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Battaglia di Okinawa

it.wikipedia.org/wiki/Battaglia_di_Okinawa

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Battaglia di Okinawa
parte del teatro del Pacifico della seconda guerra mondiale

Un Marine cerca riparo dal tiro di una


mitragliatrice giapponese nel settore
soprannominato "Death Valley"

Data 1º aprile - 22 giugno 1945

Luogo Isola di Okinawa

Esito Vittoria alleata

Schieramenti

Stati Uniti Impero giapponese


Supporto navale:
Regno Unito
Canada
Nuova Zelanda
Australia

Comandanti

1/45
Chester Nimitz Mitsuru Ushijima
Raymond Spruance †
Simon Bolivar Buckner Jr. † Isamu Chō †
Joseph Stilwell Minoru Ōta †
Roy Geiger Seiichi Itō †
William Halsey
Bernard Rawlings

Effettivi

182 000 combattenti[1] 100 000/110 000


≈368 000 uomini di uomini[2][3]
appoggio[2] ≈ 7 800 aerei[4]
318 navi da guerra
1 139 navi di supporto

Perdite

7 374 soldati e 4 907 marinai 107 539 morti


uccisi 23 764 dispersi
31 807 feriti 7 455[2]/10 755
203 dispersi prigionieri[5]
4 824 marinai feriti[5] 7 830 aerei
763 aerei 16 navi
34 navi
368 navi danneggiate

I dati presenti sono quelli riportati dallo storico Benis Frank: le note hanno lo scopo di
riportare i dati più discordanti. Nel paragrafo di approfondimento sono riportati i dati di
diversi storici sulle perdite.

Voci di battaglie presenti su Wikipedia

La battaglia di Okinawa si svolse sull'omonima isola nipponica tra l'aprile e il giugno


1945, nell'ambito della più ampia campagna delle Isole Vulcano e Ryukyu durante la
seconda guerra mondiale. Si tratta della più grande operazione anfibia eseguita sul
fronte del Pacifico dagli Alleati nel corso del conflitto.

La battaglia fu una delle più sanguinose e feroci di tutta la campagna in Estremo


Oriente: la 10ª Armata statunitense del generale Simon Bolivar Buckner Jr. fu
duramente impegnata dalla resistenza opposta dalla 32ª Armata giapponese del tenente
generale Mitsuru Ushijima, che nel corso del 1944 aveva organizzato un intricato
complesso difensivo in grotte fortificate il cui fulcro era rappresentato dal castello di
Shuri. Le divisioni statunitensi furono impegnate dal 1º aprile al 22 giugno per stanare i
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difensori, espugnare Shuri a costo di grandi sacrifici e inseguire i superstiti soldati
imperiali nell'estremo lembo meridionale di Okinawa, dove la maggior parte di essi
preferì il suicidio alla resa. La campagna si concluse dunque con la quasi completa
distruzione della guarnigione nipponica e gravi perdite tra le file statunitensi (pari a
circa il 30% degli effettivi); inoltre, per la prima volta sul fronte del Pacifico, si assistette
al coinvolgimento diretto della popolazione civile, che fu pesantemente coinvolta nelle
operazioni belliche. Si stima che ci furono circa 150 000 vittime tra gli abitanti di
Okinawa, tra cui migliaia di cittadini che si suicidarono pur di non cadere in mano ai
soldati statunitensi, dipinti come demoni dalla propaganda giapponese. La dimensione
delle perdite e delle distruzioni è da ascrivere all'uso massiccio che entrambi gli
schieramenti fecero dell'artiglieria, motivo per cui, nel dopoguerra, fu utilizzato il
soprannome Tifone d'acciaio, in inglese Typhoon of Steel [6] e tetsu no ame (鉄の雨,
"pioggia d'acciaio") o tetsu no bōfū (鉄の暴風, "impetuoso vento d'acciaio") in
giapponese, per descrivere la battaglia[7].

Contemporaneamente alla battaglia terrestre si combatterono aspri scontri aeronavali


che costarono pesanti perdite ad entrambe le parti; i giapponesi impiegarono in massa i
reparti kamikaze nelle cosiddette operazioni Kikusui che causarono gravi danni alle
forze navali americane, ma non riuscirono a cambiare l'esito della battaglia.

L'eccezionale violenza delle operazioni su Okinawa e la disperata determinazione dei


combattenti nipponici fecero propendere gli alti comandi statunitensi verso una
soluzione alternativa alla programmata invasione anfibia del Giappone, ovvero l'utilizzo
della nuova bomba atomica su importanti centri abitati situati nel territorio
metropolitano del Giappone. In seguito alla distruzione di Hiroshima e Nagasaki , agli
effetti debilitanti del blocco navale del paese e all'intervento in guerra dell'Unione
Sovietica, il 15 agosto il governo imperiale si arrese agli Alleati.

1 Contesto strategico
7 Note
7.1 Esplicative
7.2 Bibliografiche
8 Bibliografia
9 Voci correlate
10 Altri progetti
11 Collegamenti esterni

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Durante la conferenza del Cairo del dicembre 1943 il
presidente Franklin Delano Roosevelt e il primo ministro
Winston Churchill avevano delineato i piani per la
prosecuzione della guerra nell'Oceano Pacifico, che
avevano confermato la strategia della doppia linea
d'avanzata: una attraverso il Pacifico centrale e una
attraverso il Pacifico sud-occidentale, le quali avrebbero
dovuto convergere nelle Filippine e portare alla creazione
di basi avanzate per attaccare l'isola di Formosa, Luzon e le
coste della Cina entro la primavera del 1945. Alle forze Il generale MacArthur e
dell'ammiraglio Chester Nimitz, comandante in capo l'ammiraglio Nimitz a
colloquio
statunitense del Pacifico (Commander-in-Chief Pacific
Ocean Areas - CINCPOA) e della United States Pacific
Fleet, fu affidata la prima direttrice, mentre la seconda era di competenza del generale
Douglas MacArthur che guidò una serie di attacchi lungo le coste settentrionali della
Nuova Guinea. Nel corso di queste operazioni la flotta del Pacifico condusse decine di
sbarchi e distaccò un gruppo via via più nutrito a supporto del generale MacArthur; una
forte componente aeronavale ebbe invece il compito di contrastare le possibili
controffensive della marina imperiale. La rapidità dei successi nel 1944 spinse gli Alleati
a rivedere i piani concordati al Cairo e Formosa divenne l'obiettivo principale. Di
conseguenza, nel mese di marzo, i capi di stato maggiore riuniti (Joint Chiefs of Staff -
JCS) incaricarono Nimitz di preparare i piani per l'operazione Causeway: un attacco
anfibio contro Formosa stabilito per i primi giorni del 1945[8]. Allo stesso tempo
MacArthur ebbe ordine di progettare l'attacco e la conquista preliminare di Luzon.
Nimitz affidò il comando di Causeway all'ammiraglio Raymond Spruance, comandante
della Quinta Flotta e della sua esperta componente aeronavale, la Task force 58;
Spruance a sua volta ebbe un comandante subordinato, il viceammiraglio Richmond
Turner, capace ufficiale che aveva comandato l'apparato anfibio della Flotta del Pacifico
sin dagli sbarchi a Guadalcanal[9]. Del comando delle forze terrestri, riunite nell'appena
costituita 10ª Armata, fu investito il tenente generale Simon Bolivar Buckner Jr., fino ad
allora comandante generale in Alaska e protagonista della riconquista delle isole
Aleutine[10] .

Nonostante lo stato di avanzata preparazione dei


piani per Causeway, alcuni ufficiali superiori
espressero ben presto i loro dubbi a riguardo; il 23
agosto 1944 Nimitz rese comunque pubblico il
rapporto Causeway: dopo Formosa sarebbero state
contemporaneamente investite le isole Ryūkyū e le
Bonin (o in alternativa le Ryūkyū e le coste cinesi)
come preludio allo sbarco su suolo giapponese[11].
Non tutti i comandanti erano però d'accordo sulla
Limite del controllo giapponese nel
necessità di occupare Formosa; il generale Buckner si Pacifico nell'ottobre 1944
oppose fermamente per le difficoltà che le forze
americane avrebbero affrontato nel rifornimento di truppe e mezzi e, d'accordo con il
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comandante dell'aviazione nel Pacifico generale Millard Harmon, chiese l'annullamento
dell'operazione proponendo anzi di procedere senza indugio all'attacco degli arcipelaghi
delle Bonin e delle Ryūkyū. Anche l'ammiraglio Ernest King, capo di stato maggiore e
delle operazioni della United States Navy, si disse dubbioso e sostenne che l'avanzata
verso il Giappone avrebbe dovuto seguire la direttrice Luzon-Iwo Jima-Ryūkyū[12]. Dato
che lo scopo principale dell'avanzata in queste ultime isole era quello di impadronirsi
delle basi aeree più grandi per i bombardamenti preparatori sul Giappone e per istituire
un «corridoio aereo» fra l'arcipelago nipponico e gli aeroporti nemici a Formosa e
Luzon, fu concordato di occupare prima di tutto una base sussidiaria su un'isola
intermedia, di facile conquista, allo scopo di fornire un punto d'appoggio ai
quadrimotori Boeing B-29 Superfortress. La scelta cadde su Iwo Jima nelle Bonin, che
già disponeva di due aeroporti [13]. Il JCS approvò tale impostazione e affidò a
MacArthur l'invasione di Luzon, prevista per il 20 dicembre 1944. L'ammiraglio Nimitz
fu invece autorizzato a sbarcare su Iwo Jima esattamente un mese più tardi, sebbene
per successive difficoltà tecnico-logistiche l'assalto poté avere inizio solo il 19 febbraio.
Una volta occupata l'isola sarebbe scattata l'operazione «Iceberg», lo sbarco sull'isola di
Okinawa, che avrebbe potuto beneficiare delle ingenti forze aeronavali libere da altri
impegni. A questo punto, perciò, il JCS considerò Formosa un obiettivo strategico
successivo e l'operazione Causeway fu annullata: i quadri di comando, la struttura e le
truppe già radunate furono invece riutilizzati[12].

I giapponesi si resero conto nel frattempo che il perimetro difensivo istituito nel 1942
era ormai indifendibile e, nel settembre 1943, i vertici delle forze armate giapponesi
definirono una nuova «zona nazionale di difesa assoluta», che comprendeva le Curili a
nord, le Bonin, le Marianne e le Caroline nel Pacifico centrale, la Nuova Guinea, le Indie
orientali olandesi e la Birmania. L'avanzata americana del 1944 aveva infranto questo
baluardo; le isole Marianne erano state in parte occupate e le Caroline isolate. La
distruzione della base aeronavale di Truk e la disfatta nel Mare delle Filippine
convinsero il Primo ministro Hideki Tōjō a rassegnare le dimissioni a metà luglio 1944;
fu rimpiazzato dal bellicoso Kuniaki Koiso, che mantenne l'influenza dei militari nel
governo giapponese. Nella primavera del 1945 la situazione dell'Impero era ormai
critica; anche in Cina l'operazione Ichi-Go si era arenata e aveva conseguito solo
risultati parziali. Il Gran Quartier Generale imperiale mise allora a punto il piano Ten-
Go per la difesa del ridotto cordone difensivo Hainan-costa cinese-Formosa-isole
Ryūkyū, delle quali Okinawa era stata riconosciuta come bastione principale[13]. Nel
febbraio 1945, con la perdita di Manila e lo sbarco di divisioni marine su Iwo Jima,
l'Impero giapponese fu definitivamente tagliato fuori dai rifornimenti di greggio, metalli
e gomma provenienti dalle ricche Indie Orientali Olandesi: gli stati maggiori generali di
esercito e marina concordarono nel ritenere Okinawa l'obiettivo della prossima
offensiva nemica e intensificarono i lavori di fortificazione[14].

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Nimitz era lo stratega dell'operazione, mentre
Spruance era incaricato di condurre le operazioni
contro le Ryūkyū. Facevano parte della 5ª Flotta la
squadra portaerei veloci Task Force 58 (TF 58)
comandata dal viceammiraglio Marc Mitscher e la
squadra portaerei britanniche TF 57 al comando del
viceammiraglio Bernard Rawlings. Le due squadre Alcuni Grumman Avengers
sorvolano la flotta d'invasione
avrebbero dovuto lanciare attacchi aerei prima degli
britannica diretta a Sakishima
sbarchi, per neutralizzare le forze aeree giapponesi e
appoggiare, prima e durante la campagna, l'aviazione

La Forza d'attacco settentrionale (TF 53), comandata dal contrammiraglio Lawrence


Reifsnider, comprendeva un gruppo d'assalto costituito dal III Corpo anfibio dei
marines (III AC) del maggior generale Roy Geiger e dalle divisioni dei marines 1ª e 6ª
dei maggiori Pedro del Valle e Sheperd. La Forza d'attacco meridionale (TF 55)
comandata dal contrammiraglio John Hall, Jr., comprendeva i trasporti che dovevano
essere impiegati dalle truppe d'assalto del XXIV Corpo anfibio del maggior generale
John Hodge, della 7ª Divisione di fanteria (maggior generale Arnold) e della 96ª
Divisione di fanteria (maggior generale Bradley). Altri tre gruppi facevano parte della
forza d'invasione: il Gruppo di attacco delle isole occidentali, il Task Group 51.1 (TG
51.1) sotto il contrammiraglio Ingolf Kiland, le cui forze erano composte dalla 77ª
Divisione di fanteria del maggior generale Bruce; il TG 51.2 del contrammiraglio Wright
con la 2ª Divisione marines del maggior generale Watson che avrebbe compiuto
un'azione dimostrativa a sud di Okinawa il 1º aprile; e il Gruppo di riserva (TG 51.3),
comandato dal commodoro Mc Govern, con la 27ª Divisione di fanteria del maggior
generale Griner Jr[1]. Un'altra formazione dei marines, in aggiunta al III Corpo, era
quella del maggior generale Mulcahy della 10ª Armata, che doveva fornire copertura
aerea non appena le sue squadriglie si fossero installate sull'isola. I piloti inizialmente
assegnati alla Tactical Air Force (TAF), provenivano dal 2º Stormo dell'aviazione dei
marines, mentre altri elementi dell'aviazione dell'esercito avrebbero dovuto far parte del
gruppo da bombardamento del generale Mulcahy, ma nessuno di questi giunse a
Okinawa prima di giugno[15].

La flotta avrebbe dovuto trasportare alle soglie del Giappone circa 182.000 uomini delle
truppe d'assalto, mentre in totale sarebbero stati impiegati circa 548.000 uomini
dell'esercito, della marina e dei marines, con l'appoggio in totale di 318 navi da
combattimento e 1.139 navi ausiliarie, senza contare i mezzi da sbarco[1]. La campagna
di terra statunitense sarebbe stata comandata per la prima volta nella guerra del
Pacifico da un generale dell'esercito, Simon Bolivar Buckner Jr., che aveva al suo
comando la 10ª Armata statunitense composta dal III Corpo anfibio dei marines e il
XXIV Corpo anfibio dell'esercito[16].

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I primi rinforzi per Okinawa cominciarono ad affluire
nel giugno 1944 allo scopo di rimpinguare la 32ª
Armata del tenente generale Masao Watanabe
postavi a presidio. I giapponesi procedettero ad
arruolare gli autoctoni (detti Boeitai), cui dettero un
addestramento di base ed equipaggiamento: in totale
furono reclutati circa 20 000 uomini. Furono inoltre
organizzati tra i 750[17] e i 1 700 giovanissimi I principali ufficiali giapponesi a
volontari studenti liceali in gruppi chiamati Yekketsu Okinawa nel febbraio 1945: i
numeri in basso a destra indicano
("Sangue e acciaio per le unità imperiali") che
nell'ordine Ota, Ushijima, Chō,
avrebbero dovuto svolgere funzioni di collegamento Kanayama, Hongo, Yahara
ed eventualmente essere schierati in prima linea o in
azioni di infiltrazione e guerriglia dopo l'invasione

I reparti regolari nipponici erano di consistenza varia: la


62ª Divisione del generale Takeo Fujioka, forte di circa
12 000 uomini, poteva essere considerata un'unità
efficace e combattiva, la 24ª Divisione, proveniente
dalla Manciuria, era di recente formazione ma poteva
contare su ben 14 000 uomini mentre la 44ª Brigata
mista aveva subito forti perdite durante i viaggi di
trasporto ed era stata ricostituita con difficoltà [N 1] .
Particolarmente curata ed enfatizzata dal Gran Quartier
Generale imperiale fu la disponibilità di armamenti Un pezzo giapponese Type 89
pesanti, giacché era previsto che la battaglia fosse di da 150 mm, protetto in una
attrito: Ushijima ebbe dunque il 27º Reggimento carri caverna nella penisola di
(organizzato in aprile con elementi della 2ª Divisione Motobu
corazzata stanziata in Manciuria) comprendente
quattordici carri armati medi e tredici leggeri[19], mentre la numerosa artiglieria fu
riunita nel cosiddetto 5º Comando del maggior generale Kosuke Wada comprendente il
mediocre 7º Reggimento d'artiglieria pesante, due reggimenti indipendenti d'artiglieria,
un battaglione d'artiglieria pesante, il 42º Reggimento d'artiglieria da campagna della
24ª Divisione e reparti cannonieri tratti dalla 44ª Brigata. Inoltre Wada aveva a
disposizione il 1º e il 23º Reggimento d'artiglieria media con 36 obici, il 100º
Battaglione d'artiglieria pesante con otto cannoni da 150 mm, il 1º Reggimento mortai
indipendente con armi di calibro 320 mm e, infine, il 1º e 2º Battaglione mortai leggeri
assegnati come armi d'appoggio alla fanteria[20].

La maggioranza delle forze aeree disponibili fu


concentrata su Kyūshū, la più meridionale delle isole
metropolitane, prevedendo di tenere soltanto un
centinaio di velivoli a rifornire Formosa. Il 5 febbraio
1945 fu completata la riorganizzazione della 1ª Flotta
aerea su quattro stormi, battezzati 132º, 133º, 205º e
765º, dislocati per la maggior parte nella parte
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settentrionale di Formosa e in parte tra le isole di Studentesse giapponesi salutano
Ishigaki e Miyako, situate tra Formosa e la stessa piloti kamikaze pronti alla
Okinawa, che da aprile furono tutti impegnati nella missione: questa estrema tattica fu
estesamente utilizzata a Okinawa,
difesa di Okinawa[21]. La 1ª Flotta si dedicò
con oltre 1900 missioni suicide
principalmente all'addestramento delle tattiche
suicide e fu affiancata il 1º marzo 1945 dalla 10ª
Flotta aerea, articolata sull'11º, 12º e 13º Stormo combinato, che però abbisognava
ancora di esercitazioni: fu perciò deputata a riserva della 5ª Flotta aerea al comando del
viceammiraglio Matome Ugaki che, costituita dalla 12ª, 25ª Flottiglia aerea e altri
reparti aeronautici, ebbe la sua base a Kyūshū e il compito di attaccare le navi da guerra
(portaerei in primis). Alla 10ª Flotta aerea fu perciò assegnato il compito di distruggere
trasporti e unità anfibie, mentre quel che restava della 3ª Flotta aerea fu schierato nella
pianura di Kantō per difendere il Giappone centrale[22]. In tutto furono schierati circa
2 100 velivoli, spesso pilotati da giovani aviatori malamente addestrati; perciò nel
respingere un attacco americano non si poteva fare affidamento sulle tattiche aeree
convenzionali e il comando supremo di Tokyo informò la 5ª e la 10ª Flotta aerea che
«non potevano sussistere altre alternative all'infuori dell'adozione degli attacchi
speciali»[23]. Il complesso di forze aeronautiche (4 800 aeroplani) rispondeva
all'operazione Ten-Ichigo; data però la scarsità di carburante, che limitava le missioni e
le ore di addestramento, Ten-Ichigo doveva essere compiuta con missioni aeree di sola
andata, con un carico esplosivo massimo[13].

Pianificazione
Il 25 ottobre 1944 il quartier generale di Nimitz rese noto il
piano d'operazione Iceberg. La campagna avrebbe dovuto
svilupparsi in tre fasi: iniziale occupazione della parte
meridionale di Okinawa e delle piccole isole adiacenti, con
contemporanea costruzione di infrastrutture atte a rendere
Okinawa una base per ulteriori attacchi contro il
Giappone; in seguito si sarebbe conquistata Ie Shima, isola
situata a nord-ovest, e la porzione restante di Okinawa;
infine si sarebbe proceduto a rafforzare le posizioni alleate
nelle isole Ryūkyū, con probabili operazioni contro le altre
isole. Gli alti comandi statunitensi nel Pacifico radunarono
una delle più grandi armate navali della storia: la Quinta
Flotta, componente navale e anfibia, contò oltre 40
Il piano di attacco a Okinawa
portaerei, 18 navi da battaglia, 200 cacciatorpediniere,
centinaia di mercantili, sommergibili, dragamine,
cannoniere, mezzi da sbarco, navi d'appoggio, navi officina e decine di squadre di navi
per trasporto truppe (le cosiddette Tractor Flotilla[24]).

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La flotta fu suddivisa in sei Task Force con compiti
specifici. Direttamente interessata dagli sbarchi era
la Task Force 51 (TF 51) dell'ammiraglio Richmond
Turner che doveva applicare il piano "Fox", ovvero il
supporto aeronavale alla 10ª Armata del generale
Buckner che doveva prendere terra a nord e a sud
delle spiagge di Hagushi, nonché a un terzo
distaccamento che aveva il suo obiettivo in Keise La portaerei di scorta USS
Shima, isola impiegabile come postazione Shamrock Bay al largo di Okinawa
supplementare per le artiglierie di grosso calibro
durante gli sbarchi del 1º aprile (L-Day)[N 2][25]. Una volta stabilite salde teste di ponte,
le truppe sarebbero passate sotto il comando del maggior generale Wallace e le forze
navali al contrammiraglio Cobb; infine i reparti aerei e le squadre navali da ricognizione
sarebbero rimasti di base a Okinawa, sotto il comando generale dell'aviazione
dell'esercito per il Pacifico e del comandante della Quinta Flotta.

Il 1º novembre ebbe ufficialmente inizio l'operazione Iceberg, e nel piano presentato a


Turner per l'approvazione finale fu definitivamente stabilito di occupare le piccolissime
isole di Keise Shima e le isole Kerama (Kerama Shotō) prima degli sbarchi principali a
Okinawa. L'occupazione di Kerama era considerata particolarmente importante dal
momento che questo gruppo di isole poteva fornire ancoraggi sicuri per le navi appoggio
e basi rifornimento, evitando di operare al largo di Hagushi. L'occupazione di Kerama
fu affidata alla 77ª Divisione di fanteria, che effettuò gli sbarchi il 26 marzo 1945, sei
giorni prima dell'L-Day, assieme al 420º Gruppo d'artiglieria da campagna del XXIV
Corpo anfibio che prese terra a Keise Shima con i suoi 155 mm, che si sarebbero uniti al
fuoco dell'artiglieria aero-navale contro le coste previste per gli sbarchi. Tenendo come
limite iniziale d'avanzamento il torrente Bishi Gawa che tagliava in due le spiagge degli
sbarchi, il III Corpo sarebbe sbarcato sulla sinistra e il XXIV sulla destra; quindi, a nord
della cittadina di Hagushi la 1ª Divisione e la 6ª Divisione dei marines si sarebbero
dovute dirigere rapidamente verso l'interno, regolando la loro avanzata con quella
dell'esercito sbarcato a sud di Hagushi con le divisioni 7ª e 96ª[26].

La 6ª Divisione marines del maggior generale Lemuel


Shepherd, Jr. avrebbe dovuto impadronirsi dell'aeroporto
di Yomitan (Yontan nella storiografia della battaglia) e di
proteggere il fianco settentrionale dell'armata, mentre la 1ª
Divisione del maggior generale Del Valle avrebbe dovuto
partecipare alla conquista di Yontan, occupando
velocemente le alture a nord-est del piccolo villaggio di
China per poi deviare verso la penisola di Katchin sulla
costa orientale. Sulla destra dei marines la 7ª Divisione di
fanteria del maggior generale Arcibald Arnold avrebbe
occupato l'aeroporto di Kadena e poi, come la 1ª Divisione,
avanzare velocemente fino alla costa orientale per tagliare Un Chance Vought F4U
l'isola in due. La 96ª Divisione infine avrebbe occupato le Corsair dei marines attacca
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alture circostanti e le spiagge a sud e sud-est per poi le postazioni di Okinawa
avanzare lungo la strada costiera e occupare i ponti presso
Chatan, continuando a proteggere il fianco destro dell'armata in questo settore[27]. Le
operazioni terrestri, subito dopo lo sbarco, avevano lo scopo di isolare l'obiettivo della
prima fase, comprendente la parte di Okinawa a sud di una immaginaria linea tracciata
tra l'istmo di Ishikawa e il villaggio di China, e le isole orientali. I marines avrebbero
dovuto prendere immediatamente il controllo dell'istmo in modo da prevenire l'invio di
rinforzi nemici da nord e isolare i giapponesi a sud, con l'ausilio delle divisioni del XXIV
Corpo che avrebbero spinto verso sud le forze nemiche. La seconda fase di Iceberg aveva
lo scopo di occupare il settore settentrionale di Okinawa e di Ie Shima da parte delle
truppe della 10ª Armata sul luogo, che avrebbero concentrato i loro sforzi nell'obiettivo
principale rappresentato dalla penisola di Motobu, che si estende verso Ie Shima, e
doveva essere occupata con attacchi simultanei terrestri e marittimi. Dopo la conquista
di Motobu le operazioni si sarebbero concentrate su Ie Shima, la cui occupazione
avrebbe concluso la seconda fase dell'operazione Iceberg. Il supporto aereo durante
queste fasi sarebbe stato fornito dalla Task Force 52 del contrammiraglio Durgin,
mentre non appena le squadriglie avessero potuto operare dagli aeroporti occupati dalle
truppe statunitensi il comando sarebbe passato al maggior generale Mulcahy e alla sua
Tactical Air Force (TAF) della 10ª Armata, con uomini provenienti dal 2º Stormo
dell'aviazione dei marines[28].

Il piano logistico di Iceberg fu uno dei più elaborati del suo


genere di tutta la seconda guerra mondiale: i movimenti
dei mezzi da sbarco e della navi da carico dovevano essere
programmati su distanze oceaniche, il che richiedeva una
linea di rifornimenti di circa 9 000 chilometri attraverso il
Pacifico, con undici differenti porti di raccolta. Inoltre il
comando della 10ª Armata avrebbe dovuto formare un
governo militare, che avrebbe avuto sotto la sua
giurisdizione gli oltre 250 000 abitanti autoctoni. Anche il
lavoro di spionaggio fu arduo a causa della mancanza di
notizie sicure e delle difficili ricognizioni ed esplorazioni Naha, capoluogo di
Okinawa, sotto
convenzionali del territorio, il quale essendo situato dentro
bombardamento nell'ottobre
le difese dell'impero giapponese offriva ben poche 1944
occasioni per le ricognizioni aeree. La prima missione con
compito di aerofotografia fu effettuata nel settembre 1944 con i B-29, ma i risultati
furono scarsi a causa della nebbia; le informazioni migliori furono ottenute durante le
incursioni di ottobre. In totale i B-29 effettuarono 224 missioni di ricognizione
fotografica ottenendo risultati di una certa entità, che furono arricchiti dai rilievi del
sommergibile USS Swordfish (SS-193) che fu inviato da Pearl Harbor il 22 dicembre e
fornì informazioni fino al 3 gennaio, quando per cause sconosciute se ne perse ogni
traccia e fu considerato perduto [29]. La 10ª Armata però non riuscì mai ad avere notizie
certe sull'entità numerica del nemico, anche se la sezione controspionaggio G-2 riuscì
ad essere abbastanza precisa a riguardo delle concezioni tattiche dei giapponesi: si era
stabilito che il nemico avrebbe organizzato una difesa in profondità nella parte
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meridionale di Okinawa, mentre le forze aeree giapponesi avrebbero sicuramente
effettuato attacchi pesanti e ripetuti, soprattutto con la tattica dei kamikaze, che le forze
statunitensi avevano conosciuto per la prima volta a Leyte. La Marina giapponese
disponeva inoltre di sufficienti unità operative vicino a Okinawa, tra le quali squadriglie
di motosiluranti suicide e forse sommergibili tascabili [24].

«Un aereo per una nave da guerra; una scialuppa per una nave; un uomo per dieci
nemici o per un carro armato»

(Slogan coniato per i combattenti di Okinawa [30])

I lavori di fortificazione dell'isola iniziarono ad agosto, con la costruzione di un gran


numero di capisaldi, casematte e piazzole per cannoni che sfruttarono il rilievo
accidentato dell'isola, tutti collegati fra loro da un complesso sistema di tunnel; persino
le tombe cinesi sparse per la campagna attorno a Naha vennero trasformate in
casematte[17]. Da settembre, dopo gli sbarchi statunitensi a Peleliu e a Morotai, i lavori
accelerarono, dato che i comandi giapponesi erano ormai certi che Formosa, le Ryūkyū
e le Bonin sarebbero state invase al più tardi nella primavera 1945[31]. Furono utilizzate
numerose grotte e caverne, similmente a quanto era avvenuto per i lavori di
fortificazione di Iwo Jima, ma a differenza di Tadamichi Kuribayashi nella precedente
battaglia in questo caso Ushijima poté godere del supporto dell'aviazione: si pianificò
quindi di lasciare sbarcare il nemico indisturbato attendendo l'abbassamento della sua
vigilanza, per poi approfittare dell'andirivieni di mezzi navali per lanciare un attacco
kamikaze in grande stile, succeduto da un imponente contrattacco terrestre che avrebbe
ricacciato in mare gli invasori[32]. Nel dicembre 1944 Ushijima fu privato della 9ª
Divisione ed egli, che inizialmente pensava di poter combattere sin da subito, dovette
adottare una difesa decisamente più passiva: optò per concentrare il grosso delle sue
forze nella porzione meridionale di Okinawa, dove fulcro di potenti linee difensive
divennero la capitale storica Naha e l'abitato di Shuri con il suo omonimo castello,
costruito dagli antichi sovrani delle Ryūkyū. Lasciò praticamente sguarnita la zona
centrale dell'isola e affidò a due battaglioni[17] del 2º Reggimento fanteria (3 000
uomini) la difesa dell'aspra e poco abitata regione settentrionale.[33]

Ormai abituati alle tattiche americane e coscienti


della potenza dell'artiglieria navale e del supporto
aeronautico statunitensi, i giapponesi decisero di
organizzare solide postazioni difensive nell'interno
sfruttando la natura impervia del terreno, dove
speravano di resistere e sconfiggere gli invasori. Per
attirare le truppe d'assalto americane verso l'interno,
Ushijima ordinò ai suoi soldati di «evitare di aprire il
fuoco troppo presto», e in questo senso ebbe un ruolo
Cartina comparativa con i piani
fondamentale il generale Isamu Chō, capo di stato
americani d'invasione a sinistra e le
maggiore di Ushijima, strenuo sostenitore delle
disposizioni difensive giapponesi a
fortificazioni sotterranee e in caverna. Il generale
11/45
Chō fece costruire innumerevoli postazioni destra
d'artiglieria in caverna, collegate fra loro con
camminamenti e gallerie sotterranee; gli ostacoli naturali e artificiali furono inoltre
sistemati in modo tale da incolonnare le truppe d'invasione verso zone di fuoco
prestabilite, mentre i declivi delle colline furono fortificati da postazioni di artiglieria,
mortai e armi automatiche[30]. Le casematte e le costruzioni in cemento armato furono
spesso abbandonate a favore delle opere in caverna, e quando le dimensioni della
caverna stessa lo consentiva questa veniva dotata di due o più accessi protetti da
mitragliatrici, e a volte divisa in piani. Questi capisaldi sotterranei erano poi collegati
con l'intero sistema difensivo della 32ª Armata e nello stesso tempo servivano a
coordinare le piccole unità negli avamposti. Nel complesso essi formavano un anello
importantissimo nella catena difensiva esterna di Shuri, dove si trovava il comando
d'armata. La zona difensiva principale fu stabilita a nord di Naha, Yonabaru e Shuri: a
nord di questa linea gli sbarchi non sarebbero stati contrastati, mentre a sud gli invasori
sarebbero stati attaccati già sulle spiagge[34].

Poiché Ushijima non disponeva di truppe a


sufficienza per difendere l'aeroporto di Kadena (Yara
Hikojo), i cannoni da 150 mm sarebbero stati
impiegati per impedire l'occupazione della base
aerea, o quantomeno per ritardare l'avanzata
americana consentendo alla 32ª Armata di assestarsi
nella parte meridionale dell'isola, che poteva essere
meglio difesa. Shuri fu predisposto a caposaldo
principale con numerose artiglierie orientate verso le L'aeroporto di Yontan, uno dei
spiagge di Hagushi (dove avvennero gli sbarchi punti focali durante i primi
americani); le alture di Chinen dominavano le combattimenti
spiagge di Minatoga e le spiagge della Baia di
Nakagusuku offrendo ai giapponesi una postazione molto favorevole, e la maggior parte
delle artiglierie d'armata furono dislocate in quella zona piuttosto che intorno a
Shuri[35].

Il nerbo delle truppe a disposizione di Ushijima fu stanziato in una serie di avamposti a


nord di Futema, mentre gli elementi del 1º Reggimento della 62ª Divisione furono
disseminati nella zona immediatamente a ridosso delle spiagge di Hagushi, con l'ordine
di imbastire azioni di disturbo se l'isola fosse stata invasa in quel punto e di ritirarsi
dietro alla linea di Shuri dopo aver distrutto gli aeroporti di Yontan e Kadena. La difesa
della parte meridionale fu affidata alla 24ª Divisione, le truppe della base navale di
Okinawa ebbero l'incarico di difendere la penisola di Oroku, mentre il grosso della
fanteria fu sistemato per contrastare gli sbarchi sulle spiagge di Minatoga. Il comando
dell'artiglieria d'armata (5º Comando artiglieria) fu stabilito vicino a Itokazu, sotto il
diretto controllo dei difensori di Minatoga, mentre la 62ª Divisione fu schierata intorno
a Shuri dove i giapponesi avevano costruito una roccaforte al centro di una serie di
anelli concentrici di difesa, ognuno dei quali si componeva di postazioni sotterranee e
trincee[36]. La difesa della zona nord dell'istmo di Ishikawa fu affidata al Gruppo Udo,
12/45
dal nome del comandante della 2ª Unità di fanteria, colonnello Takehiko Udo. Questi
aveva il compito di difendere la penisola di Motobu e Ie-Shima con il suo aeroporto, e
distruggere le strutture aeroportuali non appena il nemico fosse sbarcato, unendosi poi
alla 62ª Divisione[37].

Svolgimento della battaglia

Le operazioni preliminari
A partire da febbraio, le forze navali americane iniziarono
a riunirsi a Ulithi, base navale di rifornimento e cantiere
per la Flotta del Pacifico, che iniziò ad accogliere le Tractor
Flotilla provenienti da Leyte e dalle Salomone. Nel
frattempo i velivoli delle portaerei iniziarono ad effettuare
attacchi preliminari su Okinawa, Formosa e i porti lungo la
costa cinese meridionale, mentre i B-29 bombardarono la
zona intorno a Tokyo il 16, 17 e 25 febbraio [24]. Nel Pacifico
occidentale i sommergibili iniziarono un'intensa opera di
ricognizione e rastrellamento dei mari riportando notevoli
successi; a metà febbraio la guarnigione giapponese di
Okinawa era pressoché isolata, e Ushijima si rese conto
della situazione solo dopo che le linee di comunicazione
Mappa delle operazioni di
con Formosa e l'arcipelago giapponese erano state
sbarco sulle isole Kerama tra
interrotte quasi completamente. Gli attacchi dei B-29 dalle il 26 e il 31 marzo 1945
basi cinesi, indiane, filippine, delle Marianne e delle Palau
continuarono senza sosta contro Okinawa e contro Tokyo, Kōbe, Nagoya e Osaka,
aumentando il ritmo delle incursioni con l'approssimarsi dell'L-Day (da Love:
Amore)[38]. Il 14 marzo la TF 58 del vice ammiraglio Marc Mitscher lasciò Ulithi,
quattro giorni dopo venne attaccata Kyūshū e il 19 anche le installazioni di Shikoku e
Honshū, con la flotta americana che subì il danneggiamento di cinque portaerei e altre
navi da guerra. Le rimanenti navi della TF 58 furono riorganizzate il 22 marzo in tre
Task Group e iniziarono l'avvicinamento a Okinawa per i bombardamenti preparatori.
Le prime unità impiegate furono i dragamine che cominciarono a operare due giorni
prima del previsto sbarco della 77ª Divisione al largo di Kerama Retto e della costa sud-
orientale dell'isola di Okinawa[24].

Nel frattempo la Forza d'appoggio anfibia (TF 54)


aveva completato il suo avvicinamento a Ulithi e si
era dispiegata in formazione d'attacco. Due unità
lasciarono la squadra iniziando le rispettive missioni:
una di copertura alle operazioni di rastrellamento in
atto fra Tonachi Shima e Kerama Retto, la seconda di
appoggio ai dragamine al largo di Okinawa,
Uomini della 77ª Divisione durante
supportati per l'occasione anche da dieci gruppi di lo sbarco sull'isola di Zumani, nelle
sommozzatori della Flottiglia Guastatori, divisi nei Kerama, dietro di loro un AMTRAC
13/45
gruppi Able e Baker. Il 25 marzo i cacciatorpediniere
del gruppo Able iniziarono a bombardare le Kerama [24]. Sicuri ormai che l'obiettivo
americano fosse Okinawa, all'alba del 26 marzo i giapponesi fecero decollare le unità
dell'8ª Squadra aerea dalle piste delle isole Sakishima (Sakishima guntō) per il primo
attacco kamikaze contro le navi ancorate al largo delle Kerama; contemporaneamente la
TF 57 colpì Sakishima il 26 e il 27 marzo. Gli attacchi aerei giapponesi nel periodo 26-31
marzo colpirono sei navi americane, fra cui l'Indianapolis (nave ammiraglia di
Spruance), mentre altre dieci unità furono gravemente danneggiate e due affondate da
mine galleggianti. Ma gli sforzi giapponesi servirono a poco; il 26 marzo il gruppo Able
preparò varchi sulle spiagge di Kerama e fece saltare le difese costiere di Keise Shima,
mentre il 28 i dragamine completarono il lavoro di bonifica delle acque antistanti i
punti previsti di sbarco. Il 29 le squadre del gruppo Baker esplorarono le spiagge di
Hagushi, demolendo delle installazioni anti-sbarco in legno al largo della foce del Bishi
Gawa [39].

Il 26 marzo, mentre a Iwo Jima i marines stavano ancora combattendo, la 77ª Divisione
di fanteria dell'esercito comandata dal generale Andrew Bruce sbarcò a sorpresa
sull'isola di Kerama Retto, situata a 28 chilometri a sud-ovest di Okinawa. Le difese
giapponesi sulle isole furono velocemente travolte in meno di quarantott'ore e i
difensori non ebbero nemmeno il tempo di distruggere le installazioni, mentre gli
americani trovarono nascosti in piccole insenature quasi 400 piccoli canotti a motore
carichi di esplosivo, confermando i timori di un massiccio utilizzo nipponico di
imbarcazioni suicide.

Il 28 le isole del piccolo arcipelago furono


conquistate e iniziarono i lavori per installare una
base idrovolanti, mentre la forza navale d'appoggio
dell'ammiraglio William Blandy, comprendente 10
vecchie corazzate, 11 incrociatori e 24
cacciatorpediniere, incominciò a martellare la costa
di Okinawa e la zona di Hagushi. La conquista delle
Batteria di Long Tom in posizione
Kerama fu un duro colpo per le difese giapponesi:
sugli isolotti di Keise Shima
Ushijima non considerò il fatto che quegli isolotti
potessero interessare agli americani e aveva anzi
progettato di utilizzarli come base di partenza per una serie di attacchi alle spalle del
nemico, distribuendovi moltissimi canotti esplosivi che sarebbero stati utilizzati quando
quest'ultimo avesse cominciato a sbarcare. Inoltre la base idrovolanti poneva l'intera
isola di Okinawa nel raggio d'azione degli apparecchi da ricognizione e di osservazione
del tiro americani[40].

Tra il 26 e il 27 un battaglione anfibio da ricognizione dei marines ( Fleet Marine Force,


Pacific - FMFPac) a seguito degli elementi della 77ª Divisione, sbarcò negli isolotti di
Keise Shima, situati a mezza distanza su una linea ideale che collegava Kerama ad
Hagushi, impadronendosene rapidamente. La notte seguente i marines sbarcarono su
Aware Shima, una piccola isola al largo di Tokashiki Shima (l'isola più grande delle
14/45
Kerama), e alle prime luci del 29 marzo s'impossessarono di Mae e Kure Shima. Dal
giorno seguente decine di batterie da 155 mm (i famosi Long Tom) furono trasportate a
Keise Shima e si unirono al martellamento navale, concentrando il tiro nella zona sud di
Okinawa [41]. Anche l'aviazione americana iniziò a dare il suo contributo con le
squadriglie di B-29 provenienti da Saipan, che sganciarono centinaia di tonnellate di
bombe sulle postazioni giapponesi[42].

Gli sbarchi
Il bombardamento preliminare della flotta d'appoggio
raggiunse la sua intensità massima nella notte tra il 31
marzo e il 1º aprile, e quando cessò il contrammiraglio
Blandy annunciò che la «preparazione» era «sufficiente
alla riuscita di uno sbarco». L'effetto del bombardamento
parve disastroso, ma in realtà la principale linea difensiva
nipponica era ancora intatta. Poco prima dell'alba del 1º
aprile 1945 il bombardamento navale cessò, e al largo di
Okinawa le navi e i trasporti iniziarono le manovre di
avvicinamento alle spiagge di Hagushi, preparandosi a
sbarcare le ondate d'assalto[43]. Nello stesso momento la 2ª
Divisione marines, che componeva il Gruppo dimostrativo,
compì gli stessi preparativi al largo di Minatoga in vista del
suo sbarco diversivo. Alle 04:06 l'ammiraglio Turner diede Planimetria delle operazioni
l'ordine di iniziare gli sbarchi su Okinawa, alle 06:50 di sbarco a Hagushi

giunse la protezione aerea e dieci minuti dopo i primi


mezzi da sbarco uscirono dal ventre delle navi da trasporto diretti sulle spiagge di
Hagushi. Contemporaneamente i mezzi anfibi carichi di truppe e materiale furono
messi in mare, mentre carri armati M4 Sherman equipaggiati con sistemi di
galleggiamento entrarono direttamente in acqua dagli LST dirigendosi sulle spiagge. La
prima reazione giapponese fu violenta, ma erroneamente si concentrò sulla zona di
Minatoga, dove gli aerei sfuggiti alla contraerea americana si precipitarono contro le
truppe e le navi del Gruppo dimostrativo. Attacchi suicidi colpirono il trasporto
Hinsdale e l'LST 884, mentre la reazione dei capisaldi giapponesi sulle spiagge costò i
primi morti e feriti[44] .

Centinaia di cannoniere che precedevano le


formazioni di sbarco iniziarono il lancio di razzi e
proiettili da 40 mm, con una intensità tale che la
zona di sbarco fu tempestata da una concentrazione
di fuoco pari a 25 proiettili ogni 100 m² nel raggio di
1 chilometro. Appena le cannoniere cessarono il
fuoco, i mezzi anfibi corazzati cominciarono a
sparare con i loro obici da 75 mm contro le spiagge, a
cui seguirono ad intervalli regolari centinaia di LVT
carichi di truppe, disposti in file di cinque o sette Un LVT si dirige verso le spiagge di
15/45
unità. Quando la prima ondata d'assalto si preparò a Hagushi, mentre sullo sfondo la
sbarcare, il fuoco dell'artiglieria navale si spostò in USS Tennessee apre il fuoco contro
le difese nemiche
avanti concentrandosi sugli obiettivi nell'entroterra e
i velivoli delle portaerei, che fino ad allora avevano
volato in cerchio sopra le spiagge di Hagushi, si lanciarono in picchiata mitragliando
ogni resistenza sulla zona di sbarco. All'ora H, le 08:30, le prime ondate iniziarono a
sbarcare nelle zone assegnate: otto battaglioni del XXIV Corpo presero terra con
successo a sud di Bishi Gawa, seguiti dalle successive ondate di fanteria e dai primi
DUKW, che con i loro mortai da 4,2 pollici si dirigevano assieme ai carri Sherman verso
l'interno per allargare la testa di ponte[45]. Protetti dal fuoco di copertura navale, i primi
sbarchi diretti ad Hagushi non subirono inizialmente nessun attacco aereo, ma
dovettero essere temporaneamente sospesi per quattro ore a causa di un violento
contrattacco del 420º Gruppo d'artiglieria da campagna giapponese, che peraltro non
produsse danni ai cannoni americani o alle linee di rifornimento. Benché le truppe da
sbarco fossero state avvistate e si trovassero nel raggio d'azione dell'artiglieria nemica,
non furono colpite dal fuoco di sbarramento, e alle 08:00 le navi di controllo al largo
diedero il via libera agli LVT corazzati e al grosso delle ondate d'assalto, che si diressero
immediatamente verso le spiagge formando un fronte di 12 chilometri di larghezza
pressoché ininterrotto[45].

A nord del Bishi Gawa il III Corpo marines attraversò


la spiaggia senza incontrare alcuna resistenza, e circa
un'ora dopo tutte le unità d'assalto della 1ª e 6ª
Divisione erano ormai sbarcate
contemporaneamente alla 7ª e alla 96ª Divisione a
sud. Nel frattempo sulla costa sud-orientale di
Una formazione di LVTA diretta
Okinawa la 2ª Divisione procedeva con le operazioni
sulle spiagge
diversive di sbarco protetta da un'intensa cortina
fumogena, consentendo a sette ondate di uomini,
formate da 24 mezzi da sbarco ognuna, di prendere terra sulla spiaggia di Minatoga.
Alle 08:30 (ora H per le operazioni ad Hagushi), mentre la quarta ondata procedeva
con la missione, tutte le imbarcazioni ricevettero l'ordine di invertire la rotta, e le unità
rientrarono a bordo delle navi da trasporto in attesa di ripetere l'operazione diversiva il
giorno seguente[45].

Consapevoli della tattica attendista dei nemici, non


appena raggiunsero un numero sufficiente le truppe
d'assalto americane lasciarono le spiagge e si diressero
cautamente verso l'interno: i loro obiettivi principali
erano gli aeroporti di Yontan e Kadena. Le avanguardie
della 7ª Divisione giunsero a Kadena intorno alle 10:00
trovando l'aeroporto completamente abbandonato, e
mezz'ora dopo la linea d'avanzata del XXIV Corpo era
già oltre il campo d'aviazione. Con la medesima facilità Un Grumman TBF Avenger
il 4º marines della 6ª Divisione avanzò verso Yontan lascia il suo carico di bombe
16/45
contrastato solo da sporadici centri di resistenza, contro le postazioni difensive
trovando l'aeroporto completamente deserto e giapponesi
occupandolo intorno alle 13:00. Quello stesso giorno
l'avanzata della 10ª Armata si arrestò fra le 15 e le 16:00, e le truppe cominciarono ad
allestire un perimetro difensivo, pronte ad affrontare eventuali attacchi notturni contro
la testa di ponte che si allargava di circa 15 chilometri per circa 5 chilometri di
profondità. A questo punto erano sbarcati sull'isola oltre 60.000 uomini comprese le
riserve, assieme alle artiglierie divisionali, a una buona parte delle forze corazzate e a
circa 15.000 uomini dei servizi ausiliari di contraerea e di artiglieria mista. L'L-Day
ebbe un esito positivo, e durante le operazioni la 10ª Armata lamentò la perdita di soli
28 uomini, il ferimento di 104 e la scomparsa di altri 27. Gli attacchi aerei contro il
Gruppo dimostrativo causarono il danneggiamento della USS West Virginia, di due
trasporti e un LST, mentre il fuoco di contraerea causò la perdita di un numero
imprecisato di aerei giapponesi[46] .

Dopo una prima notte relativamente tranquilla, gli uomini


della 10ª Armata ripresero l'avanzata con il rastrellamento
della penisola di Zampa Misaki, a nord-ovest di Hagushi, dove
Turner intendeva installare una postazione radar, mentre i
marines del III Corpo iniziarono ad avanzare verso l'interno. A
destra dello schieramento americano le truppe del 17º fanteria
della 7ª Divisione raggiunsero le alture sovrastanti la baia di
Naganusuku e alcune pattuglie addirittura la costa orientale,
coadiuvate sulla destra dal 32º fanteria che annientò i capisaldi
a sud di Koza. Più difficoltosa fu invece l'avanzata della 96ª Il generale Buckner, in
Divisione, rallentata dal terreno impervio che però non gli primo piano, osserva le
impedì di avanzare fino alla linea che dalla costa occidentale a operazioni della 6ª
Divisione assieme a
quella orientale collegava Futema a Unjo[47]. Il giorno seguente
Sheperd
le unità ai fianchi della 10ª Armata iniziarono a espandersi
verso nord e verso sud; nella zona del XXIV Corpo le forze
dell'esercito avevano raggiunto in massa la costa orientale di Okinawa, la 7ª Divisione si
era assicurata il controllo della penisola di Awashi, mentre la 96ª era avanzata di tre
chilometri nell'interno sopraffacendo la tenace resistenza giapponese nei pressi di
Kubasaki. Sul lato settentrionale dello schieramento la 1ª Divisione marines si era
rapidamente diretta verso la costa orientale, dove le truppe di Del Valle si trovarono in
vantaggio di tredici giorni rispetto ai piani: erano avanzate di circa 5 chilometri in
appena due giorni[48]. Anche la 6ª Divisione marines di Sheperd avanzò velocemente;
alcune pattuglie si spinsero anche di 7 chilometri verso nord, su di un terreno
estremamente accidentato, superando la linea Nakadomari-Ishikawa lungo l'omonimo
istmo, e determinando un cambiamento nella prosecuzione della campagna. Buckner
infatti inviò a Geiger il seguente messaggio: «Sono annullate tutte le restrizioni
nell'avanzata verso nord», così i marines della 6ª Divisione iniziarono i preparativi per
l'attacco alla penisola di Motobu e della parte più settentrionale di Okinawa, la cui
conquista era stata programmata per la seconda fase della campagna[49] .

17/45
L'avanzata nel settore settentrionale
A questo punto le colonne corazzate della 6ª
Divisione si lanciarono lungo le coste mentre le
truppe a piedi si aprirono la strada nella parte
centrale dell'istmo, contrastate da piccole e
sporadiche sacche di resistenza e dal terreno
montagnoso. In dieci giorni la divisione si spinse
avanti di altri 40 chilometri verso l'estremità della
Marines della 6ª Divisione in una
penisola di Motobu. Il 13 aprile il 22º marines
pausa dei combattimenti contro il
occupò l'estremità settentrionale di Okinawa, Hedo caposaldo di Yae Take
Misaki, e tutti gli sforzi poterono essere concentrati
sull'obiettivo principale, l'altura di Yae Take al centro della penisola di Motobu, dove i
giapponesi avevano il principale centro di resistenza nel nord di Okinawa. La
vegetazione e il mal tempo avevano impedito ai marines di compiere ricognizioni
efficaci di quel territorio, così l'attacco partì senza un'adeguata conoscenza della
penisola, che al contrario il colonnello Udo conosceva molto bene[49] . Le forze di Udo
ammontavano a circa 1.500 uomini, con a disposizione pezzi d'artiglieria da 75 e
150 mm e due cannoni navali da 6 pollici. L'attacco dei marines iniziò il 14 aprile
quando due battaglioni del 4º marines occuparono l'altopiano di Toguchi a est, una
zona dominante la costa occidentale e la relativa strada costiera. Altri due battaglioni
del 29º marines avanzarono da Itomi occupando le alture che dominavano la strada tra
Itomi e Manna. I combattimenti divennero quindi soprattutto azioni di guerriglia, con i
giapponesi che sfruttavano la vegetazione per nascondersi e attaccare i marines solo
quando questi erano avanzati in gruppo, colpendoli violentemente. Dopo un giorno di
combattimenti corpo a corpo, la sera del 15 aprile il 4º marines si trovò nella posizione
adatta per l'attacco finale a Yae Take, ormai circondata[50].

All'alba del 16 aprile, con l'aiuto di tutta l'artiglieria


terrestre, navale e aerea disponibile, il 1º Battaglione
del 4º Reggimento marines (1/4) attaccò i
contrafforti sud-occidentali di Yae Take, che
resistette fino alle 18:30 circa quando i giapponesi
contrattaccarono subendo gravi perdite. La
guarnigione di Udo era ormai sconfitta, ma nei due
giorni seguenti le forze rimaste crearono notevoli
problemi ai marines, infiltrandosi attraverso le linee
nemiche per dirigersi a nord e far divampare la Marines avanzano sul terreno
impervio, disseminato di nemici
guerriglia. Mentre le principali posizioni giapponesi
caduti
di Motobu erano state occupate, la parte
settentrionale della penisola era ancora nelle mani
del nemico, ma il 17 l'1/29 si impadronì del territorio restante, mentre il 4º marines
eliminò in una risoluta azione di rastrellamento i circa 700 giapponesi dell'ultimo
caposaldo difensivo a Yae Take. Il posto di comando di Udo, ormai abbandonato, fu
scoperto e il 19 aprile il 4º e il 29º marines iniziarono la marcia finale verso la costa
18/45
settentrionale della penisola per eliminare definitivamente ogni presenza giapponese a
Motobu. I marines appoggiati dai caccia Corsair muniti di razzi e bombe al napalm
avanzarono speditamente eliminando ogni resistenza nemica, e il giorno seguente
Sheperd poté comunicare a Buckner che nella penisola era cessata ogni resistenza
nemica. In 14 giorni la 6ª Divisione era avanzata fino all'estremità settentrionale di
Okinawa distante 85 chilometri dalle spiagge e occupato il principale centro di
resistenza giapponese a nord, subendo perdite relativamente basse, calcolabili in 207
uomini e 757 feriti e sei dispersi, contro l'eliminazione totale delle forze di Udo[51].

L'occupazione di Tsugen e Ie-Shima


Il 6 aprile, mentre la 6ª Divisione si apriva la strada verso nord, la 1ª Divisione marines
si dirigeva attraverso il centro dell'isola fino alla costa orientale, occupando la penisola
di Katchin e la piccola isola di Yabuchi Shima senza incontrare resistenza. Nel
frattempo le divisioni del XXIV Corpo continuarono ad avanzare verso sud, incontrando
il 6 aprile la prima delle linee difensive davanti a Shuri. Questa linea collegava
Machinato sulla costa occidentale e Tsuwa sulla costa orientale attraverso i villaggi di
Kakazu, Kaniku e Minami-Uebaru, si snodava lungo tutta la larghezza dell'isola ed era
difesa dalle esperte truppe della 62ª Divisione di fanteria giapponese. I comandi
americani si resero subito conto che su questo fronte i nemici intendevano opporre una
strenua resistenza, tanto che il generale Hodges affermò che le truppe giapponesi erano
schierate «per una battaglia su larga scala»[52].

Prima di proseguire con l'assalto, i comandi della 10ª


Armata decisero di rendere sicuri i propri fianchi
neutralizzando le difese delle piccole isole costiere
orientali, di fronte alla Baia di Chimu, e quelle
dell'isolotto di Ie-Shima situato di fronte alla penisola di
Motobu: poiché la rapida avanzata iniziale aveva
permesso di ripulire la linea costiera della Baia di
Chimu e la maggior parte della baia di Nakagusuku,
l'ammiraglio Turner decise di utilizzare quelle coste per
le operazioni di rifornimento delle truppe sull'isola e,
benché i dragamine avessero aperto varchi sicuri, era
necessario conoscere l'entità delle forze giapponesi nelle
piccole isole di fronte ad esse prima di iniziare lo sbarco Foto aerea con le indicazioni dei
dei rifornimenti. Il battaglione anfibio da ricognizione punti di sbarco e gli obiettivi di
Ie Shima
della TF 54 che già aveva operato sulle Kerama fu quello
prescelto per l'esplorazione delle isole della baia di
Nakagusuku: alle 02:00 del 6 aprile i marines da ricognizione sbarcarono a Tsugen
Shima pensando che fosse l'isola meglio difesa, incontrando infatti un intenso fuoco di
mortaio e mitragliatrici che li costrinse a tornare a bordo dei veloci APD per continuare
l'esplorazione delle altre isole del gruppo [52]. Nelle due notti seguenti altre cinque isole
furono visitate e trovate sguarnite di difese, per cui il 3/105 della 27ª Divisione di
fanteria (fino ad allora rimasta sulle navi) fu incaricato di sbarcare e conquistare Tsugen
19/45
Shima. La resistenza giapponese fu accanita e ben organizzata, e gli uomini sbarcati al
mattino del 10 aprile dovettero combattere violentemente per tutto il giorno e la notte
seguente, subendo gravi perdite. La resistenza terminò intorno alle 15:30 dell'11 aprile,
quando i pochi superstiti furono catturati e condotti con gli altri prigionieri sulle
Kerama. Alla fine di questa azione si contarono 11 americani e 235 giapponesi caduti in
combattimento, mentre l'occupazione dell'isolotto permise al XXIV Corpo di ricevere
rifornimenti anche da est, riducendo il concentramento sulle spiagge di Hagushi e
accelerando la costruzione di basi rifornimento sulla costa bagnata dal Pacifico[53].

L'occupazione di Ie-Shima fu un'operazione più


complessa e impegnativa dato che sull'isolotto i
giapponesi controllavano tre piste di volo che
sarebbero state molto utili agli americani per il
prosieguo della loro campagna nelle Ryūkyū. A capo
dell'operazione fu messo il contrammiraglio
Reifsnider con la sua 77ª Divisione di fanteria che,
Due carri M4 Sherman messi fuori
dopo le azioni a Kerama, era ormai da due settimane
combattimento dall'artiglieria
inattiva a bordo delle navi. Il 13 aprile un battaglione
giapponese durante gli scontri per
da ricognizione precedette gli sbarchi occupando il Bloody Ridge
Minna Shima, una piccola isola a sei chilometri a
sud-est dell'obiettivo, dove fu installata l'artiglieria divisionale. All'alba del 16 aprile
iniziò il fuoco preparatorio e alle 07:25 iniziarono gli sbarchi che incontrarono fin da
subito un'accanita resistenza da parte della guarnigione giapponese. Questa,
concentrata nella zona di Iegusugu Yama e nel villaggio di Ie, era rimasta nascosta
grazie ad un efficace lavoro di mimetizzazione che impedì agli americani di individuare
con precisione le postazioni dei 7.000 difensori dell'isola. Il villaggio di Ie era stato
trasformato in una fortezza e la strada che portava al centro delle difese, attraverso un
terreno aperto, era dominata da numerose piazzole difensive posizionate sulle alture
proprio di fronte agli attaccanti[54]. La fanteria americana denominò questa
installazione «Government House» e il territorio «Bloody Ridge». Ci vollero sei giorni
di furiosi combattimenti per raggiungere la sommità di Bloody Ridge e occupare
Government House; nell'azione le perdite della 77ª Divisione furono molto alte: 239
uomini uccisi, 879 feriti e 19 dispersi tra cui il famoso corrispondente di guerra Ernie
Pyle, veterano della campagna d'Italia, che il 18 aprile durante un trasferimento con la
jeep assieme ad un comandante di reggimento cadde sotto il fuoco di una mitragliatrice
giapponese sistemata nelle vicinanze del villaggio di Ie. Durante la difesa dell'isola i
giapponesi persero praticamente tutti i loro uomini e, dopo gli ultimi rastrellamenti del
25 aprile, la 77ª Divisione fu trasferita a sud in appoggio al XXIV Corpo che si preparava
ad attaccare Shuri[55].

L'avanzata nel settore meridionale

20/45
I progressi della 96ª Divisione dopo il 6 aprile
divennero lenti e sanguinosi; il caposaldo di Kakazu,
ritenuto il punto chiave del sistema difensivo di
Shuri, fu assaltato dai fanti americani per diversi
giorni senza successo, nonostante il pesante supporto
dell'artiglieria navale. I giapponesi poterono sfruttare
il loro sistema di gallerie sotterranee e postazioni
accuratamente mimetizzate per contrastare gli
attacchi degli uomini di Hodges il quale, resosi conto Mappe con l'avanzata nel sud di
della solidità delle linee difensive della 32ª Armata, Okinawa: a destra l'avanzata tra il 9
tra il 9 e il 12 richiese ulteriori bocche da fuoco del III aprile e il 6 maggio, a sinistra
l'avanzata tra il 10 maggio e il 30
Corpo anfibio, con le quali avrebbe effettuato un
giugno
attacco in massa con tre divisioni di fanteria per il 19.
Nei giorni precedenti l'attacco gli aerei della TAF e

Prima dell'attacco la 1ª Divisione marines e la 27ª


Divisione di fanteria si unirono alle forze di Hodges,
e il maggior generale Griner, comandante della 27ª
Divisione, si assunse la responsabilità dell'estremo
fianco destro dello schieramento. Il 16 aprile, dopo i
combattimenti di Tsugen, sopraggiunse anche il 105º
fanteria, e il 17 tutte le forze presero posizione. Alle Uno Sherman lanciafiamme in
06:00 del 19 aprile 27 battaglioni di artiglieria azione per stanare i difensori
effettuarono il bombardamento preparatorio giapponesi
supportati dall'artiglieria navale e da un'efficiente
copertura aerea di 375 aerei che controllarono il fronte di circa 15 chilometri su cui
doveva svolgersi l'attacco. Le forze giapponesi però riuscirono a sfuggire al
bombardamento nascondendosi sottoterra, e quando partì l'attacco gli americani della
27ª Divisione furono contrastati molto duramente. Gli americani che si erano lanciati
contro Kakazu tentarono di sfondare lungo la strada tra Ginowa e Shuri, cercando di
aggirare l'altura, ma i giapponesi prevedendo questa mossa piazzarono lungo la strada
diversi centri di resistenza che riuscirono a separare la fanteria americana dai propri
carri armati, i quali, privi di appoggio, dopo essere giunti sotto la cresta dovettero
ritirarsi precipitosamente attraverso il fitto fuoco nemico; solo 8 Sherman tornarono
alle proprie linee mentre 22 furono distrutti, e la 27ª Divisione si arrestò davanti a
Kakazu senza riuscire ad avanzare ulteriormente. Parimenti poche pattuglie
penetrarono sulla sinistra dell'altura raggiungendo l'estremità occidentale della scarpata
Urazoe-Mura, mentre la 96ª Divisione al centro avanzò attraverso Kaniku
raggiungendo alcune postazioni alle pendici delle colline Nishibaru e la 7ª Divisione
sulla costa orientale veniva fermata dal violento fuoco e dalla fanatica resistenza dei
difensori[57].

21/45
Tra il 20 e il 24 aprile furono effettuati
esclusivamente attacchi locali contro i capisaldi
giapponesi; il 24 Hodges rinnovò l'attacco con il
XXIV Corpo e, poiché Ushijima aveva
prudentemente ritirato nella notte tra il 23 e il 24 le
unità giapponesi dalla linea difensiva che aveva
arrestato la 7ª e la 96ª per due settimane, le forze Alcuni marines avanzano lungo
americane riuscirono ad avanzare su tutto il fronte uno dei pendii nella parte sud di
fino alle alture di Kakazu, in attesa dell'arrivo in linea Okinawa
dei marines. Il 26 aprile i marines erano ormai a
disposizione e il JCS cancellò la terza fase di Iceberg che prevedeva l'invasione di
Miyako Shima, nel gruppo delle Sakishima a est di Formosa: si era stabilito infatti che
l'obiettivo non era strettamente necessario. Il III Corpo non avendo ulteriori impegni fu
completamente messo a disposizione di Buckner, che sostituì immediatamente la 27ª
Divisione con la 1ª Divisione marines, mentre la 77ª Divisione di fanteria il 28 aprile
andò a sostituire la 96ª ormai stremata. Quello stesso giorno il comandante della 10ª
Armata comunicò al III Corpo di Geiger che le sue forze avrebbero preso il controllo
della zona affidata alla 1ª Divisione marines e, allo stesso tempo, l'armata avrebbe
assunto il controllo tattico delle due unità e preparato un attacco coordinato[58]. Il 29
aprile la 77ª Divisione continuò l'attacco con il quale la 96ª si era portata verso la
scarpata Urasoe, che divenne il punto focale di feroci combattimenti poiché i giapponesi
considerarono il possesso della posizione di vitale importanza. Il 1º maggio i marines di
Del Valle saggiarono per la prima volta la tenace resistenza del nemico, che distrusse
molti carri armati lanciati in una prima sortita, e il 2 maggio i marines tentarono una
prima azione offensiva nel tentativo di superare il fiume Asa Gawa, in un'azione
coordinata con le due divisioni del XXIV Corpo che tentarono l'assalto alle alture
Urasoe. L'azione fallì e si ebbero unicamente brevi avanzate che costarono 54 morti, 233
feriti e 11 dispersi alla sola 1ª Divisione, mentre la 27ª Divisione non avanzò nemmeno
di un metro. La ferocia della resistenza giapponese continuava imperterrita, e non
appena alcune unità venivano distrutte erano velocemente rimpiazzate con truppe della
riserva. Questa accanita resistenza ebbe però risvolti negativi per la 62ª Divisione
giapponese, che pagò un alto tributo di perdite pari a circa la metà degli effettivi in
appena un mese di scontri[59].

Il contrattacco giapponese
Dopo aver conferito con gli altri comandanti, il generale Ushijima, convinto
dall'insistenza di Chō e di altri ufficiali, a fine aprile decise di contrattaccare in grande
stile, utilizzando la 24ª Divisione ancora intatta, che sarebbe partita all'attacco dopo
una possente preparazione di artiglieria appoggiata da una violenta offensiva kamikaze
preparata per l'occasione. Il contrattacco avrebbe avuto inizio all'ora Y, ossia alle 05:00
del 5 maggio (l'X-Day), quando l'89º Reggimento sul fianco destro avrebbe attaccato le
linee della 7ª Divisione, con l'obiettivo di conquistare Tanabaru; a questo punto
sarebbero partiti dal centro gli elementi del 22º Reggimento, che avrebbero seguito le
orme del 32º Reggimento che a sua volta all'ora Y si sarebbe lanciato contro la 77ª
22/45
Divisione a sud-est di Maeda verso Tanabaru. Il tutto sarebbe stato appoggiato dai carri
armati del 27º Reggimento corazzato, mentre la 44ª Brigata mista avrebbe preso
posizione a nord-ovest di Shuri fino allo sfondamento delle forze giapponesi per poi
partire all'attacco della 1ª Divisione marines per isolarla e distruggerla[60]. I piani
giapponesi prevedevano inoltre di colpire i fianchi della 10ª Armata con due sbarchi,
uno dietro alle linee della 1ª Divisione marines e l'altro dietro alle linee della 7ª
Divisione, attaccandone i posti di comando per poi dirigersi verso il centro e agevolare
lo sfondamento della 24ª Divisione[61].

L'azione fu preceduta dal quinto massiccio attacco kamikaze dall'inizio della battaglia
per Okinawa, che il 3 maggio causò ingenti danni alle unità della flotta americana, e
anticipata dallo sbarco di gruppi d'assalto anfibio, che all'alba del 4 maggio presero
terra sulla spiaggia di Kuwan alle spalle della 1ª Divisione. La risposta dei marines agli
sbarchi fu immediata e le teste di ponte furono presto neutralizzate, mentre sulla costa
orientale gli sbarchi giapponesi ebbero risultati disastrosi, poiché la forza navale
americana e la 7ª Divisione li contrastò tenacemente mettendo anticipatamente la
parola fine al velleitario contrattacco giapponese. Nonostante l'attacco kamikaze, ben
134 aerei all'alba del 4 si alzarono in volo per appoggiare il XXIV Corpo bombardando le
postazioni giapponesi, mentre sul fronte centrale gli attacchi della 24ª Divisione
fallirono nel modo più completo e alla sera dello stesso giorno gli uomini della 10ª
Armata erano ancora attestati saldamente sulle loro posizioni[62]. Durante la
controffensiva la 7ª e la 77ª Divisione persero complessivamente 714 uomini mentre la
1ª Divisione marines 649, ma quest'ultima aveva continuato la sua offensiva verso sud
durante il contrattacco guadagnando terreno. I giapponesi dal canto loro persero 6.237
uomini, mediamente il 75% degli effettivi di ogni unità andata all'attacco, e la 32ª
Armata dovette abbandonare ogni velleità offensiva e ritirarsi sulle proprie posizioni
difensive ad oltranza[63].

L'assalto alla linea Shuri


Il mattino del 4 maggio, mentre la battaglia infuriava
al centro dello schieramento, i marines passarono
all'attacco lungo la costa ovest, superando l'aeroporto
di Machinato e il fiume Asa Kawa, fino a raggiungere
il fondo della seguente valle, nella quale si trovava il
villaggio Nakanishi dove incontrarono una tenace
resistenza che portò a violentissimi scontri nelle vie Il fiume Asa Gawa nei pressi di
Machinato, e sullo sfondo l'altura
della cittadina, sotto il fuoco dell'artiglieria
Urasoe che fu il centro dei
nipponica [64] . Il 5 Buckner ordinò di continuare combattimenti della 77ª Divisione
l'attacco verso sud ad entrambi i corpi col III sulla
destra e il XXIV sulla sinistra, mentre la 1ª Divisione
marines avrebbe protetto la 7ª durante un attacco che sarebbe stato il preludio di quello
più importante programmato per il giorno 8. La 1ª Divisione era fronteggiata da una
forte linea difensiva che correva tra Jichaku e Uchima, sulle alture nord di Dakeshi e
Awacha, e il 6 maggio il fuoco laterale proveniente da questa linea bloccò i marines che
23/45
cercavano di avanzare sotto la pioggia battente che impediva agli aerei di decollare.
L'attacco fu rinnovato a mezzogiorno del 7, anticipato da un enorme bombardamento
d'artiglieria terrestre e navale, quando i marines partirono all'assalto utilizzando la
tecnica che il generale Buckner chiamò «Blowtorch-Corkscrew», consistente
nell'impiego di lanciafiamme ed esplosivo per stanare dai rifugi sotterranei i giapponesi.
Ma alle 17:00, quando l'attacco venne sospeso, i risultati furono scarsi[65].

Nel frattempo il 6 maggio la 6ª Divisione marines


giunse al fronte e l'8 venne diffusa la notizia della
resa della Germania. Durante il 9 e il 10 la 6ª
Divisione si diresse verso il fiume Asa Kawa per
preparasi a superarlo e attaccare in forze la fortezza
di Shuri in un attacco combinato e massiccio. Dal
centro dello schieramento la 96ª Divisione (che il 10
maggio sostituì la 7ª Divisione) avrebbe attaccato
Conical Hill, nell'immediata destra di Shuri, la 77ª
avrebbe attaccato frontalmente, la 1ª marines Uomini della 1ª Divisione avanzano
avrebbe attaccato Wana Ridge sulla sinistra di Shuri, nella giungla di Okinawa
mentre Sugar Loaf ("Pan di zucchero"), difesa dalla
44ª Brigata giapponese, era l'obiettivo della 6ª Divisione, che in questo modo avrebbe
tentato di aggirare Shuri da ovest[66]. Le piogge insistenti di maggio crearono
moltissimi problemi all'avanzata dei marines; l'isola ormai butterata dalle esplosioni si
trasformò in una enorme palude di fango e la costante minaccia dell'artiglieria nemica
rendeva la situazione penosa per gli invasori di Okinawa. Dopo un attacco kamikaze tra
il 9 e il 10, all'alba dell'11 maggio scattò l'offensiva americana lungo tutto il fronte; i
combattimenti furono subito durissimi, e l'artiglieria nipponica, che a quanto pare non
era stata toccata dai bombardamenti preparatori, fu un fattore determinante nello
spezzare lo slancio degli attaccanti[67].

La spinta americana però fu molto determinata e


tutte le unità utilizzate iniziarono a convergere verso
Shuri, dove la battaglia si fece ancora più accanita e
violenta a causa dell'artiglieria e dei numerosi
contrattacchi giapponesi che sfociarono spesso in
selvaggi corpo a corpo. Per alleggerire la pressione
sul fronte, lo stesso giorno l'ammiraglio Ugaki lanciò
un'offensiva kamikaze contro la flotta alleata, ma la
reazione della contraerea anglo-americana fu decisa
e 91 aerei furono abbattuti. Durante quell'azione gli Artiglieria americana in azione
durante il bombardamento
americani subirono gravi danni alla portaerei USS
preliminare l'attacco dell'11 maggio
Bunker Hill, la nave ammiraglia di Mitscher, che fu
colpita da un doppio attacco suicida che causò la
morte di oltre 350 uomini e ridusse la nave ad un relitto galleggiante, gravi danni che
riportò anche la corazzata USS New Mexico. In questa occasione la Royal Navy registrò
danni alle portaerei HMS Formidable e HMS Victorious che, sebbene colpite,
[68] 24/45
sopportarono il colpo grazie alla presenza di solide blindature sui ponti[68]. Al mattino
del 12 gli scontri a terra ripresero con vigore, con numerosi contrattacchi dall'una e
dall'altra parte, senza che questi sortissero guadagni per nessuna delle due parti: solo la
1ª Divisione riuscì ad impadronirsi del villaggio Dakeshi, e solo dopo due giorni di
intensi combattimenti gli americani del fronte ovest raggiunsero il dispositivo difensivo
giapponese di Shuri[69].

Più i combattimenti si avvicinavano a Shuri più la


resistenza giapponese aumentava in proporzione;
quando il 22º marines della 6ª Divisione raggiunse
Sugar Loaf, le linee del reggimento erano sparse e le
perdite subite avevano ridotto la potenza combattiva
al 60% circa, così Sheperd fece avanzare in supporto
all'azione il 2/22, con l'ordine di difendere Sugar Loaf
ad ogni costo[70]. Questa posizione era di vitale
importanza per gli americani in quanto
rappresentava il vertice settentrionale del triangolo
Squadra di demolizione della 6ª
difensivo giapponese costituito dalle alture Half Divisione durante un'operazione di
Moon a sud-est e di Horseshoe a sud-ovest: qualsiasi rastrellamento delle gallerie
tentativo di occupare le altre due alture sarebbe stato giapponesi
vano se Sugar Loaf fosse tornato in mano
giapponese, e questi contrattaccarono diverse volte per riconquistare l'altura. Su un
fronte di appena 900 metri i giapponesi scagliarono contro gli americani tutto il loro
impeto con cariche banzai che causarono enormi perdite al 22º marines, tra le quali
quella del maggiore Henry Courtney, Jr. che al comando del 2/22 resistette con i suoi
uomini fino alla morte. All'alba del 15 solo 25 marines del gruppo di Courtney, e della
compagnia fucilieri mandata a rinforzo nella notte, erano ancora vivi, e resistettero
ancora fino alle 15:00 quando altre compagnie del 29º marines furono mandate in linea
con l'ordine di conquistare le altre due alture[71]. Nel tardo pomeriggio le unità del 1/29,
nonostante la resistenza e il fitto fuoco proveniente da Shuri, giunsero su Half Moon,
mentre il 3/29 combatteva per Horseshoe. In questo settore i giapponesi ebbero la
meglio e costrinsero gli attaccanti a tornare sulle linee di partenza, e il giorno seguente
un massiccio contrattacco fece indietreggiare tutta la linea americana ai punti di
partenza. Il 16 maggio fu uno dei giorni più terribili per la 6ª Divisione in tutta la
campagna di Okinawa: il 22º marines fu ridotto al 40% e fu in parte rimpiazzato dal 29º
Reggimento, che prese in consegna il difficile ordine di attaccare sia Sugar Loaf sia Half
Moon [72].

25/45
Il 17 partì il nuovo attacco dei marines a Sugar Loaf
preceduto da un intenso tiro di tutte le artiglierie
disponibili, ma le difese integrate giapponesi furono un
ostacolo quasi insormontabile per gli attaccanti, che si
trovavano spesso sotto il fuoco dei mortai e delle
mitragliatrici nemiche piazzate sulle vette delle colline.
Durante questa battaglia l'efficienza del 29º e del 22º
Reggimento furono notevolmente messe alla prova: nei
dieci giorni di offensiva della 10ª Armata, la 6ª Divisione
subì 2.662 perdite in battaglia e 1.289 fuori dai
combattimenti, quasi tutte concentrate nei ranghi di questi Uno Sherman impantanato
due reggimenti, e il 19 maggio il 4º marines fu sganciato nel terreno paludoso
[73]
dalla riserva del III Corpo per dare il cambio al 29º . La
prova del fuoco per il nuovo reggimento arrivò quello stesso giorno quando gli uomini
furono mandati all'attacco di Half Moon e Horseshoe, dove a fine giornata si
attestarono saldamente. Il contrattacco notturno fu violentissimo: alle 22:00 mortai e
artiglierie cariche con proiettili al fosforo bianco colpirono le posizioni americane come
preludio all'assalto giapponese, che terminò dopo due ore e mezza di durissimi
combattimenti in cui gli americani resistettero tenacemente; i giapponesi lasciarono sul
campo 500 uomini. Il 21 partì l'ennesimo attacco verso Sugar Loaf, con il 4º marines,
appoggiato sulla destra dal 22º, che assaltò il declivio meridionale della collina verso il
limite orientale di Horseshoe. L'avanzata fu rallentata da sanguinosi combattimenti e
dalla pioggia caduta in mattinata che trasformò le buche delle esplosioni in enormi
acquitrini, rendendo impossibile l'invio di rifornimenti e l'evacuazione dei feriti.
Nonostante le difficoltà il 4º marines avanzò di oltre 200 m distruggendo la maggior
parte delle installazioni difensive all'interno del rilievo, e attestandosi saldamente su
una linea che andava da Horseshoe al fiume Asato Gawa, sul bordo sinistro dell'abitato
costiero di Naha. A quel punto Sheperd accantonò l'idea di continuare i combattimenti
contro Half Moon e diresse il suo attacco a sud e sud-ovest, cercando di alleggerire la
pressione sulle truppe e allo stesso tempo favorire un aggiramento di Shuri[74].

Nel frattempo, nel settore della 1ª Divisione marines,


i combattimenti per far breccia nelle difese di Wana
Ridge furono altrettanto duri e sanguinosi. L'assalto
a Wana fu eseguito anche dalla 77ª Divisione di
fanteria del XXIV Corpo, mentre la 96ª Divisione
tentava un aggiramento sulla destra dello
schieramento giapponese. Ushijima, utilizzando
egregiamente le difese naturali a sua disposizione,
organizzò le difese in modo tale da costringere gli
assalitori a penetrare direttamente al centro delle Carro lanciafiamme appoggiato da
difese della 32ª Armata, sfruttando un affluente alcuni marines durante
dell'Asa Kawa, il Wana Draw, che si snodava in una un'operazione di distruzione delle
stretta valle dominata dalla collina 55. Dopo un difese giapponesi
intenso bombardamento preparatorio, il 16 maggio
26/45
30 carri, quattro dei quali lanciafiamme, appoggiarono un attacco preliminare del 2/5
marines, che snidò e annientò le postazioni giapponesi[75]; ma appena si affacciarono
nella valle del Wana Draw i marines furono accolti da un intenso tiro d'artiglieria
nipponica che costrinse i carri a ritirarsi. Il 17 partì l'attacco principale, e dopo aver
annientato le difese sui fianchi dell'imboccatura di Wana Draw una compagnia di
fanteria riuscì a stabilire un caposaldo sul versante nord della collina 55, mentre
dall'altro versante i giapponesi li martellavano costantemente. La posizione di Wana
Ridge fu quindi attaccata dal 3/7 del 5º marines, ma la resistenza giapponese
aumentava via via che la fanteria avanzava nella gola, e la postazione denominata
collina 110, che dominava le zone su cui avanzavano i marines e gli uomini della 77ª
Dvisione, consentì ai giapponesi di opporsi efficacemente ai nemici[76]. I combattimenti
proseguirono sanguinosi fino al 21 maggio, quando il 2/1 avanzò impossessandosi della
collina 110 e di Wana Ridge, mentre forze corazzate e di fanteria d'assalto occuparono
interamente anche collina 55. A quel punto la pioggia rese impossibile agli uomini di
Del Valle di avanzare ulteriormente[77].

Lo sfondamento
Tra il 15 e il 21 maggio dunque, il III Corpo di Geiger
fu impegnato nella dura lotta per il possesso di due
importanti capisaldi, Sugar Loaf e Wana Ridge,
mentre le unità del XXIV Corpo presero parte ad una
serie di difficili battaglie per conquistare una serie di
capisaldi che bloccavano la via verso Yonabaru, sulla
costa orientale, e Shuri. Queste barriere, chiamate Uomini della 77ª Divisione
curiosamente Chocolate Drop, Flat Top, Hogback, avanzano nel fango; i veicoli sulla
Love, Dick, Oboe e Sugar, divennero teatro di duri e sinistra sono tre semoventi M8,
violenti scontri che impegnarono le divisioni 77ª e ricavati dal carro leggero M3/M5
96ª, impegnate rispettivamente ad attaccare Stuart
frontalmente Shuri e ad aggirarlo sul versante
orientale[78]. La 77ª Divisione dal 15 maggio aveva ripreso la sua avanzata al centro del
fronte contro Flat Top, in direzione delle difese centrali della 32ª Armata, mentre la 96ª
Divisione si lanciò contemporaneamente contro Dick. Le posizioni collinose su cui
erano trincerati i giapponesi caddero l'una dopo l'altra portando l'esercito a poche
centinaia di metri da Shuri già il 17 maggio; a quel punto gli americani dovettero
iniziare un'opera di rastrellamento e distruzione delle innumerevoli caverne e gallerie
superate durante l'azione, e parallelamente le avanguardie della 77ª Divisione
continuarono la loro cauta avanzata verso le difese di Shuri.

27/45
Il 19 la divisione passò all'attacco aprendo il fuoco
con ogni arma a disposizione, e la fanteria si lanciò in
una serie di attacchi che aumentarono d'intensità al
sopraggiungere della notte. I giapponesi furono
sloggiati il giorno seguente, quando il sorgere del sole
consentì a tutta l'artiglieria di scaricare il proprio
fuoco contro i pochi nemici sopravvissuti[79]. Dopo
questi terribili scontri gli americani si trovavano ora
dietro alle linee esterne di Shuri, e sfruttando i Pattuglia della 6ª Divisione
progressi della 96ª Divisione lungo la costa orientale marines tra le macerie di Naha
Hodges stabilì che Shuri doveva essere attaccata dal
fianco destro, così il 20 ordinò alla 7ª Divisione di tornare in linea e dirigersi contro le
alture nord di Yonabaru. Ma la pioggia che iniziò il 21 maggio favorì i difensori sia sulla
costa occidentale che su quella orientale; le condizioni meteorologiche rallentarono
penosamente le operazioni della 7ª Divisione, la quale riuscì lo stesso a ripulire alcune
postazioni nemiche sulle colline di Ozato, un massiccio complesso parallelo alla Baia di
Nakagusuku tra Yonabaru e la penisola di Chinen[80] .

Benché le divisioni sui fianchi della 10ª Armata


avessero fatto notevoli progressi, la 1ª Divisione
marines e la 77ª e la 96ª Divisione di fanteria
impiegate al centro del fronte non ottennero alcun
risultato positivo. La fanatica resistenza giapponese,
a cui si erano aggiunti pioggia e fango, ostacolava
fortemente le truppe attaccanti, e gli americani
poterono solo dedicarsi a rafforzare le zone già sotto
il loro controllo. La pioggia continuò per nove giorni
rendendo Okinawa un immenso pantano che Marines della 1ª Divisione durante
risucchiava uomini e mezzi, e poiché gli aerei della i combattimenti per Wana Ridge
TAF non potevano alzarsi in volo i rifornimenti
poterono giungere alle truppe di terra solo a braccia
e grazie all'enorme lavoro del genio; il traffico
continuo di mezzi di sussistenza rese impraticabili le
strade, e la 10ª Armata si bloccò[81]. La situazione
ebbe nuovo impulso il 26 maggio quando giunse la
notizia che il nemico si stava preparando a uscire da
Shuri: un aereo da ricognizione fu subito lanciato in
volo su richiesta di Del Valle, e giunto sull'obiettivo
confermò che un gran numero di giapponesi si stava
ritirando da Shuri. Poco dopo l'incrociatore New Carro lanciafiamme in azione
Orleans sparò le prime salve contro il nemico in
ritirata, seguito da tutte le altre navi e dall'aviazione dei marines che uscì in volo
nonostante le condizioni meteo avverse[82]. Il tentativo di Ushijima di ritirarsi di
nascosto col favore del tempo venne frustrato dalla massiccia reazione americana, che
massacrò circa 4.000 uomini e distrusse centinaia tra carri, veicoli e pezzi d'artiglieria.
28/45
Il 27 Buckner ordinò alle batterie navali di proseguire senza sosta il loro tiro contro il
nemico e contro ogni strada e postazione nelle retrovie giapponesi, in modo tale da non
dare tregua a Ushijima, mentre allo stesso tempo diede ordine ai suoi comandanti di
divisione di continuare la pressione per non consentire ai giapponesi di riattestarsi sulla
difensiva[83].

Allo scopo di coprire la ritirata delle forze terrestri di


Ushijima, l'ammiraglio Ugaki fece effettuare nella notte tra
il 27 e il 28 maggio un nuovo attacco di aerei speciali
accompagnati per l'occasione da una grossa scorta di
caccia con l'obiettivo di colpire le navi da trasporto
americane, le quali durante gli ultimi giorni, per ovviare
alle difficoltà logistiche a terra, avevano preso a sbarcare
uomini e mezzi su entrambe le spiagge ai fianchi della 10ª
Armata[84]. La reazione dei cacciatorpediniere americani fu
tremenda e inflisse enormi perdite agli aerei giapponesi,
ma non riuscì a impedire alcuni attacchi kamikaze che
colpirono il caccia Drexler, che affondò, e danneggiarono
altre 15 navi[85]. Un marines americano issa
la bandiera sulle rovine di
Il 27 maggio sulla costa orientale la 7ª Divisione raggiunse Shuri
Inasomi, circa 3 chilometri a sud-ovest di Yonabaru,
mentre la 6ª Divisione occupò Naha sull'altra costa. Il 28 maggio la 77ª e la 1ª
Divisione presero le alture a nord-est di Shuri e il giorno seguente il 5º marines alle
07:30 attaccò il castello con il 1º Battaglione a sinistra e il 3º sulla destra. Gli ultimi
accaniti difensori giapponesi non poterono nulla contro le truppe d'assalto americane;
due ore dopo il tenente colonnello Shelburne e il suo 1/5 si mossero occupando la
sommità delle alture Shuri in prossimità del castello. Da quella posizione il comandante
chiese a Del Valle il permesso di lanciare una compagnia d'assalto contro la fortezza,
nonostante il castello fosse nella zona della 77ª Divisione; il generale acconsentì, e alle
10:15 la compagnia A del capitano Dusenbury conquistò il castello. Finalmente il
caposaldo di Shuri era caduto, ma i giapponesi continuavano a difendere le colline a
nord della città: la loro resistenza era ancora viva in quasi tutto il fronte, eccezion fatta
che nella penisola di Chinen[86].

Inseguimento verso sud e fine dei combattimenti

29/45
Già dal 22 maggio il comando della 32ª Armata
giapponese decise di abbandonare le postazioni di Shuri e
rivedere i piani di battaglia. Il problema principale era la
minaccia di un accerchiamento, e per scongiurare la
possibilità che i circa 50.000 difensori ancora in grado di
combattere venissero circondati e annientati dall'artiglieria
americana si decise di spostare il principale caposaldo di
resistenza nella penisola di Kiyamu. La penisola
all'estremità meridionale di Okinawa si presentava adatta
allo scopo soprattutto per le sue caratteristiche naturali, ed
era dominata dalla scarpata Yaeju Dake - Yazu Dake dove
si trovavano molte caverne naturali e artificiali in cui i
giapponesi potevano riorganizzarsi e proteggersi dai
bombardamenti. A questa decisione si oppose il Lo sfondamento americano a
sud e le ultime posizioni
comandante della 62ª Divisione, il tenente generale
difensive giapponesi
Fujioka, che avrebbe voluto resistere assieme ai suoi
soldati fino all'ultimo uomo nella posizione di Shuri, ma

Secondo il nuovo piano di difesa la 44ª Brigata mista avrebbe difeso la linea che andava
da Hanagusuku, sulla costa orientale, fino a Yaeju Dake, la 24ª Divisione avrebbe
occupato le alture dominanti la scarpata, le alture di Mezado e Kunishi e Nakagusuku
sulla costa occidentale, mentre le decimate unità della 62ª Divisione dovevano occupare
le posizioni lungo la costa meridionale dietro al fronte principale, da dove in caso di
necessità avrebbero fornito copertura alle unità in prima linea[88]. Infine la riserva
dell'armata, composta da soldati della base navale di Okinawa nella penisola di Oroku,
che avrebbero protetto il lato occidentale lungo la linea della ritirata. La prima colonna
diretta a sud lasciò Shuri alla mezzanotte del 23 maggio, mentre la maggior parte del
contingente si mise in marcia il 29 per giungere a Mabuni, a 15 chilometri a sud di
Shuri, dove Ushijima stabilì il nuovo quartier generale in una caverna della collina
89 [89].

Le intense piogge favorirono Ushijima, anche se gli


attacchi di Buckner non si fermarono mai del tutto, e
il 31 maggio alcuni elementi della 7ª Divisione di
fanteria e della 6ª Divisione marines si imbatterono
in una tenace linea difensiva lungo il fiume Kokuba
sulla costa occidentale. Dal giorno degli sbarchi le
forze americane avevano ucciso 62.548 uomini e
fatto solo 465 prigionieri in 61 giorni di lotta; la 10ª
Armata aveva occupato tutta l'isola tranne una zona
di 12 km² circa che rappresentava l'ultima sacca di Marines in pattuglia con cani a
resistenza giapponese, e fin dal primo giorno di seguito
avanzata oltre Shuri i comandi americani si accorsero
che Ushijima e le sue truppe avrebbero offerto una resistenza caparbia fino all'ultimo
uomo [90]. Mentre il resto delle forze americane proseguiva verso sud, il 1º giugno
30/45
Sheperd e la 6ª Divisione ricevettero l'ordine di prepararsi a sbarcare a Oroku in 36 ore,
e la 1ª Divisione di Del Valle si assunse la responsabilità della zona già di Sheperd. Il
giorno dello sbarco (K-Day) fu il 4 giugno, quando dopo un'ora di intenso
bombardamento preparatorio i marines sbarcarono a Ono Yama alle 05:00. Lo sbarco
avvenne senza grossi problemi, ma subito dopo la spiaggia il terreno collinoso offrì ai
difensori un ottimo appoggio per resistere e i marines dovettero lottare per dieci giorni
prima di battere la guarnigione giapponese. I circa 1.500 difensori sfruttarono le
caratteristiche del terreno, e il 4º marines sulla destra del fronte e il 29º sulla sinistra
trovarono grosse difficoltà ad avanzare. Sheperd ordinò quindi al 4º marines, che era
avanzato molto più del 29º, di compiere una manovra d'aggiramento e congiungersi
con il 22º marines proveniente da Naha, con il quale avrebbe spinto e attaccato la
guarnigione a Oroku da sud, mentre il 29º marines avrebbe aumentato la pressione da
nord[91]. Consapevole dell'imminente sconfitta, Ota si preparò a organizzare la
resistenza finale congedandosi con Ushijima e con i superiori a Tokio, e il 13 i marines
sferrarono il loro ultimo e risolutivo attacco. Alle 17:50 del 13 giugno Sheperd poté
riferire a Geiger che ogni resistenza nella penisola era ormai cessata: nei dieci giorni di
combattimenti circa 5.000 giapponesi erano stati uccisi e 200 fatti prigionieri, contro le
1.608 perdite registrate tra i marines[92].

Mentre la 6ª Divisione si preparava a sbarcare a


Oroku, l'attacco verso sud era aumentato d'impeto e
di potenza. La sera del 3 giugno la 7ª Divisione di
fanteria aveva raggiunto la costa orientale sotto
Kakibana per tagliare fuori la penisola di Chinen,
mentre sulla destra della 7ª Divisione anche la 96ª
Divisione avanzò occupando Kamizato, Tero e Carri lanciafiamme durante
Inasomi senza incontrare eccessiva resistenza. Anche un'azione di rastrellamento
la 1ª Divisione avanzò con relativa facilità senza però
riuscire ad arrestare la ritirata del nemico verso Kiyamu, che nel frattempo riusciva ad
attuare una efficace ritirata combattuta tramite piccole postazioni difensive organizzate
da esigui gruppi di uomini che cercavano di intralciare i marines in avanzata. Il 6
giugno le piogge cessarono ma il terreno era ormai un enorme e intricato pantano che
poneva le truppe d'invasione di fronte a grosse difficoltà di approvvigionamento [93]. Il 7
giugno la 1ª Divisione, ora sul fianco destro del III Corpo, avanzò verso la costa
orientale a nord di Itoman e raggiunse la 6ª Divisione isolando la guarnigione
giapponese di Oroku dal resto delle truppe di Ushijima. L'11 giugno il 7º marines
avanzò fino alla formazione rocciosa di Kunishi, dove si trovavano le posizioni nemiche
del limite occidentale dell'ultima linea di difesa di fronte a Kiyamu.

31/45
Qui il 7º marines ingaggiò un furioso combattimento
contro le difese giapponesi, le quali potevano
sfruttare le colline di Mezado e Yuza, a est e ovest di
Kunishi, dalle quali i difensori potevano scatenare un
intenso fuoco contro i marines allo scoperto. Solo
l'appoggio di carri armati che trasportavano i rinforzi
e offrivano fuoco di supporto ai marines avvinghiati
alla cima di Kunishi riuscì a sbloccare la situazione, e
dopo tre giorni e tre notti di combattimenti la collina L'ultima immagine del generale
fu definitivamente conquistata la notte del 16 Buckner sulla cresta Mezado
[94]
giugno . Mentre il 7º marines terminava la
progressiva occupazione di Kunishi, l'8º marines della 2ª Divisione che era giunto a
rinforzo della 1ª Divisione marines si portò in prima linea per l'attacco finale, sferrato il
17 giugno all'alba insieme al 22º Reggimento e che portò alla conquista di cima Mezado.
Il generale Buckner, desideroso di ispezionare le truppe e rendersi conto della
situazione, il 18 giugno si recò sulla cresta del Mezado per osservare col binocolo i
progressi dei marines in avanzata; verso le 13:00 cinque proiettili giapponesi si
abbatterono sulla cresta, e dopo che la nuvola delle esplosioni si disperse gli uomini in
cima si accorsero che Buckner era stato colpito al petto da una scheggia[95]. Egli morì
dieci minuti dopo, e Geiger fu promosso tenente generale e nuovo comandante della
10ª Armata: era la prima volta che un ufficiale dei marines prendeva il comando di una
tale unità, anche se il suo comando durò appena cinque giorni, dopodiché la 10ª Armata
passò agli ordini del generale Joseph Stilwell[96].

Il 4 giugno i superstiti della 32ª Armata che


presidiavano l'ultima linea difensiva di Kiyamu erano
stati ridotti di 20.000 unità e tale perdita, secondo le
dichiarazioni ufficiali giapponesi, fu motivata dalla
resistenza opposta nelle operazioni di ritirata. Quello
stesso giorno Buckner aveva spostato verso ovest le
linee di demarcazione fra il XXIV Corpo e il III Corpo
anfibio, e il compito affidato alle truppe di Hodges Marines in cima alla scarpata Yaeju
non fu più facile di quello che dovettero affrontare la Dake
6ª e la 1ª Divisione marines. La 7ª e la 96ª Divisione
avrebbero dovuto conquistare la scarpata Yuza Dake-Yaeju Dake, e i combattimenti per
questa posizione continuarono sanguinosi per ben due settimane prima che queste due
divisioni di fanteria riuscissero a eliminare la resistenza giapponese. Nel periodo 4-8
giugno gli americani si raggrupparono e tentarono di guadagnare posizioni favorevoli
per l'attacco del 9 giugno[97], ma nonostante l'impiego di carri lanciafiamme, carri
armati, cannoni d'assalto e delle nuove armi da 57 e 75 mm senza rinculo mandate a
Okinawa per essere sperimentate in combattimento, le truppe della 44ª Brigata mista e
della 24ª Divisione giapponese resistettero accanitamente. L'11 giugno l'attacco penetrò
in una breccia attraverso le truppe della 44ª Brigata e le posizioni giapponesi iniziarono
a cedere; Ushijima ordinò alla 62ª Divisione di avanzare in prima linea ma il fuoco
dell'artiglieria americana ostacolò il suo spostamento, con il risultato che solo pochi
32/45
soldati giapponesi poterono arrivare a destinazione. Sfruttando la confusione la 96ª
Divisione avanzò nel perimetro di Yuza Dake sul fianco sinistro della 10ª Armata
mentre la 7ª Divisione avanzò abbandonando la costa, e la sera del 17 giugno i
reggimenti del XXIV Corpo potevano controllare tutto il terreno sopraelevato nella loro
area[98].

Tutto ciò che restava della 32ª Armata, unità regolari e


sbandati, si trovava ora bloccato fra il fronte dell'esercito
americano e il mare. I giapponesi organizzarono quindi
due centri isolati di resistenza finali, uno attorno a
Medeera e l'altro nell'area di Mabuni, il primo tenuto dalla
24ª Divisione e il secondo, in prossimità della collina 89,
difeso da elementi del quartier generale e da soldati
sbandati. Il 19 giugno la 6ª Divisione iniziò il
rastrellamento del settore sud-ovest che portò a termine il
21, mentre i giapponesi rinchiusi nelle posizioni di Yaeju e
Yuza e tartassati dalle due divisioni di fanteria americane
iniziarono ad arrendersi in piccoli gruppi. Attorno al Marines della 1ª Divisione e
quartier generale e a Medeera la resistenza continuò fanti della 7ª, festeggiano la
imperterrita fino al 21 giugno quando le truppe dei due vittoria in cima alla collina
corpi americani dichiararono cessata ogni forma di 89 il 27 giugno
resistenza organizzata[99]. Alle 13:05 del 21 giugno Geiger
annunciò che l'isola di Okinawa era completamente occupata dalle forze americane, e il
giorno dopo si tenne una cerimonia formale di alzabandiera della 10ª Armata, alla
presenza di tutte le unità che avevano preso parte a Iceberg. Lo stesso 22 giugno
Ushijima e Chō si tolsero la vita secondo il codice Bushidō, come la maggior parte delle
loro truppe aveva fatto per evitare il disonore di cadere prigioniera. Il 25 giugno anche il
quartier generale imperiale annunciò la fine delle operazioni e concentrò i suoi sforzi
nella preparazione difensiva delle isole della madre patria. Per salvaguardare i reparti
americani impegnati a trasformare Okinawa in una base fissa per ulteriori azioni contro
il Giappone, il 23 il generale Stilwell ordinò alle cinque divisioni che avevano compiuto
l'avanzata finale di effettuare un massiccio e coordinato rastrellamento della parte
meridionale di Okinawa, che si concluse sette giorni dopo terminando definitivamente i
combattimenti ad Okinawa[5].

Le operazioni aero-navali

L'offensiva kamikaze

33/45
Durante la battaglia di Okinawa i piloti kamikaze
compirono tra l'11 marzo e la fine di giugno circa
1700 missioni suicide nella zona, ma nonostante
questo sacrificio non fu possibile per i giapponesi
cambiare il corso della battaglia[100]. Il primo attacco
del 6 aprile («Kikusui n°1») fu il più numeroso e
violento di tutta la campagna, dove un totale di circa
700 aerei lasciò Kyūshū per il primo di dieci attacchi Un giovane pilota kamikaze riceve
coordinati che causò alla flotta americana al largo di l'hachimaki prima di partire per la
Hagushi l'affondamento di 26 navi e il missione di attacco suicida.
danneggiamento di altre 164, anche se le unità
maggiori non subirono danni tali da essere costrette a ritirarsi definitivamente[101].

L'ammiraglio Ugaki organizzò numerose incursioni


su Okinawa e, tra queste, quella del 12 e 13 aprile con
circa 320 apparecchi (tra cui 165 kamikaze, 150 aerei
convenzionali e qualche bimotore trasportante
bombe pilotate "Ohka"[102]) che verso mezzogiorno si
lanciarono contro la flotta americana. La caccia e la
contraerea reagirono prontamente e abbatterono un
gran numero di attaccanti, ma gli aerei che
riuscirono a superare le difese della flotta causarono
La USS Enterprise appena colpita
gravissimi danni, danneggiando pesantemente la da un kamikaze
portaerei USS Enterprise che dovette ritirarsi per le
riparazioni, le corazzate USS Missouri, USS
Tennessee, USS Idaho e New Mexico, otto cacciatorpediniere, due dragamine, un
grande mezzo da sbarco e due cacciatorpediniere di scorta. In ultimo nel settore nord di
Okinawa i kamikaze affondarono anche il posamine Abele e due cannoniere, mentre
l'incrociatore leggero USS Oakland, cinque cacciatorpediniere, un caccia di scorta e un
dragamine riportarono gravi danni[103].

Dinanzi a questa minaccia la Quinta Flotta effettuò


numerose e pesanti incursioni tra il 15 e il 16 aprile
contro gli aeroporti di Kyūshū, distruggendo molti
aerei al suolo, ma Ugaki rispose il 16 aprile lanciando
un nuovo attacco kamikaze con 155 aerei che
affondarono il cacciatorpediniere Pringle e
danneggiarono la portaerei USS Intrepid che dovette
rientrare a Ultihi, mentre altri tre caccia, due
dragamine, due cannoniere e una petroliera subirono La portaerei USS Bunker Hill in
gravissimi danni. Le perdite causate dai kamikaze fiamme dopo un doppio attacco
kamikaze dell'11 maggio, dove
incominciarono ad essere drammatiche perché non
perirono 372 marinai
solo le navi in avaria dovevano lasciare la posizione
per essere riparate a Ulithi o addirittura tornare negli
Stati Uniti, ma altre unità dovevano essere adibite alla loro scorta e alla loro protezione,
34/45
riducendo sempre di più gli effettivi della flotta. Sebbene il numero di navi a Okinawa
fosse notevolissimo, questi attacchi causarono molti problemi e si calcolò che, se gli
attacchi avessero continuato con quella forza e con lo stesso ritmo, nel giro di 15 giorni
la flotta sarebbe stata costretta a lasciare le acque di Okinawa[104]. Ma i giapponesi
scarseggiavano ora sia di piloti che di aerei e in maggio il numero di velivoli kamikaze
utilizzati nelle missioni «Kikusui» calò drasticamente, mentre in giugno le missioni
furono solo due con meno di un centinaio di velivoli in totale che non causarono nessun
grave danno[105]. Nel frattempo gli aerei della TAF, che gradualmente avevano sostituito
gli aerei delle Task Force nella difesa dell'isola, erano ormai diventati i padroni dei cieli
e con le loro 3.521 missioni di pattugliamento in aprile abbatterono 143 aerei nemici
prima che questi potessero avvicinarsi alla flotta[106].

Operazione Ten-Go
Dopo la disastrosa battaglia del Golfo di Leyte la
marina imperiale aveva perso ogni effettiva capacità
di imbastire operazioni di ampio respiro, deficienza
aggravata dalla penuria di nafta. Il 26 marzo 1945,
dinanzi alla massiccia offensiva statunitense al suolo
nazionale, gli ammiragli Mitsumasa Yonai e Soemu
Toyoda furono costretti a tentare una qualche
contromossa: l'11º Squadrone cacciatorpediniere
lasciò due giorni dopo gli ancoraggi per incontrarsi
Un bombardiere in picchiata
con la 2ª Flotta a Kure (la principale formazione da Curtiss SB2C Helldiver attacca la
battaglia nipponica nel corso del conflitto) e tutte le Yamato, a sinistra
unità si sarebbero dirette verso Kabuto Jima: la
squadra sarebbe quindi uscita oltre lo stretto di Bungo, costeggiato le spiagge
meridionali di Kyūshū e diretto a nord verso Sasebo, al solo scopo di attirare navi
nemiche nel raggio d'azione dei velivoli a terra[107] . Inizialmente, dunque, la 2ª Flotta
avrebbe agito da flotta-civetta, ma gli imponenti sbarchi su Okinawa decretarono un
netto cambiamento nei piani giapponesi: la flotta doveva uscire in mare aperto e
ingaggiare battaglia con il favore di un grande attacco aereo[108].

La 2ª Flotta era guidata nell'aprile 1945 dal


viceammiraglio Seiichi Itō, un competente ufficiale
che però aveva ben poca esperienza di comandi in
guerra. Egli issò le sue insegne sulla grande corazzata
e nave ammiraglia Yamato ed ebbe ai sui ordini
anche gli otto cacciatorpediniere della 17ª, 21ª e 41ª
divisione, condotti dall'incrociatore leggero Yahagi.
Queste navi partirono da Ube il 6 aprile alle 06:00,
con l'ordine tassativo di arenarsi sulle spiagge di
La corazzata Yamato salta in aria,
Okinawa e sostenere fino all'esaurimento delle
ripetutamente centrata dalle
munizioni la guarnigione dell'isola[109]. La traversata bombe statunitensi
fu tranquilla fino alle 11:30 del 7 aprile, quando i
35/45
caccia Mitsubishi A6M "Zero" di scorta avvistarono un idrovolante statunitense; subito
dopo la stazione radio di Amami Ōshima (l'isola più settentrionale delle Ryūkyū)
segnalò il passaggio in massa di oltre 250 velivoli imbarcati con rotta nord-ovest. A
mezzogiorno circa i radar delle navi nipponiche localizzarono lo stormo nemico in
rapido avvicinamento e, in pochi minuti, aerosiluranti e bombardieri in picchiata si
gettarono sulla 2ª Flotta nel punto esatto 31°N, 128°E, approfittando di persistenti
coltri di nubi. La contraerea si scatenò in leggero ritardo e, nonostante gli sbarramenti, i
velivoli nemici non furono sviati e pochi furono centrati; anche le successive ondate non
trovarono eccessive difficoltà nel tempestare di bombe e siluri le navi giapponesi, che
nel frattempo avevano perduto ogni coordinazione e sparavano con tutte le armi di
bordo pur di salvarsi[110]. Gli sforzi furono comunque vani e alle 14:20 la Yamato era
già stata troncata in due dalla formidabile esplosione delle riserve di granate da
457 mm; anche l'incrociatore Yahagi e i cacciatorpediniere Asashimo e Hamakaze
erano stati affondati. Lo Isokaze e il Kasumi, invece, immobilizzati in pieno mare,
furono affondati dalle navi sorelle dopo che gli equipaggi furono tratti in salvo. I quattro
caccia superstiti si ritirarono a Sasebo; l'operazione costò al Giappone sei navi da guerra
su dieci, e la vita di oltre 2 500 marinai. L'ultima uscita della marina giapponese si
concluse con un completo fallimento [111].

Analisi e conseguenze
Gli americani il 1º aprile sbarcarono praticamente senza
subire perdite, dividendo immediatamente i due corpi
impegnati negli sbarchi in due rispettive linee d'avanzata; i
marines (tradizionalmente un corpo di volontari, ma che
per la prima volta nella guerra si trovò a dover ricorrere a
reclute di leva) avanzarono verso nord, nord-est mentre
l'esercito muoveva verso la parte meridionale, dove si
ebbero gli scontri più violenti e sanguinosi di tutta la
campagna di Okinawa. Quando il 6 aprile gli americani
arrivarono sulla linea che difendeva le città di Shuri e
Naha, si resero conto di quello che li avrebbe aspettati
durante tutta la loro avanzata terrestre, e allo stesso tempo La bandiera statunitense
conobbero la furia dell'offensiva aero-navale giapponese viene issata al termine di
contro la flotta da sbarco [112] . Gli americani avevano già ogni resistenza organizzata
avuto prova della ferocia dei kamikaze, quando tra il 18 e il ad Okinawa, 22 giugno 1945
19 marzo la TF 58, ancora comandata da Mitscher, effettuò
un'azione preliminare di sbarco subendo gravi perdite, ma solo il 6 aprile i comandanti
americani capirono la determinazione con cui le forze nemiche intendevano colpire la
flotta. Respingere i kamikaze fu un'impresa molto difficile: fra il 6 aprile e il 29 luglio 14
cacciatorpediniere furono affondate da piloti suicidi, assieme a oltre 17 LST, navi
munizioni e svariati altri mezzi da sbarco all'interno dello sbarramento di
protezione[113].

36/45
Circa 5.000 furono i marinai americani che perirono
durante la campagna di Okinawa, la perdita più
grave per la marina durante tutta la guerra nel
Pacifico, compresa Pearl Harbor. I kamikaze svolsero
la maggior parte delle loro missioni fra il 6 aprile e il
10 giugno, con dieci attacchi di massa tra i 50 e i 300
aerei, che oltre agli affondamenti appena descritti
danneggiarono anche diverse grandi unità, tra cui le
portaerei Enterprise, Hancock e Bunker Hill Prigionieri giapponesi a Okuku,
(quest'ultima l'ammiraglia di Spruance, che ebbe 396 Okinawa
morti durante un attacco kamikaze). Le portaerei
americane, che avevano la corazzatura sopra la sala macchine e sotto i ponti di volo,
patirono un grosso divario con le quattro portaerei britanniche della TF 57, e fu proprio
la corazzatura dei loro ponti di volo, una precauzione resa necessaria contro il tiro
d'artiglieria che era più facile incontrare nelle più ristrette acque europee, a permettere
alle portaerei britanniche di sopportare meglio, e con meno danni, gli attacchi
kamikaze[114].

Alla fine questi dovettero essere sospesi prima di infliggere perdite irreparabili per la
flotta da sbarco, perché i giapponesi cominciavano ad essere a corto sia di aerei che di
piloti; le incursioni calarono drasticamente di numero con il prosieguo delle operazioni,
e in maggio furono affondate solamente quattro navi nemiche. Non ebbe cali però il
logorio nervoso degli equipaggi dei cacciatorpediniere, i quali, avendo il compito di
proteggere la flotta, furono logicamente schierati ai suoi limiti per tutto il perdurare
della campagna. Questo fatto causò tensioni tra Nimitz e Buckner; infatti, con il
prolungamento delle operazioni di terra, l'ammiraglio lamentava la perdita di «una
nave e mezza al giorno» con questo ritmo di avanzata, ma Buckner difese risolutamente
la sua tattica metodica e calcolata. I suoi uomini a terra dovevano quotidianamente
scontrarsi con linee difensive ben strutturate, spazzate da piogge incessanti che
facevano impantanare i carri armati a supporto delle truppe, e difese fanaticamente dai
giapponesi che si battevano fino alla morte in ogni condizione, imponendo ritardi in
ogni azione d'attacco. I ritmi dell'avanzata erano dunque dettati dai difensori, i quali
cessarono la loro resistenza solo a fine giugno, quando gli ultimi 4000 giapponesi si
arresero[114].

L'operazione Iceberg dimostrò inoltre la validità


della tattica anfibia sviluppata negli anni dal corpo
dei marines e dalla marina, che diede una grande
mano alle operazioni di terra con le numerosissime
azioni di copertura di fuoco e di rifornimento per le
truppe. Secondo lo storico Frank, la componente
principale del successo di Okinawa fu la cooperazione
fra le diverse armi, che collaborarono per smantellare
le postazioni fortificate giapponesi assieme alle forze
speciali, alle manovre d'aggiramento facilitate da
37/45
specifici sbarchi anfibi di piccola portata e alle forze Un pezzo d'artiglieria giapponese
corazzate che snidarono moltissime posizioni in una postazione artificiale
nemiche col fuoco d'artiglieria e con i lanciafiamme. fortificata

A tal proposito Sheperd scrisse: «Se si dovesse


scegliere l'arma che maggiormente contribuì al successo, si dovrebbe certamente
scegliere il carro armato», cosa che confermò anche Ushijima dicendo: «La potenza del
nemico sta nei suoi carri. È ovvio che la nostra grande battaglia contro le forze
americane, è contro i loro... carri armati»[5]. Ma la campagna fu caratterizzata anche
dall'efficace tattica nipponica: contrariamente a quanto avvenuto in precedenti
occasioni, i giapponesi non attaccarono direttamente la testa di ponte ma attuarono una
difesa in profondità simile a quella messa in atto durante la riconquista americana delle
Filippine. Dal momento che le truppe d'invasione presero terra a Hagushi, fino
all'occupazione del sud dell'isola le truppe americane furono incessantemente sotto il
fuoco di piccole postazioni in cui si asserragliavano piccole unità sia provvisorie sia
veterane. Le vaste opere di fortificazione attorno a Shuri e le postazioni di armi
automatiche in cima alle colline e collegate l'una all'altra con gallerie, consentirono ad
Ushijima di mettere in pratica una tattica difensiva caparbia ed efficace, che nonostante
l'enorme superiorità nemica consentì alla 32ª Armata di portare a termine il proprio
compito, ossia consentire al Giappone di continuare i lavori di difesa del territorio
nazionale. I bombardamenti atomici su Hiroshima e Nagasaki annulleranno poi tutti
questi sforzi, ma Ushijima ebbe comunque il merito di aver compiuto il compito
affidatogli[115].

Perdite
Secondo i dati riportati dallo storico John Keegan, le unità
dell'esercito americano ebbero all'incirca 4.000 morti, il
corpo dei marines 2.938, mentre gli aerei distrutti furono
763 e 38 le navi affondate. I giapponesi avevano perso 16
navi e l'incredibile cifra di 7.800 aerei, oltre un migliaio dei
quali in missioni suicide, mentre a terra trovarono la morte
praticamente tutte le truppe a difesa di Okinawa. La
stragrande maggioranza delle truppe nipponiche sull'isola,
i marinai nelle basi a terra, i fucilieri di prima linea e
perfino gli scritturali, i cuochi e gli addetti ai servizi del
lavoro locali trovarono il modo di suicidarsi; in tutto i
prigionieri furono circa 7.400, compresi i feriti troppo Un marines disperato per la
gravi per riuscire a suicidarsi: tutti gli altri, circa 110.000 perdita di un compagno
in totale, morirono in combattimento o compiendo hara-
kiri, rifiutando di arrendersi[4]. Leggermente diverso è il bilancio documentato da
Bernard Millot: 4.679 caduti e 18.098 feriti per l'esercito e 2.934 caduti e 13.703 feriti
per i marines, mentre stima in 4.907 caduti e 4.824 feriti per la marina, per un totale di
49.145 perdite tra le truppe d'invasione. Leggermente diversi sono anche i dati tra le
perdite materiali, calcolate in 768 aerei persi (458 dei quali per opera del nemico) e 36
navi affondate mentre 368 furono le imbarcazioni danneggiate più o meno gravemente.
38/45
I giapponesi ebbero secondo Millot oltre 100.000 morti, 76.000 dei quali dell'esercito e
della marina, circa 20.000 uomini arruolati in loco e 10.000 civili che si trovarono in
mezzo ai combattimenti, mentre i prigionieri furono circa 7.400 a cui si aggiunsero
circa 3.000 uomini di Okinawa arruolati nell'esercito imperiale e arresisi nel corso della
campagna. Le perdite materiali in questo caso solo leggermente inferiori, riportate in
7480 aerei, a riprova della grande importanza che i giapponesi attribuirono alla difesa
di Okinawa[116].

Probabilmente più accurate sono le perdite registrate


dallo storico Benis Frank per entrambi gli
schieramenti, anche se si discostano di poco dai
numeri finora presentati. Secondo Frank gli
americani ebbero in totale 7.374 morti, 31.807 feriti e
230 dispersi tra le truppe di terra, mentre 4.907
marinai persero la vita, e 4.824 rimasero feriti. Le
perdite materiali furono di 763 velivoli persi e 34
unità navali affondate, mentre 368 furono quelle Un'infermiera sopravvissuta a un
attacco kamikaze contro la USS
danneggiate. I giapponesi ebbero invece 107.439
Comfort
morti, 23.764 dispersi e 10.755 prigionieri, con 7.830
aerei persi e 16 navi affondate, ma poiché in questo
caso le perdite complessive giapponesi ammontano a 142.058 uomini, superando la
stima dei combattenti, l'autore ritiene che circa 42.000 fossero i civili caduti
direttamente nell'ambito delle operazioni americane sull'isola[5].

Questa deduzione è confermata dallo storico Martin


Gilbert, che però indica il numero di morti civili nelle
operazioni militari americane in circa 20.000.
Queste morti tra i civili derivano per la maggior parte
dal fatto che migliaia di abitanti si nascosero nelle
grotte e nelle caverne dell'isola per sfuggire alla furia
dei combattimenti, ma queste furono investite dalla
fanteria americana al pari delle grotte tenute dalla Un prigioniero di guerra
giapponese tenta di dissuadere i
guarnigione giapponese[2][5]. Lo storico John Keegan
civili dal gettarsi dalle scogliere a
conferma tale tesi, e stima il numero complessivo dei sud di Okinawa
civili caduti tra le 70.000 e le 160.000 unità[4],
mentre Gilbert riporta la cifra intermedia di 150.000
civili morti[2]. Le cifre dei civili uccisi durante la battaglia di Okinawa oscillano
enormemente, e oltre alle morti attribuibili alle azioni di rastrellamento americane un
numero imprecisato di civili persuasi dalla propaganda nipponica, che descriveva i
soldati americani come belve capaci di orribili atrocità, uccisero le proprie famiglie e si
suicidarono per evitare la cattura. Intere famiglie si lanciarono dalle scogliere dove ora
sorge il Parco nazionale di Okinawa Senseki, le cui lapidi riportano la cifra di 237.318
giapponesi, di cui più di 140 mila civili residenti, e 14.000 gli americani. Altre migliaia
di abitanti del luogo furono utilizzati dalle guarnigioni giapponesi come scudi umani o
uccisi o spinti a suicidarsi dalle stesse truppe nipponiche[117].
39/45
La conquista di Okinawa rappresentò un tremendo monito per quel che le forze
americane avrebbero dovuto aspettarsi man mano che la guerra nel Pacifico di
avvicinava al perimetro difensivo dell'arcipelago nipponico.

Fino a quel momento, la guerra contro il Giappone,


per quanto riguarda il numero di perdite umane, era
stata una piccola guerra se comparata alle perdite e
ai mobilitati in Europa, nonostante le dimensioni
geografiche e i mezzi aero-navali utilizzati non
avessero eguali. In Europa gli uomini mobilitati
furono oltre 40 milioni, mentre nel Pacifico i
Giapponesi ne avevano mobilitato circa 6 milioni,
anche se cinque sesti di quelli dislocati al di fuori
delle isole nazionali erano in Cina, mentre il numero Festeggiamenti in occasione del V-J
Day tra i marines stanziati a
di quelli impegnati nelle isole era probabilmente
Okinawa
inferiore a quello utilizzato dagli americani, che nel
Pacifico mobilitarono circa 1 milione e 250.000
uomini, dei quali meno di mezzo milione appartenevano alle divisioni dell'esercito e dei
marines impegnati nei combattimenti. Rispetto alla guerra in Europa, le dimensioni dei
combattimenti di terra della guerra del Pacifico erano veramente piccole, ma queste
dimensioni, dopo Okinawa si gonfiarono improvvisamente: la resa della Germania
significava che tutte le novanta divisioni mobilitate negli Stati Uniti e la maggior parte
delle sessanta divisioni dell'impero britannico potevano essere disponibili per
l'invasione del Giappone, unitamente a quelle dell'Armata Rossa che Iosif Stalin poteva
far intervenire non appena avesse dichiarato guerra una volta sconfitta la Germania,
come aveva promesso alla conferenza di Teheran nel novembre 1943 [118].

Dopo Okinawa però nemmeno queste cifre potevano garantire una vittoria rapida e a
buon mercato; Okinawa e il Giappone si somigliavano come terreno, ma il Giappone
offriva una serie quasi infinita di posizioni difensive fra colline, montagne, foreste dalle
quali resistere all'invasore. Il 18 giugno l'ammiraglio William Leahy, presidente del
comitato dei capi di stato maggiore della marina (Chief of Staff to the Commander in
Chief of the Army and Navy - CJCS), fece presente al presidente Harry Truman che le
divisioni impegnate a Okinawa avevano subito perdite pari al 35% degli effettivi, e una
percentuale simile era prevedibile nell'attacco contro Kyūshū, la prima delle isole
giapponesi prescelte per l'invasione (operazione Olympic). Sui 767.000 previsti
nell'operazione, il totale dei morti e dei feriti sarebbe potuto quindi arrivare a 268.000
uomini, vale a dire quanti soldati gli Stati Uniti avevano perso fino a quel momento in
tutto il mondo su tutti i fronti[119], e da una fonte che non fu mai identificata iniziò a
circolare la voce negli ambienti dei pianificatori strategici americani della previsione di
«un milione di perdite» per l'invasione delle isole nipponiche[120].

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Il piano del comitato dei capi di stato maggiore (JCS)
redatto a Washington a fine maggio prevedeva
l'invasione di Kyūshū nell'autunno del 1945, seguita
dall'invasione di Honshū (operazione Coronet) nel
marzo 1946. L'esercito, la cui linea era in buona parte
decisa da MacArthur, prevedeva che la guerra si
sarebbe conclusa solo con una invasione, mentre
l'aviazione e la marina sostenevano che l'occupazione
delle coste cinesi avrebbe permesso ai bombardieri Cerimonia ufficiale di resa della
di battere la resistenza giapponese. Tuttavia il guarnigione giapponese delle
bombardamento strategico attuato contro il Ryūkyū

Giappone, seppur devastante, fino a quel momento


non aveva intaccato la volontà del governo giapponese di continuare la guerra, e di
conseguenza prevalse l'opinione di MacArthur[119]. I comandanti militari giapponesi,
che di fatto controllavano il paese, non avevano nessuna intenzione di arrendersi e a
metà estate il Governo degli Stati Uniti iniziò a perdere la pazienza nei confronti
dell'intransigenza giapponese cedendo alla tentazione di farla finita in un modo unico e
incontestabilmente decisivo. Washington, grazie alle intercettazioni di Magic, sapeva
che il governo di Suzuki Kantarō (succeduto a Koiso in aprile) stava intavolando
negoziati segreti con i sovietici, che sperava facessero da mediatori, e sapeva inoltre che
la formula della «resa incondizionata» formulata nel 1943 era considerata una seria
minaccia dai giapponesi al loro sacro sistema imperiale. Ma mentre i sovietici non
pensavano affatto di fare i mediatori, la volontà degli Stati Uniti di aspettare cominciò a
ridursi durante l'estate, e il 26 luglio fu trasmessa a Tokio la dichiarazione di Potsdam
con la minaccia della «completa distruzione del territorio nipponico» se il governo non
avesse accettato la resa incondizionata[121].

Dal 16 luglio il presidente Truman sapeva che la


«completa distruzione» era possibile da parte
americana, perché proprio quel giorno ad
Alamogordo era riuscita la prima esplosione nucleare
sperimentale. Il 21 luglio a Potsdam, lui e Churchill si
erano detti d'accordo, in linea di principio, all'utilizzo
di quella nuova arma, e il 25 luglio ne venne
informato anche Stalin. Il giorno dopo Truman
ordinò al generale Carl Spaatz, comandante delle L'Enola Gay poco prima della
partenza
forze aeree strategiche, di lanciare la prima bomba
speciale non appena le condizioni meteorologiche
avessero consentito il bombardamento a vista dopo il 3 agosto, su uno degli obiettivi
selezionati tra Hiroshima, Kokura, Niigata e Nagasaki; la decisione di porre fine alla
seconda guerra mondiale con una super-arma rivoluzionaria era stata presa [122]. Il 6
agosto il B-29 Enola Gay sganciò la bomba all'Uranio-235 "Little Boy" su Hiroshima, e
poche ore dopo, mentre fra le rovine della città giacevano 78.000 persone, la Casa
Bianca emanò la prima richiesta di resa incondizionata ai giapponesi, minacciando altri
attacchi. Non avendo ricevuto risposta il 9 agosto gli americani rinnovarono l'attacco,
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facendo partire un altro B-29 da Tinian che bombardò Nagasaki con una seconda
atomica, "Fat Man", causando la morte istantanea di 25.000 persone. L'8 agosto
l'Unione Sovietica dichiarò guerra al Giappone e quello stesso 9 agosto attaccò la
Manciuria, dove gli scontri proseguirono fino al 20 agosto, giorno in cui tutte le forze
giapponesi nel Pacifico si arresero a seguito dell'annuncio di resa dell'imperatore
Hirohito avvenuto il 15 agosto[123].

Note

Esplicative
1. ^ Nel giugno 1944 la nave che stava trasportando la 44ª Brigata fu affondata da
un sommergibile americano con 5 000 morti; solo 600 uomini giunsero a
destinazione. Il mese seguente il 15º Reggimento misto indipendente raggiunse
Okinawa per via aerea e si unì ai superstiti della brigata. Vedi Frank, p. 17.
2. ^ Originariamente previsto per il 1º marzo, il 19 novembre 1944 i dati del servizio
meteorologico riferirono condizioni incerte per la data prevista e si decise di
spostare l'L-Day di due settimane. Tuttavia a dicembre, poiché si pensava che le
ingenti forze navali impegnate nel golfo di Lingayen non potessero tornare
indietro in tempo per l'operazione, la data fu posticipata ulteriormente di altre due
settimane, al 1º aprile. Vedi Frank, p. 33.

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Washington DC, American Military History - Office of the Chief of Military
History, United States Army, 1969.

Wikimedia Commons contiene immagini o altri file su battaglia di


Okinawa

Video del 2015 con i luoghi della battaglia de Il Sole 24 ORE su ilsole24ore.com
(EN) Rappresentazione animata della campagna su historyanimated.com
(EN) The Royal New Zealand Navy. Chapter 24 - With the British Pacific Fleet -
La Royal New Zealand Navy nell'operazione Iceberg su nzetc.org

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