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Aristotele
Le opere.
Con alcune osservazioni sulla terminologia
aristotelica
Renato Curreli
Filosofia e Storia
Liceo classico G. Siotto Pintor
Opere
Aristotele chiama le
opere pubblicate
da
2. Esichio di Mileto (V-VII sec. d.C), lo storico bizantino il cui catalogo sembra provenire dalla
stessa fonte di Diogene (Ermippo o Aristone), seppure per diverse vie, ed è utile per confronti e
integrazioni con quello proposto da Diogene medesimo.
3. Ibn Abī Uṣaybiʿa (1194-1270 d.C.) all’interno della sua Vita dei medici. Quest’ultima lista
deriverebbe da quella stilata da Andronico di Rodi nel I sec. a.C., ossia da colui che pubblicò il
Corpus delle opere aristoteliche secondo un ordine che poi si è tramandato nei secoli.
• Come ci è pervenuto il Corpus aristotelicum
Il catalogo di Ermippo, da cui dipende quello di Diogene Laerzio,
presenta dei titoli che non corrispondono a quelli comunemente
conosciuti; i titoli a noi familiari li ritroviamo invece nel catalogo di Ibn
Abī Uṣaybiʿa , che dipende da quello di Andronico di Rodi.
Questo si spiegherebbe col fatto che nel I sec. a.C. Andronico di Rodi
fece una grande edizione dei trattati aristotelici che era riuscito a
raccogliere e ad avere a disposizione.
Secondo lo studioso di Aristotele Olof Gigon (1912-1998) ci furono già in
precedenza delle edizioni delle opere non pubblicate di Aristotele: forse
la prima fu fatta dai suoi discepoli Teofrasto di Ereso (371-287 a.C.) ed
Eudemo di Rodi (IV sec. a.C.), mentre la seconda sarebbe stata fatta in
ambito ellenistico e corrisponderebbe all’elenco di Ermippo. Poi sarà il
turno dell’edizione iniziata da Tirannione il vecchio (I sec. a.C.) e
compiuta da Andronico di Rodi (I sec. a.C.) Questa edizione fu realizzata
con criteri diversi da quella precedente, cercando di mettere insieme i
trattati di Aristotele in raccolte più ampie e perciò meno numerose che
corrispondono a quelle che possediamo oggi.1
Sulla scorta della ricostruzione di Gigon, risulta difficile credere a tutti i
particolari della storia riferita da Strabone (I sec. a.C. - I sec. d.C.) che
racconta come i trattati di Aristotele furono riscoperti dopo un lungo
oblio e giunsero fino a Roma, dove inizialmente Tirannione e poi
Andronico ne curarono la "prima" edizione.
_________________
1
1 Cfr. O. Gigon, Aristoteles Einführungsschriften, Einleitung, DTV. , München 1961 -1982.
Strabone racconta che alla morte di Aristotele (322 a.C.) i suoi trattati
andarono al suo collaboratore, e successore alla guida del Liceo,
Teofrasto. Quando anche questi morì (287 a.C.), gli scritti passarono
nelle mani dello scolaro di Aristotele, e dello stesso Teofrasto, Neleo di
Scepsi (III sec. a.C.), figlio di Corisco, già allievo di Platone e signore di
Asso. Neleo portò i manoscritti di Aristotele da Atene a Scepsi, dove i
suoi eredi li avrebbero nascosti in una cantina per evitare che cadessero
nelle mani dei re Attalidi, impegnati a recuperare testi per la biblioteca
di Pergamo.1
In questa cantina i manoscritti di Aristotele sarebbero rimasti per due
secoli, fino al momento in cui Apellicone di Teo, un bibliofilo ateniese
________________________________________
1
1 Gli Attalidi erano la dinastia che creò il regno di Pergamo in Asia Minore, governandolo dal 230 al 133 a.C.
che era venuto a conoscenza dell’esistenza dei libri, non riuscì a
comprarli e a portarli poi ad Atene, dove ne fece fare varie copie.
Nell’86 a.C. Silla conquistò Atene, dove confiscò opere d’arte e di
cultura, tra cui la biblioteca del defunto Apellicone, che portò con sé a
Roma. Qui un grammatico, greco di nascita ma condotto a Roma come
prigioniero e successivamente liberato, Tirannione di Amiso (il cui vero
nome era Teofrasto), cominciò a curare l’edizione dei testi di Aristotele
che fu poi proseguita e portata a termine dal suo allievo Andronico di
Rodi.
1
1 Questa di Aldo Manuzio è detta anche editio princeps.
.
• ORGANON ( Categorie, Sull’interpretazione, Analitici primi, Analitici secondi, Topici, Elenchi sofistici)
• FISICA
• DE COELO
• DE GENERATIONE ET CORRUPTIONE
• METEOROLOGICA
• DE MUNDO*
• DE ANIMA
• PARVA NATURALIA (Del senso e dei sensibili, Sulla memoria e sulla reminiscenza, Sul sonno e sulla veglia, Sui sogni,
Sulla divinazione nel sonno, Sulla longevità e brevità della vita, Della gioventù e della vecchiaia, Sulla vita e sulla morte,
Sulla respirazione)
• DE SPIRITU*
• HISTORIA ANIMALIUM
• DE PARTIBUS ANIMALIUM
___________________________________________
1
1 I titoli segnati con l’asterisco sono di incerta attribuzione.
• DE ANIMALIUM MOTIONE • MAGNA MORALIA
• DE ANIMALIUM INCESSU • ETHICA EUDEMIA
• DE ANIMALIUM GENERATIONE • DE VIRTUTIBUS ET VITIIS *
• DE COLORIBUS * • POLITICA
• DE AUDIBILIBUS * • OECONOMICA
• PHYSIOGNOMONICA* • ARS RETHORICA
• DE PLANTIS * • RHETHORICA AD ALEXANDRUM *
• DE MIRABILIBUS AUSCULTATIONIBUS * • POETICA
• QUAESTIONES MECHANICAE *
*
• PROBLEMATA *
• DE INSECABILIBUS LINEIS *
Nel 1891, Sir Frederic George Kenyon (1863-1952)
• VENTORUM SITUS ET APPELLATIONES pubblicò, in base ai papiri conservati al British Museum,
• DE MELISSO, XENOPHANE ET GORGIA * la COSTITUZIONE DEGLI ATENIESI.
• METAPHYSICA
• ETHICA NICOMACHEA
• Indicazioni di Aristotele sull’ordine dei trattati
Negli scritti di Aristotele è possibile rintracciare alcune indicazioni su
quale possa essere il modo di dare un ordine ai suoi trattati.
Particolarmente utili in tal senso sono le osservazioni che compaiono
all’inizio dei Meteorologica dove si ricapitola un percorso di trattazione
che partendo dalla fisica, passa poi allo studio dei corpi celesti e a
quello della generazione e corruzione, giungendo infine all’esame dei
fenomeni meteorologici. Aristotele dà poi la notizia che a queste
indagini faranno seguito lo studio degli animali e delle piante.
Il percorso potrebbe continuare con l’inizio dei Parva Naturalia, dove
si trova un riferimento esplicito al De Anima e al suo oggetto.
Un’altra indicazione la si ritrova verso la fine dell’Etica Nicomachea,
dove Aristotele afferma che si dovrà poi trattare della Politica.
Gli esempi citati, ma ve ne potrebbero essere altri, mostrano che
tutto sommato, l’ordine che la tradizione ha dato ai trattati aristotelici –
quell’ordine che si ritrova nell’edizione di Andronico e in quella di Bekker
– non è arbitrario ma ha una sua ragione d’essere.
Alcune osservazioni sulla terminologia aristotelica
• Organon
Non abbiamo elementi per stabilire se l’uso del termine Organon, nel
senso di strumento del pensiero e della ricerca scientifica (Ὄργανον,
"strumento"), risalga ad Aristotele; più probabile – anche se non c’è
accordo unanime tra gli studiosi – che esso sia stato introdotto proprio
da Andronico, che lo ha utilizzato per intitolare la raccolta dei testi logici
aristotelici. L’ Organon è composto dai seguenti trattati:
Categorie (Κατηγορίαι, lat. Categoriae)
Analitici Primi (᾿Αναλυτικὰ πρότερα, Analytikà prόtera; lat. Analytica priora)
Scritti di logica
Analitici Secondi (᾿Αναλυτικὰ ὕστερα, Analytikà hýstera; lat. Analytica priora)
Confutazioni sofistiche (Περὶ σοφιστικῶν ἐλέγχων, Perì sophistikṑn elénchos; lat. Elenchi sophystici)
• Organon: per ulteriori analisi terminologiche e concettuali vedi i seguenti approfondimenti
• https://www.scribd.com/document/384478272/Aristotele-Organon-parte-I-by-Renato-Curreli
• https://docs.google.com/presentation/d/e/2PACX-1vSgEL0zxWUtQLfgGuLrWiuKa2KDO6NoOUu7iF46eDeYzG-eqamvhZVwgfFBux_VSJPTepS
naf2PugLz/pub?start=false&loop=false&delayms=3000&slide=id.g3966d5c4de_3_2
-by-Renato-Curreli
• Le scienze teoretiche Analisi terminologica
Aristotele chiama teoretiche le scienze ϑεωρητικός [ϑεωρέω, theōréō, guardo,
che studiano il necessario, ossia quegli vedo, osservo; considero, rifletto],
theōrētikόs, che considera e studia in
aspetti che caratterizzano sempre e modo puramente concettuale.
necessariamente la struttura profonda ϑεωρία [ϑεωρός, theōrόs spettatore],
theōría, il guardare, l’osservare; vista;
dell’essere e che fanno sì che esso non considerazione, studio.
possa essere diverso da quel che è.
Lo scopo di queste scienze, che sono la Filosofia prima, la Fisica e la
Matematica, è quello di
comprendere in modo disinteressato, cioè per il puro piacere di
conoscere e senza scopi pratici, la realtà.
Il metodo utilizzato dalle discipline teoretiche è quello dimostrativo
sebbene, soprattutto nel momento della ricerca, possano avvalersi di
quello dialettico-argomentativo.
• La filosofia prima
Per Aristotele la filosofia prima (πρώτη φιλοσοφία) è la scienza che ha
come oggetto l’ente in quanto ente (τὸ ὄν ᾖ ὄν). Essa, studiando i principi
primi dell’ente, è la scienza superiore a qualunque altra.
La filosofia prima è tradizionalmente chiamata Metafisica, termine
che però non si trova nei testi aristotelici. L’espressione deriva dal greco
μετὰ τὰ φυσικά e può essere interpretata come dopo i libri di fisica o
anche oltre le cose fisiche.
La paternità del termine potrebbe essere proprio di Andronico di
Rodi che lo introdusse derivandolo dal fatto che nella sua edizione gli
scritti di filosofia prima venivano dopo (μετά) quelli di fisica (τὰ φυσικά). In
seguito l’espressione avrebbe assunto il significato più tecnico di studio
di quei principi profondi della realtà che vanno oltre il piano fisico,
diventando così sinonimo di filosofia prima.
Agli studiosi non è comunque passato inosservato il fatto che nel
catalogo conservatoci da Esichio, risalente al III sec. a.C. (vedi supra), sia
citata una Metafisica (in dieci libri 1).
________________________________________
1
1Un libro, al tempo dei Greci, indicava uno scritto intorno a un determinato argomento. Per esempio, nella sua edizione della Metafisica
Andronico radunò sotto tale titolo comune quattordici di tali unità tematiche.
A questo proposito, non va poi dimenticato quanto sostiene
Alessandro di Afrodisia (II-III sec. d.C.), celebre esegeta di Aristotele:
la scienza […] della quale ci stiamo occupando è la sapienza e la scienza teologica, ovvero quella che
<Aristotele> intitola Mετὰ τὰ φυσικά per il fatto che nell’ordine <delle scienze>, rispetto a noi, essa
viene dopo la fisica.1
Commentario alla Metafisica, 171, 5 ss.
1
1 Uno dei luoghi in cui Aristotele espone quest’ordine delle cose e della conoscenza è il seguente: «È naturale che si proceda da quello che è più
conoscibile e chiaro per noi verso quello che è più chiaro e conoscibile per natura: perché non sono la medesima cosa il conoscibile per noi e il
conoscibile in senso assoluto. Perciò è necessario procedere in questo modo: da ciò che è meno chiaro per natura ma più chiaro per noi a ciò
essere dovuto se non al filosofo stesso, perlomeno, ai suoi discepoli. 1
Questi indizi non sono però riusciti a convincere gli studiosi più
autorevoli del pensiero aristotelico. Secondo loro, il titolo Metafisica che
compare nel catalogo di Esichio potrebbe essere frutto di una
interpolazione posteriore e quanto asserito da Alessandro e, in
particolare da Asclepio, non sembra essere, su questa specifica
questione, particolarmente attendibile.
.
Studia l’ente in quanto ente (τὸ ὄν ᾖ ὄν)
La
Metafisica
(Filosofia prima)
Analizza cosa si deve intendere per realtà (οὐσία):
la forma (εἶδος), la materia (ὕλη ), il sinolo (σύνολον ).
Analisi terminologica
εἶδος (éidos): [cfr. οἶδα, óida (so, conosco, sono
informato) e εἶδον, éidon (vedo, guardo, osservo;
vedo mentalmente, comprendo )]. Forma, aspetto,
Analisi terminologica figura; qualità, caratteristica, modo di essere.
ὕλη (hýlē): ha originariamente il La forma esprime il modo di essere proprio di un
significato di selva, foresta, bosco, poi oggetto, individuando quella qualità che lo fa essere
quello di legna, legname, materiale quello che è. Per esempio, la razionalità è la
da costruzione, materia. caratteristica propria dell’uomo, quella che lo
distingue da ogni altro ente, così come l’avere tre
È il materiale di cui le cose sono angoli è la qualità specifica del triangolo.
costituite e rappresenta il substrato o Da un punto di vista ontologico, l’ εἶδος plasma e
sostrato (ὑποκείμενον, hypokéimenon) struttura la materia, conferendole la caratteristica
che riceve l’azione modellante e fondamentale che la porterà a essere una
strutturante dell’εἶδος. determinata cosa. Da un punto di vista logico-
linguistico l’ εἶδος, che è espresso dalla definizione,
serve a spiegare quale sia la natura di un oggetto.
Talvolta Aristotele usa la parola μορφή come
sinonimo di εἶδος, ma su questo cfr. infra.
..
Analisi terminologica
σύνολον (sýnolon): [σύν (sýn),
insieme; ὅλος (hólos), tutto,
intero], il tutto insieme, sinolo
(sostantivazione dell’aggettivo
σύνολος,). L’unione di materia e • La materia, la forma e il sinolo, ossia il composto di entrambe
forma e, quindi, la realtà
individuale e concretamente Tutte le realtà (οὐσίαι) sensibili hanno materia. È realtà il sostrato
esistente. (ὑποκείμενον), cioè in un certo senso la materia [con materia (ὕλη)
intendo quella che non essendo un questo (τόδε τι) in atto, è un
questo in potenza], e in un altro senso la definizione ( λóγος) e la
forma (μορφή), la quale, essendo un questo, è separabile nel
pensiero; in un terzo senso poi <è realtà> ciò che <è costituito> da
queste <ultime>, del quale solo c’è generazione e corruzione […]
Aristotele, Metaph. H, 1042 a 25 ss.
• Εἶδος o μορφή?
Analisi terminologica
μορφή (morphḗ ): forma, figura, aspetto,
Ai lettori più attenti non sarà sfuggito che, nel brano parvenza, sembianza. Aristotele talvolta,
appena citato, Aristotele utilizza μορφή e non εἶδος. come nel passo citato, usa μορφή al posto
di εἶδος. Pur non essendo la forma
Qual è la differenza? In generale nessuna; però riducibile al puro aspetto morfologico di
un’analisi più attenta può porre in luce che εἶδος un ente, indicandone piuttosto la
(con la radice –id al suo interno, connessa col vedere) configurazione concettuale visibile
all’occhio dell’intelletto (in tal senso, ad
allude a quelle caratteristiche più sottilmente connesse esempio, l’essere un oggetto-su-cui-sedersi
con la funzione di un oggetto – come la proprietà di è la forma-εἶδος della sedia), è chiaro che
però la forma come elemento che plasma
pensare per l’essere umano – caratteristiche che solo e determina la materia deve arrivare, in
l’intelletto sa cogliere e inquadrare concettualmente, questa sua opera organizzatrice, a
delineare anche la figura esteriore-μορφή
mentre μορφή è più attinente al modo specifico di di una cosa, ossia la sua morfologia.
apparire di una cosa nel suo darsi alla vista e al tatto.
Vediamo a riguardo il commento di W.D. Ross, noto studioso di
Aristotele:
"Forma" abbraccia per Aristotele una varietà di significati. Talvolta è usata per aspetto
sensibile, come quando si dice che lo scultore impone una nuova forma al suo
materiale. Ma più spesso forse è pensata come oggetto del pensiero anziché del senso,
come la natura interna di una cosa, espressa nella sua definizione, come il piano della
sua struttura. […] In generale μορφή si riferisce all’aspetto sensibile ed εἶδος alla struttura
intelligibile, e quest’ultima è l’elemento fondamentale della nozione aristotelica della
forma. Così λóγος (formula o definizione) e τὸ τί ἦν εἶναι (il "quel che doveva essere così e
così", cioè l’essenza) sono costantemente usati come sinonimi di εἶδος. Ma spesso
accade che Aristotele identifichi la forma con la causa efficiente e con quella finale. Sir William David Ross (1877-1971)
Tuttavia, se sono la stessa cosa "il loro essere non è lo stesso". La forma è il piano
strutturale considerante come formante un particolare prodotto della natura o dell’arte.
La causa finale è lo stesso piano considerato come non ancora incorporato nella cosa
particolare, ma come quello cui mira la natura o l’arte.
[…] Questa causa formale-finale è evidentemente anche la causa efficiente. […] La forma
di un letto o di un’erma, come è colta dall’immaginazione dell’artista, è effettivamente
"nella sua anima", e la forma nella sua anima è quel che lo mette all’opera per
incorporarla nel legno o nel marmo.
W. D. Ross (1923; 1976, p. 77)
..
Analisi terminologica
τὸ τί ἦν εἶναι (tò tί ễn éinai): il che cos’era essere (una
determinata cosa). L’espressione indica il modo di Analisi terminologica
essere o la natura propria, e perciò l’εἶδος , di un τόδε τι (tόde ti) qualcosa di determinato (Berti [2017,
determinato ente. Essa pare essere la risposta alla p. 20] traduce un questo).
domanda che ci si era posti all’inizio della discussione
Con questa espressione Aristotele intende una realtà
e che chiedeva che cos’era essere una certa cosa.
determinata, individuata e separabile, che ha la
Molti traduttori traducono con essenza, soluzione qui
possibilità di esistere in sé e non in altro: «[…] sembra
riservata alla voce οὐσία, per la sua derivazione dal
che siano proprietà fondamentali dell’οὐσία la
participio οὖσα (cfr. supra), senza però scordare la
separabilità e l’individualità, ed è questo il motivo per
tridimensionalità semantica di οὐσία esposta in
cui sembrerebbe che l’ εἶδος e il σύνολον di ὕλη e εἶδος
precedenza.
siano οὐσία più autenticamente che non la ὕλη.»
Per alcuni problemi di traduzione delle espressioni
(Aristotele, Metaph., 2019 a 25-30).
aristoteliche, vedi Berti (2017)
La forma è una entità separabile (οὐσία, τόδε τι) non nel
senso platonico, ma in quello di essere l’elemento che
proprio perché determinato è in grado di determinare la
materia e originare così la realtà individuale
concretamente esistente, il sinolo. È chiaro che lo stesso
sinolo, in quanto realtà individuale ed esistente in sé, è
un questo (τόδε τι).
• Potenza e Atto Analisi terminologica
O
Fidia?, Ermete (copia romana)
Negli esempi pare che l’atto consista in un certo movimento-
mutamento finalizzato alla realizzazione di qualcosa di diverso da se
stesso e dal punto di partenza (come la statua dalla pietra e dalle
operazioni dello scultore). Questo significato è quello più originario e
comune del termine enérgeia, ma per Aristotele esso esprime una
forma imperfetta di atto, quello correlato al movimento. Vi è, infatti
una forma perfetta di atto, ed è quella che rivela una più radicale
dimensione ontologica perché manifesta direttamente l’essere stesso di
un ente.
Consideriamo altri due casi:
- colui che ha gli occhi chiusi ha la vista in potenza, mentre colui che
guarda esercita la vista in atto;
- l’anima ha in potenza la capacità di pensare, ma penserà in atto solo
quando rifletterà su un contenuto effettivo.
In questi esempi l’attività non implica movimento-mutamento e
conseguimento di un fine esterno, ha invece in se stessa il suo fine
(τέλος) e consiste perciò nel manifestarsi dell’ εἶδος, ossia della natura
propria di un certa realtà: l’anima razionale ha, infatti, come attività
propria e perfetta il pensiero. In questo caso, ma anche in quello della
vista, l’atto è perfetto e la parola ἔργον assume quel nuovo e più
specifico significato che entelechìa dice in maniera più esplicita.
In tal senso si comprende perché Aristotele pone la potenza in
relazione con la materia e l’atto con la forma, conferendo alla coppia
potenza-atto un chiaro e centrale significato ontologico.
Diventa inoltre chiaro perché l’atto inteso come forma sia prioritario
rispetto alla potenza-materia essendo, infatti, proprio la forma
l’elemento capace di portare a compimento finale le potenzialità della
materia.
ὕλη δύναμις
La forma è
L’atto è
prioritaria prioritario
rispetto alla rispetto alla
potenza
materia
εἶδος ἐνέργεια / ἐντελέχεια
• Il testo di Aristotele.
È atto (ἐνέργεια) l’esistenza reale dell’oggetto in un senso diverso da come diciamo che
l’oggetto è in potenza. Noi diciamo che una cosa è in potenza nel senso che, ad esempio,
Ermete è presente in potenza nel legno o la semiretta è presente in potenza nella retta
intera, perché può essere staccata da questa, e chiamiamo scienziato anche colui che
non sta conoscendo teoreticamente, qualora egli sia in grado di farlo […] Ciò che qui
intendiamo dire risulta evidente nei casi particolari per mezzo dell’ induzione , e non
bisogna cercare la definizione di tutto, ma basta che riusciamo a cogliere l’analogia, nel
senso che nello stesso rapporto in cui chi sta costruendo è con chi ha la capacità di
costruire, anche chi è sveglio in rapporto con chi sta dormendo, e chi vede con chi, pur
avendo la vista, ha gli occhi chiusi […]
[…] è evidente che la sostanza (οὐσία) e la forma (εἶδος) sono atto (ἐνέργεια). E così, in
base a questo ragionamento, risulta con chiarezza che, relativamente alla sostanza,
l’atto è anteriore alla potenza e, come dicevamo, un atto presuppone sempre, in
ordine al tempo, un altro atto, finché non si pervenga all’atto del primo eterno motore.
Aristotele, Metaph. Θ, 1048 a 30 – 1048 b 1-10; 1050 b 1-5
• Principio di non contraddizione
Il principio più saldo di tutti è quello a proposito del quale è impossibile cadere in errore,
poiché esso è necessariamente quello che è il più noto (tutti, infatti, cadono in errore su
quelle cose che non conoscono) e che non è fondato su ipotesi ( ἀνυπόϑετον). Difatti un
principio che deve essere necessariamente posseduto perché si possa comprendere
qualsivoglia delle cose esistenti, non può essere affatto un’ipotesi; e ciò che si deve
conoscere qualora si intenda conoscere qualsiasi altra cosa , non può non essere
posseduto prima di ogni altra conoscenza. […] Esso è il seguente: è impossibile che il
medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga al medesimo
oggetto nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto […]
[…] È impossibile, infatti, supporre che la medesima cosa sia e non sia, come certuni
credono che, invece, sostenga Eraclito. 1
Aristotele, Metaph. Γ, 1005 b 12 ss.
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1
1Il brano riportato è solo un esempio parziale delle varie formulazioni del principio di non contraddizione ( ἀξίωμα τῆς ἀντιφάσεως, axίōma tễs
antifáseōs). Altri luoghi sono: 996 b 29-30, 1005 b 25 ss., 1006 b ss., etc.
• Commento
Il principio (ἀρχή, ἀξίωμα) più saldo di tutti deve essere non-ipotetico, non può
perciò dipendere da alcuna assunzione o condizione precedente. Al contrario, sarà
esso il presupposto o principio di ogni conoscenza.
La prima formulazione
è impossibile che il medesimo attributo, nel medesimo tempo, appartenga e non appartenga
al medesimo oggetto nello stesso tempo e sotto lo stesso aspetto
pone in primo piano l’aspetto logico-linguistico: non è possibile attribuire e
contemporaneamente non attribuire a un soggetto una certa proprietà; ossia, non è
possibile affermare e contemporaneamente negare qualcosa di qualcosa.
La seconda formulazione
è impossibile, infatti, supporre che la medesima cosa sia e non sia
fa cadere l’accento sull’aspetto ontologico: non è possibile che una qualsiasi realtà che
è, contemporaneamente non sia.
Nelle molte formulazioni aristoteliche del principio di non contraddizione,1 sono
implicite due conseguenze:
• Ogni cosa è uguale a se stessa, ossia quello che in seguito sarà chiamato principio
di identità;
• Tra gli opposti contradditori non si dà possibilità intermedia, e cioè quello che
verrà detto il principio del terzo escluso (Tertium non datur).2
_____________________________________________________
1
1Cfr. la nota al brano della Metafisica riportato in precedenza.
2
2«Tra gli opposti, la contraddizione non ammette un intermedio. Questa è infatti la contraddizione : un’antitesi di cui solo uno dei due termini è
presente in una cosa qualsiasi, e che non ha perciò alcun intermedio.» (Metaph. I , 1057 a 33-35)
Possiamo scrivere i tre principi in maniera chiara e compatta ricorrendo al
linguaggio della logica contemporanea:
• principio di non contraddizione
e
Nell’alfabeto del Calcolo proposizionale (o degli enunciati) si indica con A, B, C, etc., una proposizione (o
un enunciato) qualsiasi per cui il p.d.n.c. assumerebbe questa forma:
¬(A ∧ ¬A)
non è possibile affermare una proposizione A e (contemporaneamente) negarla.
Se invece ricorriamo al linguaggio del Calcolo dei predicati del primo ordine, indicheremo con x, y, z, …
una variabile individuale (che indica una cosa generica) e con le costanti predicative P, Q, R,… i predicati;
avremo poi bisogno del simbolo di quantificazione universale ∀, che si legge per ogni. Per cui scriviamo:
∀x ¬(Px ∧ ¬ Px)
non è possibile che una cosa x abbia la proprietà P e, allo stesso tempo, non la abbia .
• principio di identità
Questo principio afferma che una cosa qualsiasi deve essere uguale a se stessa (A=A). Nel linguaggio del
calcolo degli enunciati scriveremo:
A A
ossia, se A allora A: una proposizione A afferma esattamente quello che afferma (ed è bene riflettere sul
fatto che questo principio solo apparentemente dice una cosa banale).
Nel calcolo dei predicati possiamo scrivere
∀x (Px P x)
Per tutti gli x, se x ha la proprietà P allora x ha la proprietà P.
Renato Curreli
Docente di Filosofia e Storia
Liceo G. Siotto Pintor – Cagliari
Nota: Testi e schemi grafici sono produzioni originali dell’autore. Laddove si facciano citazioni, si cita la fonte con espliciti
riferimenti bibliografici. L’origine delle immagini è invece Internet, a cui si rinvia per il reperimento di ulteriori informazioni.
L’autore quindi non possiede alcun diritto relativo a tali immagini e ne ha fatto uso per puri e soli scopi didattici.