Il fenomeno sportivo
Si è diffuso dalla metà dell’800, alcune persone, appassionate e facoltose (solo chi era benestante,
i più poveri lavoravano e dunque non avevano il tempo per svagarsi) crearono gruppi sportivi a
“livello embrionale”.
Queste associazioni avevano caratteristiche simili alle federazioni.
Fino all’inizio del 900 resta un fenomeno elitario, c’è un totale disinteresse da parte dello stato.
Quest’ultimo interviene per la prima volta con l’avvento del fascismo fino ad arrivare alla fine del
900 dove vengono stanziati dei fondi a livello europeo per il fenomeno sportivo (nel 2004
l’università di Urbino fu incentivata). All’estero lo sport era emerso alla fine dell’800 (con la
riapertura delle Olimpiadi).
La scienza ha dimostrato le funzioni riconosciute all’attività sportiva che in passato aveva una
valenza militare (per gli allenamenti)
- Agonale (Agonistica) di competizione. Chi pratica sport per superare se stesso o gli
avversari. Distingue l’attività agonistica da quella di fitness, la Costituzione all’articolo 2,
garantisce e tutela i diritti del cittadini non solo come individui ma anche nell’ambito
dell’associazione di cui fanno parte.
- Igienico-Sanitaria studi scientifici hanno dimostrato che un’attività sportiva moderata e
costante, favorisce il mantenimento del benessere psico-fisico e aiuta a prevenire le
malattie (cardiovascolari, ipertensione, obesità).
- Sociale lo sport favorisce l’integrazione tra persone di ceti ed etnie diverse.
- Di spettacolo (economia) soprattutto a livello professionistico l’attività sportiva muove
la commercializzazione (vendita diritti sportivi, sponsor).
- Educativa consente agli individui di formare il proprio carattere e creare una propria
identità personale.
[Norma Giuridica una norma è giuridica quando si dice coercibile: la sua inosservanza comporta
una sanzione]
Il fenomeno sportivo presenta i tre elementi di un ordinamento giuridico. Il problema era se dare o
no valenza giuridica alle sue norme.
Ciò accadde nel 1896 con la conversione “dell’agonismo occasionale” cioè fenomeni occasionali,
isolati non collegati tra loro in “agonismo programmatico” cioè fenomeni costanti come ad
esempio un torneo o un campionato. Questa passaggio è stato la conseguenza del ripristino delle
Olimpiadi moderne.
Nel 1942 viene riconosciuto dal legislatore il C.O.N.I. (Comitato Olimpico Nazionale Italiano) con la
legge 426 che attribuisce alle federazioni il potere normativo di disciplinare l’attività sportiva, cioè
di darsi delle regole.
Nel 2002, avviene il riconoscimento normativo del C.O.N.I.
Nel 2003, la legge 280 del 14 agosto ha convertito il decreto legge 220 (emanato in conseguenza al
“caso Catania” società calcistica non ammessa nel massimo campionato di serie A). Questa legge
(la 280) afferma che il fenomeno sportivo è un ordinamento giuridico. Ciò comporta la presenza
nel nostro stato di due ordinamenti: sportivo e statale. [la legge 280 è l’unica legge esistente in
Italia in materia di giustizia sportiva].
Ad esempio uno scontro di gioco può avere diversa qualificazione giuridica, cioè per lo stato può
essere un episodio lecito, illecito per l’ordinamento sportivo.
L’ordinamento sportivo può differenziarsi da quello statale fino a quando non vengono
contrastate le leggi costituzionali.
L’articolo 1 afferma che il rapporto tra i due ordinamenti è di autonomia limitata, cioè
l’ordinamento sportivo è autonomo entro certi limiti (circoscritti dal legislatore) e può emanare
leggi o regole che non contrastino le leggi costituzionali.
Il problema è che nella teoria della pluralità degli ordinamenti, quando essi esistono significa che
sono autonomi ed indipendenti e sono sullo stesso piano. Ciò non è possibile perché ci sono
determinate situazioni in cui c’è una supremazia dell’ordinamento statale nei confronti
dell’ordinamento sportivo. Esso infatti deve necessariamente, rispettare le norme statali, ovvero:
- La Costituzione: dal 2001 contiene articoli riguardanti lo sport, come il 117 che fa
riferimento in particolare alla podestà legislativa concorrente (cioè lo Stato emana una
legge quadro o dei principi generali che poi le regioni specificano nel dettaglio);
- Leggi nazionali: la legge 376 del 2000 introduce il reato di doping;
- Leggi regionali: (leggi che le regioni posso emanare senza la supervisione dello stato) le
regioni legiferano in materia di fitness, infatti con le proprie leggi danno i requisiti
strutturali e professionali per l’apertura di palestre;
- Regolamenti: fonti alla base della piramide, possono essere emanate dalle regioni.
- Norme prettamente sportive: i soggetti che possono emanare regole in ambito sportivo
sono il C.O.N.I. e le federazioni nazionali.
Il C.O.N.I. detta i principi generali, le federazioni invece si occupano delle regole della
singola attività sportiva. Esse (le federazioni) emanano uno Statuto (atto interno con cui la
federazione disciplina la propria attività) e una serie di Regolamenti (disciplinano singoli
aspetti della vita federale) come:
un regolamento tecnico (che deve essere conforme al regolamento internazionale al quale
appartiene. Questo perché c’è un esigenza di comparare i risultati) un regolamento di
gioco e un regolamento di giustizia (dove sono indicati gli organi competenti in campo
economico o per effettuare dei ricorsi).
Non bisogna rispettare solo le leggi emanate dal C.O.N.I. e dallo Stato, ma anche leggi
sovranazionali, come quelle a livello europeo.
A livello europeo le fonti sono:
- I Trattati accordi tra gli stati membri, condivisi da tutti;
- Le Direttive recepite da tutti gli stati, non ci sono accordi, sono atti legislativi nei singoli
stati;
- I Regolamenti Comunitari sono immediatamente vincolanti, non recepiti.
C.I.O.
Comitato Internazionale Olimpico
Istituito nel 1894 da Pierre de Coubertin con il ripristino delle Olimpiadi moderne, non svolge tutti
i compiti da solo, ma è affiancato dai fiduciari nazionali (Come ad esempio il C.O.N.I.).
Trasferito da Parigi, a causa della guerra, in Svizzera precisamente a Losanna dove ha sede
tutt’ora, il C.I.O. elabora la Carta Olimpica (insieme di regole, non leggi che disciplinano il
movimento olimpico).
Il C.I.O. è un’organizzazione internazionale non governativa (non composta da stati, ma da soggetti
appartenenti a stati diversi) senza scopo di lucro (ciò che viene guadagnato non viene ripartito tra i
membri, ma viene reinvestito in altre manifestazioni sportive). Il C.I.O. è un’associazione con
personalità giuridica regolata dalla legge svizzera (afferma che deve esserci la volontà dei soggetti
a creare un soggetto autonomo e che ci sia uno scopo di natura ideale come uno scopo umanitario
contrapposto allo scopo lavorativo).
Il C.I.O. è composto da individui fisici e singoli e non da associazioni, detto perciò di tipo semplice.
Per poter operare ha bisogno di organi, essi sono:
- Il presidente: che ha la funzione di rappresentanza dell’ente, forma gruppi di lavoro e
assegna gli incarichi. Resta in carica per 8 anni;
- L’assemblea: formata da tutti i membri del C.I.O., con funzione deliberativa, adotta,
interpreta e modifica la Carta Olimpica, concede o nega ad un membro di entrare a far
parte del C.I.O. Si riunisce una volta all’anno;
- Commissione esecutiva: organo con funzione esecutiva, gestisce le finanze e
l’amministrazione. E’ costituita dal presidente, dal vicepresidente e da altri 10 membri.
I compiti che spettano al C.I.O. sono:
- Predisporre il programma dei giochi olimpici;
- Stabilire la sede dei giochi olimpici;
- Prendere decisioni relative al dilettantismo degli atleti;
Lavora con i fondi privati, cioè con i proventi ottenuti dalle sponsorizzazioni e dalla vendita dei
diritti tv.
C.O.N.I.
Comitato Olimpico Nazionale Italiano
Rappresenta l’ente per lo sport, formalizzato nel 1942, ma esistente già anni prima.
La prima olimpiade a cui ha partecipato l’Italia è quella del 1908, successivamente partecipò anche
a quella del 1912.
Per garantire la partecipazione a questi eventi si creò un “comitato temporaneo” nel 1905 e nel
1910 reso successivamente permanente a partire dal 1914.
Il C.O.N.I. divenne un punto fermo della politica fascista, infatti i membri del C.O.N.I. venivano
nominati dal partito fascista.
Con la legge 426 del 1942 il C.O.N.I. venne riconosciuto e provvisto di regolamento, ma questa
stessa legge, non specificava la natura giuridica del C.O.N.I., gli studiosi propendevano per una
natura pubblica (numerosi indizi) ad esempio per il fatto che fosse stato istituito con una legge, o
per il fatto che prendeva fondi dallo stato o perché aveva un compito pubblico (espandere lo
sport).
La questione si risolse con la legge del 23 luglio 1999 emanata dal decreto Melandri che ha
provveduto a modificare il tutto e a chiarire che il C.O.N.I. è un ente pubblico ed è l’ente
esponenziale dello sport italiano ed ha la funzione di diffondere a tutti i livelli la pratica sportiva
e di combattere le sostanze dopanti. Lo stesso decreto ha riconosciuto l’inserimento del C.O.N.I.
nell’ordinamento sportivo internazionale, obbligandolo (C.O.N.I). a conformarsi ai principi di tale
ordinamento. Il successivo decreto Pescante dell’8 gennaio 2004 ha rimarcato i ruoli degli organi
del C.O.N.I. allargando i poteri affidati al Consiglio Nazionale.
Essendo un ente giuridico il C.O.N.I. opera attraverso i seguenti organi:
▪Consiglio nazionale: svolge funzioni di controllo,ha lo scopo di provvedere alla diffusione
dell’ideale olimpico nonché allo sviluppo dell’attività sportiva nazionale. Si occupa di adottare lo
statuto(approvato dal ministero delle finanze),eleggere il presidente e i componenti della Giunta
Nazionale,emanare i principi fondamentali al quale si unificheranno gli statuti delle singole
federazioni e definire i criteri per la distinzione tra dilettantismo e professionismo.
E’ composto:
- Dal presidente;
- Dai presidenti delle federazioni nazionali;
- Dai membri italiani del C.I.O.;
- Dagli atleti e tecnici in rappresentanza delle federazioni nazionali;
- Da 5 rappresentanti degli enti di promozione;
- Da 1 membro delle associazioni riconosciute;
- Da 3 rappresentanti delle discipline sportive associate;
- Da 3 rappresentanti delle strutture territoriali del C.O.N.I.;
I primi tre organi elencati sono membri di diritto,gli altri sono membri elettivi.
Il Consiglio Nazionale è convocato almeno due volte l’anno per l’approvazione del bilancio,salvo
emergenze o richieste motivate da almeno 1/3 dei membri.
▪Giunta Nazionale:è l’organo esecutore,controlla l’attività amministrativa del C.O.N.I.,definisce gli
obiettivi,approva lo statuto(atto normativo che regola la vita interna dell’ente),formula
proposte,adotta in casi urgenti provvedimenti di competenza del Consiglio Nazionale,controlla le
federazioni sportive nazionali sulle discipline associate e sugli enti di promozione sportiva.
E’ convocata dal presidente una volta al mese,ed è composta:
- Dal presidente del C.O.N.I.;
- Dai membri italiani del C.I.O.;
- Da 10 rappresentanti delle federazioni sportive nazionali e dalle discipline associate;
- Da un rappresentante degli enti di promozione.
▪Il presidente:(attualmente Malagò) eletto dal Consiglio Nazionale è nominato con decreto del
presidente della Repubblica. Convoca e presiede il Consiglio Nazionale,viene eletto per 4 anni ed
ha la funzione di rappresentanza dell’ente. Per diventare presidente bisogna essere tesserati a una
federazione nazionale e possedere una tra queste caratteristiche:
- essere stato presidente o vice di una federazione sportiva o membro della Giunta
Nazionale del C.O.N.I.;
- essere stato un’atleta chiamato a far parte della rappresentativa nazionale;
- essere stato dirigente insignito dal C.O.N.I. dalle onorificenze del collare.
▪Il segretario generale:nominato dalla Giunta Nazionale provvede alla gestione amministrativa del
C.O.N.I. partecipa alle adunanze del Consiglio Nazionale senza prendere parte al diritto di voto.
▪Il collegio dei revisori dei conti:nominato per 4 anni (prorogabili)con decreto emanato dal
ministero per i beni e le attività culturali. Controlla e verifica la gestione contabile e amministrativa
del C.O.N.I. ed è composto da 5 membri:
- uno in rappresentanza del ministero vigilante;
- un designato dal ministero dell’economia e delle finanze;
- tre in rappresentanza del C.O.N.I.
ATTO COSTITUTIVO Atto giuridico con il quale si da vita ad una “persona giuridica”. Ad esso è
legato lo statuto.
L’atto costitutivo è redatto come atto pubblico davanti ad un notaio.
Contiene:
- Nome, denominazione, data di nascita, domicilio e sede della società;
- Attività e oggetto sociale;
- Sistema d’amministrazione adottato e numero degli amministratori;
- Durata della società;
- Importo delle spese poste a carico della società;
- Nomine dei componenti.
Tipi di società
La Società a responsabilità limitata (S.r.l. o Srl) appartiene alla categoria delle società di capitali e
che, quindi, risponde delle obbligazioni sociali solamente con il suo patrimonio
La Società per azioni (S.p.A.) è una società di capitali, in cui le partecipazioni dei soci sono espresse
in azioni dotata di personalità giuridica e con autonomia patrimoniale perfetta. Questo significa
che il capitale sociale è frazionato in un determinato numero di titoli, ciascuno dei quali incorpora
una certa quota di partecipazione ed i diritti sociali inerenti alla quota stessa.
In quanto società di capitali, le S.p.A. sono caratterizzate anche dall'autonomia patrimoniale
perfetta, ossia dal massimo grado di autonomia patrimoniale. Il patrimonio della società, in altre
parole, risulta essere completamente distinto da quello dei soci che, quindi, non sono chiamati a
rispondere delle obbligazioni sociali. La responsabilità dei soci è limitata, in via di principio, alla
sola quota di partecipaz
Differenze tra SRL ed SPA
Le SRL e le SPA sembrano simili ma hanno molte differenze significative tra loro come ad esempio:
- Nelle società per azioni i soci rispondono limitatamente al capitale conferito, ovvero alle
loro azioni. Il limite minimo di una spa è di 120.000 euro. Le spa possono emettere azioni e
obbligazioni.
Nella srl il capitale sociale non è ripartito in azioni, ma in quote. Il limite minimo perché
esista una srl è di 10.000 euro. Le srl possono emettere obbligazioni. Anche qua la
responsabilità è limitata alla quota conferita;
- Nelle Srl il capitale è diviso in quote: 1 quota per ogni socio e le quote possono tra loro
avere valore diverso, a seconda della percentuale di partecipazione. Nelle SpA è diviso in
azioni: ogni azione ha il medesimo valore e ogni azionista può possedere un diverso
numero di azioni, a seconda della percentuale di partecipazione. Di base, né quote né
azioni perdono di valore, fatte salve alcune fattispecie particolari legate ad una
svalutazione o ad effetti dovuti a perdite di un certo tipo; la perdita di valore, in senso
stretto, riguarda solo le azioni delle società quotate;
- Le SpA prevedono quale organo obbligatorio anche il collegio sindacale, deputato al
controllo (che può essere o meno anche contabile); nelle Srl è facoltativo (salvo che per
capitale sociale di almeno 120.000 euro). Le Srl possono anche essere amministrate in
maniera piuttosto semplice, quasi come una società di persone;
- Le Srl, come dice il nome stesso, prevedono la responsabilità dei soci limitata alla sola
partecipazione nella società, quindi, a parte nel caso di frode, i soci non rispondono con il
proprio patrimonio personale;
- Nelle Srl ci sono più vincoli per le possibilità di finanziamento da parte dei soci e di raccolta
di risparmio.
▪Associazioni definite come organizzazioni di persone che hanno in comune uno scopo di natura
non lucrativa, sono dunque enti non commerciali come sottoscritto dall’articolo 90 del 2002
(differenza essenziale tra associazioni e società).
E’ la forma più comune assunta dai club sportivi, sono disciplinate dal libro 1 del codice civile
(poiché sono un insieme di persone).
Le associazioni sono costituite da uno contratto di natura:
- pluriennale;
- aperto plurilaterale: possono aderire successivamente altre associati senza che ciò
comporti modifica del contratto originario;
- a scopo comune di natura ideale non economici (non lucrativo).
Elementi essenziali di un’associazione:
- persone;
- scopo;
- patrimonio: fondo comune è l’elemento essenziale nella associazioni (le non riconosciute
potrebbero anche esserne prive)
Le associazioni si dividono in associazioni riconosciute e associazioni non riconosciute:
▪Associazioni riconosciute: trattate dagli articoli che vanno dal 14 al 35 del codice civile. Hanno
personalità giuridica (perciò devono dimostrare di avere un patrimonio). Beneficano di
un’autonomia patrimoniale perfetta cioè per le obbligazioni sociali risponde solo l’associazione
con il proprio patrimonio.
Per essere riconosciute come sottoscritto nell’articolo 7 del codice civile, un’associazione deve:
- Spedire la domanda alla prefettura (verifica il patrimonio) che ha un limite di 120 giorni
per pronunciarsi;
- Rispettare i requisiti richiesti;
- Avere meritevolezza dello scopo;
- Avere un atto costitutivo riconosciuto.
Il riconoscimento è dato dal C.O.N.I. che iscrive l’associazione riconosciuta nel registro delle
imprese.
Gli organi delle associazioni riconosciute sono:
◦L’assemblea degli associati fondata da tutti gli iscritti all’associazione. Convocata una volta
all’anno, ha funzione di:
- approvare il bilancio dell’associazione;
- modificare l’atto costitutivo e lo statuto interno;
- sciogliere e devolvere il patrimonio;
- nominare e revocare la nomina agli amministratori;
- escludere alcuni associati;
- azioni di responsabilità contro gli amministratori.
Delibera a maggioranza dei voti con la presenza di almeno la metà più uno degli associati presenti.
Se l’argomento trattato dall’assemblea è di ordinaria amministrazione, basta la maggioranza dei
soci presenti, nei casi di straordinaria amministrazione vengono convocati tutti i soci, ad esempio
per le modificazioni dell’atto costitutivo (statuto) dove bisogna raggiungere i ¾ dei voti per
raggiungere la maggioranza.
◦L’assemblea degli amministratori può essere rappresentata da una singola persona o da un
collegio che opera solo se convocato in genere per alcune decisioni importanti. Il C.D.A. (Consiglio
di amministrazione) predispone il bilancio da far approvare all’assemblea dei soci.
Il tutto è registrato in forma scritta in un verbale, scritto dal segretario e sottoscritto dal
presidente dell’assemblea. Il verbale ha anche la funzione di “liberarsi” da qualsiasi responsabilità
da parte di un socio
▪Associazioni non riconosciute: trattate dagli articoli che vanno dal 36 al 42 del codice civile. Non
hanno una personalità giuridica e non godono di un’autonomia patrimoniale perfetta.
Hanno la caratteristica di non andare in “fallimento”, infatti al termine del contratto, se non si
sono raggiunti gli scopi desiderati o non si è in grado di pagare i creditori vengono sciolte.
Hanno un procedimento di costituzione molto semplice (in Italia sono le più presenti) infatti:
- Si presentano in forma verbale, quelle sportive in forma scritta (per ricevere le agevolazioni
fiscali essendo iscritte nel registro delle imprese);
- L’ordinamento interno e l’amministrazione sono regolati dagli associati;
- Non essendo controllate, hanno un patrimonio imperfetto;
- Per garantire la sicurezza a terzi, il legislatore ha chiarito che in caso di controversie pagano
i soci coinvolti che hanno agito per nome o per conto dell’associazione.
1. C.O.N.I.
2. Federazioni
3. Società e Associazioni
Aderenti e Aggregati
Aderenti associazioni che non hanno i requisiti per ottenere l’affiliazione, svolgono attività
amatoriale;
Aggregati associazioni che non hanno i requisiti per ottenere l’affiliazione in particolare la
mancanza di impianti sportivi, tuttavia godono,a differenza delle aderenti, dei medesimi diritti
spettanti agli affiliati.
DIFFERENZA PROFESSIONISTA/DILETTANTE
Il settore agonistico è riservato alle 6 federazioni :
- Calcio;
- Pallacanestro;
- Ciclismo;
- Motociclismo;
- Pugilato;
- Golf.
Nel nostro ordinamento c’è una differenza formale tra professionista e dilettante.
La legge numero 91 del 23 marzo 1981 disciplina il professionismo definendo la figura del
professionista in colui che svolge un’attività con scopo di lucro, in continuità e che abbia la
qualifica dalla federazione competente (le sei federazioni riconosciute), in Europa invece è
professionista colui che svolge l’attività sportiva come lavoro retribuito.
Questa distinzione in Italia non è presa in considerazione poiché tutti gli atleti che svolgono attività
sportiva che non rientrano nelle 6 federazioni riconosciute, sono definiti dilettanti, che sia un
dipendente che corre per hobby o che sia un tennista campione mondiale (il dilettante non ha la
stessa tutela del professionista).
E’ stata istituita la figura del semi-professionista o professionista di fatto, categoria che
comprende i dilettanti che formalmente e giuridicamente non possono essere considerati
professionisti, ma di fatto si poiché svolgono un’attività come lavoro.
Affiliazione
I soggetti giuridici entrano a far parte del mondo dello sport attraverso l’affiliazione, richiesta alla
federazione ,che può approvare la richiesta, rispondere in maniera negativa o più avanti revocare
l’affiliazione se si presentano dei problemi come ad esempio nel caso in cui una società non
dovesse pagare la tassa annuale.
Rientra nelle materie di competenza del Consiglio Nazionale del C.O.N.I.
La procedura è improntata a un rigido formalismo:
- La domanda va presentata su appositi moduli predisposti dalle federazioni;
- Vanno allegati (pena nullità) i documenti dei regolamenti federali tra cui l’atto costitutivo o
lo statuto;
- L’indicazione di assenza di lucro;
- Una serie di indicazioni (generalità rappresentanti società, elenco componenti, elenco
soci).
Ha validità per un anno, quindi bisogna rifare domanda di affiliazione alla federazione. La richiesta
di affiliazione è soggetta ad una serie di limitazioni, ad esempio un numero minimo di tesserati
presso la società, la disponibilità di impianti sportivi, la denominazione che la società vuole
assumere (per evitare confusione escluso il caso in cui siano 2 discipline totalmente diverse), il
divieto di rifarsi a nomi di persona viventi o di partiti o movimenti politici.
Per quanto riguarda ricorsi o sospensioni per alcune federazioni le decisioni spettano alla Giunta
Nazionale del C.O.N.I. per altre (FIN) spetta al TNAS successivamente al Consiglio Federale (si
esprime entro 60 giorni della richiesta di riesame mandata entro 30 giorni dalla notifica della
mancata accettazione della società alla federazione).
Diritti dell’affiliato
- Partecipazione all’attività sportiva ufficiale;
- Diritto di organizzare manifestazioni sportive a carattere agonistico o amatoriale.
Doveri affiliato
- Conformarsi ai regolamenti del C.O.N.I. (solidarietà, educazione ai giovani);
- Mettere a disposizione delle rispettive federazioni sportive nazionali gli atleti per le
rappresentative nazionali italiane.
Tesseramento
Tutti i soggetti fisici grazie al tesseramento (atto negoziale) entrano nell’ambito sportivo.
Il tesseramento è richiesto alla federazione di riferimento, può essere:
- Diretto: direttamente tra atleta e federazione;
- Indiretto: fra l’atleta e la federazione c’è una società che fa da tramite.
La modalità del tesseramento non è decisa dall’atleta ma dalla federazione.
Il tesseramento ha validità annuale e attribuisce al soggetto uno status (insieme di diritti e doveri)
di atleta, allenatore, preparatore etc.
Tra i diritti troviamo:
- La possibilità di partecipare a eventi sportivi e ricavarne dei risultati;
- La tutela assicurativa e previdenziale (versamento di contributi);
- Diritto alla retribuzione.
Tra i doveri abbiamo:
- il rispetto delle norme (rispettare i regolamenti);
- il vincolo sportivo in vigore solo per i dilettanti, indica il divieto di tesserarsi a due
società della stessa disciplina;
- il vincolo di giustizia i tesserati risolvono le controversie sportive davanti ad un giudice
federale e non statale. Per controversia sportiva si intende quel caso in cui sono coinvolti
solo soggetti del mondo sportivo, se il tesserato non rispetta il vincolo di giustizia, infrange
un obbligo federale e costituisce un illecito disciplinare con conseguenti sanzioni. L’unico
modo per non commettere illeciti è quello di chiedere le autorizzazioni alla federazione
d’appartenenza.
Il tesseramento è ben specificato negli statuti federali, lo statuto del C.O.N.I. si limita solo a
qualche cenno. Il tesseramento non riguarda solo gli atleti, ma anche dirigenti, tecnici, e medici
sportivi.
Possiamo affermare che:
- Il tesseramento consiste in un atto necessario per l’esercizio della pratica sportiva, nelle
discipline riconosciute dal C.O.N.I. sia di carattere amatoriale che agonistico;
- Il tesseramento produce l’effetto dell’attribuzione all’atleta dello status di soggetto
dell’ordinamento sportivo.
Tesseramento minorile
Negli anni 80 alcune federazioni hanno fatto delle modifiche altre no, ognuna ha preso una propria
decisione in merito:
- Alcune fanno riferimento alla patria podestà;
- Alcune richiedono il consenso di un genitore;
- Alcune richiedono il consenso di entrambi i genitori;
- Alcune richiedono la figura dell’esercente la podestà genitoriale non specificando se si
riferiscono ad uno o ad entrambi i genitori;
- Alcuni richiedono la firma del minore e dell’esercente la patria podestà genitoriale.
Tesseramento minorile in ambito FIGC
Serve la firma dell’esercente la podestà genitoriale, lasciando intendere che basta la volontà di
uno soltanto dei due genitori.
Dal 1988 invece è necessaria la firma di entrambi i genitori oltre che quella del minore (atti di
straordinaria amministrazione poiché il tesseramento incide notevolmente sul patrimonio del
minore).
La Responsabilità
E’ una reazione dell’ordinamento giuridico di fronte ad un comportamento scorretto rilevante una
fonte civile, penale, sportiva (illecito disciplinare).
Quest’ultima (fonte sportiva) è meno grave delle altre due e per lo stato italiano non è rilevante, lo
è invece per il mondo sportivo, tanto che le regole della responsabilità civile e penale sono
differenti da quelle sportive.
La violenza in ambito sportivo è tollerata entro certi limiti, la soglia di violenza tollerata varia in
base ai tipi di sport.
In ambito sportivo si distinguono sport:
- non violenti: come l’atletica o il nuoto dove non è previsto contatto;
- sport violenti: come il pugilato dove è previsto il contatto e quindi la violenza rientra nei
regolamenti.
Altri sport come il calcio o il basket sono considerati a violenza eventuale, cioè la violenza non
rientra nei regolamenti, ma è frequente.
Le liberatorie (clausole di esonero da responsabilità) non sono valide per il nostro ordinamento
giuridico, infatti in una manifestazione sportiva se un partecipante subisce danni, il giudice non
tiene conto di nessuna liberatoria poiché la salute è un diritto costituzionalmente tutelato
dall’articolo 32.
La violenza consentita è quella funzionale allo sport da svolgere, a gioco fermo non è tollerato
alcun tipo di violenza.
Ma perché lo stato giustifica una certa soglia di violenza?
Lo sport non rientrando nelle scriminanti codificate dal legislatore è una scriminante atipica, cioè
in sé costituisce una causa di non punibilità della violenza poiché i benefici giustificano la violenza.
Ci sono state altre tesi, per alcuni la violenza sportiva era consentita se i partecipanti alla disciplina
ne davano il consenso (tesi criticata poiché si andava contro la tutela alla salute e contro l’articolo
5 del codice civile che vieta di disporre della propria salute quando questa è esposta a danni gravi
ed irreparabili).
Un’altra teoria si basava sulla scriminante dell’esercizio del diritto ad esempio un autista di un
pullman se si rifiuta di partire commette un reato di interruzione di un servizio pubblico, se questo
invece è in una giornata di sciopero (diritto) allora non è perseguibile penalmente (tesi criticata).
Per capire il limite della violenza consentita si parla di rischio consentito (categoria creata dai
giudici e che comprende quel margine di violenza necessario affinché si svolga la disciplina senza
pericolo di compiere un reato).
E’ bene tener conto di due parametri, la violenza è giustificata se:
- c’è un collegamento funzionale con la gara (azione di gioco);
- se è compatibile con la disciplina.
Nella disciplina stessa la violenza si calcola in base al tipo di competizione, di gara o di
allenamento.
Se il comportamento presenterà questi due parametri avrà solo conseguenze disciplinari non
penali o civili. Se invece il comportamento è violento ci potrebbero essere responsabilità civili o
penali.
Nei confronti degli atleti la responsabilità è dell’organizzatore se esso non ha garantito la sicurezza
necessaria alla tutela (caso Gianpà).
Ma l’organizzatore deve rispettare solo le regole federali? E se dimostra di averle rispettate è
comunque colpevole?
I giudici dicono che non basta dimostrare il rispetto delle norme federali, le federazioni dettano
delle regole minime, molto generali, che non possono essere sufficienti.
Ad esempio in una palestra omologata durante una partita di basket, uno dei giocatori andando a
sbattere su una porta vetro ha riportato diversi danni alla sua persona.
Il tribunale ha condannato l’organizzatore poiché doveva mettere in sicurezza l’impianto ad
esempio con vetri infrangibili.
Quindi è chiaro che non bisogna basarsi solo sulle norme federali.
Tra l’organizzatore e l’atleta c’è una responsabilità extracontrattuale.
Tutela sanitaria prima di ogni competizione è necessaria una visita medica per evitare che si
faccia male l’atleta o per vedere dopo un infortunio se è tutto regolare per evitare ricadute.
Responsabilità del medico Paga se effettua una diagnosi sbagliata. La normativa del 1982
impone ai soggetti di effettuare una visita di controllo per l’idoneità fisica rilasciata da un medico
accreditato che segue dei protocolli.
Questi protocolli però presentano delle lacune essendo di circa 30 anni fa, le nuove discipline
quindi fanno riferimento allo sport più simile, ad esempio li beach volley fa riferimento alla
pallavolo.
Secondo la normativa del 1983 per l’attività non agonistica basta presentare il certificato del
medico di base o del pediatra.
Il medico ha le competenze per valutare le condizioni di un atleta nel caso in cui quest’ultimo
mentisse sulle sue condizioni fisiche pur di partecipare ad una competizione (comportamento
reticenti o menzionieri) i giudici hanno ritenuto che il medico al di la di ciò che l’atleta afferma,
deve rendersi conto se ci sono dei problemi altrimenti incorre in responsabilità.
La norma 2236 afferma che nei casi di particolare gravità il medico risponde alla colpa:
- di dolo (se in accordo con l’atleta);
- colpa grave ( se negligente).
Il medico rispetta un codice etico (insieme di regole):
▪L’articolo 75 afferma che il medico deve valutare se un atleta può proseguire un’attività sportiva;
▪L’articolo 756 vieta la somministrazione di sostanze dopanti ( in questo caso la norma statale
interviene dando al medico una pena che può nei casi più gravi, la fine della professione).
Il principio principale è la tutela del paziente.
Responsabilità tecnici hanno il compito di regolare l’attività sportiva.
A seconda della disciplina cambiano i compiti, nel nuoto ad esempio un tecnico prende i tempi,
nella ginnastica esprime una votazione. L’arbitro garantisce la sicurezza del luogo e controlla che
gli attrezzi siano conformi a quelli regolamentari.
Doping
Si intende la somministrazione di sostanze dopanti.
Questo fenomeno si è sviluppato a partire dagli anni 60 nei paesi dell’Est per poi diffondersi in
tutta Europa a tutti i livelli: professionistico, dilettantistico e amatoriale.
La prima iniziativa contro il doping a livello europeo è stata la risoluzione del Comitato dei Ministri
del Consiglio d’Europa del 1966 con la quale si invitavano i governi degli stati membri a contrastare
questo fenomeno, seguì dieci anni dopo la Carta Europea dello sport per tutti.
Importante è stato il ruolo della Commissione Europea, che nella lotta al doping ha espresso tre
principi:
- Il diritto di tutti (sportivi e non) alla tutela della salute;
- Il principio d’integrità che deve garantire la regolarità della competizione sportiva;
- L’attenzione particolare alle persone più vulnerabili (bambini).
Il 16 novembre del 1989 si è giunti all’emanazione della Convenzione di Strasburgo contro il
doping, entrata in vigore con la ratifica di 4 stati membri (l’Italia ha ratificato il 29 novembre 1995
con la legge 522).
La convenzione elencava una lista di farmaci e metodi proibiti.
Si stabilì inoltre la figura dello sportivo in colui che partecipa assiduamente ad attività sportive (di
entrambi i sessi). Per coordinare le informazioni relative ai controlli da effettuare sugli sportivi è
stata istituita una banca dati (Adams) nella quale gli atleti inseriscono i propri dati personali, i
programmi di allenamento, la loro reperibilità cosi che le federazioni possono effettuare controlli a
sorpresa.
Il codice mondiale antidoping rappresenta il documento fondamentale su cui si basa il programma
mondiale della lotta al doping. Esso (il codice) detta i valori fondamentali a cui lo sport deve
tendere, e tutti insieme questi valori formano lo “spirito sportivo”.
I valori principali sono :
- Etica;
- Fair play;
- Onestà e salute;
- Divertimento;
- Lavoro di gruppo;
- Rispetto delle norme e delle leggi;
- Coraggio;
- Solidarietà.
La legge 376 del 2000 punisce l’uso di sostanze dopanti con una pena, in questo caso si vuole
tutelare sia l’individuo che l’intera società pubblica.
Avendo duplice valenza sono molte le regole da tenere presente per punire l’atleta.
Nel caso di illecito sportivo:
Le federazioni prevedono una responsabilità oggettiva dell’atleta, infatti in ambito sportivo è
sufficiente che l’atleta risulti positivo ai test antidoping (o che rifiuti di sottoporsi al test o che non
si presenti) per essere sanzionato. Il test antidoping si effettua mediante le analisi delle urine o, in
alcuni casi attraverso le analisi del sangue.
L’articolo 2 al comma 1 stabilisce che ciascun atleta ha l’obbligo di accertarsi di non usare sostante
dopanti.
Qual’ora ci siano problemi di salute, all’atleta è permesso prendere dei farmaci che non siano volti
a modificare la prestazione fisica. Per non incorrere in sanzioni l’atleta presenta un certificato del
medico curante con la conferma dell’uso di farmaci per validi motivi di salute.
Se dovessero esserci dei controlli e dai risultati si evidenziasse un elevata quantità di un farmaco
segnalato dal medico, l’atleta non rischia sanzioni, al contrario se ci sono dosi massicce di farmaci
non segnalati dal medico curante, si presenta per l’atleta l’ipotesi di un reato.
Ci sono stati dei fraintendimenti tra le federazioni nazionali e internazionali dato che alcuni
farmaci erano permessi dalle prime, vietati dalle seconde.
Per questo è stata creata la WADA (World Anti-Doping Agency) o AMA (Agenzia Mondiale
Antidoping) con sede dal 2001 a Montrèal ma istituita nel 1999 a Losanna, che ha creato una lista
di medicinali vietati, modificata e aggiornata ogni anno (tutto ciò è valido in ambito sportivo).
Nel caso di reato:
La situazione è diversa, infatti l’atleta è punito anche a titolo di dolo (se c’è l’intenzionalità) per
raggiungere un fine specifico, non deve per forza concretizzarsi il fatto, basta l’intenzionalità per
essere puniti.
Solo in Italia il doping è anche reato, nel resto dei paesi è solo un illecito disciplinare.
La legge 376 del 200 nell’articolo 1 definisce il doping come: “La somministrazione e l’assunzione
di farmaci o pratiche mediche (autoemotrasfusioni) di sostanze farmacologicamente attive non
giustificate da problemi patologici (certificati) ai fini di migliorare le prestazioni fisiche”.
Il legislatore ha anche specificato che è considerato doping l’assunzione e la somministrazione di
sostanze utilizzate per modificare i risultati dei test antidoping.
L’articolo 9 descrive il reato e le sanzioni adottate, salvo che non si tratti di un reato grave (reato di
omicidio, infatti queste leggi sono più leggere). Il reato è punito con la reclusione da 3 mesi a 3
anni più un importo in denaro che si aggira intorno ai 15 e i 100 milioni di lire.
Chiunque è punibile:
- chi consiglia;
- chi procura;
- chi somministra.
La pena è aggravata se il comportamento:
- è rivolto a minorenni;
- se c’è il coinvolgimento di un soggetto istituzionalmente ammesso alla lotta al doping
(dipendenti C.O.N.I.);
- se reca un danno irreversibile alla salute della persona (morte).
Il medico in tale circostanza viene cancellato dall’ordinamento (pena accessoria) e subisce
l’interdizione del proprio lavoro e con le condanne avviene anche la confisca del farmaco
utilizzato.
Anche in questo caso sono seguite delle liste simili alla AMA delle sostanze vietate (ad esempio il
testosterone).
Nel nostro ordinamento l’organo competente in questo caso è la Commissione per la vigilanza e il
controllo sul doping, organo introdotto nel 2000 a composizione mista, cioè composto da:
- rappresentanti dei ministri;
- rappresentanti del C.O.N.I. (atleti, allenatori);
- rappresentanti medici (dottori, psicologi).
La commissione propone l’elenco delle sostanze vietate che devono essere recepite con un
decreto da parte del Ministero della Salute. In più la commissione si occupa dei controlli
antidoping e predispone ed organizza campagne anti doping.
Altri organi competenti sono il Tribunale Nazionale Antidoping (giudica in primo grado o in
secondo grado dopo una sentenza degli organi federali)
L’ufficio di procura antidoping invece ha la funzione dell’accusa, cioè chiede la squalifica o il
deferimento di atleti colpevoli.
Infine c’è il Comitato per l’esenzione ai fini terapeutici (CET) cioè l’atleta informa il comitato dei
farmaci utilizzati per non incorrere in sanzioni.
Il Contratto generale
Il contratto è uno strumento giuridico, ed è quello più utilizzato tra i privati, poiché serve a
soddisfare gli interessi di natura patrimoniale relativi alla sfera economica.
I contratti possono essere bilaterali, tra due soggetti, o plurilaterali, tra più di due parti che danno
vita ad enti.
Il contratto è definito dal codice civile come figura generale, alcuni contratti trovano
regolamentazione nel contatto stesso, altri sono regolamentati da una legge specifica, la legge
numero 91 del 23 marzo del 1981.
Esiste una categoria di contratti, che non sono regolamentati ne dal codice civile ne dalla legge
specifica, questi sono definiti contratti atipici (i più utilizzati nel settore sportivo).
Con i contratti possiamo soddisfare interessi personali e patrimoniali.
Come già detto il contratto si realizza tra due parti,lo sportivo da una parte e la società dall’altra.
Quest’ultima assume l’obbligo di retribuire lo sportivo e, in cambio riceve la sua prestazione
sportiva [Principio della Corrispettività delle parti].
Invalidità Contrattuale
Un contratto può essere nullo quando manca un elemento essenziale o quando risulta dannoso
per lo statuto.
Annullabilità
Il contratto produce effetti, ma è viziato da una sanzione. Se c’è raggiro,violenza,minaccia il
soggetto può chiedere l’annullamento e può nei casi più estremi denunciare l’accaduto.
Risoluzione e Rescissione
Si verificano quando c’è uno squilibrio tra le parti.
▪ La rescissione si ha quando c’è uno squilibrio durante la fase di lavorazione del contratto.
▪La risoluzione avviene per uno squilibrio successivo al contratto, e può essere:
- Per adempimento una delle parti non esegue le prestazioni dovute, la parte
adempiente ha il modo di tutelarsi chiedendo la risoluzione (interruzione del contratto);
- Per eccessiva onerosità.
Nella sentenza di risoluzione il contratto non ha più effetti.
Le parti possono risolvere con:
- Clausola risolutiva espressa: si risolve la questione;
- Intimazione in adempiere; la parte adempiente mette per iscritto che gli è dovuta la
prestazione in un tempo prestabilito, superato il quale si risolverà la questione;
- Termine essenziale: si stabilisce solo il tempo entro la quale deve esserci il risarcimento
non altro;
- Impossibilità sopravvenuta della prestazione :si verifica solo per la prestazione dello
sportivo. L’impossibilità sopravvenuta si verifica quando per un evento, successivo alla
conclusione del contratto, che sia imprevisto o involontario, non permette allo sportivo di
effettuare la prestazione. La malattia o l’invalidità possono caratterizzare l’evento.
L’articolo 24 “malattie e infortuni”afferma che nonostante l’evento involontario lo sportivo
ha diritto alla retribuzione. Se questa malattia (o infortunio) supera i 9 mesi, si ha una
riduzione del 50% dello stipendio oppure si avrà la risoluzione del contratto, cioè si chiude
l’accordo contrattuale e lo sportivo è libero.
Rapporto Sport-Lavoro
Questo affiancamento in ambito giuridico non è stato ben riconosciuto.
Con la legge 91 del 1981 si è avuta una regolamentazione del fenomeno sportivo mentre nel
periodo antecedente (a questa legge) i problemi connessi alla conciliazione lavoro e sport erano
difficoltosi.
La legge 91 prevede che la prestazione dello sportivo sia subordinata al lavoro.
Con l’intervento legislativo lo sport si è trasformato in un vero lavoro.
La legge 91 introduce una disciplina speciale nel lavoro sportivo poiché tiene conto delle esigenze
sportive.
E’ vero che la federazione è estranea al rapporto lavoro-sport ma riesce ad avere incidenza su
tutto il rapporto contrattuale tanto da dare delle influenze sui contenuti.
Incide perché gli atleti sono tesserati alla società e la società è affiliata con la federazione e quindi
si assume la responsabilità e può controllare il contenuto del contratto stipulato dai contraenti e
può approvarlo.
L’approvazione viene data dopo che la federazione controlla il contenuto o la retribuzione.
I primi 6 articoli stabiliscono la subordinazione e la costituzione, il 7 è una disposizione, l’8 e il 9
prevedono la non applicabilità di alcuni articoli di leggi importanti (20 maggio 1970, legge 604 del
1966, legge 230 del 1962).
Articolo 17
Mobbing
Deriva dal verbo TO MOB (assalire, aggredire) e indica la condotta di colui che, tramite pratiche
vessatorie, caratterizzate da violenza morale, induce altri all’allontanamento dal posto di lavoro.
L’autore di questo fenomeno è chiamato MOBBER, la vittima MOBBIZZATO.
E’ anche stato definito come un’azione, o una serie di azioni, che si ripetono per lungo tempo,
compiuta da uno o più mobber per danneggiare qualcuno per uno scopo ben preciso.
Tale scopo è l’annientamento sociale e professionale, il mobbizzato infatti arriva ad abbandonare il
posto di lavoro, con ricadute sia sul piano economico che sul piano della serenità affettiva tanto da
cadere in uno stato depressivo.
Ci sono 5 requisiti per dichiarare una condotta come mobbing
1. Il luogo in cui la condotta è attuata;
2. La strategia persecutoria, o meglio l’intenzionalità;
3. L’andamento in fasi successive;
4. La modalità vessatoria;
5. La frequenza e la durata.
Essendo un processo in continua evoluzione, prevede nel tempo un peggioramento che può
essere racchiuso in 4 fasi ( il terzo punto elencato prima);
- Conflitto latente il soggetto è coinvolto in piccoli contrasti quotidiani a lavoro;
- Conflitto mirato la situazione di contrasto è un vero e proprio conflitto non è più un
fatto occasionale;
- Conflitto pubblico la situazione conflittuale diviene di dominio pubblico (primi cedimenti
da parte del mobbizzato);
- Esclusione anticipata dal mondo del lavoro definitivo allontanamento dal posto di
lavoro.
Possiamo distinguere:
▪Mobbing verticale posto tra soggetti di cariche grado e qualifiche diverse;
- Mobbing verticale discendente attuato da un superiore gerarchico;
- Mobbing verticale ascendente attuato da dipendenti verso un’autorità superiore;
▪Mobbing orizzontale attuato tra colleghi di lavoro pariordinati;
▪Mobbing diretto il comportamento vessatorio è attuato direttamente nei confronti della
vittima;
▪Mobbing indiretto il comportamento vessatorio è attuato nei confronti di familiari o amici
della vittima;
▪Mobbing leggero il comportamento vessatorio si esprime mediante atti silenziosi e non palesi
difficilmente dimostrabili atti ad isolare la vittima;
▪Mobbing pesante il comportamento vessatorio è palese ed è espresso mediante atti di
violenza sia psicologica che fisica.
In Italia i casi sono stati quelli dei calciatori: Zanin, Iaquinta, Taddei, Cassano, Jimenez e Marchini.
Il contratto di Sponsorizzazione
“L’arte di far parlare di se, parlando di altro”
La sponsorizzazione consiste nell’attività di diffusione di un messaggio commerciale attraverso la
realizzazione di un evento o una serie di eventi organizzati dallo sponsee che veicola il messaggio
stesso, il quale è terzo rispetto all’impresa,sponsor, cui il messaggio è riferito.
Fondamento della sponsorizzazione è il diritto della persona celebre allo sfruttamento
commerciale della propria immagine (right of publicity).
La pubblicità mira alla sollecitazione del pubblico dei consumatori al fine dell’acquisto del
prodotto o dell’oggetto di propaganda;
La sponsorizzazione è direttamente finalizzata allo svolgimento di un’attività (o servizio) dal
godimento dei quali possa trarre apprezzamento il consumatore tanto da acquistare
indirettamente il prodotto;
La pubblicità come mezzo di comunicazione utilizza il mezzo televisivo (messaggio di breve
durata);
La sponsorizzazione si realizza mediante una comunicazione di lunga durata poiché l’oggetto
principale non è il prodotto, ma l’evento.
La pubblicità c’è la possibilità di programmazione certa dei tempi, dei contenuti e dei risultati,
tutto dipende dalla frequenza e dall’intensità della diffusione del messaggio;
La sponsorizzazione ci sono altri fattori che possono incidere sul guadagno, come il successo
della squadra, audance che la squadra ottiene, la simpatia del pubblico verso un’atleta;
La pubblicità colpisce indistintamente tutte le categorie dei consumatori;
La sponsorizzazione colpisce solo coloro che risultano interessati;
La pubblicità sul piano economico ha costi certi e rendimenti costanti;
La sponsorizzazione ha costi incerti e incostanti.
Spesso la sponsorizzazione è l’unica alternativa di propaganda efficace la dove, un’impresa abbia
già largamente investito nella pubblicità(saturazione del pubblico).
Tipologie di sponsorizzazione
▪ Sponsorizzazioni culturale o artistiche: non molto diffuse in Italia al contrario, molto sviluppate
negli Stati Uniti.
▪Sponsorizzazione sportiva: in Italia la prima sponsorizzazione sportiva si ebbe nel 1947 tra la
squadra di pallacanestro Olimpia Borletti di Milano trasformata in Simmenthal Milano. Si presenta
la particolarità che la veicolazione del segno distintivo dello sponsor si vede, nella stampigliatura di
esso nei materiali sportivi usati dallo sponsor, anche mediante l’accostamento del nome dello
sponsor a quello dello sponsee cosi da consentire una maggior diffusione del messaggio
promozionale.
In più lo sponsor non si limita a dare un corrispettivo in denaro, bensì principalmente in mezzi e in
attrezzature come maglie o scarpe.
La sponsorizzazione rientra nella categoria dei contratti atipici, poiché non è disciplinata dal
legislatore, ma la sua regolamentazione discende dall’autonomia dei privati. Lo scopo consiste
nella diffusione a scopi pubblicitari da parte dello sponsee del marchio dello sponsor dietro
corrispettivo. Possiamo quindi definirlo un contratto a titolo oneroso.
Il mancato raggiungimento del ritorno pubblicitario in favore dello sponsor a cause del basso
rendimento sportivo dello sponsee, non costituisce inadempimenti del contratto poiché il
finanziamento a carico dello sponsor è dato dalla consapevolezza che il ritorno pubblicitario possa
non realizzarsi.
Serie di clausole
- Clausola penale in caso di inadempimento, la parte inadempiente è obbligata a versare la
somma di denaro stabilita a prescindere dal danno patito dall’altra parte;
- Clausola di esclusiva limita entrambi le parti a concludere contratti di sponsorizzazione
con terzi, per la durata del contratto che le lega;
- Clausola compromissoria attuazione mediante le quali le parti devolvono al giudizio di un
privato (arbitro) la risoluzione delle controversie che dovessero tra loro insorgere.
Licensing e Merchandising
Contratti di merchandising
Le parti sono denominate concedente (merchandisor) e licenziatario (merchandisee). E’ un
contratto atipico, poiché la disciplina non ha fonte nella legge ma nel potere di autonomia dei
privati.
La causa consiste nel trasferimento del diritto d’uso del segno di cui fa parte la committente
(concedente) è titolare, in favore del licenziatario, così che questi l’apponga ai propri prodotti al
fine dell’incremento delle vendite. E’ un contratto a titolo oneroso e a prestazione corrispettive.
Il corrispettivo a carico del licenziatario consiste nel versamento di una somma pari ad una data
percentuale del fatturato realizzato dallo stesso (licenziatario) tramite la vendita dei prodotti con il
segno del merchandisor.
Talvolta viene stabilito un corrispettivo in misura fissa (importo minimo garantito)
indipendentemente dal fatturato prodotto dal licenziatario. Il contratto deve specificare per quali
prodotti è concesso l’uso del segno, è va specificato se è compito del licenziatario la distribuzione
e la vendita, o se lui deve comandare qualcuno. Deve essere scritto nel contratto anche
l’indicazione dell’area geografica entro la quale ha libero esercizio il licenziatario. Le parti possono
prendere un diritto di esclusiva cioè il licenziatario è l’unico a porre il segno su una serie di
prodotti.
Il merchandising è un contratto di durata, il termine però è a lunga scadenza (mole di
investimenti).
Alla fine del contratto al licenziatario è permessa la vendita dei prodotti con il segno rimasti in
magazzino, o talvolta a costi bassi il merchandisoor acquista gli avanzi per tutelare il proprio
segno. Nel contratto è specificato anche una serie di obblighi nei confronti del licenziatario, per
garantire i prodotti (materiali, colori abbinati, luoghi e modalità di vendita).
E’ prassi anche inserire nel contratto una clausola risolutiva per le ipotesi di gravi inadempienze da
parte del licenziatario (contraffazione).
Non ci sono obblighi per quanto riguarda la forma anche se è consigliabile quella scritta per
permettere una prova del contratto.
Marchio
Segno rappresentato graficamente, parole, immagini, colori utili a distinguere i prodotti di un
impresa da quelli degli altri.
▪Marchio Notorio è nella mente dei consumatori, inscindibilmente correlato al prodotto al quale
è apposto.
▪Marchio Celebre è correlato ad un’idea di qualità (poiché con pari successo in settori
merceologici diversi) a funzione ornamentale.
▪Marchio Registrato una volta presentata la domanda di registrazione (codice delle proprietà
industriali del 2005) l’uso di un marchio uguale o simile da parte di terzi è considerato illecito, non
solo entro i confini del settore merceologico, ma anche nei settori diversi.
Infatti la direttiva CEE del 21 dicembre 1988 (Art. 5 numero 2) riconosce al titolare del marchio
registrato il diritto di vietare a terzi, salvo proprio consenso, di usare il commercio un segno
identico o simile al marchio d’impresa dei prodotti che non sono simili a quelli per cui è stato
registrato, se l’uso immotivato del segno consente di trarre indebitamente vantaggio.
Così facendo il legislatore europeo ha aperto le porte alla prassi del merchandising.
La riforma su marchi stabilisce, che il marchio possa essere trasferito o concesso in licenza per la
totalità o una parte dei prodotti per i quali è stato registrato, a condizione che dal trasferimento, o
dalla licenza, non derivi inganno.
▪Marchio Forte quello il cui potere deriva dalla creazione immaginaria del contenuto o da parole
del linguaggio comune allorché esse assumono particolare originalità. Gode di una tutela più
ampia che copre anche le variazioni o modificazioni di esso.
▪Marchio Debole consiste nella modifica di un nome comune, gode di minore tutela poiché
copre solo il nome del marchio stesso
Esso può diventare forte se:
-Ha una durata adeguata all’uso;
-Ha una data estensione geografica dell’uso stesso;
-Ha una determinata intensità dell’uso e dei mezzi pubblicitari da essere riconosciuto dai
consumatori.
Giustizia Sportiva
L’ordinamento sportivo è autonomo, ma deve rispettare i principi costituzionali dell’ordinamento
statale.
Gli articoli 24 e 113 della costituzione attribuiscono a ciascun cittadino il diritto di rivolgersi al
giudice statale per la risoluzione delle controversie.
Le federazioni hanno il potere di far rispettare regole per due motivi, esigenze di tempestività e di
specificità. Il principale sistema di giustizia sportiva è quello federale, poiché il C.O.N.I. detta
principi generali a tutte le federazioni (cosi che tutte le federazioni hanno alla base dei principi
comuni).
Il C.O.N.I. ha stabilito che per ogni federazione:
- Devono esserci 2 gradi di giudizio;
- Il giudice deve essere imparziale;
- Deve essere assicurata la difesa del soggetto in ogni grado;
- Le decisioni devono essere sempre motivate.
Collegi arbitrali
Competenti per contratti di lavoro, quindi controversie economiche ci sono 2 organi con sede a
Roma:
▪T.N.A.S. (Tribunale Nazionale Arbitrale Sport) istituito nel 2005, composto da 50 membri per un
mandato di 8 anni, scelti tra magistrati, professori universitari e avvocati.
La loro funzione è la risoluzione di controversie tra federazione e affiliati tesserati.
E’ competente se:
- La federazione ha nel proprio statuto la possibilità di rivolgersi al T.N.A.S.;
- Si tratta di diritti disponibili( patrimoniali/economici);
- Se ci sono percorsi tutti i gradi della giustizia federale.
Non è competente se:
- Ci sono casi di doping;
- Non può giudicare procedimenti che si sono conclusi con una condanna inferiore a 120
giorni o minori di 10.000 euro di multa.
▪Alta corte di giustizia:(ultimo grado di giustizia) c’è discrezionalità, può decidere le controversie
che ritiene meritevoli di valore, ha anche funzione consultativa (formula pareri se richiesti) su
richiesta del C.O.N.I.
E’ composta da 5 giuristi di fama, nominati dal Consiglio Nazionale del C.O.N.I. sotto candidatura
della giunta nazionale del C.O.N.I.
Il mandato dura 6 anni (rinnovabile per una sola volta).