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GIDM 20, 3-9, 2000

Editoriale

TRATTAMENTO DIETETICO
DELLA SINDROME METABOLICA
G. RICCARDI, G. CLEMENTE*, R. GIACCO*
Dipartimento di Medicina Clinica e Sperimentale dell’Università “Federico II”, Napoli
*Istituto di Scienze dell’Alimentazione del Consiglio Nazionale delle Ricerche, Avellino

Introduzione
La sindrome metabolica è una patologia che com- Non è necessario il raggiungimento del peso ideale
prende un insieme di alterazioni metaboliche e fatto- per migliorare il profilo metabolico, nella maggior
ri di rischio cardiovascolare che si riscontrano in indi- parte dei casi è sufficiente una riduzione del 5-10%
vidui con una ridotta insulino-sensibilità. Questi indi- del peso corporeo per indurre effetti clinici rilevanti
vidui presentano una o più delle seguenti caratteristi- (1). Molti studi dimostrano che il miglioramento del-
che: elevati livelli di insulina plasmatica, di pressione l’insulino-sensibilità ottenuto con una riduzione del
arteriosa e di trigliceridi plasmatici; bassi livelli di cole- peso corporeo è compreso tra il 30 e il 60%, quindi di
sterolemia HDL, ridotta tolleranza al glucosio o dia- entità sicuramente maggiore di quello ottenibile con
bete. Il trattamento della sindrome metabolica deve un approccio farmacologico. Gli effetti positivi conse-
quindi essere mirato 1) a migliorare l’insulino-sensibi- guenti alla riduzione del peso corporeo, normalmen-
lità e 2) a correggere/prevenire le alterazioni metabo- te continuano fino a quando si mantiene la riduzione
liche e cardiovascolari associate. del sovrappeso. Programmi di intervento per la ridu-
Solitamente ogni approccio terapeutico volto a zione del sovrappeso hanno ottenuto risultati lusin-
migliorare l’insulino-sensibilità produce benefici ghieri fino a due anni dall’inizio, ma questi studi sono
effetti su tutte le alterazioni metaboliche e cardiova- ancora in corso e follow-up a intervalli di tempo più
scolari che sono correlate con l’insulino-resistenza. lunghi saranno disponibili nei prossimi anni.
Tuttavia, alcuni fattori dietetici che non hanno
influenza sulla insulino-sensibilità, sono talora in
grado di modificare una o più caratteristiche della sin- Composizione della dieta
drome metabolica. Quindi una dieta per il trattamen- e insulino-sensibilità
to di individui affetti da tale patologia dovrà avere
caratteristiche che ne consentano l’utilizzo nella L’insulino-sensibilità può essere influenzata non solo
maggior parte dei casi, ma anche proprietà specifiche dall’introito energetico totale, ma anche dalla com-
che tengano conto delle alterazioni presenti nei sin- posizione della dieta. A questo riguardo, di grande
goli pazienti. interesse sono gli effetti specifici della qualità dei
La maggior parte dei soggetti affetti da sindrome grassi della dieta, come è chiaramente evidenziato da
metabolica è in sovrappeso; per cui il primo obiettivo studi su animali nei quali una dieta ricca in grassi satu-
del trattamento dietetico deve essere quello di ridur- ri è in grado di indurre insulino-resistenza. Nell’uomo
re il peso corporeo. La riduzione del peso corporeo è una dimostrazione indiretta di tale effetto, è data dal
infatti di per sé capace di migliorare l’insulino-sensi- riscontro in diversi studi epidemiologici di una asso-
bilità e, quindi, di esercitare effetti benefici su tutte le ciazione tra elevata assunzione di grassi saturi e ridot-
alterazioni che caratterizzano la sindrome metaboli- ta azione dell’insulina. Tuttavia, studi di intervento
ca. Poiché l’obesità di tipo viscerale è quella più peri- volti a valutare gli effetti sulla sensibilità insulinica
colosa, sarebbe di grande interesse conoscere i fatto- indotti da cambiamenti della qualità dei grassi della
ri nutrizionali in grado di influenzare la distribuzione dieta non hanno fornito risultati conclusivi, forse per
del grasso corporeo, tuttavia questa problematica la loro breve durata o perché condotti su campioni di
non è ancora completamente chiarita. popolazione troppo piccoli (2).

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Controversa è anche la relazione tra introito globale dieta ricca in carboidrati incrementava i loro livelli gli-
di grassi e insulino-sensibilità. Molti studi epidemio- cemici, peggiorando quindi la loro insulino-sensibili-
logici, sia trasversali che prospettici, dimostrano che tà (6). Il passaggio a una dieta ricca in grassi e ridotta
l’introito di grassi correla positivamente con i livelli in carboidrati, riduceva la glicemia e induceva qual-
plasmatici di insulina e negativamente con l’insuli- che miglioramento della sensibilità insulinica.
no-sensibilità. Queste correlazioni sono in gran Questa complessa problematica inerente gli effetti
parte mediate dal peso corporeo, il che può spie- dei grassi della dieta sull’insulino-sensibilità, ha rice-
gare perché, in questi studi, grassi saturi e insaturi vuto un importante impulso da un recente studio di
(che hanno identico contenuto energetico) mostra- intervento multicentrico condotto su una casistica
no una relazione simile con l’insulino-sensibilità. molto ampia al quale anche il nostro centro ha parte-
Infatti la correlazione tra introito globale di grassi e cipato. I risultati non sono ancora pubblicati, ma i dati
sensibilità insulinica tende a scomparire se si tiene in più importanti sono stati presentati a un incontro
conto l’effetto dei grassi della dieta sul peso cor- internazionale sul diabete. In breve, 162 individui
poreo (2). sani ricevevano o una dieta ricca in grassi saturi o una
Uno studio con un disegno più adatto a valutare l’ef- dieta ricca in grassi monoinsaturi per un periodo di
fetto dell’introito totale di grasso sull’insulino-sensibi- tre mesi. Prima e dopo l’intervento i partecipanti ese-
lità indipendentemente da tutti i possibili fattori con- guivano esami ematochimici e strumentali, compila-
fondenti è uno studio di intervento. Sfortunatamente vano un diario alimentare e venivano sottoposti a una
solo pochi studi di questo tipo sono presenti in lette- curva da carico endovena di glucosio con prelievi fre-
ratura. In ogni caso essi sono concordi nel dimostrare quenti (minimal model) per valutare la sensibilità
che se l’apporto globale di grasso nella dieta aumen- insulinica. I risultati dimostravano che la dieta ricca in
ta dal 20 al 40% non si osservano importanti effetti grassi monoinsaturi migliorava significativamente
sull’insulino-sensibilità (tab. I) (3-6). Solo variazioni l’insulino-sensibilità rispetto alla dieta ricca in grassi
più marcate, e quindi non fisiologiche, come nello saturi, tuttavia l’effetto benefico dei grassi monoinsa-
studio di Chen, dove l’introito di grasso variava dallo turi scompariva quando la quota totale di grassi era
0% al 55%, sarebbero in grado di modificare l’insuli- superiore al 38% dell’energia totale (8). In sintesi
no-sensibilità (7). In uno studio condotto dal nostro questo studio dimostra che la qualità dei grassi della
gruppo un aumento dell’introito di grassi (monoinsa- dieta è importante, in relazione alla sensibilità insuli-
turi) controbilanciato da un ridotto consumo di ali- nica, purché la quota globale dei grassi non sia trop-
menti ricchi in CHO, migliorava leggermente l’insuli- po elevata. Infatti, mentre per un consumo di grassi
no-sensibilità. Questo effetto era probabilmente contenuto (<38% dell’energia) la sostituzione dei
mediato da una riduzione della glucotossicità; infatti grassi monoinsaturi con quelli saturi induce un
i partecipanti al nostro studio erano diabetici e la miglioramento della insulino-sensibilità, per un con-

TAB. I. Effetti della composizione della dieta sull’insulino-sensibilità:


dieta ricca in grassi vs dieta povera in grassi

Autori Contenuto in grassi Partecipanti Durata Metodi Effetto

Chen 1988 55 vs 0% Sani 4 gg FSIGT ↓

Borkman 1991 37 vs 22% Sani 21 gg clamp =

Parillo 1992 40 vs 20% DM tipo 2 14 gg clamp ↑

Garg 1992 50 vs 25% DM tipo 2 21 gg clamp =

Hughes 1995 30 vs 20% RTG 84 gg clamp =

FSIGT: frequent sampling intravenous glucose tolerance test (minimal model);


RTG: ridotta tolleranza al glucosio; DM: diabete mellito

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sumo di grassi più elevato la qualità dei grassi non ha


un importante significato giacché sia i grassi saturi TAB. II. Influenza della dieta sulla
che quelli monoinsaturi sembrano avere effetti dele- insulino-sensibilità
teri su questo parametro.
Insulino-sensibilità
Ci sono alcuni componenti della dieta oltre ai grassi
per i quali è stata dimostrata una qualche capacità di • Grassi totali ↓ (soglia?)
influenzare l’insulino-sensibilità (tab. II), ma per molti
di questi le evidenze disponibili non sono conclusive. • Grassi saturi ↓↓
Tra questi componenti dietetici va menzionato l’alcol,
per il quale ci sono alcune indicazioni per cui, se con- • Fibre e/o basso indice glicemico ↑↑
sumato in quantità moderata potrebbe essere van-
taggioso, mentre se assunto in quantità superiori ai • Alcol (moderato consumo) ↑
30 g/die diventa dannoso (9, 10). È stato poi sugge-
• NaCl ↓
rito che un elevato consumo di sale può peggiorare
l’insulino-sensibilità, ma i dati disponibili non sono
pienamente convincenti (11). Infine gli effetti di ali-
menti ricchi in fibre e/o a basso indice glicemico sul- smatica. Gli effetti di una dieta ricca in carboidrati
l’insulino-sensibilità sono particolarmente controver- saranno maggiori sui livelli di glucosio o su quelli di
si. Infatti, mentre ci sono forti evidenze sperimentali a insulina a seconda delle capacità secretive del pan-
sostegno degli effetti benefici sui livelli glicemici pla- creas endocrino: cioè con una pressoché adeguata
smatici di alimenti ricchi in fibre, i dati sulla influenza funzionalità secretiva delle beta-cellule gli effetti dele-
di questi alimenti sull’insulino-sensibilità sono meno teri di un eccessivo consumo di carboidrati si eviden-
chiari. In particolare, fino a ora nessuno studio di ziano soprattutto sulla insulinemia, mentre quando la
intervento adeguatamente disegnato e con un suffi- capacità secretiva beta cellulare è maggiormente
ciente numero di partecipanti è stato eseguito per compromessa questi effetti saranno evidenti soprat-
valutare questo aspetto. Pertanto, anche se può esse- tutto sulla glicemia (15, 16).
re ragionevole ipotizzare che gli alimenti ricchi in Il metabolismo glucidico è strettamente correlato a
fibre e/o quelli a basso indice glicemico possono eser- quello lipidico, e alcune alterazioni del metabolismo
citare un effetto benefico sull’insulino-sensibilità, glucidico indotte dalla dieta ricca in carboidrati pos-
questo non deve essere dato per scontato (12, 13). In sono anche incrementare i livelli plasmatici di triglice-
merito all’effetto delle vitamine sull’insulino-sensibili- ridi e ridurre le concentrazioni plasmatiche di HDL
tà, non ci sono evidenze concrete di un ruolo impor- colesterolo; questo è stato chiaramente evidenziato
tante svolto dalle vitamine antiossidanti C ed E (14). da una meta-analisi di tutti gli studi che hanno con-
frontato gli effetti della dieta ricca in carboidrati con
quella ricca in acidi grassi monoinsaturi (fig. 1) (17).
Effetti della composizione della dieta Anche la fibrinolisi è peggiorata da una dieta ricca in
sulle alterazioni metaboliche e i fattori di
rischio cardiovascolare che caratterizzano
la sindrome metabolica
Indipendentemente dal suo effetto sull’insulino-sen-
sibilità, la composizione della dieta può influenzare
tutti i fattori associati alla sindrome metabolica. In
questo contesto, tra i vari componenti della dieta
quelli più studiati sono i carboidrati. Poiché i carboi-
drati della dieta rappresentano i precursori più impor-
tanti della glicemia plasmatica, è ovvio che all’au-
mentare dei carboidrati della dieta aumenterà la gli- Tutti gli studi
cemia, in particolare nel periodo postprandiale. La
glicemia rappresenta un importante stimolo per il Fig. 1. Differenza media (95% CI) delle concentrazioni plasmati-
rilascio di insulina per cui una dieta ricca in carboi- che dei trigliceridi e HDL tra dieta ricca in acidi grassi monoinsatu-
drati porterà anche ad aumentati livelli di insulina pla- ri e dieta ricca in carboidrati. Modificata da Garg A, 1998 (17).

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carboidrati; infatti questo tipo di dieta si associa a un


incremento dei livelli plasmatici di PAI-1 (18). In breve, TAB. III. Effetti dei componenti della dieta
molti aspetti della sindrome metabolica sono peggio- sui fattori di rischio
rati dai carboidrati della dieta, e ciò è dovuto a una cardiovascolare associati con
brusca elevazione della glicemia da essi indotta nel la sindrome metabolica
periodo postprandiale. L’ipotesi più accreditata è che
Fattori di rischio Componenti della dieta con
quanto più questa modificazione è rapida, tanto
effetti benefici effetti deleteri
maggiori saranno gli effetti negativi che, pertanto,
potrebbero essere mitigati se si riuscisse a rallentare la
Glucosio/Insulina • Fibre • Alto indice
digestione e l’assorbimento dei carboidrati. Ciò ha
glicemico
suscitato un grande interesse sulle proprietà di alcuni
alimenti capaci di ritardare la digestione e ha indotto Trigliceridi /HDL • Fibre • Alto indice
a classificare gli alimenti ricchi in carboidrati non solo • Acidi grassi ω-3 glicemico
in base alla loro composizione chimica, ma anche • Alcol
rispetto ai loro effetti fisiologici in vivo. L’indice glice-
mico è il parametro maggiormente utilizzato per Pressione arteriosa • Sali di potassio • Cloruro di sodio
questa classificazione. Esso rappresenta la risposta gli- • Acidi grassi ω-3(?) • Alcol
cemica a un alimento espressa come percentuale • Grassi saturi
della risposta glicemica a un alimento di riferimento
(il pane). Sebbene tale indice sia stato criticato per la
sua approssimazione quantitativa, è l’unico in grado dato che, sebbene il contenuto in fibre di un alimen-
di differenziare gli alimenti ricchi in carboidrati in to contribuisca a ritardare la digestione dei carboi-
base a una maggiore o minore risposta glicemica. drati, esso non è tuttavia l’unico fattore nutrizionale
L’indice glicemico è in grado, come dimostrato da in grado di indurre questo effetto. Perciò, pur essen-
studi clinici, di influenzare la maggior parte delle alte- do vero che alimenti con un elevato contenuto in
razioni metaboliche e dei fattori di rischio cardiova- fibre sono spesso caratterizzati da un basso indice gli-
scolare che caratterizzano la sindrome metabolica cemico, non si può tuttavia non sottolineare che vi
(19, 20). In particolare è ora chiaro che gli effetti noci- sono per alcuni alimenti significative discrepanze tra
vi della dieta ricca in carboidrati sul metabolismo del contenuto in fibra e indice glicemico, come per
glucosio/insulina, trigliceridi/HDL e della fibrinolisi esempio avviene per la pasta e il riso parboiled che,
sono indotti solo dagli alimenti ad alto indice glice- pure non essendo particolarmente ricchi in fibre,
mico, ma non da quelli a basso indice glicemico o ric- hanno un basso indice glicemico (tab. IV).
chi in fibre (tab. III) (13, 21-23). Il vantaggio dell’in- Oltre ai carboidrati, gli altri costituenti alimentari in
dice glicemico è che esso consente di predire gli effet- grado di influenzare le alterazioni metaboliche e i fat-
ti fisiologici di un alimento meglio di qualsiasi altro tori di rischio cardiovascolare che caratterizzano la
parametro chimico o fisico. In merito a ciò, va ricor- sindrome metabolica sono elencati nella tabella III. In

TAB. IV. Classificazione degli alimenti ricchi in amido in relazione


ai loro effetti metabolici

Poveri in fibre Poveri in fibre Ricchi in fibre


Alto indice glicemico Basso indice glicemico Basso indice glicemico

Pane Pasta Legumi: fagioli, lenticchie, ceci, piselli, fave.


Pizza Pasta all’uovo Orzo
Fresella o pane biscottato Riso parboiled Pane di segale (a chicchi integri)
Polenta Gnocchi di patate
Patate
Semolino
Riso brillato
Riso soffiato
Crackers

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particolare una eccessiva assunzione di alcol (mag- drati a elevato indice glicemico. Poiché una eccessi-
giore di 30 g/die), può incrementare sia i trigliceridi va assunzione di ognuno di questi nutrienti ha effet-
plasmatici sia i livelli di pressione arteriosa (10); anche ti metabolici negativi, deve essere indicato molto
un apporto generoso di cloruro di sodio provoca bene qual è il limite massimo per il loro consumo
aumenti della pressione arteriosa. Al contrario, gli pur consentendo una certa flessibilità. Questi limiti
acidi grassi omega-3 presenti nel pesce e in alcuni non devono superare il 25% dell’energia totale per
vegetali a foglia larga, possono ridurre i livelli dei tri- gli alimenti amidacei a elevato indice glicemico e il
gliceridi plasmatici, mentre i loro effetti sulla pressio- 20% per i grassi monoinsaturi (più i grassi polinsa-
ne arteriosa sono più controversi. Un importante con- turi che generalmente si raccomanda non superino
tributo alla riduzione della pressione arteriosa è dato il 10% dell’energia). Di conseguenza l’introito tota-
dal potassio presente nei legumi, nella frutta e nei le di grassi deve essere compreso tra il 30 e il 40%,
vegetali, e dalla riduzione dell’introito di grassi saturi mentre quello totale di carboidrati deve essere com-
(24). Gli individui affetti da sindrome metabolica preso tra il 45 e il 55% (fig. 2).
sono particolarmente predisposti alle patologie car- Variazioni dei carboidrati e dei grassi comprese negli
diovascolari e pertanto la “dieta ottimale” per questi intervalli sopracitati sono consentite non solo per
soggetti deve essere necessariamente mirata alla tener conto della dieta abituale del singolo paziente,
riduzione del colesterolo plasmatico, e in particolare ma anche per tener conto delle specifiche anomalie
delle lipoproteine a bassa densità (LDL). In quest’otti- metaboliche e cardiovascolari di ciascun individuo.
ca, un importante ruolo è svolto dalla riduzione dei Questo significa che è possibile variare l’apporto di
grassi saturi, che aumentano i livelli di LDL-colestero- carboidrati o di grassi in relazione all’obiettivo princi-
lo e peggiorano, come si è detto, l’insulino-sensibili- pale da perseguire, ad esempio ridurre il peso corpo-
tà. Inoltre, bisogna ridurre anche l’introito di coleste- reo (in presenza di sovrappeso) o limitare il potenzia-
rolo, poiché influenza non solo il colesterolo LDL, ma le iperglicemizzante della dieta (in presenza di iper-
più in generale il rischio cardiovascolare (24). glicemia o ipertrigliceridemia). Ovviamente in pre-
senza di sovrappeso la riduzione di grassi totali dalla
dieta potrebbe non essere sufficiente e in tal caso
bisognerà diminuire anche il consumo di altri alimen-
La composizione della dieta ottimale ti ad alta densità energetica (inclusi i dolci e le bibite
per la sindrome metabolica analcoliche e zuccherate).
Basandosi su quanto esposto sin qui, non è difficile
disegnare una dieta per la sindrome metabolica. Essa
dovrà avere due requisiti principali:
1) basso contenuto di grassi saturi;
2) elevato apporto di vegetali, frutta, legumi e ali-
menti contenenti amido, ma con basso indice gli-
cemico.
A questi vanno aggiunti due importanti suggerimen-
ti, limitare l’apporto di sale e ridurre il consumo di
alcol.
Per quanto riguarda gli altri componenti della dieta,
vanno considerate sia le abitudini alimentari del
paziente sia gli obiettivi specifici della terapia dieteti-
ca che ci proponiamo di raggiungere; questo con-
sentirà una maggiore flessibilità della dieta e quindi
faciliterà l’adesione alla terapia rendendola più effica- Alcol <30 g/die NaCl <4 g/die
ce (25). Per quanto riguarda le proporzioni degli altri
nutrienti, queste devono essere decise sulla base delle Fig. 2. “Dieta ottimale” per la sindrome metabolica. È consentita
evidenze sperimentali e dell’esperienza clinica. una certa flessibilità del contenuto totale dei grassi e dei carboidra-
L’introito proteico dovrebbe essere simile a quello ti della dieta, per esempio è possibile scambiare circa il 10% dell’e-
della popolazione generale dando la preferenza alle nergia tra acidi grassi monoinsaturi e alimenti ricchi in carboidrati
ad alto indice glicemico, a condizione che i grassi saturi della dieta
fonti proteiche di tipo vegetale e al pesce (26, 27). siano ridotti e che la maggior parte degli alimenti ricchi in carboi-
Circa il 45% dell’introito energetico dovrà essere drati abbiano un elevato contenuto di fibre o un basso indice gli-
distribuito tra grassi mono- e polinsaturi e carboi- cemico.

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Conclusioni Studi di intervento specificamente disegnati, utiliz-


zando campioni adeguati di popolazione, dovrebbe-
In conclusione, mentre è ormai acquisito che la ridu- ro essere intrapresi per valutare i benefici clinici di un
zione ponderale è una importantissima misura tera- approccio nutrizionale appropriato per il trattamento
peutica per il trattamento della sindrome metabolica, della sindrome metabolica, da confrontare con gli
studi di intervento a lungo termine e di sufficiente approcci multifarmacologici attualmente utilizzati
dimensione sono necessari per stabilire in che misura dalla maggior parte dei medici. Sfortunatamente, per
variazioni nella composizione della dieta possano diverse ragioni, studi di intervento nutrizionale non
influenzare l’insulino-sensibilità nell’uomo. Sulla base sono facilmente finanziati né dalle industrie alimenta-
delle evidenze sperimentali attualmente disponibili, ri né dagli Organismi Istituzionali, e quindi possiamo
la dieta per il trattamento della sindrome metabolica aspettarci che, in assenza di chiare evidenze scientifi-
deve essere mirata primariamente a ridurre l’introito che, individui affetti da sindrome metabolica anche
di grassi saturi, per il loro riconosciuto effetto sfavore- in futuro saranno trattati con un approccio multifar-
vole sull’insulino-sensibilità, sulla pressione arteriosa, macologico in grado certamente di attenuare la sin-
e sui lipidi plasmatici. Gli alimenti ricchi in carboidra- tomatologia, ma assolutamente inadeguato a curare
ti con un elevato indice glicemico dovrebbero la malattia.
anch’essi essere limitati per il loro effetto negativo
sulle alterazioni metaboliche e sui fattori di rischio
cardiovascolare caratteristici della sindrome metabo- Bibliografia
lica. Alimenti ricchi in fibre/con basso indice glicemi-
co si dovrebbero usare preferenzialmente e senza 1. Weinstock RS, Dai H, Wadden T: Diet and exercise in the
specifiche limitazioni. Moderate quantità di acidi treatment of obesity. Effects of 3 interventions on insu-
lin resistance. Arch Intern Med 2477-2483, 1998
grassi monoinsaturi sono consentite poiché essi non
2. Storlien LH, Baur LA, Kriketas AD, Pan DA, Cosney GJ,
inducono effetti metabolici negativi se utilizzati in Jankins AB, Calvert GD, Campbell LV: Dietary fats and
modo equilibrato. Se la dieta presenta queste carat- insulin action. Diabetologia 39, 621-631, 1996
teristiche (insieme a una limitazione del consumo di 3. Borkman M, Campbell LV, Chisholm DJ, Storlien LH:
sale e di alcol), non è necessario ridurre drasticamen- Comparison of the effects on insulin sensitivity of high
te il suo contenuto globale di grassi, come racco- carbohydrate and high fat diets in normal subjects. J
mandato in passato per la prevenzione delle malattie Clin Endocrinol Metab 72, 432-437, 1991
cardiovascolari. È oggi chiaro che, entro certi limiti, è 4. Garg A, Grundy SM, Unger RH: Comparison of effects
la qualità piuttosto che la quantità dei grassi a creare of high and low carbohydrate diets on plasma lipopro-
problemi. Infatti una eccessiva riduzione di grassi teins and insulin sensitivity in patients with mild
della dieta potrebbe indurre a incrementare il consu- NIDDM. Diabetes 41, 1278-1285, 1992
mo di carboidrati e, tra questi, quelli con effetti meta- 5. Hughes VA, Fiatarone MA, Fielding RA, Ferrara CM,
Elahi D, Evans WJ: Long-term effects of a high-carbohy-
bolici negativi. Infatti gli alimenti a elevato indice gli-
drate diet and exercise on insulin action in older sub-
cemico hanno il più delle volte una palatabilità mag- jects with impaired glucose tolerance. Am J Clin Nutr
giore rispetto a quelli a basso indice glicemico/alto 62, 426-433, 1995
contenuto in fibre. 6. Parillo M, Rivellese A, Ciardullo AV, Capaldo B, Giacco
Tuttavia, sulla base delle considerazioni sin qui espo- A, Genovese S, Riccardi G: A high monounsaturated
ste, fissare un limite al consumo di grassi potrebbe fat/low carbohydrate diet improves periferal insulin
essere utile anche al fine di evitare diete eccessiva- sensitivity in non insulin dependent diabetic patients.
mente squilibrate. Questo limite, però, andrebbe fis- Metabolism 41, 1373-1378, 1992
sato intorno al 40% e non al 30% come oggi viene 7. Chen M, Bergman R, Porte D: Insulin resistance and
raccomandato da molte istituzioni, giacché finora beta-cell dysfunction in aging: the importance of die-
non sono stati dimostrati effetti negativi per diete tary carbohydrate. J Clin Endocrinol Metab 67, 951-
contenenti meno del 40% di energia sotto forma di 957, 1988
8. Vessby B for the Kanwu Study Group: Effect of dietary
grassi, purché a basso contenuto in grassi saturi.
fat on insulin sensitivity and insulin secretion. The
Inoltre, poiché da 1/3 a circa la metà della popolazio- Kanwu Study. Diabetologia 42 (suppl 1), A46, 1999
ne nei Paesi Occidentali consumano più del 40% del- 9. Facchini F, Chen Y-DI, Reaven GM: Light-to-moderate
l’energia sotto forma di grassi, l’obiettivo di non alcohol intake is associated with enhanced insulin sen-
superare tale limite è più fattibile rispetto a quello di sitivity. Diabetes Care 17, 115-119, 1994
una drastica riduzione dei grassi che potrebbe sco- 10. Kiechl S, Willeit J, Poewe W, Egger G, Oberhollenzer F,
raggiare sia pazienti che medici (28-30). Muggeo M, Bonora E: Insulin sensitivity and regular

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