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TRATTAMENTO DIETETICO
DELLA SINDROME METABOLICA
G. RICCARDI, G. CLEMENTE*, R. GIACCO*
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università “Federico II”, Napoli
*Istituto di Scienze dell’Alimentazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Avellino
Introduzione
La sindrome metabolica è una patologia che com- Non è necessario il raggiungimento del peso ideale
prende un insieme di alterazioni metaboliche e fatto- per migliorare il profilo metabolico, nella maggior
ri di rischio cardiovascolare che si riscontrano in indi- parte dei casi è sufficiente una riduzione del 5-10%
vidui con una ridotta insulino-sensibilità. Questi indi- del peso corporeo per indurre effetti clinici rilevanti
vidui presentano una o più delle seguenti caratteristi- (1). Molti studi dimostrano che il miglioramento del-
che: elevati livelli di insulina plasmatica, di pressione l’insulino-sensibilità ottenuto con una riduzione del
arteriosa e di trigliceridi plasmatici; bassi livelli di cole- peso corporeo è compreso tra il 30 e il 60%, quindi di
sterolemia HDL, ridotta tolleranza al glucosio o dia- entità sicuramente maggiore di quello ottenibile con
bete. Il trattamento della sindrome metabolica deve un approccio farmacologico. Gli effetti positivi conse-
quindi essere mirato 1) a migliorare l’insulino-sensibi- guenti alla riduzione del peso corporeo, normalmen-
lità e 2) a correggere/prevenire le alterazioni metabo- te continuano fino a quando si mantiene la riduzione
liche e cardiovascolari associate. del sovrappeso. Programmi di intervento per la ridu-
Solitamente ogni approccio terapeutico volto a zione del sovrappeso hanno ottenuto risultati lusin-
migliorare l’insulino-sensibilità produce benefici ghieri fino a due anni dall’inizio, ma questi studi sono
effetti su tutte le alterazioni metaboliche e cardiova- ancora in corso e follow-up a intervalli di tempo più
scolari che sono correlate con l’insulino-resistenza. lunghi saranno disponibili nei prossimi anni.
Tuttavia, alcuni fattori dietetici che non hanno
influenza sulla insulino-sensibilità, sono talora in
grado di modificare una o più caratteristiche della sin- Composizione della dieta
drome metabolica. Quindi una dieta per il trattamen- e insulino-sensibilità
to di individui affetti da tale patologia dovrà avere
caratteristiche che ne consentano l’utilizzo nella L’insulino-sensibilità può essere influenzata non solo
maggior parte dei casi, ma anche proprietà specifiche dall’introito energetico totale, ma anche dalla com-
che tengano conto delle alterazioni presenti nei sin- posizione della dieta. A questo riguardo, di grande
goli pazienti. interesse sono gli effetti specifici della qualità dei
La maggior parte dei soggetti affetti da sindrome grassi della dieta, come è chiaramente evidenziato da
metabolica è in sovrappeso; per cui il primo obiettivo studi su animali nei quali una dieta ricca in grassi satu-
del trattamento dietetico deve essere quello di ridur- ri è in grado di indurre insulino-resistenza. Nell’uomo
re il peso corporeo. La riduzione del peso corporeo è una dimostrazione indiretta di tale effetto, è data dal
infatti di per sé capace di migliorare l’insulino-sensi- riscontro in diversi studi epidemiologici di una asso-
bilità e, quindi, di esercitare effetti benefici su tutte le ciazione tra elevata assunzione di grassi saturi e ridot-
alterazioni che caratterizzano la sindrome metaboli- ta azione dell’insulina. Tuttavia, studi di intervento
ca. Poiché l’obesità di tipo viscerale è quella più peri- volti a valutare gli effetti sulla sensibilità insulinica
colosa, sarebbe di grande interesse conoscere i fatto- indotti da cambiamenti della qualità dei grassi della
ri nutrizionali in grado di influenzare la distribuzione dieta non hanno fornito risultati conclusivi, forse per
del grasso corporeo, tuttavia questa problematica la loro breve durata o perché condotti su campioni di
non è ancora completamente chiarita. popolazione troppo piccoli (2).
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Controversa è anche la relazione tra introito globale dieta ricca in carboidrati incrementava i loro livelli gli-
di grassi e insulino-sensibilità. Molti studi epidemio- cemici, peggiorando quindi la loro insulino-sensibili-
logici, sia trasversali che prospettici, dimostrano che tà (6). Il passaggio a una dieta ricca in grassi e ridotta
l’introito di grassi correla positivamente con i livelli in carboidrati, riduceva la glicemia e induceva qual-
plasmatici di insulina e negativamente con l’insuli- che miglioramento della sensibilità insulinica.
no-sensibilità. Queste correlazioni sono in gran Questa complessa problematica inerente gli effetti
parte mediate dal peso corporeo, il che può spie- dei grassi della dieta sull’insulino-sensibilità, ha rice-
gare perché, in questi studi, grassi saturi e insaturi vuto un importante impulso da un recente studio di
(che hanno identico contenuto energetico) mostra- intervento multicentrico condotto su una casistica
no una relazione simile con l’insulino-sensibilità. molto ampia al quale anche il nostro centro ha parte-
Infatti la correlazione tra introito globale di grassi e cipato. I risultati non sono ancora pubblicati, ma i dati
sensibilità insulinica tende a scomparire se si tiene in più importanti sono stati presentati a un incontro
conto l’effetto dei grassi della dieta sul peso cor- internazionale sul diabete. In breve, 162 individui
poreo (2). sani ricevevano o una dieta ricca in grassi saturi o una
Uno studio con un disegno più adatto a valutare l’ef- dieta ricca in grassi monoinsaturi per un periodo di
fetto dell’introito totale di grasso sull’insulino-sensibi- tre mesi. Prima e dopo l’intervento i partecipanti ese-
lità indipendentemente da tutti i possibili fattori con- guivano esami ematochimici e strumentali, compila-
fondenti è uno studio di intervento. Sfortunatamente vano un diario alimentare e venivano sottoposti a una
solo pochi studi di questo tipo sono presenti in lette- curva da carico endovena di glucosio con prelievi fre-
ratura. In ogni caso essi sono concordi nel dimostrare quenti (minimal model) per valutare la sensibilità
che se l’apporto globale di grasso nella dieta aumen- insulinica. I risultati dimostravano che la dieta ricca in
ta dal 20 al 40% non si osservano importanti effetti grassi monoinsaturi migliorava significativamente
sull’insulino-sensibilità (tab. I) (3-6). Solo variazioni l’insulino-sensibilità rispetto alla dieta ricca in grassi
più marcate, e quindi non fisiologiche, come nello saturi, tuttavia l’effetto benefico dei grassi monoinsa-
studio di Chen, dove l’introito di grasso variava dallo turi scompariva quando la quota totale di grassi era
0% al 55%, sarebbero in grado di modificare l’insuli- superiore al 38% dell’energia totale (8). In sintesi
no-sensibilità (7). In uno studio condotto dal nostro questo studio dimostra che la qualità dei grassi della
gruppo un aumento dell’introito di grassi (monoinsa- dieta è importante, in relazione alla sensibilità insuli-
turi) controbilanciato da un ridotto consumo di ali- nica, purché la quota globale dei grassi non sia trop-
menti ricchi in CHO, migliorava leggermente l’insuli- po elevata. Infatti, mentre per un consumo di grassi
no-sensibilità. Questo effetto era probabilmente contenuto (<38% dell’energia) la sostituzione dei
mediato da una riduzione della glucotossicità; infatti grassi monoinsaturi con quelli saturi induce un
i partecipanti al nostro studio erano diabetici e la miglioramento della insulino-sensibilità, per un con-
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particolare una eccessiva assunzione di alcol (mag- drati a elevato indice glicemico. Poiché una eccessi-
giore di 30 g/die), può incrementare sia i trigliceridi va assunzione di ognuno di questi nutrienti ha effet-
plasmatici sia i livelli di pressione arteriosa (10); anche ti metabolici negativi, deve essere indicato molto
un apporto generoso di cloruro di sodio provoca bene qual è il limite massimo per il loro consumo
aumenti della pressione arteriosa. Al contrario, gli pur consentendo una certa flessibilità. Questi limiti
acidi grassi omega-3 presenti nel pesce e in alcuni non devono superare il 25% dell’energia totale per
vegetali a foglia larga, possono ridurre i livelli dei tri- gli alimenti amidacei a elevato indice glicemico e il
gliceridi plasmatici, mentre i loro effetti sulla pressio- 20% per i grassi monoinsaturi (più i grassi polinsa-
ne arteriosa sono più controversi. Un importante con- turi che generalmente si raccomanda non superino
tributo alla riduzione della pressione arteriosa è dato il 10% dell’energia). Di conseguenza l’introito tota-
dal potassio presente nei legumi, nella frutta e nei le di grassi deve essere compreso tra il 30 e il 40%,
vegetali, e dalla riduzione dell’introito di grassi saturi mentre quello totale di carboidrati deve essere com-
(24). Gli individui affetti da sindrome metabolica preso tra il 45 e il 55% (fig. 2).
sono particolarmente predisposti alle patologie car- Variazioni dei carboidrati e dei grassi comprese negli
diovascolari e pertanto la “dieta ottimale” per questi intervalli sopracitati sono consentite non solo per
soggetti deve essere necessariamente mirata alla tener conto della dieta abituale del singolo paziente,
riduzione del colesterolo plasmatico, e in particolare ma anche per tener conto delle specifiche anomalie
delle lipoproteine a bassa densità (LDL). In quest’otti- metaboliche e cardiovascolari di ciascun individuo.
ca, un importante ruolo è svolto dalla riduzione dei Questo significa che è possibile variare l’apporto di
grassi saturi, che aumentano i livelli di LDL-colestero- carboidrati o di grassi in relazione all’obiettivo princi-
lo e peggiorano, come si è detto, l’insulino-sensibili- pale da perseguire, ad esempio ridurre il peso corpo-
tà. Inoltre, bisogna ridurre anche l’introito di coleste- reo (in presenza di sovrappeso) o limitare il potenzia-
rolo, poiché influenza non solo il colesterolo LDL, ma le iperglicemizzante della dieta (in presenza di iper-
più in generale il rischio cardiovascolare (24). glicemia o ipertrigliceridemia). Ovviamente in pre-
senza di sovrappeso la riduzione di grassi totali dalla
dieta potrebbe non essere sufficiente e in tal caso
bisognerà diminuire anche il consumo di altri alimen-
La composizione della dieta ottimale ti ad alta densità energetica (inclusi i dolci e le bibite
per la sindrome metabolica analcoliche e zuccherate).
Basandosi su quanto esposto sin qui, non è difficile
disegnare una dieta per la sindrome metabolica. Essa
dovrà avere due requisiti principali:
1) basso contenuto di grassi saturi;
2) elevato apporto di vegetali, frutta, legumi e ali-
menti contenenti amido, ma con basso indice gli-
cemico.
A questi vanno aggiunti due importanti suggerimen-
ti, limitare l’apporto di sale e ridurre il consumo di
alcol.
Per quanto riguarda gli altri componenti della dieta,
vanno considerate sia le abitudini alimentari del
paziente sia gli obiettivi specifici della terapia dieteti-
ca che ci proponiamo di raggiungere; questo con-
sentirà una maggiore flessibilità della dieta e quindi
faciliterà l’adesione alla terapia rendendola più effica- Alcol <30 g/die NaCl <4 g/die
ce (25). Per quanto riguarda le proporzioni degli altri
nutrienti, queste devono essere decise sulla base delle Fig. 2. “Dieta ottimale” per la sindrome metabolica. È consentita
evidenze sperimentali e dell’esperienza clinica. una certa flessibilità del contenuto totale dei grassi e dei carboidra-
L’introito proteico dovrebbe essere simile a quello ti della dieta, per esempio è possibile scambiare circa il 10% dell’e-
della popolazione generale dando la preferenza alle nergia tra acidi grassi monoinsaturi e alimenti ricchi in carboidrati
ad alto indice glicemico, a condizione che i grassi saturi della dieta
fonti proteiche di tipo vegetale e al pesce (26, 27). siano ridotti e che la maggior parte degli alimenti ricchi in carboi-
Circa il 45% dell’introito energetico dovrà essere drati abbiano un elevato contenuto di fibre o un basso indice gli-
distribuito tra grassi mono- e polinsaturi e carboi- cemico.
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