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ALMA MATER STUDIORUM

UNIVERSIT DI BOLOGNA
FACOLT DI LETTERE E FILOSOFIA

Corso di Laurea in Lettere Moderne


Laurea Triennale

STORIA DEL CORSIVO GIORNALISTICO


DA FORTEBRACCIO A OGGI

Tesi di Laurea in
Storia del Giornalismo

Presentata da: Relatore:


Samuele Mazzanti Prof. Angelo Varni

Sessione III

Anno accademico 2011/2012


Storia del corsivo giornalistico
Da Fortebraccio a oggi

2
INDICE

AVVERTENZA SUL TITOLO 5

INTRODUZIONE 7

Cap. 1 CHE COSA UN CORSIVO 9


Par. 1.1 Lo spazio lasciato allinferenza 9
Par. 1.2 Umore contro Ragione 12
Par. 1.3 Semplicit contro Complessit 13
Par. 1.4 La parzialit 13
Par. 1.5 Lo stile 14
Par. 1.6 Caratteristiche esteriori 15
Par. 1.7 Un problema di definizione: il corsivo prima di Fortebraccio 15
Par. 1.8 Perch partire da Fortebraccio 16

Cap. 2 FORTEBRACCIO: OGGI 21


Par. 2.1 Melloni dalla DC al PCI 21
Par. 2.2 Lepopea dei metalmeccanici 22
Par. 2.3 Lapologia del PCI 25
Par. 2.4 Contro il centro-sinistra 27
Par. 2.5 Gli anni cupi 33

Cap. 3 INDRO MONTANELLI: CONTROCORRENTE 35


Par. 3.1 Il Giornale e Controcorrente 35
Par. 3.2 Antipolitica e anticomunismo 36
Par. 3.3 Il disimpegno 40

Cap. 4 MICHELE SERRA: CHE TEMPO FA, LAMACA 42


Par. 4.1 Al posto di Fortebraccio e poi a Repubblica 42
Par. 4.2 La prima persona, lintimismo 43

3
Par. 4.3 Il rifiuto dellimpegno politico, il moralismo 45
Par. 4.4 Massimo Gramellini, ottimo deuteragonista 48

Cap. 5 SEBASTIANO MESSINA: BONSAI 50


Par. 5.1 Ritorno alla satira 50
Par. 5.2 Lo scoppio emotivo finale 51
Par. 5.3 Leffetto ventriloquo 52
Par. 5.4 Contro Berlusconi 53

Cap. 6 RICCARDO BARENGHI: JENA 55


Par. 6.1 Dal Manifesto alla Stampa 55
Par. 6.2 Lantifrasi 55
Par. 6.3 Autosatira e anticlericalismo 56
Par. 6.4 Ai limiti di linguaggio 57

APPENDICE Coordinate dei corsivi analizzati 59

BIBLIOGRAFIA 60

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AVVERTENZA SUL TITOLO

Il titolo Storia del corsivo giornalistico richiede almeno due annotazioni e altrettante
giustificazioni.
La definizione del genere di per s problematica. Avrebbe senso, ad oggi, chiamarlo
ancora corsivo? Probabilmente, no. Senza addentrarci nella spinosa questione della liceit o
meno della ripartizione in generi nellera del web e della mescidazione degli stili, si pu star
certi che il corsivo nel 2012 radicalmente diverso rispetto a quando prese questo nome. A
partire dal fatto, banale ma significativo, che non viene pi stampato con quel carattere
tipografico.
Oggi satira, allora era un tipo particolare di editoriale: nulla di pi diverso. Eppure due
ragioni mi incoraggiano a mantenere tale dicitura. La prima, non trascurabile, ha a che fare
con la consuetudine, con la tradizione. La seconda, non derogabile, ha a che fare con la
consapevolezza degli autori rispetto alla loro stessa opera. Se Michele Serra, Sebastiano
Messina, Riccardo Barenghi si definiscono (come si definiscono) corsivisti, ovvero scrittori
di corsivi, non pu essere lecito correggerli e sostituire un termine che ha origini storiche e
prestigiose con un termine artefatto, arbitrario e asettico come, per esempio, satira
giornalistica. Altrimenti rischieremmo lautoreferenzialit di certi filologi che pretendono di
spiegare ai romanzieri i loro romanzi.
Torniamo indietro, alla prima parola del titolo. Voler scrivere una storia del corsivo
significherebbe accostarsi ad unimpresa illimitata e mai davvero conclusa. Ci tanto pi
vero per questo lavoro che, occupandosi di pochi autori, si illude di aver esaurito lo studio di
un genere praticamente smisurato. Una pretesa risibile sempre, e in particolare oggi, quando
internet e i mutamenti dellapproccio comunicativo hanno vanificato ogni tentativo di istituire
gerarchie e di vagliare (anche materialmente!) quanto si pubblica quotidianamente. In pratica,
nulla impedisce a un blogger seguito da cento lettori di essere un ottimo corsivista.
Ma non vale lo stesso discorso per le storie letterarie? Eppure, ipso facto, esse sono forse
meno utili? I manuali e gli studi come questo si giustificano da soli, per la loro utilit pratica,
perch alla inevitabile approssimazione degli schematismi, sopperiscono con la
razionalizzazione di una realt altrimenti non conoscibile.
Dover escludere dalla lista svariati autori stato doloroso e nondimeno necessario. In
compenso, i corsivisti inclusi sono quelli imprescindibili, indispensabili per capire il corsivo
giornalistico e, di conseguenza, la sua storia. Nulla impedisce poi di scendere per li rami
fino ad arrivare ai pi piccoli defluenti.
Il fine ultimo del presente lavoro tracciare una rotta riconoscibile, affidabile,
storicamente fondata per il navigante che volesse inoltrarsi nel mare magnum del corsivo
giornalistico. Fondare un canone, dunque. E fondarlo secondo due linee direttrici che tengano
conto sia degli elementi di continuit che di quelli di innovazione introdotti da ogni autore.
Una il successo di pubblico. In questo la quotidiana fruizione dei corsivi (rispetto a
quella episodica dei romanzi, per esempio) aiuta. Una rubrica quotidiana non sopravvivrebbe
per dieci e pi anni su un quotidiano nazionale, se non avesse il consenso dei lettori.
La seconda il valore dei singoli corsivisti e ha a che fare, inevitabilmente, con il gusto.
Non potrebbe essere diversamente riguardo a un genere che come vedremo prettamente
giornalistico, ma ha anche molto di letterario. Il rischio dellarbitrariet connaturato ad

5
unoperazione di questo genere, ma un rischio che si corre volentieri, quando si pensa che
lalternativa il naufragio.

6
INTRODUZIONE

3 febbraio 2005: sulla prima pagina della Stampa appare un annuncio che assomiglia ad
uno slogan pubblicitario: E alla Stampa arriva la Jena. Un velenoso corsivo quotidiano. Il
lettore volta la pagina e in terza trova poche righe attorniate da uno spazio bianco, come si
trattasse di una poesia firmate Jena, nom de plume di Riccardo Barenghi. Da allora in poi,
quel posto gli sar riservato ogni giorno.
Uno degli aspetti pi evidenti del corsivo proprio la reiterazione quotidiana, la forte
fidelizzazione che opera sul lettore, dovuta al fatto di essere una rubrica, quasi un rito nel rito:
Nella lettura del giornale, quella che per Hegel la preghiera quotidiana delluomo moderno,
che cos il corsivo? Forse quellamen finale che ricapitola tutto il resto1.
Il successo di pubblico attestato non soltanto dalle lettere di coloro che scrivono ai
rispettivi giornali dichiarandosi estimatori delle rubriche di Michele Serra, piuttosto che
Massimo Gramellini, Sebastiano Messina, Andrea Marcenaro ma soprattutto dalle
antologie di corsivi spesso giunte tra i best-sellers (evento raro per le raccolte di articoli).
Basti pensare ai sedici libri pubblicati da Editori Riuniti dal 1970 al 1985 con il meglio di
Fortebraccio anno per anno, oppure, pi di recente, Il presidente bonsai di Messina
pubblicato da Rizzoli o Tutti i santi i giorni di Serra pubblicato da Feltrinelli, arrivato alla
quarta ristampa e finito perfino sugli scaffali degli Autogrill. E questo solo per citare i casi pi
eclatanti.
Oggi i giornali sono pieni di corsivi. Su tutte le prime pagine ormai di prammatica
quella finestrella in basso che ospita gli epigoni di un genere che proprio lUnit aveva
lanciato con Fortebraccio2. Il fenomeno tanto diffuso che Stefano Gensini, studioso di
comunicazione, parla di inflazione del genere3.
Ciononostante, non esiste ancora oggi uno studio sistematico sul corsivo. Dallurgenza di
colmare almeno parzialmente tale mancanza, tracciandone un profilo storico documentato,
individuandone i tratti di continuit, oltre che spiegandone il successo, nasce questa tesi.
Si rileva, intorno al corsivo, una sorprendente insufficienza descrittiva dovuta
probabilmente alle sue intrinseche ambiguit. Lo dimostra la discordanza tra i nomi di
corsivisti citati a titolo di esempio dai vari manuali di giornalismo. Alcuni di essi risalgono
perfino a Gramsci o a Togliatti, altri a De Benedetti, lunico che tutti riportano Fortebraccio.
Eppure tra quelli e questo c un abisso.
Gli aggettivi utilizzati nel tentativo (pi intuitivo che empirico) di caratterizzarlo,
ricorrono: articolo di opinione ironico, polemico, graffiante, tagliente, etc. Il ch
riduttivo poich anche un editoriale pu essere polemico e graffiante, senza per questo
diventare un corsivo.
Lerrore pi diffuso consiste proprio nel ridurre il corsivo a editoriale in miniatura. Ci
non rende giustizia a un genere giornalistico che ha invece una sua identit precipua e,
oramai, una tradizione di prestigio. Come scrive Nello Ajello, rimarcandone la differenza, il
corsivo somiglia a un articolo di fondo come una lucertola a un coccodrillo: o agile o non

1 G. Matteoli, A colpi di penna, in E. Macaluso, Un corsivo al giorno, Edizioni Riformiste, Roma 2004, p. 13
2 A. Polito, La politica in corsivo, in ivi, p. 10
3 S. Gensini, Fare comunicazione, Carocci, Roma 2006, p.126

7
4 . E sarebbe imperdonabile, per un etologo, sostenere che una lucertola, in fondo, un
coccodrillo in miniatura.

4 N. Ajello, Prefazione a N. Ajello, Italiani di fine regime, Garzanti, Milano 1993, p. 8

8
1 CHE COSA UN CORSIVO

1.1 Lo spazio lasciato allinferenza

Volendo dipanare la storia di un genere giornalistico, indispensabile delimitare larea di


competenza: identificare quale articolo pu essere definito corsivo e quale no. Siccome
lidentit di un oggetto si definisce anche per contrapposizione rispetto a ci che differente,
il nostro termine di paragone sar leditoriale, parente pi prestigioso a cui il corsivo viene
quasi sempre assimilato e con cui, sovente, viene confuso.
Se il corsivo fosse davvero un editoriale in forma ridotta, spesso pi graffiante ed
incisivo5 o un editoriale minimo in cui si condensa un giudizio del giornale6 o ancora un
breve pezzo () che, come leditoriale, esprime il punto di vista del giornale su un
argomento7 questa ricerca non avrebbe motivo dessere, perch sarebbe sufficiente
destinargli un capitolo in una ipotetica storia delleditoriale.
Prendiamo, ad esempio, questi due testi.

TESTO 1
Siamo finalmente in grado di dare ai nostri lettori la vera storia che ha dato luogo a
tante leggende e controversie dellacquisto del Corriere della Sera come ci stata rivelata
da autorevolissime e insospettabili fonti democristiane. Per tale acquisto, Craxi ricevette dalle
banche un credito di cinque miliardi. Dandone quattro a Formica, gli disse di procedere
alloperazione. Formica ne dette tre a Martelli delegandone a lui il compito. Martelli ne dette
due ad Aniasi perch provvedesse. E Aniasi, dandogli cinquecento lire, disse al fattorino:
Vammi a comprare il Corriere. 8

TESTO 2
Ieri ci chiedevamo se i signori del palazzo romano sapranno tener conto, nei loro giochi
di potere e di poltrone, dellondata di sdegno che sale dal Paese dopo lo scoperchiamento delle
fogne di Milano. Ma forse la domanda era male formulata. Il problema non se sapranno, ma
se potranno tenerne conto.
Questo problema si pu ridurre in termini semplici e chiari, alla portata anche di lettori
che non hanno (e perch dovrebbero averne?) specifiche nozioni di scienza costituzionale. Di
tutte le grandi democrazie occidentali, lItalia lunica in cui fioriscono non soltanto i limoni
cari a Goethe, ma anche un tipo di burocrazia di stampo tipicamente nostrano: la burocrazia, o
meglio le burocrazie di partito che, da calcoli sia pure approssimativi, mobilitano a tempo
pieno, e naturalmente nutrono a stomaco ugualmente pieno, un milione di persone con relative
famiglie.
Nulla di simile, per esempio, in America dove i partiti non hanno sedi n tessere n
addetti, e danno segno di vita soltanto nelle vigilie elettorali, quando per loro scende in lizza
qualche drappello di volontari, in genere studenti, per dare mano alla diffusione di volantini di
propaganda, al conio di qualche slogan, alla decorazione spesso da carnevale di Viareggio
di sale per comizi o festicciole. Dopodich scompaiono per tornare ognuno al mestiere suo.
Anche in America le campagne elettorali costano fior di quattrini. Ma li spende il candidato: o
di tasca sua se ne ha; o di tasca dei suoi sostenitori pi impegnati e abbienti, i quali

5 E. Arcuri, Testo e paratesto. Itinerari di linguaggio giornalistico, Rubbettino, Catanzaro 2002, p. 39


6 A. Papuzzi, Professione giornalista. Le tecniche, le regole, i media, Donzelli, Roma 2010, p. 47
7 A. Agostini, M. Zanichelli, Studiare il giornalismo, Archetipolibri, Bologna 2010, p. 220
8I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 22 maggio 1983. Presente in I. Montanelli, Il meglio di
controcorrente, Rizzoli, Milano 2005, p. 183

9
denunziano fino allultimo centesimo per ragioni fiscali le oblazioni in modo che queste
siano trasparenti. Nemmeno l tutto correr liscio, anche l ci saranno eccezioni e deviazioni.
Ma una categoria di professionisti addetti alla macchina del partito e naturalmente portata a
viverne e a ingrassarci, non c. Il partito scende in campo mobilitando soltanto dei privati per
la raccolta dei consensi al momento delle urne. Poi, come un fiume carsico, scompare per
riapparire quattro anni dopo.
In Inghilterra e Germania le cose vanno un po diversamente perch un po diverso il
sistema elettorale. Ma nemmeno l esiste una burocrazia di militanti a tempo pieno. Questo
avviene soltanto in Italia, dove il partito larbitro e il regolo di tutto. Solo chi ne ha in mano
lapparato da cui tutto dipende, a cominciare dalla scelta dei delegati da mandare ai
congressi e dei candidati da presentare agli elettori pu avanzare nella carriera politica. Ma
per conquistare o mantenere lapparato ci vogliono i soldi. E i soldi sappiamo tutti benissimo
da dove vengono: o dagli enti pubblici che i partiti si spartiscono tra loro, e i cui eventuali
deficit sono ripianati dallo Stato, cio da noi contribuenti; o dalle bustarelle e tangenti dei
privati (a differenza di quelle americane, clandestine), pronti a pagarle pur di assicurarsi la
fornitura o lappalto, salvo a metterle poi sul conto di noi utenti ().9

Lautore lo stesso (Indro Montanelli), il tema lo stesso (la condanna della


partitocrazia, il malcostume della corruzione politica italiana), ma il primo un corsivo, il
secondo un editoriale. Secondo le definizioni riportate sopra a titolo desempio, il TESTO 1
differirebbe dal TESTO 2 per una mera questione di dimensioni, quindi semplicemente
perch, in questo caso, il primo conta 592 battute e il secondo 2945. In realt, come sar
chiaro anche al lettore meno attento, si tratta di due testi radicalmente differenti che hanno, a
dividerli, pi di quanto abbiano ad accomunarli.
I fatti raccontati nel TESTO 2 sono reali, o il lettore presume che lo siano: in caso
contrario non comprerebbe quel giornale. Sono presenti le congetture del giornalista, ma esse
non vanno mai ad intaccare la verit dei fatti e soprattutto sono esplicitate come tali (ci
chiedevamo se, la domanda, il problema). I fatti raccontati nel TESTO 1, invece, sono
completamente falsi, inventati di sana pianta dallautore, il quale, non contento, ce li presenta
addirittura come si trattasse di uno scoop (finalmente, la vera storia, autorevolissime e
insospettabili fonti).
Ci sarebbe gravissimo se il TESTO 1, invece che un corsivo, fosse un editoriale. Il
lettore di un giornale al contrario di un lettore di romanzi, ad esempio si aspetta di trovare
solamente informazioni attendibili allinterno di un articolo, e anzi proprio su questo si fonda
un giornale: veridicit, credibilit, affidabilit delle fonti, etc. Ci vale per gli articoli di
cronaca e a maggior ragione per gli articoli di opinione, nei quali le idee non devono mai
intaccare la realt dei fatti. Una delle regole doro del giornalismo proprio questa: i fatti
separati dalle opinioni.
Ma tralasciamo per un attimo questo punto, dando per scontato che tutti i lettori siano
sufficientemente avveduti da riuscire a distinguere la fantasia dalla realt e la satira dal
giornalismo. Resta ancora un aspetto paradossale: se vero che il primo un articolo
dopinione, dove sono le opinioni? Ci sono solamente fatti (anche se inventati). assente la
pur minima interpretazione del giornalista, la quale non deve mancare nemmeno in un pezzo
di cronaca (altrimenti diventerebbe un flash dagenzia), figurarsi in un articolo dopinione.
In questo caso, invece, il lettore che deve risalire alla tesi di Montanelli, senza che egli
la riferisca apertamente. Per riuscirci, deve essere sufficientemente informato non solo
sullattualit (come qualunque lettore di giornale), ma anche su fattori meta-giornalistici: lo

9I. Montanelli, Bagatelle per un saccheggio, Il Giornale, 5 maggio 1992. Presente in I. Montanelli, La stecca
nel coro, Rizzoli, Milano 1999, pp. 488-489

10
stile di Montanelli, il suo pensiero politico, il meccanismo di funzionamento dei suoi
Controcorrente. Per questa ragione il corsivo funziona solo se in forma di rubrica: nel
dialogo giornaliero, nel reiterarsi dei temi e degli assunti che pu crearsi una forma di intesa
tra chi scrive e chi legge tale da permettere a questultimo di afferrare il non-detto. Un
editoriale, al contrario, tanto pi riuscito quanto riesce a farsi capire anche dal lettore meno
informato.
Per chiarire il concetto, riportiamo un altro corsivo, questa volta firmato da Jena (nome
darte di Riccardo Barenghi, corsivista della Stampa):

TESTO 3
Il governo nazionale nellarco di quattro anni spazzer la miseria dei contadini. Nell'arco
di quattro anni eliminer la disoccupazione. A questo colossale compito di risanamento della
nostra economia, il governo nazionale unir l'attuazione di un piano di risanamento dello
Stato, delle regioni, dei comuni. In tal modo l'assetto federativo dello stato diverr vigorosa e
solida realt. I partiti marxisti e fiancheggiatori del marxismo hanno avuto 14 anni a
disposizione per dimostrare la propria capacit. Il risultato un campo di rovine. Concedete a
noi quattro anni e poi giudicherete. Dal contratto di Hitler col popolo tedesco, 1933. 10

Il TESTO 3, risalente al 2001, ancora pi drastico del TESTO 1. Contiene lo stralcio di


un documento, firmato da Hitler quasi settantanni prima, buttato l ( il caso di dirlo) senza
nessuna spiegazione. Il giornalista interviene direttamente con otto parole, quelle che bastano
per fornire le coordinate minime della citazione (Dal contratto di Hitler col popolo tedesco,
1933: cosa, chi, quando). Di conseguenza, come se non intervenisse per nulla. Tutto il
ragionamento a carico del lettore, il quale non pu essere certo di avere capito cosa
realmente abbia voluto dire Barenghi. La rievocazione fa riferimento al cosiddetto contratto
proposto da Silvio Berlusconi agli italiani prima delle elezioni del 2001 (il parallelismo
confermato dal titolo: Contratti, al plurale). Ma qual la sfumatura che dobbiamo
attribuirle? soltanto una curiosit finalizzata a suscitare un sorriso al lettore, o Barenghi
ritiene che Berlusconi abbia qualche affinit con Hitler e possa in qualche modo seguirne le
orme? Tra i due estremi ci sono uninfinit di gradazioni. Se il giornalista avesse voluto
precisare le sfumature del suo pensiero, avrebbe dovuto scrivere un editoriale, partendo
magari da quella stessa citazione per contestualizzarla e passare poi al collegamento con i fatti
del 2001. Ma, stendendo un corsivo, ha ritenuto fosse sufficiente lo shock dellaccostamento,
senza intervenire oltre.
Il primo e il terzo testo (scelti perch dimostrazioni agli antipodi di un genere che ha
cospicue possibilit espressive) sono stati utili per comprendere la differenza principale che
corre tra editoriale e corsivo e, di conseguenza, la specificit del secondo: lo spazio lasciato
allinferenza, alla deduzione.
Leditoriale esplicita la sua tesi e la sostiene secondo uno schema logico abbastanza
uniforme (presentazione tesi, esposizione argomenti a favore, confutazione argomenti contro,
etc.). Nel corsivo, invece, la tesi sottaciuta, implicita. A questo si unisce la licenza (senza
simili nel giornalismo) di inventare. Il lettore la conoscer, o si avviciner ad essa, solo
colmando lo spazio inferenziale necessario.

10Jena, Contratti, Il Manifesto, 15 maggio 2001. Presente in R. Barenghi, Jena. Otto anni di agguati della
belva pi feroce del giornalismo italiano, Fazi, Roma 2008, p. 25

11
La conferma di ci si trova in una dichiarazione di Giorgio Manganelli, intellettuale che
si dilett anche con questo genere: Credo che il corsivo non debba raccontare nulla; deve
alludere11.

1.2 Umore contro Ragione

A questo punto si potrebbe chiedere: perch affaticare il lettore, accollandogli lonere di


compiere quello spazio inferenziale aggiuntivo, con lulteriore rischio che la comunicazione
non passi? Non questa una scelta anti-economica? Perch non optare per un tipo di articolo
innegabilmente pi lineare e chiaro, come leditoriale?
La risposta si pu trovare nella seconda peculiarit del corsivo: la prevalenza del
sentimento sulla ragione. Non nel senso che esso faccia leva su aspetti patetici o lacrimevoli,
come avviene in certi giornali o telegiornali (fenomeno che viene classificato col nome di
emotainment). La parola sentimento si intende qui nel senso di sensazione, percezione.
Il corsivo, cio, privilegia limpressione, la suggestione, lopinione strettamente
personale (per citare il titolo di una rubrica di Enzo Biagi) del singolo giornalista: tutti
elementi per i quali, nelleditoriale, non c posto.
questa licenza di esprimersi pi liberamente, sciolti dai lacci del rigore giornalistico,
svincolati da abiti troppo ingessati, quasi si trattasse di un fuori onda, che legittima
lesistenza del corsivo e ne spiega la ragion dessere.
per questo motivo che, al suo interno, permesso scrivere ci che non sarebbe
permesso altrove. Ad esempio che un certo uomo politico impazzito perch dice cose
ragionevoli12 oppure che un certo onorevole ha parlato a Firenze ed stato un bel sollievo
per le altre citt13. Sono esempi estremi, ma ce ne sarebbero migliaia.
in buona misura questa gratuit del giudizio a dare la cifra del corsivo e a
differenziarlo nettamente dagli altri articoli. Vale per essa ci che vale per la satira in
generale: arrivare prima, denunciare non attraverso la raccolta di prove, ma attraverso le
emozioni, le sensazioni, le intuizioni, le deduzioni. E anche il sospetto14 .
La cosiddetta authentic interpretation linterpretazione dei fatti che il giornalista deve
fornire, avvicinandosi il pi possibile alla realt portata alle estreme conseguenze, nel
senso che uninterpretazione non pi filtrata, ma pienamente schietta, intuitiva, perfino
impulsiva.
In proposito, Manganelli usava la parola umore. Il corsivo non un articolo di fondo,
e dunque non ha idee, non fa proposte; non cronaca e dunque non racconta fatti. Il corsivo

11 G. Manganelli, Antologia privata, Rizzoli, Milano 1989, p. 232


12 R. Barenghi, Cose, Il Manifesto, 13 agosto 2004. Presente in R. Barenghi, Jena, op. cit., p. 97
13Fortebraccio, Il preferito, LUnit, 12 dicembre 1967. Presente in P. Di Bello, P. Furlan (a cura di),
Fortebraccio. Vita e satira di Mario Melloni, Diabasis, Reggio Emilia 2009, p. 87
14M. Mozzati, L. Vignali, Prefazione a Fortebraccio, Avvisi di garanzia recapitati da Gino & Michele, Editori
Riuniti, Roma 1993, p. XVII

12
umore15. In questo senso si pu dire che il corsivista un superficiale di talento16 , perch
la superficialit consapevole, fa, per cos dire, parte del gioco.

1.3 Semplicit contro Complessit

Scrive Stefano Baldolini: La funzione del corsivo quella di esprimere cose pesanti in
maniera leggera. In questo senso un po lopposto delleditoriale17.
Pur nellastrattezza delle schematizzazioni, si potrebbero quindi tracciare due percorsi
paralleli: editoriale / ragione / complessit, corsivo / umore / semplicit. La dicotomia
complessit-semplicit non da intendersi soltanto in riferimento al linguaggio.
Il corsivo, nel suo piccolo, ha ambizioni quasi assolutistiche: non c spazio al suo
interno per possibili confutazioni, dubbi, zone dombra. In questo senso semplice: perch
non problematico. Non ha nulla a che fare con la fatica giudiziosa delleditorialista18 che
vaglia le ipotesi, si interroga, fa proposte. Dice poche cose, ma, di quelle poche, sicuro.
Ovviamente si tratta di una sicurezza richiesta dal genere, non c nulla di ingenuo in essa, e
necessita di un lettore abbastanza esperto da saperla interpretare.
sufficiente prendere in considerazione i testi sopra riportati. Nel TESTO 2 (editoriale)
abbondano le formule dubitative: Ci chiedevamo se, forse, la domanda, il problema
non se ma se. Il TESTO 1 (corsivo) non contiene nulla di simile. Anzi, trabocca di
certezze (nonostante contenga solo palesi falsit): Siamo finalmente in grado, la vera
storia, come ci stata rivelata, autorevolissime e insospettabili fonti, i tempi verbali, poi,
sono tutti al passato remoto come a voler raccontare un fatto che si d per assodato.
Questa ostentata sicurezza, unita alla possibilit di falsificare la realt fa s che il corsivo
possa venire frainteso. Nello Ajello, ad esempio, ricorda come alcuni lettori, ingannati dai
suoi corsivi, lo contattarono per domandargli se ci che aveva scritto fosse reale o frutto della
fantasia19.
Questo il rischio del corsivo e della satira in generale: quando il paradosso si avvicina
troppo alla realt, diventa difficile distinguere luno dallaltra.

1.4 La parzialit

Un editoriale pu essere parziale o imparziale, limportante che lo denunci chiaramente.


Un corsivo, per sua natura, pu essere solo parziale. Questa necessit deriva dalle due
caratteristiche descritte nei precedenti (Umore e Semplicit).
Unosservazione epidermica, umorale per definizione risoluta, tuttaltro che sfumata.
Ne consegue limpostazione energica del corsivo. La sua parzialit una parzialit sempre
contro qualcosa o qualcuno, mai a favore. Il corsivo apologetico non pu esistere e sarebbe

15 G. Manganelli, Antologia privata, op. cit., p. 232


16 M. Serra, Prefazione a R. Barenghi, Jena, op. cit., p. VIII
17 S. Baldolini, Scrivere un articolo, Dino Audino, Roma 2006, p. 97
18 M. Serra, Prefazione a R. Barenghi, Jena, op. cit., p. VII
19 N. Ajello, Prefazione a N. Ajello, Italiani di fine regime, op. cit., p. 8

13
una contraddizione in termini, lo prova bene il caso di Fortebraccio (vedi infra). Il corsivo,
infatti, si nutre di fatti ma deve soprattutto disporre di un bersaglio. Nasconde lanimosit
dietro lironia. Chiude la cattiveria nella gabbia del distacco20.
La parzialit non qui intesa in senso di schieramento politico, anche se, tra le due
cose, finisce per esserci un legame. Non a caso da questa ricerca escluso il Corriere della
Sera che, pur essendo uno tra i pi importanti quotidiani italiani, non ha prodotto corsivi a
causa della sua natura neutrale.

1.5 Lo stile

Abitualmente il linguaggio del giornalismo, nel migliore dei casi, frettoloso,


trasandato, incolore, e ogni sorta di stile, ogni sorta di fisionomia personale, ne assente ().
Di questa specie di linguaggio, Fortebraccio nei suoi corsivi ha fatto polpette. Lo stile dei suoi
corsivi coltivato e rapido, e chiaro come lacqua duna fontana21 . Queste parole di Natalia
Ginzburg sullo stile di Mario Melloni possono essere estese a tutti i corsivi.
La semplicit ( 3) si ripercuote anche sul linguaggio. Le parole sono comuni e chiare.
Il periodo ha un andamento lineare. Le frasi sono brevi con preferenza di coordinazione. Il
corsivo punta sullimmediatezza, sullo shock del paragone azzardato, sullo scoppio
emotivo finale22 , ma tutto questo nascosto sotto la superficie di un oceano apparentemente
calmissimo. un congegno ben oliato che scatta solo quando fulmineo, rapido, leggero. I
ragionamenti esplicitati in modo eccessivo, le esposizioni goffe, le parole di troppo
inevitabilmente lo appesantiscono, lo rendono farraginoso.
A differenza di quanto avviene negli altri articoli, nel corsivo forma e sostanza
cooperano, non sono slegate. Ovvero: lo stile crea significato. Vediamo un esempio concreto:

TESTO 4
Cera una volta un uomo che era diventato ricco grazie alla tv. Aveva cos tanti soldi che
avrebbe potuto godersi la vita, ma lui voleva la gloria e dunque imbocc le due strade che lo
avrebbero reso celebre: il calcio e la politica. Compr una squadra e quella cominci a
vincere. Fond un partito con il nome del suo paese e divent capo del governo. Poi per
vennero i processi, le liti con gli alleati, la caduta. Ma lui non si arrese: cambi nome al partito
dedicandolo al popolo e aspett le elezioni. Molti credevano che avrebbe vinto il partito
democratico, guidato da un giovane leader. E invece vinse lui: Thaksin Shinawatra, luomo
pi potente della Thailandia. Non una favola, ma una storia vera ( successo domenica).
Per a Natale Berlusconi si divertito molto, a raccontarla ai nipotini.23

Lincipit (Cera una volta), luso del passato remoto, il lieto fine rimandano a uno stile
fiabesco. Il testo costruito in modo che il lettore pensi dallinizio a Silvio Berlusconi: c
quindi uno studiato effetto di suspance che culmina nel colpo di scena finale.
In un altro articolo, non sarebbe possibile ingannare in questo modo il lettore. Come si
sarebbe comportato un giornalista (della stessa opinione di Messina) che avesse dovuto

20 Ibidem
21 N. Ginzburg, Prefazione a Fortebraccio, La galleria di Fortebraccio, Editori Riuniti, Roma 1985, pp. 9-10
22 S. Baldolini, Scrivere un articolo, op. cit., p. 97
23S. Messina, Una storia vera, La Repubblica, 27 dicembre 2007. Presente in S. Messina, Il presidente
Bonsai. Nuova edizione aggiornata, Rizzoli, Milano 2010, p. 174

14
stendere un editoriale al posto di un corsivo? Sicuramente avrebbe sottolineato le analogie tra
Thaksin Shinawatra e Silvio Berlusconi. Probabilmente, avrebbe poi cercato di coinvolgere il
lettore nellindignazione per il fatto che la situazione politica di un Paese evoluto come
lItalia sia simile a quello di un Paese arretrato come la Thailandia. Il tutto al fine di
denunciare il conflitto dinteressi, il populismo del Presidente del Consiglio, etc. Le stesse
cose, insomma, che lo stesso Messina intende denunciare con il suo corsivo. Solo che egli lo
fa in maniera pi sofisticata il linguaggio fiabesco, la suspance con un chiaro intento
ironico. Ma la tesi non mai enunciata esplicitamente (vedi 1), ad essa si risale grazie allo
stile utilizzato, che quindi un produttore di significato.
probabilmente proprio la rilevanza delle scelte stilistiche e linguistiche nelleconomia
del testo a far concludere ad alcuni attenti osservatori (Ajello e Manganelli) che il corsivo si
potrebbe definire anche come un genere giornalistico-letterario24.

1.6 Caratteristiche esteriori

Il corsivo deve questo nome al carattere con il quale veniva composto. Oggi il carattere
non pi determinante, ma si rilevano altri tentativi (tipografici) di separarlo dal resto del
giornale, facendo risaltare il suo essere altro. Viene spesso racchiuso in una cella che lo
mette in evidenza rispetto alla pagina stampata, nel complesso pi uniforme. La veste grafica
della cella rimane pi o meno invariata negli anni, in modo che il lettore possa individuarlo
con un solo colpo docchio.
Caratteristica fondamentale del corsivo la sua periodicit. Ha cadenza giornaliera
(solitamente sei giorni a settimana) sui quotidiani. Per questo motivo viene definito anche
rubrica. Per non creare confusione, tuttavia, bisogna ricordare che tutti i corsivi sono
rubriche, ma non viceversa.
Ogni corsivo-rubrica ha un titolo: ad esempio Oggi (Fortebraccio),
Controcorrente (Indro Montanelli), LAmaca (Michele Serra), Bonsai (Sebastiano
Messina), Andreas Version (Andrea Marcenaro) ecc. Il titolo della corsivo-rubrica
riportato ogni volta, e solitamente anche il nome dellautore, a meno che non si tratti del
direttore del giornale. Pu essere presente un ulteriore titolo, che quello dato al singolo
pezzo, quindi diverso ogni giorno.

1.7 Un problema di definizione: il corsivo prima di Fortebraccio

Ogni delimitazione temporale, per quanto utile, ha in s una buona parte di arbitrariet. La
nostra scelta di far cominciare la storia del corsivo giornalistico il 12 dicembre 1967 (prima
apparizione della rubrica Oggi di Fortebraccio sullUnit) si spiega con alcune ragioni che
vedremo in seguito. Anche prima di quella data, tuttavia, venivano pubblicati sui giornali
degli articoli denominati corsivi (per il carattere tipografico che li contraddistingueva dagli
altri articoli).

24Il primo usa questa espressione in N. Ajello, Prefazione a N. Ajello, Italiani di fine regime, op. cit., p. 8. Il
secondo lo definisce (ma sembra eccessivo) minimo ma solido genere letterario, quindi senza la parola
giornalistico, in G. Manganelli, Antologia privata, op. cit., p. 231.

15
Essi erano completamente differenti rispetto ai corsivi di oggi. Erano generalmente
caratterizzati da una maggiore libert del giornalista (non a caso si trattava spesso del
direttore) pur rimanendo allinterno delletichetta ufficiale: si tenga conto che i quotidiani
di quegli anni prima dellavvento di giornali come Repubblica e il Giorno si trovavano
confinati allinterno di un linguaggio da pastone, largamente diplomatico, prudente,
vischioso. In quegli anni, il corsivista era pi interessato alla sostanza che non alla forma,
aspetto che vedremo essere invece fondamentale da Fortebraccio in avanti.
Nei manuali di teoria giornalistica, alla voce corsivo, vengono spesso riportati alcuni
nomi di celebri corsivisti a titolo di esempio. Tra essi compare a volte anche quello di Giulio
De Benedetti, importante direttore della Stampa dal 1948 al 1968, che usava firmarsi con la
sigla g.d.b.. vero che egli scriveva dei corsivi (nel senso che i suoi articoli erano
evidenziati, rispetto agli altri, dalluso del carattere corsivo) ma, rispetto ai canoni attuali, essi
non potrebbero nemmeno essere definiti tali.
Partiamo da una opinione di Eugenio Marcucci (giornalista e collaboratore di scuole di
giornalismo) per spiegare perch Giulio De Benedetti non pu essere indicato come
corsivista nel senso moderno del termine e dunque perch il suo nome non pu essere
accostato a quelli di Fortebraccio, Indro Montanelli, Michele Serra, etc. [De Benedetti] non
scriveva volentieri e, sfogliando la collezione della Stampa, si fa fatica a trovare la sua firma.
I pochi corsivi con la sigla g.d.b. non sono capolavori25 .
Primo aspetto: si fa fatica a trovare la sua firma. In pratica, egli non teneva una rubrica.
Manca quindi quella componente fondamentale che la reiterazione, il rapporto rinnovato
quotidianamente (o a intervalli regolari) con i lettori. Siccome il corsivo, rispetto agli altri
articoli, lascia uno spazio maggiore allinferenza, il vincolo tra giornalista e lettore si rinsalda.
Il secondo deve conoscere i temi, i tic, le idiosincrasie del primo per comprenderlo pi a
fondo. E ci avviene soprattutto grazie a un rapporto continuato nel tempo. Si pu dire,
quindi, che anche la reiterazione creatrice di significato.
Secondo aspetto: i corsivi di g.d.b. non sono capolavori. Questo un apprezzamento
personale di Marcucci, ma si pu giungere, senza difficolt, ad una osservazione pi generale.
De Benedetti non era interessato allaspetto formale, quando scriveva, se non per il minimo
indispensabile ad essere comprensibile. Nel corsivo, invece, lo ripetiamo, la forma e lo stile
sono discriminanti. Se cos non fosse, corsivo ed editoriale coinciderebbero.

1.8 Perch partire da Fortebraccio

Esistono almeno tre ragioni (rinnovamento, consenso di pubblico, influenza sugli


epigoni) in virt delle quali Mario Melloni pu essere considerato il vero e proprio iniziatore
del corsivo giornalistico.
Ma perch scegliere come momento decisivo proprio il 12 dicembre 1967, se vero che
Mario Melloni scriveva corsivi (sul Popolo e sul Dibattito politico) ben prima di quella data,
cio ben prima di diventare Fortebraccio? Perch ogni innovazione, quando non
accompagnata da una sufficiente risonanza, destinata a cadere nel nulla, a rimanere
improduttiva.

25 E. Marcucci, Giornalisti grandi firme, Rubbettino, Catanzaro 2005, p. 186

16
E lUnit diede a Fortebraccio e al suo stile nuovo, in buona parte sconosciuto ai
paludati quotidiani dellepoca una risonanza tale da rendere la lettura dei suoi articoli un
fenomeno di massa. Di conseguenza, a partire dal 12 dicembre 1967, un numero molto pi
vasto di persone sapeva che cosera o aveva letto un corsivo, e lo identificava proprio con
Fortebraccio.
Fu probabilmente quel successo a indurre il Giornale Nuovo di Montanelli a nascere
pochi anni dopo (1974) con qualche cosa di analogo sempre in prima pagina (il celebre
Controcorrente). E anche i corsivisti che vennero in seguito si ispirarono (pi o meno
dichiaratamente) a quel primo modello, mantenendone invariate le peculiarit di base. Fu
quindi il successo ad amplificare leffetto dellinnovazione fortebracciana, rendendo possibile
la diffusione anche ai successori ed influenzandoli.

La notevole popolarit di Fortebraccio attestata non solo dagli allora lettori dellUnit
(sui quali sarebbe ormai difficile ottenere un riscontro quantitativo) ma da quanti, dopo averlo
letto sul giornale, erano disposti a comprare le antologie dei suoi testi. Sono diciassette, con
diverse ristampe, quelle pubblicate da Editori Riuniti (1970; 1971; 1972; 1973; 1974 a; 1974
b; 1975 a; 1975 b; 1976; 1977; 1978; 1979; 1980; 1981; 1982; 1985; 1993), una dallUnit
(1968), e tre commemorative (Nuova iniziativa editoriale, 2002; Diabasis, 2009; Rizzoli,
2009).
Specialmente le Prefazioni contenute nelle edizioni precedenti al 1982 (anno delladdio
alle scene) sono preziose poich ci consentono di non arrischiarci in congetture a posteriori.
Ce ne serviremo per dimostrare due delle tre questioni: linnovazione (quindi la percezione,
anche intuitiva, che ebbero di quella novit gli stessi contemporanei) e il successo.
Nella Prefazione allantologia pubblicata nel 1970 si noti che Fortebraccio scriveva i
suoi Oggi da due anni Paolo Spriano, storico e collega allUnit, rileva subito una
radicale antinomia tra il linguaggio dei giornali e il linguaggio del corsivista:

I nostri quotidiani sono plumbei, contegnosi, astrusi, anche quando sono rissosi. Sotto
titoli neri come temporali (come diceva Pavese) compaiono articoli in cui troppo spesso il
gergo politico si rivela freddo e astratto, con quelle cento parole sempre uguali che ricorrono
(). Fortebraccio legge tanti giornali ogni giorno ma non si fa contaminare dal gergo corrente
(). Tutti, ivi compresi avversari politici, spesso vittime del nostro, hanno subito segnalato la
grossa novit rappresentata, da qualche anno in qua, dalla rubrica inaugurata su lUnit, col
titolo Oggi ().
Ed egli [Fortebraccio] partigiano lo , con una passione invano trattenuta dalla bonomia.
Se vogliamo, la sua societ semplificata: ricchi e poveri, padroni e sfruttati, gente che
crede nel socialismo e gente che lo tradisce, farisei e cristiani veri ().
Ed ecco, con questa dimensione di tutti i giorni, con questo appuntamento fisso di
franco tiratore, intervenire un altro elemento di successo di Fortebraccio. Non si pu essere
spiritosi o caustici ogni mattina. Si pu, per, con una fedelt, con una misura, con un
impegno, articolare un colloquio che per ci stesso acquista poi pi forza e pi convinzione
col tempo, col rinviarsi delle occasioni, collalimento stesso che viene dal pubblico il quale
segnala, incoraggia, critica, controlla.26

Spriano nota almeno quattro punti fondamentali rivoluzionari: il linguaggio (lineare


contro astruso), la faziosit, la semplificazione portata allestremo, e la quotidianit (vedi
supra). Non pu, infine, non rilevare la grossa novit introdotta dai corsivi di Melloni che

26 P. Spriano, Prefazione a Fortebraccio, I corsivi di Fortebraccio, Editori Riuniti, Roma 1970, pp. IX-XIII

17
sono qualcosa di altro, anche se non ancora codificato, rispetto al plumbeo giornalismo di
quegli anni.
Nellantologia dellanno successivo, in una anonima Nota delleditore, si legge:

Questi autori [Fortebraccio e Gal, un vignettista] sono giudicati dalla critica eccezionali
in un panorama dove la satira politica scarsamente esercitata.
E tale appunto lintento delleditore: dare impulso a un genere, il genere polemico, del
quale non soltanto in Italia si va lamentando la decadenza, se non , addirittura, lesaurimento.
Ma proprio il caso del precedente volume dimostra che tale genere trova nel pubblico dei
lettori un terreno assai pronto alla risposta, almeno quando si tratta dei corsivi di Fortebraccio,
in cui esso pervenuto (come stato scritto da un noto settimanale) a una forma gi classica,
e perfino leggendaria tra quanti oralmente commentano i pi micidiali colpi del suo
repertorio.27

Purtroppo non stato possibile reperire la citazione direttamente alla fonte, non
disponendo di altre indicazioni su quel noto settimanale, ma si rileva il peso di quei due
aggettivi classica e leggendaria riferiti allopera nemmeno triennale di un corsivista, che
viene reputato un caso unico in tutto il panorama nazionale.
La Prefazione alla raccolta del 1974 firmata da Giorgio Napolitano, allora deputato del
PCI, e ha soprattutto uninclinazione politico-ideologica. Anche Napolitano, comunque,
registra la sottigliezza e freschezza di invenzione e di linguaggio28.
Lanno successivo, Oreste Del Buono scrive:

Lonore di premettere qualche riga a una nuova raccolta dei corsivi di Fortebraccio
davvero immeritato. Non lo dico per falsa modestia. Fortebraccio unico. Non ha certo
bisogno di presentazioni. Si presentato da solo ormai tanti anni fa. E da tanti anni i suoi
corsivi su lUnit inaugurano bene la giornata mia e di infiniti altri, comunisti e no ().
Ne approfitto per esternare qui, a premessa di questa nuova raccolta, la mia gratitudine.
La gratitudine per la suggestione e la costanza con cui Fortebraccio ha smentito il luogo
comune secondo il quale non sarebbe potuta esistere satira politica in Italia ().
La vera satira politica in Italia ricomincia proprio con il debutto di Fortebraccio come
corsivista dellUnit nel novembre 1967. Trentadue righe micidiali e inesorabili per eleganza e
chiarezza ().
Il giornalismo, la cultura italiani di questi anni sono indebitati con Fortebraccio. 29

Del Buono non dichiara espressamente che Fortebraccio linventore di un genere (del
resto non potrebbe, non conoscendo il futuro del corsivo) ma ha la chiara percezione che
qualcosa ricomincia (o comincia) grazie al giornalista bolognese. Tant che il giornalismo ha
un debito con lui.
Lintroduzione di Tullio De Mauro alla silloge del 1980 ha gi il sapore della
celebrazione. La rubrica Oggi ha ormai compiuto tredici anni. Il linguista narra il piccolo
rituale che precede la lettura di Fortebraccio e fa il nome di un presunto illustrissimo lettore.

Cercare, trovare il tondino rosso e il corsivo di Fortebraccio, leggerlo sono diventati moti
istintivi, unabitudine irrinunciabile per centinaia di migliaia di lettori ().
Si sussurrato che anche Paolo VI leggesse per prima cosa Fortebraccio a inizio dogni
giornata. Zavattini ha fissato anche una sensazione che una breve inchiesta ha rivelato

27 Nota delleditore in Fortebraccio, Corsivi 70, Editori Riuniti, Roma 1971, p. 9


28 G. Napolitano, Prefazione a Fortebraccio, I nodi al pettine. Corsivi 1974, Editori Riuniti,1974, p. IX
29
O. Del Buono, Prefazione a Fortebraccio, Se questo un mondo. Corsivi 1975, Editori Riuniti, 1975, pp. XI-
XV. C un errore: il primo corsivo di Fortebraccio sullUnit risale al dicembre 1967, non al novembre.

18
abbastanza diffusa. Unocchiata allUnit e trovarci il tondino rosso, a mano a mano che i
nostri anni italiani si sono fatti pi grevi, pi cupi, pi bui, ha anche un effetto rassicurante
().
Fin dai primi corsivi, la capacit satirica dello scrittore attrasse lattenzione. Cera
qualcosa di nuovo, di diverso, non solo rispetto allUnit che veniva giudicata pesante ora per
vezzo polemico ora con pi precise ragioni, ma nel complesso della stampa italiana. Gi nel
1970 Fortebraccio era una celebrit, tre anni dopo esisteva su di lui una voluminosa
bibliografia (). Insomma gi era nata la fortebracciologia ().
Sullo sfondo di un giornalismo e duna intellettualit inclini alluggiosit, alla seriosit
poco trasparente, alle aure solenni e misteriose, Fortebraccio si distingue nettamente per il suo
piglio rapido di autentico corsivista ().
Se mai avremo anche in Italia un Bon usage, chi lo appronter avr di che attingere ai
corsivi di Fortebraccio. 30

Torna quindi la quotidianit (leffetto addirittura terapeutico di trovare ogni giorno nel
giornale un punto dappiglio, qualunque cosa accada) e linnovazione stilistica (pur
collocandosi nella lingua standard) che De Mauro, in quanto linguista, deve rilevare.
La Prefazione del 1981 scritta da un osservatore deccezione, il segretario del PCI,
Enrico Berlinguer. Anche in questo caso, tralasciamo momentaneamente laspetto politico-
ideologico.

Ogni anno viene pubblicata, in un volumetto come questo, la raccolta di alcuni corsivi di
Fortebraccio: ormai una tradizione. Tradizione molto apprezzata dai lettori, dato che
puntualmente le copie di questi volumetti vanno a ruba e le edizioni si esauriscono in un
battibaleno.
il segno inequivocabile della popolarit degli scritti del compagno Mario Melloni, del
Fortebraccio dellUnit. E si tratta di una popolarit che va ben oltre i numerosi compagni che
lo leggono sul quotidiano del nostro partito; e supera felicemente anche i confini delle
generazioni ().
In quattordici anni tante cose sono mutate nel nostro paese () ma Fortebraccio non ha
perso un grammo della sua popolarit, della sua attualit.31

Ma lendorsement pi sorprendente e prestigioso era arrivato anni prima da un


imprevedibile ammiratore, imprevedibile perch agli antipodi sia dello stile giornalistico sia
della parte politica di Fortebraccio. Il conservatore Luigi Barzini, sullEuropeo, scrisse Tutte
le mattine, la prima cosa che molti di noi leggono il corsivo di Fortebraccio nellUnit32.

Per quanto concerne il terzo punto, il peso dellopera melloniana sugli epigoni, di
grande importanza lantologia commemorativa pubblicata da Rizzoli nel 2009, ventennale
della scomparsa del giornalista. A ricordare Fortebraccio, infatti, intervengono (oltre ad altri)
Riccardo Barenghi, Massimo Gramellini e Michele Serra, alcuni dei pi noti corsivisti in
attivit. Vedendo quei nomi l riuniti a rendere omaggio al maestro, viene da chiedersi se non
si possa parlare perfino di una scuola. Sono gli stessi protagonisti a incoraggiare questa
ipotesi, firmando tributi tuttaltro che doccasione e utilizzando parole eloquenti come
lezione, erede, allievo.
Barenghi ritiene Fortebraccio

30
T. De Mauro, Lo specchio della satira in Fortebraccio, Detto tra noi, Editori Riuniti, Roma 1980, pp. XI-
XVIII
31 E. Berlinguer, Prefazione a Fortebraccio, A chiare note, Editori Riuniti, Roma 1981, p. IX
32 L. Barzini, Fortebraccio si tradito, LEuropeo, 3 dicembre 1970

19
un corsivista straordinario, e basta rileggere alcuni dei suoi pezzi per rendersene conto.
Coglieva sempre il punto pi sensibile, affondava il coltello nella piaga con quel suo
sarcasmo, quella sua ironia che dovrebbero essere il leit motiv di ogni autore che si cimenti
con questo genere letterario. 33

Gramellini ricorda:

Conobbi i corsivi di Fortebraccio a diciottanni (). Di Fortebraccio, quindi, non mi


conquistarono le idee, ma lo stile. Quella prosa nitida e insolente, cos lontana dallampollosit
della cultura ufficiale ().
In un mondo di cortigiani che parlano il linguaggio criptico della loro lobby di
appartenenza, la lezione eterna di Fortebraccio che il talento di un giornalista consiste nel
parlare di argomenti profondi in modo leggero. Rimanendo seri senza prendersi troppo sul
serio. Da lui e dal suo erede Michele Serra ho imparato il dono della sintesi che anzitutto una
forma di rispetto verso il lettore. 34

Serra interviene non solo in questa raccolta, ma anche in una pubblicata da Diabasis nello
stesso anno, il 2009. Per questultima scrive la Prefazione:

Dal canto mio, oltre a dire che senza avere letto (e anche copiato) Fortebraccio non avrei
saputo dare un capo e una coda a quel genere cos specializzato che il corsivo, aggiungo
questo: il suo stile fu uno dei fiori allocchiello della cultura comunista italiana, almeno quanto
gli scritti di Indro Montanelli (che fu suo grande amico ed estimatore) lo furono della cultura
conservatrice. 35

Ancora pi apertamente si esprime un osservatore imparziale come Francesco Merlo,


facendo anche nomi e cognomi:

Non infatti vero che Fortebraccio non abbia eredi (). Nel giornalismo italiano non ci
sono faziosi che non siano allievi, discendenti, figli o nipoti di Fortebraccio. ().
Non c insomma talento fazioso, quale che sia la fazione, che non faccia i conti con
Fortebraccio: da Giuliano Ferrara a Michele Serra, da Pietrangelo Buttafuoco a Massimo
Gramellini, da Andrea Marcenaro a Sebastiano Messina e a tutti i rubrichisti.36

Il ch conforta la nostra decisione perch equivale a dire che Fortebraccio lantenato pi


riconoscibile degli attuali rubrichisti, colui che ha creato il canone, e di conseguenza non
c corsivista che non serbi un debito con la sua opera.

33 R. Barenghi, Nacque democristiano e mor comunista in Fortebraccio, Facce da schiaffi, op. cit., p. 245
34 M. Gramellini, Testa pancia cuore in ivi, p. 255
35 M. Serra, Prefazione a P. Di Bello, P. Furlan (a cura di), Fortebraccio, op. cit., p. 7
36 F. Merlo, Un esempio (riuscito) di trasformismo allitaliana in Fortebraccio, Facce da schiaffi, op. cit., p. 259

20
2 FORTEBRACCIO: OGGI

2.1 Melloni dalla DC al PCI

La biografia di un giornalista sarebbe cosa irrilevante, ma nella vita (pubblica) di Melloni


ci fu uno strappo talmente netto e pregno di conseguenze, da obbligarci a ricordarlo.
Mario Melloni (San Giorgio di Piano, 25 novembre 1902 Milano, 29 giugno 1989) si
iscrisse nel 1945 alla Democrazia Cristiana e copr fin da subito ruoli istituzionali di rilievo.
Direttore del Popolo (organo ufficiale del partito) dal 46 al 51, fu eletto alla Camera dei
Deputati nella prima e seconda Legislatura repubblicana (1948, 1953).
La rottura con la DC avvenne nellautunno del 1954. La ragione contingente fu il
dissenso di Melloni rispetto allentrata dellItalia nellUEO (Unione Europea Occidentale) per
la repulsione profonda di ridar vita a un esercito"37 . Tanto bast: Fanfani, in un quarto
dora, mi ha espulso dalla DC38 .
In realt quellepisodio si inseriva nel contesto della delusione, che stava maturando da
tempo, rispetto a un partito popolare che si distaccava sempre pi da quel popolo (i
lavoratori, gli umili) di cui diceva voler difendere gli interessi. lo stesso Melloni a
confermarlo, retrospettivamente, in un corsivo del 1972:

Sfido () a pubblicare in tutto o in parte uno scritto in cui io mi rivolga con scherno, con
spregio, con livore ai comunisti. Sono sicuro che non ne esiste uno solo (). Perch [il PCI]
un partito di lavoratori, anzi il partito dei lavoratori, e in tutta la mia vita posso avere
mancato di rispetto a molte cose, ma mai agli operai, e quando mi hanno espulso dalla Dc ho
capito, sapevo, che aveva ragione Fanfani. Il mio dissenso occasionale riguardava lUeo, ma
quello generale e profondo procedeva dal distacco sempre pi aspro, della Dc, partito
popolare, dagli interessi dei lavoratori. Prima o poi tra la Dc e me sarebbe finita. 39

Una scelta apparentemente paradossale come il passaggio dalla DC al PCI, due partiti
cos differenti fu quindi, al contrario, lo sbocco naturale per Melloni. Anche nel partito
comunista, ottenne un incarico importante a livello istituzionale: fu parlamentare nella quarta
Legislatura (1964).
Nel dicembre del 1967 cominci a scrivere la rubrica Oggi sullUnit, in prima pagina,
con lo pseudonimo Fortebraccio. Una firma che continu ad apparire tutti i giorni, salvo
festivi e pause estive, per i seguenti quindici anni.

37 Mario Melloni, Discorso pronunciato alla Camera dei Deputati nella seduta del 16 ottobre 1954, cit.
38
Fortebraccio, Parliamo un poco di me, LUnit, 21 maggio 1972. Presente in Fortebraccio, Lor Signori.
Corsivi 1971-1972, Editori Riuniti, Roma 1972, pp. 191-194
39 Ibidem

21
2.2 Lepopea dei metalmeccanici

Io sono un giornalista e non uno scrittore, un giornalista per le lites: e infatti scrivo per
i metalmeccanici40 . Queste parole di Melloni vengono spesso prese a paradigma del
personaggio Fortebraccio. Non si tratta di una affermazione di comodo, n di un vezzo dal
sapore radical chic: la solidariet per le classi pi umili fu una caratteristica che segn tutta la
vita di Melloni, anche prima che diventasse Fortebraccio. Fu proprio questo sentimento
popolare a spingerlo alla scelta radicale: il passaggio dalla DC al PCI.
Il momento storico e culturale, del resto, era propizio per una scelta di questo genere, per
uno schieramento cos netto dalla parte delle masse lavoratrici. Il primo corsivo di
Fortebraccio esce nel dicembre del 1967, alle soglie di quella che Paul Ginsborg chiama
lepoca dellazione collettiva41 riferendosi principalmente a due fenomeni: la rivolta degli
studenti e le lotte operaie.
Melloni si occupa di entrambi i temi, ma il primo lo sfiora soltanto, mentre il secondo
diventa un pilastro della sua opera: la difesa (incondizionata) dei lavoratori e il conseguente
attacco (sempre incondizionato) dei padroni talmente rilevante che si ritiene di poter parlare
di una vera e propria epopea dei metalmeccanici.
In essa, gli operai sono costantemente i buoni, i genuini, i portatori di valori autentici
ecc., mentre i proprietari sono sempre i cattivi, i falsi, gli ottusi, etc. Melloni usa
preferibilmente, anche per metonimia, gli appellativi metalmeccanici e lorsignori (che
comprende in genere gli industriali, i ricchi, i privilegiati, etc.).
Fortebraccio idealizza i primi e deforma, con la sua satira, i secondi. Il bene contro il
male, non c spazio per le incertezze. Questo atteggiamento manicheista pu sembrare
sintomo di ingenuit. In realt, sia la dimostrazione di quanto detto a proposito del corsivo
nel capitolo precedente (Semplicit contro Complessit), sia un atteggiamento derivante
dalla situazione culturale dellepoca e da un certo modo che i comunisti avevano di intendere
la battaglia politica.
Il nostro canone politico ed estetico si riassume in questa domanda: Interessa i
metalmeccanici?, dove i metalmeccanici sono per noi lemblema della classe lavoratrice42 .
Anche la seguente affermazione pu essere presa a dichiarazione programmatica
dellintera opera di Melloni: Non siamo soltanto per il benessere della classe lavoratrice, ma
anche per il malessere di quella padronale43. proprio su questo duplice binario che si
sviluppa larte di Fortebraccio. Attacco dei padroni, da un lato; apologia dei lavoratori,
dallaltro.
Di seguito il ritratto di Angelo Costa, presidente della Confindustria, tra i potenti uno dei
bersagli preferiti di Melloni. Lo scenario quello di un confronto televisivo tra industriali e
rappresentanti sindacali.

Luso del dialetto giova, di solito, per accomunare. , assai spesso, uno strumento di
eguaglianza, un mezzo di pi cordiale comunicazione. Ma nel dottor Costa no. Egli si fa

40 P. Di Bello, P. Furlan (a cura di), Fortebraccio, op. cit., p. 42


41 P. Ginsborg, Storia dItalia dal dopoguerra a oggi. Societ e politica 1943-1988, Einaudi, Torino 1989
42 Fortebraccio, Pentimento, LUnit, 30 giugno 1971. Presente in Fortebraccio, Lor Signori, op. cit., pp. 30-32
43Fortebraccio, A cavallo, LUnit, 20 settembre 1970. Presente in Fortebraccio, Corsivi 70, op. cit., pp.
131-132

22
dialettale quanto pi la sua protervia ha bisogno di essere pronta e sicura (). Seduto su
quella sorta di ridicolo bid che la televisione ha ideato per i partecipanti a certi dibattiti
(rinunciando, chiss perch, a raccoglierli intorno a un tavolo comune) il dottor Costa si
rivolgeva ai rappresentanti sindacali col tono di un padrone. Mentre gli altri dicevano Noi
chiediamo, Noi sosteniamo, Noi domanderemo, il presidente Costa parlava in
prima persona: la Confindustria lui. Dice: Io vi offro, Io vi do, Ma io voglio
che, Altrimenti non sono disposto. Questuomo, quando parla, licenzia sempre
qualcuno, non dimenticando mai, e pretendendo che lo si ricordi, che il padrone lui ().
Eppure voi fareste male a credere che Angelo Costa sia un caso a s. Certo, egli il
Colosseo dei padroni, ma appunto come tale li rappresenta degnamente tutti, affratellati dalla
stessa mentalit e dal medesimo animo ().
Pi guardiamo Costa e pi ci persuadiamo che, se venisse a sapere che uno scialacquatore
ha lasciato mille lire sul Monte Bianco, lo scalerebbe di notte per paura di non arrivare in
tempo a prenderle.
Quando il presidente della Confindustria parla, non manca mai di lamentarsi del governo.
Ma se ne lamenta come uno che brontola in casa, con la gente di famiglia, ed pi il
rimprovero rivolto a chi non ti ubbidisce che la strapazzata diretta a chi ti avversa. Le lagnanze
degli industriali contro i nostri governanti hanno landatura del balletto, fanno parte di una
liturgia concordata: loro piagnucolano e il governo fa la faccia feroce. Ma voi non distraetevi,
guardateli fissi: vedrete che a un certo punto si fanno locchiolino.44

In questo caso si tratta di Angelo Costa ma potrebbe trattarsi di un qualunque altro


industriale (li rappresenta degnamente tutti) e questa generalizzazione fa gi parte dello
stereotipo. Infatti, il personaggio descritto da Fortebraccio privo di qualsivoglia profondit o
complessit, per dirla con termine narratologico un personaggio piatto. La protervia
perfino esibita, il tono da padrone che quando parla licenzia sempre qualcuno, la
collusione con il governo, la meschinit. Fortebraccio non dipinge una persona, ma una
macchietta.
Il sarcasmo del corsivista non si abbatte solo sui padroni, ma su chiunque faccia parte
dellestablishment (quindi borghese) e osi prendersela con gli operai, anche se si tratta di un
economista di prestigio.

Sotto il titolo: Il costo degli scioperi il prof. Epicarmo Corbino scriveva ieri, tra laltro,
sul Corriere della Sera: il costo per gli operai formato dalla perdita delle paghe durante
lo sciopero, quasi sempre compensata dai miglioramenti ottenuti alla chiusura della vertenza.
E aggiungeva subito dopo: Ai salari perduti vanno per aggiunte talune spese, connesse con
la temporanea disoccupazione, per consumi prima contenuti dal fatto stesso di lavorare: caff,
vino, liquori, giuoco e via di seguito ().
Basta far caso alla progressione delle gozzoviglie alle quali, secondo il professore, si
abbandonano i lavoratori quando non vanno in fabbrica: caff, vino, liquori, giuoco e via di
seguito. Corbino non lo dice espressamente, ma quanti si astengono dal lavoro non sono, per
lui, degli scioperanti, sono degli scioperati. Egli appartiene al novero di coloro che dicono:
Guardi, ingegnere, gli operai, in fondo stanno meglio di noi. Difatti, come scioperano, eccoli
correre a prendere un caff, e poi un bicchiere di vino. Ma la loro festa appena cominciata:
ben presto passano ai liquori quindi vanno a fare un poker e da l comincia quel via di
seguito che vi consente di immaginare notti di baldoria e di stravizio. Gli scioperanti di
Corbino affollano i night-clubs. Ne escono allalba, sbronzi e felici: non hanno da andare in
fabbrica, il giorno dopo, e possono dormire beati.

44Fortebraccio, Io vi offro, LUnit, 23 febbraio 1969. Presente in Fortebraccio, I corsivi di Fortebraccio,


op. cit., pp. 27-31

23
I figli dei braccianti di Avola dicono ai padri: Pap, ora che scioperi perch non ci porti
alle Bahamas?. Imparate prima linglese rispondono severi i genitori mentre si avviano al
Circolo dei Nobili.45

A volte pu sembrare che Melloni dia la caccia alle streghe. Per esempio, riesce a vedere
una insinuazione nelle parole del professor Corbino, nelle quali, ovviamente, non ve n
alcuna (non lo dice espressamente, ma). Tuttavia, bisogna ricordare che la reazione
spropositata di Fortebraccio ad una semplice considerazione di Corbino fa parte di quel
genere anomalo che il corsivo, il quale ama i paradossi, le esagerazioni, le amplificazioni di
dettagli altrimenti insignificanti.
Come gli operai, Fortebraccio difende parimenti i sindacati. Nel passo seguente riporta
una dichiarazione di Angelo Costa, ovviamente per confutarla.

I sindacati danno limpressione di preoccuparsi anche dellinteresse dei lavoratori, ma di


anteporre altre finalit quali la conquista del potere politico. Il presidente Costa avrebbe poi
aggunto testualmente: Il potere nellazienda mezzo per la conquista del potere politico.
Il dottor Costa, come al solito, ha perfettamente ragione. Mentre i padroni pensano alle
aziende (mica per il loro interesse, ohib) soltanto per difendere il bene della collettivit e
quello dei lavoratori, i sindacalisti () si sono preoccupati anche dei lavoratori, ma solo
nei ritagli di tempo. Solitamente seguono le gare di biliardo, assistono ai concorsi di bellezza e
passano lunghe settimane sulla Costa Smeralda, ospiti dellAga Khan. Se voi andate sulla
Costa Azzurra e pronunciate il nome Gianni, nessuno capisce che volete alludere a Gianni
Agnelli, che da quelle parti non c mai stato. Ma provate a dire: Agostino. Tutti ve lo
indicheranno: Chi? Novella? laggi, in fondo, con la bottiglia di whisky a tracolla.
Quando poi, raramente, i sindacalisti vanno al sindacato, ci vanno precipuamente per
conquistare un sempre maggiore potere politico, quel potere che invece i padroni non hanno
mai ricercato e hanno sempre sdegnosamente respinto ogni volta che gli stato offerto. Non
lasciatevi ingannare dalle apparenze: se Costa va tanto spesso dal ministro Colombo,
unicamente per insegnargli come si coltivano le rose.46

Non sempre gli esiti della satira sono felici come quelli sopra riportati. Di tanto in tanto
capita che Fortebraccio si lasci prendere dalla passione sociale e i suoi toni scadano nel
patetico. Ci non si addice al corsivo, il quale funziona quanto pi feroce, ma si fa sterile
quanto pi accorato.
Come nel brano seguente, dove Melloni accosta due eventi antitetici, con lo scopo di
spingere il lettore allindignazione: lo sciopero di persone a cui manca la minima garanzia
lavorativa (le tabacchine) e una serata di asta (un grande successo finanziario e mondano)
in cui si raggiungono cifre da record.

Le tabacchine di Battipaglia, non avendo ottenuto i sei milioni richiesti, ma soltanto la


promessa che verranno reperiti, come si dice in questi casi, e non avendo neppure potuto
assicurarsi la garanzia di un lavoro continuativo, sono tornate a casa disperate. Ma non sono le
sole a soffrire, perch leggiamo sul Corriere che a Pratolino, per lacquisto del com
dellimperatrice Caterina, erano in gara due coppie di inglesi: La coppia sconfitta poi uscita
nel giardino: lei si seduta, quasi diremmo affranta, su una panchina, mentre lui contemplava
il suggestivo panorama toscano.
Adesso, per favore, non veniteci a dire che le due notizie non hanno alcun rapporto tra
loro. Sono invece strettissimamente legate, e vanno conosciute insieme, per farvi intendere
sempre meglio quanto abietta e sporca la societ in cui viviamo, e come siamo eroici i

45 Fortebraccio, Gozzoviglie, LUnit, 4 marzo 1969. Presente in ivi, pp. 38-39


46 Fortebraccio, anche, LUnit, 24 settembre 1969. Presente in ivi, pp. 159-160

24
lavoratori e i poveri che, con responsabile compostezza (diciamo con responsabile
compostezza), ne sopportano la intollerabile violenza. 47

Fortebraccio definisce addirittura eroici i lavoratori (quindi protagonisti di una vera e


propria epopea). Parla di societ abietta e sporca, senza lasciare intravedere alcuno spiraglio
di luce. Conclude poi con quellinciso sibillino (diciamo con responsabile compostezza) che
pare quasi una minaccia. Il ritmo e il linguaggio sono pi quelli di un predicatore
appassionato che di un corsivista (il quale dovrebbe riuscire a mantenere uno sguardo
sapientemente sornione).
Ogni pretesto buono per denunciare lingiusta distribuzione del benessere, linsensato
scarto tra ricchi e poveri. In questo caso, si tratta di un articolo di Nino Badano sul Tempo alla
vigilia di Natale, nel quale il giornalista esalta la festa cristiana come apoteosi della povert.
Fortebraccio non perde loccasione di commentare ironicamente:

Perch, conclude lo scrittore del Tempo, il Vangelo ammonisce che i poveri ci saranno
sempre. Ah ecco. Ma non precisa, il Vangelo, che dovranno essere sempre gli stessi. Cos noi
proporremmo di cambiare turno. Avanti gli Agnelli, i Costa, i Pesenti, i Monti. tempo che
siano felici loro, poverini, dopo avere tanto sofferto nella ricchezza e nella prosperit. Si
accomodino pure: i poveri si vergognano della loro fortuna e vorrebbero vedere, finalmente,
affamati gli altri.48

Lultimo corsivo che Melloni scrive per lUnit sintitola Succede nella buona
borghesia e contiene la risposta alla missiva di una lettrice. Questo lexplicit: Dica lei: non
meglio stare con i metalmeccanici?49 .
quanto mai significativo che il corsivista abbia scelto di concludere lopera di tre lustri
(e non c motivo di pensare che non sia stata una scelta ponderata) con una domanda retorica
di questo tipo e di porre la parola metalmeccanici in un punto cos strategico.

2.3 Lapologia del PCI

Uno degli aspetti salienti del corsivo , come ricordato, la faziosit. Purch essa sia a
senso unico, sempre contro. Una faziosit a favore, infatti, non sarebbe contemplata
allinterno di un genere tanto acuminato.
Eppure Melloni non solo non punta mai il dito contro il suo partito, ma spesso addirittura
lo difende. Questo laspetto pi controverso del giornalista bolognese, tanto spietato con gli
avversari, quanto condiscendente con i compagni. E forse sta proprio in questo una delle
ragioni del successo istantaneo: il fatto di essere diventato fin da subito una bandiera, un
riferimento dellUnit, la quale era, a sua volta, un riferimento per tutti i comunisti dItalia.
Si tratta della nota pi anacronistica di Fortebraccio, innovatore per molti aspetti,
reazionario per quanto concerne il rifiuto dellautocritica e dellautoironia. Probabilmente
ancora troppo presto per una rivoluzione simile (ci arriveranno solo il Tango di Staino e il

47 Fortebraccio, Due notizie, LUnit, 23 aprile 1969. Presente in ivi, pp. 81-82
48 Fortebraccio, I turni, LUnit, 27 dicembre 1969. Presente in ivi, pp. 205-206
49Fortebraccio, Succede nella buona borghesia, LUnit, 31 ottobre 1982. Presente in P. Di Bello, P. Furlan (a
cura di) Fortebraccio, op. cit., pp. 216-217

25
Cuore di Serra) e Melloni non la persona giusta per farlo: troppo legato culturalmente e
ideologicamente alla Chiesa comunista per poter lanciare uneresia50.
Dicono molto, in proposito, alcune parole usate da Enrico Berlinguer nella Prefazione del
1981, gi citata in precedenza:

Mario Melloni ha saputo fare una scelta di giustizia (perci di lotta per il rinnovamento di
questa societ), e lha considerata una scelta assoluta, definitiva, alla quale si tenuto fedele
tutto sacrificandole, e riconoscendo nel Pci, in questa epoca storica, il suo pi saldo baluardo,
il suo strumento pi efficace, almeno rispetto a tutti gli altri partiti esistenti. Tenendo fermo
quel punto cardinale la giustizia il compagno Melloni ha potuto procedere costantemente
in piena coscienza, con profonda convinzione, ma anche con grandissima libert e scioltezza
().
A Fortebraccio, al compagno Melloni, il nostro partito deve molto. Deve un contributo
grande a unimmagine fresca, pulita e non conformista che ci piace avere, che lui ha
contribuito a farci mantenere. A Fortebraccio siamo grati. 51

Oggi non sarebbe immaginabile che il segretario di un partito ringraziasse pubblicamente


un giornalista e addirittura sostenesse che il partito a lui deve molto. Tanto meno sarebbe
immaginabile una risposta come questa:

I lettori noteranno che questo volume esce senza prefazione, a differenza di quanto
accaduto per le ormai numerose raccolte di corsivi curate negli anni trascorsi ().
Lanno passato uscito il libretto () intitolato A chiare note e la prefazione ha voluto
scriverla Enrico Berlinguer (spontaneamente offrendosi: figuratevi se io, che so quanto
Berlinguer ha da fare e che, oltretutto, sono, per ci che personalmente mi riguarda, timido,
glielo avrei chiesto). Dopo lo scritto del segretario del mio Partito, un uomo al quale sono
legato da una stima e da un affetto profondi, preferisco che altre prefazioni non seguano.
Ritengo di avere ricevuto lonore pi alto che mi si poteva rendere e dopo questa
decorazione (se vogliamo chiamarla come una medaglia) altre non ne desidero. 52

Siamo quasi alla venerazione. Ed chiaramente paradossale il fatto che un giornalista


consideri come onore pi alto lelogio di un segretario di partito e non si vergogni
nemmeno di affermarlo pubblicamente.
Qualche anno prima, nel 1976 (quando il PCI, nelle elezioni politiche, raggiunse la vetta
storica del 34,4%), era stato Cesare Zavattini a scrivere la Prefazione, la quale si chiudeva in
questo modo:

Tu scrivi tremendamente bene, caro Fortebraccio. Se tu scrivessi tremendamente male ci


aiuteresti non meno, tanto il tuo lavoro ha la sua necessit storica, a spalancar le finestre e
cominciare la giornata esclamando che si pu, si pu, si pu, si pu. 53

Quella necessit storica e quel quadruplo, enfatico si pu (riferiti evidentemente


allandata al potere dei comunisti) mettono in chiaro una cosa: lesistenza di Fortebraccio non
disgiungibile dal suo essere comunista.

50 R. Barenghi, Nacque democristiano e mor comunista in Fortebraccio, Facce da schiaffi, op. cit., p. 246
51 E. Berlinguer, Prefazione a Fortebraccio, A chiare note, op. cit., p. XI-XIII
52 Fortebraccio, Prefazione a Fortebraccio, gia tempo, Editori Riuniti, Roma 1982, p. IX
53 C. Zavattini, Si pu in Fortebraccio, Cambiare musica, Editori Riuniti, Roma 1976, p. XII

26
Allespressa domanda di Enzo Biagi che, intervistandolo, gli chiedeva se il Pci avesse
sempre ragione, Melloni rispose Forse no, ma io lo confesso, non me ne accorgo mai54, che
un modo raffinato per dire s. Gi ladesione di un giornalista a un partito presenta
qualche problema deontologico, figurarsi unadesione incondizionata.
Questa dualit del corsivista (indulgente con i suoi, audace contro gli altri) si ripercuote
inevitabilmente sulla sua opera, arrivando a toccare note patetiche quando Fortebraccio tratta
dei comunisti in genere e in particolare dei metalmeccanici, dei lavoratori, categoria
idealizzata fino al limite del populismo.
Il coinvolgimento, anche emotivo, di Melloni nei fatti del partito comunista indubbio e
a volte neppure celato. Fortebraccio non esita, nei suoi corsivi, a scrivere noi per riferirsi ai
comunisti.
Limpegno costante a rimarcare la differenza tra il PCI (serio, responsabile) e le altre
forze politiche (interessate solo al potere, al controllo delle cariche).

Anche su questo terreno [la composizione delle liste] il PCI appare un partito
diverso (). Mentre nei partiti borghesi il problema delle liste problema di persone, tra i
comunisti problema di partito, e come tale viene risolto. Nel PCI dicono: Dove pi adatto
il tale? e il tale, dove pi adatto, va. Nei partiti borghesi dicono: Dove mettiamo il tale?.55

Fortebraccio non esita a definire i comunisti le sole persone serie dItalia56 e si chiede
poi se esista un altro esempio, in Italia, di pi responsabile e consapevole seriet57. Si tratta
quindi di una superiorit non solo politica, ma anche umana e esistenziale che pone i
comunisti su un livello pi alto di tutti gli altri.

2.4 Contro il centro-sinistra

Politicamente Melloni viene dalla Democrazia Cristiana, ma questo non gli impedisce di
considerarla, a distanza di qualche anno, il partito pi spregevole. Pochissimi sono i
democristiani risparmiati dalla feroce satira del corsivista, principalmente Giulio Andreotti e
Aldo Moro (i due uomini della DC () che hanno gi capito tutto58).
Fortebraccio accusa la DC soprattutto di avere tradito la propria vocazione popolare per
seguire gli interessi dei propri rappresentanti, e arriva a rinominarla Bugia Cristiana59 o
Demagogia Cristiana60 . Non perde loccasione di ricordare che il vorace Scudo Crociato ha
fagocitato gli ultimi trentanni di vita politica italiana (a partire dal 1948) e, nonostante

54 E. Biagi, Tutti i Lor Signori di Fortebraccio, Corriere della Sera, 2 aprile 1977
55 Fortebraccio, Malumore, LUnit, 8 marzo 1972. Presente in Fortebraccio, Lor Signori, op. cit., pp. 154-155
56 Fortebraccio, Gi eletti, LUnit, 11 marzo 1972. Presente in ivi, pp. 158-159
57 Fortebraccio, Ultimi, LUnit, 23 marzo 1972. Presente in ivi, pp. 167-168
58 Fortebraccio, Le ombre, LUnit, 29 febbraio 1972. Presente in ivi, pp. 151-153
59Fortebraccio, La BC, LUnit, 21 maggio 1975. Presente in Fortebraccio, Se questo un mondo, op. cit., pp.
60-61
60 Fortebraccio, La marcia di Radetzky, LUnit, 15 aprile 1975. Presente in ivi, pp. 43-44

27
questo, non sembra ancora sazio. Questa la DC, sempre disposta a perdonarci le sue
colpe.61

Tra i comunisti e i democristiani corre questa differenza: che i primi sono comunisti per
fare con giustizia gli affari di tutti e dei lavoratori in prima fila, mentre i secondi (tranne,
naturalmente, qualche meritoria eccezione) sono democristiani per fare meglio gli affari loro,
sporchi o puliti che siano, vanno sempre a messa e abitano, possibilmente, vicino alle
banche.62

La DC, per Melloni, un monstrum dalle mille facce (che rivela, di volta in volta, a
seconda della necessit) e dalle incredibili capacit prensili. un partito interessato solo alla
cattura dei voti e degli accordi con altri gruppi parlamentari allo scopo di detenere il potere e,
tuttavia, indifferente ai principali problemi del paese.

Lo scudo crociato, il cui motto, quando le elezioni si avvicinano, non pi Libertas ma


Torna a casa Lassie. Le sinistre dc, lo diciamo con dispiacere, vanno in direzione con le
giubbe slacciate: cos le destre possono trattenerle meglio per la giacca. 63

La Democrazia cristiana fa il doppio gioco? Come ci permettiamo di tenerci cos


scarsi? La DC non fa un gioco doppio: fa un gioco triplo, quadruplo, quintuplo, decuplo, fa
tutti i giochi, con questo di particolare: che le servono tutti o, meglio, che sa servirsi di tutti.
Essa riesce sempre a presentare i suoi personaggi con nello sfondo un altro personaggio,
uguale e contrario, che fa loro da contrappeso.64

In questo periodo sono frequentissime le crisi di governo. In quindici anni, dal 1968 al
1983, nello spazio di quattro Legislature (nessuna delle quali giunte al termine), si succedono
ben venti governi, quindi meno di uno allanno. In questa situazione, i rimpasti di governo
sono ricorrenti. Fortebraccio ritiene che sia una presa in giro per il popolo italiano, un
tentativo di rilanciare limmagine del governo senza che effettivamente cambi nulla. Gli
uomini, infatti, sono sempre gli stessi. La loro bravura nellincassare e nellattendere che le
tempeste si plachino, secolare. Non hanno paura del tempo: questa la loro vera virt
clericale65.

[I democristiani] vengono, non vanno, e dove son venuti stanno. Voi li vedrete sempre
avvicinarsi. Ad allontanarsi nessuno li ha mai sorpresi, ed esistono certe loro presidenze nelle
quali hanno fatto allestire anche una stanza per la sepoltura. Quando qualcuno di essi (Dio non
voglia) trapassa e chi ne fa lelogio funebre dice, come si usa: Non riusciamo a credere che tu
ci abbia lasciato lo dice davvero, sinceramente: e il carro recante il feretro, prima di rimettersi
in moto, accenna a qualche ondeggiamento come se cercasse di tornare indietro.

61 Fortebraccio, I veneti, LUnit, 12 marzo 1972. Presente in Fortebraccio, Lor Signori, op. cit., pp. 160-161
62Fortebraccio, Otto convenuti otto, LUnit, 9 settembre 1982. Presente in Fortebraccio, gi tempo, op. cit.,
pp. 191-192
63Fortebraccio, La botta, LUnit, 12 febbraio 1972. Presente in Fortebraccio, Lor Signori, op. cit., pp.
142-143
64 Fortebraccio, Una famiglia, LUnit, 4 marzo 1970. Presente in Fortebraccio, Corsivi 70, op. cit., pp. 47-48
65Fortebraccio, Il giuoco, LUnit, 13 gennaio 1973. Presente in Fortebraccio, Dalla nostra parte, Editori
Riuniti, Roma 1973, pp. 16-17

28
La Dc, nei suoi ranghi pi prestigiosi e pi autorevoli, il solo partito italiano che, tra le
altre, annovera anche la carica: fu.66

Altro cancro che ammorba la Democrazia Cristiana, su cui Melloni torna pi volte,
quello delle correnti. Questi numerosi (se ne contano sedici) partiti dentro il partito non
sono che lennesima dimostrazione di un immobilismo a cui la DC condannata: avendo
tante tendenze in conflitto al proprio interno, fatalmente si ritrova imprigionata nella difficolt
o nellimpossibilit di agire.
Nel seguente brano, Fortebraccio irride una dichiarazione di imparzialit da parte di
Fanfani. Secondo Melloni, dentro la DC impossibile essere al di sopra delle parti e poco
importa che si ricoprano ruoli istituzionali importanti come, in questo caso, il Presidente del
Senato.

Una cosa che ci sconforta, a proposito del congresso democristiano, lostinazione con la
quale si costringe il sen. Fanfani a ripetere che egli e intende fermamente rimanere al di
sopra delle parti. Chi conosce luomo sa che egli non ha mai fatto parte di correnti, non si
mai impegnato in giuochi di corridoio, non ha mai ceduto alla tentazione di intese, di
combinazioni, di intrighi. Ohib. Se qualcuno va alla sede della DC e chiede di Fanfani, gli
uscieri alzano gli occhi al cielo: Fanfani c, ma lass, al di sopra delle parti ().
Gli amici del suo partito dovrebbero sapere che egli non mai stato, non diciamo al di
sotto delle parti, che sarebbe disdicevole, ma neppure al loro livello. Non c stato mai, in tutta
la storia della DC, un livel-Fanfani come c, negli appartamenti, un livel-terrazzo. Si sappia
che egli non un uomo, unaltana.67

Altro vizio democristiano condannato ripetutamente da Fortebraccio quello dei rinvii,


ennesimo simbolo di una politica che rimanda ogni decisione, con lo scopo di rimanere
immobile nelle sue posizioni: La politica democristiana una politica per longevi68. Anche
nel caso seguente, la staticit democristiana messa in contrasto con il dinamismo comunista
riluttante ai rinvii.

Noi non sappiamo, fortunatamente, quando moriremo: se sar dinverno o destate, di


mattino, di pomeriggio o di sera. Ma una cosa sappiamo con assoluta certezza; che sar un
giorno in cui la Democrazia rinvier qualche cosa, un consiglio nazionale, una direzione, una
assemblea, un vertice, una partenza, un appuntamento. Per questo grande partito i rinvii non
sono un accidente, una necessit, un imprevisto, ma una passione, una volutt, una ebbrezza e
le sinistre, nella DC, sono tenute in diffidenza anche, se non soprattutto, perch si mostrano
riluttanti ai rinvii.69

Noi non riusciamo a capire come non siano stanchi, nella DC, di tutti questi rinvii e come
non venga in mente a nessuno, fra le migliaia di capi e di sottocapi che vi rissano, di
inaugurare il sistema opposto: quello degli anticipi. Non pensate che sarebbe bello e che
assicurerebbe, ci che pi conta, i medesimi risultati di non fare nulla, come oggi assicurano le
proroghe? I delegati arrivano a Roma il 6 giugno e vanno allEUR dove li accoglie questa

66 Fortebraccio, Promuoviamolo, LUnit, 17 settembre 1977. Presente in Fortebraccio, Facce da schiaffi, op.
cit., pp. 75-76
67 Fortebraccio, Al di sopra, LUnit, 29 giugno 1969. Presente in Fortebraccio, I corsivi di Fortebraccio, op.
cit., pp. 123-124
68Fortebraccio, Il merluzzo, LUnit, 2 giugno 1973. Presente in Fortebraccio, Dalla nostra parte, op. cit., pp.
161-162
69Fortebraccio, Le cose essenziali, LUnit, 29 luglio 1969. Presente in Fortebraccio, I corsivi di
Fortebraccio, op. cit., pp. 143-144

29
avvertenza: Il congresso nazionale della DC ha avuto luogo una settimana fa. Il prossimo
congresso si terr immancabilmente lanno scorso.70

Il fil rouge che attraversa tutta la polemica di Fortebraccio contro i partiti di sinistra (PSI,
PSDI, PRI) laccusa di non prestare sufficiente attenzione ai lavoratori, ai poveri, agli
svantaggiati e contemporaneamente di stare dalla parte degli industriali, dei ricchi, degli
agiati, o comunque di non contrastarli quanto sarebbe necessario.
Ci deriva dal fatto che questi partiti, a differenza del PCI, sono coinvolti o in appoggio
ai governi. Di conseguenza, Fortebraccio li ritrae come socialisti da tappezzeria71 : sedentari,
inattivi, non abbastanza impegnati nella costruzione di una societ pi giusta. In sintesi,
Fortebraccio attacca, pi che la sinistra, lesistenza di un centro-sinistra:

Se c una cosa evidente che nel centro-sinistra si pu anche stare, a patto che nessuno
pretenda di intenderne la permanenza come una adesione ideale: la Democrazia cristiana
almeno per met, tra destra e sinistra, manifestamente non ci crede pi; i repubblicani stanno
nel centro-sinistra come quelle vedove allucinate che seguitano a dormire col marito gi morto
da mesi; i socialisti sono nel centro-sinistra, ma al finestrino, e guardano con passione i campi
fertili che li attendono.72

Ci premesso, i partiti di sinistra non vengono considerati tutti allo stesso modo.
Fortebraccio non pregiudizialmente ostile al PSI, che anzi apprezza, e a cui si sente legato.
Si limita, il pi delle volte, a criticare le scelte dei leader che considera eccessivamente
prudenti sulla via del socialismo. Le obiezioni sono quindi soprattutto episodiche, legate pi a
ragioni formali e a singoli rappresentanti, ma complessivamente il PSI risparmiato dalla
satira.
Non altrettanto avviene con Bettino Craxi, il socialista pi inviso a Melloni, segretario
del partito dal 1976 al 1993. Fortebraccio invita a diffidare di chi vuole sostituire i simboli
storici della falce e martello con un garofano rosso. Pi in generale, attacca la revisione
ideologica avviata dal segretario e arriva ad affermare che lultima e pi grave sventura []
quella di essere craxiani73.
Ma il partito pi osteggiato da Fortebraccio il PSDI. una avversione, questa,
sostanziale e di principio. I socialdemocratici infatti si propongono di sostenere i capisaldi del
socialismo, ma allinterno di un contesto democratico. Vale a dire: non rinnegare il
capitalismo, ma combattere perch esso sia pi equo.
Per un comunista dogmatico, qual Melloni, posizioni come queste sono inconcepibili e
coincidono con un vero e proprio tradimento del socialismo. Come pu infatti un socialista
autentico adeguarsi allo status quo? Come pu non desiderare una rivoluzione mirata a una
societ pi giusta, in cui i miliardari non devono esistere?

70Fortebraccio, Il congresso, LUnit, 8 marzo 1973. Presente in Fortebraccio, Dalla nostra parte, op. cit., pp.
78-81
71 Fortebraccio, Coshai, LUnit, 20 febbraio 1969. Presente in Fortebraccio, I corsivi di Fortebraccio, op.
cit., pp. 25-26
72 Fortebraccio, La fede, LUnit, 9 novembre 1971. Presente in Fortebraccio, Lor Signori, op. cit., pp. 89-90
73Fortebraccio, Il ragazzo Martelli, LUnit, 17 agosto 1982. Presente in Fortebraccio, La galleria di
Fortebraccio, Editori Riuniti, Roma 1985, pp. 168-171

30
Da queste divergenze scaturiscono alcune delle definizioni pi acuminate di Fortebraccio.
I socialdemocratici sono i maggiordomi della borghesia74, socialisti che insegnano ai
poveri a fare linchino75 . Essi sono socialisti da flippers76 , socialisti alla camomilla77.
Essi non edificherebbero il socialismo neppure col Lego78 . Un solo scopo li impegna
appassionatamente: assicurare e proteggere le digestioni laboriose ma felici dei ricchi79.
Hanno sempre paura di prendere il sole, soprattutto se dellavvenire, e stanno volentieri
allombra80. Dove il sole dellavvenire evidentemente, nella concezione ottimistica di
Fortebraccio, lavvento del socialismo.
Di pari passo con laccusa di stare dalla parte dei borghesi, va quella di non essere
sufficientemente interessati alle sorti dei lavoratori. Fatto gi grave di per s, reso
doppiamente grave in quanto il PSDI un partito di sinistra.
Il corsivo seguente risale allestate del 1969, data di nascita del PSDI. Una scissione
interna al Partito Socialista Unitario fece s che la parte socialista ritorn al PSI, mentre quella
socialdemocratica fond il nuovo partito. Fortebraccio ricorda la analoga scissione di cui era
stato testimone ventanni prima, quella da cui era nato il Partito Socialista dei Lavoratori
Italiani (PSLI). Protagonista, in entrambi i casi, il leader del partito Giuseppe Saragat.

Al tavolo della presidenza avevano preso posto, con lon. Saragat al centro, gli
scissionisti maggiori (), ma a un certo punto, quando gi il rito era cominciato, ci si accorse
che mancava un operaio, almeno uno, per il panorama. Voi non immaginate ci che successe
allora. Per la sala affollatissima corse una voce angosciata: C un operaio? Avete visto un
operaio?. Una signora che sedeva nelle prime file, credendo che cercassero un operaio per
riparare un guasto ai microfoni, disse: una disperazione. Quando si cerca un operaio, non
viene mai. Laltro giorno la mia radio.
Finalmente fu trovato un lavoratore. Noi non siamo mai stati in grado di provarlo, ma la
nostra impressione fu che si trattasse di un fattorino postale capitato l per portare un
telegramma. Sia come si voglia, lo afferrarono e lo trascinarono in una saletta appartata per
conciarlo da operaio in tenuta da operaio ().
Perch vedete: i socialdemocratici ce lhanno con i comunisti veri, nellesatta misura in
cui adorano quelli finti. Come i borghesi non domandano altro che avere un figlio il quale
sembri un inglese, cos i socialdemocratici sognano una sola cosa: di avere degli iscritti che
somiglino ai comunisti. Ma laltro giorno, alla sala Capuzzi, non stato trovato nemmeno
quellunico operaio che fu possibile reclutare, quella mattina del 47, a palazzo Barberini.
Del resto, se riandate alle cronache recentissime di questa nuova scissione
socialdemocratica, vi accorgete che mai, in nessun momento della vicenda, i lavoratori vi
figurano come protagonisti. Non vi appare mai il nome di un cantiere, di una fabbrica, di un
rione popolare, e nei discorsi il sostantivo operaio non viene mai pronunciato ().

74Fortebraccio, Derubati e pensosi, LUnit, 21 settembre 1969. Presente in Fortebraccio, I corsivi di


Fortebraccio, op. cit., pp. 155-156
75 Fortebraccio, grazie, LUnit, 28 dicembre 1969. Presente in ivi, pp. 207-208
76 Fortebraccio, Il grido, LUnit, 15 gennaio 1970. Presente in Fortebraccio, Corsivi 70, op. cit., pp. 21-22
77Fortebraccio, Permanente, LUnit, 26 marzo 1972. Presente in Fortebraccio, Lor Signori, op. cit., pp.
170-171
78Fortebraccio, Amatissimo, LUnit, 30 maggio 1970. Presente in Fortebraccio, Corsivi 70, op. cit., pp.
89-90
79 Ibidem
80 Fortebraccio, Nel Kenia, LUnit, 5 agosto 1971. Presente in Fortebraccio, Lor Signori, op. cit., pp. 46-47

31
Per noi che amiamo i socialisti, i socialisti per davvero, questa scissione presenta un solo
rischio: che non sia irreparabile. Ci resta solo da sperare che prevalga la regola: i socialisti con
i socialisti, i socialdemocratici con la Confindustria. Povero dottor Costa, forse non se lo
meritava.81

Unaltra colpa del PSDI quella di essere un partito di governo (prima nel
quadripartito, poi nel pentapartito) quindi colluso con la Democrazia Cristiana.
Nellottica del corsivista, il partito ha quindi prostituito i propri ideali in cambio di nomine.

La grande problematica politica dei socialdemocratici non si riassume, come accade agli
altri partiti, nella domanda Che cosa vogliamo?, ma si esaurisce nella risposta a questa pi
semplice questione: Con chi stiamo?82

La stessa osservazione mossa allaltro partito del centro-sinistra, il Partito Repubblicano


Italiano. Il PRI sostenuto da due figure che vi titaneggiano. Giuseppe Mazzini, il fondatore
che ne detiene idealmente il magistero; e Ugo La Malfa, segretario del partito dal 1965 al
1979, un Mazzini a dispense83 .
Di La Malfa, Fortebraccio critica le manie di protagonismo (egli dice soltanto una
parola: io, e in due ore la pu ripetere ottantasettemila volte84) e lipercriticismo verso la
classe politica di cui pure fa parte. Un ipercriticismo aggravato dal fatto che lo stesso
segretario si trova al governo eppure non ottiene niente:

Questuomo imperituro afferma con orgoglio che il PRI la coscienza critica del
quadripartito. Ci rallegriamo per i risultati. In realt il segretario del PRI non impersona la
coscienza critica del centro-sinistra, ma la complicit critica dove la funzione critica
diventa una aggravante, perch La Malfa nel centro-sinistra critica tutto, non ottiene niente e ci
sta. il destino delledera, dove si attacca muore, ma pensate quale raccapricciante destino:
morire attorcigliati a Rumor.85

La Malfa ha sempre detto tutto un anno prima. Egli passa la vita ad avvertire la Storia e
quella, quando non si fa trovare, gli dice di s ma poi fa a suo modo, donde la malinconia
mista ad amarezza di questo uomo irrefragabile, nato inutilmente per il nostro bene. 86

81Fortebraccio, A.A.A. cercasi operaio, LUnit, 13 luglio 1969. Presente in Fortebraccio, La galleria di
Fortebraccio, op. cit., pp. 161-165
82Fortebraccio, Larmadio, LUnit, 6 luglio 1973. Presente in Fortebraccio, Dalla nostra parte, op. cit., pp.
200-202
83 Fortebraccio, Erano, LUnit, 2 giugno 1970. Presente in Fortebraccio, Corsivi 70, op. cit., pp. 91-92
84Fortebraccio, Disturbo?, LUnit, 2 giugno 1968. Presente in Fortebraccio, Facce da schiaffi, op. cit., pp.
141-142
85 Fortebraccio, Erano, LUnit, 2 giugno 1970. Presente in Fortebraccio, Corsivi 70, op. cit., pp. 91-92
86Fortebraccio, Il monitore, LUnit, 19 marzo 1972. Presente in Fortebraccio, Lor Signori, op. cit., pp.
162-164

32
2.5 Gli anni cupi
Ci accingevamo, come sempre, a scrivere la nostra solita nota quotidiana, quando
abbiamo appreso la notizia che appena conosciuta ha riempito tutti di angoscioso sgomento, e
pensiamo che non spetti a noi, in questa sede, pronunciare commenti.87

Questo lincipit del corsivo apparso sullUnit il 17 marzo 1978. Segue un saluto
affettuoso e commosso ad un amico ed ex compagno di partito. Il giorno precedente stato
uno dei pi scioccanti nella storia della Repubblica italiana: un commando delle BR ha rapito
lartefice del compromesso storico, il presidente della DC Aldo Moro, e assassinato i cinque
uomini della sua scorta.
Questo attacco dice tutto. Il corsivo, davanti ad avvenimenti tragici, in generale davanti
ad avvenimenti smisurati rispetto ad esso, non pu far altro che zittirsi. E ci per un motivo
molto banale: perch non c nulla di cui ridere. Detto altrimenti, un corsivo affettuoso e
commosso costituisce una contraddizione in termini.
In un altro brano, qualche mese prima, Melloni scrive che le violenze e il sangue di
questi giorni [sono] tali da cancellare in noi ogni desiderio di spensieratezza e di scherno88.
Inutile ripeterlo: senza una buona dose di spensieratezza e di scherno un corsivo non ha
motivo dessere.
Eppure le osservazioni come queste, piuttosto esplicite, in questo periodo aumentano.
Questo nostro personale mestiere, sia detto fra parentesi, diventa sempre pi difficile. lo
stesso Fortebraccio ad ammetterlo, sempre nel 1978. Sono parole che lasciano presagire una
qualche stanchezza, avvertita anche dai contemporanei. Fortebraccio non pi lui: questa,
sostanzialmente la tesi. Si possono individuare due ordini di motivi.
Primo: ragioni storiche, o contingenti. Si tratta dei cosiddetti anni di piombo che,
secondo Moroni e Balestrini89 vedono il loro apice nel 1977, con lacuirsi dello scontro tra le
classi e dentro la classe. Il 1978, poi, vede il drammatico rapimento Moro. Ma il record delle
vittime si tocca nel 1980, nel quale si colloca, insieme ad altre, la strage di Bologna.
Insomma Fortebraccio, scrittore satirico, si trova ad operare in un periodo in cui
nellincupirsi e appesantirsi della nostra vita nazionale ha trovato sempre meno varchi per
una schietta risata90.
Secondo: ragioni anagrafiche o fisiologiche. Non bisogna dimenticare che Melloni
comincia a scrivere i suoi Oggi a 65 anni e nel 1978 ha 76 anni: non semplice rimanere
brillanti, agili ed incisivi allo stesso modo, ogni giorno, dopo dieci anni di corsivi, e a
quellet.
In definitiva, quale che sia il motivo (probabilmente si tratta di un concorso dei due), i
corsivi di Fortebraccio si fanno sempre pi astratti e ideologici, sempre meno fantasiosi e
immaginifici. Aumentano le omelie, e diminuiscono le canzonature in punta di penna.
Il ritmo, prima snello e fulmineo, incespica sempre pi di frequente, si appiattisce. Prima
conciso ed efficace, Melloni diventa pi prolisso e ridondante. Non solo stilisticamente, anche

87Fortebraccio, Uno che ha capito, LUnit, 17 marzo 1978. Presente in Fortebraccio, Partita aperta, Editori
Riuniti, Roma 1978, pp. 54-55
88 Fortebraccio, I cento, LUnit, 10 gennaio 1978. Presente in ivi, pp. 3-4
89 P. Moroni, N. Balestrini , L'orda d'oro, SugarCo Edizioni, Milano 1988
90 T. De Mauro, Lo specchio della satira in Fortebraccio, Detto tra noi, op. cit., p. XIII

33
concretamente: i suoi testi aumentano di dimensione rispetto a quelli che firmava
inizialmente, chiaro segno di una capacit di graffiare che, gradualmente, viene meno.
Lavventura termina il 31 ottobre 1982, data dellultimo Oggi sullUnit. Melloni ha
ormai 80 anni e, sfinito (anche fisicamente) dal suo impegno quotidiano, si ritira a vita
privata.

34
3 INDRO MONTANELLI: CONTROCORRENTE

3.1 Il Giornale e Controcorrente

Mentre Mario Melloni passa alla storia soprattutto come Fortebraccio, il Montanelli
corsivista meno conosciuto perch offuscato dai molteplici titoli di un giornalista
estremamente eclettico: inviato di guerra, divulgatore storico tra i pi letti in Italia, fondatore
di due quotidiani ecc.
Indro Montanelli (Fucecchio, 22 aprile 1909 Milano, 22 luglio 2001) fonda il Giornale
(inizialmente Giornale Nuovo) nel 1974. Il quotidiano non presenta innovazioni dal punto di
vista grafico, ha anzi una pagina molto tradizionale ed austera. Uno degli aspetti pi
innovativi proprio il corsivo quotidiano fisso in prima pagina, una costante irrinunciabile
(secondo lo stesso direttore, il sale del Giornale, la punta della sua lancia91). Il titolo della
nuova rubrica Controcorrente, un titolo anche programmatico viste le ragioni del divorzio
dal Corriere della Sera.
Laddio di Montanelli al Corriere non occasionale, ma dovuto ad unesigenza che egli
ritiene impellente: denunciare la pericolosa svolta a sinistra del quotidiano di via Solferino
(roccaforte da sempre della borghesia moderata) determinata dal nuovo direttore Piero Ottone.
Un conservatore come Montanelli infatti preoccupato dallegemonia mediatica e culturale
che la sinistra sta assumendo in Italia (in questi anni, lUnit il secondo quotidiano pi
diffuso proprio dopo il Corriere).
evidente che le poche righe di un corsivo non possono essere sufficienti per esaurire
contenuti simili. Infatti Montanelli ha un altro luogo (gli editoriali) dove sostenere le sue tesi,
dove argomentare ed illustrare le proprie ragioni ai lettori. Non era lo stesso per Fortebraccio,
il quale faceva forzosamente convivere nei suoi articoli ideologia e satira, impegno politico e
distacco caricaturale, un equilibrio delicatissimo che non sempre era mantenuto.
La contrapposizione con Fortebraccio non soltanto contingente, meditata e
programmatica. A partire dal fatto che la stessa nascita del Controcorrente in prima pagina
sul Giornale una evidente ripresa per antitesi del corsivo melloniano in vetrina sullUnit.
Ma Montanelli non si accontenta di essere un Fortebraccio di destra, ne stravolge, anzi, i
presupposti e le modalit di azione.
Rispondere allimpegno di sinistra con il disimpegno di destra: sembra questo, detto in
formula, il suo obiettivo. Quanto pi il comunista rischia di inciampare per eccesso di foga, di
passione politica, tanto pi il conservatore esagera in direzione opposta: ostentatamente
scanzonato, volutamente sguaiato nelle argomentazioni. Dove lemiliano crede ciecamente in
un partito, il toscano riversa sfiducia a priori su tutta la classe politica. Se il primo un
inguaribile idealista, il secondo frantuma ogni illusione; e via contrapponendo. I due corsivisti
che dominano la scena in questi anni incarnano due forze uguali e contrarie.
I Controcorrente di Montanelli sono privi di ogni sovrastruttura ideologica. Lapproccio
alla notizia puramente ludico, disimpegnato. Il succo di questa rubrica non la riflessione,
ma larguzia, il gioco di parole, insomma la trovata92 , la quale posta sempre in chiusura
del testo. Il corsivo montanelliano, al contrario di quello melloniano, ha il suo culmine nel

91 I. Montanelli, Istruzioni per luso in I. Montanelli, Il meglio di Controcorrente, op. cit., p. 7


92 Ivi, p. 8

35
finale. La parte di testo che lo precede esiste solo in funzione dellexplicit. Viene inaugurato
luso di quello scoppio emotivo finale93 che diverr, a partire da questo momento, un punto
fermo del genere.
La conseguenza materiale dellalleggerimento ideologico tangibile: i corsivi si
abbreviano notevolmente. Dai Controcorrente dei primi anni, che superano le cento parole,
le dimensioni progressivamente si riducono fino ad attestarsi tra le cinquanta e le cento
parole. La concisione introdotta da Melloni portata allestremo da Montanelli, che arriva a
scrivere corsivi di sole due frasi.

3.2 Antipolitica e anticomunismo

I Controcorrente avverte lautore non vanno presi alla lettera, perch spesso si tratta
della paradossale forzatura di un luogo comune fino a rovesciarne il senso94 . quindi
importante saper distinguere tra caricatura e vilipendio, tra paradosso e diffamazione95.
I temi, pure se portati allestremo, sono quelli tipicamente montanelliani, solo espressi in
modo volutamente pi provocatorio e viscerale (prerogativa, come visto, del corsivo).
Montanelli un conservatore, collocabile politicamente e ideologicamente agli antipodi
di Fortebraccio, con il quale di frequente incrocia la penna. Entrambi attaccano, uno da destra,
uno da sinistra, la classe politica dominante (rappresentata dalla DC), ma con una differenza
sostanziale. Mentre il giornalista dellUnit conserva un sostanziale ottimismo nel futuro,
perch lo vede comunista, il direttore del Giornale non sostiene alcun partito, il che equivale a
dire che li critica tutti indistintamente. Sempre contro corrente, appunto. E,
significativamente, uno dei partiti politici che il giornalista di Fucecchio contester
maggiormente sar proprio il primo partito di destra in grado di vincere le elezioni: Forza
Italia.
Ci dovuto allimprinting di Montanelli, che, secondo Sergio Romano,

non e non sar mai il giornalista della maggioranza. Non potrebbe esserlo neppure se il
buon Dio regalasse allItalia un governo presieduto da Cavour, con Quintino Sella alle
Finanze, Luigi Einaudi al Tesoro, Giovanni Giolitti agli Interni, Carlo Sforza agli Esteri e
Alcide De Gasperi al ministero dei Rapporti con la Chiesa. pronto a dir bene dei morti
perch sa che non possono pi commettere errori. Ma finch son vivi Montanelli
allopposizione. 96

Questo spiega un tema ricorrente allinterno dei corsivi di Montanelli, dettato dal suo
pessimismo di fondo, ovvero lattacco indiscriminato al Palazzo. La cosiddetta antipolitica
un argomento che si addice al corsivo, il quale predilige giova ricordarlo perch non venga
frainteso la semplicit, il paradosso, lumore.
Gli esempi sarebbero numerosi. A paradigma dello stile montanelliano prendiamo due
Controcorrente, il primo del 31 ottobre 1974, il secondo del 14 aprile 1988.

93 S. Baldolini, Scrivere un articolo, op. cit., p. 97


94 I. Montanelli, Istruzioni per luso in I. Montanelli, Il meglio di Controcorrente, op. cit., p. 8
95 I. Montanelli, Prefazione a I. Montanelli, Controcorrente. 1974-1986, Mondadori, Milano 1987, p. 5
96 S. Romano, I carissimi nemici, La Stampa, 14 settembre 1994

36
In una conferenza stampa a Nuova Delhi, Henry Kissinger ha dichiarato che verr a
Roma e andr a pranzo dal presidente Leone, ma non parler di politica perch quella italiana
, per lui, troppo difficile da capire. la prima volta che Kissinger riconosce i limiti della
propria intelligenza. Ma vogliamo rassicurarlo. A non capire la politica italiana ci sono anche
cinquantacinque milioni di italiani, compresi coloro che la fanno.97

Il nuovo governo cinese formato da quarantuno ministri, quello di De Mita da trentatr.


Siccome i cinesi sono 750 milioni e gli italiani appena cinquantotto, se a Roma vigesse la
regola applicata a Pechino, i nostri ministri dovrebbero essere 3,3, cos suddivisi secondo la
logica della lottizzazione: 1,6 democristiani, 1,2 socialisti e 0,5 laici. Il problema dei decimali
sarebbe risolvibile ricorrendo a quelli che nel linguaggio mafioso si chiamano
mezzommini, gli unici di cui i nostri partiti possono scialare.98

Ci che appare evidente, anche in questi primi due campioni, la gratuit del giudizio.
Lautore non ha bisogno di argomentare le sue tesi, non ha bisogno forse nemmeno di avere
una tesi: sono sufficienti le immagini grottesche da lui dipinte. Non casuale laccostamento
del corsivo allaforisma: entrambi non chiedono di essere messi in discussione (come invece
un pamphlet, un editoriale, etc.), chiedono solo la cieca fiducia del lettore. Lo stesso
Montanelli, in un editoriale, non designerebbe gli uomini politici con unespressione triviale
come mezzommini, ma il corsivo glielo permette essendo innanzitutto satira (e auto-
satira).
Un topos di grande successo dellantipolitica, sfruttato anche da Montanelli, lavidit
dei governanti. Gli uomini politici, sotto la lente della satira, diventano noncuranti della cosa
pubblica, affamati soltanto di cariche, da una parte, e di denaro, dallaltra:

Secondo lIstat, gli italiani dedicano mediamente otto minuti della giornata ai problemi
politici. Ci sarebbe da essere soddisfatti se i politici dedicassero lo stesso tempo ai problemi
degli italiani.99

Favoletta moderna. Amareggiato per lindecente lottizzazione politica dellIri, dellEni,


dellEfim e degli altri pubblici enti di gestione, luomo della strada and davanti alla rupe,
famosa per la sua eco, e domand: Per quale motivo i partiti si accaniscono tanto per
accaparrarsi gli enti di gestione? E leco rispose: Digestione. 100

Reagan riduce il suo stipendio del dieci per cento, i deputati italiani se laumentano di un
milione al mese. Ci sembra giusto. Il presidente americano ha lambizione di passare alla
storia, i nostri onorevoli saccontentano di passare alla cassa.101

Conservatore, a tratti reazionario, Montanelli si trova ripetutamente a contestare e irridere


le istanze di cambiamento e modernizzazione presenti, secondo lui in modo smisurato, nella
societ. In questi anni, i bersagli non mancano. Il direttore del giornale prende di mira
soprattutto le proteste studentesche, gli scioperi sindacali, le battaglie femministe.
In pieno stile pessimistico, il disaccordo non riguarda solo le idee di fondo: si tratta
soprattutto di sfiducia nelle persone che dovrebbero realizzarle. Montanelli, infatti, pi che le

97
I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 31 ottobre 1974. Presente in I. Montanelli, Il meglio di
Controcorrente, op. cit., p. 16
98 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 14 aprile 1988. Presente in ivi, p. 232
99 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 28 gennaio 1991. Presente in ivi, p. 270
100 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 24 febbraio 1982. Presente in ivi, p. 165
101 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 9 dicembre 1984. Presente in ivi, p. 198

37
rivendicazioni teme ci che pu derivare dal loro eccesso. Per quanto riguarda la scuola, il
direttore del Giornale ritiene sia necessario un atteggiamento sufficientemente autoritario
degli insegnanti sugli studenti, pena il venir meno di un vincolo educativo corretto. Una
gerarchia rigida deve esistere anche tra imprenditori e operai, perch il prevalere di questi
ultimi attraverso le rivendicazioni sindacali significherebbe lo stallo delleconomia. Per
quanto riguarda il femminismo, non viene ovviamente contestata la parit dei sessi, ma certe
speculazioni strumentali o cervellotiche.

in corso una iniziativa per labolizione, nelle aule scolastiche, della pedana su cui si
eleva la cattedra. Il perch lo avrete gi capito: linsegnante deve mettersi, anche
materialmente, a livello degli alunni per non lederne la dignit e dimostrare con lesempio che
siamo tutti uguali. Giusto. La via delluguaglianza dice Rivarol si percorre solo in discesa:
allaltezza dei somari facilissimo istaurarla.102

Fra gli annunci economici di Lotta continua, ne comparso uno che dice: Compero a L.
100.000 una tesi di laurea, anche gi presentata, purch tratti un argomento attinente
allInghilterra, o alla lingua, storia, letteratura inglese. Meglio se con una impostazione
femminista. Curioso. Questi grandi rivoluzionari, che dicono di battersi per costruire una
societ nuova di zecca, quando si tratta di lauree, si contentano anche di quelle usate e di
seconda mano. 103

LIstat ha reso noto che nel 1975 le ore perdute per conflitti di lavoro sono state circa 180
milioni con un aumento di 42 milioni cio quasi il 30 per cento rispetto al 1974. Come si
vede, in questo Paese, non mai il caso di disperare. Fra tante industrie che vanno a rotoli, ce
n una che prospera rigogliosa: lo sciopero.104

Ci capitato sotto gli occhi, in un libro tutto nuovo, lennesimo grido di dolore di una
femminista che dopo pi di cento pagine di analisi socio psicologica approda a questa
conclusione: Occorre capire a che punto siamo e che cosa ci vuole per superare questo
difficile tornante. Ma come? Mettendo in crisi luomo. Se per essere amati, avere figli, avere
compagnia ed affetto, gli uomini dovessero imparare a dare amore compagnia, sesso, affetto,
allora le scelte di tutti sarebbero diverse. Una cinquantina di anni fa un poeta francese
considerato di serie B, Paul Graldy, scrisse: Se tu mi amassi e se io ti amassi oh, come ti
amerei!, e pass per fesso. Ma per arrivare a tanto,ci mise tre versi soli, non un libro.105

La battaglia culturale contro il progressismo studentesco, sindacale e femminista si


inserisce nel pi ampio quadro della guerra che Montanelli muove agli ambienti di sinistra
(moderata come estrema), responsabile di aver creato un tale clima nella societ italiana.
Fondamentale notare che, sebbene nei Controcorrente lautore affronti largomento in modo
parodistico e distaccato, la questione per Montanelli in realt pressante e tuttaltro che di
maniera.
Come si visto, il giornalista di Fucecchio utilizza spesso, nei suoi corsivi, topoi
dellantipolitica. La quale, alle sue estreme conseguenze, porta al livellamento della classe
politica, con verbalizzazioni come sono tutti uguali. Ma Montanelli non arriva a questo
punto, ritenendo comunque il PCI il problema e il rischio prioritario per lItalia.

102 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 29 ottobre 1977. Presente in ivi, p. 84-85


103 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 3 marzo 1978. Presente in ivi, p. 96
104 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 26 febbraio 1976. Presente in ivi, p. 41
105 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 13 maggio 1979. Presente in ivi, p. 128

38
In parte, ci dovuto alla chiara divergenza ideologica. Se Montanelli conservatore e
liberista, i comunisti sono progressisti e statalisti. Nel seguente brano vediamo un esempio
dellinsanabile distanza in materia politico-economica.

In una settimana di studi su Lo stato capitalistico contemporaneo alla luce del pensiero
di Marx, sono state avanzate proposte per favorire la transizione al socialismo. Fra laltro,
di commisurare il valore del voto alla posizione del soggetto entro lorganizzazione produttiva
(ad esempio in proporzione inversa alla capacit contributiva). Il che, in parole povere,
significa questo: che uno, meno imposte paga, e pi il suo voto conta. Lidea ci sembra
eccellente. Fin qui il nostro sistema fiscale ha sempre mirato a garantire, di riffe o di raffe,
lindulgenza verso levasore. Troppo poco. Merita il premio. 106

Oltre al dissenso ideologico, nei Controcorrente, spesso al centro dellattenzione la


situazione dei Paesi comunisti. In primis, ovviamente, lUnione Sovietica, spauracchio di tutti
gli anti-comunisti. In un corsivo, ad esempio, si menziona unesplosione demografica nella
Polonia del 1982 e si conclude in questo modo: Sotto il comunismo, facile nascere. Pi
difficile vivere107 . Non si tratta di una provocazione, Montanelli guarda con
preoccupazione il possibile avvento al governo del PCI (il quale nel 1976 ha pericolosamente
superato la soglia del 34%) e la vocazione (secondo lui antilibertaria) del partito: teme che in
quel caso lItalia potrebbe fare la fine di Polonia, Ungheria, etc.

Per dare al suo ufficio studi e previsioni maggior rigore e efficienza, la DC ha deciso di
mobilitare il grande calcolatore elettronico di Pisa, che si chiama Suark, e che passa per uno
dei pi sofisticati del mondo. A quanto si dice negli ambienti bene informati, la prima
domanda che gli stata posta, dopo avergli fornito i necessari dati, stata: Chi sar al potere
in Italia fra dieci anni?. Risposta di Suark: La Democrazia cristiana. Seconda domanda: E
quanto coster, per esempio, un chilo duva?. Risposta: Quindici rubli. 108

Gli anni Settanta, i cosiddetti anni di piombo, sono gremiti di stragi e attentati, che tra
laltro toccano da vicino lo stesso Montanelli, gambizzato con quattro proiettili da un
commando delle Brigate Rosse il 2 giugno 1977.
I Controcorrente si soffermano spesso a commentare gli approcci della stampa a questo
genere di notizie. Lautore considera ipocriti gli organi di informazione che minimizzano gli
atti dei gruppi di sinistra, mentre amplificano quelli dei gruppi di destra. Ad esempio, citando
un articolo del Corriere della Sera, sottolinea polemicamente lo squilibrio delle definizioni:
la delinquenza nera nera, mentre quella rossa lavventurismo torbido di altre
formazioni109.
C in particolare una formula molto in voga in quegli anni, opposti estremismi, che
spiega sia il successo elettorale della DC, sia lo stragismo bilaterale. In una puntata della sua
polemica con lUnit, colpevole di eccessiva indulgenza verso alcuni ultras di estrema
sinistra, Montanelli storpia quel motto storico, in uno dei Controcorrente dai toni pi
appassionati.

106 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 21 settembre 1976. Presente in ivi, p. 52


107 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 7 marzo 1983. Presente in ivi, p. 180-181
108 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 18 ottobre 1977. Presente in ivi, p. 84
109 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 1 febbraio 1976. Presente in ivi, p. 39

39
La cronaca che lUnit di venerd scorso ha dedicato alla morte del missino Bruno
Giudici, aggredito e pestato insieme al figlio diciassettenne da ultras di estrema sinistra, merita
una larga citazione. Notate intanto la composta neutralit del titolo: Camionista difende a
Roma il figlio dai teppisti e muore per le percosse. Lepisodio resta cos confinato nei limiti
di una rissa: in quei limiti rimane anche nel testo. Padre e figlio entrambi di destra (riconosce
lestensore) sarebbero stati presi di mira da sconosciuti e minacciati. Gli stessi teppisti,
tornati allassalto pi tardi, avrebbero infierito sui due, e in particolare su Bruno Giudici. Dopo
laccenno alla qualificazione di destra delle vittime, evapora subito, in questa cronaca
esemplare, la sostanza politica della vicenda. I teppisti sono senza etichetta, ragazzacci ostili
ai camionisti. Il ricco campionario di termini indignati, sprezzanti, accusatori, cui lUnit sa
attingere se la violenza fascista, qui si stempera in una cautela degna non del Times di oggi,
ma di quello vittoriano. I raids brutali o sono di fascisti o sono di teppisti. Messi fuori legge
gli opposti estremismi, i comunisti sono riusciti a realizzare, sulla loro stampa, gli opposti
eufemismi.110

3.3 Il disimpegno

Altro fatto eloquente che, rispetto ai corsivi di Fortebraccio, in quelli di Montanelli


trova spazio la cronaca. Ma non rivolta a considerazioni sociologiche o antropologiche o di
costume. Il fine sempre meramente ludico. Come, ad esempio:

Il New York Times ha scritto che un medicinale svizzero avrebbe causato la morte di 46
persone negli Stati Uniti. Pare si tratti di un sedativo: la solita efficienza elvetica. 111

Il corsivo del 22 novembre 1977 comincia in questo modo: La visita di Sadat a


Gerusalemme non roba da Controcorrente. una pagina di Storia che ()112. Perch
lautore ritiene che quel fatto, pure se storicamente rilevante, non sia roba da
Controcorrente? Perch appartiene alla Storia, quella con la esse maiuscola, che
evidentemente esula dal campo di competenza del corsivo. Infatti, scorrendo il testo, notiamo
che lattenzione di Montanelli si sofferma non gi sul significato generale dellevento, ma su
di un piccolo particolare del cerimoniale, probabilmente sfuggito ai pi.
Questo sintomatico di una caratteristica fondamentale di Controcorrente e del corsivo
in generale. Questo genere giornalistico si perde nei dettagli. I grandi eventi storici non lo
interessano e comunque non affar suo commentarli. Analogamente a Montanelli, anche
Fortebraccio aveva dichiarato la propria impotenza nel dover commentare il rapimento di
Aldo Moro. necessariamente cos: davanti ad eventi pi grandi di lui, il corsivista
ammutolisce. in grado di amplificare e deformare i dettagli (con una tecnica quasi cubista),
ma non di tirare le fila n di trovare un senso universale degli eventi, perch al contrario
delleditoriale non ha lo spazio n il ritmo n il carattere per farlo.
Come si visto, il Controcorrente non entra quasi mai nel merito delle questioni (del
resto non avrebbe lo spazio materiale per farlo), le sfiora senza prenderle n prendersi sul
serio. Si accontenta di escogitare la battuta di spirito, la facezia, la trovata. Siamo agli
antipodi rispetto allOggi di Fortebraccio. Di l limpegno, lideologia (a volte eccedente),

110 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 3 aprile 1977. Presente in ivi, p. 69


111 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 7 luglio 1991. Presente in ivi, p. 275
112 I. Montanelli, Controcorrente, Il Giornale, 22 novembre 1977. Presente in ivi, p. 85

40
di qua il disimpegno, il lusus come unico obiettivo. Chi si cimenter in seguito con questo
genere dovr muoversi tra questi due estremi.

41
4 MICHELE SERRA: CHE TEMPO FA, LAMACA

4.1 Al posto di Fortebraccio e poi a Repubblica

Lultimo corsivo di Fortebraccio era comparso sulla prima pagina dellUnit il 31 ottobre
1982. Quasi dieci anni dopo, il 7 giugno 1992, il neodirettore Walter Veltroni affida quel posto
prestigioso a Michele Serra (Roma, 10 luglio 1954) che, nemmeno quarantenne, da qualche
anno si distinto principalmente come scrittore satirico. Nel suo curriculum, a quel tempo,
spiccano la collaborazione con linserto satirico dellUnit (Tango) diretto da Sergio Staino, la
partecipazione nella scrittura dei testi per un comico vero e proprio quale Beppe Grillo, e
soprattutto la direzione del settimanale satirico Cuore (dal 1989).
Questo segna un importante cambio di marcia nella storia del corsivo. Mario Melloni era
diventato Fortebraccio a ben sessantacinque anni, quasi per scrollarsi di dosso una livrea
troppo solenne, dopo aver diretto due quotidiani (Il Popolo e Paese Sera) ed essere stato
eletto per due legislature alla Camera dei Deputati (1948, 1953). Per non parlare di Montanelli
che prima di firmare i Controcorrente era stato il cavallo di razza del Corriere, grazie a
reportages fondamentali come quelli dallUngheria (1956). Insomma, i due autori affrontati
finora erano arrivati a praticare questo genere minore dopo essersi legittimati in aree pi
nobili del giornalismo. Come dire che ci si poteva sollazzare con questo divertissement, in
vesti dimesse, ma prima era necessario dimostrare di saper indossare labito ufficiale, quello
dellalta societ.
Lavvento di Serra marca un percorso radicalmente diverso ed , in questo senso,
paradigmatico: un professionista della satira che, senza esperienze particolarmente
significative nel giornalismo alto, si guadagna un posto fisso in prima pagina su di un
importante quotidiano nazionale. A posteriori, si pu interpretare come il segno che
linnovazione di Fortebraccio ha dato i suoi frutti. Il corsivo giornalistico ora
indissolubilmente legato alla satira e ad una considerazione quasi letteraria del singolo autore:
il suo stile, la sua individualit, la sua sensibilit sono ora tutto ci che conta. Non pi una
questione di pedigree.
Il titolo della nuova rubrica, Che tempo fa, rimanda a conversazioni svagate,
estremamente informali, da bar o da luoghi in cui il tempo scivola lentamente e si parla un
po di tutto, purch lo si faccia superficialmente. Solo chiacchiere, appunto.
Anche se, in questo caso, il livello della chiacchiera si alza, si sublima, viene raffinato da
tutte le scorie. Il corsivista ha una sensibilit e una cultura che gli consentono di parlare di
tutto senza risultare banale o noioso. Sa produrre una chiacchiera aristocratica che si leva al
di sopra del cicaleccio popolare. Vale quanto mai la definizione data dallo stesso Serra: il
corsivista un superficiale di talento113.
Questo spiega il suo successo. Il giornalista romano sa catalizzare sentimenti e opinioni
largamente diffusi, dentro i suoi pezzi, in una forma accattivante, letteraria, sentenziosa. E
soprattutto ben riconoscibile, radicale: destra o sinistra, bianco o nero, giusto o sbagliato, urge
scegliere da che parte stare purch, una volta scelto, non ci sia spazio per i ripensamenti. Si
tratta di ci che nel primo capitolo di questo studio si riconduceva alla Semplicit.

113 M. Serra, Prefazione a R. Barenghi, Jena, op. cit., p. VII

42
Manifestare unopinione, descrivere unimpressione, anche quando non ne avrei avuto la
voglia n il destro (per non parlare della competenza)114 . Esprimere una sensazione (la
propria sensazione) viene, dunque, prima di tutto, anche prima della cognizione di causa.
la suggestione personale che prende il sopravvento rispetto alla fredda oggettivit e si arroga
il diritto di ingigantire fatti piccolissimi o di rimpicciolire fatti enormi. Siamo, chiaro, al
ribaltamento dei principi alla base del giornalismo.
Lultima puntata della rubrica sullUnit (27 luglio 2000) si deve a un motivo contingente:
la chiusura del quotidiano stesso, in seguito alla crisi e al fallimento. Il giornale fondato da
Gramsci torner in edicola il 28 marzo 2001, ma pochi mesi dopo (il 3 luglio) Serra
comincer a firmare una nuova rubrica (chiamata Lamaca) su Repubblica. Le
caratteristiche delle rubriche sono analoghe (per questo le tratteremo senza soluzione di
continuit).

4.2 La prima persona, lintimismo

In Serra, lio diventa totalizzante, assoluto, ingombrante quasi come unio letterario. E
non solo in senso lato. Luso della prima persona frequente, come non era mai stato n in
Fortebraccio n in Montanelli. Oggi vado a votare tre S ai referendum contro la Mamm115,
Approfitto delle due righe rimaste per rivolgergli un messaggio personale116 , Per ragioni
troppo lunghe da spiegarvi, oggi sono nellimpossibilit di leggere i giornali e guardare la
tiv117, Da bravo cittadino seguo con apprensione luscita dal coma della lira118, Non
riesco a prendere sul serio la Lega119. Ci sarebbero migliaia di esempi come questi.
Dove gli autori di Oggi e di Controcorrente avrebbero utilizzato in ossequio
allantica regola giornalistica la prima persona plurale o la forma impersonale, Serra non
cerca di nascondersi dietro a simili espedienti. Quella che potrebbe sembrare una mera
variazione grammaticale, d invece la cifra della peculiarit di questo autore. Il noi
distribuisce la responsabilit di chi scrive su una molteplicit astratta, per cos dire,
diluendola. Lio invece parla soltanto per s, e a volte perfino di s.
Questa opzione, introdotta da Serra, finisce col portare, in certi esiti, a una sorta di
ripiegamento del corsivo su s stesso, di deriva autoreferenziale. Si vedano, ad esempio, i
brani seguenti:

Nessuno sa dire con certezza se le bizzarrie del tempo siano davvero dovute alla
scellerata azione degli uomini o dipendano da cicli climatici ricorrenti. La sola cosa certa che
lesposizione dellumanit alle intemperie e alla brutalit degli elementi ancora fortissima,
perfino nelle societ a tecnologia avanzata. Il maltempo ci ricorda, diverse volte allanno, che
stiamo pur sempre giocando una partita allaperto, e che nessuna forma, neppure la pi
raffinata, di artificialit delle condizioni di vita pu davvero porci al riparo: perch se le case

114 M. Serra, Prefazione a M. Serra, Che tempo fa, Feltrinelli, Milano 1999, p. 10
115 M. Serra, Che tempo fa, LUnit, 11 giugno 1995. Presente in ivi, p. 18
116 Ibidem
117 M. Serra, Che tempo fa, LUnit, 9 aprile 1994. Presente in ivi, p. 76
118 M. Serra, Che tempo fa, LUnit, 17 maggio 1995. Presente in ivi, p. 276
119 M. Serra, Che tempo fa, LUnit, 28 giugno 1992. Presente in ivi, p. 221

43
sono calde e robuste, i campi coltivati, le strade, le ferrovie, i mari sono esposti al cielo.
Personalmente, anche se sono ben lieto di stare al caldo e allasciutto, a ogni ondata di tempo
cattivo provo una sorta di eccitazione infantile. La natura che rialza la voce, indomabile e
dispotica, ci ricorda che la nostra avventura ancora in corso, che niente conquistato per
sempre e soprattutto che apparteniamo indissolubilmente alla terra. Dalla quale dipendiamo
assai pi di quanto essa dipenda da noi: ed questa una vera fortuna.120

Guido Ceronetti cita, condividendola, una tonante frase di Colin Wilson: Privato dei
significati che oltrepassano la sua esistenza quotidiana, luomo si riempie di disgusto e di
livore. Chiss perch tanto spregio per la vita quotidiana. Conosco diversi casi (il mio, per
esempio) nei quali proprio la vita quotidiana a tutelare le persone da disgusto e livore.
Naturalmente bisogna averne una, di vita quotidiana, da sbrigare e da onorare. Dico gli affetti,
la socialit minuta, la cura dei figli, perfino fare la spesa nei negozi. Per non dire lavare la
macchina, che nel suo piccolo unattivit solenne e quasi zen. Lo stesso giorno che leggo
quel Ceronetti ho la fortuna di imbattermi nel suo esatto antidoto, una consolante (non
consolatoria) intervista a Ermanno Olmi per i suoi settantanni. Che dice: Potrei sopravvivere
alla scomparsa di tutte le cattedrali del mondo, non potrei mai sopravvivere alla scomparsa del
bosco che vedo ogni mattina dalla mia finestra. 121

Si tratta, giova ricordarlo, di casi limite. Ma innegabile che in esiti come questi la
definizione di genere giornalistico-letterario fa perfino torto al primo termine.
Significativo quellinciso nel secondo brano: Conosco diversi casi (il mio, per esempio).
Con il pretesto delluniversalit, si scende a descrivere la singolarit pi minuta. Il piglio
dellautore intimista, stralunato. Non c ombra di politica, di cronaca, di costume, di
attualit. Ci sono soltanto osservazioni che si potrebbero considerare universalmente valide.
Testi come questi, incastonati dentro una pagina di giornale, fanno leffetto di una fuga dalla
realt, di una pausa silenziosa nel chiasso della quotidianit.
uno specifico di Serra (e lorigine del suo successo), questo sguardo pigro,
imperturbabile, degno quasi di un saggio stoico. Una sfumatura personalissima presente anche
quando il corsivista si occupa di attualit. Gi, perch, dovendo scrivere su un giornale, non
sempre possibile rannicchiarsi in s stessi, fuggire dalla vita moderna. Il pi delle volte si
costretti a sporcarsi le mani, a compromettersi con il contingente.
E Serra lo fa, ma continuando sempre a strizzare locchio al lettore, come a volergli
confidare che se potesse scapperebbe il pi lontano possibile, in un posto del mondo dove non
esistono televisione, giornali, informazioni. Il titolo della sua seconda rubrica sar evocativo
in questo senso: Lamaca.

Per ragioni troppo lunghe da spiegarvi, oggi sono nellimpossibilit di leggere i giornali e
guardare la tiv. Potrebbe essere successo di tutto: la terza guerra mondiale, uninvasione
marziana, addirittura una vittoria dellInter, e io non lo saprei. Ebbene: una sensazione
meravigliosa ().
A nome dellintera categoria dei giornalisti (insieme vittime e agenti patogeni di quella
metastasi di nozioni casuali, incontrollabili e presuntuose che chiamiamo informazione) mi
prendo la briga, cos su due piedi, di chiedervi scusa per la massa di intimidatorie futilit con
cui vi aggrediamo ogni giorno. Non lo facciamo apposta. Come quasi tutti gli spacciatori,
siamo drogati anche noi.122

120 M. Serra, Che tempo fa, LUnit, 29 dicembre 1995. Presente in ivi, p. 17
121M. Serra, Lamaca, La Repubblica, 27 luglio 2001. Presente in M. Serra, Tutti i santi giorni, op. cit., p.
159
122 M. Serra, Che tempo fa, LUnit, 9 aprile 1994. Presente in M. Serra, Che tempo fa, op. cit., p. 76-77

44
La contraddizione di un Serra aspirante eremita, che per scrive tutti i giorni su uno dei
quotidiani pi letti dItalia, evidente. Non , tuttavia, una contraddizione ricusata, bens
consapevole, accettata di buon grado. Proprio questo spiega la singolarit di Serra: il suo
camminare in bilico su un filo, in una condizione di equilibrio tanto precario. Quel riquadro
nella prima pagina dellUnit, pi che una finestra sul mondo, una possibile via di fuga dal
mondo.

4.3 Il rifiuto dellimpegno politico, il moralismo

Nel 1992, Veltroni aveva affidato a Serra lo spazio che era stato di Melloni, auspicando
che il primo seguisse le orme del secondo. Lidea ebbe successo e ne venne fuori una rubrica
amata quanto la precedente.
Sarebbe tuttavia un errore considerare Serra lerede di Fortebraccio (come pure
avvenuto) perch, se vero che ne eredit il posto, altrettanto vero che il corsivista romano
fond un proprio stile, radicalmente diverso, e si pose nuovi obiettivi. N, del resto, sarebbe
potuta andare diversamente: erano successe troppe cose in quei dieci anni, compresa la caduta
del muro di Berlino. LUnit non era pi la stessa: il corsivo in prima pagina non sarebbe
potuto essere pi lo stesso.
Basterebbe il brano seguente, del 1994, per marcare in modo lampante lantinomia che
divide Melloni e Serra.

Conosco molte persone di sinistra. Posso dire di conoscere bene, ormai, la sinistra italiana
nel suo complesso. Ne penso un gran bene. Siamo, nella grande maggioranza, persone oneste,
piuttosto sobrie nella vita privata e piuttosto civili nella vita pubblica. Siamo portati per la
cultura, le discipline intellettuali, dotati in genere di intelligenza vivace e di acume critico,
direi decisamente pi riflessivi della media della popolazione italiana. Siamo impareggiabili
come organizzatori di feste di piazza, come ristoratori di massa e di lite, insomma eccelliamo
nel nobilissimo nonch utilissimo campo della convivialit. Non parliamo, poi, del primato a
dir poco clamoroso nelle arti pi disparate: molti di noi sono diventati eccellenti registi, ottimi
cantautori, scrittori di vaglia, attori di talento, maestri della pittura. Non si contano gli artisti di
sinistra che hanno avuto successo, esattamente come non si contano gli intellettuali di sinistra
che godono di grande prestigio. A questo punto, c solo una cosa che non riesco pi a capire:
perch ci ostiniamo a occuparci di politica, visto che lunica cosa che non siamo
assolutamente capaci di fare?123

Questo pezzo paradigmatico. Ecco che fine hanno fatto la tensione morale, limpegno
civile, lutopia politica di Fortebraccio. Sono scomparsi anche i metalmeccanici, al loro posto
una classe ormai benestante (qualcuno potrebbe chiamarla radical chic) che non ha pi
rivendicazioni da avanzare, tanto da meditare un ritiro dalla politica. Si tratta solo di una
provocazione, certo, ma una provocazione che dice molto.
I tempi sono cambiati. Serra non pi il corsivista di sinistra che dalla prima pagina
dellUnit attacca gli avversari e difende i comunisti. il corsivista che si riserva di avere
opinioni anche discordanti rispetto allortodossia. Lunico criterio valido diventato il suo
umore, limpressione che il mondo circostante gli suscita.
La attitudine alla fuga cui accennavamo alla fine del paragrafo precedente ha a che fare,
quindi, anche con la politica. Non potremmo essere pi lontani da Fortebraccio. In Serra, gli

123 M. Serra, Che tempo fa, LUnit, 21 aprile 1994. Presente in ivi, p. 78

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spazi riservati alla derisione della classe politica (campo in cui il suo predecessore eccelleva)
sono limitati. Il ch ci mette davanti a un evidente paradosso: Michele Serra, conclamato
professionista della satira, trovatosi a scrivere corsivi, si rivela molto meno satirico (in
senso tradizionale) rispetto a Mario Melloni.
Il brano riportato di seguito uno dei casi (rari, invero) in cui lo stile del romano
assomiglia pi a quello del bolognese.

Solo Piero Angela in grado di spiegare il definitivo approdo moderato di Vario Segni.
Come i salmoni, egli non ha fatto che obbedire al formidabile istinto che lega ogni essere
vivente al luogo che lo ha generato. Per deporre le uova nelle acque native, i salmoni
percorrono a ritroso migliaia di chilometri e risalgono i pi impervi corsi dacqua: cos Vario
Segni, le cui peripezie hanno fatto, in questi mesi, la gioia dei naturalisti. I quali, per, sanno
di non aver saputo cogliere tutte le contorsioni e le acrobazie del rimpatriante. Esistono
suggestivi documentari delle sue fasi radicaldemocratica, laica, indipendente di sinistra, infine
paraleghista. Solo il periodo tirolese, quello trotzkista e quello femminista sono passati
ingiustamente inosservati. Unanime, invece, lapprezzamento per la sua inedita tecnica di
sopravvivenza. Mentre i salmoni tentano di sfuggire agli orsi in agguato lungo le rapide, Vario
ha scelto deliberatamente di farsi masticare, a turno, da tutti gli orsi presenti, nessuno escluso.
Ora che ha terminato il suo viaggio, la sua lisca riposa soddisfatta nello stagno dei suoi avi. 124

In questo caso, come in Fortebraccio, lio scrivente si eclissa, mentre al centro della scena
si staglia soltanto il personaggio oggetto di satira. Tanto vero che il protagonista Mario
Segni, sottoposto a unosservazione pseudo-naturalistica.
In Serra, di solito, avviene il contrario. I personaggi sono a margine, centrale invece il
corsivista, il suo sentire. Prendendo a prestito due termini dalle arti figurative, si potrebbe
contrapporre lespressionismo di Fortebraccio (che deforma le sue figure)
allimpressionismo di Serra (interessato pi alla percezione di esse).
Si veda, a proposito, questo esempio:

Non so se capita anche a voi, ma sempre pi spesso, quando guardo la tiv, mi distraggo.
Sere fa, per esempio, ricomparso Giuliano Ferrara. Ormai da anni, quando sul video si
materializza questintimidazione semovente, lo spavento tale da inchiodarmi alla sedia,
guardingo come un gatto e teso come una molla. Lultima volta, invece, mi sono scoperto, nei
suoi confronti, non dico bendisposto, ma certamente rilassato. Nessuna sirena dallarme
risuonata nel mio cervello, che si limitato a confermarmi la presenza dellintruso con il pi
scontato dei segnali: Toh, c Ferrara. Un po come se avessi visto Maria Giovanna Elmi, o
Furio Focolari, o qualsiasi altro oggetto familiare. E mentre lui attaccava a parlare, con quella
mai sazia passione di s e delle proprie opinioni che lo assiste in ogni frangente, mi accorgevo
con stupore di star pensando a tuttaltro. Avr dato da mangiare al cane? Ho telefonato alla
zia? Sar gi ora di annaffiare le ortensie? Non ho ancora capito se questa distrazione sia il
segno della definitiva resa oppure dellimminente salvezza.125

Loggetto dellarticolo sembrerebbe essere Giuliano Ferrara, ma invece leffetto che


lapparizione di Ferrara esercita sul corsivista. Lo si nota molto bene da una serie di pronomi
o di locuzioni personali: mi distraggo, inchiodarmi alla sedia, mi sono scoperto, mio
cervello, confermarmi ecc.
La centralit dello scrittore, unito a quella fuga dalla modernit di cui si diceva,
conducono a quello che forse il pi riconoscibile filo conduttore nellopera di Serra,
diventato quasi un luogo comune: il suo moralismo. Caratteristica certo assente da

124 M. Serra, Che tempo fa, LUnit, 27 gennaio 1994. Presente in ivi, p. 27-28
125 M. Serra, Che tempo fa, LUnit, 21 marzo 1995. Presente in ivi, p. 33

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Montanelli, il quale era anzi incline a eliminare programmaticamente ogni residuo di
perbenismo dai suoi corsivi. Fortebraccio invece non ne era immune, soprattutto quando si
occupava dei poveri rispetto ai ricchi o dei metalmeccanici rispetto agli industriali.
Lo stesso corsivista ne consapevole e non lo rinnega, tuttaltro: ne fa la propria arma
prediletta.

Sulla copertina di un nuovo mensile maschile c una signorina nuda, e non una novit.
Decisamente innovative, invece, sono le due scritte che le coprono seno e pube: in alto c
scritto Gratta e in basso e vinci!. Sono sicuro che lintenzione ironica, sono
altrettanto sicuro di non capire pi lironia dei contemporanei. Quando qualcosa mi disturba,
mi chiedo sempre pi spesso se la causa del disturbo non sia io stesso, by-passato da stili e
voghe che galoppano, grattano e vincono. rischioso e forse sbagliato, peraltro, imputare
sempre e solo alla maturit, allesperienza, alla formazione culturale, i sentimenti di rifiuto dei
tempi, di ostilit al sentire pi diffuso. Magari ci sono situazioni che oggettivamente, come
si diceva una volta, ledono la dignit o la verit o la bellezza che cose e persone custodiscono,
anche quando non se ne accorgono pi o se ne sono dimenticate. Cos penso, tutto sommato,
che meglio dire non mi piace, rischiando il moralismo, piuttosto che tenersi dietro la
tristezza. 126

Le ultime due righe valgono quanto una dichiarazione di poetica. Lo stesso Serra
conferma preventivamente le accuse di moralismo. Tutto il pezzo ha il tono dellineffabilit:
meglio tacere, eclissarsi. Si potrebbe (e non sarebbe difficile) far satira su un argomento
simile. Il corsivista, invece, preferisce chiamarsi fuori. Buttarla sul ridere o prendere le cose
sul serio? Questo, in ultima istanza, il dilemma. Dilemma che, in Serra, si risolve sovente
nella seconda direzione (con rimarchevoli eccezioni: vedi lesempio di Mario/Vario Segni).
In questo modo la fuga dalla modernit si legittima, pu configurarsi come rifiuto della
moderna degenerazione dei costumi, o come presa di distanza da personaggi considerati
indifendibili. Ma ogni moralismo che si rispetti deve avere un capro espiatorio, un
responsabile di tutti i mali. Per Serra si tratta del consumismo, della massificazione imposta
dal villaggio globale.
La battaglia di Melloni, dunque, era stata persa. Lanatema lanciato da Fortebraccio contro
il produttivismo era stato inutile. La classe pi debole, e pi vessata da quel sistema, ne aveva
ormai accettato il meccanismo, introiettandolo. Propugnare il comunismo non era pi
possibile: non restava che prendersela con la societ dei consumi nel suo complesso,
oppressori e oppressi, tutti egualmente responsabili.

Diventeremo poveri? E come facciamo a saperlo, visto che non abbiamo la pi pallida
idea di che cosa significhi, per noi occidentali, essere poveri? Vuol dire non avere
abbastanza da mangiare o non avere lo stereo? Non avere la casa o non avere la seconda casa?
Non avere da coprirsi o avere solo i vestiti dellanno prima?
In fondo, a rendere cos inquieto il futuro, linquietudine del presente: pur vivendo in
una societ fondata sui beni materiali, non siamo riusciti a costruirci, in mezzo secolo, uno
straccio di cultura materiale che ci aiutasse a distinguere il necessario dal superfluo e lutile
dallinutile. (Devessere per questo, del resto, che ci godiamo cos poco lallegro superfluo e il
meraviglioso inutile: li confondiamo con il grigio necessario)
Ci sono persone che hanno dieci miliardi e patiscono perch ne vorrebbero cento. Sono
povere o ricche, secondo voi? Se abbiamo, della povert, unidea cos confusa, perch
abbiamo frequentato malissimo la ricchezza. 127

126 M. Serra, Lamaca, La Repubblica, 14 ottobre 2003. Presente in M. Serra, Tutti i santi giorni, op. cit., p. 23
127 M. Serra, Che tempo fa, LUnit, 17 settembre 1992. Presente in M. Serra, Che tempo fa, op. cit., p. 36-37

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Il denaro e lapparenza sono aspetti assillanti della societ a cui Serra si trova a far da
spettatore, permeano ogni settore della vita pubblica e privata.

Soldi: in campagna elettorale non si parla daltro. I soldi da pagare al fisco, i soldi del
deficit pubblico, i soldi che mancano e quelli che servirebbero. La politica ragioniera ha dato
lo sfratto alla politica filosofa, e negli stessi luoghi nei quali un tempo si litigava su argomenti
magari vaniloquenti come il destino delluomo, oggi ci si scanna sulle aliquote Irpef. I casi
sono due: o le aliquote Irpef riassumono mirabilmente il senso della vita, oppure si
tacitamente deciso, di comune accordo, che il senso della vita non deve riguardare la politica
().128

Dal punto di vista stilistico, evidente il periodare sentenzioso di Serra. Presente in tutti i
corsivisti e dovuta in buona parte allesigenza di brevit e incisivit, la sentenza diventa, nel
romano, basilare. Deriva anche da tutta la tradizione moralistica, epigrammatica: lambizione
di racchiudere in una frase tutte le contraddizioni del reale.
unansia, questa della sintesi, in buona misura utopistica. Nel testo precedente, ad
esempio: la politica ragioniera ha dato lo sfratto alla politica filosofa. Si tratta di una
constatazione assoluta, che, a tutte le incertezze fisiologiche del mondo, contrappone una
certezza statuaria, e per questo rassicurante.
La funzione quasi terapeutica del corsivo (la notava anche De Mauro in relazione a
Fortebraccio) ha qui la sua origine. Poche righe, il conforto di un punto di vista ben
identificabile, la pretesa di dare risposte chiare, risolute, univoche, immediate. Il tutto
racchiuso, come una perla, allinterno di un quotidiano che al contrario ha decine di
pagine, un approccio problematico, lesigenza del controllo delle fonti. Il corsivo vive in
rapporto ossimorico col resto del giornale. Il corsivista, in virt del suo atteggiamento satirico
(anche quando tecnicamente non lo ), pu dire ci che gli altri giornalisti non possono dire.

4.4 Massimo Gramellini, ottimo deuteragonista

Come ormai assodato, il corsivo si pu considerare un genere ibrido giornalistico-


letterario e, in virt del secondo attributo, bisogna rimarcare quanto sia importante la
specificit di ogni singolo autore.
Tuttavia, Massimo Gramellini (Torino, 2 ottobre 1960) pu essere accostato a Michele
Serra in nome di una tendenza comune. Entrambi propendono per quello che Walter Benjamin
avrebbe chiamato contenuto di verit, contrapposto al contenuto fattuale.
Il secondo quello con cui ha a che fare principalmente il giornalismo: tratta di ci che
accade nel mondo ogni giorno. Il primo di solito non trova posto negli articoli di un
quotidiano: comprende considerazioni o sensazioni universali, che interessano luomo non in
quanto essere contemporaneo ma in quanto essere umano. quello che rende un testo
interessante anche a distanza di molto tempo.
Inoltre, sempre alla stregua di Serra, c una dedizione smisurata alla prima persona.
Come nel testo che segue:

Chiedo scusa ai parenti di Vito Taccone, ma ieri non morto soltanto un uomo, un
ciclista. E' morta una biglia. La mia biglia, per la precisione.

128 M. Serra, Che tempo fa, LUnit, 12 aprile 1996. Presente in ivi, p. 44

48
Era l'estate del 1967, la prima volta in cui i grandi mi ammisero a giocare con loro
sulla spiaggia, e solo grazie al mio sedere che si era offerto volontario per tracciare la pista,
curve paraboliche comprese. Avrei preferito la biglia di Gimondi, ma l'aveva gi presa qualcun
altro. Rimanevano l'azzimato Gianni Motta e il grugno calloso di Taccone, che mi guardava in
cagnesco dall'interno del pezzo di plastica. Lo scelsi con l'incoscienza infallibile dei sei anni.
Cappottammo subito. Era una biglia ribelle, la sua missione nella vita consisteva nel finire
fuori pista: ogni tanto andava a infilarsi nella bocca aperta di una signora che prendeva il sole
nei paraggi. Aveva un futuro, come pallina da golf. Ma quanto a biglia, un disastro. Finch una
mattina che eravamo abbastanza ultimi, all'improvviso sentii il mio cuore in equilibrio e mi
venne voglia di tirare una stecca senza senso.
Taccone sfrecci lungo il rettilineo di sabbia, ader alla curva prendendo velocit senza
sbandare e, anzich cappottarsi come al solito, bocci Gimondi spostandolo di lato e atterr
oltre il traguardo. Per la rabbia, il bambino sconfitto prese un tacco di sua madre e spacc il
mio Taccone. Troppo tardi: la biglia ribelle aveva fatto in tempo a insegnarmi che nelle dita di
ciascun uomo racchiuso un miracolo. Basta rimettersi in pista, ogni volta che si esce. E
quando il cuore in equilibrio, tirare una stecca senza senso.129

Gramellini rievoca un ricordo totalmente privato, che non vede nemmeno protagonista la
persona scomparsa ma soltanto una biglia che ne recava leffigie. come dire che non
importa quello che succede allesterno, n quanto grandi siano le conseguenze. Importa
soltanto ci che prova il corsivista, che si rifugia nel poco spazio che gli affidato come fosse
un luogo privato.

129M. Gramellini, In morte di una biglia, La Stampa, 16 ottobre 2007. Presente in M. Gramellini, Buongiorno.
Dieci anni, La Stampa, Torino 2009, p. 172

49
5 SEBASTIANO MESSINA: BONSAI

5.1 Ritorno alla satira

Dopo una settimana esatta dalla nascita del Buongiorno gramelliniano sulla Stampa, il
19 ottobre 1999, la Repubblica vede la comparsa di una nuova rubrica firmata da Sebastiano
Messina (Catania, 26 agosto 1958) e intitolata Bonsai.

La semplificazione della politica italiana fa passi da gigante. Un anno fa il governo Prodi


fu affondato per una parola - Ulivo -, oggi il governo DAlema tramonta per un trattino.
Finisce il centro-sinistra, nasce il centrosinistra. Non ci crederete, ma proprio cos: il
DAlema-bis (col trattino) nascer - se nascer - da un feroce scontro lessicale: la battaglia del
trattino. Perch fino a ieri sera DAlema ripeteva che allo stato delle cose lattuale governo
di centro-sinistra, con il trattino. Ora, questa storia della lineetta non mai andata gi a Prodi
e ai Democratici, che vi hanno letto sin dallinizio la ricerca di una formula ammazza-Ulivo.
Ogni volta che DAlema diceva qualcosa, mentre gli altri ascoltavano le parole, loro andavano
a caccia del trattino: e lo trovavano. Giorno dopo giorno, quel minuscolo segnetto si
incuneato tra il centro e la sinistra. Cos, quando la partita si riaperta, la vestale del lessico
ulivista Marina Magistrelli ha dettato chiaramente la condizione numero uno per il varo del
DAlema-bis: Vogliamo vedere se DAlema scriver ancora centro-sinistra, col trattino, come
vuole Cossiga, o centrosinistra, senza trattino, come chiediamo noi. Come diceva Aristotele,
non esistono due parole che significano la stessa cosa. Hanno vinto loro. Per sei volte, nella
dichiarazione che ha dovuto mettere per iscritto - altrimenti nessuno avrebbe mai capito se la
fondamentale lineetta era scomparsa o no - il presidente del Consiglio ha varcato il Rubicone e
ha scritto centrosinistra tutto di seguito. Senza trattino. Cossiga, padrino del trattino, ha
risposto dettando un comunicato nel quale non si capisce granch, ma chiarissimo che per lui
centro-sinistra va scritto assolutamente cos, come contro-spionaggio, micro-spie e
lancia-missili. E se DAlema toglie quel segno, lui, i suoi ministri e i suoi parlamentari
salgono tutti su un taxi ed escono dalla maggioranza. la rivincita di Prodi, certo, ma anche
la rivincita del trattino. Che esce dal governo - scaricato senza tanti complimenti dal premier
come un ministro rompiscatole o un partitino senza elettori - e per entra nella storia della
politica italiana. Un segno che fino a ieri era considerato - a torto, sia chiaro - un optional, un
simbolo snob dei puristi pi zelanti, un accessorio facoltativo come il fermacravatte e la
cintura di sicurezza, una lineetta che nel prontuario della punteggiatura ormai era stata
scavalcata persino dalle virgolette interne, risultato pi pesante delle 645 pagine del dossier
Mitrokin. Ha fatto litigare Cossiga e DAlema. Forse far addirittura cadere il governo. Una
bella rivincita. Anzi, una bella ri-vincita. Col trattino. 130

Questo pezzo, intitolato La battaglia del trattino, il primo pubblicato nella rubrica.
Esso pi esteso, forse pi dispersivo e meno agile rispetto a quelli a cui ci abituer Messina,
ma il corsivo un genere che richiede una pratica quotidiana, un continuo affinamento e va
dunque valutato sulla lunga distanza. In filigrana sono gi visibili le caratteristiche dello stile
di Messina.
Il testo comincia con una antifrasi: Messina afferma il progresso della politica italiana,
laddove il periodo successivo ne sottolinea lottusit. Ma un processo affidato in toto al
lettore.
Nel capitolo precedente, si sono visti Serra e Gramellini, artefici della prima persona,
dellimpressione strettamente personale. Qui, invece, lio svanisce, torna a rifugiarsi nella
confortante ombra dellimpersonalit. In questo pezzo non se ne conta nemmeno una, ma in

130 S. Messina, La battaglia del trattino, La Repubblica, 19 ottobre 1999

50
seguito quando ce ne sar bisogno la prima persona sar soprattutto plurale. E questo pu
succedere perch sono i fatti a parlare: il sapiente intervento del corsivista occultato, qual
era quello di Melloni.
Inoltre, c la novit della collocazione: la rubrica si trova (e sar cos anche in seguito)
nel settore dedicato alla Politica interna. Il tema quindi presto detto. Non c spazio per
concedersi divagazioni o per porsi domande esistenziali alla Serra: i personaggi che popolano
le scene di Messina provengono esclusivamente dallagone politico, come avveniva, a suo
tempo, con Fortebraccio.
Ma a differenza del bolognese, il catanese non si limita a bersagliare la parte avversa: la
sua satira trasversale. Significativamente, il primo brano firmato Bonsai si occupa proprio
del centrosinistra, delle misere battaglie che vi si svolgono, delle discussioni suscitate da un
insignificante trattino.
Questo significa proseguire sulla strada del gran rifiuto gi pronunciato da Michele
Serra: il rifiuto cio di difendere aprioristicamente un dato schieramento politico. I politici
sono ora, almeno preliminarmente, tutti sullo stesso piano.

5.2 Lo scoppio emotivo finale

Tra gli epigoni di Fortebraccio, Messina quello che pi gli somiglia, quanto a modalit
espressive e approccio satirico.
Messina, tuttavia, si concentra maggiormente su una delle tendenze del corsivo, quella che
Baldolini lega allo scoppio emotivo finale131 . Detto in formula: rispetto a Melloni, in
Messina il baricentro del testo si sposta in avanti.
Sarebbe eccessivo dire che tutto il testo sia in funzione del finale (questo era vero solo per
i Controcorrente montanelliani), ma certo lexplicit assume nuova rilevanza, mira a
suscitare nel lettore una emozione, sia essa mossa dalla risata o dallindignazione, che in ogni
caso finalizzata a stupire.
Si pu dire che il finale contenga il sugo del discorso, le idiosincrasie che hanno spinto
lautore a scriverlo. Come si visto, il corsivo un genere estremamente retorico. Ebbene, in
Messina, il finale cerca di essere sintesi dei tre momenti retorici fondamentali: probare,
delectare, movere. Tutto ci con un obiettivo fondamentale: essere abbastanza incisivo da
farsi ricordare.
Tutto il testo potrebbe essere visto come un climax, al cui culmine sta proprio lexplicit. In
Fortebraccio la densit testuale era molto pi omogenea.
Prendiamo ad esempio il seguente Bonsai.

Speravo di leggere il nuovo contratto con i siciliani proposto dal presidente della
regione uscente, Tot Cuffaro. Invece vedo che anche lui, dopo Berlusconi, ha rinunciato
allidea. Ed un peccato, perch cinque anni fa Cuffaro ci regal un esempio mirabile di
promessa col trucco. Era il punto 3 del suo contratto dedicato interamente alla vergogna
delle cinquecentomila case abusive che deturpano lambiente. Argomento delicatissimo, per
lisola. Ebbene, Cuffaro allora fu tassativo: Basta con labusivismo. Caspita, si dissero i
siciliani, questa s che una promessa impegnativa. E lo elessero governatore. Credevano che
lui avrebbe finalmente punito i furbetti del canterino, quelli che si erano fatti la villa in riva al
mare senza neanche mandare una cartolina al comune. Dopo cinque anni, in effetti,
labusivismo quasi scomparso. E senza abbattere neanche un pilastro, una tettoia, un

131 S. Baldolini, Scrivere un articolo, op. cit., p. 97

51
muretto. Un miracolo? No, bastato modificare la legge. Deturpanti erano e deturpanti sono,
quelle cinquecentomila case, per ora grazie a Cuffaro sono anche in regola.
Legalizzate, come puntualizza Cuffaro. Era la legge la vera costruzione abusiva che
deturpava la Sicilia. E lui lha abbattuta.132

Tutto il testo serve per spiegare gli antefatti, per preparare alla riflessione finale e puntare
su di essa lattenzione. Senza lexplicit questo brano non sarebbe pensabile: la coincidenza
coatta tra due elementi antitetici come legge e costruzione abusiva un chiaro paradosso
che serve a creare lo shock nel lettore. Uno shock molto pi efficace, dal punto di vista
comunicativo-espressivo, rispetto alla razionalit di un intero editoriale.

5.3 Leffetto ventriloquo

Una delle caratteristiche salienti dei Bonsai la capacit di mutare tono e registro.
Messina, in certi casi, decide di assumere quello stesso linguaggio che si propone di criticare.
Proprio come un ventriloquo: la voce dellautore, ma le parole sono del pupazzo. In questo
modo, si crea un effetto straniante. Una sorta di citazione, filtrata dallironia del corsivista.
Cos, capita di trovare un inedito sondaggio, parodia di quelli che in estate vengono
pubblicati da un certo tipo di giornali.

Estate, tempo di sondaggi. Dopo quello sugli italiani e il sesso, in redazione ne arrivato
uno sugli onorevoli e la politica. Era in una busta anonima e scritto a mano con inchiostro rosa
- nutriamo qualche dubbio sulla sua attendibilit - ma dava risultati illuminanti e dunque ve lo
riassiumiamo. Primo capitolo, la fedelt. Il 38% dei politici ammette di aver tradito almeno
una volta il proprio partito. Di questi, il 25% lha fatto per noia, il 24 per trasgressione, il
31 per partner pi disponibili, il 20 per vendetta. Secondo capitolo, i single. Gli one man
party sono in aumento vertiginoso, e non vogliono saperne delle unioni tradizionali: il 42% fa
politica una o due volte lanno, con elettori occasionali, ma solo uno su cinque prende delle
precauzioni. Terzo capitolo, la trasgressione. L8% ha avuto rapporti con pi partiti
contemporaneamente, il 3,5 ha partecipato almeno una volta a incontri di gruppo, l1,4 pratica
regolarmente lo scambio di corrente con partner sconosciuti, il 3,5 ha rapporti sadomaso col
proprio leader. Quarto e ultimo capitolo, la frequenza. Il 37,8% ha un rapporto una volta la
settimana con il suo partito (durata media, da 3 a 15 minuti). Il 30,4 dichiara di avere una vita
politica insoddisfacente, il 26% si sente impotente di fronte alla crisi del paese, il 92,8
confessa problemi di elezione.133

O ancora, quando Messina si fa beffe della votazione popolare (evidentemente ritenuta


operazione di marketing) finalizzata a decidere il nome del nuovo partito di Berlusconi. Il
corsivista utilizza un tono promozional-pubblicitario che renda chiaro il parallelismo. Mai
come in questo caso, la forma coincide con la sostanza.

Partecipa anche Tu allevento politico dellanno! Sabato e domenica, nella piazza della
Tua citt, puoi votare il nome del nuovo partito di Berlusconi. Potrai scegliere tra Partito
della Libert e Partito del Popolo della Libert (ricordati che non sono ammesse altre
scelte, come Popolo del Partito della Libert, Popolo della Libert nel Partito o Libert
del Popolo dal Partito). Vieni anche Tu al gazebo! Il voto facile, gratuito e non
impegnativo. Baster sottoscrivere la pre-iscrizione, poi un nostro incaricato verr a casa Tua

132S. Messina, La modifica, La Repubblica, 22 maggio 2006. Presente in S. Messina, Il presidente bonsai,
Rizzoli, Milano 2010, p. 149
133 S. Messina, Onorevoli infedeli, La Repubblica, 12 luglio 2000. Presente in ivi, p. 24

52
per consentirTi di valutare serenamente la durata della Tua adesione, da pagare in comode rate
mensili. Se hai una tessera di An o dellUdc, fino al 31 dicembre approfitta degli incentivi per
la rottamazione! E ricorda: i primi dieci firmatari vinceranno una cena a Portofino con
Michela Vittoria Brambilla (gli ultimi dieci, un weekend a Zagarolo con Storace). 134

5.4 Contro Berlusconi

Fermo restando quanto detto in precedenza cio che la satira di Messina trasversale
evidente che un bersaglio ricorre pi spesso di altri: si tratta di Silvio Berlusconi. Questo
avviene per svariati motivi, rispetto ai quali lopposizione politica addirittura secondaria.
Secondo Messina, Berlusconi depositario di una serie di contraddizioni insanabili (da
cui il frequente ricorso alle smentite). Ma il corsivo non si accontenta di essere didascalico:
ha bisogno che le figure vagheggiate si facciano realt tangibile. Dunque, per esprimere
leziologia di un simile fenomeno, Messina ricorre a un excamotage letterario di lunga
tradizione, quello dei gemelli.

Ieri, solo ieri, abbiamo finalmente capito perch Silvio Berlusconi sia imbattibile, in
qualunque campo si cimenti. Abbiamo capito come faccia a essere l' imprenditore pi ricco d'
Italia, il politico pi votato dEuropa, leditore con pi reti televisive del mondo, limputato
pi amato dai suoi avvocati. Doveva esserci un segreto. E ieri larcano stato svelato: non
esiste un Berlusconi, ne esistono due. Due Silvio gemelli, identici in tutto tranne che nel
carattere. Uno un fanatico esaltato, che la mattina va alla radio e dichiara che le prossime
elezioni non saranno libere, legittime e democratiche, e che i risultati del voto saranno
inaccettabili, alterati, stravolti, falsati. Laltro un saggio statista, che a mezzogiorno prende
carta e penna, imbufalito per la sparata del gemello segreto, e assicura solennemente: Mai mi
sono sognato di mettere in discussione la legalit delle prossime elezioni. Si dividono i
compiti, ecco il geniale segreto dei due Berlusconi. Uno va dal Papa, laltro da Previti. Uno
condanna Haider, laltro si allea con Bossi. Uno si presenta ai congressi del Ppe come lerede
di De Gasperi, laltro annuncia che il vero simbolo della democrazia "la Coca Cola". Uno fa
i soldi con la tv, laltro fa i voti con la politica. Chiunque li affronti, perder sempre: sono due
contro uno. Non c par condicio.135

Ma la contraddizione per eccellenza, destinata ad avere tante conseguenze sul dibattito


pubblico, quella del conflitto di interessi, tema caro a Messina.

Pu davvero nascere un conflitto dinteressi tra il probabile premier Silvio Berlusconi e il


sicuro arcimiliardario Silvio Berlusconi? Per risolvere la controversa questione si svolta ieri
pomeriggio ad Arcore una riunione riservatissima. Il leader della Casa delle Libert, Silvio
Berlusconi, ha voluto sentire lopinione di alcuni autorevoli esponenti del mondo
dellimprenditoria, della cultura, della comunicazione e dello sport. Davanti al caminetto
(spento, si capisce) di villa San Martino sedevano il presidente di Forza Italia, il proprietario
delle reti Mediaset, il maggior azionista della Mondadori, il presidente del Milan, il patron
della Medusa Film, il re delle multisala Cinema 5, il titolare della Edilnord 2000, il dominus
delle assicurazioni Mediolanum e il fondatore di Telecinco. Cerano anche il fratello
delleditore del Giornale, il marito di unimportante azionista del Foglio e il padre del
general manager della Fininvest. Ebbene, nessuno di loro ha trovato il bench minimo indizio
di un possibile, ipotetico, immaginabile conflitto dinteressi tra il Berlusconi politico e il
Berlusconi imprenditore. Dunque hanno stabilito solennemente allunanimit - che il
problema non si pone. Per festeggiare levento, Berlusconi voleva portarli tutti a cena fuori.

134 S. Messina, Vieni al gazebo, La Repubblica, 30 novembre 2007. Presente in ivi, p. 170
135 S. Messina, Il segreto, La Repubblica, 9 febbraio 2000. Presente in ivi, p. 10

53
Purtroppo non c riuscito: non ha trovato nessun ristorante disposto a prenotare un tavolo per
una sola persona.136

La fenomenologia presa in considerazione da Messina quasi inesauribile, si perde nella


cronaca che la materia offre quotidianamente (al punto che con i corsivi su Berlusconi si pu
riempire un ingente volume: Il presidente Bonsai).
il tipo di comunicazione inaugurato da Berlusconi sconosciuto alla compassata classe
politica della Prima Repubblica ad essere al centro delle critiche di Messina.
Il corsivista appare diviso tra due modalit dazione.
La prima opzione consiste nellimitare la realt, anzi nel prenderla e portarla alle sue pi
estreme conseguenze. Lo scrittore, cio, si sporca le mani con la materia e, in certi casi, ne
assume addirittura il linguaggio per criticarla dallinterno (si veda ad esempio il testo Vieni
al gazebo). lapproccio satirico tradizionale, quello che deriva da Fortebraccio.
La seconda opzione consiste in una sorta di resa. Il corsivista ammette limpossibilit di
stare al gioco, rinuncia alla sua missione. Come nel brano seguente.

Ma s, che ha ragione Berlusconi. Perch dovremmo stupirci, perch dovremmo


indignarci per una battuta sulle donne stuprate? Dovremmo averlo imparato, che questuomo
ha un umorismo formidabile. lo stesso Berlusconi che raccontava la barzelletta sul malato di
Aids che va dal medico (Faccia delle sabbiature. Mi faranno bene?. Non lo so, ma si
abituer a stare sottoterra). Lo stesso Berlusconi che ripeteva la storiella sugli ebrei nei lager
nazisti (Arriva il kap e dice: Ho una notizia buona e una cattiva. Quella buona che la met
di voi sar trasferita domani. Quella cattiva che sar trasferita la met dalla cintola in su).
Lui fatto cos: ha il senso dellhumour, ha una barzelletta su tutto. O meglio: su quasi tutto.
Sulle sue intercettazioni, per esempio, non ne ha mai raccontata una. Ed un peccato, perch
su quelle s che ci sarebbe da ridere.137

In effetti qui non c satira. Ci sono solo delle osservazioni che Messina non si premura di
sviluppare. Ci perch ritiene che esse siano sufficienti a provocare lindignazione nel lettore.
un atteggiamento pi simile a quello di Serra.
Ma lopzione scelta pi di frequente la prima. Messina tende a non fuggire.

136 S. Messina, La riunione, La Repubblica, 25 luglio 2000. Presente in ivi, p. 25


137 S. Messina, La sai lultima?, La Repubblica, 26 gennaio 2009. Presente in ivi, p. 228

54
6 RICCARDO BARENGHI: JENA

6.1 Dal Manifesto alla Stampa

Riccardo Barenghi (Roma, 13 marzo 1957) inaugura una nuova rubrica in prima pagina
sul Manifesto, nel luglio 2000, la quale cinque anni pi tardi passer alla Stampa per trovare
la sua collocazione fissa a pagina 3.
Quella scelta da Barenghi una formula che (per brevit, per linguaggio, per
sperimentazione) sembra destinata ad avere successo. Anche in settori quanto mai distanti:
Gene Gnocchi fa qualcosa del genere quotidianamente sulla Gazzetta dello Sport, con il suo
Rompipallone.
Riguardo alle sferzanti battute di Jena impossibile non pensare a un fenomeno
omologo come i tweet (massimo centoquaranta caratteri) di un diffusissimo social network.
Difficile stabilire se Jena sia da considerare titolo della rubrica o pseudonimo
dellautore, visto che lidentit di questultimo rimase per gran tempo sconosciuta al grande
pubblico, almeno fino alla pubblicazione dellantologia dei suoi corsivi.
Entrambe le risposte sono accettabili (e la domanda in buona parte oziosa). Di sicuro c
che il titolo/pseudonimo in linea con latteggiamento che lautore si propone di mantenere
nei confronti della realt. In questo modo, la natura dellanimale (che secondo stereotipo si
ciba solo di carcasse e ride in modo sinistro) si trasferisce per analogia al cinismo ostentato da
Barenghi.
Rispetto ai corsivi analizzati finora, Jena si colloca in una posizione nuova e diversa.
Potrebbe essere paragonato, almeno esteriormente, ad un Controcorrente portato
allestremo, nel senso che ha il coraggio di essere addirittura pi breve. Ma ci sono alcune
differenze da rimarcare.
Montanelli riportava un fatto (di cronaca, di politica ecc.) con il numero di parole pi
basso possibile, allo scopo di concludere il pezzo con una battuta di spirito (molto spesso un
gioco di parole) o con una riflessione semiseria. Lo scopo era unicamente quello di divertire.
Barenghi vuole divertire e al tempo stesso rimanere impegnato. E cerca di farlo
addirittura in uno spazio pi breve. Per riuscirci, evita di informare il lettore. La sua missione
di essere essenziale, scarno. Perci leva tutti gli orpelli, anche quelli che servirebbero alla
contestualizzazione. Ora c un flusso diretto dal pensiero alla realizzazione. Ne deriva uno
sguardo straniante, che invece di avvicinare il lettore lo allontana.
Si detto che c un flusso diretto. proprio la mancanza di un diaframma (che divida ci
che si pu dire da ci che non si pu dire) a dare la cifra di Jena.

6.2 Lantifrasi

Visto che non esiste pi la separazione tra dicibile e non dicibile (ma anche tra pensabile e
non pensabile), la politicaly correctness lultima preoccupazione di Barenghi. Anzi, egli
volontariamente la ignora, la calpesta, la distrugge.

55
Del resto, nellinconscio non c negazione, e quindi lautore come in un flusso di
coscienza riversa su carta le sue suggestioni, senza nemmeno premurarsi di indicare la via
giusta e quella sbagliata. Mancando un filtro, le preoccupazioni etiche sono ridotte a zero.
Di conseguenza, un testo pu significare una cosa e il suo esatto contrario, secondo il
tipico meccanismo dellantifrasi. E cos un pacifista, tollerante, sinistrorso convinto come
Barenghi scrive brani come il seguente.

Maste impronte ai negri come gliele prendiamo, con linchiostro bianco?138

La congiunzione avversativa a inizio testo che proviene dal parlato; laferesi della parola
queste, anchessa colloquiale; luso della qualificazione scorretta per indicare il colore
della pelle; la battuta squallida e razzista. Tutto concorre a evidenziare la distanza dellautore
da quanto scritto. Tuttavia non una citazione, non dichiarata almeno. Si tratta comunque di
un pensiero, per quanto ripugnante e parodico, che il corsivista ha pubblicato, nascosto dietro
un confortante pseudonimo.
Lo stesso pu dirsi per molti altri testi. Pensieri abbastanza odiosi da volerli cancellare
immediatamente. Ma non per Jena che pu metterli nero su bianco, provocando una specie di
catarsi nel lettore.

Ma perch i soldati americani uccidono cos tanti bambini iracheni? Forse per evitare che
crescano.139

Domanda e risposta si susseguono come in una vignetta di black humor. La denuncia si


nasconde dentro una freddura che, proprio come una iena, si ciba di cadaveri.
O ancora, laccusa sottintesa a una societ poco coerente non passa per la sua diretta
enunciazione, bens per lennesima antifrasi.

Passato l8 marzo, ricominciamo in santa pace a picchiare le donne.140

6.3 Autosatira e anticlericalismo

Gi con Messina abbiamo visto la possibilit di fare satira anche sulla propria parte
politica (possibilit ignorata da Fortebraccio). Questa facolt viene sfruttata allestremo da
Barenghi, fino a rovesciare le proporzioni: che si tratti del Manifesto o della Stampa, la
sinistra o il centro-sinistra sono addirittura pi bersagliati degli avversari.
una prevalenza quantitativa e anche qualitativa. Quando se la prende con gli esponenti
della sua stessa parte politica, Barenghi d il meglio di s, riesce a far stillare le gocce della
sua ferocia in modo limpido, impeccabile. Ad esempio:

Nel suo primo anno di vita il neonato prova ansia, gelosia e rancore. Da grande sar un
ottimo leader del centrosinistra. 141

138 R. Barenghi, Inchiostri, Il Manifesto, 30 maggio 2002. Presente in R. Barenghi, Jena, Fazi, Roma 2008, p.
50
139 R. Barenghi, Prevenzione, La Stampa, 3 giugno 2006. Presente in ivi, p. 141
140 R. Barenghi, Ricominciamo, La Stampa, 9 marzo 2007. Presente in ivi, p. 164
141 R. Barenghi, Sar, La Stampa, 10 agosto 2005. Presente in ivi, p. 112

56
Oppure:

Rifondazione discute della sconfitta e si divide in due: un elettore di qua e uno di l.142

I nomi pi frequenti sono Bertinotti, DAlema, Rutelli, Veltroni, Fassino accusati tutti,
a vario titolo di non riuscire a creare un fronte unitario da contrapporre al centrodestra di
Berlusconi.
Altro tema fondamentale lanticlericalismo. Barenghi interviene sulle questioni etiche
al vaglio del dibattito pubblico, ma quello che gli preme maggiormente denunciare
lingerenza della Chiesa nella discussione politica.

Questa continua ingerenza dei giudici nel campo della politica ormai intollerabile. Ma
chi si credono di essere, il papa? 143

Quando si occupa della Chiesa o del Papa, Jena adopera quasi per la regola del
contrappasso toni irriverenti, laddove ci si aspetterebbero parole quanto meno rispettose:

I PACS offendono la famiglia, i PACS offendono la famiglia, i PACS offendono la


famiglia, i PACS offendono la famiglia, i PACS offendono la famiglia, i PACS offendono la
famiglia Oddio, si incantato il papa. 144

6.4 Ai limiti del linguaggio

Anche il linguaggio di Jena riflette la sua caratteristica principale: il fatto di essere


pensiero in libert, alleggerito da ogni preoccupazione di perbenismo e di correttezza politica.
Un brano particolarmente eloquente:

Un mio amico che lavora in un grande giornale mi ha detto che quando ha visto il video
con i nostri tre ostaggi, gli venuto un dubbio. Non potendolo esprimere sul suo giornale, mi
ha chiesto se potevo ospitarlo io. Ecco il suo dubbio: chiss se prima di essere ripreso dalla
telecamera, uno dei tre ha pronunciato: Vi faccio vedere come mangia un italiano.145

La battuta la storpiatura delle celebri parole pronunciate in fin di vita dal militare
Fabrizio Quattrocchi (Vi faccio vedere come muore un italiano). evidente che la frase non
potrebbe essere accolta da nessun altro giornale (ma nemmeno da quello di Barenghi, in
realt) visto che Quattrocchi morto da un paio di settimane ed considerato, in patria, un
eroe. Dunque, si pu ben comprendere quanto Jena rappresenti unanomalia, una variabile
piccola ma significativa.
Ci ovviamente influenza il linguaggio. La mancanza di un filtro rende possibile lutilizzo
di un registro pi basso, addirittura triviale, che altrove sarebbe interdetto.

142 R. Barenghi, Due, La Stampa, 16 aprile 2008. Presente in ivi, p. 201


143 R. Barenghi, Ingerenze, La Stampa, 17 gennaio 2008. Presente in ivi, p. 192
144 R. Barenghi, Oddio, La Stampa, 9 gennaio 2007. Presente in ivi, p. 158
145 R. Barenghi, Il dubbio, Il Manifesto, 28 aprile 2004. Presente in ivi, p. 92

57
Stavolta ha perfettamente ragione il Vaticano, lo stato vegetativo vita. Una vita di merda
per. 146

Non si possono pubblicare notizie e fotografie a sfondo sessuale, non si possono guardare
film porno in TV, non si pu abortire n far abortire, non si possono votare i DICO, non si
possono accettare le unioni omosessuali, non si pu usare il preservativo, non si pu prendere
la pillola del giorno dopo... Tanto per sapere, il giorno prima si pu ancora scopare? 147

La trivialit del linguaggio non usata sistematicamente, soltanto una risorsa


disponibile, al pari delle altre, allautore.
Il turpiloquio, che con Jena guadagna diritto di cittadinanza allinterno del genere,
solo un esempio di come Barenghi cerchi di ampliare la forza espressiva, di spingersi fino al
limite della comunicativit.
Si tratta di scelte estreme, pezzi in cui si mettono in discussione i pilastri del fenomeno
comunicativo, addirittura lo stesso veicolo che la lingua comune.

Sceodno dei recaricorti dlelUtievnsir di Cmabridge non iomrtpa in qlaue oidnre


vnongeo sritcte le ltrteee in una proala, luicna csoa ipotamrnte che la pirma e utilma lteetra
saino al psoto guisto. Il rseto pu esesre una cnuosifone ttaole ed cmunoque psoibisle
lgeerlgo sneza porlembi. Qusteo prceh la mnete uamna non lgege ongi sngiola lteerta, ma la
praloa nel suo isienme. Irecldinibe no? Videmao se cpaite acnhe qesuta: irei Rteulli ha dteto
unartla stnozatra. 148

Se questi sono casi limite, c invece una tecnica che ricorre spesso nei pezzi di Barenghi:
il nonsense. Esso permette, in spazi anche brevissimi, di dar vita ad immagini estremamente
suggestive.

Il DC9 di Ustica si suicidato. 149

Il brano in questione si riferisce ironicamente (e amaramente) alla sentenza della Corte di


Cassazione del 10 gennaio 2007 sul disastro di Ustica.
I casi analizzati turpiloquio, stravolgimento della lingua, nonsense esemplificano
lintenzione pi generale di spingersi fino ai limiti del linguaggio, di giocare con esso fino a
estrapolarne tutte le possibilit espressive.
questo il modo in cui Barenghi concilia due aspetti distanti (limpegno, da una parte, e
lapproccio ludico, dallaltra) riuscendo a trovare unalchimia sconosciuta a Montanelli, il
quale aveva sacrificato il primo al secondo.

146 R. Barenghi, Vita, La Stampa, 15 settembre 2007. Presente in ivi, p. 180


147 R. Barenghi, Divieti, La Stampa, 18 marzo 2007. Presente in ivi, p. 166
148 R. Barenghi, Rteulli, Il Manifesto, 6 marzo 2004. Presente in ivi, p. 90
149 R. Barenghi, Sentenze, La Stampa, 11 gennaio 2007. Presente in ivi, p. 159

58
APPENDICE
Coordinate dei corsivi analizzati

Dal Al Titolo Autore Giornale Collocazione


12/12/1967 31/10/1982 Oggi Fortebraccio LUnit Prima pagina
(Mario Melloni)
25/06/1974 12/01/1994 Controcorrente Non firmato Il Giornale Prima pagina
(Indro
Montanelli)
07/06/1992 27/07/2000 Che tempo fa Michele Serra LUnit Prima pagina
12/10/1999 In corso* Buongiorno Massimo La Stampa Prima pagina
Gramellini
19/10/1999 In corso* Bonsai Sebastiano La Sez. Politica
Messina Repubblica Interna
11/07/2000 24/12/2004 jena Non firmato Il Manifesto Prima pagina
(Riccardo
Barenghi)
03/07/2001 In corso* Lamaca Michele Serra La Sez.
Repubblica Commenti
03/02/2005 In corso* jena Non firmato La Stampa Pagina 3
(Riccardo
Barenghi)

* Dati aggiornati al 31/12/2011

59
BIBLIOGRAFIA

Antologie di corsivi
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Barenghi Riccardo, Jena. Otto anni di agguati della belva pi feroce del giornalismo italiano,
Fazi, Roma 2008
Di Bello Pasquale, Furlan Paola (a cura di), Fortebraccio. Vita e satira di Mario Melloni,
Diabasis, Reggio Emilia 2009
Fortebraccio, 63 corsivi di Fortebraccio, LUnit, Roma 1968
Fortebraccio, I corsivi di Fortebraccio, Editori Riuniti, Roma 1970
Fortebraccio, Corsivi 70, Editori Riuniti, Roma 1971
Fortebraccio, Lor Signori, Editori Riuniti, Roma 1972
Fortebraccio, Dalla nostra parte, Editori Riuniti, Roma 1973
Fortebraccio, I nodi al pettine, Editori Riuniti, Roma 1974
Fortebraccio, Gal, La crociata di Re Ferendum, Editori Riuniti, Roma 1974
Fortebraccio, Se questo un mondo, Editori Riuniti, Roma 1975
Fortebraccio, Fanfaneide, Editori Riuniti, Roma 1975
Fortebraccio, Cambiare musica, Editori Riuniti, Roma 1976
Fortebraccio, Non siamo gentili, Editori Riuniti, Roma 1977
Fortebraccio, Partita aperta, Editori Riuniti, Roma 1978
Fortebraccio, A carte scoperte, Editori Riuniti, Roma 1979
Fortebraccio, Detto tra noi, Editori Riuniti, Roma 1980
Fortebraccio, A chiare note, Editori Riuniti, Roma 1981
Fortebraccio, gi tempo, Editori Riuniti, Roma 1982
Fortebraccio, La galleria di Fortebraccio, Editori Riuniti, Roma 1985
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