loro terre, co- Basilicata dovrebbe saperne meno di un “modesto” insegnante che
me si dovrebbe fare coi turchi. A Palermo li chiamano così gli emi- opera in Lombardia?
grati: turchi. Che vengano dal Bangladesh o dal Ghana non impor- Vedrai che così funziona, caro Bossi. Responsabilizziamoci tutti. E
ta, basta che abbiano la pelle più scura. Aiutiamo i padani a casa mi raccomando, futtitinni, non ti agitare, statti ’a casa!
149
MEDIAPOLIS
Le nuvole
di Luca Castelli (cabaldixit.blogspot.com)
C
on una mossa a sorpresa, soprattutto per la sua unilatera-
lità, il 28 marzo Amazon ha lanciato Cloud Drive e Cloud
Player, due servizi che permettono rispettivamente di archi-
viare la propria musica digitale su Internet e di ascoltarla
tramite qualsiasi computer o dispositivo portatile Android
connesso alla Rete. Oltre a rappresentare una poderosa accele-
rata verso quel “cloud computing” di cui un po’ tutti parlano or-
mai da anni, l’operazione di Amazon rappresenta anche una pro-
va di forza nei confronti delle case discografiche, nonché l’inizio
di una nuova sfida commerciale d’alto bordo che nei prossimi
mesi coinvolgerà anche Apple e Google. Decollando dai cieli
americani, dove per ora è limitato l’utilizzo del Cloud Player, la
“nuvola” sembra destinata a diffondersi a ogni latitudine, de-
terminando un probabile nuovo stravolgimento non tanto o non
solo nel nostro modo di fruire la musica, quanto in quello di con-
cepirla. Vediamo perché.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
piace assai poco alle major. C’è poi un aspetto psicologico. Nel
Ventesimo Secolo, prima del kaboom digitale, non stava né in
cielo né in terra che una qualsiasi innovazione tecnologica in
ambito musicale potesse essere introdotta sul mercato senza il
via libera (spesso sotto forma di compenso) dell’industria di-
scografica. La tassa sui cd vergini è un residuo di questo princi-
pio. Oggi non è più così. Per aprire Cloud Drive, Amazon non ha
chiesto il permesso a nessuno. E le major, che non hanno più il
potere di una volta, per ora hanno risposto con un mugugno.
Portare Amazon in tribunale non è uno scherzo e vista la gra-
duale obsolescenza di leggi sul copyright non certo scritte pen-
sando a un hard disk virtuale, non si avrebbe nemmeno la cer-
tezza di un esito favorevole.
L’ALTRA NUVOLA
Quando si parla di cloud computing e musica, spesso si fa un po’ L’ALTRA MUSICA
di confusione tra Amazon e Spotify, Google e Pandora, capre Insomma, è il solito casino. Nel quale il digitale conferma ben
e cavoli. In realtà, è una situazione molto fluida, in cui emergo- noti difetti e virtù. Da un lato il caos, il dominio dell’effimero,
no diversi modelli. Quello di cui si è parlato finora prevede una della sterile abbondanza, di una schizofrenia del nuovo sempre
declinazione virtuale del vecchio principio del possesso: gli più ansiogena. Dall’altro, il progressivo avvicinamento verso un
archivi di Cloud Drive sono dei grandi e invisibili scaffali su cui sogno ormai tutt’altro che utopistico: l’accesso continuo al juke-
riporre la propria collezione di dischi digitali. Diverso è il di- box celestiale. Entrare in contatto con la musica a prescindere da
scorso per le nuvolette di servizi come Spotify, costruiti sul qualsiasi limitazione fisica o di luogo. La rivoluzione dell’iPod, in
modello dell’accesso. Anche nel loro caso, la musica non risie- fondo, manteneva ancora stretti contatti con alcune modalità
de più nel computer dell’utente: la si può raggiungere e ascolta- percettive tipiche del secolo analogico: ai nostri occhi, il rappor-
re solo tramite Internet. Senza possederla, però. Dietro paga- to con la musica appariva sempre filtrato da un oggetto, sebbe-
mento di una quota mensile, l’utente riceve il diritto a un acces- ne assai diverso da un vinile o da un cd. E lo stesso oggetto ci
so illimitato. Indicate da almeno due anni come la next big thing serviva a mantenere un legame spaziale con le canzoni. Noi
della musica online, eppure ancora molto fragili, secondo molti sapevamo che si trovavano lì, in quella scatoletta. La nuvola, in
commentatori Spotify e affini rischiano di essere le prime vitti- teoria, dovrebbe spingerci oltre questa concezione. La musica
me della royal rumble sugli archivi virtuali tra Apple, Amazon e viene totalmente dematerializzata e delocalizzata. Non è più
Google. Una prospettiva che mette di nuovo in crisi i big del- riconducibile a un singolo oggetto: non a un disco, ma nemme-
l’industria discografica, che devono decidere se aiutare questo no a un lettore mp3. E non è più importante sapere dove si trova.
settore del mercato a decollare (Spotify, più piccolo e ubbidien- È ovunque, in movimento su quella rete Internet che è sempre
te di Amazon, è impegnato in sfibranti trattative con le major meno mondo parallelo e sempre più quarta dimensione della
per poter aprire negli Stati Uniti) o se lasciarlo lentamente inari- realtà. Chissà che questo ulteriore passaggio non contribuisca
dire: con il rischio di rinunciare a una fonte di profitto limitata allora anche alla nascita di una nuova musica, qualcosa che pren-
ma sicura, in favore di una potenzialmente inesistente (gli archi- da forma dalle nuvole e dalla nostra interazione con esse, esat-
vi virtuali). tamente come il rock è trasudato dai solchi del vinile.
151
BALLOONS
Il meraviglioso mondo di Inio Asano
a cura di Andrea Provinciali
L
o scorso venerdì 11 marzo, quando quel terribile terremoto ha gono La fine del mondo e Prima dell’alba: si dispiegano su una non-
sconquassato il Giappone con tanto di letale tsunami, avevo da trama che accendendosi qua e là di fievoli malinconie ci racconta
poco finito di leggere la raccolta di storie brevi del giovane man- frammenti di vita contemporanea e di rapporti umani di improbabi-
gaka nipponico Inio Asano (classe 1980) intitolata La fine del li, a volte, ma molto spesso comuni abitanti di Tokyo, soprattutto
mondo e Prima dell’alba, edita pochi mesi prima da Panini adolescenti, ma anche adulti che mettono in discussione un’intera
Comics nella collana Planet Manga (pp. 280, euro 9,90). Coin- esistenza. Tutto ciò sorretto dall’oramai inconfondibile - nonostante
cidenza ha voluto che proprio quella apocalittica scossa sia stata la sua giovane età - tratto dell’autore giapponese: la sua tipica scru-
registrata alle 14,46, ora locale, quando in Italia erano le 6,46, ovve- polosità stilistica, attuata grazie al riuscito abbinamento di sugge-
ro pressappoco all’alba. Suggestioni del titolo a parte, forte e subito stivi disegni a mano e l’utilizzo della computer graphic per gli sfon-
appagata è stata la tentazione di immergere nuovamente gli occhi in di - mai fredda e distaccata dall’insieme, ma anzi in grado di infon-
quelle toccanti tavole come per esorcizzare il dolore della catastrofe dere una luce sorprendente alle tavole in b/n -, riesce a rendere
appena compiuta (sì, perché non riguarda solo questioni naturali, quanto mai credibili e realistiche le proprie tavole, che per questo si
indirettamente o non) e condividere empaticamente e intimamente illuminano di magia quando Asano si lascia abbandonare al “fanta-
un sentimento di solidarietà verso una popolazione sofferente e in stico” in quei rari ma essenziali momenti di catarsi. Da non trala-
pericolo, che a vederla fino in fondo simboleggia la condizione del- sciare poi l’ottimo livello di scrittura raggiunto - qui per la prima
l’umanità intera, purtroppo. E se dall’estremo Oriente si propagano volta alla prova con storie brevi -, in grado di evocare tanto sfuma-
minacciose nubi tossiche, dai disegni di Asano sono di tutt’altra ture nostalgiche e introspettive vicine ai romanzi di Haruki
sostanza le nuvole che rapiscono lo sguardo estasiandolo. Esse Murakami quanto ritmi e inquadrature affini alle sceneggiature
sono fatte sì di paure esistenziali, sofferenze quotidiane, fumi ipnotiche, dilatate e sfalzate di David Lynch, il tutto arricchito da dei
metropolitani, ingiustificati rancori e di tutto quello che ha a che dialoghi sempre puntuali e mai banali o eccessivi.
vedere con la contraddittoria e molto spesso malvagia sfera umana. Proprio nella raccolta in questione è contenuto un racconto che è da
Ma soprattutto sono impastate di poesia, sogni, illimitata immagi- considerarsi come il seguito ideale del suo esordio, dal quale pren-
nazione mai fine a se stessa, sublimi fughe dalla realtà e sinceri e de il titolo, What A Wonderful World!. Opera questa che Asano pub-
buoni sentimenti, che alla fine seppur timidamente e sottotraccia blica all’età di soli ventitré anni e che gli garantisce subito un buon
riescono a innalzare il conflitto iniziale a un livello superiore placan- successo di critica e pubblico. Si tratta di un manga diviso in due
dolo anche solo temporaneamente. Nelle sue opere non c’è mai una volumi (in Italia pubblicati da Kappa Edizioni, 2005) che definisce
pacificazione assoluta e sicura, ci sono soltanto sfuggevoli intermit- fin da subito la sua cifra stilistica: storie frammentate che nel loro
tenze che ammiccano a una felicità a portata di mano che solo nel insieme costituiscono un corpo unico autoconclusivo, basate sulla
preciso momento della loro palpitazione sembra possibile. Possono quotidianità difficile e tormentata della società contemporanea che
scaturire da sguardi abbozzati, parole balbettate, incontri casuali e fa da filo rosso a una serie di personaggi che si incontrano a loro
improvvise e quasi incomprensibili prese di coscienza; ma siamo insaputa passandosi così il testimone narrativo della storia, nella
sicuri che se non terminasse lì la storia, nella pagina successiva ci quale è sempre l’intervento di elementi surreali, fantastici e onirici a
sarebbe subito una ricaduta verso il basso, piccola o grande che sia. svelare la possibilità che il mondo potrebbe davvero essere meravi-
Come la vita, no? E proprio così sono i dieci episodi che compon- glioso, o anche solo sembrarlo. Sempre sullo falsa riga si muove
pure la sua seconda opera La città della luce (Kappa Edizioni,
2007): ancora adolescenti tormentati o svogliati dalla vita che sta-
volta ruotano intorno al medesimo abbacinante e misterioso quar-
tiere di Tokyo che dà il titolo al volume. Poi è la volta di Il campo del-
l’arcobaleno (Panini Comics, 2008), opera mastodontica e ancor
più lynchiana nel suo svilupparsi, sulla quale è doveroso tornare più
e più volte per districarsi nei malinconici vortici della trama. Ma è
con i due volumi di Solanin (Panini Comics, 2010) che Asano com-
pie per la prima volta un vero e proprio cambio di rotta rispetto ai
lavori precedenti. Il tratto e l’estetica dei disegni restano invariati; è
la sceneggiatura stavolta a confrontarsi con una vera e propria sto-
ria di formazione che si sviluppa in maniera lineare dall’inizio alla
fine. Narra le vicende di uno stesso gruppo di amici adolescenti alle
prese con le sorti della loro rock band, del lavoro e della loro vita alle
prese con i problemi dell’età adulta. Commovente come sempre,
Solanin (per il quale ha ricevuto una nomination al prestigioso
Eisner Award 2009) è la solenne prova che Inio Asano è un autore
completo e maturo, in grado di raccontare come pochi la vita e le
sue problematiche in quello snodo cruciale che è l’adolescenza. In
Giappone ne hanno pure fatto una trasposizione cinematografica.
Proprio in questi giorni dovrebbe essere pubblicata sempre per
Una tavola Panini Comics la sua nuova serie a fumetti Buona notte, Punpun.
tratta da Chissà se mai in futuro racconterà a fumetti del terremoto, dello tsu-
La fine del mondo
nami e del pericolo nucleare. Soprattutto, chissà come lo farà.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
Impossibile in questa rubrica non omaggiare la patria dei manga dopo
il tragico terremoto e lo tsunami che hanno devastato il Giappone
153
PENCILSONG
a cura di Andrea Provinciali
ILMUCCHIOSELVAGGIO
L’AUTRICE: Anna Ciammitti (Bologna, 1980) si occupa di fumetto, anima-
zione e illustrazione. Ha disegnato per BeccoGiallo La strage di Bologna nel
2006. Ha pubblicato anche per Centro Fumetto Andrea Pazienza, Round
Robin, Nicola Pesce e Comma 22. Attualmente lavora come animatrice per
le serie televisive in plastilina dello studio Fusako Yusaki a Milano. Sta per
essere pubblicato De grazia - Le navi dei veleni edito dalla Round Robin.
155
CRAMPI
Morsi dallo sport
a cura di Capitan Tsubasa
K
arl Marx avrà mancato di striscio qualche profezia. Però strut- Crede che calcio e politica possano andare d’accordo? Sono mai
tura e sovrastruttura funzionano ancora alla grande. L’Italia andati d’accordo?
degli anni Ottanta è tutto un circo di Milano da bere, benesse- Il mondo del calcio e dello sport si è sempre tenuto abbastanza
re cafone e colori sgargianti? Ecco allora presidenti spendac- distante dalla politica. Poi, qualcuno, personalmente, si è impegna-
cioni, che si contendono fuoriclasse e bidoni, e i primi sponsor, to e candidato; ma all’interno il dibattito, le discussioni, il confron-
l’avvento del padrone della televisione commerciale. Dissolvenza: un to, è sempre stato estraneo. Non ho mai sentito negli spogliatoi
decennio prima. Austerity, crisi economica. E il lungo riflusso post- ragazzi che si accalorassero per un qualche tema politico, sia quan-
’68, con le opposte fazioni, i fascisti e la sinistra extra-parlamentare. do facevo il calciatore, sia quando poi ho allenato nelle categorie
Sfogliando l’Atlante illustrato del calcio ’70, colpisce, tra le altre cose, dilettantistiche. Ho sempre considerato questo aspetto come nega-
l’aspetto goliardesco-marziale dei calciatori della Lazio, e l’aria da tivo, una sorta di impermeabilità a quello che accade “fuori”.
combattente rosso di Paolo Sollier, centrocampista del Perugia, atti-
vista di Avanguardia Operaia, in seguito autore di Calci e sputi e colpi Le capita di “rivedersi” in calciatori come Zampagna o Lucarelli, che
di testa, ripubblicato pochi anni fa da Kaos. Con sguardo fiero, Sollier hanno fatto dell’impegno politico a sinistra una loro bandiera? Pensa
salutava i tifosi a pugno chiuso, a fine partita. Leggeva Pavese. che possano essere suoi eredi, per così dire?
Comprava “Il Manifesto”. E, da appassionato di musica, come rac- Eredi nel senso stretto, no. Nel senso che siamo a sinistra, ma in
conta quando lo raggiungiamo per l’intervista, anche Il Mucchio modo diverso. Quello che è importante, però, e che mi piace sotto-
Selvaggio. Insomma, “atipico” non è un aggettivo buttato lì a caso. lineare, è che se viene espressa una posizione politica, questa deve
venire da esperienze personali, da una tua ricerca, dalla voglia di
Che effetto le fa, oggi, rivedere quelle fotografie? metterti in gioco e di impegnarti. Chi ha questo percorso, anche se
Sono passati molti anni. Le immagini sono di un altro periodo, a tutti non la pensa come me, ha la mia stima.
i livelli. All’epoca ero un ragazzo, oggi sono una persona, come dire,
un po’ attempata che guarda con simpatia e affetto un periodo Ecco, qual è stato il percorso personale che l’ha portata a militare in
ormai andato. È anche interessante vedere, in quelle foto, la distan- formazioni della sinistra extra-parlamentare?
za che c’è con i giorni d’oggi, a livello sociale e politico. Già il fatto È stato simile a quello di molti ragazzi di quei tempi. Frequentavo
che le divise dei calciatori fossero quasi tutte sgualcite, trasandate, una parrocchia, e all’interno di questo ambiente è nato un gruppo di
mentre oggi ogni foto rappresenta marchi di vario tipo, identifican- persone che avvertivano l’urgenza e il bisogno di un impegno socia-
do quasi una pubblicità continua. E poi, a livello politico: era un le. Ci piaceva far le cose sul serio, così abbiamo iniziato a chiederci
momento in cui la società italiana, attraverso mille contraddizioni, perché la gente sta male, com’è che c’è gente ricca e gente povera,
tentava di costruire - soprattutto grazie ai ragazzi, ai giovani - un tipo perché ci sono disuguaglianze? Da qui, siamo arrivati alla politica.
di società nuova, un nuovo modo di rapportarsi a livello sociale. Si Alcuni hanno scelto la Democrazia cristiana, altri il PCI, io mi son
aveva l’impressione di una società in movimento. trovato a frequentare i gruppi della sinistra extra-parlamentare.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
FOTO TRATTA DALL’ATLANTE ILLUSTRATO DEL CALCIO ‘70 PER GENTILE CONCESSIONE DI ISBN
Paolo Sollier (1975)
È un impegno che lei ha tenuto negli anni, o che si è andato affievo- Secondo lei, qual è l’evento che più di ogni altro ha cambiato il
lendo? mondo del calcio nella sua storia più recente?
Mi è sempre rimasta in mente un’idea iniziale, proveniente dal Direi la legge Bosman. Fino a quel momento i calciatori erano pro-
mondo cattolico ma che è al tempo stesso un messaggio laico. prietà della società. La carriera dipendeva da quello che la società
Ovvero, di essere testimoni del proprio tempo, e quindi partecipare, diceva, e il calciatore, a meno che non fosse un campionissimo,
“mettersi a disposizione”. Io credo d’averlo sempre fatto, nel corso doveva fare quello che la società decideva. Invece la Bosman ha por-
della mia vita. Qualche volta da cane sciolto, altre in gruppi organiz- tato la possibilità - giusta - che il calciatore si riappropriasse del pro-
zati. Adesso ancora, ad esempio, con alcuni compagni qui a Vercelli, prio cammino. Però ha creato altre storie, meno simpatiche.
abbiamo costituito un gruppo che si chiama Società Futura, che Procuratori, agenzie; una grande azienda per la collocazione. Un
cerca di agire su alcuni temi che ci sembrano fondamentali: l’am- sistema che ha prodotto tante cose negative, anche se forse era un
biente, la laicità, l’etica pubblica. Ho come destino quello di trovar- passaggio inevitabile.
mi sempre in gruppi che contano pochissimo, ma che rompono le
palle più che possono. Cosa le viene in mente, con più facilità, se pensa al suo periodo da
calciatore?
Calciatore, allenatore, attivista politico. Quali sono i suoi interessi di Soprattutto l’aver considerato questa attività come una passione, un
oggi? divertimento, e mai un lavoro. Mi accorgo d’aver avuto la fortuna di
Continuo a seguire e praticare lo sport, anche se chiaramente andan- fare come professione il gioco che più mi piaceva.
do avanti con gli anni è molto più difficile. Mi piace informarmi, leg- Liborio Conca
gere. Mi piace ascoltare la musica. Ho “scoperto” il blues, un gene-
re che prima non ascoltavo molto. Anche se, quando c’è un artista
di qualità, non è importante l’etichetta, ecco. Cerco nella musica e
nelle parole qualcosa che mi sorprenda. (a cura di) M. COPPOLA E A. PICCININI
ATLANTE ILLUSTRATO DEL CALCIO ‘70
Preferisce, oggi, andare a un concerto o guardare una partita allo sta- ISBN, pp. 278, euro 12,90
dio? Dopo il successone dell’Atlante illustrato del
Sicuramente la partita, ancora. calcio ‘80 arriva ora quello dedicato ai più
impegnati, contraddittori e psichedelici anni
È in contatto con i calciatori che ha incontrato nella sua carriera da 70 sempre ruotanti a quella sfera a pentago-
professionista? ni in b/n, che rimbalzava ovunque ma sicura-
No. Raramente ci si sente con un paio di vecchi amici, ma molto di mente non in televisione (bei tempi). Rispetto al suo prede-
rado. Rimane un buon rapporto. Sa, come con i vecchi compagni di cessore questo volume migliora la copertina (bellissima) e la
scuola. Il rapporto è buono, si è stati bene insieme, ma come è giu- carta, giustificando così una piccola maggiorazione di prezzo.
sto che sia, se non si sono condivise scelte di base, è difficile tenere Ma i pregi (tanti) sono i medesimi: foto di calciatori che riesco-
in piedi i rapporti. no a raccontare un’epoca in tutte le sue sfumature. Curiosità:
entrambi gli Atlanti hanno tralasciato la stagione ‘79-’80 nella
Qual è il calciatore più forte che ha visto giocare? quale l’Inter vinse lo scudetto. Che si aggiri un vendicatore di
L’ho visto giocare due-tre volte in campo, e direi senza dubbio scudetti nella redazione di ISBN? Andrea Provinciali
Gianni Rivera.
157
JAMAISVU
Il correlativo soggettivo
di Claudia Durastanti
P
er anni, quando non sapevo bene cosa dire durante una pre pensato che il vero obiettivo di Smith non fosse mettersi in
conversazione con una persona mediamente rilevante, pari con i colleghi o dedicare canzoni testimoniali alla moglie
andavo di riciclo: “Lo sai che Robert Smith ha scritto (Lovesong) ma consegnare al mondo un’idea dei Cure per poi per-
Disintegration in una sola notte?”. Le reazioni erano dispa- derla: è come se da quel momento in poi avesse scelto di esiste-
rate: blando interesse, curiosità liceale di chi si innamora di re in forma minore, e di non esistere più in forma gotica (se
tutto (“no, come ha fatto?”), diffidenza di chi non ha una tastiera Bloodflowers non conta).
a portata di mano per effettuare gli opportuni controlli. Con il In fondo se l’è cavata con poco - gli è bastato un maquillage sem-
tempo, il mito fondativo di Disintegration è sparito dalle mie con- pre meno plausibile per liquidare quello stile - mentre io per sba-
versazioni, esattamente come la morte di Nico in bicicletta (“que- razzarmi del gotico ci ho messo un anno e mezzo dopo tentativi
sta l’hai già detta”). molto sbagliati e molto didascalici con il nero.
Ho scoperto Disintegration attraverso uno di quei documentari
ultravioletti di Vh1; negli spezzoni risalenti al 1989 - anno di usci- Emily Bronte, più modestamente, ha preferito morire di tuberco-
ta del disco - Robert Smith era sempre di sbieco, con le mani losi mentre ci stava provando.
schiacciate tra le gambe e le scarpe da ginnastica bianche sfac- A causa di un paio di lettori di scarsa immaginazione, l’autrice di
ciatamente in evidenza. Cime tempestose è diventata gotica suo malgrado, e non ha fatto
Stando al documentario, secondo lui il problema era che i Cure in tempo a salvarsene o a correggere le interpretazioni deviate del
non dovevano trasformarsi in una band da stadio (Boys Don’t Cry, suo pubblico. Immagino che nessuno le avrebbe dato comunque
pazienza, Just Like Heaven, pazienza, Close To Me, pazienza). occasione di farlo; è probabile che anche nel 1848 l’intervistatore
Ma il vero tarlo di Smith era che gli altri a quell’età avevano già di turno le avrebbe rivolto quella domanda, “Miss Bronte, c’è qual-
scritto il disco definitivo, così la notte del suo ventinovesimo cosa di autobiografico nel suo lavoro?”, e lei avrebbe fatto un gesto
compleanno ha organizzato il complotto depressivo perfetto e si scaccia insetti dichiarando: “Via, non sia sciocco. Passiamo alla
è inventato le basi di questo disco languido e appiccicoso che ti prossima”.
rende infelice anche se non lo sei. Come Disintegration, Cime tempestose esercita un’alchimia parti-
Anche se la promiscuità matematica dei narratologi mi fa rabbri- colare: a quindici anni è un romanzo d’amore, a venti un roman-
vidire, devo ammettere che la ricorrenza delle parole pioggia, nien- zo di vendetta e a trenta un romanzo religioso.
te e fine-del-mondo nei testi dell’album vorrà pur dire qualcosa. Chiunque abbia sperimentato la scaletta al contrario probabil-
Probabilmente, che il tuo peggio non è mai abbastanza. Ho sem- mente non è più di questo mondo.
Ma gotico Cime tempestose non lo è quasi mai: a parte qualche
fantasma qua e là, Heatcliff è satanico solo per convenzione e il
Robert Smith suo passatempo preferito non è persuaderci della sua inesisten-
za ma sbattere la fronte contro i tronchi d’albero.
Che gli inglesi siano particolarmente versati nel marketing della
tristezza e inclini a un romanticismo esasperato mi è sempre
stato chiaro.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
CASTIGHIDIVINI
Non è la prima volta che Radio Maria dà spiegazioni
divine alle catastrofi. Tempo fa il direttore Don Livio
Fanzaga aveva detto: “Il Terremoto in Abruzzo è stato
voluto dal Signore”. Dio ascolta sempre le preghiere
dei fedeli. Si vede che era il turno dei costruttori.
vita sia all’altezza della letteratura, se non negli eventi (non puoi
incontrare Heathcliff al supermercato) quantomeno nel grado di Roberto De Mattei, vicepresidente del CNR
intensità percepita (però, che atteggiamento alla Heathcliff) le
protagoniste del film assumono Emily Bronte come oracolo a Dopotutto De Mattei è uno storico del Cristianesimo.
costo zero. Quando hanno un dubbio o una domanda importan- Il tipo di professione che ti aspetti da uno che si occu-
te, aprono una pagina a caso del libro e leggono la prima frase pa di scienza. Attualmente il CNR sta studiando una
che balza loro all’occhio. futuristica abitazione antidisastri. Renderanno antisi-
Ci ho provato, e davvero non capisco perché “Tra i suoi libri! - gridò smiche le catacombe.
stravolta. - Con me morente! Mentre io sono sull’orlo della fossa! Dio
mio!” (ed. Einaudi 1992, pp.137) non debba avere più significato La vicenda di De Mattei ha creato scalpore. Tanti ne
dei responsi di quelle sfere magiche di plastica che una volta agi- chiedono le dimissioni. Dopotutto De Mattei non è
tate riescono a dire solo: sì, no, forse, dovresti, pensaci bene. nuovo a iniziative strambe. Tempo fa organizzò nella
Grazie. sede del CNR il convegno Evoluzionismo: il tramonto
di un’ipotesi. Una delle tesi del convegno era: ”I dino-
Cime tempestose, poi, regala rivelazioni sanguinarie usa e getta come sauri non sono poi così anziani”. Il che è vero: in
“Perdonami, ho lottato solo per te” e “Io gli ho dato il mio cuore, e lui America sarebbero scomparsi 40000 anni fa, in Francia
lo ha preso e lo ha stretto crudelmente fino a ucciderlo” che hanno lo 20000 anni fa, in Italia stanno ancora nei Consigli di
stesso effetto stupido ed euforizzante di una previsione astrologica Amministrazione.
in cui i campi della salute, dell’amore e del lavoro siano favorevol-
mente allineati. Solo per chi ci crede, ovviamente. Perla di De Mattei: “Adamo ed Eva sono personaggi sto-
Detto questo, è statisticamente improbabile che accada: nel libro rici” Qualcuno gli spieghi che nessun uomo avrebbe mai
ci sono duecento pagine di passeggiate a cavallo e governanti dato una costola per creare una donna. Nella storia l’u-
impiccione da scartare, l’intensità si disperde nel mezzo. nico uomo senza costole è stato D’Annunzio. E, guarda
Assurdità per assurdità, la letteratura diventa un oroscopo il cui caso, se l’era tolte per farsi i pompini da solo.
contenuto si adatta a tutto.
Anche Disintegration, si adatta a tutto: prima del documentario Con la tragedia di Fukushima, in Giappone ci sono
ultravioletto, la perdita di fascino del mondo e la cancrena degli stati cadaveri lasciati a terra perché radioattivi. Gli
affetti avevano una forma a prescindere. esperti se ne sono accorti anche senza contatore gei-
Dopo, somigliavano a Robert Smith in scarpe da ginnastica bianche. ger. I loro corpi trasmettevano l’equivalente di Radio
Così, faccio ancora finta che Cime tempestose parli dell’amore di Maria giapponese: Radio Shinto. E in quel momento il
Heathcliff per Catherine e non dell’ossessione di entrambi per deejay stava parlando dell’Italia: “La nomina di De
qualcosa di ultraterreno, o che Disintegration sia stato scritto dav- Mattei al CNR è una vendetta di Amaterasu”.
vero in una sola notte e non in mesi e mesi di lavoro. Marco Vicari
La frustrazione ha bisogno di combustibile, l’arte di miti che la
rendano sopportabile.
www.ilfattoquotidiano.it/blog/mvicari/
camerettaimbottita.splinder.com
159
HELTERSKELTER
Contro il logorìo della vita moderna
by the Raven
Quiz: Chi è quella paramedica che chiama il suo boss papi, lo di- Giuliano Ferrara (“La Repubblica”, 10 mar): “Il successo di Biagi non
pinge come “molto generoso con le sue donne” e “capace malgrado è colpa (!!!) mia. L’avrò visto due volte in tutto”. Il flop di Ferrara, in-
l’età di dare una pista a tutti”? Risposta a fine rubrica. vece, è merito di quel milione di telespettatori del Tg1 (non Al
Jazeera o il Tg3, il Tg1!) che prima che inizi Ferrara cambia canale.
Non mi intendo per niente di borsa ma quando quella giapponese Evidentemente è vero che il troppo storpia. Anche gli storpi.
perde il 10,55 in un giorno a causa dei danni provocati dal terremo-
to e dallo tsunami beh, fossi in Dio, una bella palla di fuoco dire- Vladimir Putin: “Il Cavaliere non pensa solo alle ragazze”. Lo si sape-
zione terra la manderei. va già da noi. Purtroppo.
Vasco Rossi punzecchia Luciano Ligabue su Facebook: “Caro Liga, Il papa esorta a mettere nomi cristiani ai figli. Giordano e Bruno,
quando avrai scritto anche tu quasi duecento canzoni e avrai pubblicato però, per favore vadano scelti separatamente.
sedici album inediti potrai essere messo sul mio stesso piano. Devi man-
giare ancora un po’ di polenta prima di poterti confrontare con me”. Il Italiano per stranieri, lesson #25:
che vorrebbe dire, con la sua logica, che Nick Drake, con soli tre - “Io sono estrefatta” (Lorella Landi, “Le amiche del sabato”, 26 feb-
album (più uno), è molto peggio di lui ma che, con oltre tren- braio).
ta album all’attivo, Raoul Casadei gliele suona per beni- - “Tu feci un patto”. Un Massimo Giletti freudiano
no. Siamo alle comiche, si spera finali, insomma. (“L’Arena”, 3 aprile).
- “Studiare non è così importante. A me non mi
Macy Gray: “Gli unici italiani che conosco sono imp…”. Per l’appunto. (“Forum”, 8 aprile).
Martin Scorsese, Bob De Niro e Leo Di Ca- - “Torna nella sua habitas… nel suo habitas
prio”. Prossimo giro, Super Mario… “È l’America naturale…” (Simona Ventura, “QCIC…”,
20 marzo).
Gigi Marzullo vs Gigliola Cinquetti a che regna! I nostri - “Fai la piroletta” (Sabrina Ferilli, “GF
“Sottovoce” (16 feb): 11”, 11 aprile).
“Da quando frequenta Sanremo?”. Beatles sono
“Da quando non avevo l’età”. Niccolò Ghedini: “Sono una carogna”.
“Da(i) diciotto anni”. infinitamente meglio dei Mai avrei creduto di potermi trovare
A testa bassa (ma phonato) contro d’accordo una sola volta con costui…
ogni logica… vostri Rolling Stones!”.
Erri De Luca (“Bookstore”, La7, 12 mar)
Melinda Gates: “iPhone e iPod sono ban- (Homer Simpson) dice la sua sul libro di Paparazzi 16: “Ho
diti dalle nostre case: ai nostri figli abbiamo un’obiezione sul titolo, Gesù di Nazareth.
vietato di usare prodotti della Apple”. Il che fa Perché Gesù era di Betlemme ma residente a
comunque pensare che i piccoli Gates li a- Nazareth. È come se dicessimo Totò di Roma e
vrebbero quantomeno desiderati e chiesti. File non Totò di Napoli”.
under: amiche di Comunardo Niccolai.
Maurizio Gasparri (Tg3, 31 mar): “Credo in una democrazia
Ci sono più fantasmi nella piazzetta di “Ghost Whisperers” che in bipolare”. Disturbata, ma bipolare.
tutto er cimitero der Verano.
Francesco Rosi: “A scuola c’è l’ora di religione: perché manca l’ora di
Oldies but goldies #16-19: storia del cinema?”. Meglio: questi come minimo darebbero le borse
- Leonardo Metalli vs Boy George (Tg1, Focus Note, 26 maggio di studio per le tesi su Massimo Boldi.
2010):
LM: “Fai il Dj…”. Dal film The Social Network, uno dei soci di Mark Zuckerberg duran-
BG: “Veramente io lo faccio da 17 anni”. te la creazione dell’embrione di Facebook: “Non è meglio chiudere
LM: “E se uno ti dicesse di cantare?”. tutto prima di finire nei casini?”. Ah, t’avesse dato ascolto, t’avesse!!!
BG: “Ho appena finito una torunée. Io canto ancora”.
Al limite, almeno una guardatina a Wikipedia prima di intervistare L’arrivo di Antonio Zequila alla soap “100 latrine” fa apparire perfi-
qualcuno? no Raffaello Balzo come un novello Lawrence Olivier. È proprio il
- Commissionare un servizio sui calendari con nudi di sconosciute caso di dire: Canile 5!
(“Stasera che sera!” Canile 5, 9 gen) a una che si chiama Ilaria Dalle
Palle è puro cinismo, su! Rerererepliche di “Casa Vianello” (10 aprile, ore 5:00, così se torni
- “Libero” (9 lug 2010) intervista il polpo Paul (e già questo, di per all’ovile ubriaco e/o drughé e in modalità suicidiale ti si triplicano
sé…): “Ma lo sa che lei dovrebbe essere già morto?”. E il mese dopo… le probabilità): Raimondo Vianello viene perseguito legalmente
tràcchete! perché sua moglie occupa abusivamente delle frequenze. Com-
- “Una volta incontrai Sarah Palin, mi sembrò molto felice di abitare in mento di Sandra: “Volevo fare la berlusconina”. I casi sono due: o là
Alaska. Spero che resti lì”. Barbara Bush. No, dico: mamma-moglie dentro c’è un centro di anarcoinsurrezionalisti che agisce indistur-
Bush! Basta come cartina di tornasole per sancire la pericolosità bato o, assai più probabile, lasciano che il burro paristango ce lo
della nana ghiacciata? mettiamo da soli.
ILMUCCHIOSELVAGGIO
SOLIDAOLIQUIDA?
Dopo aver mostrato, lo scorso mese, qualche esempio
pratico di impianto hi-fi “minimo”, parliamo di un ar-
gomento di più stretta attualità: è possibile ascoltare
bene anche la musica scaricata a vario titolo dalla Rete?
Quando lo spazio sui dischi e soprattutto la banda di
trasmissione scarseggiava, ci si era ingegnati a “compri-
mere” il più possibile i dati relativi alla musica “liquida”
(ovvero slegata da supporti “solidi”); nonostante l’effi-
cacia di queste acrobazie numeriche, la compressione
pesante porta irrimediabilmente a sacrificare un bel po’
di “fedeltà” del suono. Ma oggi che le risorse informa-
tiche sono sempre più diffuse e a buon mercato, non c’è
bisogno di comprimere più di tanto, e la musica liquida
può tranquillamente rientrare nell’ambito hi-fi: senza
scomodare studi e teorie, diciamo che gli MP3 con un
flusso di dati di 320 kilobit per secondo, o gli AAC (quel-
Pop World # 58: beatificazioni in vista. Quello a sinistra, intendo. li in vendita sull’iTunes Store di Apple) da 256 kbit/s
sono potenzialmente in grado di eguagliare la qualità
di un cd audio, mentre diversi siti vendono file com-
pressi “senza perdita” e addirittura codificati con fre-
Dal maGGico mondo di “Uomini e donne” (25 mar): “Non è una quenze di campionamento fino a 192 kHz e campioni
negatività dire che sei complessato e narciso”. E forse anche un po’ da 24 bit, capaci dunque di superare la qualità cd. A
testa di cazzo. Tanto non è una negatività, no? patto, ovviamente, di essere riprodotti in mo